Don Camillo e il signor sindaco Peppone

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Don Camillo e il Signor Sindaco Peppone

Commedia in 2 atti

di

Giovannino Guareschi

Adattamento teatrale

Francesco Freyrie

Lorenzo Salveti

Elaborazione scenografica

Anna Maria Viviani

Personaggi

DON CAMILLO

PEPPONE

VOCE DI GESU’

LA MAESTRA

 MARIOLINO

GINA

CAGNOLA, PAPA’ DI GINA

SMILZO

BRUSCO

LA PERPETUA DESOLINA

GISELLA

MOGLIE DI PEPPONE

NOTAIO

Impianto scenico

Svolgimento della commedia nella CANONICA:

Øa sinistra entrata che verso la piazza

Øa destra entrata verso la Chiesa

La Croce è simbolicamente posta oltre l’ultimo spettatore.


INDICE

Don Camillo e il Signor Sindaco Peppone............ 1

SCENA: Elezione del sindaco...................................................................................... 4

SCENA: La signora maestra......................................................................................... 6

SCENA: La mano sacrilega........................................................................................... 8

SCENA: I due fidanzati................................................................................................... 11

SCENA: La confessione................................................................................................... 12

ANGELO e DIAVOLO............................................................................................................. 15

SCENA: Il battesimo......................................................................................................... 16

ANGELO e DIAVOLO............................................................................................................. 18

SCENA: L’uovo...................................................................................................................... 19

SCENA: L’inaugurazione............................................................................................... 22

ANGELO e DIAVOLO............................................................................................................. 24

SCENA: Il tesoro e la processione........................................................................ 25

SCENA: Il matrimonio – Prima Parte.................................................................... 27

Angelo e Diavolo............................................................................................................. 28

SCENA: Il matrimonio – Seconda Parte.............................................................. 29

Angelo e Diavolo............................................................................................................. 30

SCENA: Il Natale arriva.............................................................................................. 31

Angelo e Diavolo............................................................................................................. 34

SCENA: L’eredità................................................................................................................ 35

SCENA: Vincita al Totocalcio – Prima Parte................................................ 39

Angelo e Diavolo............................................................................................................. 43

SCENA: Vincita al Totocalcio – Seconda Parte.......................................... 44

Angelo e Diavolo............................................................................................................. 49

Scena: L’Angelo dorato.............................................................................................. 51


SCENA: Elezione del sindaco

SACRESTIA

Don C.

(entra quasi di corsa): Gesù, torno ora dal Comune……Lo sapete CHI è STATO ELETTO SINDACO?

CR.

No…non ero presente al Consiglio Comunale.

Don C.

Allora ve lo dico io: Peppone! Capite? Peppone sindaco!!

Voci

Viva Peppone! Viva il nostro sindaco!

Don C.

Non per criticare i Vostri metodi, Gesù, però devo dirvi che io al vostro posto non avrei permesso ad uno come Peppone di diventare sindaco. Degli analfabeti a dirigere gli affari del comune?! Ma li sentite quando fanno i loro discorsi? Non azzeccano un congiuntivo!

CR.

Non è la grammatica che conta, ma il cuore, Don Camillo. Mettiamoli alla prova, poi giudicherai.

Don C.

Giustissimo! Però, se avesse vinto la lista dell’avvocato, avevo già l’assicurazione che il campanile sarebbe stato rimesso a posto.

CR.

E allora,don Camillo??

Don C.

E allora! Se la torre crollerà, in compenso sorgerà una magnifica casa del popolo, con sale da ballo, vendita di liquori, sale per il gioco d’azzardo…..

CR.

E un serraglio per i serpenti velenosi come Don Camillo.

Don C.

Voi mi giudicate male! Voi sapete cosa vale per me un sigaro.

CR.

Lo so, lo so …

Don C.

Ecco, guardate quel che faccio dell’unico sigaro che posseggo! (prende dalla tasca il sigaro e lo sbriciola)

CR.

Bravo don Camillo.Apprezzo la tua penitenza.

(Don Camillo fa il gesto di mettere la mano piena di briciole in tasca)

CR.

Cosa fai, don Camillo?

Don C.

Io? Niente…. Buttavo le briciole… nel camino..

CR.

Ah bravo: non vorrei ti venisse la tentazione di metterle in tasca  e poi fumartele nella pipa…

Don C.

Con Voi non si può discutere.

Voci

Viva Peppone! Viva il nostro sindaco! Viva Peppone! Viva il nostro sindaco!

Don C.

Ma li sentite? E’ una provocazione! Gesù scusate ma io non resisto! Con permesso….

(Don Camillo va a prendere un randello)


CR.

Buttalo via!

Don C.

(fa il vago) Cosa?

CR.

Il randello, buttalo via!

Don C.

Non à mica di noce, Signore. E’ di pioppo, leggero…morbido….

CR.

Buttalo via!

(Don Camillo va a riporre il randello, con l’aria, però, di chi lo tiene sotto mano.)

Buio.


SCENA: La signora maestra

Lato sinistro della scena. Si illumina solo la parte esterna alla sacrestia. Scena minimale, muro più sedia su cui è seduta l’anziana maestra del paese, ormai in pensione.

SM.

(da fuori) E’ permesso?

MAE.

Chi è?

SM.

E’ lo Smilzo,signora maestra.

MAE.

Arrivo! (si avvia verso le quinte e lo fa entrare)

Entrano Smilzo più altre due persone. Peppone resta defilato nell’ombra.

MAE.

E quelli chi sono?

SM.

Sono con me, tutti amici. Dobbiamo dirle una cosa importante.

MAE.

A quest’ora?

SM.

Ecco, vede signora maestra…

MAE.

(correggendolo) Signorina Giuseppina! Sono in pensione adesso.

SM.

Ecco signorina Giuseppina, ci sono state le elezioni…

MAE.

(interrompendolo)Lo so.

SM.

E i rossi hanno vinto…

MAE.

(interrompendolo) Lo so! Brutta gente i rossi.

SM.

(stizzito) Ma i rossi siamo noi.

MAE.

(interrompendolo) Lo so. Brutta gente lo stesso.

SM.

(guardando gli altri come per ricevere l’incoraggiamento) Ecco vede…signorina maestra..noi che sappiamo politicamente quello che vogliamo…e che non ci sarebbe bisogno di niente …noi..cioè…quando si è all’amministrazione…bisogna ben scrivere, fare i conti, rispondere alle lettere…noi…maestra…di lei soltanto ci possiamo fidare. Naturalmente le paghiamo le lezioni.

MAE.

Pagarmi! Datemi la pensione, piuttosto che ancora l’aspetto!

SM.

Statemi a sentire. Noi veniamo la sera attraverso i campi, che nessuno ci vede, e lei ci fa un po’ di ripasso. Ci corregge gli sbagli….

MAE.

Troppo tardi.Bisognava studiare quand’era il momento.

MAR.

(rude) Da piccoli ci mandavano a lavorare nei campi, mica a scuola.

MAE.

Chi sei tu?

SM.

Mio figlio Mariolino, signora maestra!

Mariolino si avvicina.

MAE.

Speriamo che almeno tu sappia scrivere il tuo nome. Non sta bene mettere una croce sull’atto di matrimonio.

La maestra vede Peppone.

MAE.

Tu,vattene.

PEPP.

Chi, io?

MAE.

Tu, tu, tu! Non hai sentito? Vattene! Me n’hai fatte troppe. (agli altri) Questa canaglia veniva a scuola con le tasche piene di rane. E un giorno è arrivato a scuola a cavallo di una vacca.

PEPP.

Ma mi sono fermato in corridoio. Non sono mica entrato in classe con la vacca.

MAE.

Vattene ho detto!

MAR.

Ma signora maestra, è il sindaco!

MAE.

Sindaco o no, se non te ne vai ti do tante di quelle bacchettate che ti pelo la zucca. Alè, fuori!

PEPP.

Ma signora maestra..

MAE.

E ricordati che qui dentro non ci metti più piede. Neanche se diventi Ministro dell’Istruzione Pubblica!

PEPP.

Che vi avevo detto. Con quella li c’è poco da fare! Dorme ancora con la bandiera dei Savoia sotto al letto.

Escono tutti.


SCENA: La mano sacrilega

Pomeriggio: Verso le 18. Arriva in sacrestia Desolina, la perpetua, gongolante con sotto il braccio un manifesto strappato da poco per la strada.

DES.

(chiamando) :Reverendo! Reverendo, ci siete?

Don C.

(da fuori irritato) Ci sono, ci sono!

DES.

Un miracolo, non c’è mai!!!

Entra don Camillo

Don C.

Che vuoi?

DES.

Ho un foglio.

Don C.

Che foglio?

DES.

(lapalissiana) Di carta.

Don C.

(spazientito) Che c’è?

DES.

Un manifesto.

Don C.

(Già interessato) Dove l’hai preso?

DES.

Era attaccato al muro per la strada, l’ho preso.

Don C.

(con aria di rimprovero) E si fa?

DES.

Non so. Io l’ho fatto

Don C.

(accondiscendente) E allora leggi.

DES.

(preoccupata) Cosa leggo?

Don C.

Il manifesto, leggilo.

DES.

(incerta) Volete che legga?

Don C.

(spazientito) Leggi.

DES.

(incerta) Allora leggo.

Don C.

(più spazientito) Leggi.

DES.

Perché devo leggere?

Don C.

(ancora più spazientito) Desolinaaa!!!

DES.

(spazientita) Eh!!

Don C.

(trattenendosi) Fallo per me.

DES.

(intenerita) Va bene leggo.

Don C.

Sai leggere?

DES.

(Piccata) Leggo da quando avevo quarant’anni!

Don C.

Allora leggi bene.

DES.

(circospetta) Leggo bene, ma con calma. (Apre il foglio con solennità) Dunque. ”Primo ed ultimo avviso”…

Don C.

(gongolante) Si…??

DES.

(leggendo) ”Anche ieri notte una vile mano anonima scrivette un offensivo insulto….”

Don C.

Scrivette?!

DES.

(controlla meglio) Scrivette, sì. (colta) E’ passato remoto.


Don C.

Di che?

DES.

Come di che? Di tanto tempo fa.

Don C.

(spazientito) Di quale verbo?!

DES.

Scrivettere. Io scrivetti. Tu scrivetti. Egli scrivette

Don C.

Chiarissimo. Procedi.

DES.

”una vile mano anonima scrivette un offensivo insulto sul nostro giornale murale. Stesse in gamba quella mano di mascalzone che profittò delle tenebre per provocare. Il quale..”

Don C.

Chi?

DES.

Il mascalzone…”Se non la smette se ne pentirà quando è troppo tardi.Ogni pazienza ha un limite. Il nostro è già oltre.”

Don C.

Oltre che?

DES.

Oltre niente. Dopo c’è punto…”Punto, firmato il segretario delle sezione Giuseppe Bottazzi, detto Peppone”.

Desolina ripiega il manifesto.

Don C.

(fa il vago) Non capisco. Parla di provocazione. Quale provocazione? Tu ne sai niente, Desolina?

DES.

Io?! No! So soltanto che tutte le volte che attaccano un manifesto, c’è sempre qualcuno che ci scrive sopra: ”Peppone è un asino.” Voi ne sapete niente,reverendo?

Don C.

Io?! No! Lo imparo adesso!

DES.

Eh!

Don C.

Comunque Peppone è un asino e quando uno è asino, se pubblica proclami, è inevitabile che tutti vedano le asinerie che scrive.

DES.

E’ naturale (piccola pausa). Mi ritiro, reverendo. Vado a prepararmi per la notte.

Don C.

Ma se sono le sei del pomeriggio?!

DES.

La notte viene quando meno te l’aspetti.

Desolina esce.

CR.

Camillo…

Don C.

Signore?….

CR.

Ieri sera, quando sei andato dal tabaccaio a comperare quel sigaro, non ti sei per caso fermato a leggere il giornale murale?

Don C.

(imbarazzato) Non proprio a leggere. Ci ho buttato sopra un occhio.

CR.

E non hai notato qualche scritta strana sul manifesto?

Don C.

Quando mi sono fermato io non c’era scritto niente.

CR.

(incalzando) E dopo, quando te ne sei andato, non c’era nessuna scritta sul manifesto?

Don C.

(sempre più imbarazzato) A pensarci bene mi sembra che quando sono venuto via c’era qualcosa  scritto in rosso, in basso, un po’ a destra…Scusate, Gesù, ma credo che Desolina mi chiami.

CR.

Vergogna,don Camillo!

Don C.

Io dovrei vergognarmi, Signore!? Quello scrive ”Una vile mano anonima scrivette un insulto” e mi dovrei vergognare io?!

CR.

Mettere alla berlina un uomo solo perché s’è fermato alla terza elementare?!

Don C.

Fatti suoi! Poteva continuare a fare il meccanico invece di fare il sindaco! I sindaci non sbagliano i verbi!

CR.

(con durezza) Ti metti in cattedra,don Camillo?!?

(Pausa, don Camillo si accorge di avere esagerato)

Don C.

Non mi giudicate male, Signore, era uno scherzo. Forse ho esagerato..(tagliando corto). Ma ormai è andata così, che ci posso fare?

CR.

Chi ha fatto il peccato, faccia la penitenza…

Don C.

Troppo giusto, Signore, troppo giusto. Vado.

Ma mentre sta per uscire dalla sacrestia  per recarsi in chiesa a pregare…..


SCENA: I due fidanzati

Gina e Mariolino sono seduti a destra della sacrestia, litigano.

MAR.

Quando sarai maestra dovrai pur lasciar la tua casa, no? Tu lasci il paese, io vengo a lavorare dove lavori tu. E ci sposiamo.

GI.

(arrabbiata) Quando sarò maestra!?! Ci mancano ancora 2 anni al diploma, e  intanto? Dobbiamo continuare a vederci di nascosto?

MAR.

Non arrabbiarti, dai…..

GI.

Se tu la piantassi lì con il tuo partito, con Peppone e tutto il resto, tanti problemi non ci sarebbero!

MAR.

(infuriato) Ancora?! Parli come quel porco fascista di tuo padre, tu! Siete tutti uguali in quella casa. Voi e quel prete reazionario. Un giorno o l’altro mi faccio mussulmano.

GI.

Mussulmano lo sei già.

MAR.

Che pretende tuo padre? Ci lasci in pace. Cosa credi: è capace di chiuderti in convento, tuo padre pur di non farci sposare. Ma io gli do fuoco al convento.

GI.

(ridendo) Bravo, così dai fuoco anche a me.

MAR.

(scherzando) No perché io ti avevo già rapita. Ero venuto di notte sotto al convento. Tu calavi un lenzuolo, io ti dicevo “Salta“ e tu saltavi ed io ti portavo via con me, e facevamo……l’amore.

GI.

Fa’ meno il cretino, va là!……(Mariolino l’abbraccia) Così in pieno giorno! Possono vederci!

MAR.

Ma se non c’è nessuno!…

Si abbracciano di nuovo e Mariolino cerca di baciarla con passione.

GI.

Ahia, pungi. Ti fai crescere la barba adesso?

MAR.

Come sei bella quando ti arrabbi, ti vengono le guance rosse rosse.

GI.

(facendoli il verso) Uhmm….

CAG.

Ginaaaaa….

GI.

Ci vediamo stasera. Suhhh!!

MAR.

Aspetta….

GI.

Cosa aspetto, che m’ammazza?!

MAR.

Stasera dove?

GI.

Al solito posto, vai!!

Mariolino esce.

CAG.

Ginaaaaa….

GI.

Vengo, babbo , vengo. Eccomi. (Esce)

SCENA: La confessione

Entra Peppone dalla piazza, lo segue la perpetua in camicia da notte, vestaglia e retina in testa; Don Camillo lo vede

PEPP.

Buona sera, signor curato!

Don C.

Buona sera, sindaco!

PEPP.

”Signor” sindaco!

Don C.

No, solo sindaco.

PEPP.

Se qualche volta davanti a quel sindaco ci metteste anche un “signor” sarebbe cosa gradita

Don C.

”Sindaco” si diventa con le chiacchiere, ”Signor”sindaco, con i fatti. A cosa dobbiamo l’onore, sindaco?

PEPP.

Non sono venuto come sindaco, ma come cristiano. Voglio confessarmi.

 Don Camillo resta un attimo meravigliato, poi coglie l’occasione.

Don C.

Desolina, la sedia.

Desolina porta la sedia.

Don C.

Da quanto tempo non vi confessate?

PEPP.

Dal millenovecentoooo…to…..

Don C.

Desolina porta la stola.

Desolina gli porta la stola.

Don C.

(mette la stola) Chissà quanti peccati..eh..?

Peppone fa per sedersi.

Don C.

No, no no, in ginocchio!

PEPP.

Non basta seduto?

Don C.

Preferirei l’inginocchiata, con la sofferenza i peccati si liberano meglio.

Peppone di malavoglia si inginocchia. Don Camillo fa un cenno a Desolina, che si allontana ma solo di un po’.


Don C.

In nomine patris, filii et spiritus sancti..

DES.

(suggerisce pianissimo) Amen

PEPP.

(la guarda, poi di malavoglia) Amen

Don C.

Dimmi figliolo…

PEPP.

(prendendola larga) Quando avevo tre anni misi una lucertola negli stivali di mio cugino.

Don C.

(subito spazientito) Se cominci dalla preistoria, non ne usciamo vivi. Procedi per sommi capi.

PEPP.

(subito risentito) Avete fretta!!!

Don C.

Si, ho fretta!!!

PEPP.

Venendo al sodo…Dunque… Sentite, se un cristiano ha un dubbio su una cosa che ha fatto e viene da voi a raccontarla, se vi accorgete che quello ha fatto degli errori, voi correggete gli errori dei penitenti? E’ vostro dovere. O non è cosi?

Don C.

E’ nostro dovere.

PEPP.

Bene! Siete pronto a raccogliere la mia confessione?

Don C.

Sono pronto!

PEPP.

(traendo di tasca un grosso scartafaccio e comincia a leggere) Cittadini, nel mentre salutiamo la gloriosa vittoria affermativa della lista……… l’amministrazione democratica ……ha l’orgoglio di……

Peppone continua a leggere sottovoce mentre Don Camillo si rivolge a Gesù.

Don C.

Gesù io non rispondo più delle mie azioni!

CR.

Ne rispondo io..

Don C.

Cosa?

CR.

Fa il tuo dovere!!

Don C.

Gesù, vi rendete conto che mi fate lavorare per i rossi?

CR.

Tu lavori per la grammatica, che non ha colore politico.

Don C.

Ho capito!

PEPP.

Viva l’Italia, evviva il partito comunista.. il vostro sindaco Giuseppe Bottazzi!

Don C.

Desolina il lapis

Don Camillo, strappando di mano il foglio a Peppone inforca gli occhiali, impugna il lapis e si mette al lavoro; dopo circa un minuto gli rende il foglio.

Don C.

Vediamo. ”A pochi giorni dalla gloriosa affermazione - una zeta, ignorante! - della nostra lista, siamo orgogliosi d’inaugurare questa bela - capra! due elle - (corregge) iniziativa, che si innalzerà nel cquore - cuore con la cq?!”

PEPP.

Nell’incertezza..

Don C.

”Che si innalzerà nel cuore del nostro paese e che sarà per tutti il simbolo della comune volontà (segnando) volontà d’azione e di progresso sociale…” (distrattamente) Che iniziativa?

PEPP.

(vago)..Niente…piccole faccende interne al partito ..robetta.

Don C.

(distrattamente) Mah..(continua a leggere) ”Momenti come questo arrivano (corregge) una volta sola nella vita di un paese e questa bella iniziativa non cela (corregge) - non ce la –dimenticheremo tanto facilmente…(scrive un po’ in silenzio). Là! Ecco fatto. Tutto a posto. Adesso fila.

Don Camillo ridà il foglio a Peppone.

PEPP.

(rilegge il foglio) Uh ..uh…uh..uh.. (capisce il ricatto che lo scritto contiene ma si trattiene) Scusate, dopo ”tanto facilmente” c’è scritto “e ci impegniamo qui, formalmente, a riparare il campanile della chiesa?”

Don C.

Mancava una chiusa, è una questione di sintassi.

PEPP.

Beati voi che avete studiato il latino e capite tutte le sfumature della lingua! E così va in fumo anche la speranza che il campanile vi caschi in testa ….

Don C.

Bisogna inchinarsi  alla volontà di Dio!

Desolina porta una  bottiglia e la mette sul tavolo con dei bicchieri. Poi si mette in disparte ed osserva.

Don C.

(versando il vino) Mezzo o pieno?

PEPP.

Pieno!

Don C.

(assaporando la vittoria) Buono ‘sto lambrusco, eh?

PEPP.

(provocatorio) Come tutte le cose rosse! (prende il bicchiere contento di aver segnato un punto) Alla salute, reverendo!!!

Don C.

(alza il bicchiere mugugnando).Alla tua!

Bevono.

Don C.

(posa il bicchiere) Ah, sai quel tale che imbratta i tuoi manifesti…

PEPP.

Quel mascalzone?!

Don C.

Credo di sapere chi è. Gli dirò di non farlo più

PEPP.

Sarà meglio per lui! (posa il bicchiere) Buona notte signor curato.

Don C.

Buona notte …. sindaco.

Accendendosi un sigaro esce di scena. Desolina e Peppone si avviano alla porta.

ANGELO e DIAVOLO

A.

Bravo Don Camillo!!! Ti avevo giudicato male.

D.

Eh! Si è proprio bravo il tuo don Camillo. Cosa mi dici del sigaro?

A.

Quale sigaro?

D.

Quello che stava fumando.

A.

Gliel’avrà dato il tuo il tuo sindaco.

D.

No! Credo che il tuo ”manolesta” gliel’abbia sottratto dal taschino, Peppone ne aveva due, quando è entrato, ma è uscito con uno!

A.

E il tuo sindaco allora!!? Bel maleducato!

D.

Come osi?

A.

Con tutta la fatica che ha fatto Don Camillo, Peppone glielo doveva “almeno“ offrire un sigaro, ma lui niente!! E dire che i compagni sostengono la divisione dei beni….

D.

Manolesta! (rincorrendolo)

A.

Egoista….

Escono di scena.

Buio.


SCENA: Il battesimo

Entra precipitosamente Desolina.

DES.

Monsignore!

Don C.

(da fuori) Eh?

DES.

(drammatica) Una notizia!

Don C.

Che notizia?

DES.

Un battesimo!

Don C.

Tutta sta fanfara per un battesimo?!

DES.

Si fa festa. (dolce) E’ un maschietto.

Don C.

Chi l’ha fatto?

DES.

La moglie di Peppone.

GIS.

(voce esterna alla scena proveniente dalla chiesa) Don Camillo.  Don Camillo. Ma dove siete?

DES.

(corre a destra della scena) Venite, venite. E’ in sacrestia.

Entra la moglie di Peppone con in braccio un bambino avvolto nello scialle e Gisella, una compagna.

Don C.

(sarcastico) E con chi l’hai fatto? (rivolto alla donna) Con tuo marito?

MdPEPP.

(lo guarda stupito) Si capisce, con mio marito. Con chi volete che l’abbia fatto? Con lei?!

Don C.

Che ne so io!  Ci sarebbe poco da meravigliarsi.Nel vostro partito c’è l’amore libero,no?!

GIS.

Allora?

Don C.

Come lo volete chiamare?

MdPEPP.

Lenin

Don C.

Cosa??

MdPEPP.

Libero, Antonio, Lenin

Don C.

Fallo battezzare dai russi, allora. Fuori!! (le donne escono) Non gli bastava diventare sindaco. Si moltiplica anche! Come i  conigli! Ma io un Lenin non lo battezzo.

CR.

(con decisione) Richiamali e battezza il bambino!

Don C.

Gesù dovete mettervi in mente che il battesimo non è uno scherzo…

CR.

(incalzando) Non vorrai spiegare a me cos’è il battesimo. Se il bambino muore è colpa tua se non avrà libero ingresso in Paradiso.

Don C.

Perché dovrebbe morire?! E’ bianco e rosso come una rosa!

CR.

Richiamali!

Don C.

Ho capito ho sempre torto io… Desolina!

Musica, entra Peppone con in braccio il bambino tallonato da Desolina che apre le braccia come per scusarsi di non essere riuscita a trattenerlo fuori.

PEPP.

Non uscirò di qui se mio figlio non sarà battezzato col nome che ho scelto.

Don C.

(rivolto a Gesù) Ecco! Lo vedete che gente? Uno è pieno delle più sante intenzioni e guardate come lo trattano!

(rivolto a Peppone) Il Comune è di fronte! Questa è la chiesa.

PEPP.

Reggi (dà il bambino a Desolina, alza il pugno)

Don C.

Giù quel pugno,compagno! (strappa il bambino a Desolina e lo prende in braccio) Dà qua! Speriamo che venga su più giudizioso del padre!

PEPP.

Perché, che volete dire?!

Don C.

Di tu piuttosto. E’ vero che volete costruire la Casa del Popolo?

PEPP.

(sardonico) Perché, vi fa ombra al campanile?!

Don C.

(furioso) E i soldi, di, dove li trovi?

PEPP.

uhm, li troverò, li troverò….

Don C.

A Mosca? Va là che se passi al setaccio tutto il paese non ci cavi due lire da comprarci due capponi! So ben io! E’ dieci anni che cerco di costruire la Casa del Fanciullo! Ma voi a promettere non vi costa nulla!

PEPP.

(sbottando orgoglioso) Se il partito fa una promessa la mantiene! Vi piaccia o no la Casa del Popolo si farà! Con la sua bella sala da ballo, il cinema, una palestra e una biblioteca con i suoi libri.

Don C.

I libri te li puoi risparmiare. Non sapete leggere!

 Peppone infuriato serra la mano a pugno come a minacciarlo.

Don C.

(afferrandolo per un braccio) Giù quel pugno, ho detto! Sei nella casa di Dio!

PEPP.

(Peppone dolorante abbassa il pugno) E allora?

Don C.

E allora, questo marmocchio, come lo vogliamo chiamare?

PEPP.

Libero, Antonio….

Don C.

(storcendogli il polso) E poi?!

PEPP.

…Camillo!

Don C.

(soddisfatto) Va bene! Aggiungici pure Lenin. Con un Camillo vicino, non farà danno di sicuro. Toh!

Don Camillo ridà il bambino a Peppone che esce.

Don C.

(gridandogli dietro) Torna domani. Alle dieci. Con tua moglie e la madrina.

Escono tutti.    

ANGELO e DIAVOLO

A.

Ben fatto Don Camillo, ben fatto!

D.

Ben fatto cosa??

A.

Il nome.

D.

Che nome?

A.

Lenin!!!

D.

Stai a vedere che ora la gente per bene non può battezzare i propri figli col nome che vuole! Questo è un sopruso bello e buono. O lo fai per il buon nome del Paradiso?

A.

Come osi, diavolo ?

D.

Allora riconoscerai che Don Camillo ha sbagliato, angelo!

A.

Si. Questo è vero: io l’avrei chiamato diversamente.

D.

Bravo angelo Cosi mi piaci!

A.

Aspetta, fammi finire: io mi sarei comportato diversamente perché quel bambino l’avrei chiamato Libero Angelo Gabriele

D.

Ahh. (e rincorre l’angelo fuori scena)

Buio.


SCENA: L’uovo

Voci fuori campo

BRU.

Sentite, sentite, sindaco, cosa dice il giornale!

PEPP.

Cosa dice?

BRU.

Cose straordinarie: una gallina di Ancona, dopo essere stata benedetta dal parroco, ha scodellato uno stranissimo uovo.

PEPP.

E cos’ha di tanto strano quest’uovo?

BRU.

Sentite, sul guscio ha un emblema sacro. Mah…..

Don Camillo è al centro della scena. Sente delle voci e, con le mani dietro alla schiena e con il sigaro in bocca, si avvicina alla porta che dà sulla piazza. Si mette ad origliare.

PEPP.

Qui c’è la mano di Dio!

Don Camillo si avvicina sempre di più tanto che Peppone lo scorge.

PEPP.

Buona sera reverendo, avete sentito del miracolo?

Entrano tutti: Peppone, il Brusco e la Gisella.

Don C.

Quale miracolo?

PEPP.

Quello della gallina.

BRU.

(ripete) Cose straordinarie. Questo è un miracolo bello e buono. (porge il giornale a Don Camillo affinché lo legga)

Don C.

Andateci piano, giovanotti, prima bisogna indagare, verificare, vedere che non si tratti di un fenomeno naturale.

PEPP.

Si capisce, si capisce, però secondo me un uovo cosi era meglio farlo sotto le elezioni. Ormai….

GIS.

(si mette a ridere) Sei ingenuo compagno sindaco! E’ tutta questione di organizzazione. Quando si ha una stampa ben organizzata….

BRU.

Se ne fanno cosi di uova miracolose……

PEPP.

Che idea ci siamo lasciati scappare! “Gallina si iscrive al partito…

Don C.

(interrompendolo) Ed il giorno dopo scodella un uovo con in rilievo la falce ed il martello, magari anche a colori!

PEPP.

(con impeto) No! Noi non possiamo fare miracoli. Quella è roba vostra. Voi avete la faccenda della religione che mette a posto tutto.

BRU.

E’ vero!C’è chi nasce fortunato e chi no.

Don C.

(alzando minaccioso un braccio) Fuori!

(Poi rivolgendosi a Gesù) Signore, avete sentito!

CR.

Certo Don Camillo.

Don C.

Cos’è questa faccenda?

CR.

Lo sai, l’hai letto anche tu sul giornale.

Don C.

L’ho letta si, ma non so un accidente di niente. Sul giornale uno può scrivere quello che gli pare. A me sembra impossibile un miracolo così!

CR.

Don Camillo! Non credi ai miracoli?!

Don C.

Si… No… Non so.. però io non credo che l’Eterno si perda a fare i disegnini sulle uova….. io non credo…

CR.

Don Camillo! Non credi hai miracoli?!

Don C.

Si… No… Non so ..però  i disegnini sulle uova….. io non credo…

CR.

Sei un uomo che non ha fede!..

Don C.

Ah no. Questo proprio no!

CR.

Intendevo nelle uova, don Camillo!

Don C.

Scusatemi, Signore. Ma a furia di parlare di uova mi è venuto appetito. Me ne farò giusto qualcuno al tegamino. Vado nel pollaio a vedere se ci sono uova.

Don Camillo rimane perplesso e se ne va.

Buio.

Rientra don Camillo, luce, ha in mano un uovo e lo guarda perplesso, immobile per qualche attimo, poi lo appoggia in un bicchiere e si mette ad urlare.

Don C.

Desolina corri a chiamare Peppone ed i suoi scagnozzi.

DES.

(entra portando un manifesto spiegazzato e lo mette sul tavolo per farlo notare a Don Camillo) Perché?

Don C.

Vai...è questione di vita o di morte!

DES.

Volo! (sottovoce) si fa per dire..

Don C.

(notando, finalmente il foglio) Cos’è questa roba??

DES.

(rispondendo dal sagrato) L’ho” trovato“ sul muro!!

Don C.

(legge e s’infuria) Non perdono tempo, quei rossi, ma questa volta li sistemo io!!!

Arriva Peppone seguito dai capoccia. Hanno tutti l’aria soddisfatta e da presa in giro - non sospettano minimamente ciò che li aspetta - e restano sulla soglia.

Don C.

Avanti, chiudete la porta con il catenaccio e sedetevi! Signori, se vi giuro davanti a Dio di dire la verità, voi mi credete?

PEPP.

ALTRI


Don C.

(prendendo in mano l’uovo) Giuro che quest’uovo l’ho raccolto un’ora fa ancora caldo nel nido della mia gallina rossa. Tieni, fai girare.

Peppone guarda l’uovo meravigliato e lo passa agli altri.

Don C.

Adesso? Cosa scriverete sul vostro stupidario murale quando io avrò mostrato a tutti e fatto toccare con mano quest’uovo?

PEPP.

Davanti ad un miracolo così……

Don C.

Quando farò venire i più importanti professori della città perché analizzino e dichiarino con tanti certificati, con tanti bolli, che non c’è trucco, scriverete che è un’invenzione dei giornalisti?

PEPP.

Cosa possiamo dire davanti ad un miracolo così..

Don C.

(con voce solenne) Dio ha fatto il cielo, la terra, l’universo, compresi voi 4 scalzacani; per dimostrare la sua onnipotenza non ha bisogno di mettersi d’accordo con una gallina. (stringe il pugno e rompe l’uovo). E per fare intendere la grandezza di Dio, io non ho bisogno di farmi aiutare da una  stupida gallina rossa. (Corre nel pollaio dove tira il collo ad una gallina, di cui si vedono le piume e si sente lo starnazzare morente, e rientra in Sacrestia) Ed ora a noi. (e, ancora più agitato, si scaglia contro Peppone e i suoi compagni) Sistemiamo la faccenda….

PEPP.

Don Camillo, un momento

ALTRI

L’uovo non l’abbiamo fatto mica noi!

Don C.

L’uovo no!! Ma il manifesto si!!!

PEPP.

(ed escono velocemente  dalla sacrestia ma sulla soglia Peppone si ferma e, volgendo lo sguardo verso Don Camillo) Io non so esprimermi, perché non ho studiato il latinorum, ma quel prete è uno che se anche mi riempie la zucca di cazzotti, non mi arrabbio.(E se ne va)

Don C.

(calmatosi, si rivolge a Gesù) Allora Signore?!

CR.

Sì, Don Camillo?

Don C.

Ho fatto bene o male?

CR.

Hai fatto bene, hai fatto bene…

Don C.

Lo so, lo so.

CR.

Però, Don Camillo, hai un po’ esagerato con quella povera ed innocente gallina.

Don C.

Forse.. ma erano 2 mesi che morivo dalla voglia di farmela in padella.

CR.

Allora, se è così…hai ragione, povero Don Camillo.

Buio.

SCENA: L’inaugurazione

E’ mattina, Don Camillo rientra dal pollaio e Desolina arriva con la borsa della spesa.

DES.

Reverendo…reverendo….

Don C.

Notizie?

DES.

Eh..? Ah. Si, il sindaco prega il parroco di onorarlo della sua presenza alla cerimonia che si terrà stamattina, un po’ più tardi, in Piazza della Libertà.

Don C.

(poco interessato) Che cerimonia?

DES.

Eh?

Don C.

Che cerimonia?

DES.

Di carattere sociale

Don C.

Si, vabbé, ma quale?

DES.

(spazientita) Che ne so?!

Don C.

Digli che non andrò. E digli pure che non ho tempo da perdere io, a star lì a sentire le solite tiritere sulla reazione atlantica e sul capitalismo. Fa troppo caldo.

DES.

Glielo dirò, (ripensandoci) comunque dice così il  signor sindaco..

Don C.

(correggendola) Il sindaco!

DES.

…che se il signor parroco non ci va è perché non capisce niente della democrazia.

Don C.

(stuzzicato dalla sfida) Ah, dice così il sindaco?

DES.

Dice così!

Don C.

(bellicoso) Se è così ci andrò. Preparati!

DES.

Ah, dice il sindaco….

Don C.

Quante cose dice ‘sto sindaco…

DES.

Dice di andare in uniforme e con gli arnesi.

Don C.

Gli arnesi?

DES.

La secchia ed il pennello, che c’è roba da benedire. Prendo l’asperges?

Don C.

Prendi quel che ti pare.

Voci fuori campo. Luci soffuse.

PEPP.

(al microfono) A pochi giorni dalla gloriosa affermazione della nostra lista, cari compagni, cari concittadini, siamo orgogliosi di posare la prima pietra di questa Casa del Popolo. Essa si innalzerà nel cuore stesso del nostro paese, simbolo imperituro della comune  volontà d’azione e di progresso sociale.

 

Applausi


PEPP.

Il nostro amato parroco, ora, benedirà la prima pietra.

Don C.

Dominus vobiscum….

DES.

Et cum spiritu tuo…

Don C.

Oremus.. quo omne bonum     ………. Amen ..

PEPP.

Il nostro parroco ora ci farà l’onore di dire due paroline in italiano.

Don C.

Fedeli! E’ giunto il momento di dire le cose come stanno e di esternare a chiare lettere e a piena voce…

PEPP.

Grazie signor curato, basta così, grazie. Ed ora un bicchiere per tutti.

Don Camillo rientra tutto in subbuglio.

CR.

Cos’è successo,don Camillo?

Don C.

Una cosa da far rizzare i capelli.

CR.

Cosa?

Don C.

Una cosa orrenda. Banda, discorso di Peppone, posa della prima pietra della Casa del Popolo. Ed io ho dovuto benedire la prima pietra.

CR.

Povero don Camillo. E Peppone?

Don C.

Ah, quel mascalzone scoppiava dalla gioia, lui!   

(sospirando) Gesù, perché mi avete fatto questo dispetto?

CR.

Don Camillo, tu sragioni.

Don C.

No, non sragiono.

CR.

Calma don Camillo.

Don C.

Sono diec’anni che vi supplico in ginocchio.

CR.

Lo so, Don Camillo.

Don C.

Sono diec’anni che mi arrabatto facendo complimenti a degli spilorci, avrò combinato duecento lotterie, avrò bussato a migliaia di porte. Niente, neanche una lira per la mia Casa del Fanciullo. E a quello scomunicato, ecco dieci milioni piovergli in tasca dal cielo.

E allora da dove arrivano?

Dalla Russia forse?!

Don Camillo cammina nervosamente riflettendo.

Buio


ANGELO e DIAVOLO

Entrano:  l’angelo da destra ed il diavolo da sinistra. Luci soffuse. 

D.

Hai visto che  festa?

A.

Buono il lambrusco!

D.

Povero, don Camillo !

A.

Perché lui non l’ha bevuto?!? Per forza: è rosso, offerto dai rossi!

D.

Non mi riferivo al vino.

A.

A che cosa allora?

D.

Al suo cervello: sta fumando!

A.

Non preoccuparti, l’ho sentito borbottare qualcosa di certe autoblindo, di mitra, di un tesoro….

Buio.


SCENA: Il tesoro e la processione

E’ mattina.

Don Camillo è alla porta di sinistra e sta parlando verso l’esterno.

Don C.

Ohh. Sindaco, ci tenevo a vedervi per felicitarmi con voi della vostra Casa del Popolo. Non ho avuto tempo ieri  perché in quelle cerimonie ufficiali, davanti a tutti, non si può dire tutto ciò che si pensa.

PEPP.

Quello che non si dice non si fa fatica a pensarlo.

Don C.

(con intenzione) Uhm…Non tutto. Riduci la tua Casa del Popolo. Perché costa troppo.

PEPP.

(entrando) Cosa vi succede? Vi siete bevuto il cervello?! E’ tutta roba finanziata dal partito!

Don C.

Ah si?! E allora dimmi.Ti ricordi quella vecchia storia di quando eravate alla macchia che attaccaste quella colonna tedesca in fuga?! Ti ricordi quel vecchio camion che portava l’oro del reggimento?

PEPP.

E allora?

Don C.

Ti ricordi che hai mandato il compagno Brusco e il compagno Smilzo a portare il camion in città per consegnarlo agli inglesi? Come sono tornati?

PEPP.

A piedi, da eroi. Tre autoblindo li avevano attaccati……

Don C.

..E così addio camion e addio oro!

PEPP.

Cosa volete insinuare?

Don C.

Mo, niente. Solamente stanotte ho sognato che non c’era nessun autoblindo e che il camion con il tesoro ve lo siete tenuto voi.

PEPP.

(furioso) E’ un’infamia! (urla) Voi cercate di disonorarci!

Don C.

Non urlare che ti può scoppiare una vena.

PEPP.

(minaccioso)  Ohhhh!!!

Don C.

(non resistendo alla tentazione di stravincere) Povero Peppone, te ne sei scordato. Ah! La memoria non t’assiste più.

PEPP.

Oh basta! Sia ben chiaro reverendo, il partito può esibire regolare ricevuta. Un attestato rilasciato dall’attività competente. Requisendo quel camion  noi abbiamo recuperato dieci milioni. E dieci milioni saranno spesi per il popolo. Nessuno ha toccato un centesimo. E se qualcuno ha qualcosa da ridire, so ben io come sistemarlo.

Don C.

(con calma tira fuori un mitra che tiene nascosto) Anch’io.

PEPP.

E quello da dove sbuca fuori?

Don C.

Voi non avete restituito l’oro ed io mi sono tenuto in piccolo souvenir……Allora?


PEPP.

(Prima ci pensa poi bruscamente) Non mi sembra il caso di litigare.

Don C.

Neanche a me. Abbiamo recuperato dieci milioni per il popolo, facciamo  sette per la Casa del Popolo e tre per i figli della casa del popolo. Sette più tre uguale a dieci. Contenti tutti.

PEPP.

Tutti. (sta per uscire)

Don C.

Verrà domenica alla processione, il nostro sindaco?

PEPP.

Si capisce. Il signor sindaco non è mai mancato alla benedizione del fiume. Verrò e tutta la sezione del Partito al gran completo. Con la bandiera.

Don C.

Mica la vostra bandiera?!

PEPP.

Ne abbiamo una, portiamo quella!

Don C.

Venite senza bandiera o niente!!!

PEPP.

(furioso) Niente allora! Se credete di fare il duce con me vi sbagliate! Ve la potete fare da soli la vostra processione! Voi e le vostre figlie di Maria!

Escono tutti furiosi, Peppone verso sinistra e don Camillo verso destra

PEPP.

(fuori campo) Smilzo, domani  alla benedizione del fiume non ci va nessuno.

SM.

Mah.?! E’ imposs….

PEPP.

E’ un ordine!


SCENA: Il matrimonio – Prima Parte

Notte. Canonica. Entra Gina inseguendo Don Camillo in vestaglia seguito da Desolina in camicia da notte e con la borsa dell’acqua calda.

GI.

Reverendo, dovete sposarci! Subito!

Don C.

Per sposarsi bisogna essere in due!

Entra Mariolino.

GI.

Siamo in due!

Don C.

Va’ fuori, miscredente, o chiamo il maresciallo!

MAR.

(a Gina) Te l’avevo detto che aveva il dente avvelenato. Andiamo!

Don C.

(Afferra Mariolino per un braccio) Aspetta (indicando la fronte) Cos’hai fatto lì?

GI.

Gli è saltata addosso tutta la famiglia. Hanno saputo e l’hanno massacrato, quei criminali senza Dio.

MAR.

I tuoi, invece?! Tutta gente santa! (A don Camillo) Guardate, l’hanno pestata come una campana. Famiglia di assassini.

Don C.

(afferra Gina e la spinge lontano da Mariolino, urla) Ragazzi, se non la finite vi piglio a calci tutte e due!

GI.

(in lacrime) Il curato mi picchia. Lui mi picchia. Il babbo mi picchia. Tutti mi picchiano, ma cosa gli ho fatto io al buon Dio?

Don C.

Sei nata nella famiglia sbagliata.

MAR.

(tagliando corto) Siamo qui per sposarci, padre, sposateci!

Don C.

Non posso….. Non posso….. non adesso…. domani…. fatemi pensare fino a domani.

MAR.

Stasera!

Don C.

Domani, ho detto domani. Un giorno o due non muore mica nessuno.

MAR.

Questo si vedrà.

Don C.

Come si vedrà?

Mariolino trascina via Gina.

Don C.

(rivolto al crocifisso) Signore, bisogna fare qualcosa. Sono bravi ragazzi e si vogliono bene.

MAR.

Più di quello che avete fatto voi. Sempre li a istigare l’uno contro l’altro.

Don C.

Allora è sempre colpa mia!!!!

Buio.


Angelo e Diavolo

Buio. Entrano Angelo e Diavolo.

D.

Hai visto il tuo don Camillo? Non li ha voluti sposare.

A.

Il tuo sindaco, invece…. pure.

D.

Lui  è solo un povero sindaco, non è mica il Podestà.

A.

Ha il dente avvelenato perché lui non vuole sposare Mariolino con una figlia di Maria.

D.

No! E’ perché non ci sono le pubblicazioni, e poi lei è minorenne, ci vuole il consenso dei genitori. Non c’entra la Chiesa.

A.

Tutte storie è che non li vuole sposare.

D.

Perché il tuo Don Camillo….

A.

Ha detto domani….

D.

Anche Peppone ha detto domani……

Sentono delle urla e scappano.


SCENA: Il matrimonio – Seconda Parte

DES.

Sveglia reverendo, sveglia! Dorme sempre …..reverendoooo!!!

Don C.

Cosa c’è ancora?!!

DES.

La mamma della Gina dice che ha trovato questa busta sul tavolo della cucina: l’ha lasciata la Gina prima di scappare. Dice così la mamma di leggerla, se avete cuore.

Don C.

(don Camillo le strappa la busta dalle mani, legge.) Gesù, Giuseppe, Maria ….suona le campane presto….Imbecilli!!!

DES.

Perché?

Don C.

Vogliono ammazzarsi, capito.

DES.

No, non l’avevo capito.

Don C.

(rivolto a Gesù) Signore, Signore!!

Entra Peppone.

PEPP.

Sono andati verso il fiume. Fate suonare le campane.

Don C.

Già fatto!

Suonano le campane.

PEPP.

Chiamate gente, io taglio per le campagne, voi prendete per il fiume.

Don C.

Se succede qualcosa a quei poveri ragazzi, Dio non te lo perdonerà mai, né a te né agli altri.

PEPP.

Però anche voi! Potevate ben sposarli!

Don C.

E voi no!?

PEPP.

Per me  c’erano delle difficoltà dovevo consultare la legge, cercare una scappatoia…..Per voi bastava un oremus. Andiamo.

Voci fuori campo.

CAG.

Ginaaaa…

SM.

Mariolinooooo…

DES.

Mariolinooo….

CAG.

Ginaaaa…

DES.

Rispondete….

SM.

Mariolinooooo…

MAE.

Ginaaaaaaa……

CAG.

Ginaaaa…

SM.

Mariolinooooo…

DES.

Dove sieteeee…..?? Rispondeteee…..!


Angelo e Diavolo

In sacrestia entrano A. e D.

D.

Ehi, Angelo, di la verità! Ti è piaciuto l’incontro di pugilato tra lo Smilzo e il papà della Gina!?!

A.

Ma cosa dici!? Tu si che con il tuo forcone li aizzavi sempre di più! Come se ce ne fosse stato bisogno! Erano scalmanati!

D.

Ha dovuto pensarci il mio sindaco a dividerli.

A.

No, guarda che non hai visto bene! Il cazzotto che ha messo KO lo Smilzo è stato quello del reverendo!!

D.

Ma non dovrebbe usare le preghiere, lui, al posto delle mani?!?

A.

Ehh..,Quando ci vogliono, ci vogliono! Soprattutto con certi rossi che hanno la testa così dura….

D.

(cercando di inforcare l’Angelo) E’ stato però Peppone a mettere tutti d’accordo!

A.

(scappando a destra) Si! Ma come???

D.

Minacciando di spaccare la testa a tutti!

Buio.


SCENA: Il Natale arriva

DES.

“Tu scendi dalle stelle, o re del cielo, e vieni in una grotta al freddo ed al gelo…..” Ogni anno, dopo Natale, mettiamo tutto negli scatoloni con la carta di giornale e dopo un anno le statuine sono tutte scrostate, io vorrei sapere come fanno a scrostarsi così, da sole…Và come si è ridotta la Madonna!

Entra Peppone.

Don C.

Sindaco, che bel caso!

PEPP.

(è tranquillo, ha in mente qualcosa) Volevo dirvi due parole.

Don C.

Prego accomodatevi, sedetevi qui con noi. Prendete un pennello, ci darete una mano.

Don Camillo dà un pennello a Peppone. Si siede e comincia a dipingere il bambinello.

PEPP.

Preparate già il Natale?

DES.

Il Natale arriva quando meno te l’aspetti.

PEPP.

(calmo) Sono venuto a dirvi che avete una bella faccia tosta.

Don Camillo non raccoglie e dà a Peppone la statuina della Madonna da dipingere.

Don C.

Dipingetemi il manto della Madonna, ma mi raccomando.

Peppone prende la statuina e comincia a dipingere.

PEPP.

Inaugurare la vostra Casa del Fanciullo il giorno del matrimonio di Gina e Mariolino è un colpo da bandito.

Don C.

E perché? Ci sarà pure il Vescovo a benedire l’unione di quei poveri ragazzi, la riconciliazione delle due famiglie sarà più solenne.

PEPP.

(prende fiato) E poi? Così avrete l’aria di aver fatto tutto voi! Avete impedito un doppio suicidio ed avete trasformato l’aceto in vino!

Don C.

E chi vi impedisce di inaugurare la Casa del Popolo lo stesso giorno.

PEPP.

(mentendo) Lo sapete benissimo che non è ancora finita. Ci vorranno almeno 15 giorni.


Don C.

Eh, lo so, lo so . Vien su a rilento!

PEPP.

(piccato) E’ una casa, non è mica un dirigibile!

Don C.

Io sono pronto.

PEPP.

Pronto a cosa?

Don C.

A inaugurare.

PEPP.

Ma se quella pozzanghera che chiamate piscina non l’avete neanche iniziata?!

Don C.

Allora mi spii?

PEPP.

Io non spio. Constato!

Don C.

Allora avrai constatato che il campo da football è pronto. Io inauguro quello.

PEPP.

Ah beh, se inaugurate a rate!!!  (Peppone al colmo della indignazione fa un baffo alla Madonna)

Don C.

Sta attento che la Vergine non porta mica i baffi! Guarda come è bello, (dispone il Bambino sul tavolo) Il Bambino di Peppone… (dispone la Madonna), la moglie di Peppone… (dispone l’asino) e questo è Peppone…

PEPP.

(Peppone prende il bue e lo mette accanto all’asino) E questo è don Camillo!!

Don C.

(fa una smorfia) Uhm…(serio) Sindaco, cosa vuoi?

PEPP.

Niente vescovo.

Don C.

Troppo tardi l’ho già invitato.

PEPP.

Allora scordatevi l’inaugurazione!

Don C.

Tu sei pazzo. Potrei, al massimo…., ma proprio al massimo….. ritardare l’inaugurazione di qualche giorno

PEPP.

20

Don C.

8

PEPP.

17

Don C.

10

PEPP.

12 giorni. Per finire i lavori 12 giorni bastano, così saremo a posto tutti e due e potremo inaugurare insieme. Affare fatto?

Don C.

Fatto (mostra il bue e l’asinello)  tra bestie ci si capisce sempre.

PEPP.

(restituendo la Madonna) Ecco! Come nuova!..Ci vediamo tra 15 giorni

Don C.

(Correggendolo)  12 giorni!

Peppone esce.

Don C.

Forse sto invecchiando, un tempo non avrei ceduto.

CR.

A Natale bisogna essere buoni, don Camillo.


Don Camillo si accorge che Peppone ha dipinto di rosso il manto della Madonna.

Don C.

Beh mo’, gli ha dipinto il mantello di rosso!

CR.

E’ il suo colore preferito!

Don C.

Vado a vedere se le galline hanno fatto le uova. (riferito a Desolina)  Dà una mano d’azzurro alla Vergine, altrimenti diranno che abbiamo ambientato il presepe in un kolchoz!

Esce don Camillo e Desolina pulisce la Vergine con uno straccio.

DES.

Andate, andate, ci penso io qua…..

Buio .


Angelo e Diavolo

Diavolo entra con al collo dei festoni ed in bocca una trombetta.

A.

Tu lo sapevi, diavolo d’un diavolo.

D.

A che cosa ti riferisci?! All’inaugurazione forse?!?

A.

Si, proprio a quella!

D.

Hai visto, c’erano proprio tutti, Gina, i genitori di Gina, il fidanzato di Gina….

A.

La signorina maestra…… povera donna.!!

D.

Perché?? Mi sembrava tutta contenta, quasi ringiovanita, così orgogliosa di ricamare a mezzo punto ”quel bel giovane”!!!

A.

Ma quale ”bel giovane”!! Le avete fatto ricamare il ritratto di Stalin facendole credere che era il volto di un Santo, povera donna!!

D.

Non è vero! Noi non abbiamo mentito! Noi non le abbiamo detto che era un santo……siamo solo stati un po’…

A.

Un po’??

D.

Vaghi!!!!….Ecco, un po’ vaghi.

A.

Ahh. ….Vaghi! Anche Peppone allora è stato “VAGO” quando, dopo aver convinto don Camillo a rimandare l’inaugurazione ed il matrimonio ha “VAGAMENTE” tentato d’inaugurare un giorno prima la sua Casa del Popolo ….…DIAVOLO D’UN DIAVOLO!!

D.

Tu vedi diavolerie da tutte le parti!! Come don Camillo!


SCENA: L’eredità

DES.

Reverendo! Reverendooooo!! Ma dove si è cacciato!?!

Don C.

Eccomi!

DES.

Vi cercavo.

Don C.

E adesso mi hai trovato!

DES.

C’è un uomo.

Don C.

E allora?

DES.

Vi cerca.

Don C.

Anche lui?

DES.

Si! Ma non è solo!

Don C.

Allora sono in due a cercarmi.

DES.

No, uno!

Don C.

Come? Uno? Spiegati: sono uno o due?

DES.

Uno la cerca, l’altro accompagna quello che la cerca.

Don C.

AH!

DES.

Allora??

Don C.

Allora cosa?

DES.

Li faccio entrare si o no?

Don C.

Si! Falli entrare

Entrano il notaio e Peppone.

PEPP.

Reverendo!

Don C.

Signor sindaco!

PEPP.

Il signor notaio, qui presente..

Don C.

Non ho intenzione di fare testamento!

PEPP.

(trattenendosi) Non è per il vostro testamento ma per quello del Poggi!

DES.

Chi?? Lo strozzino?!?

Don C.

Desolina!!

DES.

Si. Vado, vado…

Don C.

Requiem aeternam

PEPP.

Non cominciate con il vostro latinorum…

Don C.

(ironico) Stavo pregando!

NOT.

Scusate, signor arciprete, signor sindaco (apre la borsa e fa il gesto di estrarre una busta)

Don C.

Oh, scusatemi!! Accomodatevi! (porge la sedia al notaio)

PEPP.

(Accenna a sedersi su un’altra sedia) Posso sedermi?

Don C.

No!… Quella è rotta! Desolina! Porta uno sgabello per il “signor” sindaco!


DES.

Subito! (si siedono e finalmente il notaio estrae la busta dalla cartella e inizia a leggere)

NOT.

Io sottoscritto, Poggi ecc… ecc…. sano di mente… ecc… ecc…. destino: la casa sita in ecc…,,ecc…, il podere di cento biocche,  sito ecc….ecc…e i soldi depositati ecc…ecc…a un erigendo ricovero dei vecchi del mio comune ecc… ecc.. Esecutori testamentari sono il parroco ed il sindaco! (Si ferma e li scruta)  Chi tace acconsente! (Borbotta) Voi, quindi, accettate di essere gli esecutori testamentari e vi impegnate a istituire ed amministrare un asilo-ricovero per i vecchi poveri del comune!

PEPP.

Noi?! Insieme?!

NOT.

Si. Voi due insieme.

PEPP.

Un momento: parliamoci chiaro! Il vecchio Poggi, anche in questa faccenda, si è comportato da carogna!

Don C.

Rispettate i defunti, Sindaco!!

PEPP.

Signor parroco, il Poggi quando ha scritto di suo pugno autografo quella roba li, non era defunto, ma vivo e ”carogna”. Ho reso l’idea?

Don C.

L’avete resa!

PEPP.

Bene allora, nominandolo da vivo e non da morto, la carogna, vuol farci venire il fegato grosso a tutti. Io non ci sto!! Propongo di far tanto di salame al defunto provocatore e lasciamo ad altri l’incarico di realizzare il ricovero dei vecchi.

Don C.

Cos’è, sindaco ha paura che un nero reazionario non sia capace di amministrare i beni del popolo!? O, piuttosto, temete di perdere consensi elettorali dovendo spiegare che l’erigendo ricovero non è opera del partito ?!

PEPP.

Parlate voi, sabotatore del progresso sociale.

Don C.

E voi confondete il progresso sociale con gli interessi elettorali.

DES.

(che si era tenuta in disparte ma “allungava l’orecchio” e fingeva di guardare fuori verso la piazza, come se controllasse il tempo) Però, un rinfreschino non farebbe male, stamattina!  Per forza il cervello della gente prende fuoco. Se almeno piovesse, sfogherebbe! Ma qui piove sempre quando non dovrebbe e quando deve piovere non piove!

NOT.

Scusate signor arciprete e signor sindaco: il documento spiega chiaramente che, se voi non accettate, il lascito passa direttamente al comune di Palermo.

PEPP.

(urlando) Palermo? E cosa centra la Sicilia?

Don C.

(calmo) Ne so come lei, signor sindaco

PEPP.

E lei, notaio?

NOT.

Bisognerebbe chiederlo al signor Poggi.

PEPP.

A quel….

Don C.

(interrompendolo) Quindi, se noi non accettiamo, priviamo il paese di un grandissimo beneficio.

PEPP.

E tutto il paese sarà contro di noi. Ecco lo scopo vero del vecchio: fare un dispetto al paese e fregare noi! (battendo un pugno sul tavolo)

Don C.

Non credo.

PEPP.

Lo credo io! (Rivolto al notaio) Non ci sarebbe qualche cavillo legale

NOT.

Scusi, cosa intende dire?

PEPP.

Si… Qualche garbuglio legale che ci consenta di “fregare” il “povero defunto”!

NOT.

No. Nessun cavillo. Il testamento l’ho redatto io e, pertanto, non è impugnabile.

Don C.

E’ mezz’ora che ripetete sempre le stesse cose!! Forse l’intento del defunto era nobilissimo: costringerci a dimenticare le nostre "antipatie" per il bene di tutti.

PEPP.

Allora accettiamo. (scrutando don Camillo) Però …

Don C.

Fuori il rospo!

PEPP.

Quale rospo?

Don C.

Quello che avete dentro lo stomaco.

PEPP.

Non ho nessun rospo.

Don C.

Allora avete un bue.

PEPP.

Finitela, reverendo. La situazione è delicata. Dicevo: quando ci riuniamo per trattare del ricovero, noi dobbiamo impegnarci  a fare uno sforzo sovrumano per andare d'accordo.

Don C.

Appunto.

PEPP.

Siete d’accordo allora?!

Don C.

Concordo, sindaco. E appunto per questo che non si deve mai perdere la calma.

NOT.

Bene. Vi saluto e vi auguro buon lavoro. (Saluta) Don Camillo. Signor Sindaco.

PEPP.

Vi accompagno.

Peppone e il notaio escono.


Don C.

Gesù, vi ringrazio.

CR.

Per i tuoi poveri vecchietti che, finalmente, hanno trovato chi si occupa di loro?

Don C.

No! Perché avete frustrato il malvagio intento del vecchio strozzino. Egli sperava che ci scannassimo e invece…..

CR.

Don Camillo!

Don C.

(serafico) Si, mio Signore?

CR.

Come puoi dire questo?!? Tu non sai da che intenti era animato.

Don C.

Allora rendetegli più leggere le pene dell’inferno….

CR.

(severamente) Come ti permetti di sostituirti alla giustizia divina??!!

Don C.

Gesù, io non mi permetterei mai… però…. in paese dicono tutti che era….

CR.

Vergogna Don Camillo…

Don C.

(allargando le braccia) Perdonatemi, Signore. (e prende il sigaro, lo sbriciola e lo butta nel camino)

Buio.


SCENA: Vincita al Totocalcio – Prima Parte

Voci fuori scena.

BRU.

Rileggi bene il nome?!

SMI.

Pe pi to  Sbez ze gu ti (sillabando)

BRU.

Mah….. non ho mai sentito questo nome e tu?

SMI.

No! Per me non è uno del paese

BRU.

Eppure il giornale dice che la schedina è stata giocata nella ricevitoria del paese!

SMI.

Lo so mah… Oh ecco il nostro don Camillo. Sentito la notizia??

Don C.

Quale notizia? (Sopraggiunge anche il Notaio che legge il giornale)

NOT.

“Colpo grosso in un paesino della bassa Padana. Con una schedina giocata al totocalcio sono stati vinti 10 milioni da un certo Pepito Sbezzeguti. Il gestore della ricevitoria, interpellato dai nostri giornalisti, sostiene che il sabato è giorno di mercato e molti forestieri abitualmente si fermano alla sua ricevitoria: il vincitore sarà uno di loro; anche perché in paese non c’è nessuno con quel nome, ed io li conosco tutti i miei compaesani! Per ora il mistero è fitto e tutto il piccolo paese è in fermento! (Chiudendo il giornale) Questo è tutto, don Camillo.

BRU.

(Insinuante) Ma lei… magari …dalle sue figlie di Maria..

NOT.

Per me è un nome falso.

Don C.

(brusco) Io non so niente.

SMI.

Prima o poi verrà fuori, stia tranquillo!! E allora…

Don C.

E allora cosa?

Se ne va entrando in sacrestia dove lo attende al varco la perpetua.

DES.

Novità?

Don C.

Quali novità?

DES.

La schedina!

Don C.

Quale schedina? (sempre più nervoso) Io non gioco al totocalcio.

DES.

Lo so, ma non parlavo della sua ma di quella di Pepito Sbezzeguti, quello che ha vinto i 10 mi li o ni !!

Don C.

Ancora con questa storia. Ma lascia stare queste stupidaggini. Vai piuttosto a trovare la Gina. Sta per nascere un bambino e tu stai qui a perderti con delle chiacchiere di paese. Vai, vai..

DES.

Si vado, vado! (sottovoce) Si vede che vuole stare da solo.


       

Don Camillo aspetta che la perpetua esca. Si mette a camminare nervosamente in su ed in giù, poi si ferma. Poi si mette a rovistare nel cassetto, trova un foglio ed un lapis e si mette a scrivere.

CR.

Camillo… Camillo!

Don C.

Signore?

CR.

Ti vedo molto impegnato.

Don C.

Gesù, chiunque, ricevuto un grosso beneficio dalla Divina Provvidenza, lo tiene nascosto, deve essere smascherato. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.

CR.

Ammesso e non concesso che la Divina Provvidenza si occupi di totocalcio, perché ti affanni a volere scoprire chi è il fortunato che ha vinto una grossa somma al gioco. Occupati delle persone meno fortunate.

Don C.

Avete ragione

Don Camillo continua come prima a scarabocchiare sul foglio. Finalmente trova ciò che stava cercando.

DES.

(rientrando tutta allegra) Tutto bene, Don Camillo, la Gina le manda i suoi saluti.

Don C.

Oh bene!

 

Desolina fa il gesto di togliersi lo scialle.

Don C.

No. Aspetta, ho bisogno di parlare col sindaco Pepito, ehm Peppone

DES.

(mangia la foglia) Subito! Col sindaco?

Don C.

Col sindaco!

DES.

Subito?!

Don C.

Subito!

DES.

Allora è una cosa importante?

Don C.

Importante? No, però digli di venire il più presto possibile.

DES.

Vado?

Don C.

Vaiiii!

DES.

Allora vado!!

Don C.

E vai!!

DES.

Allora corro?!!

Don C.

Vedi un po’ tu: basta che ti muovi.


Desolina finalmente esce e Don Camillo si rivolge a Gesù.

Don C.

Gesù, ho capito (e passeggia sfregandosi contento le mani)

Entrano la perpetua e Peppone.

PEPP.

Reverendo, cos’è tutta questa furia?! E’ proprio necessario farmi venire qui di tutta fretta?!! Sentiamo???

Don C.

(rivolto alla perpetua) Desolina vai a vedere se le galline si insomma… se ci sono uova nel pollaio!

DES.

Ma Don Camillo??! L’ho già fatto un’ora fa.

Don C.

Eee.. si… ma le galline fanno le uova quando meno te l’aspetti. Vai, vai…

Desolina perplessa e sempre più incuriosita esce ma lascia la porta aperta. Don Camillo la chiude.

PEPP.

Non mi dica che siamo ancora con la storia delle uova miracolose?!

Don C.

No, compagno PEPITO, le uova non c’entrano.

PEPP.

Cosa volete dire  Reverendo?!

Don C.

Niente, dico che le uova non c’entrano Pepito!!

PEPP.

Vuole insinuare che..

Don C.

(interrompendolo) Che  anagrammando

P E P I T O   S B E Z Z E G U T  I

salta fuori qualcosa che assomiglia a Giuseppe  Bottazzi….. Anche li hai fatto qualche  errore di ortografia.

PEPP.

Don Camillo voi dite delle stupidaggini.

Don C.

Ti riferisci agli errori di ortografia?!

PEPP.

No. Al fatto che qui non si fanno indovinelli.

Bussano alla porta ed entrano Gisella col Brusco e lo Smilzo.

BRU.

Capo, i reazionari hanno ripreso in pieno la loro tattica propagandistica della calunnia.

GIS.

Il paese è in subbuglio: qualcuno ha messo in giro la voce che sei tu quel Pepito dei dieci milioni.

Don C.

(rivolto al pubblico)  La  Desolina è meglio di un manifesto.

BRU.

Bisogna intervenire subito e inchiodare al muro i diffamatori.


PEPP.

(prudente) Dire che uno ha vinto al totocalcio non è diffamare. Vincere al totocalcio non è una cosa disonesta.

GIS.

La diffamazione politica avviene anche accusando l’avversario di un’azione onesta e quando un’accusa porta danno al partito c’è diffamazione.

BRU.

La gente ride alle vostre spalle.

Don C.

Perché non fate un bel manifesto?!!!!!

GIS.

Si un manifesto che parli chiaro.

Don C.

Bravi!

PEPP.

Cosa c’entrate voi? Va bene ci penserò, magari domani..

GIS.

Per non darvi fastidi l’abbiamo già preparato.

Don C.

Chi ha tempo non perda tempo.

PEPP.

Non ho bisogno di difensori. Io so difendermi da solo. Adesso andate.

SMI.

Se la prendi così non c’è più niente da dire.

PEPP.

La prendo così. Ognuno per sé ed il partito per tutti.

GIS., BRU. E SMI.

Allora noi andiamo. (escono)

Don C.

Mi spiace veramente che tu non sia il Pepito che ha vinto tutti quei milioni (accompagnandolo alla porta)

PEPP.

Anche a me (andandosene). 

Buio


Angelo e Diavolo

A.

Furbo il tuo sindaco, pensa di farla in barba a Don Camillo ma si sbaglia di grosso.

D.

Don Camillo mette sempre il naso in affari che non lo riguardano. Ogni occasione è buona per fare basse insinuazioni su Peppone ed i suoi compagni, e non solo. S-T-R-U-M-E-N-T-A-L-I-Z-Z-A anche le persone.

A.

Beh tu ne parli a ragion veduta. Come strumentalizzate voi non strumentalizza nessuno. (parla come se stesse facendo un comizio). La vostra propaganda politica….

D.

Finiscila! Io parlavo del gazzettino del paese cioè della Desolina; Don Camillo ha fatto apposta a chiamare il sindaco Pepito; lei ha mangiato la foglia e lungo il tragitto ha spifferato che Pepito e Peppone sono la stessa persona.

A.

infatti.

D.

Toh leggi così ti accorgerai che anche …(gli dà un manifesto)

A.

“Il sindaco Giuseppe Bottazzi dichiara di non aver niente in comune con il signor Pepito Sbezzeguti, vincitore di 10 milioni al totocalcio: è inutile che i reazionari cerchino di calunniarmi identificandomi col neo-milionario, qui di neo c’è soltanto…”

D.

(interrompendo) C’è soltanto Don Camillo e la lingua sibilante della sua perpetua. Se Peppone avesse vinto, si guarderebbe bene dal far stampare un simile manifesto, non ti pare?

A.

Si …. Però potrebbe averlo pubblicato dopo aver incassato i soldi.

D.

Non si è mosso da qui, lo sai anche tu!

A.

(perplesso, osservando il manifesto) Mah!!

Bussano alla porta di sinistra.

A.

Don Camillo non può essersi sbagliato; andiamo che arriva gente.

 

Escono.


SCENA: Vincita al Totocalcio – Seconda Parte

Don Camillo appare in vestaglia, apre la porta con titubanza; luci molto soffuse per rendere l’effetto notte.

PEPP.

(trafelato, nervoso e preoccupato) Spero non mi abbia visto nessuno! Mi sento sempre spiato.

Don C.

Ma sei diventato matto, per caso?!

PEPP.

No, ma lo diventerò. Parlo col prete o con la gazzetta del paese?

Don C.

Dipende.

PEPP.

Vengo per parlare col prete.

Don C.

Siediti, il prete ti ascolta.

PEPP.

Ho detto una bugia: Pepito sono io.

Don C.

(Rimane qualche minuto senza fiato) Dunque eri tu! E perché non l’hai detto prima?

PEPP.

Non l’ho detto neanche adesso perché io sto parlando col prete; a lui deve interessare solo la bugia.

Don C.

Vergogna! Un compagno non gioca al totocalcio.

PEPP.

Stupidaggini, giocano tutti.

Don C.

E allora non vince! Uno che deve guidare la lotta del proletariato non si procura il benessere con mezzi che non siano la rivoluzione proletaria.

PEPP.

Reverendo, piantiamola di buttare sempre le cose in politica.

Don C.

Hai ragione! Meglio incassare dieci milioni oggi che fare la rivoluzione proletaria domani.

PEPP.

Li ho vinti, non incassati.

Don C.

E allora incassali.

PEPP.

Non posso.

Don C.

Perché?

PEPP.

Mi controllano.

Don C.

Manda qualcuno di cui ti fidi.

PEPP.

Non mi fido di nessuno.

Don C.

Nemmeno dei tuoi puri proletari?

PEPP.

Di nessuno.

Don C.

Non so cosa dirti.

PEPP.

Incassate voi.

Don C.

Iooo?!

PEPP.

Si! Di voi mi fido.

Don C.

Di me??!!??

PEPP.

Si. Potrei… Eventualmente…. Per la crepa…. Il campanile… Darvene… due o tre!!

Don C.

No! Io i piaceri li faccio gratis.(Indicandogli la porta).

Buio.


La scena si riapre con Don Camillo che osserva una valigetta aperta sul tavolo, dove sono contenuti i 10 milioni.

Don C.

Signore questi sono i soldi di Peppone……Mi permetto di farvi semplicemente notare che quel senza Dio non meritava una fortuna di questo genere.

CR.

Rifletti Don Camillo, io non sono il totocalcio.

Bussano. Entra Peppone tutto intabarrato e con aria furtiva. Chiude la porta dietro di sé e mette il catenaccio.

PEPP.

Allora?

Don Camillo senza fiatare gli indica la valigia. Peppone ha la fronte imperlata di sudore.

Don C.

10 milioni. Puoi contarli.

PEPP.

No. No.

Don C.

Sono tanti oggi, ….ma …domani…dopo la rivoluzione….

PEPP.

ORO! No! ….Li porterò all’estero. No! ..No…Non so cosa farmene di tutti questi soldi.

Don C.

Intanto che ci pensi, portateli a casa; ma riportami la valigia. Quella è mia!

PEPP.

No, reverendo, li tenga lei, è meglio! Ne riparliamo domani. Buona notte!

Peppone esce furtivo. Don Camillo spegne la luce preparandosi a tornare a letto.

Luci: chiarore notturno. Bussano insistentemente alla porta. Don Camillo riapre sempre più perplesso. Entra Peppone (come sopra) seguito dalla moglie.

PEPP.

Reverendo, cercate di capire ma mia moglie…vorrebbe vedere come sono fatti dieci milioni.

Don Camillo li scruta per un attimo, poi va estrae dalla cassettiera la valigia e la apre sul tavolo.

MdPEPP.

Ohhh! Santo cielo!!

Don C.

Lasciamo stare il cielo.

MdPEPP.

(espressione di stupore) Ooooooohhhh!! Sono proprio “DIECI”?!


Don C.

Si! Vuoi metterti a contarli? Prego! Tanto, io, questa notte non ho niente da fare!

MdPEPP.

Ma quanti! E sono tutti nostri?

PEPP.

E di chi vuoi che siano!?

MdPEPP.

Ohh, mi sento svenire…

Don C.

Oh oh oh!! Finito? Se proprio devi svenire, ”compagna“, aspetta a farlo dopo la rivoluzione proletaria. Ne avrai motivo! E adesso torna a casa tua. Io vorrei anche dormire. Sù! Fuori e  buonanotte. (li accompagna alla porta, saluti).

Prende la valigia ed esce. Luci notturne. Nuovo bussare alla porta. Peppone entra.

Don C.

Beh?! Non è ancora finito il pellegrinaggio?

PEPP.

Sono venuto a prendere la valigia.

Don C.

Adesso? Neanche per sogno. L’ho messa in solaio e poi ho sonno e ho freddo. Buonanotte!

Don Camillo  si avvia alla porta pensando che Peppone lo segua, invece questo è fermo: immobile.

Don C.

Cos’è? Non ti fidi?!

PEPP.

Non è questione di fidarsi… ma mettete il caso…che….

Don C.

Cheeee..???

PEPP.

Cheeee….

Don C.

Che?

PEPP.

….Che vi venga  un “accidente“ ecco!! Come faccio a dimostrare che la valigia è mia???

Don C.

Come “tua“?? La valigia è mia!

PEPP.

Ma, reverendo!!?

Don C.

Fingi di non saperlo??

PEPP.

Ma la schedina era mia!

Don C.

Ahhh, tu parli dei soldi…Beh nemmeno quelli sono tuoi!

PEPP.

Ma Pepito Sbezzeguti sono io. E’ l’anagramma di Giuseppe Bottazzi ed io mi chiamo Giuseppe Bottazzi.

Don C.

Eh no! Te l’avevo detto che anche lì avevi fatto un errore d’ortografia: è l’anagramma di Giuseppe Bottezzi. Mio zio si chiama giust’appunto così: perciò i soldi non sono tuoi!

PEPP.

Maledizione. I soldi sono miei!


 

Don C.

Non agitarti, li userò per la tua causa, per la causa del popolo, li distribuirò ai poveri.

PEPP.

Al diavolo, datemi i miei soldi altrimenti vi ammazzo come…

Don C.

Lascia stare! Prenditi la tua porcheria e vattene! Fuori!!!

Peppone prende la sua valigia, la nasconde sotto al mantello e scappa via..

Don C.

Gesù perché farlo vincere, e rovinargli la vita?

CR.

Cosa dici don Camillo!

Don C.

Quel poveretto non meritava una punizione così terribile.

CR.

Prima mi rimproveri che è un premio immeritato, poi che è una punizione ingiusta. Non ne azzecco una. Deciditi don Camillo.

Don C.

Scusatemi Signore non parlavo di voi ma…. del totocalcio. Buona notte Signore.

CR.

Buona notte don Camillo e sogni d’oro.

Luci notturne, poi buio.

Giorno. Desolina sta riordinando la sacrestia ma ha voglia di parlare. Don Camillo sta leggendo il breviario.

DES.

La Gina ha avuto un maschietto!

Don C.

Ah. Bene!  (senza alzare la testa dal breviario)

DES.

Il Bussini ….

Don C.

(Come sopra ma interrompendola) Lo so.

DES.

(imperterrita) E’ peggiorato…..Tanto.

Don C.

(c.s.) Lo so.

DES.

E’ morto.

Don C.

(c.s.) Lo so.

DES.

Ha lasciato una bella eredità.

Don C.

(c.s.) Lo so.

DES.

(aspetta un attimo poi, non ricevendo altre, notizie,  ricomincia.) Il sindaco è un po’ “agitato”

Don C.

(c.s.) Lo so.

DES.

Il Brusco dice…

Don C.

Senti! (sbotta) Vai nell’orto a parlare un po’ con l’insalata magari, per farti tacere, cresce prima. (ritorna a leggere)

DES.

Mhhh.. Quante storie. Bastava dirlo. Vuole stare solo?? Ed io me ne vado. (non ottiene risposta) Vado!!!! (esce da destra)

PEPP.

Non ce la faccio più. (Entra da sinistra, si guarda intorno per accertarsi di essere solo con Don Camillo, toglie un pacco avvolto nella carta da giornale con dentro i soldi)

Don C.

Ah, siete voi! (pensando ad un ritorno della perpetua)

PEPP.

Sono io.

Don C.

Compagno, cosa vuole ancora da me? (chiude il breviario)

PEPP.

Da quando ho in casa questa roba non dormo più.

Don C.

Anch’io se continui a svegliarmi in piena notte. Dai, bevi un bicchiere. (Prende una bottiglia con due bicchieri e versa del vino) Ti farà bene.

PEPP.

(prende in mano il bicchiere) Cosa ne faccio?

Don C.

Lo bevi.

PEPP.

Parlo di questi. (indica i soldi)

Don C.

Ah, quelli? Seppelliscili!

PEPP.

Non fruttano.

Don C.

Mettili in banca.

PEPP.

Scherzate!? Non posso! Sono un compagno proletario.

Don C.

(sbottando) Non ho altri suggerimenti.

PEPP.

Reverendo, quel famoso commendatore che amministra così bene i quattrini che gli affidano….

Don C.

Non lo conosco.

PEPP.

Lo dovete conoscere. E’ uno dei vostri: si serve dei preti come intermediari e poi si sdebita regalando chiese, conventi, restauri e via dicendo….

Don C.

Ne ho sentito parlare.

PEPP.

Il parroco di Torricella lo conosce bene. Mettetevi in contatto.

Don C.

Io!?! I soldi sono tuoi, fallo tu.

PEPP.

Non posso, sono troppo conosciuto: se gli do i soldi come sindaco proletario diventa una questione politica.

Don C.

Io non ci voglio entrare. Ti metto in contatto con il parroco di Torricellla quando viene in paese per incontrare il vecchio zio e poi te la sbrighi tu.

PEPP.

Grazie, Don Camillo.

Don C.

E speriamo che la faccenda finisca qui.

Don Camillo e Peppone seduti in penombra chiacchierano gustandosi il vino.


Angelo e Diavolo

Entrano Angelo e Diavolo, si mettono a destra inquadrati dall’ occhio di bue.

A.

Che bella scenetta, guardali, chiacchierano sereni davanti ad un buon bicchiere di lambrusco, come due vecchi amici.

D.

Non dura…

A.

Dura.

D.

Non dura!

A.

Dura, dura …se non ci metti di mezzo la politica!

D.

La politica non c’entra: qui si parla di soldi, DE NA RO

A.

A Don Camillo non interessa il denaro. Interessano le anime.

D.

Già, le anime. Mi sembra che l’ultima sia stata ben seguita, dal tuo Don Camillo.

A.

Come tutte le altre.

D.

Si… Forse… Però….

A.

Però??

D.

Però, anche il tuo prete avrà ben presto gli stessi problemi di Peppone!

A.

Ma sei veramente un diavolo infido e subdolo. Tu insinui..

D.

(interrompendolo) Si! Insinuo che l’eredità, e che eredità, dicevo che l’eredità del vecchio Bussini creerà qualche problema di ”investimento”.

A.

Non c’è proprio niente da investire. Il testamento parla chiaro. Dice: “Lascio tutto all’arciprete perché faccia indorare l’angelo del campanile, così luccica, e di lassù posso capire dov’è il mio paese.”

D.

Vedremo. Secondo me, visto che l’angelo è di rame, lo strofinerà col SIDOL così tanto da farlo luccicare. Così avrà anche lui qualcosa da “IN VE STI RE”!

A.

Ma come puoi solo pensare ad una cosa simile!? Ah già, dimenticavo: sei un diavolo. Se queste cose non le pensi tu chi vuoi che lo faccia?? Don Camillo no di certo!!

D.

Vedremo!

A.

Vedremo.

D.

Scommetti??

A.

Io non scommetto mai.

D.

Paura di perdere??

A.

No!! Per niente. Voglio solo evitarti una delusione “bruciante”.

D.

A me piace BRUCIARE.

A.

(andandosene) Si ma sarà per l’invidia.

D.

Invidia?? E perché??

 

A.

Perché, mentre tu spari fanfaronate, Don Camillo, cuore puro, ti abbaglierà col suo angelo d’oro.

D.

Metterò gli occhiali da sole. Per ora devo mettere gli occhiali da vista, con tutta quella polvere  fatico un po’ a vedere il tuo angelo.

Peppone e Don Camillo escono di scena.

 

A.

Quale polvere?

D.

Quella sollevata da tutta quella gente di città che “gironzola“ intorno all’angelo.

A.

Non gironzola.. Studia.

D.

Si. Studia come dividersi l’eredità del povero Bussini.

A.

Sei un testa bacata. Quelli sono professori, esperti d’arte.

D.

Si… dell’arte di… (viene bruscamente interrotto)

A.

Basta! Non ti sopporto più. (Uscendo di scena).

Si spegne l’occhio di bue. Buio.


Scena: L’Angelo dorato

La scena si riapre con Don Camillo. E’ giorno e lui entra in scena con                     gran pacco di libri vecchi; si siede al tavolo e si mette a sfogliarli.

DES.

Reverendo! (Non ottiene risposta) REVERENDO!! (gli si avvicina all’orecchio) REVERENDO!!!!

Don Camillo  sobbalza.

DES.

L’ha trovato?

Don C.

No, non l’ho trovato.

DES.

Ma lo stava cercando?

Don C.

Ma certo che lo sto cercando.

DES.

E come mai non vi siete trovati??

Don C.

Ehhh, non lo so. Non c’è scritto da nessuna parte

DES.

Scritto??

Don C.

Si. Scritto nei registri della chiesa

DES.

Ohhh. Non sapevo che si deve leggere sui libri dove si trova la gente che la sta cercando!!

Don C.

Si dice angelo, non gente.

DES.

Oh, io non so come si chiama.

Don C.

Non si chiama. E’ un Arcangelo Gabriele.

DES.

Un Arcangelo? Quello li?

Don C.

Ignorante. Ci hai messo quarant’anni per imparare a leggere, ce ne metterai altri quaranta per imparare a parlare. “Quello” è la statua dell’Arcangelo Gabriele.

DES.

Per essere una statua si muove bene.

Don C.

Come?? Si muove anche??

DES.

Si! E parla. Mi ha chiesto di lei: è di là, in chiesa. (esce)

Don C.

Oh santo cielo! (Si ferma e si rivolge a Gesù) Un altro miracolo!

CR.

Don Camillo, Io non ho fatto niente.

Don C.

Come? Non c’entrate??

CR.

No, non c’entro.

Don C.

Signore, se Voi non c’entrate, chi è stato a far muovere ed a far parlare la statua??

CR.

Non è stato nessuno. La statua dell’Arcangelo Gabriele non si muove e non parla.

Don C.

Ma… non … capisco…

CR.

Questo si è capito. Forse tutti quei libri ti hanno confuso la mente.

Don C.

Eh Signore. Forse avete ragione.


DES.

(entra accompagnata dal notaio) Eccolo: il signor Arcangelo!

NOT.

Io, veramente, mi chiamo Michele.

Don C.

La scusi, c’è stato un malinteso; ma venga, notaio, si accomodi.

NOT.

Buon giorno, Reverendo, mi scusi se la disturbo ma ho appena ricevuto la relazione dei due professori.

Don C.

(agitato) Allora cosa dicono?

NOT.

Confermano l’analisi fatta dal primo esperto. Confermano che la statua posta sul campanile è, in realtà, la raffigurazione dell’Arcangelo Gabriele. Risalente al XIII° secolo. Di ottima fattura ma, per ora, di autore ignoto. Legga, legga.

Don C.

(dopo aver preso in mano il foglio ed aver letto mentalmente per alcuni secondi) Manderanno anche un fotografo per far riprendere l’angelo in tutti i suoi particolari e poterlo studiare meglio. Mah.

In quel mentre entra Peppone con un giornale in mano.

PEPP.

Ha letto?? Don Camillo?? (Vede il notaio) Oh notaio, buon giorno. Un altro lascito??

NOT.

(visibilmente indispettito) Signor sindaco!

Don C.

Nessun lascito. Il notaio è venuto a portarmi notizie riguardanti l’angelo. Voi, sindaco, siete venuto ha portarmi quelle del diavolo??

PEPP.

Don Camillo, anch’io vi porto notizie dell’angelo.

Don C.

Ed allora vi do io quelle del diavolo! Aspettate! (si avvicina al tavolo e prende in mano, anche lui, un foglio)

NOT.

Scusatemi, io la mia notizia l’ho già data. Tolgo il disturbo. Buon giorno a tutti. (velocemente si toglie dalla scena prevedendo baruffa).

PEPP.

Ho letto che la vostra statua ha finito di dominare il paese dall’alto del campanile. Finalmente, visto che è un ”capolavoro”, dovete toglierla dalle intemperie!

Don C.

Vedremo.

PEPP.

(fingendo di non sentire) Il patrimonio artistico va tutelato e, pertanto, protetto. Conservato in un sito idoneo, appositamente studiato, eccetera..  eccetera…

Don C.

Ho letto un manifesto..

PEPP.

(fingendo di non sapere nulla) Quale manifesto?

Don C.

(Prosegue, ignorandolo)  Fatto affiggere da un povero ed ingenuo “fedele”


 

PEPP.

Come osate. Io non sono un vostro “fedele”. Non sono complice di un prete reazionario che frequenta preti arruffoni.

Don C.

(continua imperterrito) Depredato da preti trafficoni e senza scrupoli, complici di un truffatore di cui voi vi siete servito per investire i vostri dieci milioni.

PEPP.

Ancora  quella storia.

Don C.

Si! Proprio quella. Farò ridere tutti alle tue spalle.

PEPP.

Non oserete!!

Don C.

Oso! Oso!! I tuoi elettori devono sapere come il compagno sindaco Giuseppe Bottazzi, ha fregato il Partito ed il fisco, affidando i famosi dieci milioni al ”famoso commendatore” che dava interessi esagerati. Adesso che è scoppiato lo scandalo, e stanno indagando sul “commendatore” e come mai riusciva a dare quegli interessi spropositati, di cui tu hai beneficiato, entri anche tu nella polemica. Tappezzi il paese di questi manifesti: sei un mascalzone.

PEPP.

La sua è una mascalzonata!

Don C.

No! E’ la risposta al tuo manifesto!

PEPP.

L’ho fatto per proteggere gli ingenui che voi tentate di ingannare.

Don C.

Ah. Bene! Racconterò tutto.

PEPP.

Ed io vi querelo per diffamazione!

Don C.

Attento, sindaco, il suo nome è sui registri del ”commendatore”.

PEPP.

Ma se ho perso tutto il capitale!

Don C.

Si ma con gli interessi……ti sei rifatto il “capitale”.

PEPP.

Non può dimostrarlo.

Don C.

Ho giusto qui segnati tutti i numeri delle matrici degli assegni con cui il “commendatore” ti ha pagato gli interessi!!!

Peppone “schiatta”, si toglie la giacca ed il foulard rosso che porta solitamente al collo e si siede di fronte a Don Camillo. E’ disperato.

PEPP.

Reverendo, le bastano tre milioni?!

Don C.

Compagno! Il tuo è un insulto. Una proposta simile non me la dovevi mai fare.

Anche Don Camillo prende una sedia e si mette di fronte a Peppone.

Don C.

Compagno! Tu mi provochi ed allora farò scoppiare la grana appena metterai piede in Russia. L’imbarazzo in cui si troveranno i tuoi capi aumenterà il divertimento.


PEPP.

Come fate a sapere del mio viaggio!?

Don C.

Ho i miei informatori

Peppone, affranto, rimane senza parole.

Don C.

Compagno, tu sei liquidato. A meno che…

PEPP.

A meno che?!?

Don C.

A meno che, visto che hai avuto l’alto incarico di selezionare i dieci “compagni attivisti” da portare con te in gita-premio…..

PEPP.

Allora?? Vada avanti. (Peppone è a bocca aperta)

Don C.

Allora (prosegue sussurrandogli nell’orecchio. Peppone è sempre più stupito, poi, quando Don Camillo termina  di parlare, sbotta.)

PEPP.

Reverendo, lei scherza!

Don C.

No. E ti dico: o mangi questa minestra o salti dalla finestra!

PEPP.

(scattando in piedi, urla) Lei è pazzo! Pazzo da legare.

Don C.

Appunto. I pazzi sono pericolosi.

PEPP.

No!!

Don C.

Ci pensi, sindaco, prima di dire di NO! Lei pensi alla mia proposta, io , intanto, penso al mio angelo.

PEPP.

Non contate su di me!

Don C.

Buono a sapersi.

PEPP.

Sappiatelo!

Don C.

Lo so. Arrivederci, sindaco. E….. comunque…..ci pensi! (rivolto al Signore) Che ne pensate Signore?

CR.

E se ti scoprono?

Don C.

Non mi scopriranno; curerò molto il travestimento.

CR.

L’abito?

Don C.

No, Signore, il travestimento del cervello, la voce, lo sguardo da compagno: queste sono le cose che importano di più.

CR.

Don Camillo è una pazzia.

Don C.

Lo so, Signore ma se voi…

CR.

Si, Camillo, sarò con te. Parti in pace.

Don C.

Grazie, Signore. Intanto vado a comperare un impermeabile per l’Arcangelo Gabriele, così non si rovinerà. (esce)

Desolina entra in scena da destra, seguita da Brusco, Gisella, Mariolino.

DES.

Reverendo! Ci sono dei volontari! (non vede nessuno) Ma dove si è cacciato?! Va bèh, aspettate qui che lo vado a cercare.

BRU.

No. No. Abbiamo premura e, visto che siamo qui per fare il lavoro, lo facciamo subito, con o senza Don Camillo.


GIS.

Gli operai di città non ce la fanno.

 MAR.

Gli facciamo vedere noi come si fa a togliere la statua da sopra il campanile. La statua è nostra e tocca a noi spostarla.

Si avviano a sinistra per salire sul campanile ma incrociano Don Camillo che rientra con l’impermeabile.

Don C.

Cosa fate qui? Una riunione? Non è mica la Casa del Popolo questa.

 BRU.

Togliamo la statua.

Don C.

Fermi!!

 BRU.

No! Andiamo.

Don C.

Voi rossi non vedete l’ora di tirarla giù.

 GIS.

Se non lo facciamo noi, quelli di città rischiano di romperla.

Don C.

Non rompono un bel niente perché non tirano giù niente. Le metterò un impermeabile così non si bagna più.

 DES.

Bravo Don Camillo. Perché non vanno a Milano a dire ai milanesi che la Madonnina del Duomo si rovina lassù.

Don C.

Brava Desolina, questa volta hai parlato bene.

 DES.

Vede, ho già imparato. (rivolta ai rossi) I milanesi vi prenderebbero a calci.

 BRU.

Ma la Madonnina è un’altra cosa.

Don C.

Ma i calci sono sempre uguali sia a Milano che qui in paese. Fuori dai piedi. (se ne vanno tutti compresa Desolina) Signore che ne pensate?

 CR.

Una ripulitina non le farebbe male.

Don C.

Una ripulitina eh. Va bene.

 CR.

Non possono restaurarla se resta sul campanile.

Don C.

Avete ragione, come sempre. La farò togliere MOMENTANEAMENTE.

 CR.

MOMENTANEAMENTE, Don Camillo.

Don C.

Grazie, Signore, del vostro consiglio.

 CR.

Di niente, Camillo.

Don Camillo esce di scena a destra. Buio.

E’ giorno. Don Camillo è seduto al tavolo e legge un foglio: entra Desolina.

DES.

(con fare serio) Che bella!

 Don C.

Chi?

DES.

Lei.

 Don C.

Lei chi?


DES.

Lei, la statua. Ha capito Don Camillo?! La statua, non ricominciamo con i malintesi.

 Don C.

Si, è bella.

DES.

Finché era là, in alto, non si vedeva bene, adesso che è giù, si vede proprio bene.

 Don C.

Eh si, vista da vicino è ancora più bella; un vero capolavoro.

DES.

Ci sarà la fila per vederla, prima che la facciate rimettere su.

 Don C.

Su, dove?

DES.

Su, in cima.

 Don C.

Su in cima dove?

DES.

Ma, Don Camillo, si sente bene?? Ma sul campanile  nohh!!

 Don C.

No!

DES.

No, cosa?? Allora, reverendo, voi state male!

 Don C.

No! Sto bene, sto bene.

DES.

Beh, allora decidetevi. State bene o male?

 Don C.

Si, sto bene ma la statua no! Non torna sul campanile.

DES.

Nooooo?!

 Don C.

No!

DES.

E allora, dove la mettete?

 Don C.

In una bacheca.

DES.

In una cheee??

 Don C.

In una BA CHE CA .

DES.

E che diavoleria è??

 Don C.

Non è una diavoleria ma una scatola di cristallo che si può aprire da un lato.

DES.

Ohh santo cielo! Ma allora il campanile resterà vuoto!

 Don C.

No! No! Quelli di città hanno pensato di fare un calco.

DES.

Un che?

 Don C.

Un calco, una statua uguale da mettere sul campanile.

DES.

Uguale ma FINTA!

 Don C.

Beh, si, diciamo una copia perfetta del nostro Arcangelo Gabriele. Vedrai che si farà fatica a distinguerle.

DES.

Sarà anche UGUALE ma è FINTA.

 Don C.

Ma l’Angelo così sarà protetto dalle intemperie e non correrà il rischio di rovinarsi. E’ un’opera d’arte.

DES.

Sarà…. (si accinge ad uscire di scena ma poi ci ripensa e torna da Don Camillo) Ma.. scusate.. Don Camillo… ma… l’angelo vero quanti anni ha??

 Don C.

Circa ottocento.

DES.

E da quanti è sul campanile???


Don C.

Da circa trecento.

DES.

E a stare lì tutti questi anni che cosa le è successo??

 Don C.

Ma.. niente… forse le è venuta via la doratura…….

DES.

In tutti questi anni ci sono state guerre, bufere, fulmini, alluvioni, persino la peste. E lui lì. Fermo a guardarci. A proteggerci, e adesso “via” non va più bene. Ce ne mettono uno “FASULLO”. Mah!!

 Don C.

Gli esperti dicono che va protetto………

DES.

E a noi chi ci protegge??? Un angelo fatto….. A proposito dove lo fanno?

 Don C.

A Sesto San Giovanni. In una fonderia.

DES.

Magari di “rossi“. Oh Non è più il nostro Angelo…. (esce sconsolata)

Si affievoliscono le luci fino a spegnersi.

Luci. Rientra Don Camillo da destra.

Don C.

Signore, sono confuso. (Si ferma ad aspettare una risposta che non arriva) Gesù, non mi dite niente?

CR.

Agisci secondo coscienza.

 Don C.

Eh già, fate in fretta voi!

CR.

Don Camillo.

 Don C.

Scusatemi, Signore. Ma l’avete visto il nostro Arcangelo Gabriele, così bello, chiuso in quella bacheca?

CR.

Don Camillo!

 Don C.

Ah già, dimentico sempre che voi …Già……Vado ad aprirgli un po’ la “scatola“. Non vorrei che gli mancasse l’aria. Lui è abituato all’aria aperta.

Don Camillo esce a destra e rientra dopo un attimo con aria soddisfatta.

Don C.

Fatto! E…. Sapete…Signore….Ho guardato bene anche l’altro. Sembrano proprio uguali. Tanto che si potrebbero quasi confondere….. (attimo di silenzio) .. (Gesù non risponde) ..(Don Camillo insiste) ..Sono proprio uguali!

Entra Peppone tutto soddisfatto.

PEPP.

Don Camillo! Si può fare.

 Don C.

Ah si? Allora facciamolo subito


PEPP.

Ma la partenza è tra cinque giorni.

 Don C.

Allora facciamolo subito.

PEPP.

Ma non è possibile!

 Don C.

Si che è possibile!

PEPP.

Le dico di no!

 Don C.

Si invece, se tu mi aiuti.

PEPP.

Aiutarla?? A fare cosa??

 Don C.

A portarla su, al suo posto.

PEPP.

Al suo posto??? Lo dicevo, io, che siete pazzo!

 Don C.

Pazzo un corno! Cosa diceva il Bussini.

PEPP.

Il Bussini?! Cosa c’entra ora il povero Bussini!

 Don C.

C’entra, c’entra…

PEPP.

Ma se è morto!?!

 Don C.

Appunto!

PEPP.

Voi delirate. Adesso vi aiuto ad andare a letto; un po’ di riposo vi farà bene.

 Don C.

Macché riposo e riposo. Riposeremo dopo.

PEPP.

Dopo quando?

 Don C.

Quando l’avremo rimesso a posto.

PEPP.

A posto chi? Che cosa? Dove?

 Don C.

Andiamo!

PEPP.

Andiamo?? Voi vi sentite proprio male!

 Don C.

Se non sistemo questa faccenda mi sentirò sempre peggio.

PEPP.

L’ho detto, io, che siete diventato matto!

 Don C.

Si! Ma per quanto pazzo non riesco a fare questa pazzia da solo. Ho bisogno dell’aiuto di un pazzo come te.

PEPP.

Volete spiegarvi, una buona volta?!

 Don C.

Dobbiamo riportare la “VERA“ statua  sul campanile altrimenti, il vecchio Bussini, da lassù, non vede brillare il “suo“ angelo.

PEPP.

(preoccupato) Ah no eeeh!! Io non voglio essere coinvolto in questo vostro maledetto affare.

 Don C.

Non è un “maledetto” affare.

PEPP.

Si che lo è!

 Don C.

No! Già troppi angeli falsi sono in giro per il nostro mondo e lavorano per il nostro male. Abbiamo bisogno di Angeli veri che ci proteggano.

PEPP.

Stupidaggini della propaganda clericale.

 Don C.

(come se non l’avesse sentito continua) Ha protetto te, tuo padre, tua madre ed il padre e la madre di tuo padre e di tua madre..

PEPP.

(interrompendolo) E dovrà proteggere anche mio figlio ed i figli dei suoi figli.


Don C.

Bravo!

PEPP.

(risoluto) Deve tornare al suo posto!

 Don C. e PEPP.

(all’ unisono) Andiamo!