diVini not

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 Interno di locale o taverna, fumoso e stantio.

 

un tavolino con lampada e sedia un attaccapanni uno scaffale portabottiglie un separé bianco da usare come ombre cinesi

Si sente da lontano il camminare di una donna con scarpe col tacco. Dopo qualche istante entra in scena, fischiettando il ritornello di UN VECCHIO FRACK di Modugno. Appende il soprabito, il cappello, va dietro al separé, accende la luce, si spoglia, si cambia, indossa un grembiule da cameriera ed esce di nuovo in scena mentre si sente un’armonica suonare ancora UN VECCHIO FRACK.

 

La donna si avvicina alle bottiglie, ne prende una, osserva bene l’etichetta anteriore, quella posteriore, la legge, sospirando.

1° SCENA

Oggi la gente compra il vino solo per l’etichetta. Che sia buono o che sia tristo, poco importa. Basta che si presenti bene.

 stappa  nel silenzio

Un po’ come per le cameriere: buone o tristi, l’importante è che all’occhio non siano da buttare.

sistema la bottiglia, prende un bicchiere e lo mette sul tavolino accanto alla bottiglia aperta

 

entra l’armonicista, appoggia il cappello sull’attaccapanni e va a sedersi sul tavolo

la cameriera gli versa il vino nel bicchiere mentre parla.

Salve. Di lei potranno dirne di cotte e di crude: ma certo non che lei non ami la puntualità. Potrei regolare il mio orologio, su di lei, tanto è preciso. Solo quando arriva, però. Sul quando se ne andrà, non posso scommettere nulla. Ogni giorno, o meglio, ogni notte, è diversa: unica, irripetibile, trasgressiva. Come le note della sua armonica.

La cameriera va dietro al separé, pulisce un calice da bianco mentre la musica suona.

Armonica

La cameriera esce con il calice pulito e vuoto in mano e lo appoggia sul tavolino accanto all’altro, pieno, dell’armonicista.

Chi vuole trasgredire, da noi è il benvenuto. Vino e trasgressione sono sempre andati a braccetto, sin dalla lontana Grecia classica, 500 anni prima della nascita di Cristo. Li chiamavano simposi: ritrovi fra uomini, dove si beveva del vino. Tanto vino, tanto, troppo, molto spesso. Nonostante le regole dicessero di annacquarlo per bene, di non esagerare, di fermarsi in tempo, prima di barcollare, per permettere a se stessi di tornare a casa, a piedi, senza stramazzare a terra, fradici,

Omero, l’autore dell’Iliade e dell’Odissea, scriveva che: “Il vino è folle e fa cantare anche l’uomo più saggio, e lo fa ridere mollemente e lo costringe a danzare, e tira fuori parola, che sta meglio non detta.”

Alla fine della serata, nelle vene dei convitati, scorreva più vino che sangue.

Del resto, in quei simposi, si diceva che il vino “svela” il vero carattere dell’uomo:

“…dell’uomo è il vino a svelare la mente, se troppe volte leva il calice, e “svergogna” anche una mente che prima era avveduta.” Parole sante, veritiere, sempre attuali, tratte dalla Teognide. Siamo sempre nel 500 a. Cristo.

Quante volte, tu, stasera, hai già alzato il calice, eh? E ieri? e in passato?

                                                                                                                      Armonica

va a prendere il vino bianco, lo versa nel bicchiere che poi solleva e osserva

Vino = trasgressione. Ma cosa significa trasgredire? Il dizionario Treccani dice che significa oltrepassare i limiti di ciò che è lecito, nel senso di violare, non rispettare una norma, una legge, un regolamento. E di fronte a un calice colmo di questa bevanda inebriante, la trasgressione diventa quasi … un obbligo. Chi viene qui, per assaggiare questo nettare divino, non abbia da temere la trasgressione. O se ne stia lontano!

Esce, va dietro al telo, pulisce un altro calice, sta volta per il rosso, poi rientra.

Armonica

 

Ma vino non significa solo trasgressione.

si versa del rosso nel calice che tiene in mano

dietro a questo liquido, misterioso e intenso, c’è un grande impegno, c’è dedizione, c’è carattere.

 sorseggia il vino, lo fa passare in bocca lentamente mentre ascolta l’armonica. Poi osserva di nuovo l’etichetta della bottiglia

Armonica.

 

Anche in questa etichetta si parla del carattere. E torniamo così nel mondo dei Greci. Carattere, in greco, vuol dire impronta, quindi qualcosa che lascia il segno, unico e specifico, quel qualcosa che ci permette di fare delle differenze. Qualcosa che ci distingue quindi. E nonostante sia facile vedere che il vino si distingue in bianco o rosso, all’interno di questi due grandi categorie, ci sono vini diversi, ognuno con un’impronta unica, irripetibile, specifica.

Armonica

Ma queste sono forse quisquiglie. Non interessano di certo a coloro i quali comprano il vino basandosi sulla sola grazia ed eleganza di una semplice etichetta. Il carattere di un vino non lo dà quell’etichetta; non lo dà la forma della bottiglia, o l’osteria che lo versa: lo dà l’esperienza di chi lo sa fare il vino; lo dà l’impegno di chi d’inverno esce al freddo e trascorre le giornate a potare, pazientemente e con cura ogni singolo tralcio di ogni singola vite cresciuta in ogni singolo vitigno posseduto e coltivato con passione.

sorseggia un altro goccio di rosso mentre suona l’armonica

 

Passione sì: ecco un’altra parola legata indissolubilmente a questo vino. Fare il vino non è solo commercio, acquisto, vendita, quantità, spesa, guadagno… No: ciò che rende questa bevanda unica,ciò  che gli dà carattere, che la rende famosa è ben altro. E’ la ricerca continua, infinita e ponderata, ossessiva di una nota,  un gusto,  un aroma specifico; quel qualcosa di diverso che possa dare al proprio vino un’impronta bene definita e unica. Una lotta continua, irrefrenabile, vitale fra ciò che va buttato e ciò che va tenuto, fra ciò che è buono e ciò che non lo è affatto o che non lo sarà negli anni, fra ciò che è bene e ciò che è male, fra ciò che è dozzinale e ciò che è raffinato…

armonica

2° SCENA    

Raffinatezza ed eleganza. Sì, il vino è anche questo. Guardate come questo liquido dal colore del prezioso rubino e del sangue vitale, si lascia contenere con piacere ed eleganza in questo sottile calice trasparente e sonoro.

bagna il polpastrello col vino e lo fa scorrere sul bordo del calice emettendo suoni acutissimi che poi l’armonica accoglie e trasforma in musica

Non ho mai capito come queste caratteristiche così raffinate di ogni vino che vendo nella mia osteria, possa andare di pari passo con la trasgressione e l’eccesso. Elegante e raffinato infatti è colui o colei che sa misurare bene qualità e quantità, gusto estetico, profumo e colore. E come accade allora che tutto ciò, da un secondo all’altro, venga capovolto, stravolto, sconnesso, disintegrato, gettato nell’oblio.

la cameriera ondeggia come ubriaca sulle note dell’armonica

Armonica

3° SCENA    

Oblio, confusione, difficoltà di coordinazione dei muscoli, di capacità nell’orientamento e nella vista. Chi esagera, chi va oltre il limite, chi non sa fermarsi in tempo, non ricorda più nulla. Per primo non ricorda quanti calici ha sorseggiato. Per secondo non ricorda dov’è. Per ultimo non ricorda chi è. E questo è triste, triste soprattutto per chi gli sta accanto, per chi lo ama. Per chi lo conosce e sa quanto vale e non si capacita nel vederlo così trasformato, inebetito, annichilito, ridotto al nulla da un semplice, irresponsabile e ignaro calice, alzato una volta di troppo in onore di Dioniso, il dio greco dell’ebbrezza, del delirio e del piacere.

Armonica

 4° SCENA

Delirio e piacere. Forse è solo questo che l’uomo va cercando. L’uomo inteso come essere umano, sia chiaro: e quindi tutto ciò vale anche per la donna. Sentire questo dolce e fruttato liquido che ti avvolge la bocca e ti scorre nell’esofago e pian piano si incunea nelle tue vene e dilaga nell’intero tuo corpo con una naturalezza disarmante, è … piacere. Sì, null’altro che piacere. Come un bacio dell’amato ti inebria tutto il corpo a partire anch’esso dalle labbra e non vorresti smettere per nessun motivo anche se sai che difficile sarà l’attimo in cui dovrai dire, se lo saprai fare, basta. Mi fermo.

 

Armonica (sottofondo)

Ah, com’è difficile dire basta quando il piacere ti assale e ti senti avvolto come in un mantello materno dove tutto ti sembra buono e giusto per te e per il mondo intero. Com’è difficile saper governare questo senso di onnipotenza benigna che ti prende all’inizio; com’è arduo essere coscienti che dietro tutto ciò, di nuovo e sempre si nasconde un qualcosa di eccessivo, non giusto, che ha a che fare con il male. Che trasformerà inesorabilmente il tuo benessere in un odioso malessere universale. E ti chiedi perché non mi so fermare appena lì, proprio sul confine, fra ciò che mi dà piacere e ciò che me lo toglie, fra la gioia e l’affanno, fra il godimento e la stanchezza, fra l’abbastanza e il troppo.

la cameriera si appoggia al tavolo e si assopisce

prosegue Armonica

             

 5° SCENA   

 

Armonica

 

Fine

“Non mi è caro chi, presso al cratere ricolmo

bevendo narra

i tumulti e le risse e le lacrimose guerre,

ma solo chi,

d’Afrodite e delle Muse

insieme i bei doni mescolando,

canta l’amabile gioia”

-Anacreonte, Grecia, 500 a.C.-