Federico Garcìa Lorca
DONNA ROSITA NUBILE
o il linguaggio dei fiori
Traduzione di Cesare Lievi
PERSONAGGI
Donna Rosita
La Governante
La Zia
Prima Manola
Seconda Manola
Terza Manola
Prima Zitella
Seconda Zitella
Terza Zitella
Madre delle Zitelle
Prima Aiola
Seconda Aiola
Lo Zio
Il Cugino
Il Professore di Economia
Don Martino
Il Giovane
Due Facchini
Una Vice
ATTO PRIMO
Stanza che dà su una serra.
ZIO E le mie sementi?
GOVERNANTE Erano lì.
ZIO non ci sono più.
ZIA Elleboro, fucsie, crisantemi, Louis Passy violaceo e altea bianca argento con punte di eliotropio.
ZIO Dovete avere cura dei fiori.
GOVERNANTE Lo dice a me?
ZIA Sta’ zitta. Non ribattere.
ZIO Lo dico a tutti. Ieri ho trovato le sementi delle dalie calpestate a terra. (Entra nella serra) Voi avete la minima idea di cos’è la mia serra. Dal milleottocentosette, anno in cui la contessa di Gand ottenne la rosa mucosa, nessuno al di fuori di me in Granada è riuscito a ottenerla, neppure il botanico dell’università. Esigo che abbiate più rispetto delle mie piante.
GOVERNANTE Che io le rispetto forse?
ZIA Siete peggio una dell’altro.
GOVERNANTE Sì, signora. Per non dire che a forza di annaffiare i fiori e gettare tanta acqua dappertutto usciranno rospi dal divano.
ZIA Il profumo ti piace però.
GOVERNANTE No, signora. I fiori mi sanno di bimbo morto, di monache o altari in chiesa. Di cose tristi. Se c’è una arancia o a una mela cotogna, non c’è rosa al mondo che tenga. Ma qui ... rose a destra, basilico a sinistra, anemoni, salvia, petunie e questi fiori tanto di moda adesso, i crisantemi, arruffati come teste di zingare. Quanto vorrei veder piantati in questo giardino un pero, un ciliegio, un albero di cachi.
ZIA Per mangiarteli!
GOVERNANTE E’ per questo che abbiamo la bocca ... Come dicono al mio paese:
La bocca serve per mangiare
le gambe per ballare
e c’è una cosa delle donne ...
(Si ferma, si avvicina alla zia e le parla sottovoce)
ZIA Gesù! (Si fa il segno della croce)
GOVERNANTE Sono porcherie che dicono in campagna. (Si segna anche lei)
ROSITA (Entra in fretta ed è vestita di rosa con un abito alla moda novecento, adorno di nastri e con le maniche a prosciutto). Il mio cappello! Dov’è il mio cappello? Han già suonato le campane di San Luigi.
GOVERNANTE L’ho lasciato sul tavolo.
ROSITA Eppure non c’è.
(Lo cercano. La governante esce)
ZIA Hai guardato nell’armadio?
(La zia esce)
GOVERNANTE (Entrando) Non lo trovo.
ROSITA E’ mai possibile che non si sappia dov’è il mio cappello?
GOVERNANTE Prendi quello azzurro con le margherite.
ROSITA Sei pazza?
GOVERNANTE Pazza sarai tu!
ZIA (Entrando) Su, eccolo qui.
(Rosita lo prende ed esce correndo)
GOVERNANTE Esige tutto in fretta e furia. Oggi vorrebbe che fosse già dopodomani e prende il volo e ci sfugge di mano. Da piccola voleva sempre che le raccontassi di quanto sarebbe stata vecchia: “La mia Rosita ha già ottant’anni ...” e così via. L’ha mai vista seduta a fare merletti a spola o a ricamare a punto chiacchierino e a punto pieno o a sfilare per ornarsi una camicetta?
ZIA Mai.
GOVERNANTE Sempre all’organo e dall’organo al coro. Dal coro all’organo e dall’organo al coro.
ZIA Potresti sbagliarti.
GOVERNANTE Forse, ma di poco.
ZIA Non l’ho mai contraddetta, è vero, ma com’è possibile essere duri con una creatura senza genitori?
GOVERNANTE Non ha padre, né madre, né un cane che le abbi dietro però ha uno zio e una zia che valgono un tesoro. (L’abbraccia)
ZIO (Da dentro) Questo poi è troppo!
ZIA Maria Santissima!
ZIO Va bene calpestare le sementi, ma spezzare le foglie alla pianta che ferisco ...! Una rosa molto più bella della muscosa, dell’ispida, della pomponiana, della damascena e dell’eglantina della regina Isabella! (Alla zia) vieni, vieni a vedere.
ZIA S’è spezzata?
ZIO No, non l’è successo nulla di grave, ma sarebbe potuto succederle.
GOVERNANTE Che catastrofe sarebbe stata!
ZIO Mi chiedo chi abbia potuto rovesciare il vaso.
GOVERNANTE Non guardi me per favore.
ZIO Allora sono stato io!
GOVERNANTE Non ci sono gatti? Non ci sono cani? Non può essere stato un colpo di vento entrando dalla finestra?
ZIA Va’ a spazzare la serra, su.
GOVERNANTE In questa casa non si può neppure parlare!
ZIO (Entrando) E’ una rosa che non ho mai visto, una sorpresa! la rosa reclinata con i boccioli all’ingiù, l’inerme senza spine - senza spine, pensa che meraviglia - la mirtifolia che viene dal Belgio e la sulfurata che brilla al buio sono fiori stupendi e incredibili, ma questa li supera tutti tanto è rara. I botanici la chiamano “Rosa Mutabile”, che significa mutevole, che cambia ... In questo libro c’è la descrizione e l’immagine, guarda! (Apre il libro) Al mattino è rossa, la sera diventa bianca e di notte si sfoglia.
Al mattino quando s’apre
è rossa come il sangue:
la rugiada non la tocca
perché ha paura di scottarsi.
A mezzogiorno, in pieno fiore
è dura come il corallo:
il sole s’affaccia ai vetri
per vederla brillare.
Quando i passeri sui rami iniziano a cantare
e sviene la sera
nelle viole del mare
diventa bianca diventa
una guancia di sale.
E quando la notte intona
un blando corno metallico
e le stelle appaiono
e scompaiono i venti
ai confini del buio
comincia a sfogliare.
ZIA Ha già fatto dei fiori?
ZIO Uno che si sta aprendo.
ZIA E durerà soltanto un giorno?
ZIO Uno soltanto, e lo passerò tutto accanto alla pianta per vedere come diventa bianco.
ROSITA (Entrando) Il mio parasole
ZIO Il suo parasole.
ZIA (Gridando) Il parasole!
GOVERNANTE (Apparendo) Eccolo il suo parasole.
ROSITA Che vi pare?
ZIO Sei stupenda.
ZIA Sei la più bella di Granada!
ROSITA (Aprendo il parasole) E ora?
GOVERNANTE Per l’amor di Dio chiudi quel parasole. Non si può aprirlo in casa. Porta male.
Per la ruota di San Bartolomeo
la verga di San Giuseppe
e il santo ramo d’alloro
ai quattro angoli di Gerusalemme
ritirati, o nemico.
(Tutti ridono. Lo zio esce)
ROSITA (Chiudendo il parasole) Ecco fatto!
GOVERNANTE Non farlo più, ca ... caspita!
ROSITA Oh!
ZIA Cosa stavi dicendo?
GOVERNANTE Però non l’ho detto.
ROSITA (Uscendo ridendo) A presto!
ZIA Con chi vai?
ROSITA (Riaffacciandosi alla porta) con le manole.
GOVERNANTE Non so se mi piace di più il moroso o lei. (La zia si siede a lavorare al tombolo) Una coppia di cugini da mettere su una mensola di zucchero ... e se dovessero morire, Dio ce ne scampi, da imbalsamare e porre in una sfera di cristallo con la neve. A chi dei due vuole più bene? (Comincia a pulire)
ZIA A tutti e due: sono i miei nipoti.
GOVERNANTE A uno per un verso e a uno per l’altro, però ...
ZIA Rosita l’ho cresciuta io ...
GOVERNANTE Si capisce. Io al sangue non ci credo, proprio non ci credo. Il sangue scorre dentro le vene, ma chi lo vede? Si vuole più bene a un secondo cugino che si vede tutti i giorni che a un fratello che abita lontano. Ed è giusto che sia così.
ZIA Forza, continua il tuo lavoro.
GOVERNANTE Subito. In questa casa è vietato persino aprir bocca. Bel compenso per aver cresciuto una bella bambina lasciando i propri figli in una capanna a tremare di fame!
ZIA Di freddo, vorrai dire.
GOVERNANTE Tremando di tutto per poi sentirsi dire: “sta zitta”. E io, siccome sono una serva, non posso fare altro che star zitta, che è poi quel che faccio, senza poter replicare e dire ...
ZIA Dire cosa?
GOVERNANTE Di smetterla con quel tombolo, con quel tic tic che fa scoppiare la testa.
ZIA (Ridendo) Va’ a vedere chi c’è là fuori.
(Silenzio in scena. Si sente solo il ticchettio del tombolo)
VOCE Camomillaaaaaa fineee della Sierraa!
ZIA (Tra sé) Dovremmo ricomprare la camomilla. A volte serve ... Quando ripasserà ... trentasette ... trentotto ...
VOCE (Da lontano) Camomillaaaaaa fineee della Sierraa!
ZIA (Infilando uno spillo) E quaranta.
NIPOTE (Entrando) Zia.
ZIA (Senza guardarlo) Ah, ciao! Siediti se vuoi! Rosita è già uscita.
NIPOTE Con chi?
ZIA Con le manole. (Pausa. Poi guardando il cugino) E’ successo qualcosa?
NIPOTE Sì.
ZIA (Inquieta) Immagino cosa è successo e vorrei tanto sbagliarmi.
NIPOTE (Leggendo) Chiaro. Naturale. Per questo mi ero opposta al tuo fidanzamento con Rosita. Sapevo che prima o poi saresti dovuto tornare dai tuoi. E non stanno mica qui a due passi! Quaranta giorni di viaggio ci vogliono per arrivare a Tucuman. Se fossi un uomo e giovane ti spaccherei la faccia.
NIPOTE Non è colpa mia se sono innamorato di Rosita. Crede forse che mi faccia piacere andarmene? No, io voglio restare, ed è per questo che sono venuto da lei.
ZIA Restare! Restare! Andar via, devi. Avete molti ettari di terra e tuo padre è vecchio. Io stessa ti costringerò a prendere la nave. Ma che amarezza in cuore!
Per non pensare a tua cugina! Le conficcherai in petto una freccia a lutto. E così imparerà che la tela non solo serve a ricamarvi dei fiori, ma anche a versarvi lacrime.
NIPOTE Cosa mi consiglia di fare?
ZIA Partire. Tuo padre è mio fratello. Qui non sei che un perdigiorno a passeggio tra le aiuole di un giardino, laggiù, invece, sarai agricoltore.
NIPOTE Ma io vorrei ...
ZIA Sposarti? Sei pazzo? Prima devi farti un avvenire ... E portarti via Rosita, no? Sul mio cadavere e su quello di tuo zio dovrai passare.
NIPOTE Era tanto per dire. So bene che non posso farlo. Però voglio che Rosita mi aspetti perché ritornerò presto.
ZIA Se non ti sarai già impegolato con una di Tucuman! Al palato mi si sarebbe dovuta incollare la lingua prima di acconsentire al tuo fidanzamento! Perché la mia bimba ora se ne resta sola tra queste quattro pareti mentre tu te ne vai libero per il mare, per i fiumi, per i boschi di cedro ... la mia bimba qui, un giorno identico all’altro, e tu laggiù con il cavallo e il fucile per cacciare i fagiani.
NIPOTE Non ha motivo di parlarmi in questo modo. Ho dato la mia parola e la manterrò. Proprio per aver mantenuta la sua mio padre ora è in America e Lei sa bene ...
ZIA (Con dolcezza) Taci.
NIPOTE Taccio. Ma spero che non prenda la mia obbedienza per mancanza d’orgoglio.
ZIA (Con ironia andalusa) Scusami molto. Avevo dimenticato che sei un uomo.
GOVERNANTE (Entrando piangendo) Se fosse un uomo non se ne andrebbe.
ZIA (Energica) Sta’ zitta.
(La governante scoppia in grandi singhiozzi)
NIPOTE Tornerò fra pochi minuti. Glielo dica lei.
ZIA Sta’ tranquillo. I vecchi sanno bene come ci si deve comportare nelle sventure.
(Il nipote esce)
GOVERNANTE Che pena, povera bimba mia, che pena, che pena! Così sono gli uomini al giorno d’oggi! A costo di chiedere la carità per la strada io non mi sarei mai staccata da un tesoro simile. Di nuovo lacrime in questa casa. Ah! Signora! (Riprendendosi) Che se lo ingoi un serpente marino!
ZIA Sarà quel che Dio vorrà.
GOVERNANTE Per il sesamo
le tre sante domande
e il fiore di cannella
abbia cattive notti
e cattiva semenza.
Per il pozzo di San Nicola
il sale gli diventi veleno.
(Prende una brocca d’acqua e fa una croce in terra)
ZIA Non maledire. Ritorna al tuo lavoro.
(La governante esce. Si odono risa. Esce anche la zia)
I MANOLA (Entrando e chiudendo l’ombrellino) Ah!
II MANOLA (Facendo lo stesso gesto) Ah! Che fresco!
III MANOLA (Facendo lo stesso gesto) Ah!
ROSITA (Facendo lo stesso gesto) Per chi sospirano le mie tre belle manole?
I MANOLA Per nessuno.
II MANOLA Per il vento.
III MANOLA Per un ragazzo che mi fa la corte.
ROSITA E quali mani coglieranno i gemiti del vostro labbro?
I MANOLA I muri li coglieranno.
II MANOLA No, un ritratto.
III MANOLA I pizzi delle mie lenzuola.
ROSITA Voglio sospirare anch’io.
Ah! Manole, amiche mie!
I MANOLA E per chi?
ROSITA Per due occhi destri
a impallidire l’ombra
con ciglia che sono pergole
in cui si corica l’aurora.
E benché neri sono rosolacci
a sera.
II MANOLA Ah!
III MANOLA Sei fortunata!
I MANOLA E felice!
ROSITA Non fingete. Ho sentito certe voci sul vostro conto!
I MANOLA Le voci sono erbacce.
II MANOLA E rumori d’onda.
ROSITA Ve le voglio riferire ...
I MANOLA forza!
III MANOLA Le voci sono corone.
ROSITA Granada, Calle d’Elvira
lì vivono le manole
che in tre o quattro
se ne vanno all’alhambra, sole.
Una vestita di verde
una di malva e l’altra
un giubbetto scozzese
con nastri fino allo strascico.
Aironi quelle innanzi
colomba quella di dietro
sollevano per lunghi
viali misteriose mussole.
Ah! Com’è buia l’Alhambra!
E dove andranno le manole
invidiate all’ombra
dalle fontane e dalle rose?
Che ragazzi le attendono?
Sotto che mirto riposano?
E che mani estorcono
profumo ai loro seni in fiore?
Nessuno è con loro, nessuno
due aironi e una colomba
ma ragazzi si celano
tra le foglie.
La cattedrale scioglie le sue campane
e il vento le raccoglie.
Il Genil culla i suoi buoi
e il Dauro le sue farfalle.
La notte viene greve
di scure colline
e una tra i volants di pizzo
mostra la sua scarpina,
la più grande spalanca gli occhi
la più piccola li chiude.
Chi sono quelle tre
dal seno fiero e dal lungo strascico?
Perché agitano i fazzoletti?
E dove vanno a quest’ora?
Granada, calle d’Elvira
lì vivono le manole
che in tre o in quattro
se ne vanno all’Alhambra sole.
I MANOLA Dialoghi pure su Granada l’onda di queste voci.
II MANOLA Abbiamo il fidanzato?
ROSITA No.
II MANOLA Ed è vero quello che dico?
ROSITA Sì, certo.
III MANOLA Le nostre vesti di spose
hanno merletti di brina.
ROSITA Ma ...
I MANOLA Ci piace la notte.
ROSITA Ma ...
II MANOLA E per le vie buie ...
I MANOLA Andiamo in tre o quattro
all’Alhambra sole.
III MANOLA Ah!
II MANOLA Taci!
III MANOLA Perché?
II MANOLA Ah!
I MANOLA Nessuno ascolta i miei sospiri!
ROSITA All’Alhambra, gelsomino di pena
dove si quieta la luna.
GOVERNANTE Bambina mia, tua zia ti vuole parlare. (E’ molto triste)
ROSITA Hai pianto?
GOVERNANTE (Controllandosi) No .. è che ... sai, una cosa ...
ROSITA Non spaventarmi. Che cosa è successo?
(Esce velocemente, guardando la governante. Poi, uscita, la governante scoppia a piangere in silenzio.)
I MANOLA (Ad alta voce) Che è successo?
II MANOLA Parla!
GOVERNANTE Tacete!
III MANOLA (A voce bassa) Cattive notizie?
(La governante le avvicina all’uscio e guarda nella direzione in cui è andata Rosita.)
GOVERNANTE Ora glielo dice.
(Pausa. Tutte ascoltano.)
I MANOLA Rosita sta piangendo. Andiamo.
GOVERNANTE No, venite con me, vi racconterò tutto. Lasciatela sola, adesso. Potrete uscire dal portoncino.
(Escono.)
(La scena resta vuota. Un pianoforte in lontananza suona uno studio di Czerny. Pausa. Entra il cugino che, giusto in mezzo alla stanza, si ferma vedendo entrare Rosita. Uno di fronte all’altra si guardano per qualche istante, poi il cugino si avvicina e la prende per la vita. Lei piega il capo sulla sua spalla.)
ROSITA Perché i miei occhi si sono
fusi con i tuoi traditori?
Perché le tue mani hanno intrecciato
fiori sul mio capo?
Che lutto di usignoli
consegni alla mia gioventù!
La tua figura, la tua vita
mi erano di guida e salvezza
... ed ora spezza
le corde del mio liuto la tua assenza
CUGINO (La porta verso un divanetto. Si siedono.)
Ah! cugina, tesoro mio
Usignolo nella neve,
non dolerti di un freddo
immaginario:
non è di gelo il mio congedo,
e sebbene attraversi il mare
l’acqua mi dovrà prestare
nardi di schiuma e di pace
per placare il fuoco
che mi vuole bruciare.
ROSITA Una notte, addormentata
sopra un balcone di gelsomini,
vidi scendere dei cherubini
sopra una rosa innamorata.
Era bianca:
divenne porpora
e, tenerissimo fiore,
i suoi petali infuocati
caddero piagati
dal bacio del loro amore.
Innocente cugino, così
nel mio giardino di mirto
donavo gli affanni al vento
e a una sorgente il mio candore
quando incauta, tenera gazzella
alzai gli occhi e ti vidi
e nel cuore sentii
aghi tremanti aprirmi
ferite rosse come violaciocche.
CUGINO Tornerò, cugina mia
e ti porterò con me
sopra una barca d’oro fuso
e vele d’allegria.
Nella luce e nell’ombra,
di notte e di giorno
mai cesserò d’amarti.
ROSITA Ma il veleno che amore versa
sopra un cuore abbandonato
ordirà con terra la veste
della mia morte, con onde.
CUGINO Quando il mio cavallo lento
mangerà cardi e rugiada,
quando la nebbia del fiume
coprirà il muro del vento
quando l’estate violenta
farà rossa la pianura
e la brina mi trafiggerà
con gli aghi delle stelle
ti dirò. T’amo tanto
che morirei per te.
ROSITA Sogno di vederti una sera
tornare a Granada.
L’aria è pregna di salsedine
per la nostalgia del mare,
l’agrumeto tutto giallo,
e l’esangue gelsomino
prigioniero delle pietre
ti ostacolano il cammino
e un turbinio di nardi
impazza sopra il mio tetto.
Tornerai?
CUGINO Tornerò.
ROSITA Che colomba, che luce
ROSITA Sì. (Lo zio esce.)
Al mattino quando s’apre
è rossa come il sangue:
la rugiada non la tocca
perché ha paura di scottarsi.
A mezzogiorno, in pieno fiore
è dura come il corallo:
il sole s’affaccia ai vetri
per vederla brillare.
Quando i passeri sui rami
iniziano a cantare
e sviene la sera
nelle viole del mare,
diventa bianca, diventa
una guancia di sale.
E quando la notte intona
un blando corno metallico
e le stelle appaiono
e scompaiono i venti
annuncerà il tuo ritorno?
CUGINO La colomba della mia fede.
ROSITA E io ricamerò le nostre lenzuola.
CUGINO Giuro per i diamanti di Dio
e le piaghe del suo costato
che tornerò da te.
ROSITA Addio, cugino.
CUGINO Addio, cugina.
(Si abbracciano sul divanetto. In lontananza si sente il pianoforte. Il cugino esce. Rosita, rimasta sola, piange. Lo zio attraversa la scena dirigendosi verso la serra. Vedendolo, Rosita prende il libro delle rose che si trova lì a portata di mano.)
ZIO Che fai?
ROSITA Nulla.
ZIO Leggevi?
ROSITA Sì. (Lo zio esce.)
Al mattino quando s’apre
è rossa come il sangue:
la rugiada non la tocca
perché ha paura di scottarsi.
A mezzogiorno, in pieno fiore
è dura come il corallo:
il sole s’affaccia ai vetri
per vederla brillare.
Quando i passeri sui rami
iniziano a cantare
e sviene la sera
nelle viole del mare,
diventa bianca, diventa
una guancia di sale.
E quando la notte intona
un blando corno metallico
e le stelle appaiono
e scompaiono i venti
ai confini del buio
comincia a sfogliare.
SIPARIO
SECONDO ATTO
Salotto in casa di Donna Rosita. Sul fondo il giardino.
SIGNOR X Io comunque sarò sempre un uomo di questo secolo.
ZIO Il secolo che abbiamo appena iniziato sarà un secolo materialista.
SIGNOR X Ma molto più civile dei quello passato. Un amico di Madrid, il signor Langoria, ha appena comperato un’automobile in grado di raggiungere la fantastica velocità di trenta chilometri all’ora e lo scià di Persia, che fra l’altro è una persona simpaticissima, ha comprato una Panhard Levassor di ventiquattro cavalli.
ZIO Io mi chiedo perché tanta fretta. Ha visto cosa è successo alla corsa Parigi Madrid: hanno dovuto sospenderla perché prima di arrivare a Bordeaux sono morti tutti i piloti.
SIGNOR X Il conte Zboronsky, morto in un incidente, e Marcel Renault, o Renol, come dir si voglia, morto anch’egli in un incidente, sono martiri della scienza e saranno alzati alla gloria degli altari il giorno che trionferà la religione del progresso. Renol lo conosceva bene. Povero Marcel!
ZIO Non riuscirà a convincermi. (Si siede).
SIGNOR X (Col piede sulla sedia e giocherellando col bastone).
Ci riuscirò anche se per un cattedratico di Economia Politica è difficile discutere con un appassionato di rose. Però oggi, mi creda, i quietismi e le idee oscurantiste non incantano più nessuno. Oggi si fa strada un Juan Bautista Say o Se, come dir si voglia, o un conte Leòn Tolstuà, volgarmente pronunciato Tolstoi, tanto raffinato nella forma quanto profondo nel concetto. Io sono un cittadino della Polis vivente, non un partigiano della Natura Naturata.
ZIO Ognuno vive giorno per giorno come può e come sa.
SIGNOR X E’ vero, la terra è un pianeta mediocre, ma il progresso va assolutamente favorito. Se Santos Dumont, invece di studiare Metereologia comparata, si fosse dedicato alla coltivazione delle rose, l’aerostato dirigibile oggi sarebbe ancora in seno a Brama.
ZIO (Seccato) Anche la botanica è una scienza.
SIGNOR Z (Con disprezzo) Sì, ma applicata: buona a studiare i succhi della Anthemis Odorosa o il rabarbaro, o la pulsatilla gigante, o il narcotico della Datura Stramonium.
ZIO (Con ingenuità) Le interessano queste piante?
SIGNOR X Non possiedo un sufficiente volume d’esperienza in merito. A me interessa la cultura, che è ben altra cosa. Voilà. (Pausa) E ... Rosita.
ZIO Rosita? (Pausa. Poi ad alta voce.) Rosita ...!
UNA VOCE (Da dentro) Non c’è.
ZIO Non c’è.
SIGNOR X Mi spiace.
ZIO Anche a me. E’ il suo onomastico e sarà andata a dire le orazioni in chiesa.
SIGNOR X Le dia da parte mia questo pedantif. E’ una torre Eiffel di madreperla sorretta da due colombe che stringono nel becco la ruota dell’industria.
ZIO Le piacerà molto.
SIGNOR X Volevo portarle un cannoncino d’argento dentro cui si vede la Vergine di Lurdes, o Lourdes, oppure un fermaglio da cintura fatto di un serpente e quattro libellule, ma ho preferito questo perché è più di gusto.
ZIO Grazie.
SIGNOR X Sono lieto della sua gentile accoglienza.
ZIO Grazie.
SIGNOR X Porga i miei ossequi alla sua signora.
ZIO Molte grazie.
SIGNOR X E anche alla sua deliziosa nipote cui faccio i migliori auguri di buon onomastico.
ZIO Grazie mille.
SIGNOR X Mi consideri servitor suo.
ZIO Grazie infinite.
SIGNOR X Torno a dirle ...
ZIO Grazie, grazie, grazie.
SIGNOR X A presto. (Se ne va)
ZIO (Gridando) Grazie, grazie, grazie.
GOVERNANTE (Entra ridendo) Non so proprio come faccia ad avere tanta pazienza. Questo signore e l’altro, don Confucio Montes de Oca, battezzato alla loggia quarantatré, un giorno o l’altro daranno fuoco alla casa.
ZIO Ti ho già detto che non mi piace che tu stia ad origliare alla porta.
GOVERNANTE Bella riconoscenza! Ero dietro la porta, sì signore, ma ma non per origliare: avevo messo una scopa all’insù per far andar via quel tipo.
ZIA E se ne è andato?
ZIO Sì (Esce)
GOVERNANTE Anche questo fa la corte a Rosita?
ZIA Di che corte parli? Non conosci Rosita!
GOVERNANTE Però conosco chi le fa la corte.
ZIA Mia nipote è impegnata.
GOVERNANTE Non mi faccia parlare, non mi faccia parlare, non mi faccia parlare, non mi faccia parlare.
ZIA Allora taci.
GOVERNANTE A lei pare giusto che un uomo se ne vada e lasci qui per quindici anni una donna che è il fiore del burro? Rosita deve sposarsi. A me fanno male le mani a forza di ordinare negli armadi tovaglie di pizzo di Marsiglia, lenzuola orlate con guipure, tovaglie e copriletti d’organdis ricamati a fiori a punto pieno. Dovrebbe già usarli e goderli, ma purtroppo non si rende conto del tempo che passa. Avrà i capelli bianchi e ancora starà lì a cucire nastri di raso liberty sui volants del suo abito da sposa.
ZIA Perché ti impicci in cose che non ti riguardano?
GOVERNANTE (Con stupore) Io non mi impiccio. Ci sono già dentro fino al collo.
ZIA Sono sicura che è felice così.
GOVERNANTE Se lo dice lei! Ieri per tutto il giorno sono dovuta restare con lei davanti all’entrata del circo perché si era messa in testa che uno dei saltimbanchi somigliava a suo cugino.
ZIA E gli assomigliava davvero?
GOVERNANTE Era bello come un novizio alla sua prima messa ... suo nipote se lo sogna un corpo del genere! Un collo di madreperla, e dei baffetti! No. Non gli assomigliava per niente. Nella sua famiglia non ci sono uomini belli.
ZIA Grazie molte.
GOVERNANTE Sono tutti piccoli e un po’ curvi di spalle.
ZIA Ma guarda!
GOVERNANTE E’ la pura verità, signora. A Rosita quel santimbanco piaceva, come piaceva a me, e come sarebbe piaciuto anche a lei, ma purtroppo non vede che quell’altro. A volte avrei voglia di tirarle una scarpa in testa. Perché a forza di guardare il cielo le verranno gli occhi di bue.
ZIA Adesso basta. Che una zotica come te parli va bene, ma che poi straparli e abbai ...
GOVERNANTE Non vorrà mica dirmi che non le voglio bene?
ZIA A volte ho proprio la sensazione che sia così.
GOVERNANTE Mi toglierei il pane di bocca e il sangue dalle vene se me lo chiedesse.
ZIA (Forte) Che smancerie! Parole!
GOVERNANTE (Forte) E fatti! Ben dimostrabili! Fatti! Le voglio più bene io di lei.
ZIA E’ una menzogna!
GOVERNANTE E’ la verità!
ZIA Non alzare la voce!
GOVERNANTE (Gridando) Proprio per questo ci ho la lingua.
ZIA State zitta, maleducata.
GOVERNANTE Quarant’anni ho passato accanto a lei.
ZIA (Quasi piangendo) E adesso è licenziata!
GOVERNANTE (Fortissimo) Sia ringraziato il cielo. Non la vedrò mai più.
ZIA (Piangendo) Fuori di qui immediatamente!
GOVERNANTE Fuori di qui! (Si dirige piangendo verso la porta e mentre sta per uscire le cade qualcosa. Le due piangono.)
(Pausa)
ZIA (Tergendosi le lacrime, con dolcezza) Cosa ti è caduto?
GOVERNANTE (Piangendo) Un reggitermometro stile Luigi XV.
ZIA Davvero?
GOVERNANTE Sì, signora. (Piangono)
ZIA Fa’ vedere un po’.
GOVERNANTE E’ per l’onomastico di Rosita. (Si avvicina.)
ZIA (Sorridendo) Che cosa fine!
GOVERNANTE (Con voce di pianto) In mezzo al velluto c’è una fontana fatta con conchiglie vere, sopra la fontana una pergola in filigrana con delle rose verdi. L’acqua della vasca è un mucchietto di lustrini azzurri e il termometro è lo zampillo. Le pozze tutte attorno sono dipinte ad olio e un usignolo, ricamato in oro, vi beve dentro. Avrei voluto che avesse una corda e che cantasse, ma non è stato possibile.
ZIA Non è stato possibile.
GOVERNANTE Ma tanto non c’è bisogno che canti. In giardino li abbiamo vivi.
ZIA E’ vero. (Pausa) Ma perché hai fatto una spesa simile?
GOVERNANTE (Piangendo) Tutto quel che ho è per Rosita.
ZIA Nessuno l’ama quanto te.
GOVERNANTE No, voi l’amate di più.
ZIA Le hai dato il sangue.
GOVERNANTE E lei le ha sacrificato la vita.
ZIA L’ho fatto per dovere, tu invece per generosità.
GOVERNANTE (Con più forza) Non dica così.
ZIA Hai dimostrato di amarla più di tutti.
GOVERNANTE Io ho fatto ciò che chiunque altro avrebbe fatto al posto mio. Sono una domestica. E sono pagata per servire.
ZIA Per noi sei sempre stata una della famiglia.
GOVERNANTE Un’umile domestica che dà quel che può e niente di più.
ZIA Che significa “niente di più”?
GOVERNANTE Sono forse qualcosa d’altro?
ZIA (Irritata) Non hai il diritto di parlare così. Me ne vado per non sentirti più.
GOVERNANTE Anche io me ne vado. (Escono in fretta da due porte diverse. Uscendo la zia si scontra con lo zio.)
ZIO A forza di vivere assieme, vi sono diventate spine anche i merletti.
ZIA Vuole sempre avere ragione.
ZIO Non serve che mi spieghi, so già tutto a memoria ... E ciò nonostante non riesci a far meno di lei. Ieri ti ho sentito darle circostanziate delucidazioni sul nostro conto in banca. Non sai proprio stare al tuo posto. Non mi paiono discorsi da fare con una domestica.
ZIA Ma lei non è una domestica.
ZIO (Con dolcezza) Basta. Basta così. Non ho nessuna voglia di contraddirti.
ZIA Vuoi dire che con me non si può parlare?
ZIO No, si può. Ma io preferisco tacere.
ZIA E tenerti dentro i tuoi rimproveri.
ZIO Perché ostinarsi a parlare a questo punto? Ormai mi farei il letto da solo, mi smacchierei gli abiti e cambierei i tappeti della mia camera pur di non discutere.
ZIA Non è giusto che ti dia arie da uomo superiore e mal servito quando tutto in questa casa dipende dalle tue comodità e dai tuoi gusti.
ZIO (Dolcemente) Non è così, mia cara.
ZIA Invece sì. E nel modo più assoluto. Io al posto di fare merletti, poto piante. Tu cosa fai per me?
ZIO Scusami. Ma c’è un momento in cui persone che vivono assieme da molti anni si arrabbiano e litigano per sciocchezze solo per ridare vita a cose ormai definitivamente morte per loro. A vent’anni non facevamo discorsi simili.
ZIA A vent’anni spaccavamo i vetri e ...
ZIO ... il gelo era un giocattolo nelle nostre mani.
(Entra donna Rosita. E’ vestita di rosa. La moda delle maniche a prosciutto è tramontata, le è successa quella millenovecento, con la gonna a forma di campanula. Rosita attraversa rapidamente la scena con un paio di forbici in mano e si ferma al centro.)
ROSITA E’ passato il postino?
ZIO E’ passato?
ZIA Non lo so. (Ad alta voce) E’ passato il postino? (Pausa)
No, non è passato.
ROSITA E’ sempre qui a quest’ora.
ZIO Sarebbe dovuto passare già da un pezzo.
ZIA A volte se la prende con comoda.
ROSITA L’altro giorno, la cartella della posta buttata a terra, l’ho visto che giocava per strada con tre ragazzini.
ZIA Verrà. Verrà.
ROSITA Chiamatemi, se viene. (Esce velocemente)
ZIO Ma dove vai con quelle forbici?
ROSITA A cogliere delle rose.
ZIO (Attonito) E chi ti ha dato il permesso?
ZIA Io. Oggi è il suo onomastico.
ROSITA Voglio metterle nelle fioriere e nel vaso dell’ingresso.
ZIO Ogni volta che mi tagliate una rosa è come se mi tagliaste un dito. So che è lo stesso. (Rivolgendosi alla moglie) Non discuto. So che durano poco, (entra la governante) lo dice anche il walzer delle rose che è una delle musiche più belle dei giorni nostri, eppure non riesco a soffocare il disgusto di vederle nei vasi.
(Esce)
ROSITA (Alla governante) E’ arrivata la posta?
GOVERNANTE E pensare che le rose non servono a nient’altro che ad abbellire le stanze!
ROSITA (Irritata) Ti ho chiesto se è arrivata la posta.
GOVERNANTE (Irritata) Me le tengo io le lettere quando arrivano?
ZIA Su. Va’ a cogliere i fiori.
ROSITA In questa casa c’è una goccia di veleno per ogni cosa.
GOVERNANTE Certo. Arsenico in ogni angolo. (Esce)
ZIA Sei felice?
ROSITA Non lo so.
ZIA Che vuoi dire?
ROSITA Sono felice se non vedo nessuno, ma siccome sono costretta a ...
ZIA Non mi piace la vita che fai. Il tuo fidanzato non vuole che viva da selvatica e nelle sue lettere mi raccomanda sempre che tu esca.
ROSITA Quando cammino per strada mi accorgo che il tempo fugge via e io non voglio perdere le mie illusioni. In piazza hanno già fatto una casa nuova. No, non voglio vedere che il tempo passa.
ZIA Te l’ho già detto mille volte: continua a scrivere a tuo cugino, ma sposati con uno di qui. Hai un carattere allegro e so che ci sono molti giovanotti e molti uomini maturi innamorati di te.
ROSITA Zia! I miei sentimenti han radici molto fonde. Se non vedessi nessuno, potrei credere che è partito soltanto da una settimana. Lo aspetto come al primo giorno. E poi: cos’è un anno, o due, o cinque? (Suona il campanello) La posta.
ZIA Chissà cosa ti avrà mandato?
GOVERNANTE (Entrando) Ci sono di là tre strampalate zitelle.
ZIA Maria Santissima!
ROSITA Falle passare.
GOVERNANTE La madre e le tre figlie. Lusso di fuori e in bocca bricioline di mais. Che pedate gli darei sul ... (Esce)
(Le tre strampalate zitelle entrano con la madre. Portano vistosi cappelli con piume volgarissime, abiti esagerati, guanti fino al gomito, bracciali e ventagli che pendono da lunghe catenine. La madre porta un abito marrone e un cappellino con vecchi nastri viola.)
MADRE Auguri (Si baciano)
ROSITA Grazie. (Bacia le zitelle) Amore. Carità. Clemenza.
I ZITELLA Auguri.
II ZITELLA Auguri.
III ZITELLA Auguri.
ZIA (Alla madre) Come va con i piedi?
MADRE Di male in peggio. Se non fosse per loro, me ne starei sempre a casa. (Si siedono)
ZIA Se li strofina con la lavanda?
MADRE Sì, tutte le sere.
II ZITELLA E anche con l’infuso di malva.
ZIA Non c’è reumatismo che tenga.
(Pausa)
MADRE E suo marito?
ZIA Sta bene, grazie.
(Pausa)
MADRE Sempre con le sue rose.
ZIA Sempre con le sue rose.
III ZITELLA Come sono belli i fiori!
II ZITELLA Noi abbiamo un vaso di rose di San Francesco.
ROSITA Ma le rose di San Francesco non profumano.
I ZITELLA Un poco sì, però.
MADRE A me piace il gelsomino selvatico.
III ZITELLA Anche le violette sono belle.
(Pausa)
MADRE Ragazze, avete portato il biglietto?
III ZITELLA Sì. Questa bambina vestita di rosa è un barometro - il frate col cappuccio è stato visto ormai - e le pieghe della gonna, che sono di carta velina, s’aprono o si chiudono secondo l’umidità dell’aria.
ROSITA (Leggendo) Una mattina nel campo
cantavano gli usignoli
e dicevano nel canto
Rosita è delle migliori.
Perché vi siete scomodate tanto?
ZIA E’ un regalo di gran gusto.
MADRE Signora, non è il gusto che mi manca, ma il denaro!
I ZITELLA Mamma!
II ZITELLA Mamma!
III ZITELLA Mamma!
MADRE Figlie mie, qui si può parlare chiaro ... Non c’è nessuno che ci sente. Ma lei lo sa: da quando è morto il mio povero marito faccio veri e propri miracoli per tirare avanti con la pensione che ci resta. Mi pare ancora di sentirlo il padre di queste ragazze quando, generoso e galante qual era, mi diceva: “Spendi, Enrichetta, spendi, tanto guadagno settanta duros al mese”. Ah! Tempi passati! E, malgrado tutto, non siamo scese di rango, ma quante angosce, signora mia, perché queste figlie potessero continuare a portare il cappello. Quante lacrime, quante pene per un nastro e due orecchini! E quante notti in bianco per quei spilloni, per quelle piume!
III ZITELLA Mamma!
MADRE E’ la verità figlia mia. Non possiamo sbilanciarci in nulla. Spesso domando loro: “che preferite figlie dell’anima mia: un uovo a colazione o la sedia al passeggio?” e tutte e tre in coro: la sedia.
III ZITELLA Mamma, smettila di dire certe cose. Le sa tutta Granada ormai!
MADRE Che dovrebbero rispondere? E così andiamo al passeggio con un po’ di patate e un grappolo d’uva nello stomaco ma con un mantello di mongolia, l’ombrellino dipinto, la camicetta di poplin e tutte le altre cosucce a posto. Non si può fare altrimenti, ma io ci rimetto la vita! E mi si riempiono gli occhi di lacrime quando le vedo accanto a delle benestanti.
II ZITELLA Non vieni più alla passeggiata, Rosita?
ROSITA No.
III ZITELLA Ci vediamo sempre con le Ponce de Leòn, le Herasti e le figlie della baronessa di Santa Matilde della benedizione papale. Il meglio di Granada.
MADRE E’ naturale, erano compagne al Collegio della Porta del Cielo.
ZIA (Alzandosi) Vi posso offrire qualcosa?
(Si alzano tutte)
MADRE Nessuno è bravo come lei a fare il mandorlato e la pasta di mandorle.
I ZITELLA (A Rosita) Hai notizie?
ROSITA Nell’ultima lettera mi annunciava delle novità. Vedremo.
III ZITELLA Hai finito il servizio di pizzo valencienne?
ROSITA Certo. E ne ho fatto un altro di bisso con delle farfalle dipinte ad acquarello.
II ZITELLA Il giorno che ti sposerai avrai il più bel corredo del mondo.
ROSITA A me pare così piccolo! Si dice che gli uomini si stancano presto delle donne che portano sempre lo stesso vestito.
GOVERNANTE (Entrando) Ci sono di là le Ayola, le figlie del fotografo.
ZIA Le signorine Ayola, vorrai dire.
GOVERNANTE Ci sono di là le grandi signore Ayola, figlie dell’illustre Ayola fotografo si sua Maestà e medaglia d’oro all’esposizione di Madrid. (Esce)
ZIA Bisogna sopportarla, ma a volte fa saltare i nervi. (Le zitellone esaminano delle stoffe con Donna Rosita). Sono impossibili.
MADRE Sono sfrontate. Io ho una donna di servizio che viene a fare le pulizie al pomeriggio; guadagna quello che guadagnano tutte: un pesetas al mese più gli avanzi, che non è poco di questi tempi, ma l’altro giorno se n’è venuta fuori dicendo che vuole un duro, e io proprio non posso darglielo.
ZIA Chissà dove andremo a finire.
(Entrano le ragazze Ayola che salutano festosamente Rosita. Sono vestite sfarzosamente con tutta l’esagerazione della moda dell’epoca.)
ROSITA Vi conoscete?
I AYOLA Di vista.
ROSITA Le signorine Ayola, la signora e le signorine Scarpini.
II AYOLA Le vediamo spesso sedute al passeggio sulle loro sedie.
(Trattengono il riso)
ROSITA S’accomodino.
(Le zitellone si siedono)
ZIA (Alle Ayola) Volete un dolce?
II AYOLA No, grazie abbiamo finito di mangiare poco fa. Ho preso quattro uova col ragù di carne e quasi non riuscivo più ad alzarmi dalla sedia.
I AYOLA Che matta sei!
(Pausa. Le Ayola sono prese da una risata irrefrenabile che si comunica anche a Rosita la quale fa ogni sforzo per contenersi. Le zitellone e la madre restano serie.)
ZIA Che ragazzine!
MADRE La gioventù è così.
ZIA Una età felice.
ROSITA (Muovendosi per la scena come se stesse mettendo in ordine qualcosa) Smettetela, per favore.
(Tacciono)
ZIA (Alla II zitellona) E il piano?
III ZITELLA Studio poco perché ho sempre da fare mille cose.
ROSITA E’ molto che non ti sento suonare.
MADRE Se non fosse per me gli si sarebbero già rattrappite le dita. Non le do scampo.
II ZITELLA Da quando è morto papà non ne ha più voglia. Quanto gli piaceva ascoltarla!
III ZITELLA Ricordo che a volte si metteva a piangere.
I ZITELLA Quando suonava la tarantella di Popper.
II ZITELLA O la preghiera alla vergine Maria.
MADRE Aveva proprio un gran cuore.
(Le Ayola, dopo aver trattenuto il riso, scoppiano in una grande risata. Voltando le spalle alle zitelle, ride anche Rosita, ma si domina.)
ZIA Che ragazzine!
I AYOLA Ridiamo perché venendo qui ...
II AYOLA Lei è inciampata e per poco non fa un capitombolo.
I AYOLA Io ... (Ridono)
(Le zitellone accennano a un breve sorriso finto, con una venatura di triste stanchezza.)
MADRE Ora togliamo il disturbo.
ZIA No, restate.
ROSITA (A tutte) Allora festeggiamo che non sei caduta. Governante, porta gli ossetti di Santa Caterina.
III ZITELLA Sono una delizia!
MADRE L’anno scorso ce ne hanno regalati mezzo chilo.
(La governante entra con gli ossetti)
GOVERNATE Bocconi per palati fini. (A Rosita) Sta arrivando il postino per il viale dei pioppi.
ROSITA Aspettalo sull’uscio.
I AYOLA Non ne ho voglia. Vorrei invece un po’ di anice.
II AYOLA E io del succo d’uva acerba.
ROSITA La solita ubriaconcella.
I AYOLA Fu il fidanzato di Rosita a insegnarmi a berlo, avevo sei anni allora e venivo sempre qui. Te lo ricordi, Rosita?
ROSITA (Seria) No.
II AYOLA A me Rosita e il suo fidanzato insegnarono le lettere dell’alfabeto ... Quanto tempo sarà passato?
ZIA Quindici anni.
I AYOLA Sai che non ricordo quasi più la sua faccia?
II AYOLA Non aveva una cicatrice sul labbro?
ROSITA Una cicatrice? Zia, aveva una cicatrice?
ZIA Figlia mia, non te lo ricordi? Era l’unica cosa che lo abbruttiva un poco.
ROSITA Ma non era una cicatrice; era una scottatura un po’ rossastra. Le cicatrici sono fonde.
I AYOLA Non vedo l’ora che Rosita si sposi.
ROSITA Per carità!
II AYOLA Non dire delle sciocchezze. Anch’io non ne vedo l’ora!
ROSITA Perché?
I AYOLA Per andare a nozze. Io appena posso mi sposo.
ZIA Figlia mia!
I AYOLA Non importa con chi. L’importante è non restar zitella.
II AYOLA Anch’io penso così.
ZIA (Alla madre) Che le pare?
I AYOLA Se sono amica di Rosita è perché so che ha un fidanzato!
Quelle che non ce l’hanno sono scialbe, insipide e tutte ...
(Notando la presenza delle zitellone) No, tutte no, solo alcune ... Sì insomma sono acide.
ZIA Ora basta.
MADRE La lasci pure parlare.
I ZITELLA Molte non si sposano perché non vogliono.
II AYOLA E chi ci crede?
I ZITELLA (Con intenzione) Lo so di certo.
II AYOLA Chi non vuole sposarsi non si incipria, non s’imbottisce il petto né se ne sta giorno e notte al balcone a vedere chi passa.
II ZITELLA Magari vuol solo prendersi il fresco.
ROSITA Dio mio, che discussione stupida! (Ridendo sforzatamente)
ZIA Perché non facciamo un po’ di musica?
MADRE Su, figliola.
III ZITELLA (Alzandosi) Cosa volete che suoni?
II AYOLA Viva Frascuelo!
II ZITELLA La barcarola de “La fregata numanzia”.
ROSITA No. “Quello che dicono i fiori”.
MADRE Ah, sì. “Quello che dicono i fiori”. (Alla zia) La conosce? Va suonata e recitata contemporaneamente. E’ veramente bella.
III ZITELLA Se lo desiderate vi posso cantare “Torneranno le nere rondinelle a fare il nido al tuo balcone”.
I AYOLA No. E’ troppo triste.
I ZITELLA Anche le canzoni tristi sono belle.
ZIA Dai, iniziamo.
III ZITELLA (Al piano) Madre, portami nei campi
alla luce del mattino
che veda aprirsi
al tremolio dei rami.
I fiori parlano parlano
a mille innamorati
e la fonte va narrando
quel che tace l’usignolo.
ROSITA Sbocciata era la rosa
alla luce del mattino.
Sì rossa di sangue tinta
che la guazza la evitava,
sì calda sul suo stelo
che la brezza si bruciava.
Sì dritta! Come splendeva!
Sbocciata era.
III ZITELLA “Solo per te sono i miei occhi”
le diceva l’eliotropo.
“Mai t’amerò in vita mia”
le sussurrava il basilico.
“E timida sono” la viola,
e “Fredda” la rosa bianca.
“Fedele” il gelsomino,
e “appassionato” il garofano.
II ZITELLA Il giacinto è l’amarezza,
e il dolor la passiflora.
I ZITELLA E la ruchetta il disprezzo
ED IL GIGLIO LA SPERANZA.
ZIA Dice il nardo “Sono amico”;
“Credo in te” la passiflora.
La madre selva ti culla,
la sempreviva ti uccide.
MADRE Sempreviva della morte,
fior delle mani incrociate,
Che bella sei quando il vento
piange sulla tua ghirlanda!
ROSITA Sbocciata era la rosa,
ma presto giunse la sera
e un rumor di neve triste
scorse per i suoi rami.
Quando l’ombra ritornò
e furor i fiori rosssi.
Bianchi sono matrimonio
e gli azzurri la morte.
III ZITELLA Madre portami nei campi
alla luce del mattino,
che veda aprirsi i fiori
al tremolio dei rami.
(Il piano, dopo l’ultimo accordo, tace.)
ZIA Veramente stupenda!
MADRE Sanno pure il linguaggio del ventaglio, il linguaggio dei guanti, il linguaggio dei francobolli e il linguaggio delle ore. Mi viene la pelle d’oca, quando recitano:
Suona mezzanotte
con terribile rigore,
dell’ora della tua morte
ricordati, peccatore.
I AYOLA (Con la bocca piena di dolci) Dio mio!
MADRE Oppure quando cantano:
alle una nasciamo,
la ra la, la,
e il nostro nascere,
la, la, ran,
è come aprire gli occhi,
lan,
in un verzier,
verzier, verzier.
II AYOLA (A sua sorella) Mi sa che la vecchia abbia alzato un po’ il gomito. (Alla madre) Ancora un goccio?
MADRE Con sommo gusto e con squisita volontà, come si diceva ai miei tempi.
(Rosita ha spiato a lungo l’arrivo del postino)
GOVERNANTE La posta!
(Tumulto generale)
ZIA Proprio al momento giusto.
III ZITELLA Di sicuro ha contato i giorni perché arrivasse proprio oggi.
MADRE Che pensiero delicato!
II AYOLA Dai apri.
I AYOLA E’ meglio che te la legga da sola. Potrebbe esserci qualche frase scabrosa.
MADRE Gesù!
(Rosita esce con la lettera)
I AYOLA La lettera di un fidanzato non è un libro di devozioni.
III ZITELLA Sì, invece. Un libro di devozioni d’amore.
II AYOLA Quanta finezza! (Le Ayola ridono)
I AYOLA Come si vede che non ne ha mai ricevute.
MADRE (Forte) Per sua fortuna!
I AYOLA Beh! Contenta lei!
ZIA (Alla governante che sta per seguire Rosita) Dove vai?
GOVERNANTE Non si può neanche fare un passo?
ZIA Lasciala sola.
ROSITA (Entrando) Zia. Zia.
ZIA Che c’è, figliola.
ROSITA (Agitata) Ah! Zia!
I AYOLA Che c’è?
III ZITELLA Parla!
II AYOLA Che c’è?
GOVERNANTE Forza!
ZIA Dai, parla!
MADRE Un bicchiere d’acqua!
II AYOLA Dai!
I AYOLA Presto!
(Chiasso)
ROSITA (Con voce soffocata) Vuole sposarsi ... (Sgomento generale) Vuole sposarsi con me perché non ce la fa più ad aspettare, ma ...
II AYOLA (Abbracciandola) Quanto sono felice!
I AYOLA Lascia che ti abbracci!
ZIA Fatela parlare.
ROSITA (Più calma) Ma poiché adesso non può venire, ci sposeremo per procura: lui verrà dopo.
I ZITELLA Tanti auguri!
MADRE (Quasi piangendo) Dio ti conceda la felicità che meriti!
(L’abbraccia)
GOVERNANTE Cosa vuol dire “procura”?
ROSITA Niente. Una persona rappresenta lo sposo durante la cerimonia.
GOVERNANTE E poi?
ROSITA Poi si è sposati.
GOVERNANTE E la notte?
ROSITA Santo cielo!
I AYOLA Giusto! E la notte?
ZIA Ma ragazze!
GOVERNANTE Che venga di persona e si sposi come Dio comanda! Procura! Mai sentita questa! Il letto con i suoi fregi che trema di freddo e la camicia della sposa in fondo al baule! Signora, non faccia entrare in casa questa procura. (Tutti ridono) Signora, io non la voglio proprio questa procura!
ROSITA Ma lui verrà presto. Ed è una prova in più che mi ama!
GOVERNANTE Che venga allora. Ti prenda sottobraccio, mescoli lo zucchero nel tuo caffè e lo assaggi per vedere se scotta.
(Entra lo zio con una rosa in mano)
ROSITA Zio!
ZIO Ho sentito tutto, e quasi senza rendermene conto ho tagliato l’unica rosa mutabile della mia serra. Era ancora rossa,
a mezzogiorno in pieno fiore
è dura come il corallo.
ROSITA Il sole s’affaccia ai vetri
per vederla brillare.
ZIO Se avessi aspettato due ore a tagliarla sarebbe diventata bianca.
ROSITA Bianca come una colomba,
come il sorriso del mare;
bianca come il bianco gelido
d’una guancia di sale.
ZIO Possiede ancora tutto il fuoco della gioventù, adesso.
ZIA Beviamo un sorso assieme, marito mio. Oggi è proprio la giornata giusta.
(Chiasso. La terza zitella si siede al piano e attacca una polka. Rosita guarda la rosa. La II e la I zitella ballano e cantano con le Ayola.)
Poi che ti vidi, o donna,
sulla sponda del mare
il tuo dolce languore
mi fe’ sospirare
e alla luce della luna
io vidi naufragare
la dolcezza sottile
della mia illusion fatale.
(La zia e lo zio ballano. Rosita si dirige verso la copia formata dalla II zitella e dalla Ayola. Balla con la zitella. La Ayola applaude nel vedere i vecchi ballare, e la governante uscendo li imita.)
SIPARIO
ATTO TERZO
Stanza con finestre basse verdi che danno sul giardino del Carmine. Silenzio. Un orologio suona le sei di sera. La governante attraversa la scena con un cassetto e una valigia. Sono trascorsi dieci anni. Entra la zia che va a sedersi su di una piccola sedia al centro della scena. Silenzio. L’orologio suona di nuovo le sei. Pausa.
GOVERNANTE Ecco! Le sei!
ZIA E la ragazza?
GOVERNANTE Di sopra. Sulla torre. E lei dove era?
ZIA A togliere gli ultimi vasi dalla serra.
GOVERNANTE Non l’ho vista per tutta la mattina.
ZIA Da quando è morto mio marito la casa è così vuota che pare grande il doppio e per incontrarci ci ci dobbiamo cercare. A volte di notte, quando tossisco in camera mia sento l’eco come se fossi in chiesa.
GOVERNANTE Sì. La casa ci è diventata troppo grande.
ZIA ... se fosse vivo ancora lui, con la sua serenità, la sua intelligenza ... (Quasi piangendo)
GOVERNANTE (Cantando) La, la, la, la ... Signora: niente pianti.
E’ sei anni che è morto e non voglio vederla come al primo giorno. Lo abbiamo pianto abbastanza. Su, dritta in piedi, signora. Penetri il sole da ogni angolo ... e lui ci aspetti ancora per tanto tempo potando rose!
ZIA (Alzandosi) Sono invecchiata molto, governante. E sulle spalle portiamo cumuli di macerie.
GOVERNANTE Non ci piegheranno. Anch’io sono invecchiata.
ZIA Vorrei averli i tuoi anni!
GOVERNANTE Abbiamo quasi la stessa età, solo che io avendo lavorato molto, mi sono ingrassata, mentre lei, a forza di star seduta, si sono anchilosate le gambe.
ZIA Credi che non abbia mai lavorato?
GOVERNANTE Certo, con la punta delle dita, con gli aghi, gli steli dei fiori, le marmellate ... io invece ho lavorato con le spalle, le ginocchia, le unghie.
ZIA Governare una casa non è un lavoro?
GOVERNANTE E’ molto più difficile strofinare i pavimenti.
ZIA Non voglio discutere!
GOVERNANTE E perché? Così almeno passiamo il tempo. Forza. Controbatta. Come siamo diventate mute! Prima non facevamo che gridare: per questo, per quest’altro, per lo zabaione, per la roba da stirare ...
ZIA Sono alla fine ormai ... un giorno zuppa, un altro pancotto, un bicchiere d’acqua e il rosario in tasca ... potrei attendere la morte con dignità ... ma se penso a Rosita!
GOVERNANTE Ecco la nostra piaga!
ZIA Se penso al male che le è stato fatto, al terribile inganno di cui è stata vittima per tanto tempo .. se penso alla falsità di quell’uomo che non è della mia famiglia, né merita d’esserlo, vorrei avere vent’anni per prendere la nave, andare a Tucumàn, afferrare uno scudiscio ...
GOVERNANTE (Interrompendola) Afferrare una spada e mozzargli il capo, spiaccicarlo tra due pietre e poi tagliargli la mano con cui ha giurato il falso e scritto tutte quelle lettere d’amore.
ZIA Proprio così. Fargli pagare col sangue quel che è costato sangue sebbene sia tutto sangue mio! E poi ...
GOVERNANTE Poi gettarne le ceneri in mare.
ZIA Risuscitarlo e condurlo da Rosita così ch’io possa continuare a vivere contenta dell’onore della mia famiglia.
GOVERNANTE Ora mi dà ragione!
ZIA Certo che ti do ragione.
GOVERNANTE Laggiù ha trovato la donna ricca che cercava e si è sposato, ma doveva dircelo prima. Adesso, chi la vuole più questa disgraziata? E’ sfiorita ormai! Signora, non possiamo mandargli una lettera avvelenata così che muoia appena la riceve?
ZIA Da otto anni è sposato e solo un mese fa s’è deciso a scrivermi il vero quella canaglia! Notavo nelle sue lettere qualcosa di strano ... la procura tardava ... il tono era esitante ... non osava, poi infine si è deciso. Chiaro: era morto suo padre! Ma questa creatura ...
GOVERNANTE Ssssss!
ZIA E prendi anche i barattoli.
(Appare Rosita. E’ vestita di rosa chiaro alla moda 1910. E’ pettinata a boccoli. E’ molto invecchiata.
ZIA Bimba mia!
ROSITA Che state facendo?
GOVERNANTE Pettegolezzi. E tu?
ROSITA Vado nella serra. Hanno già portato via i vasi?
ZIA Sì, quasi tutti.
(Rosita esce. le due donne si asciugano gli occhi.)
GOVERNANTE Allora? Niente da fare? Dovremo starcene qui sedute con le mani in mano finché non suoneranno le campane a morto del nostro funerale? Non c’è una legge? Non c’è speranza di fargliela pagare?
ZIA Sta’ zitta. Non dire altro.
GOVERNANTE Non sono tipo da sopportare cose simili senza che il cuore mi si metta a correre per il petto come un cane braccato. Quando sotterrai mio marito soffrii molto, ma nel fondo di me stessa provavo una grande allegria ... no, allegria no ... una specie di batticuore perché non ero io ad essere sepolta. Quando sotterrai la mia bambina ... lei mi capisce ... quando sotterrai la mia bambina fu come se mi schiacciassero le budella, ma i morti sono morti. Sono morti e non resta altro che piangerli, chiudere la porta e continuare a vivere. Ma quel che è capitato a Rosita è la cosa peggiore. E’ amare e non trovare un corpo, è piangere e non sapere per chi si piange, è sospirare per uno che, si sa, non merita i nostri sospiri. E’ una ferita aperta da cui esce sempre un filo di sangue e non c’è nessuno, nessuno al mondo che ti porti del cotone, delle garze o una bella zolla di neve.
ZIA Che dobbiamo fare?
GOVERNANTE Niente. Aspettare che il fiume ci trascini via.
ZIA Nella vecchiaia tutto ci volge le spalle.
GOVERNANTE Finché avrò braccia non le mancherà nulla.
ZIA (Pausa. A bassa voce, quasi vergognandosi) Ma io non posso più pagarti il mensile. Dovrai lasciarci.
GOVERNANTE Uh! Che ventaccio entra dalla finestra! Uh! O è che sto diventando sorda? E poi ... Perché tanta voglia di cantare? Proprio come i bambini che escono da scuola. (Si odono voci infantili.) Li sente, signora? Signora mia, signora mia più che mai. (L’abbraccia)
ZIA Ascolta.
GOVERNANTE Vado a prendere qualcosa. Pesce condito col finocchio.
ZIA No, ascolta.
GOVERNANTE E un Mont Blanc. Un Mont Blanc coperto di confetti colorati.
ZIA Insomma ...
GOVERNANTE Ah! Don Martino! Entri, entri pure. Faccia un po’ compagnia alla signora.
(Esce rapidamente. Entra Don Martino. E’ un vecchio con i capelli rossi. Ha una gamba rattrappita e cammina appoggiandosi a una gruccia. Ha un aspetto nobile e dignitoso, velato da una grande tristezza.)
ZIA Che gioia vederla!
MARTINO Quando la partenza definitiva?
ZIA Oggi.
MARTINO Che possiamo farci?
ZIA La nuova casa non è come questa. Però ha una bella vista e un piccolo giardino con due piante di fico dove potremo tenere i fiori.
MARTINO Meglio così.
(Si siedono)
ZIA E voi?
MARTINO La solita vita. Ho appena tenuto una lezione di precettistica: un vero inferno, ed era un bell’argomento! CONCETTO E DEFINIZIONE DI ARMONIA. Ma i ragazzi non provano interesse per nulla. E che ragazzi! Nei miei confronti, visto come sono conciato, hanno un po’ di rispetto - sì, a volte uno spillo nella poltrona o un pupazzetto sulla schiena - ma con i miei colleghi sono terribili. Sono i figli dei ricchi e, dato che pagano, non li si può castigare, come ci ripete sempre il direttore. Ieri si sono messi in testa che il povero signor Canito, il nuovo professore di geografia, portasse il busto perché cammina tutto impettito e così, mentre se ne stava solo in giardino, i più grandi e gli interni, messisi assieme, lo hanno spogliato a torso nudo, legato a una colonna e poi innaffiato dal balcone con una brocca d’acqua.
ZIA Povera creatura!
MARTINO Tutti i giorni varco la soglia della scuola tremando al pensiero di cosa mi faranno, anche se, come le ho già detto, hanno un po’ di rispetto per la mia disgrazia. Tempo fa è successo il finimondo perché il signor Consuegra, che insegna latino in modo splendido, aveva trovato degli escrementi di gatto nel registro di classe.
ZIA Che disgraziati!
MARTINO Pagano e ci dan da vivere. Ma mi creda, i loro genitori se la ridono di tali canagliate e poiché siamo interni e non saremo noi a esaminare i loro figlioli, ci considerano senz’anima, gente all’ultimo gradino fra quanti ancora portano la cravatta e il colletto rigido.
ZIA Ah! Don Martino! In che modo viviamo!
MARTINO In che modo! Ho sempre sognato d’essere un poeta. Ne avevo il talento e ho scritto un dramma che non è mai stato rappresentato.
ZIA La figlia di Jefté?
MARTINO Sì, proprio quello.
ZIA L’ho letto con Rosita. Fu lei a prestarcelo. L’ho letto con Rosita quattro o cinque volte.
MARTINO E come le è sembrato?
ZIA Molto bello. Gliel’ho già detto. Soprattutto quando in punto di morte ricorda la madre e la invoca.
MARTINO Potente, no? Un dramma sia nella forma che nel concetto. E non si è mai potuto rappresentare!
(Recitando)
O grande madre rivolgi il tuo sguardo
a chi giace arresa in vile torpore
accogli tu le fulgide sue gemme
e della sua lotta l’orrido rantolo.
Non è bello? Il verso “e della sua lotta l’orrido rantolo” non è perfetto negli accenti e nelle censure?
ZIA Magnifico! Magnifico!
MARTINO E quando Glucinio si reca a trovare Isaia e solleva il lembo della tenda ...
GOVERNANTE (Interrompendo) Di qua.
(Entrano due facchini con abiti di fustagno.)
I FACCHINO Buona sera.
MARTINO E ZIA Buona sera.
GOVERNANTE E’ questo.
(I facchini lo sollevano come se fosse una cassa da morto. La governante li segue. Silenzio. Mentre i due escono col divano si sentono delle campane.)
MARTINO La novena di santa Gertrude Magna?
ZIA Sì, nella chiesa di san Antonio.
MARTINO E’ molto difficile fare il poeta. (I facchini escono) Avrei anche fatto volentieri il farmacista: è una vita tranquilla ...
ZIA ... Mio fratello, che Dio l’abbia in gloria, era farmacista.
MARTINO ... ma non mi fu possibile. Dovevo aiutare mia madre e così divenni professore. Invidiavo tanto suo marito proprio per questo motivo, perché aveva fatto della sua vita quel che voleva.
ZIA E’ stata la sua rovina.
MARTINO Certo. Ma a me è toccato molto di peggio.
ZIA Per lo meno continua a scrivere.
MARTINO Non so neppure io perché scrivo: non ho grandi aspirazioni eppure è l’unica cosa che amo fare. Ha letto il mio racconto uscito ieri sul secondo numero della “Mentalità Granatina”?
ZIA “Il compleanno di Matilde”? Sì, l’abbiamo letto, una meraviglia.
MARTINO Davvero? Ho tentato di rinnovarmi affrontando un argomento di vita contemporanea. Vi parlo addirittura di un aereoplano. Bisogna stare al passo coi tempi! Naturalmente il mio genere preferito resta il sonetto.
ZIA Alle nove muse del Parnaso!
MARTINO Alle dieci. Alle dieci. Non si ricorda che ho eletto Rosita “decima musa”?
GOVERNANTE (Entrando) Signora, mi aiuti a piegare questo lenzuolo. (Piegano il lenzuolo.) Don Martino dai capelli rossi! Perché non si è sposato? Ora non sarebbe tanto solo.
MARTINO Non mi ha voluto nessuno.
GOVERNANTE La gente non ha proprio gusto. Con il modo squisito che ha di parlare ...!
ZIA Chissà che non ti riesca di ammaliarlo!
MARTINO Ci provi, ci provi pure.
GOVERNANTE Quando fa lezione nell’aula a pian terreno della scuola, io vado sempre dal carbonaio per sentirla. “Cos’è l’idea?” “La rappresentazione intellettuale di una cosa o di un oggetto.” Non è così?
MARTINO Ma guarda!
GOVERNANTE Ieri diceva ad alta voce: “No, qui c’è un iperbato” e subito dopo: “l’epinicio ...” A me piacerebbe molto capire, ma dato che non capisco niente, mi scappa da ridere e il carbonaio, che è sempre lì a leggere un libro che s’intitola “Le rovine di Palmira” mi fulmina con due occhi che paiono quelli di un gatto rabbioso. Comunque anche se rido, so bene, da quella ignorante che sono, che Don Martino è una persona che vale.
MARTINO Oggi non si dà più valore alla retorica e alla poetica, e neppure alla cultura universitaria.
(La governante esce velocemente con il lenzuolo piegato)
ZIA Che possiamo farci! Abbiamo ancora poco tempo da vivere in questo teatro.
MARTINO E non ci resta che impiegarlo in sacrifici e buone azioni.
(Si sentono voci)
ZIA Che succede?
GOVERNANTE (Apparendo) Don Martino, torni subito a scuola: i ragazzi hanno rotto con un chiodo le tubature e tutte le classi sono inondate.
MARTINO Andiamo ... Ho sognato il Parnaso ed ora eccomi qui a fare il muratore e l’idraulico. Purché non mi diano uno spintone o non scivoli a gambe all’aria ...
(La governante aiuta Don Martino ad alzarsi.)
(Si sentono delle voci.)
GOVERNANTE Viene! Viene! Un po’ di calma! Che l’acqua salga e di quei ragazzi non ne resti vivo neanche uno!
MARTINO (Uscendo.) Dio sia benedetto!
ZIA Poveretto, che destino!
GOVERNANTE Proprio uno specchio in cui guardarsi! Si stira i colletti e si rammenda le calze da solo e quando era ammalato - che gli portai dei dolci - aveva un letto con delle lenzuola nere come il carbone e delle pareti e un lavandino che ...
ZIA A qualcuno tutto e ad altri nulla!
GOVERNANTE Per questo non smetterò mai di gridare: maledetti, maledetti i ricchi! Che neanche un’unghia resti di loro!
ZIA Lascia perdere.
GOVERNANTE Comunque andranno all’inferno a testa in giù, ne sono sicura. Dove infatti crede che sia ora lo sfruttatore dei poveri Don Rafael Salé (che Dio gli perdoni) seppellito l’altro giorno con tanti preti, tante monache e tanta pompa? All’inferno! E dirà: “Ho qui venti milioni di pesetas, non tormentatemi con quelle tenaglie. Vi dò quarantamila duros se mi togliete i carboni da sotto i piedi.” Ma i diavoli gli daranno un colpo di tizzone qui e uno là e pedate, pedate e schiaffoni in faccia finché il sangue non gli sarà diventato carbonella.
ZIA Tutti i Cristiani sanno che ai ricchi non è concesso entrare nel regno dei cieli, ma se continui a parlare in questo modo all’inferno ci finirai pure tu.
GOVERNANTE Io all’inferno? Uno scossone alla pentola di belzebù e subito sommergo tutta la terra d’acqua bollente! No, signora, no. Io andrò in paradiso a viva forza! (Dolcemente) Con lei. E tutte e due saremo sedute su seggiole di seta celeste oscillanti da sole nell’aria con un ventaglio di raso granata in mano. In mezzo a noi, su di un’altalena di gelsomini e ciuffi di rosmarino, Rosita e, dietro, suo marito coperto di rose così come uscì nella sua bara da questa stanza, con lo stesso sorriso e la stessa fronte bianca come cristallo ... Lei oscilla nell’aria, e così io, e così Rosita ... e il Signore ci getta rose come fossimo tre sante di madreperla portate in processione tra festoni e ceri.
ZIA E restino quaggiù i fazzoletti per piangere.
GOVERNANTE Agli altri soffrire! A noi grande festa in cielo!
ZIA Già, perché di feste ce n’è rimasta una in cuore.
I FACCHINO Ancora qualcos’altro da fare?
GOVERNANTE Venite (Escono dalla porta) Su, coraggio!
ZIA Che Dio ti benedica!
(Appare Rosita con un pacco di lettere in mano. Silenzio.)
Hanno già portato via il cassettone?
ROSITA Sì. Proprio adesso. Vostra cugina Speranza ha mandato un ragazzo a prendere un cacciavite.
ZIA Staranno preparando i letti per questa notte. Se ce ne fossimo andate via prima, avremmo potuto sistemare ogni cosa a nostro gusto. Mia cugina avrà ammassato tutti i mobili a vanvera.
ROSITA Io preferisco andarmene via al buio. Se fosse possibile, farei spegnere persino i lampioni. I vicini saranno di sicuro tutti lì a spiare e a causa del trasloco, per tutto il giorno si sono stipati bambini sull’uscio come se in casa ci fosse stato un morto.
ZIA Se lo avessi saputo, non avrei mai permesso a tuo zio di ipotecare casa, mobili e tutto. Ci resta solo il minimo indispensabile: una sedia per sederci e un letto per dormire.
ROSITA Per morire.
ZIA Che bello scherzo ci ha fatto. Domani saranno qui i nuovi proprietari e mi piacerebbe tanto che tuo zio ci vedesse. Un vecchio scimunito, maldestro negli affari e totalmente incretinito dietro alle sue rose. Un uomo senza la minima nozione del denaro, che mi ha rovinato giorno dopo giorno ... “C’è qui il tale” e lui: “Che entri” ed entrava senza un soldo per poi uscire con le tasche piene, e sempre: “Che non sappia nulla mia moglie!” Che mani bucate aveva! Che animo fragile! Non c’era disgrazia che non cercasse d’alleviare, né bimbo che non proteggesse, perché ... perché aveva il cuore più grande che si potesse mai immaginare e l’anima cristiana più pura ... No. No. Taci, vecchia! Taci, chiacchierona e rispetta la volontà di Dio! Rovinate! Va bene così! E sto zitta! Ma se penso a te ...
ROSITA Non preoccupatevi per me, zia. So che lo zio ha fatto l’ipoteca per pagare i mobili e il mio corredo, e me ne dispiace molto.
ZIA Tuo zio ha fatto benissimo. Meritavi tutto e tutto ciò che è stato comperato è degno di te e sarà magnifico il giorno che l’userai.
ROSITA Il giorno che l’userò?
ZIA Certo. Il giorno delle tue nozze.
ROSITA Non fatemi parlare.
ZIA Ecco il difetto delle donne oneste di questo paese: tacere. Tacciamo, e invece dovremmo parlare. (Ad alta voce) Governante, è arrivata la posta?
ROSITA Che fate?
ZIA Voglio che tu mi guardi e impari a vivere.
ROSITA Tacete.
ZIA A volte io devo parlare ad alta voce. Esci dalle tue quattro mura, figlia mia. Non rassegnarti alla sventura!
ROSITA Sono vissuta per molti anni fuori di me stessa, pensando a cose lontane, e ora che queste cose non esistono più mi aggiro per spazi gelidi alla ricerca di una via d’uscita che non troverò mai. Io sapevo tutto. Sapevo che s’era sposato; un’anima pietosa s’era presa la briga di dirmelo, eppure ho continuato a ricevere le sue lettere con una illusione così piena di singhiozzi ch’io stessa ne ero stupita. Se qualcuno non avesse parlato, se non l’aveste saputo voi, se non l’avesse saputo nessuno altro al di fuori di me, le sue lettere e le sue menzogne avrebbero continuato a nutrire la mia illusione come nel primo anno della sua assenza. Ma lo sapevano tutti: ero mostrata a dito! E quanto era ridicola la mia modestia di fidanzata, e quanto grottesco il mio ventaglio di zitella! Ogni anno che passava era come se mi strappassero un indumento intimo dal corpo. Oggi si sposa un’amica e poi un’altra e poi un’altra ancora e domani ha un figlio e cresce e viene a farmi vedere i voti della sua pagella, e fanno case nuove e nuove canzoni e io, sempre la stessa ... con lo stesso batticuore ... io sempre la stessa taglio lo stesso garofano e guardo le stesse nuvole ... ma un giorno vado al paseo e non conosco più nessuno, ragazzi e ragazze mi lasciano indietro perché mi affatico, e uno dice: “Guarda la zitellona”, e un altro, bello e ricciuto, commenta: “Chi se la pigli ormai quella?”. Io sento e non posso gridare e vado avanti con la bocca piena di veleno e una voglia tremenda di fuggire, di togliermi le scarpe, di fermarmi in un angolo e di non muovermi più di là.
ZIA Rosita, figlia mia!
ROSITA Sono vecchia ormai. Ieri ho sentito la governante dire che potrei ancora sposarmi. No, assolutamente no. E neanche si osi pensarlo! Ho già perso la speranza di farlo con chi amavo con tutto il cuore, con chi amavo e ... amo ancora! Tutto è finito ... eppure, persa ogni illusione, mi corico e mi alzo al mattino con la più atroce delle sensazioni: quella di non avere che speranze morte. Vorrei fuggire, non vedere nessuno, essere serena, vuota ... (una povera donna non ha il diritto di respirare un poco in libertà?) ... ma la speranza mi insegue, mi gira attorno e mi morde come un lupo agonizzante che l’ultima volta digrigna i denti.
ZIA Perché non mi hai dato retta? Perché non ti sei sposata con un altro?
ROSITA Ero legata, e poi: è mai venuto in questa casa, a conquistare il mio affetto, un uomo sincero e premuroso?
ZIA Tu non badavi a nessuno. Tu eri innamorata di quel colombo malandrino.
ROSITA Sono sempre stata seria.
ZIA Ti sei aggrappata a una idea senza badare alla realtà e senza aver pietà del tuo futuro.
ROSITA Sono così. E non posso cambiare. Ora mi resta soltanto la mia dignità. Quel che ho dentro lo terrò per me sola.
ZIA Proprio quello che non voglio.
GOVERNANTE E neanche io voglio. Parla, sfogati. Ci sazieremo tutte e tre di lacrime e ci spartiremo il dolore.
ROSITA Che volete che vi dica? Ci sono cose che non si possono dire perché mancano parole per farlo ... ma anche se ci fossero, nessuno ne capirebbe il significato. Voi mi intendete se vi chiedo pane, acqua o magari un bacio eppure non potreste mai capire né togliermi di dosso la mano buia che non so se bruci il cuore o se lo geli ogni volta che resto sola.
GOVERNANTE Ah! Sta parlando!
ZIA A tutto c’è consolazione!
ROSITA Se continuassi sarebbe un lamento senza fine. So che i miei occhi resteranno sempre giovani e so che le mie spalle s’incurveranno sempre più. In fondo quel che è successo a me è già successo a mille altre. (Pausa) Ma perché parlo di tutto questo? (Alla governante) Finisci di sistemare ogni cosa perché tra poco ce ne andremo da questa casa, e voi, zia, non preoccupatevi per me. (Pausa. Alla governante.) Su, muoviti! Non mi piace essere guardata così. Mi danno fastidio gli sguardi dei cani fedeli. (La governante esce) Mi innervosiscono e mi fanno infuriare gli sguardi di pietà.
ZIA Figlia mia, che devo fare?
ROSITA Lasciami stare, come se fossi una cosa perduta. (Pausa. Va su e giù per la scena.) Lo so, ora state pensando a vostra sorella, la zitellona ... zitellona come me. Era acida, odiava i bambini e tutte le donne che indossavano un vestito nuovo ... ma io non sarò così. (Pausa) Ah! Perdonate!
ZIA Che stupidaggini!
(Appare sul fondo un ragazzo di diciotto anni.)
ROSITA Avanti!
RAGAZZO State traslocando?
ROSITA Sì. A minuti: appena si farà buio.
ZIA Chi è?
ROSITA Il figlio di Maria.
ZIA Quale Maria?
ROSITA La più grande delle Manole.
ZIA Ah! Quelle che in tre o quattro
se ne vanno all’Alhambra, sole.
Perdona, figlio mio, la mia cattiva memoria.
RAGAZZO Mi ha visto così poche volte!
ZIA Sì, ma volevo bene a tua madre. Com’era bella! Morì alla stessa epoca di mio marito.
ROSITA No. Prima.
RAGAZZO Otto anni fa.
ROSITA Ha la sua stessa faccia.
RAGAZZO (Allegro) Un po’ più brutta perché tagliata con la cetta!
ZIA E le sue stesse battute, lo stesso spirito.
RAGAZZO E’ vero, le assomiglio molto. A carnevale mi sono messo un suo vestito, uno dei tempi del cucù, verde ...
ROSITA (Melanconica) Con dei nastri neri ... e delle arricciature di seta verde nilo.
RAGAZZO Sì.
ROSITA E una grande fascia di velluto in vita ...
RAGAZZO ... esatto ...
ROSITA ... che scende ai fianchi in due bande.
RAGAZZO Sì. Proprio quello! Che razza di moda! (Sorride)
ROSITA Era una moda graziosa!
RAGAZZO Ma che dice? Be’, stavo uscendo sbellicandomi dalla risa per tutta quella anticaglia che avevo addosso e che riempiva il corridoio di casa d’odor di canfora quando d’un tratto mia zia scoppiò in lacrime dicendo che le pareva di veder mia madre. Io mi spaventai, è naturale e subito gettai sul letto sia il vestito che la mascherina.
ROSITA I ricordi sono cose così vive che riescono a volte a renderci la vita impossibile. Per questo comprendo bene quelle vecchie ubriache che se ne vanno per strada come se cercassero di cancellare il mondo e poi si siedono a cantare sulle panchine del paseo.
ZIA E tua sia, quella sposata, come sta?
RAGAZZO Abita a Barcellona. Ci scrive ogni tanto, ma sempre più di rado.
ROSITA Ha figli?
RAGAZZO Sì, quattro.
(Pausa)
GOVERNANTE (Entrando) Mi dia le chiavi dell’armadio! (La zia gliele porge.) Questo ragazzo qui ieri era a spasso con la sua morosa. Li ho visti sulla Piazza Nuova. Lei voleva andarsene via e lui ne le mollava il braccio. (Ride)
ZIA Non perde tempo il bambino!
RAGAZZO (Vergognandosi) Stavamo scherzando.
GOVERNANTE E non diventar rosso, ora! (Uscendo)
ROSITA Su, smettila.
RAGAZZO Che bel giardino avete.
ROSITA Avevamo.
ZIA Vieni. Andiamo a tagliare dei fiori.
RAGAZZO Arrivederci, Donna Rosita!
ROSITA Va’ con Dio, figliolo (Escono. Sta calando la sera.)
Donna Rosita! Donna Rosita!
Al mattino quando s’apre
è rossa come il sangue,
la sera si fa bianca
bianca di spuma e sale,
poi, quando cade la notte
s’incomincia a sfogliare.
(Pausa)
GOVERNANTE (Entrando con uno scialle) Forza! In marcia!
ROSITA Vado a mettermi il cappotto.
GOVERNANTE L’ho appesa alla maniglia della finestra perché ho smontato l’attaccapanni.
(Entra la terza zitella. E’ vestita di nero, ha un velo in testa e un nastro a lutto intorno al collo come era di moda nel 1912. Parlano a bassa voce.)
III ZITELLA Governante!
GOVERNANTE Ci trova per miracolo.
III ZITELLA Dò lezioni di piano qui vicino e sono passata per vedere se vi serve qualcosa.
GOVERNANTE Dio gliene renda merito!
III ZITELLA Che cosa terribile!
GOVERNANTE Sì, sì, ma non voglio che mi si tocchi il cuore, non voglio che si sollevi il velo che nasconde il mio dolore, perché sta a me dare coraggio in questo lutto senza morti che ha qui davanti agli occhi.
III ZITELLA Vorrei salutarle.
GOVERNANTE No, è meglio che non le veda. Venga a trovarci nella casa nuova, invece.
III ZITELLA Va bene. Comunque se vi servisse qualcosa, sapete per quel poco che vi posso essere utile, dove potete trovarmi.
GOVERNANTE Passerà, passerà anche questa!
(Si sente il vento soffiare)
III ZITELLA Che ventaccio si è alzato!
GOVERNANTE Sì. Pare che voglia piovere.
(La terza zitella esce.)
ZIA (Entrando) Con questo vento non resterà viva neanche una rosa. I cipressi del chioschetto arrivano quasi a toccare i muri della mia camera. E’ come se qualcuno volesse imbruttire il giardino per toglierci la pena di lasciarlo.
GOVERNANTE Tanto bello non lo è mai stato. Su, si metta il cappotto, e anche la mantella. Ecco, così. (Gliela mette) Per quando saremo arrivati, ho già la cena pronta. E per dessert, un flan. A lei piace! Un flan dorato come in garofano selvatico. (La governante parla con la voce velata da una profonda emozione.)
(Si sente un colpo.)
ZIA E’ la porta della serra. Perché non vai a chiuderla?
GOVERNANTE L’umidità l’ha già gonfiata e non si può chiudere.
ZIA Sbatterà tutta la notte.
GOVERNANTE Noi non la sentiremo.
(La scena è immersa in una dolce penombra serale.)
ZIA Io sì, invece. Io la sentirò.
(Appare Rosita. E’ pallida, vestita di bianco con un cappotto che le arriva al bordo del vestito.)
GOVERNANTE (Con coraggio) Andiamo.
ROSITA (Con voce debole) E’ incominciato a piovere. Non ci sarà nessuno sui balconi a guardarci andare via!
ZIA Meglio così.
ROSITA (Vacilla un poco, si appoggia a una sedia e cade sostenuta dalla governante e dalla zia che le impediscono di svenire completamente.)
E quando giunge la notte
s’incomincia a sfogliare.
(Escono. La scena resta vuota. Si sente sbattere la porta. Improvvisamente sul fondo si apre un balcone e le bianche cortine oscillano al vento.)
SIPARIO