Don Garzia

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Don garzia

Don Garzia

Di Vittorio Alfieri

PERSONAGGI

COSIMO

ELEONORA

DIEGO

PIERO

GARZIA

Guardie

Scena, il palazzo di Cosimo in Pisa

ATTO I

SCENA I

COSIMO, DIEGO, PIERO, GARZIA

Cosimo

Lieve cagion qui non vi aduna, o figli:

veder mi giova quanto in voi sia il senno,

or, che a prova vi udrò. Ma, pria ch'io v'apra

il mio pensier, ciascun di voi mi giuri

dir vero, e asconder sempre nel profondo

del cor l'arcano, che a svelarvi imprendo.

Diego

Per questa spada io 'l giuro.

Piero

Ed io pel padre.

Garzia

Sovra il mio onore io 'l giuro.

Cosimo

Udite or dunque. —

La mia causa, è la vostra: in voi non entra

odio, né amor, né affetti, altri che i miei.

V'estimo io tali; onde consiglio nullo

miglior mi fia del vostro. Or non vi narro,

perché i leggeri abitator di Flora

incresciuti mi sien; perché a più queta

stanza in queste di Pisa amate mura

mi ritraessi; a ognun di voi già è noto.

Con man più certa e non men duro morso,

io di qui stringo al par l'instabil, fello

popol maligno, che obbedir mal vuole,

e che imperar mal sa; né dubbio è omai

il servir suo: ma appien securo in trono

non io mi sto per tanto. Alti perigli

spesso incontrar già gli avi nostri; e tutto

gridami in cor, che a passeggera calma,

a fallace sereno io non mi affidi.

Domi i più de' nemici, o spersi, o spenti,

fero ne veggio or rimanermi un solo:

m'è di sangue congiunto, in vista amico;

mi segue ognora (ancor ch'io mai nol curi)

modesto ai detti, ossequioso in atto:

ma, nell'intimo cor, di rabbia pieno,

di rei disegni...

Diego

Ed è?

Cosimo

L'empio Salviati. —

Benché congiunto, ei sì; bench'ei pur nasca

dal fratel di mia madre, egli è non meno

nemico a noi, che già il suo padre il fosse.

Quel fero vecchio, (ricordarlo udiste)

che libertà fingea, perch'era troppo

da lui lontan, benché il bramasse, il seggio:

quei, che attentossi, il dì che al soglio assunto

io dal senato e in un dal popol era,

sconsigliarmi dal regno. I suoi molti anni,

e di mia madre il pianto, a lui perdono

di sua stolta baldanza ottener poscia:

ma non così questo impugnato scettro

perdonava egli a me. Che pur potea

un vecchio imbelle? udia di morte i messi,

e già presso alla tomba, il velen rio

che invano in core ei racchiudea, nel core

tutto versò dell'empio figlio. Or, certo

io son, che figlio di sprezzato padre,

feroce ei m'odia; e, quel ch'è peggio, ei tace:

quindi è d'uopo ch'io vegli. Era a sue mire

ostacol forse la mia madre in vita;

or che cessò, più da indugiar non parmi:

tutte occupar densi a costui le vie,

non che di nuocer, di tentare. Il mezzo,

e il migliore e il più ratto a un tanto effetto,

liberamente ognun di voi mi mostri.

Diego

Padre, e signor, non che di noi, di tutti;

che poss'io dirti di ragion di regno,

che tu nol sappi? Assai de' reo chiamarsi,

parmi, colui che al suo signor non piace:

che fia quei che, abborrito, anco lo abborre?

Ha congiunti chi regna? Or, poiché al prence

la sorte amici non concede mai,

che falsi, od empi; almen non dee nemici

ei tollerar, né aperti mai, né occulti.

Tranne esempio da lui, che il tosco scettro

tenne anzi te; quell'Alessandro, quello,

che a tradimento trafitto cadea;

ei de' congiunti a diffidar t'insegni,

più che d'ogni altro. Amistà finta, e lunga

servitù finta, e affinitade, apriro

infame strada al traditor Lorenzo

d'immerger entro al regio petto il ferro.

Ben sapea di costui l'animo iniquo

il prence in parte, e diffidar non volle:

anzi lo accolse, e il fea de' suoi, sì ch'egli

al fin lo uccise, — Ah! gli odi altrui previeni:

dolcezza, in chi può non usarla, apponsi

a timor solo; e assai velar chi regna

de' il suo timor; che il più geloso arcano

di stato egli è: guai, se si scopre: tace

tosto l'altrui terrore: e allor, che avviene? —

Pera Salviati; è il parer mio: ma pera

apertamente. Egli ti offende, e a giusta

morte tu il danni: ma, non far che oscura

timida nube i maestosi raggi

del tuo potere illimitato adombri.

Garzia

Se a prence in soglio nato, e all'ombra queta

di propizia fortuna indi cresciuto

infra gli ozi di corte, io qui parlassi,

padre, tu a lungo or non mi udresti. Dura,

difficil, vana, e perigliosa impresa

fia 'l rattemprar signor, che mai d'avversa

sorte non vide il minaccioso aspetto.

Ma, Cosmo, tu, che i tuoi giovenili anni

lungi dal trono, e dalle sue speranze,

fra i sospetti vivesti; or trafugato

dalla madre sul Tebro, or d'Adria in riva,

or del Ligure alpestre agli ermi scogli;

tu, che dell'odio poderoso altrui

provasti il peso, ora benigno orecchio

prestami, prego. — Alla medìcea stirpe,

da più lustri, a vicenda, arte, fortuna,

forza, e favor, dier signoril possanza;

cui più splendor, nerbo, e certezza poscia

tu aggiungesti ogni dì. Tu sai, che invano

l'uccisor d'Alessandro asilo e scampo

sperò trovare in libera contrada.

Tuo brando il giunse entro Vinegia; ei giacque

inulto là, dove il poter si vanta

sol di libere leggi: il Leon fero

uccider vide infra gli artigli suoi

chi troppo stava in suo ruggir securo:

videlo, e tacque: e il tuo terribil nome

fea d'Italia tremar l'un mare e l'altro.

Che brami or più? senza nemici regno?

Ciò non fu mai: spegnerli tutti? e ferro

havvi da tanto? Agli avi tuoi pon mente:

qual finor d'essi sen morìa tranquillo,

possente, e amato? il solo Cosmo; quegli

ch'ebbe poter, quanto glien diero; e a cui

più assai ne aggiunse, il men volerne. Or, mira

gli altri: Giulian trafitto; a stento salvo

il pro' Lorenzo: espulso Piero: ucciso

Alessandro. Eppur, mai non fur costoro

di sangue avari. Ah! ben tel dicon essi,

quanto è lubrica al trono infida base

lo sparso sangue. — Ucciderai Salviati,

forse non reo: nemici altri verranno:

fian spenti? ed altri insorgeranno. — Il brando

del diffidar, la insaziabil punta

ritorce al fin contro chi l'elsa impugna.

Deh! pria che or scenda, il tieni in alto alquanto:

ferito ch'abbia, ei più non resta. A un tempo,

e a chi ti spiace, e alla tua fama, o padre,

deh! tu perdona.

Diego

Ei da me ognor dissente.

Piero

Io, minor d'anni, e di consiglio quindi,

parlerò pur, poiché il comanda il padre.

Prode qual è, Diego parlò; né biasmo

già di Garzìa gli accenti, ancorch'io spieghi

parer tutt'altro. Io, di Salviati al solo

nome, che a me suona delitto, io fremo.

Altro Salviati a tradimento ardiva

il ferro alzar sovra Lorenzo nostro.

Padre, sol duolmi, che nemico troppo

apertamente di costui mostrato

finor ti sei: non, perché a lui più umano

mostrandoti, cangiar quel doppio core

tu mai potessi; ma, talor men biasmo

acquista al prence il trucidar gli amici,

che il punire i nemici. — Una, fra tante

stragi, onde mai di Tiberio la rabbia

sazia non fu, sol una a Roma piacque.

Vero o mentito di Seian foss'egli

il congiurar; pubblica gioia, e risa,

e canti, e scherni, le sue esequie furo.

Amico al prence, a ogni altro in odio: ei cadde

quindi abborrito, invendicato, e vile. —

Vuoi tu spento Salviati, e salvo a un tratto

da invidia te? ciò che non festi, imprendi.

Fingi d'amarlo; ogni pietà ne hai tolta:

promovil; campo a largo errar gli dai:

premialo; ingrato e traditor fia tosto.

Così vendetta colorir si puote

di giusta pena; in un così s'ottiene

di prence il frutto, e d'uman sire il nome.

Cosimo

Col tuo consiglio anco si regna, o Piero;

ma, più regale io quel di Diego estimo.

Senza atterrire od ingannar, tenersi

soggetto l'uom, ben chi sel crede è stolto.

Poco bensì di un figlio, e men di un prence

ravviso i sensi in te, Garzìa: tu parli

a Cosmo re del cittadino Cosmo?

Tu vuoi, ch'io in trono il reo destin rimembri? —

Ed io 'l vo' far, col prevenir d'avversa

fortuna i colpi, — Or, qual linguaggio è il tuo?

Nomi il timor, prudenza? umano chiami,

l'esser debole e vile? e allor ch'io chieggio

come il mortal nemico mio si spenga,

com'io deggia salvarlo a me tu insegni?

Diego

Garzìa minore, e ad obbedirmi nato,

maraviglia non fia se al trono pari

l'animo in sé non serra; e s'ei private

virtù professa, o finge...

Garzia

Una pur sempre

fia la virtude; e in trono, e fuor, sola una.

Richiesto, io dissi il pensier mio: se un'alma

qual mostri, è d'uopo ad aver regno, io godo

di non attender regno: e, s'io pur nacqui,

come tu il dici, all'obbedire, io voglio

pur obbedir, ma a tal, che imperar sappia...

Cosimo

E son quell'io, finora: e tu, rimembra,

ch'io so farmi obbedire: ama e rispetta,

quanto me, Diego. — In voi, gli animi vostri,

non consiglio, cercai. Vidi, conobbi,

udii: mi basta. — A voi, nei detti ed opre,

e nei pensieri, io solo omai son norma.

SCENA II

DIEGO, PIERO, GARZIA

Garzia

Ben più che ai detti, ei ne potea dall'opre

scerner tra noi. — Ma pur, non duolmi al padre

l'aver schiuso i miei sensi: un po' men ratto

al labro forse, ciò che in cor si serra,

correr dovrebbe; ma finor quest'arte

la mia non è; né più l'apprendo omai.

Diego

Ch'altro manca più a Cosmo? entro sua reggia,

tra i propri figli alto un censore ei trova,

che a regnare gl'insegna.

Garzia

Or, che paventi?

Più di me sempre gli sarai tu accetto.

Il più gradito al re fia quei, che porre

suo consiglio e ragion più sa nel brando.

Piero

Sdegno fra voi trascorrer dee tant'oltre,

perché dispari è la sentenza? Io pure

da voi dissento; e non, per ciò, men v'amo.

Fratelli, figli e sudditi d'un padre

noi siam pur tutti: or via...

Garzia

Pensi a sua posta

ciascun di noi: non cerco io lode; e biasmo

non reco altrui. Dico bensì, che tutto

porterem noi del pubblic'odio il grave

terribil peso, o sia che Cosmo elegga

forza adoprare, o finzion: da questa

lo sprezzo altrui, l'ira dell'altra nasce;

la vendetta da entrambe.

Diego

Oh! saggio, e grande,

certo sei tu: moderator ti piaccia

seder di nostra giovinezza. — Or, quando

tacerai tu? Ben noto eri già al padre,

da lui già in pregio, e qual tel merti, avuto.

Va'; se in tenebre godi, oscuro vivi:

ma, poiché nulla al chiaror nostro aggiungi,

non ci far di te almen spiacevol ombra.

Garzia

Ciò che splendor tu chiami, infamia il chiamo. —

Ma, a voi non toglie il mio parlar la pace,

che in voi non è: pace assai mal si merca

colle pubbliche grida, e mal col sangue

dell'innocente cittadino. Io nasco

stranier fra voi; ma, poi ch'io pur vi nasco,

non mai sperate ch'io a voi taccia il vero.

Piero

No, tu non sei, Garzìa, nemico al padre:

dunque, perché di chi l'offende amico?

Garzia

Del giusto, amico; e di null'altro. Io parlo

a voi così; ma, con gli estranei, taccio.

Io creder vo', che un sol signor più giovi,

dove ei stia pur del natural diritto

entro il confin; ma tirannia?... l'abborro:

e assai l'adopra il padre mio, pur troppo!

Più del suo onor, che di sua possa, io sempre

tenero fui: di vero amore io l'amo.

Se nulla in lui giammai varran miei preghi,

tutti a scemar la tirannia fien volti.

Diego

Ed io, (se valgo) a vie più accrescer sempre

sacro poter, che un temerario ardisce

tacciar d'ingiusto, io volgerò pur tutti

gli sforzi miei.

Garzia

Degna è di te la impresa.

Diego

Mi oltraggi tu? Ben ti farò...

Piero

T'arresta:

oh ciel! riponi il brando...

Garzia

Il brando trarre

lasciagli, o Piero. Ei vuol di sé dar saggio

degno di lui. Contro il german la spada,

sublime indizio è di futuro regno.

Piero

Deh! ti raffrena... E tu, deh taci!

Diego

O cangia

tuo stile, o ch'io...

Garzia

Ben veggo: in te le veci

fa di ragion lo sdegno. Io non mi adiro,

io, cui ragion sol muove.

Diego

All'opre tardo,

più che al parlar, forse ti senti alquanto;

quindi sdegno non hai.

Garzia

Più assai che all'opre,

tardo al temer son io.

Diego

Chi 'l sa?

Garzia

Il mio brando; —

saprestil tu,... s'io tuo fratel non fossi.

SCENA III

DIEGO, PIERO

Diego

A me fratello, tu? Diversi troppo

noi fummo ognora...

Piero

Placati; ei non merta

l'ira tua generosa. Udisti ardire?

Non che arrossirne, udisti, come altero

nel tradimento ei gode?

Diego

Un dì vedrai,

se il suo stolido orgoglio a lui fia tolto:

lascia ch'io regni, e tosto...

Piero

A te, per dritto,

si aspetta il trono, è ver; ma, non a caso

parla Garzìa così. Ben so, che il padre

ogni suo affetto, ogni sua speme ha posto

in te; di te men care ha le pupille;

ma, ver l'occaso ei già degli anni inchina.

Sai, come langue in senil cor l'amore;

e quanto mal dalle donnesche fraudi

canuta età si schermi. Egli è Garzìa

della madre il diletto: ella n'è cieca;

e noi poco ama, il sai...

Diego

Che temo? Il trono

si debbe a me; né tor mel puote il padre.

Anco mel tolga, a ripigliarlo io basto.

Ben ci conosce il padre.

Piero

È ver; ma l'arte...

Diego

Ai vili dono io l'arte. Il so, che troppo

egli è caro alla madre. Al par vorrei

che a Cosmo il fosse; e che men cal? non temo,

non invidio, non odio il fratel mio.

Piero

Ma, tu non sai, qual reo disegno asconda

entro il suo cor Garzìa...

Diego

Gli altrui disegni

indago io mai?

Piero

Ma ignoti al padre...

Diego

E voglio

riferirglieli forse? In me ciò fora

più assai vile, che in altri: or che fra noi

torte parole corsero, parrebbe

astio, o vendetta, ogni mio detto. Il padre

conosco; e so, quanto abbia forza in esso

d'ira l'impeto primo: a trista prova

meglio è nol porre. Ove Garzìa diventi

peggior per sé, tutto n'abbia egli il danno.

Ma, s'egli offender me più omai si attenta,

spero che dir non ei potrà, ch'io chiesto

di lui ragione ad altri abbia, che a lui.

ATTO II

SCENA I

COSIMO, ELEONORA

Cosimo

No, non m'inganno io, no: più degno figlio

non abbiam di Diego: a lui del soglio

preme l'onor, la securtà del padre,

e la quiete universale. Io n'ebbi

dal suo parlar non dubbie prove or dianzi.

Eleonora

Non senno dunque, e non amor, né mite

indole trovi, né pieghevol core

nel mio Garzìa?

Cosimo

Che parli? or qual mi nomi

rubello spirto? Ei tra i miei figli è il solo,

ch'esser nol merti. Or, che dich'io tra i figli?

Assai più mi ama e reverisce ogni altri,

ch'egli nol fa. Nutro un serpente in seno,

che in me sua rabbia e il rio velen rivolge.

Oh, come a stento il furor mio rattenni

dianzi in udirlo! I miei sospetti fansi

omai certezza: e quel Garzìa...

Eleonora

Che fece?

che disse? in che ti spiacque? Oimè!

Cosimo

Che disse? —

Mentr'io disegno di un mortal nemico

l'eccidio, ei consigliarmi osa il perdono.

Ei non abborre il reo Salviati adunque,

quant'io l'abborro? I miei nemici adunque

suoi nemici non sono?

Eleonora

Ogni uom non conti

fra' tuoi sudditi qui? Se questo, o quello,

spegner ti piace, or nol fai tu? Delitto

lieve è d'un figlio, il supplicare il padre

d'esser men crudo. È ver, Diego, né Piero,

te sconsigliar non ardirian dal sangue:

Garzìa l'osò: ch'altro vuol dir, fuor ch'egli

benigno è più, né l'altrui sangue anela?

Cosimo

Troppo più che non lice, omai ti acceca

questo soverchio, e mal locato, affetto.

Idol Garzìa ti festi; e, oltr'esso, nulla

tu non ami, né vedi. In lui virtude

osi nomar, ciò che delitto io nomo?

Lite questa non è fra noi novella:

ma ogni dì più mi spiace. A me non poco

opra grata farai, se in cor ben dentro

sì parziale ingiusto amor rinserri.

Eleonora

Ingiusto amore? ah! se pur v'ha chi tale

provar mel possa, io cangerommi. All'opre

finor mi attenni, e non de' figli ai detti.

Cosimo

Tant'è; se il vuoi malgrado mio, te l'abbi

caro per te; pur ch'io più mai non l'oda

scusar da te. Prima virtude, e sola,

in mia reggia, è il piacermi: in lui non veggio

tal virtute finora: a te si aspetta

l'insegnargliela; a te;... se davver l'ami.

Eleonora

E a' cenni tuoi non inchinò pur sempre

Garzìa la fronte?

Cosimo

E l'obbedirmi è vanto?

E ciò, basta egli? e di nol far, chi ardito

sarebbe omai? — Parlar, com'io favello,

non pur si de'; ma, com'io penso, dessi

pensar: chi a me natura non ha pari,

la dee cangiar; non simular, cangiarla.

Son di mia stirpe, e di mio impero, io 'l capo;

io l'alma son, donde s'informi ogni altra

viva persona qui. — Né al reo Garzìa

un cenno pur, pria di punirlo, io dava,

s'ei figlio a me non era. In lui più grave,

certo, è l'error; ma voglio, anzi al gastigo,

sola una volta ancor fargli udir voce,

che da tristo sentiero indietro il tragga.

SCENA II

COSIMO, ELEONORA, PIERO

Piero

Padre, altissimo affare a te mi mena:

teco esser deggio a lungo.

Cosimo

Oh! qual ti leggo

sul volto afflitto strano turbamento?

Parla; che avvenne? di'.

Piero

Narrar nol posso,

se non a te.

Eleonora

Qual sì novella cosa

narrar può un figlio al genitor, che udirla

una madre non possa?

Cosimo

È ver, son padre,

ma prence a un tempo: né il gravoso incarco

delle pubbliche cure assunto hai meco,

donna, finor; né il vuoi tu assumer, s'io

ben scerno...

Eleonora

Il ver tu scerni. Ebbi le rive

lasciate appena del natìo Sebèto,

ch'io, compagna a te fatta, ogni pensiero,

ogni mio amore, ogni mio fine acchiusi

fra queste regie mura. In me trovasti

sposa ed ancella, e nulla più. Ben vidi,

che il mio signor tutte credea raccolte

entro al cieco obbedir d'amor le prove:

quind'io sempre obbedia; tu il sai; più volte

men laudasti tu stesso in suon di gioia. —

Sol or vuoi rimaner? ti lascio: e induco

già da chi 'l narra, qual sia questo arcano:

e so perché nol debba udire io sola.

Ma udir non vo' di Pier la lingua, ognora

al nuocer presta: ah! degli estrani a danno

la usasse ei pur soltanto! almen tremarne

io non dovrei, come tuttor ne tremo.

Io mal gradito testimon, per certo,

son dell'arti sue note.

Piero

In un sol figlio

tutto hai riposto il tuo materno affetto:

colpa è degli altri; ed io ne soffro intanto

dura la pena; e in me pur solo cada!

Presta è mia lingua a nuocer sempre? il dica

quel tuo figlio diletto, a cui non porto

odio, ma invidia sì; dica, s'io mai

gli nocqui, o in detti, o in opre. — Orrida taccia

madre, or mi dai: pur mi dorria più forte,

s'altri, che madre, a me la desse; o s'altri,

che il mio padre e signor, darmela udisse.

Ma il mio dovere io so; soffrir, tacermi

deggio; e soffro, e mi taccio.

Cosimo

Or, vuoi tu, donna,

con questi modi in iscompiglio porre

la reggia nostra?

Eleonora

In iscompiglio porla,

deh, non voglia altri! abbominevol peste,

deh, già fra noi posto non abbia il seggio!

Il loco io cedo: di costui gli arcani

ch'io mai non sappia, e tu non mai li creda!

SCENA III

COSIMO, PIERO

Cosimo

Or parla, Piero.

Piero

I vaticini in parte

son della madre veri. Infra noi sorge

abbominevol peste.

Cosimo

Ov'io pur regno,

peste non v'ha, che allignar possa: svelta

fin da radice fia: parla.

Piero

Sta il tutto

in te, ben so: tu sanator sovrano

sei d'ogni piaga; indi rimedio pronto

cerco in te solo. — Or dianzi, ad aspri detti

venner Diego e il fratello: o l'ire loro

a gran pena quetai; ma non estinte

sono, al certo. Cruccioso, e torvo usciva

Garzìa: con preghi a violenza misti

Diego rattenni: ei l'aggressor non fia,

no, mai; ma, se uno sguardo, un motto, un cenno

esce dell'altro a provocarlo; oh cielo!

Tremo in pensar ciò che seguir ne puote.

Cosimo

Discordi sempre; io già 'l sapea: ma quale

nuova cagion tant'oltre ora gli spinse?

Piero

Qui ne lasciasti dianzi; e ancor s'andava

ragionando fra noi. Diego, a cui sempre,

come all'opre, al parlar virtude è scorta,

con quella propria sua nobil franchezza,

Garzìa biasmava apertamente (e parmi,

nol fesse a torto) dell'ardir solo egli

al tuo cospetto la colpevol causa

difender di Salviati. Entro il più vivo

del cor Garzìa trafitto, (era pur troppo

la rampogna verace) ei trascorreva

contro il fratello ai vituperi: e Diego

solo avesse oltraggiato!... Ma, ridirti

ciò non degg'io, che a lui fervido d'ira

sfuggia dal petto: e nol pensava ei forse;

l'ira fa dir ciò che non è, talvolta.

E a me pur, mentr'io pace iva fra loro

ricomponendo, assai pungenti e duri

detti lanciò: ma, non rileva. — Or preme

che tuonar s'oda la paterna voce

sì, che più non trascorra oltre tal rissa.

Cosimo

Dubbio non v'ha; tutto mel dice omai:

Garzìa, quell'empio, il suo signore, il padre,

e se stesso, e il suo onor, tradisce a un tempo.

Obliquamente ei nell'offender Diego

punger vuol me: cieca fidanza ei prende

nel cieco amor materno; e al colmo in lui

l'audacia è giunta. Or dianzi, udir voll'io,

s'egli ardirebbe appalesar securo

al mio cospetto i vili affetti iniqui,

ch'ei nutre in cor già da gran tempo: e ascosi

non mi son, no, quant'ei, stolto, sel crede.

Piero

Tu dunque pure il sai, ch'ei di Salviati

celatamente?...

Cosimo

Il so; convinto appieno...

Piero

S'è, mal suo grado, ei stesso...

Cosimo

E voi finora

perché il taceste?

Piero

Ei c'è fratello...

Cosimo

E il padre

non son io di voi tutti?

Piero

Io pur sperava,

che al sentier dritto ei tornerebbe; ed oso

sperarlo ancora. In quella età primiera

noi siam, ben vedi, in cui più l'uom vaneggia.

Ciascun di noi potria, colto a tai lacci,

reo divenir di un simil fallo.

Cosimo

Ah! farvi

nulla potrebbe traditori mai:

che Diego, e tu...

Piero

Certo ne son, di Diego;

di me, lo spero; e ogni uom di sé lo accerta,

finch'ei rimane in sé. Ma poi, che fia,

se di ragion nemico amor lo sforza?

Cosimo

Amor! Che parli?

Piero

Il suo fallir men grave,

se pensi a ciò, parratti.

Cosimo

Amor, dicesti?

Amor di chi?

Piero

Padre, tu il sai.

Cosimo

So, ch'egli

è un traditor; ch'ei con Salviati spesso,

qui nella reggia mia, di notte, ascoso,

osa abboccarsi: ma, che amor l'induca,

nol seppi io mai. Qual fia l'amor? favella.

Piero

Ahi lasso me!... Scusare il volli; ed io,

io l'accusai.

Cosimo

Parla: l'impongo; e nulla

mi taci, o ch'io...

Piero

Deh! padre, or gli perdona

il giovenil trascorso, e nulla in lui

a mal talento ascrivi. Amor soltanto

il fa parere un traditore. Egli ama

del reo Salviati la innocente figlia:

Giulia gentil, che tu, in ostaggio forse

della paterna fede, infra le illustri

donzelle in corte collocasti, e serbi;

Giulia è il suo amor: videla appena, e n'arse.

Celato l'ama, e riamato ei vive

in dolce e vana speme. Or, qual ti prende

poi maraviglia, che d'amata donna

il genitor, non reo paia all'amante?

Cosimo

Ogni uom gli errori de' miei figli or dunque

sa più di me? gli scusa ogni uom? li cela?

A parte anch'essa la pietosa madre

certo sarà di un tale iniquo arcano;

e lo seconda forse...

Piero

In ver, nol credo...

ma pur, nol so.

Cosimo

Ch'altro esser può codesto

mentito amor, che a tradimento nuovo

un velo infame? A Giulia esser può caro

Garzìa per sé? figlia non è fors'ella

del mio nemico? e non succhiò col latte

l'odio di me, del sangue mio? Si asconde

gran tradimento in questo amor: la figlia

fatta è stromento dall'accorto padre

di sue vendette; io non m'inganno. E il mio

proprio figlio?...

Piero

Tu forse entro lor alme

ben leggi; ma, nol creder di Garzìa:

fervido amor davver lo sprona; e sempre

il cieco duce a buon sentier non tragge:

quindi ei fors'erra. Or che a te piano è il tutto,

deh! tu il rattempra, ma con dolce freno:

deh! non far no, ch'oggi ad increscer m'abbia

d'aver tradito, ancor che a caso io 'l fessi,

quell'amoroso suo fido segreto.

Vero è, ch'a me non lo diss'egli; in corte

a tutti ei chiuso, e più a' fratelli suoi:

ma pure, io 'l seppi. — Or, poiché il dissi, fanne

almen suo pro. Dal vergognoso affetto,

padre, lo svolgi; e la sua rabbia ingiusta

contro i propri fratelli a un tempo acqueta.

Cosimo

Ben festi di parlar: suddito figlio,

dover ciò t'era; a me il di più si aspetta.

Ma, Diego viene.

SCENA IV

DIEGO, COSIMO, PIERO

Cosimo

O figlio mio, che brami?

Ragion? l'avrai.

Diego

Padre, che fia? ti scorgo

forte accigliato. A te disturbo arreca

forse il contender nostro? Era pur meglio

il tacerglielo, o Piero: e che? temesti,

che l'ira in me per un fraterno oltraggio

oltre il dover durasse? Ah! non ne prenda

pensiero omai, né se ne sdegni il padre.

Me non reputo offeso; io sol compiango

l'offenditor: la mia vendetta è questa.

Cosimo

Oh degno in vero di un miglior fratello,

che quel Garzìa non è! Tu le fraterne

ingiurie soffri; e ben ti sta: ma, prima,

sola cagion dell'ira mia profonda

non è, l'aver egli mie leggi infrante,

non, l'aver teco ei contrastato or dianzi.

L'impeto in lui, pur troppo, esser non veggio

di giovinezza figlio; è di mal seme

frutto peggior: andar mi è forza al fonte

del mortifero tosco; udire io tutto,

tutto indagare io deggio. In regal figlio,

che può nuocer più ch'altri, e temer meno,

l'opre, gli affetti, le parole, i passi,

anco i pensier, tutto il saperne importa.

Diego

Pure, a delitto or non gli appor, ten prego,

ciò ch'egli or dianzi irato a me dicea.

Piero

Ben vedi, o padre, che se pari avesse

l'alma Garzìa, tra lor ferma la pace

già fora; e Diego non s'infinge...

Diego

E finto

neppur finor credo Garzìa, né iniquo.

No, padre; in lui, benché da me diverso

semi pur veggo io di virtù; dal dritto

sentier sol parmi traviato: ei nutre

privati affetti in principesche spoglie;

quindi è il suo dir, che a noi sì strano appare;

i disparer quindi fra noi sì spessi;

e l'alta pompa ingiuriosa, ond'egli

spiega fra noi le sue virtù romite.

Caldo di sdegno io primo, al tuo cospetto,

pungerlo osai, chiamandolo mendace,

e simulato: a un alto cor l'oltraggio

insopportabil era; e queta appena

fu l'ira in me, che assai men dolse. Io vengo

primo a disdirmi espressamente; e, ov'abbia

te indisposto contr'esso il parlar mio,

a tor tal falsa impression sinistra.

Cosimo

Certo, assai meno è traditor Garzìa,

di quel che tu sii grande.

Diego

A te siam figli...

Cosimo

Tu il sei davver: Piero, e tu pure il sei.

Piero

Men pregio, almeno.

Diego

Ah! non perduto ancora

stima l'altro tuo figlio: a te il racquista,

e a noi, ten prego; ma con dolci modi.

Al tenace suo cor, più che d'impero

forza si faccia or di consiglio; e mai

non gli mostrar, che tu di noi men l'ami.

Cosimo

Basta or, miei figli, basta. Itene: a voi

compiacer vo'. Tu, Piero, a me tra breve

Garzìa qui manda: io parlerogli. — Laudo

la sollecita cura in te non meno,

che in Diego il cor magnanimo sublime.

SCENA V

COSIMO

Cosimo

Degna coppia di figli! — Or, qual mia stella

terzo simìl vi aggiunge? Io non credea,

benché fellon Garzìa, fellon mai tanto. —

Ma, di qual occhio rimirar degg'io

Diego, che nato ad imperar, sol parla

di perdonare i ricevuti oltraggi?...

Doleami forte di dover con lingua

laudare in lui, ciò che in mio core io biasmo...

Ma ben esperto ei non è ancor di regno;

apprenderà: tutti di prence io veggo

entro il suo petto i semi. Io coll'esemplo

gl'insegnerò, che a ben regnar, men vuolsi,

men perdonar, quanto è più stretto il sangue;

quanto all'offeso è l'offensor più presso.

ATTO III

SCENA I

COSIMO, GARZIA

Garzia

Eccomi, o padre, a' cenni tuoi. — Se lice,

con pronta umìle filial risposta,

prevenire i tuoi detti, or posso, io primo

il mio fallo accusando, in te far scema

l'ira tua giusta, e l'onta in me. Potessi

men di perdono indegno agli occhi tuoi

così pur farmi! altro non bramo al mondo

Provocato da Diego, io l'oltraggiava;

troppo men duol; né darmen puoi gastigo,

che il mio pentir pareggi. A te più caro,

di me maggiore, e già, per lunga usanza,

Diego censor d'ogni opra mia, null'altro

dovea trovare in me, che ossequioso

silenzio pieno, e pazienza, e pace.

Cosimo

Quant'io vo' dirti antivedesti in parte;

ma il tutto, no. L'udir da te mi giova,

che dal tuo petto ogni rancor sia lunge;

qual ch'ella fosse, ira non v'ha di un padre,

che al tuo parlar non caggia. Io mai non ebbi

dubbio neppur, che intiepidito appena

quel calor primo, che ai pungenti motti

vi spinse, ambo a mercede ripentiti

non ne veniste a me. Nobil fra voi

contesa or sorge a cancellar la prima,

nell'accusar ciascun se stesso; ond'io

vi assolvo entrambi, e nullo reo ne tengo. —

Altro or dirotti. — Entro al pensier tornommi

quel tuo consiglio, ch'io biasmai stamane,

come non dritto e inopportuno. Or vedi,

sempre il miglior non è il parer primiero:

quanto più in mente or rivolgendo io vado,

fra gli altri avvisi, il tuo, meno a me spiace.

Non già ch'io creda, che affidar mi debba

ciecamente in Salviati; ei m'odia troppo:

ma teme anch'egli, e teme assai. Se dunque

all'odio alterno un tale ostacol pure

frappor potessi; o tale ordire un nodo,

che a reciproca fede ci astringesse;

un mezzo in somma, onde securi entrambi

vivessimo; ritrar dal sangue il core

non niegherei fors'io: forse anco aprirlo

alla pietà potrei...

Garzia

Padre, e fia vero?

Oh qual m'inonda alta letizia il petto!

Non, ch'io superbia dal parer mio tragga,

che nulla insegno al mio signor; ma gioia

verace sento, in rimirar che il padre

ad ottener l'intento suo pur sceglie

dolcezza usar, pria che minacce e sangue.

In chi regna sta il tutto; egli a sua posta

l'odio e il timor scemare o accrescer puote

in chi obbedisce. Ah! potess'egli entrambi

svellergli appien dall'altrui core, e a un tempo

dal suo! ma, il niega ai regnatori il fato.

Cosimo

Ma, che fora, se un dì dolcezza troppa

ad increscer mi avesse?

Garzia

A cor gentile

increbbe mai? Né temer dei, che danno

or ten possa tornare. In sé non chiude

Salviati l'odio, che racchiuder suole

uom cui sdegno di re persegua e prema.

Ei ben lo sa, che la tua grazia tolta

per sempre gli è: né fia che a freno il tenga

speme omai, né timor: per sé non teme;

tutto perdé nel dispiacerti. Eppure,

d'ogni suo oprar perpetua norma ei fassi

sol di quanto a te piace: e tu, se ingiuste

vie per servire al tuo rancor non tieni,

perder nol puoi mai per diritta via.

Cosimo

V'ha chi m'inganna dunque?... Oh trista sorte

di chi più puote! Or, quanto a me feroce

altri nol pinse? Ognun qui mente a prova;

e si fa ognun di mia possanza velo

a sue private mire...

Garzia

A tutti è noto,

che in odio t'era di Salviati il padre;

quindi a gara ciascun ten pinge il figlio,

rubello, infame, scellerato.

Cosimo

Ah! vero

parli, pur troppo! Un prence, il cor d'altrui

mal può saper, s'altri penètra il suo. —

Ma dimmi pure: or donde sai sì espresso

qual sia l'animo in lui? Bench'ei seguìto

m'abbia in Pisa, nol vedi in corte mai:

che dico, in corte? ogni consorzio umano

ei fugge, e mena sì selvaggia vita,

che diresti che in petto alti ei rinserra

gravi pensieri; e ch'ei d'ogni uom diffida.

Garzia

Direi, se il dir lecito fosse...

Cosimo

Or, parla:

mi piace il ver; godo in udirti.

Garzia

Ei venne

su l'orme tue, ma sol per torti ei venne

ogni sospetto di sua fé; che in mezzo

ai torbi spirti onde Fiorenza è piena,

dubbia avuta l'avresti in lui pur sempre.

Seco talvolta io m'abboccai, né il niego:

deh, tu lo udissi! il cor d'angoscia pieno

e d'amarezza, e con temenza, ahi quanta!

e con rispetto, moderatamente

del tuo errore si duole; e, te non mai,

soli ne incolpa i tuoi fallaci amici,

veri a virtù nemici; e in te i sospetti

non crede tuoi...

Cosimo

Ma pure, ei sa, che figlio

a me tu sei; come narrarti?...

Garzia

Ei forse

me di pietà crede capace...

Cosimo

Intendo:

in suo favor, tu presso me...

Garzia

I miei detti

appo te vani ei troppo sa...

Cosimo

Gli avrai

forse tu pur gli arcani tuoi dischiuso: —

tu, mesto sempre, e al par di lui, solingo: —

stringeavi forse parità di affetti.

Quanto a' suoi mali tu, pietoso ei dunque

a' tuoi, non odia il sangue mio del tutto?

Egli ti ascolta, e parla? assai diverso...

Garzia

Diverso, ah! sì, da quel che fama il suona.

Mi porgi ardir, ch'io non m'avria mai tolto.

Sappi, che il tuo più caro (e qual vuoi scegli,

tra quanti hai carchi, io non dirò satolli,

d'onori, e d'oro) ei t'è men fido, il giuro;

e t'ama meno; e men per te darebbe,

di quel Salviati vilipeso, oscuro,

e certo in cor della innocenza sua,

cui provar, per più pena, non gli è dato.

S'ei tal pur è nel suo squallore, or pensa

qual ei fora, se in pregio.

Cosimo

... In cor ben dentro

ti sta costui: forte è il tuo dir, né il biasmo.

Poiché tu 'l di', virtude alcuna in esso

aver pur dee: ma, parla; e il ver mi narra;

già tu mentir non sai: t'incende or sola

sua virtude a laudarlo?

Garzia

Ah! poiché credi

ch'io non sappia mentir, neppur tacerti

in parte alcuna il ver vogl'io. Mi punge

anco l'amore: ardo per Giulia; e quindi

doppia ho pietà del genitore.

Cosimo

Ed egli

il sa?

Garzia

Gliel dissi.

Cosimo

E, ti seconda?

Garzia

E il danna;

e il danno io pur. Deh! qual mi credi?

Cosimo

Accorto;

ma, non a tempo.

Garzia

Amor, no, non m'accieca,

né onor mi spoglia. A te Salviati io laudo,

perch'egli tutto a sua virtù pospone:

altro il direi, s'altro il sapessi; e fosse,

com'egli è avverso, anco al mio amor secondo.

Tradire il ver non so: d'alcuna speme

non pasco io, no, quel fuoco che mi strugge;

cui né nudrire in cor vorrei, né posso

spegnerlo pure. Il non cangiabil mai

severo tuo voler, so che per sempre

me da Giulia disgiunge. A te non chieggio

pietà: pur troppo, alla insanabil piaga

so che non ho rimedio, altro che morte!

Te supplicai pel suo innocente padre,

che tale il so; ma, s'ei nol fosse, amore

mai traditor non mi faria del mio.

Cosimo

Perfido, udir dalla tua propria bocca

tutto volli: — ma, il tutto a me non narri.

Giulia è il minor de' tradimenti tuoi.

Garzia

Che ascolto? Oh ciel! creder dovea verace

mai la bontade in te?

Cosimo

Mai nol dovevi,

di te pensando; mai. L'animo tuo

ben sai tu appien; tu, traditore. — Io 'l modo

dianzi cercava, onde quell'empio torre

dagli occhi miei: fortuna, ecco, mel reca;

e il feritor mi accenna. A me scolparti

di fellonia vuoi tu? vuoi tu, ch'io creda

tuo sol delitto amor? poco ne avanza

di questo dì cadente: al sorger primo

dell'ombre amiche, entro mia reggia venga,

qual già più volte ei venne, il rio Salviati,

sconosciuto, di furto; e tu lo invita;

e tu lo scorgi entro all'usata grotta,

in cui sì spesso ei si abboccò già teco:

e tu, (guai se a me 'l nieghi) entro il suo petto,

là, questo ferro immergi.

Garzia

Oh cielo!...

Cosimo

Taci.

Tradisti il padre, il tuo signor, te stesso:

l'ammenda è questa. E che? quand'io comando,

resister osi?

Garzia

Ed altra man più infame

ti manca a ciò?

Cosimo

Scelta ho la tua: ciò basta.

Garzia

Perir vo' pria.

Cosimo

Nol dire: il certo pegno

io tengo in man dell'obbedir tuo pronto. —

SCENA II

GARZIA

Garzia

Che sguardi!... oimè!... Padre, deh! m'odi... Oh detti!...

Ma, di qual pegno parla? entro ogni vena

scorrer mi sento inusitato un gelo:

di Giulia intende ei forse? Ah! sì: qual pegno

a lei si agguaglia? Oh ciel!... Che fo?... Si corra...

SCENA III

ELEONORA, GARZIA

Eleonora

Figlio; ove vai? t'arresta; i detti oscuri,

deh! mi spiega di Cosmo. Ei mi t'invia,

in soccorso; perché qual caso?...

Garzia

Oh madre!...

che ti diss'egli?

Eleonora

«Va'; reca consigli

al tuo Garzìa; sovvienlo; or gli fai d'uopo».

Né più vi aggiunse; e passava oltre, in volto

turbato, qual mai non lo vidi. Or parla;

non m'indugiar; che fu?

Garzia

Madre, conosci

tu questo ferro?

Eleonora

Del tuo padre al fianco

io sempre il veggo: e che per ciò?...

Garzia

Stromento

di regno è questo: e al solo Cosmo il fosse!

Contaminar la mia innocente destra

non ne dovessi io mai! ma il crudo padre

in man mel reca ei stesso; e vuol che in petto

io di Salviati a tradimento il vibri.

Eleonora

Che ascolto? Oh ciel!... Ma, perché a te commessa

vien sì atroce vendetta?

Garzia

Egli me sceglie,

sol perché di Salviati pietà sento;

perch'io lordo non son di sangue ancora;

perch'io la figlia, la infelice figlia

di quel padre infelice, amo...

Eleonora

Che ascolto?

Giulia!

Garzia

Sì, l'amo; e malaccorto il dissi

a Cosmo io stesso: e in lui si accese quindi

snaturata, e di lui sol degna voglia,

di fare il padre dell'amata donna

dall'amante svenare. Or non è il tempo

di narrarti com'io fui preso ai lacci

di virtù tanta a tal beltade aggiunta;

né, s'io 'l narrassi, il biasmeresti, o madre:

sol ti dico, ch'io n'ardo, e che me stesso,

pria che il suo padre, io svenerò.

Eleonora

Deh... figlio!...

Oimè!... Che dici?... E che farò?... Funesto

amor!... Per quanto oltre ogni cosa io t'ami,

lodar nol posso.

Garzia

O madre, al fianco tuo

Giulia tuttor si sta: sue rare doti

tu ben conosci e apprezzi; e tu l'hai cara

sovra ogni altra donzella: indi ben sai,

che scusa almen, se pur non lode, io merto.

Ma, se il vuoi pur, mi biasma: a te non spiacqui,

madre, giammai: m'è legge ogni tuo cenno.

Amor, se trarmel non poss'io dal core,

tenerlo a fren poss'io. Sol che di Cosmo

nei feri artigli tu cader non lasci

quell'innocente angelico costume.

Salvarla vo', non farla mia. Feroce

Cosmo uscia minacciandomi: un delitto

solo, al crudo suo cor forse or non basta;

Giulia fors'anco... Oh ciel!... Deh, madre, accorri;

deh! s'io mai ti fui caro, or vanne, veglia

su l'amor mio. Chi sa?...

Eleonora

Temer soverchio

l'amor ti fa.

Garzia

Tutto temer dall'atra

ira di Cosmo vuolsi: ancor n'hai tempo;

sta in te il rimedio; il suo furor t'è forza

deluder; vano il raddolcirlo fora.

Come or più vuoi, Giulia si scampi; e intanto

fingi me quasi ad obbedir già pronto:

tempo, non altro, io chieggio. Al fin, sei madre;

amor di madre inspireratti. A un figlio

dei risparmiare un delitto sì orrendo;

e innocente donzella dei sottrarre

da ingiusta forza. Or, tu mi vedi umìle

pianger, pregar, finché riman pur speme:

guai, se a vendetta il genitor mi spinge;

guai, se sua rabbia in quella, in cui sol vivo,

rivolger osa. Ad inondar la reggia

trascorreran rivi di sangue; e questo

mio braccio il verserà. Più non conosco

ragione allor; più non m'estimo io figlio...

Eleonora

Deh t'acqueta; che di'? Tropp'oltre vedi:

lunge da te di sì fatale eccesso

anco il pensier...

Garzia

Dunque previeni, o madre,

ciò che impedir poi non potresti. Al duro

passo, a cui tratto il padre m'ha, deh! cerca

scampo a me tal, ch'io traditor non sia.

Eleonora

Sì, figlio, sì; ma i tuoi bollenti spirti

rattempra: io volo a lui. Cangiar potessi

il suo fiero comando! In salvo almeno

Giulia porrò, per darti pace. Intanto

nulla imprender, tel vieto, anzi ch'io rieda.

SCENA IV

GARZIA

Garzia

Nulla farò, se non è Giulia in salvo. —

Ma oimè! che spero? che a deluder Cosmo

vaglia or la madre, che scolpito in volto

porta il terrore?... Oh! di qual padre io nasco!

Sagace al par che crudo, ingannar puossi,

come a pietà piegarlo... Eppur, sua rabbia

non avrà nella timida donzella

rivolta ei, no, pria di saper s'io niego

vibrar l'atroce colpo... Ed io, il consento?...

SCENA V

PIERO, GARZIA

Piero

Fratel, che festi? Oimè!...

Garzia

Che fu?

Piero

Ben ora

ti compiango davvero.

Garzia

Ora!... Che avvenne?

Piero

Misero te! Minaccia Cosmo, e freme,

e traditor ti appella.

Garzia

Io tal non sono.

Piero

Ma pure, il padre è fuor di sé. D'infami

aspre catene carca innanzi trarre

si fea la figlia di Salviati...

Garzia

Oh cielo!

Tiranno vile... Io corro.

Piero

Ahi!... dove?

Garzia

A trarla

d'indegni ceppi.

Piero

A orribil morte trarla

tu puoi, col tuo furore. A guardia ei diella,

sotto pena del core, al crudel Geri.

Se in suo favore un menom'atto ei vede

da chi che sia tentar, di propria mano

Geri tosto svenarla...

Garzia

Or or vedrassi...

Piero

Deh! t'arresta; che fai?

Garzia

... Svenarla? Oh rabbia!...

Ma, non giungea la madre a lui?...

Piero

Pur dianzi

venne; ma corso era già l'ordin fero.

Parlar volea; ma dir non la lasciava

l'irato sire: ella piangea; ma il pianto

non bisognare, ei le diceva: «Il mezzo

di scolparsi del tutto, io stesso il diedi

al tuo Garzìa».

Garzia

Di che, di che scolparmi?

D'esserti figlio? è incancellabil macchia. —

Mezzo ei mi diè? vedi qual mezzo: il ferro,

ch'io immerger debbo a tradimento in petto

del misero Salviati. — Ah! perché figlio,

Cosmo, a te sono? ah, nol foss'io! ben fora

mezzo, e il migliore a discolparmi, il ferro.

Ma in te nol posso; oh rabbia!... In me...

Piero

Che fai?

Che tenti? Ah! cessa...

Garzia

Anzi che a morte io veggia

trar l'amata donzella; anzi che lordo

farmi del sangue del suo padre, io voglio

svenarmi, io qui.

Piero

Deh! ferma;... odimi;... pensa,

ch'è immutabile Cosmo. Ei vuol Salviati

morto, a ogni costo: e se da te lo vuole,

col tuo morir nol salvi; anzi a più duri

strazi il riserbi: ah! ben sai tu, se l'ira

delusa in Cosmo scemi. E l'innocente

sua figlia, anch'essa forse...

Garzia

Oh ciel!...

Piero

Che forse?

Certo è, pur troppo! Ove obbedir tu nieghi,

e padre e figlia ei svenerà.

Garzia

D'orrore

gelar mi fai. Ma come uccider io,

e a tradimento, un innocente, un giusto?

L'amico, il padre dell'amata donna

trar qui, di notte, e sotto infame velo

d'amistà finta?...

Piero

Ah! non s'udia più atroce

caso giammai; né mente havvi sì salda,

che non vaneggi a tanto. — Eppur, che vuoi?

ch'altro puoi far? tutto fia peggio. Un solo

pera; fia 'l meglio...

Garzia

Ed io vivrommi?...

Piero

Ah!... m'odi.

Chi te costringe a tal delitto è il reo,

non tu. — Ma, in parte anco l'orror scemarti

del tradimento io posso, ove in tuo nome

da me inviar lasci a Salviati il messo. —

Risolvi; omai risolvi: ah! pensa in quanta

mortale angoscia or la tua Giulia vive...

Garzia

Giulia!... E svenarti il padre?... Ah no, nol posso...

Eppur, te sveno, se lui non uccido...

Ch'io, né morir, né vendicarti, e appena

salvarti io possa? — Ma, la madre io deggio

udire ancor, pria di risolver: forse

il duol, la rabbia, il disperato amore,

altra via m'apriranno.

Piero

Ah! no...

Garzia

Ma pure,

s'egli è destin, ch'io l'orrido delitto... —

Odi: se a te fra un'ora io qui non riedo,

pur troppo è ver, che sceglier mi fu forza

di trucidar di Giulia il padre. — Allora

lascio a te, poiché il vuoi, l'orrido incarco

di spedir l'empio messagger di morte.

ATTO IV

SCENA I

PIERO, DIEGO

Diego

Dimmi; che volge in suo pensier Garzìa,

che andar, correr, tornar, com'uomo che l'orme

perduto ha di ragion, poc'anzi io 'l vidi?

Piero

Oh! non sai ch'egli...?

Diego

E che di lui saprei?

Stanco, tu il vedi, ed anelante io torno

dalle usate mie selve. Io so, che ricca

preda porto; altro non so. Ma biechi

accesi sguardi in me volgea Garzìa,

oltrepassando tacito, e veloce

come saetta. Or di', qual nuova rabbia

il cor gl'invade?

Piero

Ah! non è nuova: ei sempre

te biasma, invidia, sfugge, anco schernisce,

quand'egli il può. Forse il vederti or ora,

così qual sei, d'ogni regale insegna

spogliato; e inerme della spada il fianco;

e, nell'aspetto, abitator di boschi

più che figlio di re; ciò forse il trasse

a sogguardarti con dileggio. Ei danna

tutto in altrui, ciò ch'ei non fa.

Diego

Pur, parmi

più regia opra stancar le belve in caccia,

che in ozio molle, entro a volumi immensi

imparare a temer. Pietà mi prende

del suo dileggio. — Ma, quel tanto a fretta

muoversi, or donde?...

Piero

Assai gran cose ei volge.

Or corre al padre, indi alla madre ei riede,

e in ciò si affretta, anzi che manchi il tempo

a' suoi raggiri. Assente Diego, escluso

io dall'udir; vedi, propizio è il punto,

per farsi innante. Altro non so: ma dianzi

tradimento nomar l'amistà rea

di Garzìa con Salviati udimmo; or lieve

imprudenza si noma: e quel sì spesso

teco garrir, che tracotanza ell'era,

con altra voce or giovenil bollore

si appella: e l'odio del poter d'un solo,

che apertamente egli professa, or l'odo

frivol pensier nomare. — In Cosmo l'ira

giusta rinascer ogni giorno io veggo:

ma in breve spegner suole arte donnesca

il senil fuoco. In fin, Garzìa stamane

chiamar s'udia fellone; oggi (ed appena

tramonta il dì) scolpar del tutto ei s'ode,

difendere, innalzare; e fia, fors'anco,

che premiato ei si veggia.

Diego

E che rileva

a noi pur ciò? duolmi che in grazia al padre

torni il fratello? A ravvedersi, forse

ciò sol può trarlo.

Piero

E più di te fors'io

invido son del ben altrui? ma, duolmi

l'inganno, e più l'alta feral rovina,

che a nostra stirpe, al padre, e a te sovrasta.

Diego

Al padre? a me? Che vuol Garzìa? che puote?

Piero

Regnar vuol egli; e il potrà pur, se taci.

Diego

Regnar?... Ma, un brando io non ho forse?

Piero

Altr'armi

ei tratta. Or dianzi, un passeggero sdegno

contro di lui ti accese; odiar non sai,

né rimembrar le ingiurie tu: ma, s'altri

giù nel profondo del cor le rinserra;

se fervid'atra ira nascosa bolle

sì, che a scoppiar lunge non sia...

Diego

Ma il padre

in alto oblio non ha l'empia contesa

sepolta?...

Piero

Il crede; ma Garzìa nol crede.

Diego

— Ma tu, mi par, che eccitator di risse

ne venghi a me. — Che mi può far costui?

Piero

— Sì, di discordia esca son io: securo

in tuo valor, senza alcun senno, statti;

s'io men t'amassi, anch'io 'l sarei. — Ben prenda

al tuo destin, che i suoi disegni in tempo

io penetrava. Or la salvezza tua

a svelarteli trammi, e in un la nostra:

che s'io volessi eccitar risse, al solo

padre ne andrei: ma ben v'andrò, se nieghi

di udirmi tu.

Diego

Che dunque fia? favella.

Piero

Già già la notte tacita s'inoltra,

e tenebrosa molto. Entro la grotta,

che del cupo viale in fondo giace

d'alti cipressi sepolta nell'ombre,

là Salviati, invitato a reo consiglio

da Garzìa, ne verrà; già vi s'asconde

ei forse, e l'altro ivi a momenti attende.

Là d'estrema vendetta i mezzi denno

fermar tra loro. Io tutto so dal messo

che l'invito recò. Preghi, minacce,

molt'arte, e doni, e vigil mente, or mi hanno

l'arcano orribil rivelato: in breve...

Ma, che vegg'io? stupor pure una volta

su l'intrepido tuo volto si pinge?...

Pur, ciò ch'io dico è poco: appien convinto

den farti i propri orecchi tuoi: vo' tutto

farti veder con gli occhi tuoi.

Diego

Ma quale,

qual empio è costui dunque? Il dì, che il padre

i passati delitti a lui perdona,

si accinge a nuovi? — A gran rovina ei corre.

Piero

Ma pria vi spinge noi. Salviati (il sai)

abborre te, non men che il padre. Appena

detto Garzìa gli avrà, che tu primiero

di trucidarlo a Cosmo consigliasti,

ch'ei.... Tremo in dirlo... Ardon di rabbia entrambi:

al mal voler l'arte si aggiunge; il tempo

fassi opportuno anco alle insidie:... e starti

vuoi negghitoso? E statti: al padre io volo;

segua che puote. — Ad ovviar più danno,

a procacciar scampo a noi tutti, io il mezzo

trovo; e tu il nieghi? a ciò proveggia il padre.

Ei testimon del tradimento infame

meco verranne.

Diego

Ah! no, nol far: deh! pensa,

ch'uom non può farsi accusator giammai,

s'ei pur del reo non tien peggior se stesso.

Qual fren vuoi tu, che al traditore io ponga?

Parla, il farò.

Piero

Tutto ascoltar dei pria:

sottrarsi poscia a note insidie, è lieve.

Senza frappor l'autorità del padre,

quando convinto abbi Garzìa, tenerlo

a fren tu sol, col tuo valore il puoi;

d'util timor tu riempirgli il core;

tu ricondurlo al buon sentier fors'anco. —

Deh! va; già l'ora è giunta: entro la cieca

grotta or t'ascondi; e inaspettate cose

ivi entro udrai.

Diego

Tu mi v'astringi: io cedo,

benché contro mia voglia, affin che tratto

là il genitor da te non sia: vendetta

troppa ei farebbe.

Piero

Ah! sì; ne tremo anch'io:

eppur, n'è forza antiveder gl'iniqui

disegni altrui... Ma, un romor... Parmi;... è desso:

vien lentamente;... egli è Garzìa. — Deh! vanne;

entra non visto; il passo affretta.

SCENA II

PIERO

Piero

Al fine

ei pur v'andò. — Celiamci; e udiam, se fermo

sta in suo pensier quest'altro. —

SCENA III

GARZIA

Garzia

Oimè? chi spinge

miei passi qui?... Dove son io?... Di morte

ben è la grotta quella. A nobil pugna

in ver, Garzìa, ti accingi. O ciel! che imprendo?...

Innocenza, che sola eri il mio vanto,

già non sei meco più: l'infame colpo

vibrar promisi... E il vibrerò?... Già tutto

qui intorno intorno morte mi risuona:

e a me solo dar morte or non poss'io?...

Oh destin fero!... Già già le negre ombre

tutto velano: è giunta, anco trascorsa,

l'ora fatal: certo, di morte il messo

Piero spedia; qual dubbio? indugia Piero

a far mai cosa, che altrui nuocer debba?

Volò l'avviso traditor, pur troppo!...

Misero amico! in securtà mi aspetti

nell'empia grotta, ch'esser ti de' tomba...

Tomba?... per me cadrai? No, mai non fia.

Che fai tu meco, iniquo acciar di Cosmo?

Lungi da me, stromento vile...

SCENA IV

ELEONORA, GARZIA

Eleonora

Oh figlio!...

Garzia

Madre, a che vieni? a mi sottrar tu forse

dall'imposto delitto!

Eleonora

Oh ciel! mi manda

il crudo padre a te.

Garzia

Che vuol?

Eleonora

Ch'io venga

ad accertarmi, oimè! cogli occhi miei,

se ti appresti a obbedirlo. A Pier spettava

tal cura iniqua; ei nol trovò; me quindi

sceglieva... ahi lassa! E fra momenti io deggio

tornarne a lui; che gli dirò?

Garzia

Che pura

mia mano è ancor: deh! così 'l fosse il labro! —

Ma, s'io il promisi, io d'obbedire or niego.

Va, digli...

Eleonora

Oh ciel! non sai?... Se osassi a lui

ciò riportarne, a orribile periglio

io t'esporrei. Cieco è di rabbia...

Garzia

E il sia.

e mi uccida; io l'aspetto.

Eleonora

E Giulia?

Garzia

Oh nome!

Eleonora

Abbi di lei pietà; se averla nieghi

di tua misera madre, e di te stesso.

Garzia

— Va dunque, e digli,... che obbedisco: intanto,

Giulia in salvo a gran fretta...

Eleonora

In salvo? E crede

Cosmo ai semplici detti? Ei qui l'ucciso

veder vorrà, cogli occhi suoi. Deh! figlio,

duolmi a mal'opra spingerti;... eppur,... pensa...

Garzia

Dunque impossibil fia Giulia?...

Eleonora

Non oso

il tutto dirti;... eppur, s'io il taccio...

Garzia

Ah! parla:

misero me! tremar mi fai.

Eleonora

Mentr'io

te favello,... il genitor tuo stesso...

tiene in alto un pugnal sovra il tremante

seno di Giulia...

Garzia

Oh fera vista! Arresta,

deh! padre, il braccio; io svenerollo;... io tosto

riedo;... sospendi; or mi vedrai di sangue

bagnato tutto... Ov'è il mio ferro?... il ferro?...

Eccolo; io corro. Oh ciel!... deh! padre; io volo.

SCENA V

PIERO

Piero

O di virtù caldo amator, tu corri,

tu pur per l'empia via, che all'util tragge.

Se tu mentivi il sangue nostro, ell'era

gran maraviglia, al certo. — Or vanne; immergi,

tu pure il ferro a un innocente in petto. —

Che n'accadrà? Nol so: ma, sia qual vuolsi

l'esito, ognor l'inestricabil nodo,

cui caso ed arte han raggruppato, il solo

ferro può sciorlo. — Udiam... Ma che? già sento

Garzìa tornar? tosto ei ritorna: oh! fosse

pentito pria?... Non è, non è; ch'io il veggio

venir com'uom, cui suo misfatto incalza.

SCENA VI

GARZIA, PIERO

Garzia

Chi sei tu?... chi... mi s'appresenta innanzi...

su le soglie di morte?

Piero

Il fratel tuo,

Piero...

Garzia

Il figlio di Cosmo?

Piero

E tu, nol sei?

Garzia

Io 'l sono,... or sì;... che un traditor son io.

Piero

Ucciso l'hai?

Garzia

Nol vedi? agli atti,... ai passi,...

alla tremante voce,... al terror nuovo...

che il cor mi scuote?...

Piero

Io ti compiansi pria,

ed or vie più. — Ma, la tua Giulia hai salva.

Garzia

Oh ciel! chi sa, se il padre?...

Piero

A lui men volo.

Giulia in salvo fia tosto, ov'io gli arrechi

prova che cadde per tua man Salviati.

Garzia

Prova? ecco il ferro; ei gronda ancor di caldo

sangue. Va, il reca... Oimè!... se mai la figlia

il vede,... oh ciel!

Piero

Ma, certo sei, che il colpo?...

Cadde al primier? nulla parlò?...

Garzia

Ch'ei viva,

temi tu ancora? o udir da me ti giova,

a riempirti di malnata gioia,

tutto, quant'era, il tradimento atroce?

Far ti vo' pago: e il narrerai tu al padre. —

Entrato appena nella grotta, io sento,

e veder parmi brancolar Salviati,

che mi precede: io per ferirlo innalzo

tosto il braccio; ma il braccio mi ricade...

Già già ritorco il piè; ma un flebil grido

di Giulia, quasi ella fosse morente,

me mal mio grado innanzi ha risospinto.

Al calpestìo de' passi miei si volge

Salviati intanto; e verso me ritorna.

Ecco ch'io già l'infame acciar gli ho tutto

piantato in core... Un sol sospir di morte

cadendo ei manda... Ahi lasso me!... Di sangue

spruzzar mi sento: orrido un gel mi scorre

entro ogni vena;... Io... per poco... non cado

sul corpo suo... Me misero!... L'uscita

di quella tomba orribile... a gran pena

trovo, con man tentando... Udisti? — Or, godi.

Piero

Deh! perché tal mi credi? — Almen benigna

ti fu la sorte in ciò, ch'io sol ti vidi

uscir di là. — Ben saprà poscia il padre

a sua posta adombrar tal morte. Il tempo

tutto cancella: anco il dolor poi cessa.

Se il padre il volle, è suo il delitto: averne

tu dei mercé, non onta; oltre, ch'ei primo

vorrà celarlo sempre. — Or, deh! ti acqueta:

lieve è il delitto, che a null'uom fia conto.

Garzia

Mercede a me? morte a me sol si debbe.

Dove mi ascondo omai? Questo innocente

sangue, ond'io son contaminato e intriso,

chi 'l può lavar? non il mio inutil pianto,

non del mio sangue il può l'ultima stilla. —

Vanne tu al padre; il suo pugnal gli arreca;

abbine tu mercede. Il fero messo

tu di morte inviasti: in te godevi,

perfido tu, ch'io divenissi infame,

scellerato, qual sei. Tu ben di Cosmo

figlio sei vero. Va'; lasciami. — Oh cielo!

Dove fuggir?... Dove mi ascondo?... Ah! come

omai di Diego sosterrò gli sguardi,

or che a buon dritto ei traditor nomarmi

potrà? di Diego, che per sé non fora

traditor mai; benché a voi caro... Oh rabbia!...

Oh terribil vergogna!...

Piero

In te, per ora,

esser non puoi... Sfoga il dolor tuo giusto:

intanto al padre io ti precedo. Ignoto

a Diego sempre, ed a tutt'altri, io spero

sia per esser tuo fallo.

Garzia

E il sappian tutti:

io prescritta a me stesso ho già tal pena,

da far tacere ogni odio. Al venir mio,

fa ch'io sol trovi in libertà tornata

quell'infelice Giulia... In me sta poscia

il far del mio fallire ampia vendetta.

ATTO V

SCENA I

COSIMO, GARZIA

Cosimo

Inoltra, inoltra il piè. Ma che? tu tremi?

mercede merti, o pena? Or via, che festi?

narrami; parla.

Garzia

Oh! mi vedesti mai

tremar, pria d'oggi? A coscienza rea,

saper tu il dei, come il timor si accoppia. —

Miei brevi sensi ascolta, o Cosmo. A fine

ho tratto, il sai, la nobil tua vendetta

coll'infame mio braccio. In salvo io porre

Giulia dovei, col trucidarle il padre:

che, per aver d'un innocente il sangue,

tu, generoso, promettevi or dianzi

la libertà d'altro innocente. Ah! dimmi;

riposto hai Giulia in libertade or dunque?

Viva e secura rimarrassi almeno

quella infelice?...

Cosimo

Io vo', non sol disciorla,

ma teco unirla, se compiuta hai l'opra.

Garzia

Meco unirla? oh delitto! — E me tu credi,

me tuo figlio a tal segno? Il son ben io;

ma tanto, no. Se un tradimento io feci,

sa il ciel perché...

Cosimo

Tu meglio il sai. Ma donde

l'insano ardir, l'orgoglio, il parlar fero,

or si addoppiano in te?

Garzia

Donde? di sangue

io lordo tutto, esecutore io sono

de' tuoi comandi, e insuperbir non deggio?

Non son io de' tuoi figli a te il più caro,

da che il più reo mi sono?

Cosimo

Or or, fellone,

pur tremerai...

Garzia

Tremai, finché innocente

io m'era: or sto securo. A te sol chieggo,

che adempi la tua fé. Fermo, e per sempre,

ho il mio destino già.

Cosimo

Più fermo è forse

il voler mio. Colei non fia mai sciolta,

se non ti è sposa pria: fra eterni ceppi,

o tua. L'antico suo rancor, la nuova

brama che avrà di vendicare il padre,

ch'io recar lasci ad altro sposo in dote?

A lei tu solo...

Garzia

Ahi lasso me! che feci?...

Oh! qual sei tu?... No... mai...

Cosimo

Cessa; dolerti

ciò non ti dee per or: ti è d'uopo pria

ben accertarmi, che Salviati hai spento. —

Come il sai tu? quai me n'apporti prove?

Garzia

Quai prove? oh rio dolor! esser qui dunque

fellon, non basta? anco è mestier far pompa

delle commesse iniquità? Scolpito

mirami in volto il mio delitto, e godi.

L'oprar mio disperato, e gli occhi, e gli atti,

e morte, ch'ogni mia parola spira;

tutto or nol dice? e il sangue, ond'io macchiato

son dal capo alle piante, ancor vermiglio,

fumante ancora?...

Cosimo

Il veggio: ma, qual sia

questo sangue, nol so. Certezza intera

ho sol, ch'ei non è il sangue ch'io ti chiesi.

Garzia

Oh rabbia; e dubbio?... Or dunque vanne; i passi

porta tu stesso entro la orribil grotta;

là vedrai steso in un lago di sangue

quel misero. Va'; saziati del fero

spettacol; va': non che lo sguardo, appaga

ogni tuo senso: con la man ritenta

la piaga ampia di morte; il palpitante

suo cor ti pasci; il sangue a sorsi a sorsi

bevine, tigre; la regal tua rabbia

sfoga in quel petto esangue. Una, e due volte,

e quattro, e mille quel pugnal tuo immergi

in chi non può contender più: fa prova

del tuo valor colà, scettrato eroe;

già non ha loco altrove. — Oh nuova morte!

oh martìr nuovo! Un parricida io sono,

figlio di Cosmo io sono; ed innocente

me Cosmo vuole?

Cosimo

Che un fellon tu sei,

chi 'l niega? chi? Morte ad uom desti, il credo;

ma non quella, cui forza aspra de' tempi,

giusta del par che necessaria or fea.

Uccisor sei, ma non del mio nemico:

altro non so; ma saprò il tutto in breve;

or or vedrò, con gli occhi miei...

Garzia

Ma Piero

non venne a te? non ti diss'ei, ch'ivi entro

per opra sua già prima era Salviati?...

Cosimo

Piero, sì, venne; e a me narrò, che posto

qui non ha il piè Salviati in questa notte,

né col pensiero pure. Or io men vado

là, dove il suolo insanguinasti. Trema,

se non cadde egli. Il mio furor, che tutto

dovea piombar su l'accennata testa,

chi sa?... può forse,... oggi,... fra poco. — Trema.

SCENA II

GARZIA

Garzia

... Che ascolto? oh ciel! qui non portò suoi passi

Salviati? e Piero il dice? e a Cosmo il dice?...

Funesta ambage orribile! Qual dunque,

qual sangue è quello, ch'io versava? Oh, come

rabbrividir mi sento! Eppur, qual altra

uccision pari delitto or fora?

Deh! vero fosse, che tutt'altri ucciso

l'empia mia mano avesse!... E chi trafitto

hai dunque tu?... Ma, ben sovviemmi; appunto,

quand'io n'usciva ansante dalla grotta,

qui Piero a me si appresentava; e incerto

stavasi... E che mi disse?... Oh! ben rimembro:

turbato egli era, e brama assai mostrava

di udire il fatto: ei mi attendea: suoi detti

rotti eran, dubbi, timidi... Già dargli

angoscia tal, mai nol potea il periglio,

né di Salviati, né di me... Ch'ei stesso

ivi entro avesse aguato alcuno forse

teso in mio danno?... Eppur, pareami inerme

l'uom ch'io trafissi: ad assalirlo io primo

era; ei motto non fea... Che val? più oscuro,

più della eterna notte orrido arcano,

chi può spiegarti, altri che Cosmo, e Piero? —

Ma, d'insolito orror vie più mi sento

raccapricciare: entro il mio cor temenza

ignota sorge. — O dubbio, o tu, dei mali

primo, e il peggior, più non ti albergo omai

in me, non più. Si vada; io stesso, io voglio

veder qual morte...

SCENA III

ELEONORA, GARZIA

Eleonora

O Figlio, oh ciel! che festi?...

Oimè! fuggi...

Garzia

Fuggir? io? perché? dove?

Eleonora

Deh! fuggi, o figlio...

Garzia

Ah! no, non fuggo. Il padre,

spietato il padre a me ordinò il delitto;

non fuggo io, no.

Eleonora

Deh! se di te, di noi,

di me ti cal, ratto sottratti al fero

del paterno furore impeto primo.

Garzia

Furor? che feci? e qual furor si aggiunge

alla natìa sua rabbia?

Eleonora

Odi? — La reggia

tutta risuona d'alte grida intorno.

Deh! che mai festi? Entro alla grotta irato

Cosmo correva, il precedeano cento

fiaccole; in armi altri il seguiano: il nome

gridavan tutti di Garzìa. Che festi?

Ah! ben tu il sai; deh! fuggi. — Oh cielo! ei torna.

Oh qual fragore! Udisti! eccheggia un grido:

«Al tradimento, al traditore»... Oh figlio!...

Garzia

Egli è di Cosmo il tradimento; è Cosmo

il traditor: ma in me il punisca; io 'l merto.

Venga ei, non tremo.

Eleonora

Ahi lassa me! col brando

eccolo... Almen, tu fra mie braccia...

SCENA IV

ELEONORA, GARZIA, COSIMO con brando ignudo, guardie con fiaccole ed armi

Cosimo

Il passo

d'ogni intorno si serri. — Ov'è l'iniquo?

Fra le materne braccia? Invano...

Garzia

Io sciolto,

ecco, men son. Che vuoi da me? Che feci?

Eleonora

Pietà! sei padre...

Cosimo

Io l'era.

Eleonora

Oh ciel!...

Garzia

Che feci?

Cosimo

Diego uccidesti, e il chiedi?...

Eleonora

Il figlio?...

Garzia

Io?... Diego?

Cosimo

Togliti, donna...

Eleonora

Ei pur t'è figlio...

Garzia

Il petto

eccoti...

Eleonora

Ah! ferma...

Cosimo

Muori.

Eleonora

Il figlio?... Oh colpo...[1]

[1] Cade tramortita.

[Chiudi]

Cosimo

Empia, t'è figlio chi ti uccide un figlio?

Garzia

Empi... siam tutti... Il sol... più iniqua schiatta...

non rischiarò giammai. — Padre, se ucciso

Diego è da me,... ti giuro,... ch'io nol seppi.

Dell'esecrando error... Piero... è.... l'autore...

Padre... io... moro; e non... mento: il ciel ne attesto.

Cosimo

Diego amato, ti perdo!... Oh cielo! e il brando

tinto nel sangue ho di costui?... Sta presso

la consorte a morir: sospetti feri

cadon sul figlio che mi avanza... Oh stato!

A chi mi volgo?... Ahi lasso!... In chi mi affido?

FINE