Don Giovanni al rogo

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Alfredo Balducci

Alfredo Balducci

DON GIOVANNI AL ROGO

(due tempi)

(Premio Istituto del Dramma Italiano – 1967)

PERSONAGGI

IL RE ALFONSO XI DI CASTIGLIA (14 anni)

CONSALVO

PRIMO CONSIGLIERE – VECTOR

SECONDO CONSIGLIERE – GURGI

TERZO CONSIGLIERE – LADOG

DON GIOVANNI – MISTER JOHANN

CATALINON – LUCAS

DONNA ANNA – MADAME GORAK

nobili

servi

soldati

uomini d'affari

popolani

LA SCENA

L'azione si svolge nell'interno di una chiesa spagnola del XIV secolo e in ambienti diversi dei nostri giorni. Gli spostamenti da un luogo all'altro saranno separati da brevissimi intervalli di buio. Per comodità di esposizione, immaginiamo le strutture della navata della chiesa sul lato sinistro del palcoscenico. Tali strutture saranno visibili quando l'azione lo richiederà. Sul lato destro, invece, si svolgeranno le vicende relative ai nostri giorni. Qui appariranno, di volta in volta, alcuni mobili od oggetti essenziali per indicare l'ambiente nel quale accade l'azione.

PRIMO TEMPO

Interno della chiesa. Un gruppo di consiglieri del Re con indosso il saio. Entrano Consalvo e il Re. Anche Consalvo indossa il saio. I consiglieri si inchinano. Consalvo e il Re si appartano vicino al proscenio.

IL RE (supplicando) – Vi prego, Consalvo, vi prego!...

CONSALVO – Sono io che vi prego, Maestà, di assumere il contegno che vi conviene. (Indica il gruppo) Quelli sono i vostri consiglieri: non v'inganni quest'abito di penitenza che abbiamo indossato.

IL RE – Ascoltatemi, Consalvo, vi prego.

CONSALVO – Non così, Maestà: tutti gli occhi sono su di voi! Un sovrano non deve mai dar segni di debolezza.

IL RE – Rimandiamo questa riunione... almeno di un'ora. Un'ora sola mi basta.

CONSALVO – Si rimanda di gettar acqua sul fuoco quando scoppia un incendio?

IL RE – Volete spaventarmi: non c'è nessun fuoco.

CONSALVO – Divampa furioso, Maestà, in ogni angolo del Paese, e distrugge le radici del nostro vivere.

IL RE – Oh, Consalvo!... è arrivato ieri dal Portogallo il più bel cavallo che si sia mai visto in Castiglia, e non ho avuto neanche il tempo di fargli metter la sella!

CONSALVO – Ci sono altri cavalli che corrono sfrenati e calpestano con i loro zoccoli le nostre povere anime. Di quelli dobbiamo occuparci.

IL RE – Voi non vedete che sventure: uno squillo di tromba, è l'invasione dei Mori; un gruppo di popolani, è scoppiata la rivolta.

CONSALVO – Molte sono le insidie che si nascondono intorno al vostro trono.

IL RE – E' il più bel cavallo delle mie scuderie, e quasi non l'ho potuto vedere!

CONSALVO – Vi prego, Maestà, vi stanno osservando.

IL RE – Quando sarà il giorno che nessuno mi guarderà: né nobili, né istruttori militari, né pedagoghi, né arcivescovi, né ambasciatori... quando verrà quel giorno, Consalvo?

CONSALVO – Portamento regale, Maestà: busto eretto, occhio fisso in avanti... ecco, così... (si avvicinano al gruppo dei nobili che si inchinano di nuovo. Due servi portano una poltrona: il Re siede) Maestà... questi abiti di penitenza vi dicono il lutto del nostro animo per le sciagure che ci colpiscono. Maestà... in Castiglia sono nate capre con due teste e a Toledo la terra ha tremato durante la processione del Venerdì Santo... fosche nubi si addensano sul nostro Paese: il sole si leva da un orizzonte di pece e precipita sull'altro orizzonte ancora più buio. (Indica i consiglieri) Ognuno di noi può riferire su fatti di cui è stato direttamente o indirettamente testimone...

PRIMO CONSIGLIERE – La stregoneria, la negromanzia e altre attività diaboliche imperversano sulle nostre terre.

SECONDO CONSIGLIERE – Il reclutamento militare incontra gravi resistenze nelle città e nelle campagne.

TERZO CONSIGLIERE – In un villaggio sui monti di Segovia una torma di demoni ha suonato e danzato sulla piazza dal tramonto all'alba.

PRIMO CONSIGLIERE – Alcuni soldati della spedizione di Granata si sono dati disertori, eppure hanno trovato asilo nelle campagne, e nessuno li ha denunciati.

CONSALVO – Ecco, Maestà... una tragica corda intrecciata di corruzione e di empietà va stringendosi alla gola del nostro Paese. Ma noi conosciamo bene le cause di simili effetti: sono la sfrenata ricerca del piacere, l'ingordigia immonda, la disonorevole viltà. Non ci sarà bisogno di altri segni soprannaturali per indurci all'azione in difesa della virtù. Oggi, appunto, intendiamo dare al popolo un esempio fermo e giusto. Siamo qui oggi per celebrare e per punire: celebrare un eroe, punire un traditore. Compiacetevi, Maestà, di avvicinarvi da questa parte... (Il Re segue Consalvo a sinistra dove i riflettori rivelano la statua di un guerriero).

IL RE – Chi è raffigurato in questa statua?

CONSALVO – Non riconoscete Don Gonzalo De Ulloa, commendatore maggiore di Calatrava... una delle colonne più solide del vostro regno?!

IL RE – Don Gonzalo De Ulloa, morto di recente.

CONSALVO – ... assassinato di recente, Maestà. Noi vi chiediamo che il colpevole venga proclamato traditore e condannato a morte.

IL RE – Perché rivolgete a noi questa richiesta?

CONSALVO – Perché voi solo avete il potere di decidere: l'uccisore di Don Gonzalo è un nobile della vostra corte. Si tratta di Don Giovanni Tenorio.

IL RE – Ecco, ora ricordiamo perfettamente. Ma perché parlate di assassinio e di tradimento? Si è trattato di un duello.

CONSALVO – Un assassinio, Maestà, che ha privato il vostro trono di uno dei suoi migliori difensori.

PRIMO CONSIGLIERE – E' vero, Maestà!

SECONDO CONSIGLIERE – Così è stato!

IL RE (con un piccolo scatto) – Mi prendete per uno sciocco?! (Imbarazzo fra i presenti. Il Re torna a sedere).

CONSALVO – Maestà...

IL RE (riprendendosi) – Via, signori... ho detto... abbiamo detto di ricordare benissimo, anche perché Don Giovanni Tenorio godeva della nostra simpatia e del nostro affetto. Don Gonzalo è morto con la spada in pugno, colpito al petto in un regolare scontro. Don Gonzalo, poi, era un valoroso guerriero e il suo avversario non è stato davvero avvantaggiato nel battersi con lui.

CONSALVO – Il tradimento di Don Giovanni era stato consumato prima dello scontro, su Donna Anna, la figlia di Don Gonzalo.

IL RE – Spiegatevi meglio.

CONSALVO – Il commendatore De Ulloa s'è battuto per difendere l'onore di sua figlia che Don Giovanni aveva calpestato.

IL RE–E in che modo?

PRIMO CONSIGLIERE – Nel modo più spregevole che vostra Maestà può immaginare.

IL RE – Abbiamo detto "in che modo"?

PRIMO CONSIGLIERE – Dispensatemi, Maestà, dal riferire certi particolari.

IL RE (stizzito) – Insomma!

SECONDO CONSIGLIERE – Forse... Sua Maestà non sa ancora come si possa togliere l'onore a una fanciulla?!...

CONSALVO – Perché, dubitavate del contrario? Avete dimenticato l'età del nostro Sovrano?

SECONDO CONSIGLIERE – A quattordici anni... ormai, certe cose...

CONSALVO – E da chi, Sua Maestà, avrebbe dovuto impararle?

TERZO CONSIGLIERE – Il nostro Sovrano vive a corte, in uno splendido isolamento difeso dai suoi educatori.

SECONDO CONSIGLIERE – Però, io pensavo che...

CONSALVO – ... che dovremmo servirci di insegnanti specializzati in simili dissolutezze?

IL RE – Quali dissolutezze dovremmo conoscere?

CONSALVO – Quelle in cui eccellono gli scellerati di cui Don Giovanni Tenorio è il degno rappresentante.

IL RE – Ma, insomma, che cosa ha fatto Don Giovanni a Donna Anna?

CONSALVO (esitante) – ... l'ha... assalita... ha usato violenza contro di lei.

IL RE – Che cosa?!... Don Giovanni... un cavaliere forte e coraggioso che se la prende con una debole ragazza?! Non lo crederemmo nemmeno se lo vedessimo con i nostri occhi. Non è più tempo di favole, Consalvo!

CONSALVO – Eppure è accaduto, Maestà.

IL RE – E perché Don Giovanni avrebbe esercitato questa violenza?

CONSALVO – Per sfogare la sua lussuria.

IL RE – Lussuria?... spiegatevi meglio.

CONSALVO – Questa, almeno, Vostra Maestà dovrebbe conoscerla: è uno dei peccati capitali che l'insegnante di teologia avrebbe dovuto illustrare.

IL RE – E' un argomento che non ho mai approfondito, invece.

SECONDO CONSIGLIERE – Io credo si debba dissentire sul modo in cui viene educato Sua Maestà.

TERZO CONSIGLIERE – Siete turbato da... certe lacune nella sua istruzione?

SECONDO CONSIGLIERE – Io dico che il nostro Sovrano non regna su degli angeli, ma su degli uomini dei quali deve giudicare le colpe. Come si può condannare il male se non si conosce?

PRIMO CONSIGLIERE – Basta conoscere il bene e respingere tutto ciò che non assomiglia ad esso.

CONSALVO – Ecco, Maestà... non c’è nulla, nella vita di Don Giovanni Tenorio, che possa lontanamente assomigliare a un atto di bene.

IL RE – Parlatemi del male che ha commesso, non del bene che non ha fatto. Perché avrebbe usato violenza contro questa ragazza9

CONSALVO (imbarazzato) – ... per... per baciarla, Maestà.

IL RE–Tutto qui?

CONSALVO – Ah, ma Don Giovanni non è nuovo a queste imprese! Molte sono le donne che ha... baciato durante la sua esistenza dissoluta.

PRIMO CONSIGLIERE – E' vero. Tutti ricordiamo quello che è accaduto a Donna Isabella alla corte di Napoli...

SECONDO CONSIGLIERE – ... e alla pescatrice Tisbea, e alla contadina Aminta, e ad altre ancora di ogni età e condizione...

TERZO CONSIGLIERE – Non fa distinzioni di censo o di grado nel suo peccato.

CONSALVO – Fermate quest'empio, Maestà, con una condanna esemplare!

IL RE – E in Castiglia sono nate capre con due teste perché Don Giovanni ha baciato delle donne?! E volete che noi lo condanniamo a morte per questo?! E siete proprio voi, nostri consiglieri, uomini saggi e misurati, a proporcelo?!

PRIMO CONSIGLIERE – Ci sono altri motivi, Maestà.

IL RE – Avanti, parlate.

PRIMO CONSIGLIERE – C'è che...

CONSALVO (a bassa voce) – Misurate le parole.

PRIMO CONSIGLIERE – ... C'è che Don Giovanni ha commesso sacrilegio, promettendo a queste donne il santo matrimonio.

IL RE – Anche a Donna Anna è stata fatta questa promessa?

PRIMO CONSIGLIERE – Anche a lei, certo.

IL RE – Si costringa Don Giovanni alle nozze, allora. Pensiamo che questa sia la soluzione migliore.

CONSALVO – Prepariamoci alla festa, allora... a rallegrare lo sposalizio con suoni e con canti. Alziamo i calici all'infame seduttore che adesso è libero di compiere altre malefatte!

IL RE – Se Don Giovanni inganna le donne con la promessa di matrimonio, facendolo sposare non potrà più promettere niente e diverrà inoffensivo.

CONSALVO – E i suoi misfatti non devono, dunque, trovar punizione su questa terra?!... e poi, Donna Anna non accetterebbe mai di sposare l'uomo che le ha ucciso il padre.

IL RE – Non è Don Giovanni che rompe la sua promessa, allora. Ci sembra che, in questo caso, l'ingannatrice sia Donna Anna e Don Giovanni la vittima. (Consalvo fa un cenno agli altri di allontanarsi, quindi si avvicina al re).

CONSALVO (piano) – Maestà, desiderate ancora di andare a vedere il vostro nuovo cavallo?

IL RE (con entusiasmo) – Oh, sì, Consalvo... come lo vorrei!

CONSALVO – ... fargli mettere la sella, saltare in groppa e andarvene a spasso tutta la giornata?

IL RE – ... mi piacerebbe tanto!... oh, vi prego, Consalvo!

CONSALVO (srotolando una pergamena) – ... e allora, firmate la condanna a morte per Don Giovanni.

IL RE – Penna, presto! (Afferra la penna che gli vien porta e firma, quindi fa per alzarsi con foga giovanile).

CONSALVO – Non così, Maestà! ... la corte vi osserva... ecco, così va bene... sguardo fisso in avanti... e ora, lentamente, con passo regale, fino alla vostra carrozza... (Il re esce mentre tutti si inchinano. Consalvo mostra la pergamena). E' nelle nostre mani, il demonio! (Buio).

(Un riflettore illumina il busto di un vecchio: accanto al piedistallo c’è un mazzo di fiori circondato da un nastro. Subito dopo si scopre lentamente una lunga tavola, dietro la quale sono seduti i consiglieri del re che, abbandonato il saio, appaiono ora nella moderna veste di uomini di affari. Consalvo, in piedi a capo della tavola, sta pronunciando un discorso commemorativo).

CONSALVO – Non chiederò il solito minuto di raccoglimento: lo considero un atto formale, e superfluo, anche perché certamente ognuno di noi s'è già raccolto a lungo in meditazione dopo la scomparsa dell'amico, del fratello, del socio, del maestro, del Grande Kirby, come tutti lo chiamavano. Non risuona più la sua voce nelle riunioni economiche, nelle aule dei mercati finanziari, negli altoparlanti che gridano ordini alle maestranze in ascolto. Il Grande Kirby è scomparso in una giornata laboriosa piena di luci e di suoni, salutato dal fischio di mille sirene, dal rombo di mille motori, dal coro possente di voci e di macchine che saliva da ogni angolo del suo vasto impero. Io credo ci sia una misura precisa per valutare un uomo quando è scomparso: basta osservare il vuoto che è rimasto dopo di lui. Il suo è un vuoto pieno di sonorità, una pausa di infinite vibrazioni, un'ombra di sfolgorante chiarore: questo ha lasciato il Grande Kirby dietro di sé. (Siede. Dopo una breve pausa si alza Vector).

VECTOR – Certo, Consalvo, certo... hai tirato fuori delle belle frasi e non è facile parlare dopo di te. E' stata una grande perdita per tutti.. ancora non ci siamo ripresi, e chissà se, più avanti, riusciremo a riprenderci. E' finito l'impero del Grande Kirby... l'oceano Kirby, dicevamo per indicare la sua potenza. Ma era un oceano tranquillo... si poteva vivere sicuri sulle sue rive. Chi ha mai visto una tempesta?ora, invece, le acque si sono oscurate, qualche onda comincia a sollevarsi a cavallo di una corrente sconosciuta, e raffiche di vento si abbattono da un cielo notturno. Che cosa dobbiamo affrontare? Sarebbe bello saperlo... (Al suo vicino)...avanti, Gurgi, dì qualcosa anche tu. (Siede. Si alza Gurgi).

GURGI – Grande Kirby, la tua morte segna la fine di un'epoca di lealtà e di fiducia. Oggi, ognuno di noi vede balenare nell'ombra lame di pugnale, il tradimento si annida come lo scorpione sotto le pietre, anche le parole più innocue si vestono di oscuri significati...

LADOG (alzandosi) – Fuori il coraggio, allora! Impariamo, finalmente, a parlare chiaro! Com'è morto il Grande Kirby? Sappiamo che s'è ucciso, ma fingiamo di non conoscere chi gli ha messo quell'arma in mano. E' inutile prevedere sventure o parlare di tradimenti, se manca il coraggio di rivolgere domande precise a persone precise...

MISTER JOHANN (entrando) – Posso risponderti subito, Ladog, se è a me che ti rivolgi.

CONSALVO – Vorrei evitare che una commemorazione si trasformasse in una riunione di affari.

MISTER JOHANN – Sarebbe il modo migliore di ricordarlo, invece. Chi ha mai visto o pensato il Grande Kirby lontano dagli affari? Rassicurati, però: devo dire anch'io qualcosa in suo onore. (Si avvicina al busto) Una parte del tuo impero è passato nelle mie mani, Grande Kirby, e tu non hai saputo sopportarne la perdita: era la prima sconfitta della tua lunga vita. Bisogna perdere qualche volta: imparare a perdere. E' stato un duello leale il nostro: il tuo suicidio lo dice. Al tradimento avresti risposto con rabbia; alla forza che ti ha piegato, invece, non hai potuto far seguire che la disperazione di un gesto. L'ho capito, sai, quel colpo di pistola... proprio ieri, andando a visitare i cantieri che erano tutto il tuo orgoglio... eh, vecchio, avevi ragione! Come risplendono al sole le lamiere sugli scali! Tutta la baia era incendiata da quello scintillio... avevi ragione ad amarli tanto i tuoi cantieri, Grande Kirby... e l'hai pagato caro questo amore. M'è piaciuto battermi con te, vecchio, perché anche in questo avevi il senso della grandezza: la tua posta era alta, e me l'hai dimostrato. E' stato un duello leale il nostro: io ho guardato sempre la tua fronte, mentre altri, prima di me, avevano cercato il fianco o le spalle.

VECTOR – E' un'accusa precisa, Johann.

MISTER JOHANN – Appunto, Vector: hai cercato di spezzargli le mani quando stava per appoggiarle sull'acciaio.

VECTOR – Chi ti ha raccontato queste cose?

MISTER JOHANN – Li ho visti passare sotto i miei occhi come i fotogrammi di un film, questi momenti. C'era il tuo, Vector, e c'era anche il tuo, Gurgi, quando gli hai offerto il sostegno della tua banca, tirandoglielo via di sotto quando stava per appoggiarsi... a rischio di fargli rompere l'osso del collo, povero Kirby!

CONSALVO – Se la riunione prende questo tono, io non posso restare alla presidenza. (Lascia il suo posto a capo della tavola e va a sedere accanto agli altri).

LADOG – E tu lo sai sempre, Johann, quando in affari, un'azione è leale e quando non lo è?

MISTER JOHANN – Il fatto che non conosciate questa differenza spiega il vostro modo di agire, ma non lo giustifica.

LADOG – Comunque, dietro la nostra slealtà è rimasta un'operazione sbagliata, dietro il tuo combattimento generoso, un cadavere.

MISTER JOHANN – E' rimasto un uomo stanco che, all'improvviso, s'è accorto di non essere più all'altezza dei compiti.

VECTOR – Perché continuare a mentire? E' vero: sei riuscito in quello che tutti noi abbiamo tentato. Non per sete di potenza, almeno per quanto mi riguarda, ma per riconquistare una libertà perduta, perché il nostro futuro dipendesse da noi. E' bene che sia venuta questa spiegazione, Johann. A te è riuscito il colpo, ma non sappiamo ancora se dobbiamo rallegrarcene, perché potresti pensare che il nostro futuro è passato nelle tue mani.

MISTER JOHANN – Cosa aspettate che vi risponda? Che continuerò a proteggervi come ho fatto finora?

GURGI – Continuare a proteggerci?

LADOG – Che cosa vuoi dire?

MISTER JOHANN – Lo sapete perché il Grande Kirby, quando ha scoperto il vostro gioco, non vi ha spazzato via con un colpo di mano? Perché c'ero io davanti a lui, ed egli aveva bisogno di tutte le sue forze.

VECTOR – Possiamo anche ringraziarti, Johann, se lo vuoi, ma ora devi dirci quali sono le tue intenzioni.

MISTER JOHANN – Il vostro futuro, vero?... e ci pensavate al mio futuro, al tempo dell'Anonima Ricerche?

GURGI – Fosti un ingenuo a venirci a proporre quell'affare.

LADOG – Un "noviziato" che hai dovuto pagare.

MISTER JOHANN – Eccoli i limiti della slealtà che cercavi, Ladog! Si può chiamare combattimento quello che ci fu tra voi e me? Voi armati fino ai denti, e io, nudo. Ricordate? Allora io ero un ragazzo simpatico con qualche buona idea in testa... e ho lavorato sodo, lo sapete... voi avevate denaro da impiegare e ne avete guadagnato molto: io avevo soltanto le idee, e non ho guadagnato nulla.

VECTOR – Acqua passata, Johann, non vale la pena ripensarci.

MISTER JOHANN – Già... quello che conta, ora, è pensare al futuro. Che ne dite, voi?... ora che sono arrivato a farmi il nido, mi conviene restarmene buono buono al calduccio, vero?…

VECTOR – Viene per tutti il momento di fermarsi, credimi.

MISTER JOHANN – ...oppure darvi battaglia, in campo aperto. Le mie braccia sono lunghe, ora, sapete. Potrei vendere i vostri prodotti sottocosto e rifarmi sugli altri che io controllo. Potrei scatenare la tempesta sui vostri mercati e farvi inghiottire ad uno, ad uno, o tutti insieme.

LADOG – Vuoi farci paura, Johann?

MISTER JOHANN – Non dire queste parole, Ladog! La Borsa ha l'udito molto fino e la tempesta potrebbe cominciare prima del previsto.

VECTOR – Il successo è sempre stato un cattivo consigliere.

MISTER JOHANN – Per questo non ho ancora deciso niente e domando a voi di illuminarmi.

GURGI – So già che sceglierai la via più rischiosa.

MISTER JOHANN – Bravo, Gurgi! Dimostri di avere capito qualcosa... il ragazzo simpatico di una volta è cambiato: ha mostrato la grinta.

VECTOR – E' questo quello che vuoi, dunque?!

MISTER JOHANN – No, vi sbagliate: sono soddisfatto così... l'oceano Kirby continua con la sua eterna bonaccia... nessuna paura, non c'è un filo di vento, l'orizzonte è alla portata di tutti... sarebbe bello, vero?

VECTOR (preparandosi ad andarsene) – A questo punto, penso sia inutile restare.

MISTER JOHANN – E dove andrai, Vector, ora? Quale posto ci sarà mai per te, dove io non riesca ad arrivare? A chi venderai i tuoi acciai? In quale impresa getterai il tuo denaro? E tu, Gurgi, e tu, Ladog?... eh, sì, l'impero di Kirby era grande e io ne ho ereditato un bel pezzo!

VECTOR – E' una sfida precisa, questa?

MISTER JOHANN – No, Vector... che dici mai?! è soltanto un'ipotesi.

VECTOR – Ti ho dato dei consigli: fanne quello che credi. Puoi scatenare la tempesta, lo so, ma sei ben certo, dopo, di poter controllare i venti e le onde? E hai mai pensato a quello che può fare un uomo prima di affogare?

LADOG – Ognuno si difende a suo modo, Johann... e non tutti, come hai detto poco fa, colpiscono in fronte l'avversario.

MISTER JOHANN – Vuoi dire che devo guardarmi alle spalle?

GURGI – E quali sono le tue spalle, se ti trovi in un cerchio?

VECTOR – Con noi, il gioco che t'è riuscito con Kirby non vale: non siamo disposti al suicidio.

LADOG – Non è contro noi stessi che rivolgeremo le armi. (Tutti escono rapidamente. Mister Johann crolla su una sedia. Lucas entra e si ferma alle sue spalle).

MISTER JOHANN (senza voltarsi) – Sei qui, Lucas?

LUCAS – Perché l'avete fatto?

MISTER JOHANN – Era una sensazione così dolce, non ho saputo rinunciarvi.

LUCAS – Questo non era nei piani.

MISTER JOHANN – Lo so, Lucas. Mi ha tradito la loro paura umana, il pallore che scoloriva i loro visi, il tremito umano che scuoteva le loro membra. Ho cercato di trattenermi, ma ormai era troppo tardi: navigavo già sull'onda del mio odio, precipitavo con loro, avvinghiato al loro collo.

LUCAS – Com'è potuto accadere? Voi così acuto nel predisporre tempi ed azioni, voi così preciso nello scegliere, decidere... rigido nell'improvvisazione, avventuroso nel pianificare... non è possibile che vi siate lasciato travolgere da una passione.

MISTER JOHANN – E' vero, Lucas: tu mi conosci bene. Ho voluto anche compiere una verifica.

LUCAS – Dove?

MISTER JOHANN – In me stesso. Volevo sapere se, in questi anni, è stato soltanto l'odio a spingermi avanti.

LUCAS – Allora?

MISTER JOHANN – No. Era una sensazione piacevole, te l'ho detto, vedere la paura nei loro occhi, ma l'odio soltanto non bastava a spiegarmi tutto.

LUCAS – La consapevolezza di potervi vendicare non è l'unico beneficio che avete conquistato: è solo una componente dell'ebbrezza del successo. In voi, ora, c'è anche l'ambizione soddisfatta, la ricchezza e la potenza raggiunte.

MISTER JOHANN – C'è qualcosa più importante di questo.

LUCAS – Un traguardo ancora più in alto da conquistare. Li conosco bene gli uomini come voi.

MISTER JOHANN – Nemmeno quello potrebbe colmare il vuoto che sento. Devo cercare, Lucas, devo scoprire il perché di quello che ho fatto.

LUCAS – Siete incontentabile. Anche la pace dentro di voi, volete, qualcosa che possa giustificare.

MISTER JOHANN – Non una giustificazione: soltanto una ragione.

LUCAS – Dicono che sia una caratteristica dell'uomo moderno, il bisogno di ordine interiore. Lasciate ad altri queste malinconie: non è la vostra partita. Voi vi esprimete in modo diverso, su piani diversi.

MISTER JOHANN – Voglio conoscermi, Lucas.

LUCAS – E' un fine che cercate? Vi occorre un ideale? Avete bisogno di quello?

MISTER JOHANN – Mi accontento di una ragione piccola, aggrinzita, striminzita... qualcosa, però, che spieghi, se non può giustificare.

LUCAS – Dove volete cercarla?

MISTER JOHANN – Nella mia vita passata... aiutami tu, Lucas, tu che mi sei stato vicino.

LUCAS – E' così importante per voi?

MISTER JOHANN – Non posso più farne a meno: devo ritrovare il senso di ciò che è accaduto, dovunque si trovi.

LUCAS – Vi aiuterò, Mister Johann.

MISTER JOHANN – Avanti, allora. Da dove incominciamo?

LUCAS – Esiste un punto di partenza?

MISTER JOHANN – No, non esiste. Tutta la mia vita, per quanto ricordi, è stata tesa verso la stessa direzione: il punto di arrivo, quello soltanto ho sempre avuto ben chiaro.

LUCAS – Allora, bisogna ripercorrere i momenti principali che hanno segnato l'ascesa.

MISTER JOHANN – Ecco, hai capito perfettamente: sono quelli che mi servono, Lucas.

LUCAS – Sono pronto, Mister Johann.

MISTER JOHANN (da solo nel raggio di un riflettore) – Eravamo all'inizio dell'estate, di sera... io ero per la strada e ti aspettavo... sarebbe meglio dire: mi consumavo aspettandoti... guardavo la finestra illuminata di un palazzo davanti a me... lassù, dove tu, Lucas, stavi giocando la mia partita. Non è facile ricreare l'impazienza di quella sera... i rumori! Dove sono i rumori?... C'è una città tutto intorno con la sua vita nelle strade, nelle case... quei suoni scandivano un tempo che non passava mai. Mi muovevo in su e in giù sul marciapiede, sempre con l'occhio fisso a quella finestra, stella polare di un viaggio meraviglioso che doveva iniziare. Ma perché non arrivavi? Che cosa ti tratteneva ancora?... Ad un tratto, ti ho visto apparire sulla scalinata del palazzo: scendevi tranquillo, incurante della febbre che mi consumava... ah, che fatica ho fatto per trattenermi dal correrti incontro, e strapparti di bocca le notizie che dovevi portarmi!... Ecco, ora attraversavi la strada, lentamente, proprio come avresti fatto in un giorno qualsiasi, in un momento qualsiasi... e finalmente sei arrivato a pochi passi: allora l'impazienza ha avuto il sopravvento... (Esce dal cerchio di luce del riflettore che subito si spegne).

(Interno della chiesa. Don Giovanni esce dall’ombra e afferra per un braccio Catalinon che arriva in quel momento).

DON GIOVANNI – Catalinon!

CATALINON – Zitto, padrone, zitto, per carità!

DON GIOVANNI – Dove sei stato tutto questo tempo?

CATALINON – Ah, se sapeste che notizie!

DON GIOVANNI – Che succede? Parla!

CATALINON – La vostra testa, padrone... vogliono la testa di Don Giovanni Tenorio.

DON GIOVANNI – E' questo che ti spaventa?

CATALINON – Vi hanno condannato a morte... bisogna fuggire!

DON GIOVANNI – Ma la ragazza, sei riuscito ad avvicinarla?

CATALINON – E' tempo di parlare di ragazze, questo?

DON GIOVANNI – So ben io il tempo che è. Ti avevo affidato un incarico: l'hai portato a termine?

CATALINON – Sì, padrone, sì... ma mettetevi in salvo, vi scongiuro.

DON GIOVANNI – Smettila con questi piagnistei o ti farò assaggiare il bastone.

CATALINON – Uccidetemi, padrone, ma io tremo per voi... dovreste vedere come frugano la città per cercarvi... ci sono pattuglie in tutte le strade: nessuno può andare in giro con il viso nascosto nel mantello o in carrozza con la tendina calata.

DON GIOVANNI – Il re ha dunque firmato la mia condanna?... un povero fanciullo nella mani di politicanti ambiziosi.

CATALINON – E' così: sono stati i suoi consiglieri a costringerlo... vi odiano a morte. Fuggiamo, padrone, ascoltatemi... bisogna lasciare la città.

DON GIOVANNI – E la ragazza?

CATALINON – Che cosa v'importa di lei? L'avete appena vista.

DON GIOVANNI – E pensi davvero che, in tutti questi anni, non abbia imparato a riconoscere, da un solo colpo d'occhio, la donna che sarà mia?

CATALINON – Che cosa conta una donna in più o in meno per voi?!

DON GIOVANNI – E' la donna che amo.

CATALINON – Ma se le avete parlato solo per un istante!

DON GIOVANNI – E un istante, non è forse la frazione dell'infinito del tempo? E una frazione dell'infinito, non è infinita anch'essa? Anche un istante, dunque, rappresenta l'eternità.

CATALINON – Non vi capisco, padrone.

DON GIOVANNI – Non devi capire. Quando ha detto che verrà?

CATALINON – E voi vorreste rischiare la vita per aspettarla?

DON GIOVANNI – Quando verrà, canaglia?!

CATALINON – All'alba, padrone.

DON GIOVANNI – Volevi farmi mancare all'appuntamento?

CATALINON – Se restate non ci sarà più alba per voi.

DON GIOVANNI – Ci sarà, Catalinon, fra cinque ore.

CATALINON – Quanti fatti possono accadere prima! Se un istante è eterno, come dite voi, che cosa non saranno mai cinque ore?

DON GIOVANNI – Che cosa sono cinque passi in più o in meno sulla strada verso il sole?

CATALINON – Sono i cinque passi che vi salvano dalla forca... rientrate in voi stesso, padrone, prima che sia troppo tardi.

DON GIOVANNI – Rientrare in me stesso? E dove sono, animale?! Mi hai visto, forse, in un altro modo fino a oggi?

CATALINON – E' vero, sono un asino. Volevo dire: andate fuori di voi.

DON GIOVANNI – Parlami di lei, presto!... Ti è stato facile avvicinarla?... Si ricordava delle mie parole?... Ti ha fatto molte domande?... Ha accettato subito di venire qui?...

CATALINON – Piano, piano... che cosa volete sapere prima?

DON GIOVANNI – Tutto, animale, tutto!... Le hai parlato per la strada o in casa sua?... C'era qualcuno presente al colloquio?... Ha mostrato stupore... si è offesa... ha pianto... sorriso?...

CATALINON – Ma come posso...

DON GIOVANNI – Parla, parla, canaglia! Non vedi come mi torturo in questi dubbi? Qual'è il suo nome?

CATALINON – Stella.

DON GIOVANNI – Perfetto.

CATALINON – Ha accettato di venire, ma ad una condizione...

DON GIOVANNI – Quale?... La solita?

CATALINON – La solita: vuole essere sposata prima di cedervi.

DON GIOVANNI – Solo questo? Oh, mite pretesa di donna innamorata, supremo disinteresse di fanciulla! Vuole appartenermi per sempre... e noi le prometteremo il matrimonio.

CATALINON – Voi glielo prometterete, io non c'entro, io ho rispetto per la mia anima.

DON GIOVANNI – Che nome mi hai dato questa volta?

CATALINON – Quello di vostro cugino: Don Pedro Zamora.

DON GIOVANNI – L'abbiamo mai promesso come sposo, Don Pedro?

CATALINON – No, padrone... che io sappia, almeno.

DON GIOVANNI – Bene: tireremo giù dal letto qualche frate sonnacchioso per preparare la cerimonia e, in attesa della benedizione celeste, Stella sarà mia. (Rumori).

CATALINON – Zitto, padrone!... Stanno arrivando!... Oh, poveri noi, adesso... poveri noi!... Sentite i passi?... Nascondetevi, per carità... eccoli!... no... si allontanano... sì, siamo salvi... per quanto tempo ancora, però?

DON GIOVANNI – E chi lo sa, amico mio... non certo prima che Stella sia caduta fra le mie braccia: il Cielo non mi userà questa sgarberia.

CATALINON – Vi sprofonderà nell'inferno, il Cielo, se continuerete a servirvene per i vostri comodi.

DON GIOVANNI – Parlami di lei, Catalinon, saranno così lunghe da passare queste ore prima dell'alba.

CATALINON – Che cosa devo dirvi? E' una donna, padrone, come le molte che avete conosciuto.

DON GIOVANNI – E' l'unica, la prima!

CATALINON – Come tutte le altre, padrone.

DON GIOVANNI – Che ne sai, sciocco! Hai mai visto qualcun'altra che abbassi gli occhi con la stessa grazia, che arrossisca nello stesso modo?

CATALINON – Tutte eguali, padrone. L'unica cosa diversa è la loro anima, ma di questa non potete accorgervene: voi siete come l'ape che vola via appena succhiato.

DON GIOVANNI – Ecco dove t'inganni: i loro sentimenti, quelli sì, sono sempre eguali: la loro civetteria, il loro egoismo, la loro presunzione nel credere di poter tenere un essere umano legato a loro. Ma il resto, è come un susseguirsi miracoloso di paesaggi sempre diversi. Se scendi da cavallo, invece, ti accorgi che i prati sono fatti della stessa erba, che i fiori sono gli stessi che hai sempre visto e che l'acqua è sempre eguale, dovunque tu la vedi scorrere. (Rumori).

CATALINON – Zitto, padrone!... Non avete sentito un rumore?

DON GIOVANNI – Stai sognando.

CATALINON – Sì, invece... un rumore sulla piazza... dei passi affrettati... sentite?... Vengono qui, questa volta!

DON GIOVANNI – E' un solo passo, mi sembra.

CATALINON – Nascondetevi, vi supplico!...

DON GIOVANNI – Ascolta... è un passo leggero... sembra quello di una donna... è Stella, Catalinon... è Stella!...

CATALINON – Zitto, padrone!

DON GIOVANNI – E' lei, ti dico... non ha saputo resistere fino all'alba e viene da me...

CATALINON – Nascondetevi, padrone... potrebbero essere i soldati!...

DON GIOVANNI – ...si consumava anche lei nell'attesa... eccola... eccola! (Buio).

(Immediato riaccendersi di un riflettore. Mister Johann entra nel raggio di luce ed afferra per un braccio Lucas che arriva in quel momento).

MISTER JOHANN – Lucas!

LUCAS – Eravate qua, Mister Johann?

MISTER JOHANN – E in quale altro posto sarei potuto essere?

LUCAS – Non mi domandate notizie?

MISTER JOHANN – Credi che non te l'abbia già lette sul viso?

LUCAS – Accetta.

MISTER JOHANN – E' nel pugno!

LUCAS – L'avete conquistata, Mister Johann.

MISTER JOHANN – Per quando hai fissato l'incontro?

LUCAS – Per domani sera, a casa sua.

MISTER JOHANN – I particolari, ora: sospettava già una richiesta del genere o si è mostrata sorpresa? Sei entrato direttamente in argomento o hai lasciato che fosse lei a intuirlo? Ha dato subito il suo consenso o ha avuto esitazioni?

LUCAS – Siete impaziente, mi sembra.

MISTER JOHANN – Devo saper tutto prima di stabilire il mio piano.

LUCAS – Non vi basta averla conquistata? La volete ai vostri piedi, senza difesa.

MISTER JOHANN – Ecco, Lucas: ora hai capito. Voglio sposare la vedova Gorak, ma la voglio su un piatto d'argento.

LUCAS – ... circondata da tutte le sue imprese da amministrare.

MISTER JOHANN – Tutte. Anche le più piccole, le meno importanti. Chi può dire se una società è importante o meno prima di averla esaminata, studiata. E' come per le donne: basta un abito, un po' di trucco, a volte, per trasformarle, per scoprire un fascino che nessuno supponeva. Le ho osservate a lungo, dal di fuori, le aziende della vedova Gorak, sai? Le ho sognate a lungo, e ora è come se gia mi appartenessero: non saprei più rinunciarvi.

LUCAS – Avete fatto un paragone giusto: le società e le donne. C'è da sbagliarsi a sentirvi. Parlate di imprese commerciali o industriali come Don Giovanni parlava delle donne: lo stesso smarrimento dei sensi, lo stesso trasporto erotico e sentimentale.

MISTER JOHANN – E non son femmine anche loro... industrie... banche... società? Anche loro incostanti, infedeli, capricciose... ah, se sono femmine! Emana per me da loro una forza di attrazione di cui non mi so liberare... e più che ne conquisto e più che ne vorrei conquistare... e il possederle mi lascia sempre insoddisfatto, come se non le avessi avute pienamente... trepidante e geloso se un altro le guarda, accecato di odio mortale se qualcuno ardisce mettere una mano su di loro... se sono femmine, Lucas! Come potrebbero, altrimenti, eccitare la mia concupiscenza? Da dove verrebbe, allora, questo desiderio inestinguibile di sempre nuove conquiste?... Altre fabbriche, altre aziende... sempre più importanti, sempre più in vista... e su, e su, fino a possedere le grandi, adorate cortigiane, fino all'abbraccio completo con le agognate, le splendide matrone: la ricchezza e la potenza!

LUCAS – Mister Johann... Tenorio... attento! C'è l'inferno dietro di voi.

MISTER JOHANN – Vuoi che tema l'inferno, se questo è l'unico mio modo di esistere?

(Cambiamento di luci).

LUCAS – Quella fu la vostra risposta precisa.

MISTER JOHANN – Proprio quella. Ricordo.

LUCAS – E' una luce abbastanza viva; non rischiara niente dentro di voi?

MISTER JOHANN – Non è qui quello che cerco.. più avanti, forse... o prima, quando ancora non pensavo di sposare la vedova Gorak... quando la vidi per la prima volta... quelle risate aspre: le sento ancora quando ci penso... perché l'abbiamo trascurato?... E' un momento importante... forse è incominciato tutti di lì, dal giorno in cui esposi il mio progetto all'Anonima Ricerche... (Il riflettore segue Mister Johann che si sposta fino a incontrare una tavola dietro la quale sono seduti Vector, Gurgi, Ladog e la vedova Gorak)… Mio nonno era un contadino e, un giorno, zappando il campo, trovò una scatola di ferro con alcune monete: le vendette e riuscì a comperarsi un vestito e un paio di scarpe. Mio padre, dopo di lui, continuò a zappare la terra, sperando sempre di trovare un tesoro, e anche a lui, un giorno, capitò la sua brava scatola metallica. La portò a casa e l'apri: ma era una mina anticarro e saltò in aria con mia madre e tutta la casa. Quel vestito e quel paio di scarpe erano costati troppo cari. Chi doveva pagarmi la differenza? Non ebbi il minimo dubbio: "quello che c'è sotto terra" dissi, e continuai a scavare. Ma non feci lo sbaglio di mio nonno e di mio padre, non grattai la terra sotto la pelle: andai più profondo, fino all'osso, ne staccai qualche pezzo e lo raschiai... più o meno come fate anche voi. Il resto lo sapete: è una storia scritta nei bollettini economici o nei listini di borsa. Mister Johann è arrivato da poco sul mercato e non conta molto, per ora... comunque, se domani diventerà più importante, non avrà rosicchiato nulla a nessuno, ci tengo che lo sappiate: non sono venuto per rosicchiare, io, ma per aprire una strada mia, a forza di braccia. La strada, però, potrebbe servire anche ad altri. Cosa si fa in certi casi? Si riuniscono gli interessati e si presenta il progetto... (Spiega due carte sul tavolo). Carta numero uno: la zona vista nel suo insieme... carta numero due: un particolare ingrandito della stessa zona, e precisamente, un altopiano di circa sette miglia per lato. Sembra una grossa bistecca, vero?... I circoletti rossi che vedete qua e là sono proprio quello che pensate: i punti dove infilare la forchetta. Il problema viene con la masticazione perché si tratta di metalli piuttosto duretti, ma si possono subito trasformare in oro, assai più tenero sotto i denti e facilmente digeribile. (Risolini di consenso) Vi siete mai interessati di archeologia?... Peccato, perché sembra che a grattare la crosta della nostra bistecca, si trovino delle lapidi antiche... hanno già fatto degli assaggi e presto potrebbe partire una spedizione... la stampa si interessa di queste cose... e si trova sempre il giornalista indiscreto che riesce a scoprire i nomi dei veri finanziatori della spedizione che, con la scusa dell'archeologia, compiono in segreto ben altre ricerche. Mi domanderete perché non sfrutto da solo la mia idea, ed io vi risponderò con un'altra domanda. Mettiamo di vedere un tale che, in una giornata di sole, esce di casa con l'ombrello sotto il braccio. Che cosa può dire la gente? E' un matto, oppure uno che ha guardato male il barometro. Ma se, con l'ombrello sotto il braccio, vediamo tutti i componenti di un osservatorio metereologico, io dico che ognuno di noi corre a prendere l'impermeabile. Se un tale Mister Johann spende quattrini per disseppellire lapidi: ecco il tizio che ha in casa il barometro rotto... ma se improvvisamente si viene a sapere che Vector, Gurgi, Ladog, madame Gorak, credendo di nascondersi dietro il paravento dell'archeologia, si sono associati per compiere ricerche minerarie... che cosa accade, io vi domando? A questo punto in–comincia l'operazione. Nasce l"'Anonima Ricerche"... emissione di obbligazioni e di titoli azionari... elevazione dei dividendi, reinvestimento degli utili, potenziamento delle riserve, aumento di capitale, richiesta di finanziamento, piano di sfruttamento, nuova emissione di titoli... il denaro gettato nei solchi comincia a fiorire, a colare come liquido da mille sorgenti. Improvvisamente; nuovi fiumi di denaro si scavano il loro letto nel terreno soffice, scivolano dai monti trascinando a valle casseforti e forzieri, straripano, esplodono nelle condotte, sonanti nei metalli di ogni conio, fruscianti nelle banconote di ogni paese: un'ondata gialla di marea si abbatte sull’"Anonima Ricerche". E' oro!... Grezzo o raffinato, in polvere o in lingotti, lavorato con arte o coniato in moneta, associato con i diversi metalli, con tutte le sfumature del giallo... oro! A pioggia, a cascata, a valanga... come nebbia biondissima che si alza, come pantano giallastro in cui si affonda, come roccia scintillante di forza e di purezza... oro! (La leggera risata che ha accompagnato come sottofondo l'ultima parte del monologo, ora scoppia fragorosa. Mister Johann si porta le mani agli orecchi, come ferito da quelle risa, e si ritrae fino a trovare di nuovo Lucas nel cerchio del riflettore). Lo senti come ridevano, Lucas?! Avevano già capito tutto, sapevano bene come tutto avrebbe funzionato... e ridevano, ridevano per me che regalavo loro quell'idea senza guadagnarci un soldo. Dovevo farlo quello che ho fatto, Lucas!... Dovevo vendicarmi!... E ho cominciato dalla vedova... (Buio).

(Un salotto. Mister Johann davanti alla vedova Gorak che ha il viso affondato in un fascio di rose).

MADAME GORAK – ...ancora fiori!... Grazie mister Johann. Come fate a conoscermi così bene? Come avete scoperto questa mia passione segreta?

MISTER JOHANN – L'amore per i fiorì splende nel viso come l'amore per l'arte o per la virtù. (Siedono tutti e due su un divano).

MADAME GORAK – Che meraviglioso giardino è la mia casa, da ieri, da quando i vostri omaggi sono incominciati ad arrivare: gigli, tulipani, magnolie, orchidee, rose...

MISTER JOHANN – Amate i fiori, madame, ma non ne conoscete il linguaggio: si capisce subito dalla vostra elencazione.

MADAME GORAK – Oh, mister Johann, scusatemi! Come devo sembravi sciocca e meschina in questo momento... e che imperdonabile ignoranza la mia!

MISTER JOHANN – Calmatevi, madame: nel nostro secolo quella dei fiori è una lingua ormai morta. Non posso rimproverarvi di non conoscerla.

MADAME GORAK – Ma voi, per esprimervi, avete scelto quel mezzo... non supponevate la mia limitatezza.

MISTER JOHANN – Mi sarei meravigliato del contrario, invece. La mia era un'esercitazione solitaria, come quella del poeta che dedica i suoi versi alla donna amata e poi li chiude nel cassetto.

MADAME GORAK – Chissà quale meraviglioso poema ho perduto!

MISTER JOHANN – Qualche annotazione soltanto: inclinazioni dell'animo, turbamenti affrontati, pensieri improvvisi.

MADAME GORAK – Ma voi mi aiuterete a colmare questa lacuna, vero? Mi sembra intollerabile, adesso, come se all'improvviso mi fossi accorta di non saper più leggere o parlare.

MISTER JOHANN – Certo che vi aiuterò. E' un linguaggio difficile, sapete: simboli che si aggrovigliano continuamente, chiavi di interpretazione che sfuggono o si nascondono. Ma, una volta posseduta questa lingua, quali soddisfazioni nel poter esprimere e misurare l'intensità dei sentimenti, non con l'aiuto di uno striminzito vocabolario, ma con l'infinito delle sfumature di colore: l'acceso, il vibrante, il tenero, il pallido, lo squillante!... E il colloquio diretto con la natura, Madame, riuscite ad immaginarlo?... L'emozione nel sentire le grida di gioia di un campo di papaveri sotto il sole, o il turbamento improvviso nello scoprire che un prato, una collina, tutta una vallata, a volte, salutano il vostro passaggio?

MADAME GORAK – Stupendo! Che uomo meraviglioso siete, mister Johann! La vostra anima respira da molte aperture. Non mi ero ingannata nel giudicarvi: fermo e coraggioso nella trattativa, geniale nella pianificazione, pieno di fascino nell'intimità. Adesso, poi, dopo l’"Anonima Ricerche", posso aggiungere anche "generoso". Quell'affare non andò troppo bene per voi che l'avevate ideato... anch'io ero della partita, eppure, voi, anziché cercare una vendetta, avete chiesto la mia mano.

MISTER JOHANN – E non potrebbe; proprio questa, essere la mia vendetta, madame? (Ridono brevemente tutti e due).

MADAME GORAK – Vorrei conoscere tutto di voi. Non so nulla, per esempio, del vostro mondo sentimentale.

MISTER JOHANN – Avete il diritto di farmi delle domande.

MADAME GORAK – Che impressione mi fa sentire che ho dei diritti su voi! Parlatemi della vostra prima conquista.

MISTER JOHANN – Proprio la prima? E' passato tanto tempo e io ero così giovane.

MADAME GORAK – La prima esperienza che v'è rimasta addosso, quella nella quale avete scoperto voi stesso.

MISTER JOHANN – Come volete, madame. Ero poco più di un ragazzo, imbottito di teoria, ma digiuno di pratica. Fu proprio allora che feci il mio incontro. Dire che ne fossi innamorato, almeno all'inizio, sarebbe dire un po' troppo: mi interessava, ecco tutto. Ma per i giovani senza esperienza, un semplice interesse può facilmente essere scambiato con una passione, e da qui a perdere la testa il passo è breve. Si chiamava Gobrial–Metalli, una piccola società un po' malferma in salute: le buttai in grembo tutto il denaro che possedevo e riuscii ad assicurarmi il 2% delle azioni. Arrivò la crisi del 6 luglio: in poche ore avevo perso l'80% del mio denaro, ma io non mi arresi: riunii tutti gli spiccioli che mi erano rimasti e comprai un altro 3%. Gli altri dicevano che ero pazzo, e io sordo. Mi offrono un posto nell'amministrazione e io l'accetto; scoppia la guerra nel Sud, cedo sottobanco il 2% e ottengo una piccola fornitura in esclusiva... in due mesi arrivo al 18%. Finta mossa sullo stagno e marcia indietro: 24%. Nuovo crollo in borsa: gioco tutto al rialzo... 32%. Organizzo la fusione con la Magar, poi torniamo a dividerci, ma intanto m'è rimasto attaccato un altro 7%. Riunione generale: so che in consiglio ci sono altri interessi e io impongo le mie condizioni. E' un rischio, eppure, per tenermi fuori dai loro nuovi progetti, mi consegnano un altro 12%. 39 e 12... 51: la Gobrial era mia! Ero riuscito a possedere la mia prima società!

MADAME GORAK – Come l'avevate desiderata! Si sente dalla vostra voce.

MISTER JOHANN – Era la prima, madame: dovevo dimostrare a me stesso quello che valevo.

MADAME GORAK – Che ne è stato dopo?

MISTER JOHANN – L'ho venduta all'estero qualche mese più tardi. So che è passata in diverse mani e che, ultimamente, prima di sparire, era diventata un'isoletta dell'impero del Grande Kirby.

MADAME GORAK – La rimpiangete qualche volta?

MISTER JOHANN – Ho dovuto liberarmene, non c'era altro da fare: aveva un destino segnato. Se era sopravvissuta, e rifiorita persino nelle mie mani, era stato soltanto perché, a tenerla in piedi, c'era il mio lavoro da forsennato. Ah, se ne ho impiegate di energie per conquistarla! Con la stessa fatica avrei potuto sedurre una principessa, e non una povera straccioncella come la Gobrial–Metalli. (Breve pausa) Ma, ora, vorrei conoscere anch'io qualcosa dei vostri sentimenti.

MADAME GORAK – Il mio non sarà un racconto affascinante come il vostro, e neppure troppo lungo. C'è mio marito all'inizio di tutto: prima di lui non ero niente, non sapevo niente. La mia vita è incominciata con il matrimonio.

MISTER JOHANN – E... dopo? Siete vedova da sei anni.

MADAME GORAK – ... dopo... c'è tutta una serie di tentativi sfortunati, di occasioni che aprono il cuore alla speranza, e che si concludono, invece, nel freddo del silenzio o nell'amarezza della delusione.

MISTER JOHANN – Non dite più nulla, vi prego.

MADAME GORAK – Grazie, mister Johann, ma parlare mi dà sollievo. Abbiamo la sfortuna di vivere in un paese meschino e arretrato, dominato da assurde superstizioni e da barbari pregiudizi. Che cosa dovevo fare dopo la morte di mio marito? chiudermi in convento? Avevo ancora una vita davanti e volevo viverla. Ed eccomi al centro delle critiche più feroci, delle attenzioni più interessate. Con una donna del genere, tutto è permesso: ci si può trastullare con i suoi sentimenti, ci si può impadronire dei suoi affetti e sconvolgerli. Ah, mister Johann, che terribili esperienze ho subito! Cominciò un anno dopo la morte di mio marito: 12% di calo nell'utile netto! L'anno seguente andò peggio: contratti respinti, forniture protestate, funzionari corrotti, e via di seguito. Cercai di resistere, ma il volume degli affari continuava a scendere ogni anno. Volete un esempio? L'operazione dell’"Anonima Ricerche" a me non ha reso che il 50% di quello che ha reso agli altri...

MISTER JOHANN – A me ha reso ancora meno, madame.

MADAME GORAK – ... dovevo prendere una decisione di fondo: ritirarmi dagli affari e passare in mani virili la direzione delle mie aziende. Era un problema serio: ho esaminato tutte le soluzioni possibili, tutte le forme possibili di società, scegliendo la migliore: il matrimonio. Avete mai provato ad esaminare a fondo le clausole su cui si fondano le più solide associazioni di affari, a consultare attentamente i verbali di costituzione, gli statuti sociali? Si trova sempre il lato debole, il punto su cui far leva per rovesciare tutto. Nel matrimonio questo non avviene: è un contratto corazzato contro qualunque prova. Nel matrimonio non ci sono scappatoie, perché non esiste appello, né libertà provvisoria, né amnistia: il matrimonio è un'istituzione eterna, implacabile, inespugnabile!... E' l'unico luogo dove può trovare protezione una povera donna sola, come me.

MISTER JOHANN – No, non più sola, ormai.

MADAME GORAK – Grazie, amico mio. Permettete che vi chiami così?

MISTER JOHANN – Certo, madame. (Le prende una mano e la porta alle labbra. Si guardano in silenzio, sorridenti. Buio).

(Subito si riaccende l'interno della chiesa, ma per un avvenimento della nostra epoca: il matrimonio fra mister Johann e madame Gorak. I due sposi, festeggiatissimi, passano in mezzo agli invitati, quindi attraversano, seguiti dagli altri, una zona buia, per riapparire a destra intorno a un tavolo imbandito per rinfresco).

CONSALVO (si fa largo con una coppa in mano) – Gli antichi, in queste occasioni, brindavano all'unione della forza e della bellezza... all'incontro di Marte e di Venere. Ma a chi dobbiamo brindare noi che vediamo una Venere che possiede già la forza di Marte e la saggezza di Minerva? (Risate, applausi, voci allegre).

VECTOR – Potremmo brindare a Mercurio, il dio degli affari.

GURGI – Pensi che nostri amici abbiano bisogno della sua protezione?

LADOG – Io dico che sanno cavarsela benone anche da soli.

CONSALVO – Abbandoniamo, allora, ogni fantasia paganeggiante, e alziamo la coppa semplicemente a madame Gorak e a mister Johann! (Applausi, voci allegre, tintinnare di bicchieri, scoppi di tappi di spumante. Consalvo conduce Mister Johann verso il proscenio).

CONSALVO – Complimenti, mister Johann.

MISTER JOHANN – Grazie, Consalvo.

CONSALVO – Non mi riferisco soltanto al vostro matrimonio, ma anche alla vostra... chiamiamola, "superiorità" di fronte a certe questioni. Ho l'incarico di dirvi che è stata apprezzata.

MISTER JOHANN – Vi riferite, forse...?

CONSALVO – Appunto. Al gioco le perdite non contano: ci si può sempre rifare con una mano fortunata.

MISTER JOHANN – E' acqua passata, Consalvo: io non ci penso più. C'è qualcuno, invece, che ha dei rimorsi?

CONSALVO – Tutti sanno che nell'affare dell’"Anonima Ricerche" siete stato trattato piuttosto male.

MISTER JOHANN – E che cosa intenderebbero fare, risarcirmi?...

CONSALVO – Non questo, si capisce.

MISTER JOHANN – ... o vogliono assicurarsi che non mediti qualche vendetta?

CONSALVO – Nessuno, allora, poteva prevedere come sarebbero andate le cose.

MISTER JOHANN – E, invece... vedete cosa capita, a volte?... Comunque, rassicurate pure i nostri amici: ho compreso tutto perfettamente.

CONSALVO – Sarebbe meglio che diceste voi due parole.

MISTER JOHANN – Va bene. (Ritornano alla tavola. Mister Johann si avvicina a Gorak) E' l'ora della partenza: dobbiamo salutare gli amici... (Gli invitati si dispongono in posizione di ascolto)... cosa dicevano gli antichi a questo punto, Consalvo? (Risate discrete)... forse non se la sentivano troppo di parlare, e anche loro se la cavavano come me: "grazie a tutti e arrivederci presto". E' un po' retorico, forse, ma devo dirlo lo stesso: conserverò a lungo il ricordo di oggi... il resto è sepolto nel passato, perduto nella notte dei tempi... c'erano le prime locomotive e i soldati che partivano per le Crociate... poi avvenne la caduta dell'impero Romano e la costruzione delle piramidi... e un giorno, mi sembra, venne messa in piedi una strana operazione che si chiamava "Anonima Ricerche"... chi ha detto, poi, che in quell'affare io non ho guadagnato nulla? Ho conosciuto Gorak, e non mi sembra poco.

CONSALVO – Allora, avete fatto il colpo più grosso di tutti!

MISTER JOHANN – Volete chiedermi una percentuale? (Risate, voci allegre, brindisi. Mister Johann e Madame Gorak scompaiono in mezzo agli invitati. Buio).

(Le luci si riaccendono subito nella camera da letto di un albergo. Il facchino che ha terminato di sistemare le valigie esce, richiudendo la porta dietro mister Johann e madame Gorak che sono entrati).

MISTER JOHANN (solleva il ricevitore del telefono) – Avete bisogno di qualcosa?

MADAME GORAK – No. E voi?

MISTER JOHANN – Nemmeno. Fa caldo in questa stanza. Posso aprire la finestra?

MADAME GORAK – Sì, aprite.

MISTER JOHANN – Un altro, al mio posto, magari, avrebbe già pronunciato qualche frase memorabile.

MADAME GORAK – Per esempio?

MISTER JOHANN – Per esempio... capitolo primo, pagina uno...

MADAME GORAK (prendendo un gran fascio di fiori da un tavolo) – Voi l'avete già fatto: sono vostri, vero?

MISTER JOHANN – ho telefonato prima di partire.

MADAME GORAK – Grazie.

MISTER JOHANN (che s'é avvicinato alla finestra) – Che silenzio di fuori!

MADAME GORAK (s'é avvicinata anche lei alla finestra) – C'è bisogno di un po' di pace dopo una giornata come oggi.

MISTER JOHANN – Io ho vissuto a lungo in campagna e il silenzio è l'unica cosa che rimpiango.

MADAME GORAK – E' ora che incominci a spogliarmi, non vi sembra?

MISTER JOHANN – Non osavo chiedervelo, ma penso che sia proprio questo il momento.

MADAME GORAK – Dunque, via la borsetta, i guanti, il cappello... (Si avvicina a un tavolinetto sul quale ha appoggiato la borsa, l'apre, prende alcuni fogli e ne porge uno a mister Johann)... Ecco il cromo e il cobalto!...

MISTER JOHANN (prende il foglio con premura e l'esamina con un’occhiata) – Perfetto!... Ma che stupendo vestito avete!

MADAME GORAK – Lo toglierò, state tranquillo.

MISTER JOHANN – Posso aiutarvi?

MADAME GORAK – Sì, ve ne prego... (Siede davanti al tavolinetto)... datemi una penna... (Mister Johann le porge la penna. madame Gorak firma un altro foglio e glielo porge)... questa è la procura per i Cantieri Navali...

MISTER JOHANN – Meraviglioso!... Vedrete come funzioneranno in mano mia.

MADAME GORAK – Non ho dubbi.

MISTER JOHANN – La prima nave che scivolerà in mare avrà il vostro nome. Isseremo il gran pavese con i vostri colori. Qual'è quello che preferite?

MADAME GORAK – Il verde.

MISTER JOHANN – Giocheremo con tutte le sfumature possibili: verde umido dei prati, verde cupo dell'oceano, verde smeraldo dei fondali sabbiosi, verde tenero dei fiumi, verde dei vostri occhi... in alto, su tutti i pennoni, spiegato!

MADAME GORAK (firma un altro foglio e lo consegna) – Società delle Ferriere... ecco la delega... mi sono tolta anche la sottoveste, vedete? Ho le spalle nude.

MISTER JOHANN – Ero incantato a guardarle.

MADAME GORAK – Volete anche il reggiseno?

MISTER JOHANN – Senza, potrò apprezzarvi di più.

MADAME GORAK – E' un momento importante, allora... avete visto le ballerine negli spettacoli? Le luci si abbassano, si spengono... un solo riflettore rimane acceso, un solo occhio nel buio che fruga con indecente insistenza lungo i corpi che si scoprono... ecco: un bottone dopo l'altro... una lentezza esasperante... poi, uno scatto: così!... (Porge un nuovo foglio)... Trafilerie Riunite!

MISTER JOHANN – Un corpo meraviglioso, eccitante.

MADAME GORAK – Non mi trovate spudorata, così nuda, davanti a voi?

MISTER JOHANN – Avete ancora un indumento che vi protegge, il più intimo.

MADAME GORAK – Quello vorrei conservarlo: dovrò pure impiegare le mie giornate, no? (mister Johann mette in tasca le carte e ritorna alla finestra).

MISTER JOHANN – Dove credete che sia il mare?

MADAME GORAK – Di fronte a noi, penso. Non vedete qualche barca illuminata al largo?

MISTER JOHANN – No. C'è solo un filo di vento, ma porta odori di terra. (Si stacca dalla finestra) Se permettete, io vado nella mia stanza: voi avete bisogno di dormire e io devo scrivere qualche lettera.

MADAME GORAK – Non potete dimenticare il lavoro, almeno stasera?

MISTER JOHANN – Ho la responsabilità anche dei vostri affari, adesso.

MADAME GORAK – Dei nostri, ormai.

MISTER JOHANN – So di non godere ancora di tutta la vostra fiducia e vorrei conquistarla.

MADAME GORAK (con dolore) – ... Ma è una mia creatura!... Le ho dato il mio nome: "Gorak–Acciai"... vorrei tenerla ancora io per mano, vederla crescere sotto i miei occhi, capite?

MISTER JOHANN – E' tutto perfettamente chiaro: vi capisco benissimo.

MADAME GORAK – Dobbiamo continuare ancora a darci del "voi"? Siamo marito e moglie...

MISTER JOHANN – E' meglio darci del "tu", hai ragione.

MADAME GORAK – ... E quella luce così viva... non sarebbe meglio abbassarla?

MISTER JOHANN – Preferirei rimanesse così, per essere certo che troverò la forza di andare nell'altra stanza.

MADAME GORAK – Perché non resti qui stanotte?

MISTER JOHANN – Perché ho troppa voglia di restare.

MADAME GORAK – Sei abituato a non concederti mai nulla?

MISTER JOHANN – Sono abituato a trovare il meglio di me stesso lottando contro le parti più deboli.

MADAME GORAK – E' un linguaggio duro, degno di asceti e di eroi.

MISTER JOHANN – Si può conquistare qualcosa senza eroismo?

MADAME GORAK – L'amore.

MISTER JOHANN – L'appagamento dei sensi, ma non l'amore che ha bisogno di stima e di fiducia.

MADAME GORAK (con dolore) – L'ho creata con le mie mani, Johann... sai bene quanto la ami... non pretendere che ti consegni anche quella...

MISTER JOHANN (ritorna alla finestra) – Il vento è cessato, ma era vento di scirocco che non portava refrigerio... aria calda soltanto con il profumo di rosa autunnale...

MADAME GORAK – Dopo sei anni ho di nuovo un marito, non ci pensi?...

MISTER JOHANN – ... La rosa tea dei giardini, la rosa canina dei boschi...

MADAME GORAK (prende l’ultimo foglio e glielo porge) – ... Ecco, Johann... la Gorak–Acciai... prendi...

MISTER JOHANN (prende il foglio) – E' la prova d'amore che aspettavo.

MADAME GORAK – Non ho più niente addosso, ora.

MISTER JOHANN (spalanca le braccia) – Ci sono le mie mani, le mie braccia, le mie labbra per ricoprirti... vieni! (Si abbracciano. Buio).

SECONDO TEMPO

(Mister Johann e Lucas).

MISTER JOHANN – L'abbiamo avuta anche noi la nostra parte di risate, ricordi?

LUCAS – Certo. Organizzammo tutto alla perfezione.

MISTER JOHANN – E' stato il tuo capolavoro.

LUCAS – Anche voi avete avuto un compito difficile.

MISTER JOHANN – Ma il merito maggiore fu tuo. Quanto ne abbiamo riso insieme! Si sentiva sicura, ormai, la vedova, protetta dal matrimonio.

LUCAS – "La migliore forma di società , diceva, una istituzione perfetta che resiste a tutti i colpi".

MISTER JOHANN – Si sentiva irraggiungibile nel suo nido: tutto intorno rocce aguzze e un'aquila a difenderla.

LUCAS – Madame Gorak aveva dimenticato che se nel nostro paese il contratto matrimoniale è ben solido, c'è un'altra istituzione più potente e ferrigna: l'organizzazione dei tributi.

MISTER JOHANN (ride) – Ah, ah, ah... bravo, Lucas! Non potrò mai ringraziarti abbastanza. Le sue aziende erano rifiorite nelle mie mani, ma io le dirigevo soltanto: lei era la padrona. Fu un colpo da maestro il tuo.

LUCAS – Fu la fortuna ad aiutarmi al principio, quando mi capitò di incontrare quel rottame umano, l'ex amministratore di madame Gorak... aveva ancora con sé la contabilità vera delle aziende di vostra moglie, non i bilanci addomesticati sui quali erano stati pagati i tributi... pensava di servirsene per un ricatto, ma aveva la polizia alle calcagna: doveva fuggire, nascondersi... e così, per un po' di soldi, mi offrì quella valigia di carte e registri...

MISTER JOHANN – ... Di cui non avrei mai potuto servirmi. Ma nel tuo cervello scattò un lampo abbagliante.

LUCAS – Anche qui ebbi un aiuto fuori programma: quell'aereo di linea precipitato. Il resto fu facile: un'altra manciata di soldi e nell'elenco dei morti fu scritto anche il nome dell'ex amministratore... e la polizia, frugando fra i rottami dell'aereo, riusciva a trovare una valigia, miracolosamente intatta, zeppa di strani documenti.

MISTER JOHANN – E qui entrai anch'io in ballo. Hai ragione, non fu facile per me.

LUCAS – Non invidiavo davvero la parte che dovevate recitare

MISTER JOHANN – La vedova non poteva sospettare nulla: tutto si era svolto in modo così perfetto... ma dovevo stare bene attento per non tradirmi, controllare ogni parola, ogni gesto, ogni muscolo del viso...

(La luce del riflettore esclude Lucas. Mister Johann fa qualche passo verso madame Gorak che viene verso di lui).

MISTER JOHANN – Gorak!... Ho passato la notte a discutere con gli avvocati: non si riesce a trovare una via d'uscita, per ora.

MADAME GORAK – So già tutto. L'ordine di arresto verrà firmato domani.

MISTER JOHANN – Chi ti ha messa al corrente?!

MADAME GORAK – A che vale nasconderlo?Meglio che l'abbia saputo adesso per poter far con calma i miei preparativi.

MISTER JOHANN – Non è ancora detto che tu debba entrare in quella prigione.

MADAME GORAK – Sì, Johann: non c'è nulla da fare, lo sai anche tu.

MISTER JOHANN – E, invece, c’è un cavillo giuridico a cui aggrapparsi, l'hanno detto anche gli avvocati.

MADAME GORAK – Non c'è nulla, Johann... perché ti ostini?

MISTER JOHANN – Non posso pensare che entrerai in quel carcere. Forse non ho ancora fatto abbastanza, non sono ancora riuscito a trovare il buco della rete... deve pur esserci in qualche posto! Deve pur esistere qualcuno che può intervenire, qualcuno con cui patteggiare!

MADAME GORAK – Rassegnati, Johann... come ho fatto io. In fondo, non è per tutta la vita... ci saranno ancora tanti anni per noi.

MISTER JOHANN – Oh, questo è certo! Avrai i maggiori avvocati a lavorare per la tua libertà: niente sarà trascurato, stai certa.

MADAME GORAK – Lo so. Ma ora ci sono cose più importanti.

MISTER JOHANN – Più importanti di questa?

MADAME GORAK – Le aziende. Non hai pensato che sequestreranno ogni mia proprietà?

MISTER JOHANN – Troveremo il modo di uscirne... non è questa la mia preoccupazione.

MADAME GORAK – Johann! Tu che parli così?!

MISTER JOHANN – Scusami, ma non riesco a convincermi.

MADAME GORAK – Metteranno le mani su tutto, spoglieranno il mio, il tuo lavoro... possiamo permetterlo?

MISTER JOHANN – No, certo... l'impediremo in qualche modo.

MADAME GORAK – E in quale modo?

MISTER JOHANN – Non so, ora... parlerò... mi farò consigliare...

MADAME GORAK – Torna in te, Johann! Non c'è che un mezzo per impedirlo: fare in modo che quando affondano i denti trovino il vuoto intorno. Io non possiedo più nulla... ho già sistemato tutto col notaio.

MISTER JOHANN – E le aziende?

MADAME GORAK – Tutto è pronto... manca solo la tua firma.

MISTER JOHANN – La mia?...

MADAME GORAK – Le aziende sono tue, Johann.

MISTER JOHANN – Hai rinunciato a tutte le tue proprietà?!

MADAME GORAK – A tutte fuorché una: il nostro matrimonio. Attraverso di te avrò ancora tutto, come prima.

MISTER JOHANN – Ma sarò io l'unico arbitro, ora.

MADAME GORAK – Hai paura di dover decidere da solo?

MISTER JOHANN – No, certo...

MADAME GORAK – Allora?

MISTER JOHANN – Sono... stordito, ecco: quello che sta accadendo è talmente fuori da ogni previsione, da ogni calcolo... si apre una finestra e all'improvviso si guarda giù da mille metri di altezza...

MADAME GORAK – I tuoi occhi sono abituati a spaziare.

MISTER JOHANN – ... Trovarsi, così in mezzo alla luce, tutto pieno di ombra... e da solo...

MADAME GORAK – Ti sarò vicina in ogni momento.

MISTER JOHANN – Avrai mie notizie tutti i giorni, Gorak.

MADAME GORAK – E come?

MISTER JOHANN – Hai dimenticato il nostro linguaggio segreto?Il tulipano orgoglioso, i capricciosi convolvoli, l'esplosione della rosa... ti diranno tutto i miei fiori: del mio lavoro e del mio amore... e il ricordo, e l'attesa, e la speranza...

(Il riflettore esclude madame Gorak e riprende nel suo cerchio Lucas che sta ridendo)

LUCAS – Ah, ah, ah... il vostro, sì, che fu un capolavoro! Come avete fatto a spegnere la gioia che si sfrenava dentro di voi? Io vi osservavo in quei giorni e dicevo "non può durare, non ne sarà capace"... invece, ce l'avete fatta!

MISTER JOHANN – Con la violenza, Lucas, ci sono riuscito. Correnti impetuose scavavano dentro di me, e io le ho placate. Non è stato facile, no: brandelli di carne lacerata, fasci di nervi accartocciati... che gioco tremendo, Lucas, quando si vive così, con tutto noi stessi, impegnati con ogni fibra del corpo, con ogni respiro!

LUCAS – Ecco, Mister Johann, per voi che cercate una ragione, questo è un momento importante.

MISTER JOHANN – Non riesco ancora a possederlo interamente.

LUCAS – Analizzate bene: che cosa vi trovate dentro?

MISTER JOHANN – Un senso di gioia profondo.

LUCAS – Per la ricchezza che v'è piovuta addosso all'improvviso?

MISTER JOHANN – Non solo per quello.

LUCAS – Il vostro piano ha funzionato: siete soddisfatto di voi.

MISTER JOHANN – Neanche quello bastava.

LUCAS – Avete vibrato il vostro colpo, il primo.

MISTER JOHANN – Come poteva darmi gioia la vendetta, se nel momento di compierla già m'era sembrata meschina?

LUCAS – Quella che avevate consumato, forse, ma ora la strada era aperta per le altre da compiere.

MISTER JOHANN – No, Lucas... anch'io, allora, pensavo nel tuo stesso modo, ma sbagliavo... ecco perché ho continuato a portare avanti il mio piano con meticoloso rigore. Gli altri erano arroccati dietro le loro difese, ed io, per scoprire le loro posizioni, per riuscire a colpirli, dovevo sollevarmi su di loro... e non c'era che una strada in salita: quella che conduceva alla reggia del Grande Kirby!...

(Il riflettore, escludendo Lucas, segue Mister Johann che si avvicina a una lunga tavola, a capo della quale, un po' in ombra, grave, severo, impassibile, siede un vecchio: il Grande Kirby. Alle sue spalle, in trasparenza, ammassi di grattacieli e selva di ciminiere).

MISTER JOHANN – Un momento, vi prego... lasciatemi guardare tutto per bene: voglio rendermi conto di dove mi trovo... e poi, sento di parlare a fatica... l'affanno, forse... vengo di lontano e ho fatto tutta la strada di corsa... voi lo sapete, Grande Kirby: mi avete visto venire avanti in questi anni, e sapete bene che cosa rappresenta per me trovarmi qui. Di là i vostri segretari volevano togliermi questo, il vostro biglietto di invito... ma io l'ho tenuto ben stretto: è troppo importante per me, non posso rinunciare a questa testimonianza... il Grande Kirby, una volta, mi ha chiamato per un colloquio di affari... qui, nel suo ufficio, dove solo qualcuno è riuscito ad entrare. Sì, mi sono servito di un trucco banale, mi sono introdotto con una chiave falsa, lo sapete... ho fatto vendere una partita di acciaio a un prezzo inferiore al mercato... io che stabilisco il prezzo dell'acciaio contro di voi!... Chi è questo mister Johann?... Un pazzo?... Un suicida?... No: è un uomo che cerca un incontro con voi, che ha delle proposte da farvi e che non ha altro mezzo per richiamare la vostra attenzione... voi avete capito, avete sentito con quanta forza io cercassi questo colloquio... che cosa avrà mai da dirmi questo Mister Johann?... Quale progetto dovrà mai presentare a me, Grande Kirby?... Un piano complesso e presuntuoso, un progetto pieno di rischi che solo un uomo come voi può esaminare, un disegno gonfio di tutte le ambizioni che possono travolgere uno come me che dal nulla si è arrampicato fino a voi e che intende restarci. Voglio arrivare anch'io ad affacciarmi a una delle vostre finestre sotto le quali si apre un universo scintillante... voglio finalmente spaziare anch'io con lo sguardo nella galassia dei metalli!...

(Mister Johann si volta di scatto: accanto a lui c'e' di nuovo Lucas. Il riflettore ha escluso tutto il resto).

MISTER JOHANN – ...Sì, Lucas, si... forse ho capito, ora... forse, sono riuscito a scoprire la ragione che cercavo. Ho capito, Lucas, che cosa mi ha spinto avanti in questi anni: non era ambizione, né amore di ricchezza... e nemmeno desiderio di rivincita... ora so, finalmente, che cosa c'è dentro di me... ora vedo, Lucas, vedo!... (Buio).

(Interno della chiesa. Catalinon entra di corsa: é molto spaventato).

CATALINON – Padrone!... Dove siete?!... In nome del Cielo, padrone!... Arrivano i soldati... fuggite, padrone!... No, non c'è tempo... sono qui... nascondetevi... eccoli!... (Catalinon cade in ginocchio fingendo di pregare. Due soldati compiono il giro del tempio. Uno di questi, giunto accanto a Catalinon, gli avvicina al viso la lanterna per scrutare la sua fisionomia. Ultimato il giro della navata, i soldati escono. Don Giovanni esce dall'ambra e si avvicina al suo servitore) Ah, siete qui!... Per fortuna non vi hanno visto.

DON GIOVANNI – Quanto manca ancora all'alba?

CATALINON – Almeno due ore. Siate prudente, però, potrebbero tornare.

DON GIOVANNI – Due ore ancora! E' la notte più lunga della mia vita... si potrebbe credere eterna.

CATALINON – Non dite queste parole, padrone! Dire "eterno" è come dire morte.

DON GIOVANNI – Ne hai ancora paura? Non ti sei ancora abituato a vedertela accanto?

CATALINON – Accanto?! Con l'aiuto del Cielo io sono ancora vivo, in mezzo ai vivi.

DON GIOVANNI – E questa nube di morte che opprime la città, non la senti? Non li vedi i passi nelle strade sollevare polvere di morte?

CATALINON – Non scherzate, padrone! Io sento sotto i piedi la terra dura e compatta: non s'è ancora aperta per ricevermi.

DON GIOVANNI – Gridala, allora, questa tua condizione felice, afferma il tuo stato, rivendica tutti i diritti che ne derivano. Attento, però, possono prenderti per pazzo o crederti: come pazzo sei salvo, ma se ti credono è la fine. Non c'è posto per i vivi dove si teme tutto ciò che non abbia una rigidità cadaverica.

CATALINON – Ah, padrone! Mi fate paura con questi discorsi.

DON GIOVANNI – Nemmeno il pensiero del moto è tollerato, sciocco! La putrefazione delle leggi, dei sentimenti, della morale, è la sola trasformazione che si accetta.

CATALINON – In nome del Cielo, perché parlate così?

DON GIOVANNI – Un vivo come te che preferisce il silenzio! E che cos'è un attimo di silenzio, se non un attimo di morte?

CATALINON – Non il silenzio, ma nemmeno le vostre parole.

DON GIOVANNI – Quali, allora? Quelle suggerite dall'antico cadavere della prudenza, o quelle che si trovano nel cimitero della rassegnazione? Sei morto anche tu, Catalinon, e non lo sai.

CATALINON – E voi, vi credete vivo, voi, con la sentenza che vi pende sul capo?

DON GIOVANNI – E' proprio quella sentenza a dirmelo: mi si vuol ricondurre a uno stato generale, lo capisci?... E un'altra prova del mio essere vivo l'avrò fra poco, tra le braccia di Stella.

CATALINON – Eccola dove va a finire tutta la vostra filosofia sulla vita e sulla morte: nel sedurre una fanciulla, nell'ingannare una vergine!

DON GIOVANNI – Non ho mai fatto niente di quello che dici, Catalinon.

CATALINON – Vorreste negarlo a me che vi ho seguito come un cane in tutte le vostre imprese?!

DON GIOVANNI – Fanciulle cariche di un'ipocrisia decrepita, polverose di pregiudizi, vergini eredi di una consumata, oscena arte dell'eccitazione dei desideri. Quali fanciulle e quali vergini? I tronchi abbattuti non mettono gemme, non hanno nuovi rampolli, foglie verdi... muschio soltanto e funghi.

CATALINON – Padrone! Le ho viste bene io le giovanette di cui avete approfittato... innocenti come la neve, alcune.

DON GIOVANNI – Non c'era niente da offendere, oltre al loro corpo: c'erano solo false virtù, pudori simulati... e dietro, una verità squallida di egoismo, di calcolo, di malizia.

CATALINON – E dietro di voi... che cosa c'è dietro di voi, padrone?

DON GIOVANNI – Dietro di me c'è l'inferno, ma le mie fiamme bruciano in alto... io non nascondo la mia corruzione sotto il mantello dell'ipocrisia.

CATALINON – E i vostri giuramenti... e le lacrime... e le promesse di amore eterno?

DON GIOVANNI – Un rituale monotono pronunciato solo per fornire un paravento a una resa già calcolata. Menzogne contro menzogne. Assai meno gravi le mie, imbevute soltanto di parole... le loro, invece, perfide e infide, portate avanti con la dolcezza degli sguardi, sussurrate da labbra di corallo, morbide come le linee dei loro corpi, calde come i loro respiri.

CATALINON – Non solo delle parole, però, vi siete servito: avete anche profanato il santo matrimonio, avete compiuto un inganno sacrilego.

DON GIOVANNI – Non era un mezzo quello, ma un fine: il tradimento era la punizione che io intendevo dare.

CATALINON – E in nome di chi l'avete fatto? Da chi l'avete ricevuto quel mandato?

DON GIOVANNI – E che ne so, Catalinon!... Sai tu com'è fatto il tuo corpo, da dove nascono tutti i tuoi pensieri?... L'ho trovato dentro di me, inciso profondamente, questo desiderio insopprimibile.

CATALINON – Da chi l'avete ricevuto, padrone?... Dall'inferno, forse!...

DON GIOVANNI – Se è l'inferno che vuole che gli uomini imparino a cercare la verità in se stessi e intorno a loro, che imparino ad amarla... allora sì: è stato l'inferno!

CATALINON (indietreggiando) – E' spaventoso... ora, veramente, vi guardo con orrore!

DON GIOVANNI – Hai cambiato idea... a spaventarti, ora, sono quelli che si scrollano di dosso la polvere di morte. (Catalinon continua ad indietreggiare fino a urtare con la schiena la statua di Don Gonzalo. Si volta e subito si rannicchia a lato con il capo nascosto fra le braccia).

CATALINON (con un urlo) – Ah, padrone!... Che cosa ho visto!...

DON GIOVANNI (con una mano sulla spada) – Che c'è?

CATALINON – Là!... Il padre di Donna Anna... è tornato!...

DON GIOVANNI – Che cosa dici... animale!... (Si avvicina)... Toh!... Hai ragione: è tornato... adesso pesa un po' di più, per via del bronzo che ha addosso, ma è sempre lui... tutto gonfio di presunzione come un tacchino.

CATALINON – Non sta bene, padrone, parlare così di un uomo che avete ucciso.

DON GIOVANNI – Dovrebbe essermi riconoscente, Don Gonzalo De Ulloa: io l'ho aiutato a realizzare il suo sogno: diventare un monumento. Ora è fermo per sempre nell'atteggiamento più nobile che abbia mai avuto... prima, invece, c'erano anche i momenti in cui si grattava il naso. E' vero che ora nella sua testa c'è bronzo fuso... ma che cosa pensi che ci fosse, prima, quando credeva di essere vivo?

CATALINON – Non sta bene, padrone!... Era un guerriero glorioso e voi non l'avete lasciato invecchiare.

DON GIOVANNI – L'ho colto nel momento più felice della sua carriera: era appena tornato da una battaglia vittoriosa. Chi potrà più sconfiggerlo, ormai? Se avesse continuato, invece, avrebbe forse conosciuto la disfatta o la fuga... oppure avrebbe perso la testa, quella testa ora così venerata, per una baldracca di vent'anni e sarebbe finito nel generale, ipocrita disprezzo. (Torna ad avvicinarsi alla statua mentre Catalinon si fa ripetuti segni della croce mormorando preghiere) No, in fondo io non ho niente contro di voi, Don Gonzalo... anzi, un po' di simpatia, forse: anche voi siete una vittima di coloro che nascondono la cupidigia e la viltà dietro le vostre imprese militari, di coloro che vi mandano con la spada in pugno a difendere i loro vizi travestiti da virtù.

CATALINON – Ha difeso l’onore di sua figlia.

DON GIOVANNI – ... Già... Donna Anna... aveva un delizioso neo sul collo...

CATALINON – Solo quello ricordate di lei?

DON GIOVANNI – E' colpa mia se, per il resto, era perfettamente identica alle altre?

CATALINON – Avete ucciso un uomo per un neo?!...

DON GIOVANNI – E' poco, vero?... Eppure, Don Gonzalo, per quel neo, avrebbe sterminato un esercito. (Rumori).

CATALINON – Eccoli!... Ritornano!...

DON GIOVANNI – Vai a vedere: l'alba che sta per sorgere deve essere soltanto mia. (Catalinon si allontana e ritorna subito).

CATALINON – C'è una sola persona che sta attraversando la piazza... è ancora lontana e non si distingue bene. (Don Giovanni va con Catalinon verso l'uscita).

DON GIOVANNI – E' una donna, animale!... E' Stella!... Non vedi l'alba che si annuncia nel cielo?!... Vai a svegliare un frate... e che prepari tutto, come se dovesse celebrare la cerimonia.

CATALINON – Riflettete, padrone, siete ancora in tempo.

DON GIOVANNI – Non hai inteso?

CATALINON – Rinunciate a quest'ultimo peccato.

DON GIOVANNI – Dovrò bastonarti?!

CATALINON – La giustizia divina è implacabile, come la sua pietà è infinita.

DON GIOVANNI (slanciandosi su di lui) – Furfante, canaglia!...

CATALINON (fuggendo) – Vado, padrone, vado... (Catalinon esce correndo. Entra una donna avvolta in un mantello: Don Giovanni le va incontro).

DON GIOVANNI – Stella!... Amore mio... è stata un'attesa troppo lunga: stanotte il mio tempo era immobile...

DONNA ANNA – Anche il mio... Don Giovanni Tenorio!... (La donna lascia cadere il lembo del mantello che le copre il volto. Don Giovanni fa un passo indietro e piega a terra un ginocchio).

DON GIOVANNI – Donna Anna!...

DONNA ANNA – Non riuscirete a compiere un nuovo delitto, sciagurato! Stella è mia amica... mi ha confidato tutto, ed io vi ho riconosciuto nel suo racconto... non potevo ingannarmi... anche se riferite da Stella, le vostre parole portano il fuoco della menzogna, la ferita dell'inganno.

DON GIOVANNI (a testa bassa) – Benvenuta, signora... io non osavo aspettarvi... sapevo di non meritare tanta grazia... ma il Cielo è misericordioso con me...

DONNA ANNA – Non bestemmiate in mia presenza!

DON GIOVANNI – E' un segno del Cielo se voi siete giunta fin qui, ai piedi della statua di vostro padre, per compiere la vostra vendetta... (Cava la spada dal fodero e la porge alla donna). Ecco, signora... non vi tremi la mano: è giustizia divina la vostra. Mettete nel colpirmi tutta la collera... e anche se mi avete perdonato, colpite lo stesso, per darmi la vostra pietà cristiana.

DONNA ANNA (getta la spada) – No... questa spada che ha toccato il sangue di mio padre non può immergersi nel vostro.

DON GIOVANNI – Siate pietosa... liberatemi da questa vita insopportabile!

DONNA ANNA – La scure del boia è quella che occorre.

DON GIOVANNI – A quale lunga attesa mi condannate ancora!

DONNA ANNA – Brevissima. Vi stanno cercando in tutta la città: non potete sfuggire.

DON GIOVANNI – Ma la grazia del re può sempre salvarmi all'ultimo momento.

DONNA ANNA – Affronti ognuno le proprie responsabilità.

DON GIOVANNI – Non sfuggite alle vostre, allora. Domani potrete sentirvi mia complice per tutto quello che potrei ancora commettere.

DONNA ANNA – Sono già vostra complice per la morte di mio padre.

DON GIOVANNI – Cancellate la vostra colpa: è il momento. Non sapete leggerlo, dunque, il segno, in questo ritrovarci, voi ed io, accanto a questo bronzo maledetto che ha schiacciato tutte le mie speranze, che ha distrutto ogni mio desiderio di esistere?

DONNA ANNA – Dentro di voi è sempre stata la distruzione, non fuori.

DON GIOVANNI – Ma non ho avuto più scelta, a un certo punto: il mio destino era stato colato nel metallo... e il vostro, anche.

DONNA ANNA – Il mio?... Che volete dire?

DON GIOVANNI – Mai colpo di spada ha separato tanto, mai punta di spada ha scritto parole così definitive.

DONNA ANNA – Dove cercate di giungere? Sono armi pericolose, le parole, sulla vostra bocca.

DON GIOVANNI – C'erano pianure sterminate davanti... ma ormai ero inchiodato a quel bronzo... una piccola traccia di sangue tra noi, come muro invalicabile...

DONNA ANNA – ... Fra noi?...

DON GIOVANNI – Tra voi e me, Donna Anna.

DONNA ANNA – Che arte perfida la vostra, Don Giovanni! Come riuscite a controllare ogni parola, a modulare ogni suono, a far scivolare la voce con il suo morbido veleno?!

DON GIOVANNI – Perché dovrei mentirvi, ormai? La morte è sulla piazza che mi aspetta.

DONNA ANNA – Volete cogliere l'ultima vittoria, lasciarmi un pugnale piantato nella carne.

DON GIOVANNI – Il mio corpo è pieno di ferite: si sono aperte nel momento stesso in cui incrociavo la spada con quella di Don Gonzalo.

DONNA ANNA – Avanti, vibrate il colpo: sono pronta!

DON GIOVANNI – Io vi amavo, Anna... e l'ho gridato disperatamente a quel vecchio che mi cercava con la spada... ma ormai era già diventato bronzo con le orecchie, il cuore, la mente... aveva di fronte il suo nemico, si avventava selvaggio contro un esercito di Mori... cosa poteva il mio grido contro la montagna del suo onore?

DONNA ANNA (gridando) – E Stella?!

DON GIOVANNI – Una delle tante che sono venute dopo di voi... una delle tante che sarebbero ancora venute se sulla piazza non fosse già pronto il mio ceppo.

DONNA ANNA – E' questa la vostra risposta?!

DON GIOVANNI – Cercavo di ritrovare un'immagine, un corpo... ho cercato dovunque... ogni volta era una luce improvvisa che si accendeva per un attimo: vedevo la forma di un solido cui aggrapparmi... ma c'era il vuoto, invece... soltanto aria intorno, deserto di aria... e luci di fantasmi nel buio gelido.

DONNA ANNA – Come fate, Don Giovanni, come fate a conoscere così bene i cuori umani... come fate a trovare le corde che più vibrano?

DON GIOVANNI – Conosco il mio cuore, signora... un tempo ha battuto insieme col vostro e non ho ancora dimenticato quel ritmo.

DONNA ANNA – Tacete!... Ho paura di ascoltarvi... ora che tutto vacilla intorno a me, ora che tutto si schianta...

DON GIOVANNI – Vi ritrovo, finalmente, Anna, come in quella notte...

DONNA ANNA – Allora, usale bene le tue parole, Don Giovanni: trafiggono e tagliano... e si stendono come olio sulle ferite brucianti.

DON GIOVANNI – ... Sì. anche quella notte eravate bella con i vostri occhi pieni di colpa, incatenata dal pudore, eppure trascinata per i mari e per i cieli dal desiderio... eravate bella come oggi che ogni gesto verso di me è un sacrilegio orrendo... oggi, con la vostra paura folle nel cuore, ma una morbidezza invincibile nelle braccia, in tutto il corpo... un desiderio insopprimibile di offrirvi, di raccogliermi sul vostro seno...

DONNA ANNA (tendendo le braccia) – Amore!...

DON GIOVANNI (abbracciandola) – Attenta, Anna, l'inferno è vicino!

DONNA ANNA – Non vedo che te, amore.

DON GIOVANNI – Attenta, Anna: un gesto come il tuo scatena l'ira dei venti, scioglie le pietre del tempo.

DONNA ANNA – Non ho più paura, ormai. Ti ho cercato anch'io, disperatamente, senza saperlo. Eri dentro di me, in ogni pensiero, in ogni lacrima, in ogni grido. Eri il mio nero velo di lutto, il pugnale col quale volevo punirti, il rosario che stringevo per pregare... non ti vedevo, amore: il sangue versato mi offuscava la vista, il grido di agonia mi riempiva gli orecchi.

DON GIOVANNI – Ti ho ritrovata, dunque, ora che è troppo tardi, ora che il mio cammino s'è concluso.

DONNA ANNA – Che cosa dici?! Non voglio più perderti ora.

DON GIOVANNI – No, Anna; quel vecchio alle nostre spalle ha deciso per noi.

DONNA ANNA – Zitto, amore! Non abbiamo più famiglia, né amici... io e te soli, lontano da tutti, contro tutti, se è necessario.

DON GIOVANNI – Troppo tardi, Anna.

DONNA ANNA – Non è tardi, ti dico... fuggiremo subito, sulla mia carrozza: è l'unica in tutta la città che nessuno oserà perquisire... andremo lontano, dove nessuno potrà mai raggiungerci...

DON GIOVANNI – Nemmeno lui? (Indica la statua).

DONNA ANNA – Zitto! Non chiedermi nulla: io ti ho perdonato.

DON GIOVANNI – Hai lavato tutte le mie infamie...

DONNA ANNA – Tutte, amore.

DON GIOVANNI – ... Mi hai assolto per le donne che ho ingannato, per i figli che non conoscerò mai...

DONNA ANNA – E' sbocciata una nuova stagione per noi.

DON GIOVANNI – ... Ho ucciso tuo padre!

DONNA ANNA – Ma io ti amo!...

DON GIOVANNI – E ti basta?

DONNA ANNA – Sì, amore... fuggiamo, presto... fuggiamo!...

DON GIOVANNI (urlando) – No!... (Rivolto alla statua)... Sei stato ingannato, vecchio!... Difendevi il suo onore, e lei mi ha già perdonato... è pronta ad accogliermi nel suo letto, perché la mia voce scivola dentro di lei: la soddisfazione della sua libidine le sembra una ragione sufficiente!... Vecchio imbecille!

DONNA ANNA – Mostro!... Mostro!... (Fugge singhiozzando).

DON GIOVANNI – Catalinon!... Hai sentito, Catalinon?!

CATALINON (appare dall’ombra) – Eravate salvo, padrone!...

DON GIOVANNI – Hai sentito?... Era pronta a tutto pur di appagare i suoi sensi!... Allora, è giusto anche quello che io ho fatto per appagare i miei. Se quella è la sua giustificazione, perché non dovrebbe valere anche per Don Giovanni Tenorio?... Che cosa facciamo qui, Catalinon? Via, fuori!... Nessuno potrà condannarmi!...

CATALINON (trattenendolo) – Padrone, per carità!...

DON GIOVANNI (svincolandosi) – ... C'è posto anche per me là fuori... nessuno me lo potrà negare!...

CATALINON (tenta invano di trattenerlo e lo segue verso l'uscita) – In nome del Cielo, padrone... dove andate?... Fuori di qui è finita per voi... padrone!... E' finita!… (Piange. Buio).

(Mister Johann e Lucas).

LUCAS – Conoscete già la mia opinione: questa indagine vi ha portato troppo lontano, la strada si è persa.

MISTER JOHANN – Mi si è aperta davanti, invece, inaspettatamente... rivivere il colloquio col Grande Kirby: quanti sentimenti si agitavano dentro di me quel giorno! Era difficile scoprire il più importante.

LUCAS – Siete sicuro che esistesse? Poteva essere uno dei tanti che, per caso, si trovava a sporgere da quel mosaico.

MISTER JOHANN – No, Lucas: era al centro di tutti, e ha ripreso il suo posto poco fa, quando parlavo agli altri qui riuniti.

LUCAS – E' strana questa vostra ansia di cercare, di conoscere. Non riesco a capirla, lo ripeto: io mangio il mio pane e non mi chiedo se è la fame a farmi spalancare la bocca o il bisogno di muovere le mascelle.

MISTER JOHANN – Non puoi capire che cosa provo nell'aver fatto questa scoperta?

LUCAS – No. Penso che non tutti gli angoli della nostra coscienza possano essere esplorati da un'analisi razionale.

MISTER JOHANN – Per paura, Lucas?

LUCAS – Forse.

MISTER JOHANN – Dovevo andare fino in fondo. Poco fa ho detto parole definitive: non potevano essermi nate per caso sulla bocca.

LUCAS – E che cosa avete trovato, in fondo?

MISTER JOHANN – La mia vera vocazione. Sai qual'era il sentimento che dominava sugli altri quel giorno in cui il Grande Kirby accettava il mio progetto?... Provavo una gioia sconvolgente, pensando che dalla posizione alla quale sarei salito avrei potuto colpire.

LUCAS – Colpire coloro di cui volevate vendicarvi?

MISTER JOHANN – Non solo loro... anche gli altri che erano qui poco fa.

LUCAS – Nessuno escluso?

MISTER JOHANN – Nessuno.

LUCAS – Allora penso che avete perduto del tempo con le vostre ricostruzioni: queste cose si spiegano facilmente con la psicanalisi.

MISTER JOHANN – Lo credi veramente?

LUCAS – Certo. C'è un'infanzia infelice all'origine... miseria e ingiustizia... e c’è una strada difficile da percorrere: sacrifici duri, umiliazioni da sopportare in silenzio... ma c'è anche qualcosa di solido su cui appoggiarsi, qualcosa che aiuta: l'odio. Il guerriero barbaro ha conquistato la città. Ora ammira lo splendore dei palazzi, dei monumenti, dei templi... ma le fatiche sopportate durante l'assedio soffocano la gioia del trionfo: l'odio prevale e la città viene rasa al suolo.

MISTER JOHANN – Non ci sono palazzi, né templi: solo nidi di vipere e tane di lupo. Voglio colpire la loro fame rabbiosa, punire la loro ferocia disumana.

LUCAS – La vostra immagine, dunque, volete colpire?

MISTER JOHANN – E' il peggiore delitto che io rimproveri loro, quello di avermi costretto ad essere come sono.

LUCAS – Dunque, se ho ben capito, la vostra scalata al potere è incominciata sotto la spinta dell'ambizione: volevate conquistare la ricchezza e la fama...

MISTER JOHANN – E' incominciato così, infatti.

LUCAS – Poi avete trovato gente priva di scrupoli che vi ha danneggiato, umiliato. Allora in voi è maturato un desiderio di rivincita: la vendetta è stata il vostro principale obiettivo...

MISTER JOHANN – Sì, Lucas: è così.

LUCAS – ... Ed ora quest'odio esce dal chiuso dei vostri fatti personali, si rovescia fuori dai suoi confini...

MISTER JOHANN – ... Sui responsabili, Lucas... e lo sono in molti... non del mio miserabile fatto privato, ma di un male pubblico che essi provocano, accettano, perpetuano.

LUCAS – E' un male antico. Come potete stabilirne le origini?

MISTER JOHANN – Io so che il mondo è fatto a loro somiglianza: per questo li ritengo responsabili.

LUCAS – Assurdo! E' come la prua di una nave che taglia le onde: dietro, il solco sparisce e le acque si richiudono. Credete che, dopo questi, non ne arriveranno altri, in tutto simili a loro? E poi, che senso ha l'odio che diventa principio morale, che solleva la spada della giustizia?

MISTER JOHANN – No, Lucas, non un giustiziere: ho troppa sporcizia attaccata addosso. Il giustiziere è una statua di virtù e di eroismo, ha un preciso concetto del bene... ma il boia no: è nel vizio e nel peccato fino al collo, non può sollevare che i ferri della tortura, lo staffile della punizione... conosce solo il male che ha vicino, il dolore che sa dare. Il punitore è la mia vocazione!

LUCAS – Esercitatelo, allora, come si conviene, questo mestiere. I palchi del supplizio si alzano sulle piazze, non in cima alle montagne, il boia scalda i ferri nel braciere, non nella lava dei vulcani, passa la pietra sulla scure, non sogna di affilare la falce della luna. Di punitori ne nascono a volte tra gli uomini: ora si chiamano Oreste, ora Amleto, ma, di solito, il loro esercizio è familiare, la loro punizione, privata.

MISTER JOHANN – Si chiamano anche Don Giovanni, qualche volta... quanto tempo è passato da allora, Lucas?... E che cosa è rimasto?... Quasi niente: poche pietre graffiate dal tempo, qualche cronaca dell'epoca... e una figura intatta nel suo disegno, nel suo colore, nel vento che la circonda: Don Giovanni. Perché lui solo... perché soltanto lui è ancora così vivo nella nostra coscienza?

LUCAS – Voi avete già risposto, vero?

MISTER JOHANN – Sì. Perché è stato il primo a trasformare in pubblica la sua ribellione privata, il primo ad affermare la propria libertà contro l'oppressione della morale e della fede. E' ancora vivo perché ha osato sfidare il suo tempo, perché ha rifiutato le comode formule di un'esistenza felice e spensierata, per rincorrere il dubbio e l'insoddisfazione che ancora oggi ci divorano, per seguire la rivolta che gli era nata dentro nello stesso momento in cui aveva scelto la sua carriera di punitore.

LUCAS – Guardate anche voi nei secoli che devono venire, mister Johann?

MISTER JOHANN – E chi ti ha detto che la mia sia una posizione di umiltà? Forse è l'atto più grave di una smisurata presunzione.

LUCAS – Avete ragione: la vostra è una zona di ambizione sfrenata, di un nuovo esercizio di potenza più complicato e rischioso.

MISTER JOHANN – Lo porterò a termine nei limiti che mi sono consentiti.

LUCAS – Seducendo fanciulle o... (Indica il busto)... invitando a cena il vostro commendatore De Ulloa?

MISTER JOHANN – Sono passati troppi secoli, Lucas. Che cos’è rimasto ancora di sacro in loro? Onore, virtù, sentimento religioso? Nulla. Una sola cosa difendono con rabbia accanita: il denaro... ed io li colpirò proprio in quel punto. Del loro denaro ormai ne controllo parecchio.

LUCAS – E pensate che vi lasceranno agire?

MISTER JOHANN – Troverò persino degli alleati, al principio: si azzanneranno famelici, gli uni contro gli altri.

LUCAS – E dopo, quando avranno compreso il vostro piano?

MISTER JOHANN – Per loro sarà troppo tardi.

LUCAS – Non è mai troppo tardi per comperare un sicario.

MISTER JOHANN – Quando verrà quel momento incomincerò a guardarmi alle spalle.

LUCAS – E perché non subito? Quello che avete detto poco fa non lasciava speranze in chi vi stava ascoltando.

MISTER JOHANN – E' stato un errore... mi sono lasciato trascinare dalla collera.

LUCAS – Un imperdonabile errore. Siete pronto a sopportarne le conseguenze?

MISTER JOHANN – Che cosa vuoi dire?

LUCAS – Se Vector ha capito il vostro piano... se l'ha capito Gurgi o Ladog o qualcuno degli altri, ormai è chiaro che voi avete lasciato loro una sola via di scampo... e, forse, in questo momento, il sicario introduce un caricatore nell'arma.

MISTER JOHANN – Ma che cosa dici?!

LUCAS – Se l'hanno capito, per voi è finita, state certo. Non c'è posto in questo mondo per chi non accetta il compromesso.

MISTER JOHANN – Ah, Lucas... che cosa stai pensando?!

LUCAS – E voi perché non pensate alle minacce che hanno pronunciato prima di andarsene?

MISTER JOHANN – Non li conosci bene: sono abituati a barare.

LUCAS – Ma se avessero capito, Mister Johann?... Allora quella statua sarebbe riaffiorata dal tempo con un significato attuale.

MISTER JOHANN – Ti sbagli: è il Grande Kirby, quello.

LUCAS – Avete frugato a lungo nel profondo della vostra coscienza e vi rifiutate di vedere quello che avete davanti.

MISTER JOHANN – Che cosa devo vedere?

LUCAS – Che siamo rimasti stranamente soli, in tutto il palazzo.

MISTER JOHANN – Non è vero. (Fa qualche passo verso il fondo: gridando)... ehi, di là... ehi!... Non c’è nessuno qui?!(Torna al tavolo e schiaccia inutilmente una tastiera di campanelli, quindi solleva il ricevitore di un telefono e lo lascia ricadere)... Non funzionano... che cosa vuol dire, Lucas?!...

LUCAS (con forza) – Hanno capito!

MISTER JOHANN – Non è possibile.

LUCAS – Quella è la statua di Don Gonzalo De Ulloa… e qui finisce l'esistenza di Don Giovanni Tenorio.

MISTER JOHANN (urlando) – No! (Fa per slanciarsi avanti, ma Lucas lo ferma con la mano. Rumori).

LUCAS – Sentite questo rumore di passi?

MISTER JOHANN – Si avvicina qualcuno... di là… no, è da quella parte!... (Rumori).

LUCAS – E questo rumore metallico, lo sentite?... (Si allontana nel buio).

MISTER JOHANN – Dove vai, Lucas?...

LUCAS – Io non c'entro con voi!

MISTER JOHANN – Aspettami... vengo con te...

LUCAS – No... voi no, mister Johann... (Mister Johann fa qualche passo per seguire Lucas, ma il buio lo ricaccia accanto alla tavola. Ora cerca di identificare il punto da cui vengono i rumori, finalmente crede di averlo individuato e si rivolge alla persona nascosta nell'ombra. E' agitato e si asciuga il sudore).

MISTER JOHANN – Non sparare!... Chiunque tu sia, aspetta... io non ho paura di morire, ma non posso finire la mia vita, ora... non resta nulla di me se mi uccidi, neppure un gesto... soltanto un gesto a ricordarmi... se mi uccidi è stato tutto inutile, tutto sbagliato: un solo pugno di terra basterà a ricoprirmi... aspetta, ti ho detto... abbassa quell'arma... non sparare! (Gridando)... No!... (Buio).

(Interno della chiesa. Ai piedi della statua del Commendatore c'e' il corpo di Don Giovanni, bocconi, coperto da un mantello. Intorno, nobili e consiglieri del re).

PRIMO CONSIGLIERE – Eccolo, il violentatore di fanciulle, il nemico di Dio e dell'onore!

SECONDO CONSIGLIERE – La giustizia l'ha colpito, finalmente!

TERZO CONSIGLIERE (s'e chinato sul corpo, alzando leggermente il mantello) – ... Sei volte ha colpito... alla schiena... una sola sarebbe bastata.

SECONDO CONSIGLIERE – Sei ferite di spada?

TERZO CONSIGLIERE – Di pugnale... almeno così sembra.

PRIMO CONSIGLIERE – I militari di pattuglia dovevano pure difendersi... e entrato in mezzo a loro come una furia.

SECONDO CONSIGLIERE – Dovevano difendersi... alle sue spalle.?

PRIMO CONSIGLIERE – Avete da far loro qualche rimprovero?... O sei colpi di pugnale vi sembrano una fine indegna per un empio?

TERZO CONSIGLIERE – Era anche un nobile, Don Giovanni Tenorio: non è prudente che il popolo sappia che i nobili possono cadere sotto i colpi di pugnale.

PRIMO CONSIGLIERE – Sarebbe stato meglio averlo veduto morire nelle mani del boia, certo. Il comandante della pattuglia sarà giudicato duramente.

SECONDO CONSIGLIERE – Ci siamo liberati di un peccatore, ma abbiamo perso l'occasione di punire esemplarmente il peccato.

PRIMO CONSIGLIERE – Animo, signori! Sembra che questo cadavere pesi soltanto sulle vostre coscienze. Tutti insieme abbiamo voluto la sua morte.

TERZO CONSIGLIERE – Non così, però: è un cadavere di cui difficilmente potremo disfarci.

SECONDO CONSIGLIERE – E che cosa dirà il re?

PRIMO CONSIGLIERE – Consalvo ha preso l'impegno di informarlo.

SECONDO CONSIGLIERE – E se non dovesse approvare?

PRIMO CONSIGLIERE – Allora Sua Maestà dovrà accettare il fatto compiuto: ha pur firmato la condanna a morte.

TERZO CONSIGLIERE – Ma per il popolo non sarà una condanna eseguita, ma un assassinio.

PRIMO CONSIGLIERE – Vi spaventate per il popolo? Fra loro Don Giovanni non aveva alcun seguito.

TERZO CONSIGLIERE – Non aveva seguito? E a che cosa doveva servire la sua morte, allora?

PRIMO CONSIGLIERE – Aveva degli spettatori delle sue prodezze. Noi volevamo evitare che in futuro ne diventassero seguaci.

TERZO CONSIGLIERE – E che cosa mostriamo, ora? Che la dissolutezza trova sempre un castigo? Che se la giustizia divina tarda a venire, c'è quella terrena che colpisce?

SECONDO CONSIGLIERE – ... E che giustizia è quella che affonda il pugnale nella schiena?

PRIMO CONSIGLIERE – Nessuno verrà mai a chiederci conto della sua fine.

TERZO CONSIGLIERE – Che ne sapete di cosa fanno i morti sotto terra? A volte scavano buche, in tutte le direzioni, e rispuntano al sole dove meno si pensa.

PRIMO CONSIGLIERE – Non verrà nessuno, vi dico!

TERZO CONSIGLIERE – Auguriamocelo, perché stanotte, anziché colpire un peccatore, forse abbiamo dato vita a un eroe.

SECONDO CONSIGLIERE (indicando con la testa) – Il Re! (Tutti si inchinano. Entrano il Re e Consalvo che si appartano vicino al proscenio).

IL RE – Vi sembra giusto quello che avete fatto, Consalvo?

CONSALVO – E' per il bene dello stato, per il vostro bene, Maestà.

IL RE – Ecco quello che dite quando non sapete cosa rispondere.

CONSALVO – Perché, non avrei forse doveri verso Vostra Maestà e verso lo stato?

IL RE – Fino a questo punto vi portano quei doveri?

CONSALVO – Anche oltre, Maestà.

IL RE – Oltre? E com'è possibile andare più in là?! Il cortile del palazzo è pieno di cavalieri, di cani e di cavalli: la caccia sta per prendere il via, non si aspetta che il mio arrivo... e voi vi precipitate nelle mie stanze e mi trascinate, quasi a forza, in questo luogo!

CONSALVO – Non si poteva fare in altro modo.

IL RE – Oh, Consalvo, vi prego, rimandate questa riunione... non si può lasciare tanta gente ad aspettare, all'alba, in un cortile...

CONSALVO – Aspetteranno, Maestà.

IL RE – Non sono servi, Consalvo, ma nobili.

CONSALVO (indicando) – Anche i vostri consiglieri sono nobili, e anche loro hanno aspettato il vostro arrivo.

IL RE – Ci sono anche gli ambasciatori della Francia nel mio cortile... che cosa diranno di me? Mi volete esporre alle loro critiche?

CONSALVO – Un re che si assenta dai piaceri mondani per seguire gli affari di stato, è criticato sempre benevolmente.

IL RE – Affari di stato così urgenti da non poter attendere la fine della caccia?

CONSALVO – Sì, Maestà... compiacetevi di seguirmi... (Si avvicinano alla statua. Due servi portano una poltrona. Il Re siede).

CONSALVO – ... Maestà, la notte eterna è calata su Don Giovanni Tenorio: quel mantello pietoso ricopre il suo corpo...

IL RE – Com'è stato ucciso?

PRIMO CONSIGLIERE – Tentava di fuggire, sapendosi ricercato, ma una pattuglia di soldati gli ha sbarrato il passo.

IL RE – Dov'è stato ferito?

PRIMO CONSIGLIERE – ... E' caduto dopo un duro combattimento... non c'è stata alcuna possibilità di prenderlo vivo.

IL RE – Abbiamo chiesto dov'è stato ferito.

CONSALVO (pronto) – Al petto, Maestà, da un colpo di spada.

IL RE (si alza) – Vorremmo vederlo.

CONSALVO (fa un passo verso di lui) – Devo risparmiare a Vostra Maestà una visione sgradevole.

IL RE – Sollevate quel mantello.

CONSALVO (sbarrando la strada ai servi) – Il suo viso è marcato dal peccato: nei suoi occhi sbarrati, nella smorfia orribile della sua bocca, s'intravede l'inferno.

IL RE (torna a sedersi) – Don Giovanni è morto: ora, dunque, in Castiglia le capre torneranno a nascere con una sola testa. Che cosa volete ancora da noi?

CONSALVO – Vostra Maestà deve sottoscrivere il bando che porti la notizia di questa morte in ogni angolo dello stato.

IL RE – Leggeteci questo bando.

CONSALVO – Vorrei prima che Vostra Maestà riflettesse sul significato della condanna pronunciata contro Don Giovanni e su come questa ha dovuto essere eseguita.

IL RE – Che cosa volete dire?

CONSALVO – Un nobile che muore per un colpo di spada, è caduto con onore in un duello...

PRIMO CONSIGLIERE – ... quasi come sul campo di battaglia.

CONSALVO – ... dov'è il sacrilegio punito, la virtù vendicata... l'esaltazione dell'esempio, dov'è?

IL RE–Dunque?

CONSALVO – La vita scandalosa di Don Giovanni non può essere troncata che da un atto solenne di giustizia.

IL RE – C'è stata una condanna a morte.

PRIMO CONSIGLIERE – Ma l'esecuzione pubblica è mancata.

CONSALVO – ... Dunque, poiché la nostra, quella umana, è fallita, dovrà intervenire la giustizia divina.

IL RE– E in che modo?

CONSALVO – Il bando al quale Vostra Maestà apporrà la sua firma, dirà che Don Giovanni ha trovato la morte qui, accanto alla statua dell'uomo che aveva ucciso, inghiottito dall'inferno.

IL RE – Siete tutti impazziti?! Come osate avanzare una simile proposta... non temete la scomunica?!

CONSALVO – Se la morte di quest'uomo non serve per rafforzare il bene, per far tremare i corrotti, noi l'abbiamo ucciso invano, ci siamo tutti macchiati di assassinio.

IL RE – Avete voluto che noi lo condannassimo senza spiegarci bene il suo delitto, ed ora pretendete che noi sottoscriviamo la sua discesa all'inferno!

CONSALVO – Abbiamo bisogno dell'inferno, Maestà!

IL RE – Non contate su noi.

CONSALVO – L'avrebbe già trovato l'inferno, se non fosse intervenuta una maldestra operazione militare.

IL RE – Quello che abbiamo detto è definitivo. (Consalvo, con un gesto, allontana gli altri, quindi si avvicina al Re).

CONSALVO – E' da un'ora almeno che, nel cortile del palazzo, i vostri invitati aspettano la partenza per la caccia...

IL RE – Lo capite anche voi, Consalvo, che è un'attesa troppo lunga?

CONSALVO – Certo, Maestà... e penso anche al lavoro che avranno gli stallieri nel tenere a freno i cavalli, impazienti di slanciarsi al galoppo per la campagna... e i cani che hanno già fiutato l’odore della selvaggina, chi riuscirà a trattenerli?

IL RE – Oh, Consalvo, vi prego, fate abbreviare quest'interminabile riunione!

CONSALVO – Posso fare di più, Maestà... posso interromperla.

IL RE – Davvero farete questo, Consalvo?

CONSALVO – Lo farò immediatamente, Maestà... (Srotola la pergamena che ha in mano)... prima, però, una firma su questo bando.

IL RE (dopo una breve esitazione) – Una penna, presto! (Gli porgono una penna. Il Re firma, quindi fa per alzarsi di slancio).

CONSALVO – Non così in fretta, Maestà... un sovrano deve rivestire di solennità e di eleganza ogni suo gesto... tutto in lui deve esprimere calma e ponderazione, perché ognuno sappia che ogni suo atto è stato prima meditato e misurato. (Il Re esce a passi lenti, mentre tutti si inchinano. Consalvo consegna la pergamena a uno dei presenti).

CONSALVO – ... Che sia gridata in tutto il paese, anche nelle contrade più sperdute: nessuno deve ignorare quale fine è toccata a Don Giovanni Tenorio... (L'altro esce in fretta con il bando. Consalvo ai servi)... e voi portate lo zolfo e la pece necessari per cospargere questo corpo e alimentare un gran rogo.

TERZO CONSIGLIERE – Siete stato molto abile, Consalvo, ma avete dimenticato il servo di Don Giovanni: non possiamo lasciarlo in vita.

CONSALVO – E perché mai? Io dico, anzi, che potrà fornire la testimonianza più sicura di ciò che ci preme far sapere.

TERZO CONSIGLIERE – Dimenticate che egli ha visto bene com’è morto il suo padrone.

CONSALVO – Se quell'uomo che ha seguito in vita Don Giovanni, assistendo a tutte le sue scelleratezze, non riesce a convincersi che il suo padrone è stato inghiottito dall'inferno, è segno che anche lui è un eretico empio e ribelle, degno solo di salire il patibolo.

PRIMO CONSIGLIERE – La sua testimonianza non ci mancherà, state certi. E non ci sfuggirà nemmeno il fine del nostro operato: l'atto esemplare, ammonitore terrificante.

TERZO CONSIGLIERE – E' vero: l'esempio che daremo avrà dimensioni più grandi del previsto, ma anche la figura di Don Giovanni crescerà di statura.

PRIMO CONSIGLIERE – Il suo delitto, volete dire, diventerà smisurato.

TERZO CONSIGLIERE – Certo... perché sarà stato quello di un gigante. Ora abbiamo risolto i nostri problemi, ma non ci lasciamo dietro un semplice peccatore, ma un uomo che ha osato sfidare il Cielo...

PRIMO CONSIGLIERE – ... e che è stato incenerito.

TERZO CONSIGLIERE – ... ma che ha tentato il confronto! E' stato utile all'Olimpo il mito di Prometeo?

CONSALVO – Avete ragione: il pericolo esiste, e non è lieve. Ogni peccato commesso è una sfida all'Onnipotente, in ogni trasgressione della legge rivive Prometeo. E' utile dirlo ad alta voce? Nessuno può stabilire, oggi, se il nostro è un errore. Noi non abbiamo altra scelta, se non quella di inchiodare un gigante alla montagna, perché sappiamo che Prometeo incatenato alla roccia è un esempio tremendo della collera di Giove...

TERZO CONSIGLIERE – ... finché gli uomini avranno terrore dell'Olimpo.

CONSALVO – ... Ognuno ha davanti il proprio tempo e secondo questo decide. Verranno altre stagioni sul mondo: stagioni di odio o di amore, gioia o disperazione, rabbia o perdono... forse, verrà anche la stagione della giustizia e noi saremo giudicati duramente... ma oggi, noi uomini responsabili, dobbiamo correre questo rischio... (A un servo)... qua, una torcia!... (Appicca il fuoco)... E ora, fate suonare le campane a distesa... spalancate le porte... e che il popolo entri!... Oggi è giorno di festa: l'empio è stato punito... il sacrilegio è vendicato!... L'anima di Don Giovanni Tenorio è sprofondata nell'inferno!

(Le campane suonano. Musica d'organo. Tutto il palcoscenico si é trasformato in una navata di chiesa illuminata. Alcuni popolani entrano esitanti e si fermano a distanza, intimoriti, a guardare le fiamme che circondano il corpo di Don Giovanni).

SIPARIO