DIVERSO… DA CHI? (di Chiara Tambani–pos. SIAE 229455)
Diverso… essere diverso… sentirsi “diverso”… è un po’ come quando tutti i tuoi amici tifano la Juve e tu invece tieni al Toro, e non sai perché, ma tu di quella squadra sei innamorato e non puoi… no proprio non puoi cambiare bandiera… o come quando tu sei l’unico a preferire “Marcellino pane e vino” a “Rambo”… che in quella scena quando Cristo scende dalla croce ti prende un groppo in gola e proprio non ce la fai a non commuoverti…. O come quando tutti mettono gli ACDC a palla, mentre tu
vorresti struggerti in camera ascoltando “Lontano dagli occhi” di Sergio Endrigo… e provi a fare come gli altri, ad atteggiarti come gli altri, ma non puoi “sentire” come gli altri… Non ci puoi proprio fare niente, tu sei così, sei… diverso.
Ma non è mica facile accettarlo eh? Vuole dire che qualsiasi scelta tu farai, qualsiasi gusto tu avrai, sarà sempre diverso da quello degli altri… vuole dire che lo sai già che ti guarderanno storto (quando va bene), che ti prenderanno in giro (e questa sarà la norma), che potrai essere isolato se non addirittura insultato… o peggio… Ero pronto ad affrontare tutto questo? No, non ero pronto… ero solo un ragazzino che voleva essere accettato per quello che era, come tutti gli altri, che voleva avere amici, che voleva ridere e scherzare… ma spesso l’oggetto delle risa e degli scherzi ero io. No, non è facile, soprattutto quando sei piccolo… e allora ti chiedi: perché proprio io? E avresti preferito nascere con un cervello di gallina e un cuoricino piccolo come una biglia, per potere seguire la massa senza farti domande, per non doverti fare fregare da quella maledetta sensibilità che amplifica sempre ogni emozione, che ti fa vivere ogni cosa con un’intensità esagerata… E allora ci ho provato a vivere senza sentimenti, solo apparenza, solo esteriorità, dire fare pensare esattamente come gli altri… mi bastava solo essere accettato, far parte del gruppo, non essere sempre additato come quello strano… Ma la recita non è durata tanto… perché poi, solo davanti allo specchio, restavo sempre e solo io. “Coglione” mi dicevo “è questo che volevi diventare… un coglione?”.
E allora usciamo allo scoperto, mi sono detto. Già, ma a che prezzo? Quante persone dovranno soffrire per questo? Non raccontiamocela dai, la diversità fa paura… Perché la normalità è un’apparente garanzia di una vita serena, senza troppe scosse, senza traumi… Tutte balle, per carità, lo sappiamo… ma il pensiero comunque era ed
èancora più o meno questo. Mi mancava il coraggio. Non tanto per me. E’ che non volevo dare un dispiacere alla mia famiglia, non volevo essere motivo di vergogna
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per i miei genitori… Avrei preferito mille volte soffrire io, nascondermi per tutta la vita, piuttosto che fare soffrire la mia mamma.
Ma quel giorno me la sono trovata davanti e lei aveva uno sguardo così pieno d’amore negli occhi, che sembrava quasi mi invitasse a parlare, come se mi volesse dire “raccontami tutto, figlio mio”. E allora mi è uscito dalle labbra, così, improvvisamente, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
E la mia mamma mi ha guardato con quello sguardo antico, di chi già sapeva tutto e mi ha domandato:
E’ un problema per te?
(pausa. Ci pensa) Se è un problema per me? (pausa. Poi, come se avesse un’illuminazione) No! Non è un problema per me! E’ un problema per gli altri forse,ma non per me! Non per me! Perché io sono così!
Sì, tu sei meraviglioso così come sei.
La mia mamma. La mia mamma mi ha salvato la vita. Quelle parole sono state il balsamo che ha guarito tutte le mia ferite passate e che avrebbe lenito in seguito anche tutte quelle future. Perché in ogni momento buio della mia vita, quando non sono stato accettato, quando sono stato deriso, o semplicemente non sono stato capito, sentivo la sua voce, dolce ma ferma che mi diceva: E’ un problema per te?
No. Da quel momento non è più stato un problema. E non è poi stato così difficile. In fondo dovevo solo essere me stesso, mostrarmi per quello che ero davvero. E mi sono accorto che più ero fedele a ciò che sentivo e più mi piacevo, che non avevo più bisogno dell’approvazione degli altri. Se qualcuno non mi accettava era un problema suo, non mio. Peccato per quello che si perdeva. E ho avuto una vita piena, intensa e posso dirlo? Sì, bella! Ho amato, riso, pianto, sofferto, gioito e sono sempre stato fedele a ciò che sono. Ascolto ancora un sacco le canzoni di Sergio Endrigo, conosco a memorie le battute di “Marcellino pane e vino” e mi sono pure andato a prendere un uomo meraviglioso, mio compagno di vita, mio amico, mio confidente, mio sostegno… mio… tutto.
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Sono diverso sì, orgogliosamente e straordinariamente diverso… come in fondo lo siamo tutti… e dalla vita ho capito questo… solo chi sa accettare la sua diversità, capirà anche la sua unicità e potrà essere… davvero felice! - FINE
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