Diverbio

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DIVERBIO

atto unico

di

Renato Capitani

PERSONAGGI:

PRIMO SIGNORE

SECONDO SIGNORE

DONNA

ISTITUTRICE

DIVERBIO

Una stanza, con una scrivania, un armadio ed alcune sedie. Il posto ricorda l’aula di un istituto scolastico privato, anche se lo spazio è abbastanza limitato.

Due signori sono seduti, uno di fronte all’altro: si guardano, come in attesa di iniziare un dialogo.

I SIGN. :(rivolgendosi all’altro con molto rispetto) Anche lei è qui per lo stesso motivo?…

II SIGN. : Non credo ... anzi, penso proprio di no

I SIGN. : (sempre con discrezione) Strano… dal suo atteggiamento sembrerebbe proprio…

II SIGN. : (interrompendolo, leggermente seccato) Le ho detto di no.

I SIGN. : Bé, sa, a volte l’impressione…

II SIGN. : (deciso) A volte si hanno impressioni sbagliate!

I SIGN. : Certamente. Anche se spesso, però, l’impressione che si ha è quella giusta…

II SIGN. : Sì. Ma si tratta pur sempre di un’impressione.

I SIGN. : E’ vero. Però, se mi permette, in questo caso, credo che la mia impressione su di lei sia quella giusta.

II SIGN. : (incuriosito) Cioè?…

I SIGN. : (con più coraggio) Lei mi sembra una persona con la testa sulle spalle.

II SIGN. : (caustico) Scusi, ma dove dovrei averla la testa?

I SIGN. : (sorridendo) No… si fa così per dire… è un luogo comune. Come dire che lei mi sembra un uomo tutto d’un pezzo.

II SIGN. : Un altro luogo comune!…

I SIGN. : (chiaramente a disagio) No… cioè sì… (cercando di correggere il tiro) insomma… una persona che non ha peli sulla lingua… (sconsolato) lasciamo stare…

II SIGN. : (guardandolo con compassione) Lo vede? Siamo perseguitati dai luoghi comuni! Non riusciamo ad esprimerci senza ricorrere ai maledetti luoghi comuni. Capita anche a me, sa?… Quante volte ho voglia di dire delle cose originali, di comunicare qualcosa di intelligente, o che io credo che sia tale, e invece mi trovo impantanato nei luoghi comuni, che fatalmente banalizzano il tutto. Esattamente come lei in questo momento.

I SIGN. : (preoccupato) Si vede molto, vero?

II SIGN. : (con gusto) Sì.

I SIGN. : Mi rende ridicolo?…

II SIGN. : Un po’ goffo. Ma non si preoccupi troppo. Come le dicevo: capita a tutti. Mal comune mezzo gaudio! (Si blocca, osservando l’altro con evidente vergogna. Il primo signore gli sorride senza più soggezione, riconoscendo nel suo interlocutore una sorta di complicità.) (Pausa)

I SIGN. : (cambiando discorso) Certo che l’attesa è una delle sensazioni più scomode. (Guarda l’orologio che ha al polso)

II SIGN. : Soprattutto quando non si sa cosa fare… (Guarda anche lui l’orologio)

I SIGN. : O con chi parlare… (correggendosi subito) non è il mio caso, ora. (Sorride forzatamente)

II SIGN. : Sì, certo, nemmeno il mio… (pausa)

I SIGN. : (si alza. Va verso la finestra e guarda fuori, dando l’impressione, però, di compiere un gesto senza intenzione, formale. Ritorna al suo posto e si risiede) Mah!…

II SIGN. : Qualcosa non va?

I SIGN. : (non capendo) Scusi?

II SIGN. : (ripetendo con decisione) C’è qualcosa fuori che non va?

I SIGN. : (sorpreso) Non so… perché?

II SIGN. : Perché lei ha guardato fuori e poi sospirando ha detto: "mah!"

I SIGN. : Ah, no! … Ho detto "mah", così tanto per dire qualcosa…

II SIGN. : In riferimento a ciò che ha visto?

I SIGN. : No, no… nessun riferimento… l’ho detto a me stesso…

II SIGN. : Ne sentiva il bisogno?

I SIGN. : (manifestando di nuovo il disagio iniziale) Ma no, era un’espressione come un’altra!… (Guarda l’altro preoccupato del suo giudizio. Infatti, il secondo signore lo scruta con sospetto, non molto soddisfatto della risposta ricevuta) Mi trova di nuovo goffo, vero?…

II SIGN. : No. In questo caso mi sembra strano. Lei non è padrone delle sue espressioni.

I SIGN. : (preoccupato) E’ grave?

II SIGN. : (con gusto) Sì.

I SIGN. : (sempre più preoccupato) Perché?

II SIGN. : Perché le epressioni sono più importanti delle frasi stesse. A volte si dicono centinaia di parole senza significare nulla. Poi, basta un’espressione azzeccata e ci si fa capire immediatamente. Però può succedere anche il contrario: si usa un’espressione sbagliata e si compromette il discorso.

I SIGN. : (cercando una nuova complicità) Anche a lei, a volte, però capita di…

II SIGN. : (implacabile) No! Questo no! (Pausa)

I SIGN. : (sconsolato, rimane per un attimo in silenzio, pensieroso. Poi si rivolge all’altro in modo un po’ infantile) E’ più grave usare continuamente luoghi comuni o sbagliare espressioni?

II SIGN. : (con palese cattiveria) Entrambi rendono goffi!

I SIGN. : Sì, lo so, ma potendo scegliere?…

II SIGN. : Lei può scegliere?

I SIGN. : Non so, sforzandomi…

II SIGN. : Se riesce a sforzarsi, perché non corregge sia l’una che l’altra cosa?

I SIGN. : Sì, col tempo, può darsi che… ma se in questo momento dovessi scegliere… lei cosa mi consiglierebbe?

II SIGN. : (scocciato) Ma, non so. Non tocca a me darle dei consigli. Lo sa che lei è una persona veramente insicura?

I SIGN. : (sempre più preoccupato) Si vede anche questo?

II SIGN. : (con la solita fermezza) Sì.

I SIGN. : E’ grave? (L’altro lo guarda duramente, senza rispondere. Lui si rialza e va di nuovo verso la finestra. Si volta di scatto, preoccupato) Non vado a vedere nulla, eh!

II SIGN. : Ma allora perché si affaccia? (Pausa. Lo guarda incuriosito). Poi tra sé) Mah!… (Si rivolge di nuovo all’altro, che lo sta fissando visibilmente contrariato) "Mah" qui ci sta bene!

I SIGN. : Scusi, ma il suo "mah", cos’ha di diverso dal mio?

II SIGN. : Il mio "mah" è giustificato. Ha un significato. Vuol dire: "questa persona non la capisco!" Oppure: "chissà perché quest’uomo si comporta così!" O anche: "costui non mi sembra del tutto normale!" Eccetera, eccetera. Invece di usare tante parole, che oltretutto quando parlo con me stesso non servono, ho usato una semplice e banale espressione, ma nello stesso tempo appropriata e adatta all’occasione: "mah!"… Coglie la differenza?

I SIGN. : (lo ascolta ammutolito. Poi senza replicare si avvicina alla finestra, guarda fuori, come aveva fatto alcuni minuti prima, e si rivolge di nuovo al suo interlocutore con eccessiva sicurezza, quasi sfidandolo) Boh!

II SIGN. : (accettando con spavalderia la sfida) Adesso provi a tradurre.

I SIGN. : (rispondendo in modo scolastico) In questa precisa occasione l’interiezione "boh" significa esattamente: "mi piacerebbe sapere quanto tempo mi rimane ancora da aspettare!"

II SIGN. : (caustico) Ah sì?… E ha notato qualche grosso orologio guardando fuori?

I SIGN. : (preoccupato) No. Perché?…

II SIGN. : Perché lei mi sta collegando l’azione di guardare fuori dalla finestra con la sua preoccupazione del tempo che passa. E siccome io non so cosa lei ha osservato affacciandosi, sono portato a dedurre, dal significato che dà al suo "boh", che un orologio gigantesco ha richiamato la sua attenzione sul trascorrere del tempo. Non è così?

I SIGN. : (molto deluso) Non c’è nessun orologio gigantesco in strada. Probabilmente ho barato…

II SIGN. : (soddisfatto) Probabilmente.

I SIGN. : Non potrebbe suggerirmi qualcosa?… (l’altro lo guarda duramente e tace. Il primo signore mortificato riprende il suo posto, di fronte al secondo. Entra improvvisamente una giovane donna. E’ chiaramente nervosa. Guarda i due in modo molto vago, accennando un saluto. Non si siede, ma muovendosi freneticamente, si dirige alla finestra e guarda fuori. Il primo signore la osserva con attenzione, sperando di sentirle dire qualcosa di appropriato. Il secondo, invece, rimane abbastanza indifferente.)

DONNA : In certi giorni bisognerebbe starsene a casa. E’ un’ora che giro qui intorno per trovare un parcheggio! (Guarda attraverso la finestra, molto preoccupata) Speriamo che il vigile non me la faccia caricare! Mi mancherebbe solo quello! Mah!… (Il primo signore guarda con aria interrogativa il secondo signore, che fa un gesto di approvazione con la testa, come per dire: "espressione giusta!" La donna, distogliendo la sua attenzione dalla strada, si rivolge cortesemente ai due) Scusate, forse ho interrotto il vostro discorso!…

II SIGN. : (con estrema gentilezza) No, no… non si preoccupi. Si parlava del più e del meno…

DONNA : (rivolgendosi con un sorriso al primo signore) Cioè?

I SIGN. : (tempestivamente) Ah, non lo so… l’ha detto lui!

II SIGN. : (coinvolto inaspettatamente) Niente… discorsi futili…

DONNA : (insistendo) Parlavate di calcio?

II SIGN. : (incuriosito) E perché proprio di calcio?

DONNA : (ironica) Perché gli uomini parlano sempre di calcio!… Specialmente poi in certe situazioni…

II SIGN. : Invece, noi non parlavamo affatto di calcio. Io ed il signore ci conosciamo appena…

DONNA : Appunto. Di solito, quando due uomini si conoscono poco, cosa fanno? Puntualmente parlano di calcio. E’ l’unico argomento che accomuna tutti gli uomini. Esattamente come pensavo.

II SIGN. : (irritato) Ma le ripeto che noi non parlavamo di calcio! Io non so nemmeno se il pallone è rotondo o quadrato!…

DONNA : E’ rotondo.

II SIGN. : Ma sì, lo so. E’ un modo come un altro per dire che non me ne intendo…

DONNA : Un luogo comune.

II SIGN. : (sforzandosi di restare calmo) Sì, un luogo comune. (Guarda l’altro signore, che nel frattempo sta seguendo interessato il dialogo) La gente è piena di luoghi comuni!

DONNA : Parli per lei. Io, ad esempio, non ne uso mai. I luoghi comuni sono indice di ristrettezza mentale, scarsa elasticità. Quando non riesco ad essere originale, o peggio, non so cosa dire, taccio. Così non rischio una brutta figura. Non crede?

II SIGN. : A volte bisogna rispondere per forza…

DONNA : E’ vero. Ma il saper rispondere senza dire nulla e, soprattutto, senza essere banali, è un’arte che pochi uomini conoscono.

II SIGN. : (con forzato sarcasmo) Invece le donne…

DONNA : Lo vede? Io ho detto "uomini" e lei ha collegato subito con "maschi", senza domandarsi prima se io non intendessi riferirmi all’uomo come "specie umana", formata da uomini e donne. Si immerga, sguazzi pure nei suoi luoghi comuni! Ecco, poi, come si riduce!

II SIGN. : Il suo mi sembra un femminismo a buon mercato.

DONNA : A buon mercato?! Le risulta che il femminismo sia stato messo in vendita? (Sorride) Lo vede? Luogo comune! (Si avvicina di nuovo alla finestra, guarda in strada) Certo che la macchina l’ho piantata proprio in mezzo alla strada! Se passa il vigile sono dolori! (Guarda freneticamente l’orologio che ha al polso) Chissà quanto ci sarà da aspettare!…

I SIGN. : (timidamente) Forse è meglio che la sposti. Questa è una zona centrale, i vigili passano spesso.

DONNA : Spostarla? E dove la metto?!… Gliel’ho detto che non sono riuscita a trovare posto!

II SIGN. : (spavaldo) Io l’ho trovato subito.

DONNA : Probabilmente è venuto in motorino!

II SIGN. : (irritato) No, signora. Ho una Mercedes, che parcheggio sempre e ovunque in modo regolare!

DONNA : (fissando l’uomo negli occhi, con atteggiamento di sfida, mette una mano dentro la borsetta e tira fuori un mazzo di chiavi) Tenga, signor "maschietto", parcheggi anche la mia macchina ovunque e in modo regolare!…E’ quella 126 rossa schiaffata ignobilmente in mezzo alla strada!

II SIGN. : (anche lui fissandola negli occhi, afferra con scatto felino le chiavi) Stia tranquilla. Tra pochi minuti sarò di ritorno! (Abbozza un sorriso molto esteriore, lancia un’occhiata al primo signore ed esce di corsa.)

DONNA : (precipitandosi alla finestra) Secondo me, non riuscirà nemmeno a metterla in moto la macchina. Non lo sa che la batteria è scarica e che parte solo in discesa o a spinta! (Ride. Intanto il primo signore l’ha raggiunta e guarda a sua volta attraverso la finestra) Eccolo! Eccolo lì! Quanto è goffo!… Guardi, guardi! Non trova la chiave per aprire lo sportello! (Ride divertita) Oddio, si avvicina il vigile!… Su, dai, metti in moto e vattene! Dai!…Che imbranato! Non riesce a partire!… Ecco lo sapevo! L’ha fermato il vigile! Ma che fa?! Si mette a discutere? Ma è proprio un cretino! Quello adesso gli fa una multa che non finisce più!… (Urlando) Stai calmo, imbecille! Così peggiori le cose!… tanto che gliene frega a lui, mica è sua la macchina!… E’ inutile. Devo scendere io! Se non intervengo io, quel cretino si fa mettere la multa anche per le gomme lisce e i fanalini rotti. Se poi il vigile guarda il bollo, sono fregata! Sono due anni che non lo pago!… (Rivolta al primo signore, che nel frattempo è rimasto incollato alla finestra, con lo sguardo in direzione della strada) Io scendo! (Esce di corsa)

I SIGN. : (rimane ancora qualche istante alla finestra. Evidentemente sta seguendo la scena tra il secondo signore, il vigile e la donna. Sorride divertito. Poi, torna lentamente al suo posto e si siede pensieroso.) Mah!… (Si alza di scatto, portando una mano alla bocca, come se avesse detto qualcosa di molto grave. Lentamente toglie la mano dalla bocca, si tranquillizza, torna alla finestra, l’apre, e con fierezza, quasi ingigantendosi, emette un urlo liberatorio in direzione della strada) Maaaaah!!!

All’urlo entra una donna. Dall’aspetto si capisce che è un’istitutrice. Ha un’aria molto seria, aggravata anche dall’abbigliamento, che la fa sembrare più anziana della sua età. Porta gli occhiali. Il primo signore non è sorpreso da questa entrata, ma anzi, quasi aspettandosela, si rivolge all’istitutrice con entusiasmo:

I SIGN. : Ha visto?… Ci sono riuscito!…

ISTITUTRICE : (molto severa) Crede?

I SIGN. : Ma certo. Non ha sentito la forza del mio urlo?!…

ISTIT. : Le sembra sufficiente?

I SIGN. : (tornando timido) No… forse no… ma è già qualcosa…

ISTIT. : (sempre più dura) Qualcosa?! E dopo due anni di lavoro, di prove, di studio… d’impegno suo e nostro, lei si accontenta di "qualcosa"?… Non le pare un po’ poco?!… (Con estrema fermezza) A me risulta quasi niente!

I SIGN. : (avvilito) Eppure… a me sembra un grande progresso…

ISTIT. : (con forzata pazienza) Mi ascolti bene: il nostro istituto si chiama "Istituto nazionale per l’educazione all’aggressività pubblica e privata" perché ciò che noi vogliamo insegnare ai nostri iscritti è appunto l’aggressione, la prevaricazione nei confronti del prossimo, la sopraffazione, insomma. Ma la sopraffazione che intendiamo noi, non è basata sullo scontro fisico, o peggio, sulla violenza e la volgarità verbale. I nostri corsi vogliono educare ad una tecnica più elegante, sottile, rifacendosi a delle forme di aggressività meno grossolana e plateale, ma senza dubbio più efficace ed incisiva dell’altra. (Con compiacimento) Il nostro traguardo è il plagio, la sfida dialettica con l’avversario, la sua umiliazione morale. Capisce?… Si può persino arrivare ad uccidere, senza commettere omicidio. Non è prodigioso?… Non mi sembra che il suo esagerato "Maaah!" abbia questi requisiti. E preferisco sorvolare sulla scarsa incisività della sua conversazione con i nostri due attori…

I SIGN. : (con visibile vergogna) Sì… lo so… me ne sono accorto. D’altronde loro seguivano un copione collaudato… mentre io…

ISTIT. : (interrompendolo bruscamente) E non era proprio questo l’esercizio?

I SIGN. : (continuando ad abbozzare una giustificazione) I vostri attori sono anche marito e moglie… hanno anni di litigi alle spalle… di sopraffazioni domestiche… (in modo confidenziale) so che picchiano volentieri i loro bambini…

ISTIT. : (molto seccata) La smetta di cercare scuse assurde per giustificare la sua prova incolore! E poi, visto che vuole per forza tirare in ballo i suoi interlocutori, tengo a ricordarle, che prima di diventare nostri attori, sono stati nostri allievi, come lei ora; e senza dubbio tra i migliori. Si figuri che soltanto tre anni fa, quando si iscrissero al corso, erano due sdolcinati sposini, tutto zucchero e miele: (ironica) bacetti di qua, carezze di là… adesso si schifano a vicenda, sul lavoro, come nella vita privata! Questi sono risultati, mio caro! Non il suo urlo da mercante!

I SIGN. : (molto deluso) La prego mi comprenda!… Probabilmente l’idea dell’automobile in mezzo alla strada, deve avermi un po’ spiazzato…

ISTIT. : Sì, lo so. Da dietro la porta ho ascoltato tutto, sa? Lei da quel momento non ha praticamente più fiatato. E pensare che la trovavo una trovata così stupida, banale. Almeno alla sua portata…

I SIGN. : (implorando) La scongiuro…mi offra un’altra occasione!… Mi dia un’altra possibilità per dimostrarle che anch’io posso diventare aggressivo o… addirittura… violento… sì, sì, (con esaltazione) veramente violento!…

ISTIT. : Violento?! (Ride) Ma non dica idiozie! Lei non diventerà mai violento, né un prevaricatore. Dopo due anni di fallimenti, siamo stufi di averla ancora qui! Non sappiamo più cosa fare per riuscire ad ottenere da lei un minimo progresso! Lei è un debole e basta! Senza attenuanti né speranze! Capito?!… Perciò… a questo punto, sono costretta, anche a nome dei miei colleghi, a chiederle di… sì, di allontanarsi dalla nostra scuola.

I SIGN. : (disperato) No!! La prego…

ISTIT. : (urlando) E la smetta di dire: "la prego!" "Mi scusi…" e tutto il suo repertorio di buona educazione! Lei è un vile e tale resterà! Se ne vada!

I SIGN. : (distrutto) No, no! La scongiuro… cioè… non mi dia del vile!… Anche mia moglie me lo dice sempre… ma si sbaglia…

ISTIT. : (incalzandolo) Vigliacco!

I SIGN. : No, no… la prego… cioè, no… senza pregarla… vigliacco, no!… Me lo diceva in continuazione mio padre… (piagnucolando) non ne posso più!…

ISTIT. : (sempre con cattiveria, si avvicina al primo signore con aria minacciosa) Vile! Vigliacco! Smidollato! Codardo!… Donnicciola!!

I SIGN. : (l’aggredisce con uno scatto, afferrandola alla gola) Nooo!! Lei non può ripetere le parole della mia mamma! (Stringendola alla gola, quasi spinto da una forza soprannaturale) Non può! Non può!!

ISTIT. : (spaventata, ma, nello stesso tempo soddisfatta, si sforza di mantenere una certa freddezza, anche se parla e si muove a fatica) Bravo!… Lo vede che ci riesce?!… Bravo!… Ma… adesso mi lasci, su… è contro il regolamento usare la forza fisica… cerchi di trasformare questo impeto in un diverbio…

I SIGN. : (sempre più esaltato, continua a stringerla al collo) Non posso!… Non riesco a mollarla!…

ISTIT. : (terrorizzata, continua a parlare con voce soffocata) Mi lasci!… Aiuto… mi lasci! (Tenta una resistenza, annullata dalla forza dell’uomo) Mi violenti, se vuole!…Mi possegga!… Ma non mi uccida, per carità! Non mi uccida!… E’ contro il regolamento!… (Ormai soffocata, perde lentamente i sensi)

I SIGN. : (sempre in preda al suo raptus) Non posso!… Non posso violentarla!… Lei fisicamente mi ripugna!… E poi, non riesco a staccarmi… non ci riesco!… Mi scusi, ma devo ucciderla! Devo ucciderla! (La donna cade a terra. L’uomo si blocca, la guarda sbalordito; poi, piegandosi sulla vittima, le sussurra molto delicatamente) Ora posso continuare a frequentare questo istituto?… (L’istitutrice a terra, ormai in fin di vita, alza molto lentamente la mano, facendo un gesto di diniego. La mano ricade in terra violentemente, significando il decesso della donna. L’uomo la guarda deluso. Poi, appoggia la testa sul petto della vittima, all’altezza del cuore. Si rialza lentamente e guarda in direzione del pubblico con aria smarrita) Mah!…

(BUIO)