Donne, donne, donne. Ieri e sempre

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DONNE, DONNE, DONNE

IERI E SEMPRE

di

Cristina Carbone

Lo spettacolo si articola in tre parti distinte.

Nella prima, cinque signore di età avanzata assistono a una lezione del prof. De Petris. Questi, proposto come argomento del corso “Le donne famose della letteratura”, invita le signore a riesumare i loro ricordi in proposito, aiutandole a ricostruire e correggendo quando è il caso.

Nella seconda, le signore recitano brani classici relativi ad alcune delle donne di cui si è parlato nella parte precedente.

Nella terza e ultima, le stesse signore impersonano le stesse donne e le presentano nel momento in cui, dopo la morte, vengono accolte in Paradiso da S. Pietro, in attesa che dall’alto si comunichi la loro definitiva sistemazione.


CORSI DI CULTURA PER LA TERZA ETA’

Prof. Romeo De Petris

Cristina signorina per benino

Germana napoletana sprint

Giulia nella seconda giovinezza

Michela che viene dalla Val d’Aveto

Rita sudamericana integrata

Una saletta per conferenze: scrivania e di fronte qualche fila di sedie.

E’ tardo pomeriggio.

Le donne entrano una ad una e prendono posto salutandosi con cenni del capo e qualche “buonasera”.

Germana. Speriamo che queste lezioni del prof. De Petris siano piacevoli e non troppolunghe. Ho sempre così da fare!

Giulia. Ma qualcuna di voi lo ha già visto o sentito nominare questo Romeo de Petris? Cristina. No, credo che venga da fuori: uno che si chiama De Petris deve essere

meridionale, almeno di origine.

Giulia. Perché, qui a Chiavari non ci sono professori abbastanza in gamba? Germana. Non saranno disponibili.

Cristina. A me, i meridionali come professori non mi convincono: quelli che ho avuto ascuola, al liceo classico, facevano troppe chiacchiere.

Rita. Cosa dice, oggi i terroni non ci disturbano più. Og gi piuttosto sono gli albanesi, irumeni, i sudamericani... ladri, con qualche eccezione come i miei vicini di casa, ladri che ci fregano i lavori di prestigio. Le badanti... tutte sudamericane!

Cristina. Cosa vuole, a me i terroni mi restano sempre antipatici. Mah, staremo avedere.

Giulia.  O, eccolo! E’ giovane!

Entra il prof. De Petris.

De Petris.  Benvenute signore, ...

Cristina.  Anche troppo!

De Petris. ..benvenuti signori al mio corso di cultura per la terza età, anche se voi sieteancora nel fiore della giovinezza! Oh, ma non c’è nessun signore. Dove li avete lasciati?

Giulia.  Mio marito a quest’ora va a giocare a ramino coi suoi amici, al bar.

Cristina.  Io sono ancora nubile...

Germana.  Sa come sono i mariti: quando si incontrano con gli amici discutono di calcio

o di politica, con noi mangiano leggendo il giornale o guardando la televisione, a letto...

non me lo ricordo...

Cristina.  La cultura l’hanno studiata a scuola e tanto basta!

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De Petris. Potrei dilungarmi sul significato della parola “cultura”, ma certo lo sapete già:essa include tutti, ma proprio tutti gli aspetti della vita di una società, compresi il calcio, la politica, la televisione, l’abbigliamento... tutto quello che vi viene in mente e che in una società caratterizza la vita di tutti i giorni e la distingue da ogni altra società.

Germana. Quello che mi viene in mente a me non si può dire! Ma ...quella cosalì...come potranno mai farlo mettiamo, ... per esempio in Finlandia?

Michela.  O in Alaska o sulle Ande o nel Tibet?

De Petris. Signore, basta, noi siamo qui per parlare di cultura letteraria. E non stona ilfatto che siate tutte appartenenti al gentil sesso: l’argomento di questo anno accademico riguarda proprio la donna ispiratrice dei capolavori letterari del passato.

Cristina. Ma quello lo abbiamo già sentito qualche anno fa, a scuola. Non potrebbeparlarci invece degli uomini che hanno ispirato le poetesse?

Michela. Credo che l’amica, qui, abbia voglia di scherzare. Dov’è l’uomo che puòispirare o aver ispirato una donna a scrivere qualcosa? Al massimo una ricetta di cucina, o una lista di lamentele, o...

Giulia. Guardi, mi pare di aver capito, allargando quello che ha detto prima ilprofessore, che una volta non usava che le donne cantassero e gli uomini si facessero cantare. Cioè, in pratica, è una questione di cultura.

Cristina. Allora io, che ho fatto il liceo classico ma non sono mai stata ispirata da unuomo a scrivere niente, sarei ignorante?

De Petris. Signore vi prego, torniamo in argomento. Ho un’idea: oggi, come primalezione, facciamo una carrellata delle donne di cui vi ricordate per averne sentito nel corso dei vostri studi o altrove. Vi va di farlo voi? Io posso sempre aiutarvi..

Giulia. Ma è lei il professore! Io ho pagato per avere un servizio e quindi ho il diritto diusufruirne, e non di dovermelo fare da me!

Germana. Ah, lei ha pagato, come mai? Questi corsi sono a gratis...

Giulia. Ma, dicevo così per dire. Sa, se una non fa valere i suoi diritti, di sicuro nonsaranno gli altri a riconoscerli! Però, in effetti, pensandoci, credo che mi divertirei a fare il professore. L’ho sempre desiderato!

Cristina. Io poi ho fatto il liceo classico, queste cose le sapevo meravigliosamente benee le ricordo benissimo. Ho una memoria straordinaria, tanto che il mio professore... o era una professoressa? mi diceva sempre...

Germana. Io ho lasciato la scuola a quindici anni, in seconda media, perché gliinsegnanti non mi capivano. Però mi ricordo che allora, in una materia che si chiamava Epica, c’era una donna che si chiamava... Bah... un nome...

Giulia. Allora avevano tutte dei nomi impossibili! Quella lì cosa faceva? Germana. Era la ragazza di un certo Achille, che poi si è incazzato con un altro, il

comandante dell’esercito, perché gliela ha fregata!

Cristina.  Ah, intende Briseide, nell’ Iliade di Omero!

Giulia. Si, l’Iliade me la ricordo anche io. Proprio così! E lì c’era anche Elena di Troia...,cioè, troia era lei...

De Petris. No! No! Troia è la città, Elena era una bellissima nobildonna che la deaAfrodite ha offerto in dono a Paride come ricompensa per averle attribuito il pomo della bellezza.

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Giulia. Solo che lo ha fatto quando Elena era già sposata e suo marito non l’ha presabene e ha scatenato una guerra che è durata dieci anni.

Germana. Dieci anni per una guerra non sono poi così tanti: mi ricordo di una, inFrancia mi pare, che ne è durata cento!

De Petris.  Signore, non possiamo semplificare così! Le vicende mitiche sono

straordinariamente complesse, per quanto la cultura di allora...

Cristina.  Mi ricordo anche di una certa Didone che si è ammazzata, sicuro, perché

Enea l’ha mollata...

Germana. E anche un’altra importante che si è ammazzata, Giulietta. Io non ho fatto illiceo, ma questa me la ricordo bene.

Giulia. Si sono ammazzate in tante, nelle storie che ho letto. Quella Giulietta lì, però, haavuto il buon senso di farlo solo dopo che ha visto morto ammazzato il suo amante, Romeo.

Cristina.  Era suo marito!

Germana. Marito o amante che fosse, non è lui che si è ammazzato quando ha vistoGiulietta morta?

Giulia. Si, è vero... ma di sicuro Giulietta ha preso il pugnale dal fianco del cadavere diRomeo e se lo è piantata nel petto... Come può essere, è morta due volte?

De Petris. Avete ragione tutte. In realtà, la prima volta Giulietta fingeva soltanto: avevabevuto una fiala di droga che la faceva sembrare, solo sembrare, morta. Questo era un trucco per evitare di sposare uno che non le andava a genio!

Giulia. Il risultato finale è comunque che si è ammazzata. Ma ce ne saranno di quelleche sono morte di morte naturale, vero, prof. De Petris?

De Petris.  Sicuro! Qualcuna di voi signore si ricorda di Lesbia?

Michela.  Lesbia? Non si dice lesbica?

Cristina. Non c’entra niente. Lesbia significa nativa dell’isola di Lesbo, dove era natauna poetessa importante, Saffo, che oggi potrebbe anche essere definita lesbica, da cui la confusione.

De Petris. Il discorso sulla sessualità nel mondo antico è lungo e impegnativo, neparleremo un’altra volta. Torniamo a Lesbia, figura importante nella letteratura latina.

Cristina.  Si, io che ho fatto il liceo...

Coro di donne.  Classico...

Cristina. Si, classico, mi ricordo che un poeta, si chiamava Catullo, proprio in onore diquella Saffo ha soprannominato Lesbia la sua donna. Questa donna, poi, era variabile: se il poeta era in buona, le dava ventiquattromila baci e la guardava giocare con un canarino addomesticato...

Giulia. Ma allora c’erano già i canarini? Mi sembrava che fossero uccellini esoticiconosciuti in Europa solo dopo la scoperta dell’America!

Rita. Nelle foreste di cui io... i miei vicini di casa mi hanno raccontato, so che ci sono ipappagalli, ma i canarini... non l’ ho mai sentito dire.

Cristina. Se non era un canarino sarà stato un altro piccolo pennuto, si, mi pare... forseun passero? Si, proprio un passero! E se il poeta non era in buona e Lesbia lo faceva inquietare, allora la trasformava in una sgualdrina che andava nei trivi e nei vicoli a fare un servizietto ai...

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De Petris. La figura storica di Lesbia richiederebbe un lungo discorso. Forse è la stessaClodia di cui parla Cicerone che, per difendere in processo un suo amico, come sono soliti fare, anzi come erano soliti fare gli avvocati a quei tempi, copre di mer... fango l’accusatore, in questo caso Clodia, dicendo che fosse una adescatrice di giovani, incestuosa , forse assassina e... altro.

Cristina. Oh Cicerone! Quel rompiscatole che al liceo ci ha perseguitato in tutti i compitiin classe!

Giulia. La faccia finita, lei e il suo liceo. Ci sarà pure qualche donna più simpatica... piùmoderna...

De Petris.  Si! C’è, per esempio, Laura.

Giulia. Quale Laura? Io ne conosco almeno... dunque.. c’è la sorella di mia nuora;un’altra che incontro tutti i giorni dal besagnino; mi pare, anche, si, la segretaria del mio commercialista; anche il mio secondo nome... Ma questo cosa c’entra con le donne ispiratrici?

De Petris. Certo mia cara, non c’entra niente. Dobbiamo pensare all’unica Laura che haispirato un grande poeta...

Cristina. Si, lo so, il Petrarca! Questo qui, per cantare la bellezza di Laura e le suepaturnie per lei, le ha scritto un sonetto al giorno finché era viva e poi anche dopo che è morta. Di malattia!

Giulia. Ma per piacere, un’altra che ha fatto una fine prematura! Qualcuna che siavissuta fino a diventare vecchia, non so, forse Beatrice?

Cristina. No, nemmeno quella. Lei che non ha fatto il liceo forse non lo sa ma, nellaDivina Commedia, l’anima di Beatrice accompagna Dante, vivo per quanto transumanato, a visitare il Paradiso: questo significa che lei è morta almeno un po’ prima di lui!

Germana. Prof. De Petris, ci ricordi lei qualche donna che sia diventata vecchia o,almeno, sia sopravvissuta al suo uomo!

De Petris.  Mah... ci sarebbe Clitemestra...

Germana.  Oh Signore! E questa chi è?

Cristina. Clitemestra! Al liceo abbiamo studiato anche lei! Clitemestra, il marito, lo haammazzato! Un bell’esempio di violenza sugli uomini!

Coro di donne.  Brava!

Germana.  E com’è andata?

Cristina. Dunque, mi pare che suo marito è tornato dalla guerra di Troia, di cui si dicevaprima, portando con se una prigioniera, prigioniera! giovane e bella e ha ordinato alla moglie, appunto Clitemestra, di trattarla con tutti gli onori. Lei, invece, li ha ammazzati tutti e due. E’ andata così, vero, professore?

De Petris. Beh, anche qui la storia mitica è un tantino più complessa però, a grandilinee, si può anche sintetizzare così.

Michela.  Evviva! Allora quella è vissuta felice e contenta...

Cristina.  No! L’ha ammazzata poco dopo suo figlio, per vendicare il padre.

Giulia.  Ma porca miseria! Professor De Petris...

De Petris. Prego, mi chiami Romeo!

Giulia.  Romeo... che dolce! Ci aiuti! Ne tiri fuori una che sia morta di vecchiaia!

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Rita. Io... i miei vicini di casa mi hanno parlato di una poetessa, si chiama Adelia Prado,che è ancora viva e scrive poesie erotiche per suo marito.

Giulia.  Poesie erotiche? Uh, sentiamo!

Germana.  Ma... proprio per suo marito?

Rita.  Si! Ne ha scritto una bellissima dove dice che quando lui va a pescare lei lo aiuta

a pulire i pesci...

Giulia.  E’ uno scherzo, non una poesia!

Rita. No, la poesia è il silenzio che “attraversa la cucina come un fiume profondo”. Cristina. Io i pesci me li faccio pulire dal pescivendolo. Se qualche volta li pulisco io,

altro che silenzio... le cannonate su Cartagine!

De Petris. Pulire i pesci è un’arte. Occorre in primo luogo squamarli sotto l’acquacorrente, in contropelo, tenendoli delicatamente per la coda e avendo cura che le squame così rimosse non si accumulino ad ostruire lo scarico del lavello. Quindi si inserisce la punta di una forbice nel buco del... nello sfintere e si taglia...

Giulia. Romeo! Venga lei per favore a casa mia tutte le volte che voglio cucinare pesci! Cristina. Vogliamo per favore tornare alle donne? Io le trovo più interessanti dei pesci! De Petris. Scusate, forse sono un po’ sconfinato dall’argomento principale. Ma

l’erotismo, ciascuno lo vive a modo suo, anche sviscerando pesci!

Germana. Quella donna lì, quella poetessa che ci ha nominato l’amica, cosa dice diprecisamente erotico?

Rita.  Oh, lo capite da sole se vi recito la poesia!

Michela.  Ce la reciti allora!

Rita.  Davvero posso? Oh che bello! (recita i primi versi della poesia Casamento):

Hà mulheres que dizem:

Meu marido, se quiser pescar, pesque,

mas que limpe os peixes.

Eu nào. A qualquer hora da noite me levanto...

Michela.  Non si capisce niente!

Cristina.  Non è un problema.(estrae e maneggia il telefonino).Ho trovato qui la

traduzione in italiano. Se dite che devo leggerla, sono disposta...

Coro.  Deve, deve!

Cristina. (declama)Ci sono mogli che dicono:Mio marito, se vuole pescare, che peschi, ma i pesci poi se li pulisca.

Io no. A qualsiasi ora della notte mi alzo...

Giulia.    Non così! Così:

(sensuale) ...Io no! A qualsiasi ora della notte mi alzo, lo aiuto a squamare, aprire, tagliare e salare. E’ così bello, noi due da soli in cucina,

ogni tanto i gomiti si toccano,

lui dice cose come: “Questo è stato difficile”,

“Brillava nell’aria con colpi di coda”

e fa il gesto con la mano.

Il silenzio della prima volta che ci siamo visti

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Attraversa la cucina come un fiume profondo.

Alla fine, i pesci nella teglia,

andiamo a dormire.

Cose argentee guizzano:

siamo sposo e sposa.

Incredibile! Professore... Romeo... io mi sento tutta rimescolare dentro! Meglio che mi calmi prima di tornare a casa da quel pesce lesso di mio marito...

Cristina. Possiamo tornare alle donne?

Germana.  Stavo pensando... c’era anche una che si chiamava Silvia.

De Petris.  Certo. La Silvia di uno dei più grandi idilli del Leopardi.

Germana. Giusto, me la ricordo! Quella lì era una che si divertiva a fare i lavori di casa,cantava sempre quando lavava il cesso e stirava le camicie...

Giulia. Proprio come nelle pubblicità alla televisione: mi fanno venire un nervoso quelleche sono così belle contente se usano questo detersivo o quella spazzola! A me mi possono dare i detersivi e le spazzole che vogliono, sarei più contenta se i lavori li facesse qualcun altro!

Cristina. Ma il poeta, il Leopardi, è un uomo: forse era convinto per davvero che questaSilvia, come secondo loro è natura delle donne, fosse felice di lavargli col sapone le mutande sozze di tre giorni e i calzini puzzolenti di quattro.

Michela. Almeno sarà morta vecchia, senza denti e schiacciata da un cumulo dilenzuola sporche!

De Petris. Ahimè, devo deludervi: secondo il poeta è morta giovanissima, ancoraadolescente.

Giulia. Oh poveretta! E siamo sempre lì. Ma forse Lucia, quella dei Promessi Sposi! Cristina. Si, si! Al liceo classico, la scuola che ho fatto io...

Coro confuso di donne. - Lo ha già detto! – Abbiamo capito! – Basta con questo liceo! Cristina Oh, se vi da tanto fastidio non lo dico più. Resta il fatto che io l’ho fatto, il liceo,

e i Promessi Sposi li ho letti per intero, e mi ricordo che alla fine del romanzo Renzo e Lucia avevano una nidiata di bambini.

Giulia. Questo non vuol dire niente. A quei tempi si sposavano presto e sfornavano unbambino dietro l’altro... Proviamo a fare due conti. Dunque, supponiamo che Lucia si sia sposata a 20 anni, che abbia fatto un figlio all’anno, che i figli fossero, mettiamo, dieci, così il conto è più facile, allora Lucia quando ha finito di figliare aveva... quanto? Qualcuno ha una calcolatrice?

Cristina.  Fa trenta!

Germana. Allora, se è morta subito dopo era giovane anche lei. Ma non vuol direniente, magari li ha allevati tutti fino a quando non si sono sposati e ha anche aiutato a crescere i nipotini...

Giulia. Speriamo che sia vissuta almeno abbastanza da sotterrare suo marito. Sapete,per non dargli il dolore di lasciarlo solo a piangere per lei!

De Petris. Signore, mi spiace interrompervi ma per oggi abbiamo esaurito il tempo anostra disposizione. A venire, parleremo di ciascuna di loro nei dettagli.

Cristina. Oh prof, la prego, mi accontenti! La prossima volta parliamo di uomini!

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William Shakespeare  Romeo e Giulietta, atto III, scena v

Giul.  Vuoi andare già via? Ancora è lontano il giorno:

non era l’allodola, era l’usignolo

che trafisse il tuo orecchio timoroso:

canta ogni notte laggiù dal melograno;

credimi, amore, era l’usignolo.

Rom. Era l’allodola, messaggera dell’alba,non l’usignolo. Guarda, amore, la luce invidiosa a strisce orla le nubi che si sciolgono a oriente; le candele della notte non ardono più e il giorno in punta di piedi si sporge felice dalle cime nebbiose dei monti. Devo andare: è la vita, o restare e morire.

Giul. Quel chiarore laggiù

non è la luce del giorno, lo so: è una meteora che si libera per te dal sole questa notte,

la torcia per farti lume sulla via di Mantova; dunque rimani ancora, c’è tempo per andare. Rom. Mi prendano pure, sarà certo la morte,ma sono felice se tu vuoi così. E dirò, allora, che là, quel grigio non è l’occhio del mattino ma il fioco riverbero della fronte di Cinzia; che non è l’allodola a battere la volta

del cielo, così alta su noi. Io voglio restare, non veglio più partire: vieni, o morte, sarai la benvenuta! Vuole così Giulietta. Che c’c, anima mia? Parliamo, non è giorno. Giul. E giorno, è giorno: dunque, presto, va’ via!

Èl’allodola che canta fuori tono forzando su dissonanze e aspri acuti. Dicono che l’allodola divida con dolcezza

ogni accordo: questa non ci divide con dolcezza; e ancora, che l’allodola e il rospo ripugnante abbiano scambiato i loro occhi:

così avessero fatto anche della voce,

poi che quella voce lotta il nostro abbraccio, perché ti caccia da me, col suo richiamo al giorno. Oh, va’, ora, va’; si fa sempre più luce.

Rom.  Sempre più luce! Sempre oscura di più la nostra p ena!

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Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi cap. VIII: Addio ai monti

Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto dei suoi familiari; torrenti dei quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il pass odi chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si meraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro se non pensasse che un giorno, tornerà dovizioso ai suoi monti (…). Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo,chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e dis turbato nelle più care speranze,lascia quei monti (…) e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natia, dove, sedendo con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore dei passi comuni il rumore di un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa dove l’animo tornò tante volte sereno cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande.

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C. Valerio Catullo, carme 5

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,

rumoresque senum severiorum

omnes unius aestimemus assis.

Soles occidere et redire possunt:

nobis, cum semel occidit brevis lux,

nox est perpetua una dormienda.

Da mi basia mille, deinde centum,

dein mille altera, dein secunda centum,

deinde usque altera mille, deinde centum.

Dein, cum multa milia fecerimus,

conturbabimus omnia, ne sciamus,

aut ne quis malus invidere possit,

cum tantum sciat esse basiorum.

(Trad. Salvatore Quasimodo)Viviamo, mia Lesbia, ed amiamoE ogni mormorio perfido dei vecchi Valga per noi la più vile moneta.

Il giorno può morire e poi risorgere,

ma quando muore il nostro breve giorno

una notte infinita dormiremo.

Tu dammi mille baci, e quindi cento,

poi dammene altri mille, e quindi cento

quindi mille continui, e quindi cento.

E quando poi saranno mille e mille

Nasconderemo il loro vero numero,

che non getti il malocchio l’invidioso

per un numero di baci così alto.

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Francesco Petrarca, Erano i capei d’oro

Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

che ’n mille dolci nodi gli avolgea,

e ’l vago lume oltra misura ardea

di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi;

e ’l viso di pietosi color’ farsi,

non so se vero o falso, mi parea:

i’ che l’esca amorosa al petto avea,

qual meraviglia se di sùbito arsi?

Non era l’andar suo cosa mortale,

ma d’angelica forma; e le parole

sonavan altro che pur voce umana;

uno spirto celeste, un vivo sole

fu quel ch’i' vidi: e se non fosse or tale,

piaga per allentar d’arco non sana.

Dante Alighieri,  Tanto gentile

Tanto gentile e tanto onesta pare

la donna mia quand’ella altrui saluta,

ch’onne lingua deven tremando muta,

e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,

benignamente d’umiltà vestuta;

e par che sia una cosa venuta

di cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi si piacente a chi la mira,

che dà per gli occhi una dolcezza al cuore

ch’intender no la può chi non la prova:

e par che da la sua labia si mova

un spirito soave pien d’amore

che va dicendo all’anima: Sospira.

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IL PARADISO DELLE DONNE DELLA  LETTERATURA

Personaggi:

San Pietro

Lesbia donna vissuta

Beatrice la sapiente

Laura bionda svampita

Giulietta innamorata persa

Lucia paesanotta ingenua

Salotto paradisiaco. C’è una grande scrivania con cellulare su supporto, poltroncine attorno a un tavolino sul quale sono appoggiate riviste. Alla scrivania è seduto S. Pietro che ha davanti un grande registro.

Pietro. Vediamo vediamo... Oggi dovrebbe arrivare...

Entra Lesbia. Buon giorno!

Pietro. Buon giorno a te. Tu saresti...(scorre con l’indice il registro)

Lesbia. Sono Lesbia, e sono attesa.

Pietro (perplesso).Qui non risulta nessuna Lesbia.

Lesbia. Guardi bene! Ah già, forse c’è l’altro nome, Clodia, che poi è quello vero. Ma sacom’è, da quando Catullo mi ha chiamata Lesbia, a Roma tutti mi chiamano così, e anche io...

Pietro. Ma qui siamo in Paradiso! Qui quello che decide sulla terra quel tale... Catullo, haidetto?, non lo consideriamo proprio!

Lesbia. Abbia pazienza, guardi se c’è Clodia tra gli arrivi. All’accettazione mi hannoassicurato...

Pietro. Si, c’è una Clodia. E c’è un punto interrogativo:vuol dire che in alto non hannoancora deciso dove sistemarti.

Lesbia. Non mi dica. Com’è possibile? Pietro. Mah, sai, ci sono arrivate certe voci...

Lesbia. No! La maledetta boccaccia di Marco Tullio!

Pietro. Marco Tullio?

Lesbia. Marco Tullio Cicerone. E’ famoso.

Pietro. Cicerone Cicerone... mai sentito.Indica il registro. Qui non c’è.

Lesbia. Sarà all’Inferno. Però mi stupisco che siano arrivate fin qui, in Paradiso, lestronzate che ha inventato sul mio conto!

Pietro. Bada, non ti permettere questo linguaggio!Si porta il telefono all’orecchio. Stannoverificando. Accomodati in sala d’attesa, ti farò sapere.

Lesbia si siede indispettita, prende una rivista e inizia a sfogliarla nervosamente. Pietro parla al telefono mentre Lesbia da’ segni di impazienza. Passa un po’ di tempo.. Entra Beatrice. Buon giorno a tutti. Oh, messer Pietro! Ma noi ci conosciamo già!

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Pietro. Davvero? Scusami ma non saprei... Sai, qui ne passano tanti... saresti... Beatrice. Sono Beatrice, Beatrice fiorentina, La Beatrice di Dante!

Pietro. Oh, quello si, lo conosco. E’ ancora in Purgatorio, veramente ci si è messo da soloe il Capo lo ha lasciato fare, boh! Ma vedrai che tra non molto arriva.

Lesbia che, sentendo il nome di Beatrice ha aggrottato la fronte come riflettendo, salta inpiedi stupefatta. Come sarebbe? Tu sei morta almeno milletrecento anni dopo di me! Vuoldire che sto aspettando da milletrecento anni?

Beatrice. Sciocchina! Non sai che qui siamo nell’eternità dove il tempo, gli anni nonesistono? Qui non c’è né prima né dopo, ma un unicoattimo eterno e infinito! a S. Pietro che ascolta scuotendo il capo. Voglia scusarla. Sa, questi Romani! Pretendevano diinsegnare tutto a tutti, mentre in realtà sapevano ben poco davvero!

Lesbia. Sta zitta tu, saputella! Solo perché il Dante ti ha già fatto fare un viaggetto quassùti credi la padrona di casa!

Pietro. Su su ragazze, non litigate! Il Capo non sopporta che si alzi la voce: qui si può solosussurrare, sorridere e cantare. Inni, naturalmente. Ora vediamo di sistemarvi. Solleva il telefono e ascolta un momento. Momentaneamente non raggiungibile. Aspettiamo. Iocredo che tu, Clodia...

Lesbia. Mi chiami Lesbia per piacere! Se mi chiama Clodia mi confonde e rischia diprovocarmi un grave sdoppiamento di personalità!

Pietro benevolo. E sia! Tu, Lesbia, dovresti andare nel Limbo.

Lesbia. Si sbaglia! Non si ricorda che il Limbo è stato abolito ormai da molti anni? Pietro. Già, è vero. La mia testa... sto venendo vecchio, povero me!

Entra Laura, scuotendo i lunghi capelli biondi.

Laura. Buongiorno! Guardate come sono belli anche dopo morta! Qual maraviglia se il

poeta dei poeti, il Petrarca intendo, al vederli ha subito preso fuoco?

Pietro. Petrarca... qui non è conosciuto. Che sia all’Inferno pure lui?

Laura. Spero di no, poverino. Non è cattivo, solo un po’ depresso...

Pietro. E quindi tu sei...

Laura. Laura la bionda, naturalmente.Scuote i capelli. Guardate come anche qui brillanoalla luce e si intonano meravigliosamente all’ambiente! Oh che paradiso!

Beatrice. Dimentica le vanità umane. Qui l’oro dei capelli non conta niente, anzi, quasiquasi... cosa ne dice, Pietro? Glieli tagliamo?

Laura inorridita.Nooo! Piuttosto mandatemi all’Inferno!

Pietro. Guarda che lì brucerebbero in quattro e quattr’otto. Ma vedrai che ti passa presto:

qui in Paradiso gli angeli son tutti biondi e i loro riccioli sono più luminosi dei tuoi!

Laura. Allora mi faccio rosso rame. Avete un buon parrucchiere?

Pietro. Ma che sciocchezze! Pensa all’anima piuttosto. Già, ormai sei solo un’anima... Lesbia. Un’anima... o un animo? Ho sempre fatto una gran confusione tra queste dueparole. Ma il mio Catullo sostiene che sono cose ben diverse...

Laura. Parole, parole... Piuttosto, S. Pietro, che significa “sei solo un’anima”? Mi pare diessere precisa identica a com’ero prima di morire!

Pietro. Oh, è solo forma senza materia.

Laura. Se parla così difficile non capisco.

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Pietro. Ti spiego. Non c’è carne, non ci sono ossa, non c’è pelle: niente più materia, solo

forma: nebbia impalpabile e luce.

Laura. Vuol dire che le mie poppe sode sono nebbia impalpabile, e nebbia il mio culettorotondo e nebbia la mia candida pelle? No! Non è possibile! Non voglio!

Lesbia. Che differenza fa? Forse il tuo “poeta dei poeti” ha mai... ehm, goduto di quellatua “materia”?

Pietro tossicchia. Ragazze, attenzione! Ricordatevi che siete in Paradiso!

Laura a Lesbia.Ora che mi ci fai pensare... Ma sai che quello, nascosto tra gli alberi, mi

guardava mentre facevo il bagno nuda nel torrente, e si incantava ad ammirare i miei

capelli umidi mossi dal vento?

Lesbia. Un guardone mezzo scemo!

Pietro. Ragazze, ora basta! State esagerando!

Beatrice. Pietro, abbia pazienza: sono sciocche ragazzine. E mi permetta un rimprovero.

Lei ha detto poc’anzi: “sei solo un’anima”. “Solo” un’anima! Ma le pare? Quasi che essersi

liberate dall’ingombro del corpo fosse una mancanza, una privazione! Doveva dire: “sei “finalmente” un’anima libera dalla materia”! Vergogna, una persona che ricopre un ruolo come il suo!

Pietro nasconde il viso, imbarazzato. Entra

Giulietta. Ahimé!

Pietro. Oh, Giulietta, Giulietta Capuleti. Eccoti finalmente, era l’ora!

Giulietta. Ma cosa dite, messere? Sono morta prematuramente, a soli 15 anni, ahimé! Pietro consulta il registro.Qui risulta che dovresti essere arrivata da circa 300 anni. Chehai fatto, ti sei persa per strada?

Giulietta. Messer Pietro, questa è una sciocchezza. Tutta colpa del poeta! Il pugnale miha trafitta, è vero, secoli or sono, ma messer William solo testé mi ha tratta dal sepolcro dove giacevano le mie membra cosicché potessi accedere alle celesti sfere. Lesbia. Ma come parla questa? Chi ti ha insegnato a esprimerti in questo modo?

Giulietta. Il poeta mi ha edotta nel bell’idioma. Non va bene?

Beatrice. Piccola mia, se dai retta ai poeti...

Lesbia. A me il poeta ha insegnato le parolacce, quelle che non sono nemmeno sulvocabolario.

Pietro. Ragazze, questo non è un argomento da Paradiso. Qui il linguaggio è quello degli

angeli.

Laura. Oh quelli!

Pietro. Bene Giulietta, vediamo di sistemarti.Sfoglia il registro.Un momento! Tu ti seiuccisa con le tue mani!

Giulietta. Non la mia mano, ma la mano di Amore ha vibrato il pugnale e lo ha infissonelle mie tenere carni!

Lesbia. E finiscila. Secondo voi cosa ha voluto dire?

Laura. Vuol dire che si è ammazzata per amore. Lo sappiamo: quando ha visto il suoRomeo esangue, ha voluto seguirlo nel suo tragico destino!

Lesbia. Che stupida!

Beatrice. Suvvia, qui non è luogo per parlare di destino, di morte, di stupidità... Qui esisteuna sola vita, eterna, una sola intelligenza cui conformarsi...

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Pietro perplessoLa mia?

Beatrice. Pietro, mi stupisco. Nella sua posizione, dovrebbe avere le idee chiare su chicomanda quassù!

Pietro. Si, si, ma sai... l’età... un principio di Alzheimer... Però sono sicuro che qui nonpossono entrare i suicidi, dica pure costei quello che vuole.

Giulietta. Oh messere, se vi racconto come furon gli accadimenti certo vi moverò a pietàper la mia triste sorte, acciocché mi permettiate di avere, dopo il tragico trapasso, l’agognata requie!

Lesbia. Se continui a parlare in questo modo ti faccio un culo così!

Pietro. Taci! E vergognati di questo linguaggio da trivio!Prende il telefono.Ora chiedoistruzioni. Entra

Lucia. Buon giorno. Scusatemi tanto... è qui il Paradiso?

Pietro sollevato.Oh vieni, vieni, benvenuta! Tu sei... sei...torna a guardare il registro. Lucia. Mondella Lucia, nata a Asterischi, come scrive il Manzoni mio creatore terreno,filatrice di seta, morta poco fa.

Pietro. Manzoni... nemmeno lui è nel registro degli arrivi.

Lucia. Sarà ancora vivo. Quello ha la pelle dura! Pensi, S. Pietro, che ha già esaurito duemogli. Magari ha intenzione di consumare la terza, sempre che la trovi!

Pietro alza gli occhi dal registro.Un momento! Ma anche tu sei in lista di attesa. Qui c’èscritto che dovresti aver partorito dieci figli, e invece hai appena dato alla luce il quinto. Lucia. Si, un bambino molto cattivo. Io gli ho dato la vita e lui l’ha tolta a me!

Pietro. Va beh, però non posso farti entrare, devo rimandarti da tuo marito per fare gli altricinque, come è stato deciso.

Lucia. No, no, per carità! Almeno mi faccia riposare qui qualche anno, sa, cinque figli inquattro anni e mezzo... una fatica... però, il mio Renzo, che uomo! Un toro! E pensare che quando eravamo promessi non mi si è mai avvicinato a meno di un metro! Ma poi... Un vero toro!

Giulietta. Un toro? Oh il mio Romeo! Un usignolo, un’allodola... Fanciulle, tutto nella solanotte a noi concessa dal fato!

Lesbia. Il mio Catullo invece preferiva il passero! Me ne ha regalato uno che era unadelizia! A Lucia Dimmi dimmi, che ti faceva? Lucia. Lui... beh... io, beh...

Laura. Ti scioglieva i capelli e li guardava scendere sulla tua schiena nuda?

Lucia inorridita. Nuda? Mai! Sulla camicia da notte lunga fino ai piedi!

Lesbia. Ti sollevava la camicia?

Lucia. Ma cosa dici? Non ha mai visto le mie gambe, è peccato mortale! Lesbia. E allora come faceva?

Pietro severo.Ora state esagerando! Tacete subito o vi spedisco all’Inferno!

Beatrice. Pietro, non sia così burbero, sono sciocche ragazze ignoranti. Se mi permette,io che sono sapiente e per di più gentile e onesta. .., Coro ...pare...

Beatrice. ... vorrei spiegare gentilmente e onestamente la cosa.

Pietro fa un cenno d’assenso. Prego.

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Beatrice. Vedi Lucia, nell’atto sublime che da il via al santo ufficio della procreazione c’èchi cerca una bestiale soddisfazione dei sensi. Per raggiungerla, alle persone villane è utile che il corpo, involucro mortale dell’anima immortale, sia scoperto.

Lucia. Però... la schiena, le gambe... invece del taglietto orlato a punto smerlo nellacamicia... mi sembra interessante.

Lesbia. Urca se lo è! E anche il resto...

Pietro. Volete finirla? Volete finirla?

Lucia. Mi scusi Pietro, io non ho mai cominciato. Chissà se... Pietro, ci sono degli uominiin Paradiso?

Pietro. Si, certo, non molti ma se guardi bene qualcuno lo trovi.

Lucia. E se...se... Potrei provare a sollevare la camicia?

Pietro. Vuoi scherzare? Ormai sei forma senza materia, come anche gli uomini.

Lesbia ride. E così il loro ca... coso... cioè, la loro forma senza materia non è più buona aniente!

Pietro furibondo.Hai veramente passato il segno!Va al centro del palco e alza al cielo lemani giunte. Mio buon Signore, sistemale tutte al più presto! I o proprio non le reggo più! Si inchina. Ma sia fatta la tua volontà.

Donne.  Amen.

Pietro.  E così sia.

SIPARIO

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