Domani si va in scena

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“DOMANI SI VA IN SCENA “

atto unico di

memo 

(Domenico Izzo)


Personaggi in ordine di apparizione

GIUSEPPE ……………….guardiano del teatro
STEFANO………………...attore
ANNA……………………..attrice, compagna di Mauro
MAURO…………………..attore
ADELE……………………anziana attrice
ALDO……………………..attore
MARCO…………………..attore
FREDIANI………………..regista

(La scena si svolge su un palco di teatro. E’ inverno e fa molto freddo. Gli attori appaiono sul palco da una entrata laterale delle quinte. E’ l’ultimo giorno e l’ultima prova alla vigilia della rappresentazione. Gli attori arrivano uno alla volta.)

(Quadro)
Il palco è ancora in allestimento, ci sono sullo sfondo alcuni pannelli ammucchiati e cadono spenzolate dall’alto, varie corde… Sul palco, alcune sedie e un tavolinetto.
Giuseppe sta raccogliendo alcune cose dal pavimento del palco, appoggiandosi ad una scopa. 
Entra Stefano con alcuni fogli in mano. 


STEFANO: Ciao Giuseppe, sono il primo?
GIUSEPPE: Nessuno, tutto tace, tranne le mie povere ossa. E poi con questo freddo…

(Giuseppe si solleva lentamente sempre appoggiato alla scopa). 

STEFANO: Fa proprio un freddo cane, non si può avere un po’ di riscaldamento?
GIUSEPPE: Ho il permesso di accendere le stufe solo durante lo spettacolo. Va acceso due ore prima di iniziare e spento col calare del sipario. Il teatro non è così potente come il cinema e la rivista, qua di soldi ne girano pochi.
STEFANO: A chi lo dici.
GIUSEPPE: Bene, io vado a pulire il camerino, visto che lo lasciate sempre come un porcile e poi se ci trovate una cartina urli e tragedie.

(Giuseppe si allontana per uscire dalla scena).

STEFANO: Fammi una cortesia, mentre vai, accendi un faro più forte, così aspettando gli altri ripasso il copione. 
(La platea è al buio, si illumina il palco. Entra Mauro, strofinandosi le mani e soffiandoci l’alito caldo indossa un cappotto che presenta un gonfio rialzamento. )

MAURO: Eccoci, mamma mia che gelo, ciao Stefano.
STEFANO: Ciao Mauro.
MAURO: Per quello che mi riguarda un po’ di riscaldamento l’ho portato.

(Da sotto il cappotto, tira fuori un fiasco di vino.)

STEFANO: E Anna?.. Non starà male spero!
MAURO: No, no, si è fermata al carrettino all’angolo della strada a prendere un cartoccio di caldarroste. Dovevano finire la cottura. 

(Stefano cammina leggendo in silenzio, ma muovendo le labbra, ogni tanto alza lo sguardo al soffitto e ripassa, poi ripiega la testa e si accosta il foglio, molto vicino agli occhialini tondi che indossa. Mauro da un angolo buio tira fuori tre bicchieri e li posa sul tavolo accanto al fiasco, si versa da bere e sorseggia. Entra Aldo con Adele. Adele sbuffa ansimando, è anziana e molto grassa, le gambe gonfie non le permettono di stare molto in piedi. Aldo le passa subito una sedia. Adele seduta si sventola col copione.)

ALDO: Eccoci qua, sono passato a prendere la mamma. (Così è chiamata Adele dalla compagnia).
MAURO: Sarà stata dura!
ALDO: Mica l’ho portata sulle spalle. Meno male che mio padre mi ha lasciato quella carretta di auto.
MAURO: Lo dicevo nel senso, che si sia messa a discutere con qualcuno, di solito trova da recitare anche per strada, non perde occasione…
ADELE: O bimbino, che hai oggi, una lisca in gola o Anna ha chiuso bottega. 
ALDO: A proposito di Anna, è giù alle mondine, arriva subito.
MAURO: Oh, sia chiaro, la spesa delle mondine si divide.
ADELE: Mamma che caldo!

(Tutti si girano e la guardano stupiti.)

ADELE: Ho caldo e allora! E tu Stefanino che fai impari a memoria anche gli spazi bianchi.

(Adele detto questo, scoppia in una risata sguaiata e si batte le mani in grembo. Stefano scuote le spalle e continua la lettura. Entra Anna tenendo le mani intorno al cartoccio fumante.)

ANNA: Brrrr…. Si gela.
ADELE: E se non ti fai scaldare, figlia mia…
ANNA: Certo tu sei autosufficiente…

(Adele ripete la risata.)

MAURO: Come al solito manca Marco. Il Barone se la prende sempre comoda.
STEFANO: Se è per quello, manca anche il regista.
MAURO: Il dott. Frediani, arriva tardi, si sapeva. Poi dobbiamo solo fare alcune prove tra noi, il resto è già definito. E’ Marco che deve essere presente.
ADELE: Gli artisti sono fatti così.
MAURO: Avete sentito. Avete sentito bene: lui è l’artista, noi siamo i gregari, noi tiriamo in barroccio. 
STEFANO: Vorrai ammettere che Marco ha più esperienza, è quello che con la mamma recita da anni.
ADELE: Se è per l’esperienza, il bellissimo Marchino ne ha da vendere e non solo nel campo recitativo.
MAURO: Che vuoi dire?
ADELE: Che ha sempre ottenuto quello che voleva.
MAURO: Alludi forse a qualcosa che mi riguarda.
STEFANO: Mauro taglia, non l’attizzare, altrimenti invece di provare una commedia brillante, proviamo una tragedia. 
ADELE: Anche Stefano fa le battute, senza averle prima imparate a memoria, questa è proprio una novità. 
ANNA: Dai Mauro, sai dove vuole andare a parare la mamma, lascia perdere.
ALDO: Ora basta, non vogliamo andare in scena avvelenati. Lasciamo fuori dal palco i nostri casini personali, e speriamo che Marco arrivi presto.
ANNA: Ormai il presto è già passato. 
STEFANO: Possiamo cominciare tra noi. 
ALDO: Ma se in tutta la commedia, Marco è presente, tutti i dialoghi si svolgono con lui.
ADELE: E non solo i dialoghi.
MAURO: Dai, oggi finisce male.

(Adele rivolta a Mauro)

ADELE: Non ti brucerà la scena del bacio con Anna, Come dice il regista, deve essere con passione, e poi con tutti quelli che gli ha dato fuori dal teatro. 
STEFANO: Ecco fatto.
MAURO: Io me ne vado.
ANNA: La vogliamo finire con questa pantomima. Visto che la cosa riguarda la mia persona, vi pregherei di cambiare argomento. Tu mamma, se ci riesci, puoi mettere la lingua a cuccia per un po’.
Ai miei rapporti so badare da sola e la storia con Marco è ormai finita e sotterrata.
STEFANO: Possibile che dove c’è Marco ci sono sempre problemi di gelosie.
ANNA: Tu stai zitto, che Marco ha servito anche te.
STEFANO: Con la differenza che io scelgo, non casco nella rete come i pesciolini ingenui. 
ANNA: Va…va…va…
ADELE: Ve lo dicevo che faceva caldo. 

(Di nuovo la risata sguaiata.)

ALDO: Insomma, io sono venuto per provare e non per bere e litigare, altrimenti me ne torno a casa , non ho solo il teatro nella testa io. E poi per quello che mi riguarda la parte che mi spetta la conosco perfettamente e odio provare il giorno avanti alla prima…
STEFANO: Vacci piano, ti scordi che appena letto il copione , l’avevi interpretato in maniera tutta diversa da come il regista l’ha voluta.
ALDO: E perché il regista dovrebbe avere ragione.
MAURO: Primo, perché è il regista, secondo perché conosce l’autore e terzo perché hanno deciso assieme il montaggio della commedia. 
ADELE: In tanti anni di recite, ho sempre avuto paura delle prime di autori nuovi.
MAURO: Certo era meglio quando per anni continuavi a recitare le stesse cose: D’Annunzio, Benelli, - Benelli e D’Annunzio.
STEFANO: Almeno si andava sul sicuro. 
ADELE: Ohh… signori, per quello che mi riguarda, io gli autori, i grandi autori, li ho recitati tutti e con le migliori compagnie.
ANNA: Buoni, buoni, altrimenti ci dobbiamo sorbire la sceneggiata sui grandi teatri, le prime, gli uomini belli nelle loro stirate divise, i monocoli, i bastoni e le piume di struzzo ecc…
ADELE: Allora se lo vuoi sapere era proprio così. Quelli erano tempi di grande teatro, grandi palchi, enormi lampadari scintillanti e le serate finivano da signori, ricevimenti, balli e gli attori erano rispettati e corteggiati. Ora, guarda che teatro, questa la chiamate avanguardia, lo sperimentale, il nuovo…
ALDO: Tutti abbiamo dovuto ricominciare. La guerra ha fatto danni peggiori che quelli lamentati in teatro. Quando tu recitavi nei grandi teatri, c’erano attori come me che non recitavano, ma stavano in montagna a tessere la democrazia.
STEFANO: Ecco fatto, ci mancava radio compagno.
ALDO: certo la tua voce era a scandire lugubri slogan.
STEFANO: Per tua norma , mi sono sempre fatto gli affari miei.
ALDO: I tuoi affari erano tenere la testa sotto la sabbia. Era peggio, caro mio. Sai che ti dico: Meglio un nemico dichiarato che un serpente sibillino.
ANNA: State tranquilli, vedrete che quando ci porteranno il conto di tutto, ci sarà da stare poco allegri. Noi resteremo sempre i soliti, a girare i vestiti vecchi quando sono lisi. E tra noi c’è di tutto, rossi e neri buoni e cattivi, ma sempre disgraziati e ingenui.
MAURO: Vi ricordo che quando abbiamo deciso di mettere su la compagnia, eravamo vogliosi di ricominciare, di uscire dalla situazione mostruosa che aveva provocato la guerra. E’ chiaro che non dobbiamo dimenticare, ma sono proprio i ricordi che ci devono far guardare avanti. Abbiamo cominciato così uniti, ci sono stati anche momenti di commozione tra noi. Ma cosa sta succedendo?
ADELE: Forza il fiasco è vuoto, tutti a piangere.
ALDO: Se facessi il regista cinematografico, il primo film lo dedicherei a mamma Adele. Ho già in mente il titolo: “ Il cuore di Adele “.
ADELE: Avresti voglia di scavare. Sicuramente ne rimarresti meravigliato e sconvolto anche tu che insegui il realismo sovietico. Ma le vite sono uniche, non sono ne nere ne rosse, ne rosa ne bianche. Sono vite. L’insieme di miliardi di atti , momenti irripetibili che si fondono in noi, lasciandoci piaceri e dispiaceri, nostalgie e carica ad andare avanti. Più ricordi e più queste presenze ti accompagnano e pesano nel tempo che scorre e se ne va. E noi viviamo solo di scudi, continuiamo a mettere strati di corteccia sulla nostra pelle e viviamo un quotidiano, il più delle volte inutile.
ANNA: Ora lo dico io che il fiasco è vuoto…

(Entra Marco, calmo, elegante, col cappotto di cammello e pelliccia sul colletto. Ha due fiori in mano, uno lo porge ad Anna e uno ad Adele .)

MARCO: Oh… oh...! Tutti i miei amici, ma che facce! Bene, bene: In primo luogo scusate il ritardo, ma dovevo fare una cosa che non potevo assolutamente rimandare.
ADELE: Vieni qua Marchino mio, dai un bacio alla mamma, sempre il solito birichino vero…?
STEFANO: cosa c’era di più importante delle prove, si può sapere o è un segreto.
ALDO: Qualche fiore da rapire. Qualche finestra da saltare forse?
MARCO: Brutti malignacci. Sono stato semplicemente a farmi i calli.
TUTTI IN CORO MENO ADELE: Che cosa? I calli!…

(Adele ride in modo sguaiato poi indicando Marco con la mano.)

ADELE: Eccola l’arte. Ma è inutile approfondire, certe cose o si sentono e si capiscono, altrimenti è picche.
ANNA: Spero sia uno scherzo, tu per i tuoi calli ci hai fatto stare tutto il pomeriggio qua, al freddo, senza provare, per poco non si scioglieva la compagnia tra veleni. Marco sei il solito…

(Anna si morde la mano per non offendere.)
MAURO: Del resto, lui è il Barone.
MARCO: Ei, ei! Ma che succede. Vi ho chiesto scusa. E poi che sarà mai la commedia di domani, non si deve recitare né Shakespeare, né Molièr, né Brecht. Saranno si e no 20 battute a testa, Un atto unico, non credo che avrete problemi a ricordale e tanto meno ad interpretarle. Abbiamo fatto cose molo più difficili, con poche prove…
ALDO: Non è questo, è che siamo stati qua come fessi ad aspettare te, aspettavamo il Barone e tutta la sua sapienza.
MARCO: Vedi Aldo, se non fosse che ci conosciamo dalle scuole elementari e che ho sempre avuto stima per te, a quest’ora avrei già rotto il nostro rapporto. 
ALDO: E quale rapporto, questa è professione, le nostre vite sono sempre state diverse.
MARCO: Eppure ti reputo intelligente… Anche se da piccolo non eri proprio il più brillante a scuola, devo riconoscere che ti sei fatto.
ANNA: Non vi metterete a litigare proprio voi due, vi conoscete da una vita, e vi stimate.
ALDO: Forse quello che Marco non ha capito ancora, è che da piccoli non era l’intelligenza a farci essere diversi e tanto meno il profitto scolastico. Certo che io ho avuto più difficoltà, ma spesso le cose non sono come appaiono. Io restavo indietro, allora ci chiamavano somari e ci mettevano le lunghe orecchie di carta sulla testa. Era difficile fare le lezioni e seguire, ma io non ero accompagnato e ripreso dalla scuola con l’autista e l’automobile, quando arrivavo a casa non avevo la tavola apparecchiata, con la carne e la frutta, non avevo il giardino personale dove correre e scorrazzare. Il mio grembiule di scuola era sempre macchiato e il mio colletto e fiocco erano rimediati da pezzi di stoffa recuperati. Dovevate vederlo il signorino, come pavoneggiava, col suo fioccone azzurro e stirato, le scarpe sempre lucidate… queste erano le differenze, quelle che poi influivano sui cervelli.
Per me ed altri, non c’erano riverenze e inchini, ma bacchettate sulle nocche, ecco come si segnavano le vite una volta. 
MARCO: E ora che vuoi fare, vuoi farmi piangere. E poi vedi come sono finito, come va la vita, avrei preferito che tu diventassi come me e invece sono io come te. Anzi, peggio, tu i calli non li hai.

(Marco, scherzosamente e affettuosamente abbraccia Aldo.)

ANNA: In ogni caso, abbiamo perso il pomeriggio a causa tua.
MARCO: Scusate, scusate, scusate e scusate. Del resto se nella mia carriera teatrale, qualche volta ho avuto dei problemi, non è stato certo perché dimenticavo le battute, tanto le integravo inventandole al momento. E nemmeno quando succedevano imprevisti sul palco. Mamma Adele dovrebbe ricordare bene, quando alcune attrici, troppo strette nei busti e per l’emozione, svenivano e in quale modo si rimediava la scena, o quando all’improvviso cadeva un pezzo di scenografia…o andava via la luce… Mai un problema. Se qualche volta ho avuto problemi recitativi, è sempre stata colpa dei calli.
Il dolore ai piedi, mi faceva andare con la mente a imprecazioni e la voglia era di dire al pubblico un bel arrivederci e andarmene. 

(Marco si siede e si toglie la scarpa e il calzino e mostra il piede.)

MARCO: Guardate, guardate la cipolla… ho anche pianto per questa cipolla.
MAURO: Commovente .
STEFANO: Del resto, cipolla e pianto sono sempre stati legati stretti al teatro.

(Adele ride e gli altri ridacchiano.)

ADELE: Oggi Stefano è in vena, una battuta dopo l’altra, deve aver mangiato un grillo.
ANNA: Mauro, ti ricordo che tra poco dobbiamo andare.
STEFANO: E le prove?
ALDO: Quel che è fatto è fatto.
(Da un angolo buio della platea esce fuori il regista)

REGISTA: Buonasera a tutti.
MARCO: Bene sei arrivato anche tu. 
REGISTA: A dire il vero, sono sempre stato qua.
TUTTI: Quaaa…!?
REGISTA: Proprio, me ne stavo sopra un palchetto nascosto. Stavo per farmi vedere, ma quando avete cominciato a parlare tra voi, mi sono sentito come uno spettatore inchiodato alla poltrona.
ADELE: Questa è bella.
REGISTA: Vi garantisco che poche volte ho visto uno spettacolo così spontaneo. Lasciamo perdere i testi, ma vi giuro che avete recitato tutti alla grande. 

(Entra Giuseppe.)

GIUSEPPE: Signori si chiude.
REGISTA: Forza ragazzi che domani si va in scena.


(Si chiude il sipario)