Dopo divorzieremo

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DOPO DIVORZIEREMO

Commedia in tre atti

di ALESSANDRO DE STEFANI

PERSONAGGI

FANNY SULLIVAN

GRACE PETERSON

HELEN TURNER

AGNES RED

SARAH NORIS

JOAN FULTON

DOROTHY

PHIL GILDER

TOM LYNCH

New York - Oggi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Una stanza mo­dernissima con due letti, piuttosto gran­di, a ribaltamento, mascherabili nelle pareti: per il resto vera stanza di sog­giorno con la uti­lizzazione di ogni mobile e di ogni minimo spazio di­sponibile. Nel fon­do, attraverso una apertura scorrevole, la cucina, minuscola ma razionale. A destra, in fondo, porticina che dà nel bagno. A sinistra in fondo la co­mune. L'arredamento, perfettamente razionale, è cura­tissimo, pur essendo tipico delle case popolari, ma di un popolare-americano dove anche la più umile persona di servizio gode delle comodità della vita moderna. Gli armadi sono occultati dentro le pareti; la luce è indi­retta. Radiogrammofono, pure nella parete, e cioè facente parte della dotazione dell'appartamento.

(Quando l'azione comincia c'è in scena soltanto Do­rothy, donna di servizio senza età, che sta maneggiando un aspirapolvere elettrico. La finestra è aperta: e dalla fine­stra sale il suono di un violino. Dapprima il ronzio dell'aspirapolvere copre la melodia: poi Dorothy avverte la musica, chiude l'interruttore dell'aspirapolvere e va Ma finestra ad ascoltare. Dalla comune, dopo avere appena bussato, entra Helen Turner, forse vent’anni, carina. Do­rothy allora rimette subito in funzione l'apparecchio « riprende le faccende).

Helen                            - Non sono ancora rientrate?

Dorothy                        - Come vedete.

Helen                            - E voi fate i servizi a quest'ora?

Dorothy                        - Quando si può, signorina. Ho sessantadue appartamenti da pulire, io.

Helen                            - Sessantadue appartamenti d'una stanza l'uno!

Dorothy                        - E vi pare poco? Comincio alle sette di mat­tina e finisco alle sette di sera. Organizzo il mio giro a seconda della padrona di casa. Helen (accennando alla finestra) Chi è che suona?

Dorothy                        - Un vagabondo.

Helen                            - Non è proibito...?

Dorothy                        - Si vede che non'c'è nessun «policeman» nei paraggi.

Helen                            - Fate stare un po' zitto il vostro aeroplano... (Dorothy torna a girare l’interruttore: le due donne ascol­tano la musica) E' Sehubert!

Dorothy                        - E' «Sequoia», il film delle bestie.

Helen                            - (sporgendosi) E' un giovane. Dobbiamo but­targli qualcosa?

Dorothy                        - Sarebbe proibito.

Helen                            - (buttando una moneta dalla finestra) Magari ha fame.

Dorothy                        - Si vede che la signorina ha preso lo stipendio.

Helen                            - Veramente non ancora...

Dorothy                        - Per buttare il danaro dalla finestra. Si ri­cordi anche che mi deve due dollari. Da quasi un mese.

Helen                            - Avete ragione. Appena mi danno il mensile...

Dorothy                        - Non siete pagate a settimana?

Helen                            - Si, ma alla fine del mese dobbiamo avere lo straordinario.

Dorothy                        - Va bene. Sapete quant'ho di crediti, in tutti i miei sessantadue appartamenti? Ottantanove dollari. Una somma, no? Faccio da banca. Ma, tutta gioventù. E la gioventù ha sempre dei bisogni superiori ai propri mezzi. Ma voi, oggi, come mai non siete al lavoro?

Helen                            - Licenza. Stamattina c'è stato il matrimonio di mio zio. Probabilmente ci ho rimesso l'eredità, perché ha sposato una ragazza di vent'anni più giovane. Mi son fatta dare allora un giorno di libertà, per rifarmi, almeno.

Dorothy                        - E l'avete passata in casa?

Helen                            - Ho attaccato fotografie all'album. Per questo anzi volevo... Ho finito la colla... Grace ne deve avere.

Dorothy                        - Io non apro gli armadi altrui. Ma credo che sia lì (indica una parete. Intanto il violinista avrà smesso).

Helen                            - Che ora è?

Dorothy                        - Le cinque e mezzo.

Helen                            - Grace dovrebbe essere qui, se non s'è fer­mata per strada.

Dorothy                        - Grace è una ragazza seria: non si ferma per strada. (La comune si apre ed entra Grace Peterson: altra ragazza di ventitré anni, piuttosto belloccia, prospe­rosa, energica).

Grace                            - Buongiorno. Ti sei trasferita in casa mia?

Dorothy                        - Voleva la colla per le fotografie.

Grace                            - Non ne ho più; finita anch'io.

Helen                            - Pazienza! Aspetteremo... (Grace intanto si toglie il vestito da passeggio, va e viene per la stanza e. la cucina).

Dorothy                        - Ci sono delle novità sul pianerottolo, si­gnorina.

Helen                            - E a me perché non le avete dette?

Dorothy                        - Per non ripetere due volte la stessa cosa.

Grace                            - Quali novità?

Dorothy                        - II fratello di Margaret...

Helen                            - Ebbene?

Dorothy                        - Non era suo fratello!

Grace                            - Bella novità! L'avevamo capito tutte.

Helen                            - Bastava veder come si guardavano quei due : era chiaro che non erano fratello e sorella.

Dorothy                        - Ma la signorina ispettrice ha voluto i do­cumenti: ha scoperto la verità.

Grace                            - E allora?

Dorothy                        - Regolamento! Margaret è sfrattata dalla casa: piangeva che era una disperazione. Non ha dove andare. Perduto l'alloggio, perso il posto all'ufficio. Tutto! Un bel servizio ha fatto l'amore!

Grace                            - Sono sistemi di tortura medioevale. Ci do­vrebbe essere una crociata contro questi abusi... Ma già, negli Stati Uniti, questa è la mentalità quacchera, ipo­crita! In un tassì, tutto: in casa, qui, niente. E siccome noi i soldi per i tassì non li abbiamo, allora a guardare le stelle! Bel divertimento! Duecentonovanta ragazze. Duecentonovanta condannate... La più vecchia ha venti­sei anni...

Dorothy                        - Io ne ho di più!

Grace                            - E non devono amare!

Dorothy                        - Anche miss Red ne ha di più.

Grace                            - E' l'aguzzina: si capisce. Ma è possibile, mi domando io? E' possibile impedire che sentano la pri­mavera, duecentonovanta figliole di vent'anni?

Dorothy                        - Margaret, il fratello, se l'è trovato d'in­verno!

Helen                            - E' per la moralità della casa. E' per il ren­dimento del lavoro in ditta. Le mogli, dice il capintesta, rendono meno. Quindi, niente impiegate coniugate.

Grace                            - Un bel fissato anche quello lì. Come se, quan­do c'è una bella giornata, come oggi, ai reparti contasse il fatto che siano tutte nubili. Non c'è che distrazioni, sospiri, occhi languidi, gesti stanchi. Ma va! Io, se fossi la padrona, obbligherei che le mie impiegate avessero marito. Almeno...

Helen                            - (con un sospiro) Ma siccome non sei la padrona.

Dorothy                        - Miss Grace oggi è piuttosto eccitabile.

Grace                            - E che farà oggi Margaret?

Dorothy                        - (avviandosi col proprio aspirapolvere) Farà l'amore! (Esce).

Grace                            - Sì, sul marciapiede, ed a stomaco vuoto! Perché - capisci l'atroce sopruso - in questi casi neanche l'indennità di licenziamento ti danno: niente. Via, sui due piedi, come se avessi rubato. E che ha rubato, infelice? Qualche bacio! Ah! Detesto New York!

Helen                            - Che ci vuoi fare?

Grace                            - Ma tu non ti sei innamorata, mai?

Helen                            - Come no? Sempre.

Grace                            - E come fai?

Helen                            - Vado al cinematografo!

Grace                            - (alzando le spalle) Ci vuol altro.

Helen                            - Passeggio.

 Grace                           - Consumate le scarpe e finite col prendervi una polmonite... Bell'amore! L'amore è un'altra cosa: Imi, seduto che fuma, legge il giornale, ascolta la radio. Io che gli preparo da mangiare.

Helen                            - E perché non cambi mestiere? Ditta?

Grace                            - Magari. Ma bisognerebbe trovare. Chi vuoi che corra il rischio di restare disoccupato, coi tempi che corrono? Duecentonovanta! Siamo duecentonovanta qui che vorremmo cambiare mestiere e ditta e che re­stiamo tutte legate a questa catena! Qui abbiamo la casa, il pane assicurato, un po' di calore d'inverno, la radio. Finisce che leggiamo dei romanzi: per forza. Che vuoi fare? {Va alla finestra a guardar fuori). Se non possiamo ascoltare parole d'amore, le andiamo a cercare sulla carta stampata. (D'improvviso dalla comune entra Agnes Red, l'ispettrice: cinquant’anni, magra, occhiali).

Agnes                            - Avanti: venti « cents » per una.

Grace                            - Per farne che?

Agnes                            - Se vi dico di darmeli. Su. (Helen le dà venti « cents »).

Grace                            - Io, se non so, non pago.

Agnes                            - Per Margaret. Che possa andare a dormire.

Grace                            - Non dovevate cacciarla! Bei coccodrilli, siete! Prima la cacciate e poi le fate la colletta per aiu­tarla. Perché non le date l'indennità di licenziamento?

Agnes                            - Perché il regolamento lo vieta.

Grace                            - La ditta dovrebbe...

Agnes                            - La ditta da oggi deve ignorare che esiste una Margaret; ma io le ho dato due dollari.

Grace                            - Che cosa fa quel suo finto fratello?

Agnes                            - Che volete che faccia? Il disoccupato!

Grace                            - E' incredibile; appena troviamo uno che ci piace, sempre disoccupato!

Helen                            - Per forza, se è occupato non lo troviamo. Ha da fare.

Agnes                            - L'anno scorso un'impiegata nostra s'è spo­sata con mi milionario. L'aveva conosciuto al banco di vendita. Vedete che non c'è da disperarsi.

Grace                            - Sì; la storiella del milionario è il miele per farci sopportare l'amaro. Ci vuole altro che milionario! Quelli già sono rarità da museo, e poi ad aspettare il milionario finiamo tutte zitelle come voi...

Agnes                            - Oh, io non è stato per divieto della ditta! Ma pazienza... Vado. Voglio completare la raccolta. (Sulla porla). E Fanny? Non è venuta?

Grace                            - Quella non ha nemmeno i venti « cents »!

Agnes                            - Poveraccia! Arrivederci... (Esce).

Helen                            - Non è cattiva.

Grace                            - Non ammetto scuse: fa parte del servizio tortura.

Helen                            - Obbedisce agli ordini avuti. E' un'impie­gata anche lei, in fondo.

Grace                            - Responsabile della nostra moralità! Bell'im­piego... Se fosse buona, farebbe finta di non vedere. Di non sapere che i fratelli non sono fratelli!

Helen                            - Il regolamento è il suo Dio: non lo tradi­rebbe per niente al mondo.

Grace                            - Si vendica! Si vendica su di noi della sorte che l'ha fatta rimanere zitella.

Helen                            - Ma! Disgraziata... (Si alza per andarsene). Prima c'era un suonatore di violino sotto le finestre...

Grace                            - Cosa?

Helen                            - Sì. Io mi sono sporta... C'era Agnes a un'al­tra finestra: l'ha cacciato via, regolamento; ma gli ha buttato dei soldi, il cuore!

Grace                            - Com'era questo suonatore?

Helen                            - Giovane. Suonava bene. Addio, Grace: vado a prepararmi il pranzo.

Grace                            - Buon appetito. E' molto che se n'è andato il violinista?...

Helen                            - Un quarto d'ora, credo. Press'a poco. (Esce. Grace va alla finestra: si guarda attorno, come cercando il suonatore di poco prima. Poi accende una sigaretta. Va alla radio, la mette in moto. Passa in cucina. Dalla comune entra Fanny, giovane, un po' trasandata nel ve­stire, sempliciotta, apparentemente. Ha qualche pacchetto in mano. Grace torna in scena).

Grace                            - Che hai potuto prendere?

Fanny                            - Intanto del prosciutto. Poi una mezza sca­tola di salmone...

Grace                            - (che si è seduta sul divano, fumando come as­sorta) Come, mezza?

Fanny                            - Mezza è stata adoperata per una maionese di pesce. Ce né rimasta mezza. C'è un resto di « plum-cake ». Non vuoi vedere?

Grace                            - Mi fido.

Fanny                            - Allora vuol dire che oggi non hai fame.

Grace                            - Poca.

Fanny                            - Sei malata?

Grace                            - Perché?

Fanny                            - Non ti succede mai di non aver fame. Io, almeno, non ti ho mai vista...

Grace                            - Infatti c'è qualcosa di nuovo nella mia vita.

Fanny                            - Aspetta un momento: porto questa roba in cucina e poi mi racconti.

Grace                            - Intanto chiudi la radio. (Fanny chiude la radio e porta le cibarie in cucina; Grace intanto si stira pigramente, continuando a fumare. Fanny rientra).

Fanny                            - Avanti, sentiamo. Di che si tratta?

Grace                            - Amore.

Fanny                            - Accidenti. Presto. Chi è? (Grace sospira). Ho capito: un'altra delle passioni per un divo del cine­matografo.

Grace                            - Non dire sciocchezze: in carne ed ossa.

Fanny                            - E' venuto al negozio?

Grace                            - Anche. Ma non per comprare. Ci veniva per me.

Fanny                            - Quand'è accaduto il colpo di fulmine?

Grace                            - Tre giorni fa.

Fanny                            - E me lo dici soltanto oggi?

Grace                            - Prima avevo dei dubbi: ora sono sicura. Vuole perfino sposarmi.

Fanny                            - E allora lasci' il posto? L'appartamento ? E io dove vado?

Grace                            - Sta zitta. Non ti spaventare. E' chiaro che non accetto.

Fanny                            - Ah! Ho capito! Non è un uomo ricco.

Grace                            - No.

Fanny                            - E come mai tu, così pratica, sensata, ti sei innamorata d'uno che non è ricco? Dicevi sempre...

Grace                            - Chopin.

Fanny                            - Che c'entra?

Grace                            -  Sai che adoro la musica!

Fanny                            - E' la prima volta che lo sento.

Grace                            - Come? Inutile discutere. Tu non mi hai mai capita. Voleva comprare un violino e per provarlo ha eseguito Chopin in un modo! Tutto il reparto era innamorato. Poi è venuta miss Emily e l'ha cacciato bru­scamente. Ma tra di noi non s'è parlato d'altro. Questo accadeva tre giorni fa. L'indomani l'ho incontrato all'uscita.

 Fanny                           - Per quello sei tornata così tardi!

Grace                            - Sì: le altre hanno visto che sono andata con lui. Morivano d'invidia.

Fanny                            - E dove siete andati?

Grace                            - In giro. Non so dove. Ieri è tornato in ne­gozio. Mi ha fatto prendere un biglietto di multa. Stava sempre lì, al mio banco: non comprava niente. E io non vendevo niente a nessuno. Oggi... (sospira). Oggi è tornato: e m'ha detto che non può più vivere senza di me.

Fanny                            - Ma, insomma, che cos'è?

Grace                            - Un artista: un grande artista. L'ho atteso all'uscita. Non c'era. Ho sentito un vuoto qui, un vuoto... E' chiaro: lo amo. (Dalla finestra sale il suono del vio­lino. Grace scatta) E' lui! (Va alla finestra; Fanny la segue, incuriosita). Guardalo! Meraviglioso! Suona per me... Non è poetico?

Fanny                            - Ah, è un suonatore ambulante!

Grace                            - Che vuol dire? Comincia così. Tutti i grandi concertisti han cominciato così.

Fanny                            - Si capisce. Che fa? Scappa? (La musica s'è interrotta).

Grace                            - Una guardia! (Si stacca dalla finestra). Dio, com'è complicata la vita! Volevamo andare al porto...

Fanny                            - Per imbarcarvi?

Grace                            - No: per poterci baciare. Facendo finta che uno di noi partisse. Non ci hanno lasciati passare. Non avevamo biglietti. Neanche un bacio, finora!

Fanny                            - In questo caso non c'è che il cinemato­grafo...

Grace                            - Costa.

Fanny                            - Un piccolo cinematografo, di terza mano: tanto, a voi, se la pellicola è vecchia, che v'importa?

Grace                            - Sì: ma non mi bastano, non ci bastano due baci al buio, la mano nella mano! Io sono giovane, lui anche. Siamo liberi entrambi. Capisci?

Fanny                            - Eh, capisco!

Grace                            - Bada che lui è l'onestà personificata. Vuole sposarmi, t'ho detto.

Fanny                            - Se ti sposi, perdi il posto.

Grace                            - Gliel’ho spiegato.

Fanny                            - E lui?

Grace                            - Dice che me ne troverebbe un altro.

Fanny                            - Non ti fidare. Che te lo trovi, prima.

Grace                            - Quello che gli ho ripetuto io!

Fanny                            - E lui?

Grace                            - Mi ha guardata negli occhi. Che ci posso fare? Quando mi guarda così, io perdo ogni volontà. Ho paura che sia ipnotizzatore! (Intanto è andata vani: volte alla finestra).

Fanny                            - Ma va! (Anch'essa si avvicina alla finestra, ed entrambe guardano giù. Intanto la comune si apre ed entra Phil, giovane alto, magro, terribilmente inva­dente: ha con sé un violino. Avanza in punta dei piedi, depone il violino sul divano, e poi si avvicina alla finestra).

Phil                                - Che cosa c'è giù d'interessante? (Le due donne si voltano di scatto).

Grace                            - Voi? Qui?

Phil                                - Io, sì. Perché?

Grace                            - Ma vi avevo detto che guai a voi...

Phil                                - Appunto. Il pericolo mi ha tentato.

Grace                            - Ma è vietato. E' orribile.

Phil                                - Che cos'è? Un monastero con clausura, questo ?

Grace                            - Peggio! Dio, Dio! Com'avete fatto?

Phil                                - Semplicissimo...

Grace                            - Parlate piano. Se odono una voce d'uomo... Fanny, chiudi la finestra. (Presentando) E' Fanny, l'amica che vive qui, con me, ospite mia.

Phil                                - Io sono...

Fanny                            - So. Sono al corrente.

Phil                                - Tanto piacere.

Grace                            - Andate, andate subito via. Mi farete cac­ciare... Ne hanno già cacciata una, oggi, proprio per questo. Sarete la mia rovina! Non ridete. Come avete fatto?

Phil                                - Devo andarmene o dirvi...?

Grace                            - Sedete.

Phil                                - Grazie. Carino, qui. Volevo vedere la vostra abitazione... Una reggia in confronto alla mia!

Grace                            - Perché, la vostra?...

Phil                                - (con un gesto vago) Per ora... Dov'ero non sono più.

Grace                            - E la roba?

Phil                                - Se la sono tenuta per indennità.

Grace                            - Oh, che gente!

Phil                                - No, poveracci! Ci hanno rimesso ugualmente. Dunque c'era la portinaia.

Grace                            - Vi ha visto entrare? Che avete detto?

Phil                                - L'ho fatta allontanare. Stava sulla porta. Ho detto al « policeman » che mi faceva l'occhietto' e mi faceva cenno d'entrare da lei. Un'immoralità scanda­losa. Il « policeman » ha raccolto la denunzia, ha pre­gato la portinaia di seguirlo. Lei s'è rifiutata. Discus­sione. Folla che si raduna. E io, allora, su, non visto, per le scale.

Fanny                            - Ma è vergognoso!

Phil                                - Non me lo perdonerà mai? (fissa Grace. Questa sospira e abbassa gli occhi). Al porto non ci hanno lasciato passare...

Grace                            - Fanny, vuoi vedere se in cucina...?

Fanny                            - Corro. (Va in cucina. Appena soli i due sì baciano a lungo metraggio. Le bocche non si staccano. Fanny, dalla parte della cucina) Fatto? (f due occupati a baciarsi non possono rispondere. Fanny mette dentro h testa. Grace allora si stacca). No, no, fate pure. Tanto, per me...

Phil                                - Ho fatto male a salire?

Grace                            - Malissimo.

Fanny                            - Ma non dire bugie, Grace. Anche poco fa mi dicevi...

Grace                            - Sssst!

Fanny                            - Va bene. Non parlo più.

Phil                                - Il pericolo deve esistere sulle scale, in ascen­sore... Ma qui! Non verranno mica a perquisire gli appartamenti!

Grace                            - Come no?

Fanny                            - Proibizione di chiudere a chiave la porta. Niente. Non si può far niente.

Phil                                - (preoccupato, grattandosi la testa) E' grave. Perché i» invece...

Grace                            - Che cosa?

Phil                                - Avevo pensato di passare qui la notte.

Grace                            - Oh!

Phil                                - Mi sarei accontentato di qualunque cosa : una poltrona, una sedia...

Fanny                            - Perché? I letti sono grandi: non si vedono, aspettate...

Grace                            - Fanny, vergognati! Che ti viene in mente?

Fanny                            - Volevo dire che io e te avremmo potuto dormire nello stesso letto. Non avevo nessuna altra in­tenzione...

Grace                            - Tu fai presto a parlare! Non sei impiegata all'« Everything for everybody » e non corri nessun rischio...

Phil                                - Non vorrei assolutamente esser causa! Non me lo perdonerai mai... Me ne andrò...

Grace                            - E dove andrete?

Phil                                - Non so. Non ho ancora deciso se all'Astoria o al Savoy.

Grace                            - Eppure non avete il tipo del vagabondo che dorme su una panchina.

Phil                                - Ma!

Fanny                            - Non so perché, si direbbe che foste un si­gnore che per divertimento vuol farsi credere povero.

Phil                                - Non fate dell'ironia, se no m'arrabbio.

Fanny                            - Avete la barba ben fatta.

Grace                            - No, Fanny. Sembra, forse perché è bionda. Ma c'è. Punge. Te lo garantisco io.

Phil                                -  Vado. Vedo che voi state per mettervi in tavola.

Fanny                            - E' il vero momento di rimanere.

Phil                                - Ho paura.

Grace                            - Di che? Sedete. (Fanny avrà frattanto pre­parato la tavola, con tre coperti).

Phil                                - Posso veramente?... Sono invitato?...

Fanny                            - Sedete e mangiate.

Phil                                - Ho paura dì offrirvi uno spettacolo ripu­gnante.

Grace                            - L'appetito non è mai ripugnante.

Phil                                - Come? E' disgustoso, quando si unisce al di­giuno. Allora mangio. Scusate se non parlo più, ma...

Fanny                            - (a Grace) E ora che vuoi fare? Mandarlo a dormire dove?

Grace                            - Che vuoi farci? Gli darò di che recarsi a un dormitorio.

Fanny                            - Non accetta: è un uomo che ha della di­gnità. (Frattanto, mangiando, Phil commenta la propo­sta delle due ragazze a {gesti del capo: no, non accette­rebbe).

Grace                            - Non possiamo mica tenerlo qui. Io non so che mentalità ti sei fatta vivendo nel tuo ristorante. (Phil, a gestì: «.Ah, lei vive in un ristorante? Donna beata! »).

Fanny                            - Io dico che se si vuol bene a qualcuno non lo si lascia in mezzo a una strada! (Phil: «Brava! Bei sentimenti! »).

Grace                            - Non insistiamo. Se per umanità perdo il posto anch'io, invece d'essere uno solo in mezzo a una strada, saremo in due! Bel guadagno!

Fanny                            - Per due che si amano non deve essere triste...

Grace                            - Neanche per sogno!

Fanny                            - Ma col vostro violino non riuscite a gua­dagnare?... (Phil accenna, mangiando sempre, che i gua­dagni sono minimi).

Grace                            - Eppure è tanto bravo! (Phil, occhi al cielo: «Ingiustizia! »).

Fanny                            - i Si vede che è un uomo privo di senso pra­tico. Del resto, si vede: s'è innamorato di te invece che di una ricca dama matura e divorziata che avrebbe assi­curato il suo avvenire!

Phil                                - (riuscendo finalmente a parlare) Cinica! Siete cinica! Io invece sono romantico. In fondo, ho delle aspirazioni modeste: a me un'abitazione piccolissima, come questa, basterebbe benissimo. Una donna amata vicino...

Fanny                            - Un pranzo abbondante...

Phil                                - Prosa. Volgarità. Io...

Fanny                            - Bravo! Ora che avete finito di mangiare, aprite il rubinetto della poesia e della idealità.

Phil                                - (a Grace) E' irritante, quella tua amica. Non lascia sognare la gente. Perché la tieni con te?

Fanny                            - Intanto perché io, col mio ristorante, assi­curo i rifornimenti. E poi perché ci vogliamo bene. E infine perché le pago la mia quota. Grace è una donna d'affari. Quel che ci vuole per voi. Sposatela!

Phil                                - Non desidero di meglio. Subito. Oggi. Domattina.

Grace                                       - Smettetela tutti e due! Non sapete che è impossibile?

Fanny                            - Di nascosto, senza avvertire la ditta...

Grace                            - Tutto il palazzo è pieno di «pie che andreb­bero a dirlo: le mie colleghe. Figuratevi!

Phil                                - E' una tortura cinese, questa! Io prendo Fanny a testimonio...

Fanny                            - Avanti! E' il mio mestiere fare da testi­monio...

Phil                                - Ah, sì? Ha avuto dei precedenti, allora? Avanti!

Grace                            - Fanny, ti proibisco...

Phil                                - (a Grace) Ti sei tradita! E allora, coraggio, dimmi come facevi con gli altri!

Grace                            - Non mi insultare!

Phil                                - Non te ne parlo per gelosia, ma solo per ten­tare di' istruirmi.

Grace                            - Non hai neanche un po' di delicatezza.

Phil                                - Vedi? Siamo già alle scene coniugali: all'in­ventario dei propri reciproci difetti! E abbiamo invece saltato il meglio: l'inventario delle qualità. Prendo a testimonio Fanny.

Fanny                            - L'avete già detto.

Phil                                - Grace mi piace; io le piaccio. Siamo tutt'e due liberi. Alla notte, dormendo, facciamo tutt'e due, lo scommetto, gli stessi sogni...

Grace                            - Phil, non essere sconveniente!

Phil                                - (a Fanny) Avete udito? Quindi, è implicito: gli stessi! E dobbiamo accontentarci dei sogni! E' bar­baro e antigienico.

Grace                            - Phil!

Phil                                - E' così. Dammi un altro bacio...

Grace                            - C'è Fanny!

Phil                                - Scommetto che ci capisce e... (si sporge verso Grace: la comune si apre e compare Agnes).

Agnes                            - (dopo un attimo di stupore) Miss Grace Peterson!

Phil                                - Ora vi spiego...

Agnes                            - Silenzio! Miss Grace Peterson, che significa la presenza di quest'intruso nel vostro appartamento? Rispondete.

Grace                            - Subito. E' stato...

Agnes                            - Voi conoscete il regolamento.

Grace                            - Io non c'entro. Non è colpa mia. La porta era aperta, è sempre aperta.

Agnes                            - Volete dire che si è introdotto abusiva­mente? Perché non avete suonato per chiamar gente?

Grace                            - Non ho- avuto tempo.

Agnes                            - Era appena entrato?

Phil                                - In questo momento.

Agnes                            - Però vedo tre coperti. Come sconosciuto siete stato trattato bene, subito.

Grace                            - Moriva di fame; abbiamo creduto... Io non abito sola. Quindi non c'è da supporre neanche lonta­namente.» Fanny, di' tu!

Agnes                            - Io devo fare rapporto. Voi intanto, giova­notto, sparite.

Fanny                            - Perché non dire la verità, Grace?

Grace                            - La verità? Fanny, tu sei pazza».

Agnes                            - Ah, c'è dell'altro, allora? Sentiamo! (A Fanny) Chi è questo giovanotto?

Fanny                            - Non c'è ragione di far misteri: tanto io non appartengo alla ditta.

Agnes                            - E con questo?

Fanny                            - Quel giovanotto è qui per me: è il mio fidanzato.

Agnes                            - Il vostro...? Ma andiamo! Chi volete che vi creda ?

Fanny                            - Perché? Sicuro: è il mio fidanzato.

Grace                            - Suo, suo. E io non ho potuto oppormi... Il regolamento non proibisce che un'ospite riceva il pro­prio fidanzato.

Agnes                            - (diffidente, a Phil) E’ vero che siete il fidan­zato di quella ragazza?

Phil                                - Se lo dice lei!

Agnes                            - Mi sembrate, come dire... troppo... sì, in­somma per una donna come Fanny troppo... grazioso.

Phil                                - Mi ha preso per la gola.

Agnes                            - Come?

Phil                                - La fame. Voi mi capite!

Agnes                            - Ah! E vi sposerete?

Fanny                            - Subito. Domani, credo. Vero, Phil?

Phil                                - Se non domani, certo dopodomani.

Fanny                            - Anzi, a questo proposito, volevo chiedervi se - dopo il matrimonio - in attesa di trovare un al­loggio egli potrebbe...

Agnes                            - Restare qui?

Fanny                            - Non credo che il regolamento lo vieti. Io sono ospite di Grace, mio marito sarebbe ospite anche lui...

Phil                                - Io non faccio che girare: non trova una casa come la voglio io, al prezzo che vorrei io».

Agnes                            - Esito a credere... Non ho l'abitudine di la­sciarmi infinocchiare.

Fanny                            - Sentite, miss Red: fateci da testimonio al matrimonio. Allora sarete persuasa.

Grace                            - Ma se avete già scelto i testimoni...

Fanny                            - Ne prendiamo uno di più. Volete?

Agnes                            - (a Phil) Comunque, fino a matrimonio av­venuto, qui non dovrete rimettere piede.

Phil                                - Come fidanzato...

Agnes                            - Niente. Per le comunicazioni c'è il tele­fono. Del resto, se vi sposate domani o dopodomani... E che mestiere fate?

Fanny                            - Concerti. E' concertista.

Phil                                - All'aperto. Per ora solo all'aperto.

Fanny                            - (facendo una carezza a Phil) Simpatico, no?

Phil                                - (piano) Giù le mani o ti strozzo.

Fanny                            -  Ci siamo conosciuti in modo romantico. Stava baciando un'altra...

Agnes                            - Non voglio sentire. E allora?

Fanny                            - Ho capito che sarebbe stato piacevole es­sere al posto dell'altra.

Agnes                            - E allora volete abitare qui in tre?

Fanny                            - Per i primi tempi: per poco...

Agnes                            - E Grace che ne dice?

Grace                            - Purché il signore non russi. Spero che non russiate, vero?

 Phil                               - Nessuno mi ha mai detto niente in proposito.

Agnes                            - Comunque, consulterò sull'argomento il Consiglio di direzione. Vedremo. Vedremo quel che si può fare. E speriamo che possiate esser felici!

Phil                                - Speriamolo.

Agnes                            - (a Phil) Volete venire, giovanotto? Vi ac­compagno io: questo renderà giustificata la vostra pre­senza, anche se qualcuno vi vede.

Phil                                - Troppo buona, signorina!

Fanny                            - Allora telefona, per metterci d'accordo su tutto.

Phil                                - Non dubitare. Signorina...

Grace                            - Signore! (Agnes e Phil escono. Grace e Fanny si guardano in faccia).

Fanny                            - Meno male, sei salva.

Grace                            - Sì. Grazie. Ma, e ora?...

Fanny                            - E ora, niente. 11 pericolo è passato: basta che lui, il tuo concertista, non si faccia più vedere qui.

Grace                            - E il tuo matrimonio...? Che dirà l'ispet­trice?

Fanny                            - Non sarà mica il primo matrimonio andato a monte all'ultimo momento.

Grace                            - Oh, evidente.

Fanny                            - Che hai?

Grace                            - Niente. Hai visto? L'ispettrice non si sa­rebbe opposta che Phil vivesse qui, con noi.

Fanny                            - Naturale! Come marito mio... Io avrei sal­vata la situazione.

Grace                            - Già.

Fanny                            - Hai ragione: aveva la barba lunga. Me ne sono accorta quando l'ho accarezzato.

Grace                            - Potevi farne anche a meno.

Fanny                            - M'era parso che l'ispettrice diffidasse; e al­lora, per la verosimiglianza...

Grace                            - Hai visto che faccia ha fatto Phil, all'annunzio del matrimonio?... Era atterrito. Perché, te ne sei accorta, non ti può soffrire.

Fanny                            - Oh, per quello, sentimento condiviso!

Grace                            - Anche miss Red vi guardava e vi trovava, come dire? Non t'offendere...

Fanny                            - Figurati, ormai!

Grace                            - Un po' troppo... troppo... Non osava dire la parola.

Fanny                            - Già!

Grace                            - Come rivale, non c'è che dire, non sei pe­ricolosa.

Fanny                            - Lo credo. E poi perché rivale?... Non credo d'aver mai preteso niente del genere. Per me, gli uomini...

Grace                            - Non ti piacciono?

Fanny                            - Ho troppo da fare: non ci penso. E poi perché dovrebbero piacermi? Non è roba per me!

Grace                            - Io, invece! Non posso sopportare l'idea che Phil vada a dormire su una panchina... E' un bel ragazzo sì o no? A parte che non vi possiate soffrire, devi rico­noscerlo. Sento che non potrò vivere senza di lui!...

Fanny                            - (alzando le spalle) Hai pur vissuto senza gli altri, no?

Grace                            - Non parlare degli altri, quando si parla di lui! E' povero, d'accordo. Ma sono sicura che farà strada...

Fanny                            - Per forza, non fa altro. Cammina!

Grace                            - Hai guardato i suoi occhi?

Fanny                            - Be'?

Grace                            - No, non li hai guardati, se no non saresti così indifferente.

Fanny                            - Io non capisco che delle donne indipendenti, che si guadagnano la vita, debbano poi perdere la testa per un paio di pantaloni senza piega!

Grace                            - (sospirando) Se vivesse qui, con noi... E io, rientrando dal lavoro, potessi ogni giorno avere un bacio, come quello di oggi... La gioia di vederlo mangiare, con quel bell'appetito gagliardo...

Fanny                            - Non fabbricare chimere.

Grace                            - Perché? In fondo, se tu volessi...

Fanny                            - Io, che c'entro?

Grace i                          - Ma sì. La tua idea del matrimonio non è poi assurda.

Fanny                            - Come? Vorresti che davvero io lo sposassi?... Grace!

Grace                            - Apparentemente. Per me. Per poterlo far vi­vere qui.

Fanny                            - Intanto lui non accetterebbe.

Grace                            - Perché? Sarebbe solo un legame provvisorio, esteriore. Per superare l'ostacolo del regolamento. La moglie vera, si capisce, sarei io.

Fanny                            - Ah, ma non accetterei io... Capace magari di pretendere... Di avere dei diritti...

Grace                            - No, per quello non ti illudere, nessun peri­colo. Matrimonio bianco.

Fanny                            - Ma che bianco! Candido. Neve... Ma non voglio.

Grace                            - Dopo tutto hai dei doveri verso di me.

Fanny                            - Fin che vuoi, ma non di questo genere.

Grace                            - C'è il divorzio. Appena le nostre condizioni finanziarie ce lo permetteranno, tu divorzi e lo sposo io.

Fanny                            - Grace, tu sogni.

Grace                            - Più ci penso, invece... Va bene, ci saresti forse un po' d'impaccio. Ma sei un'amica. Sai capire...

Fanny                            - Sei d'un egoismo!

Grace                            - Avrai notato che le divorziate hanno molta più fortuna delle signorine?

Fanny                            - E allora?

Grace                            - Per merito nostro, tu un bel giorno sarai di­vorziata... Può darsi che qualcuno, allora... non si sa mai.

Fanny                            - Ma è troppo antipatico.

Grace                            - Ragione di più. Non devi mica avere dei contatti... Del resto, è stata un'idea tua. A me non sa­rebbe neanche venuta In mente. Dopo tutto, è il primo favore che ti chiedo: non sarebbe carino da parte tua rifiutare.

Fanny                            - Ah, lo chiami un favore?

Grace                            - Si capisce. Un favore: niente altro. Andare per cinque minuti davanti al pastore, e basta. Non oc­corre altro per permettere a me di essere felice.

Fanny                            - E dove dovrei andare a dormire?

Grace                            - Ma qui, qui. Nel tuo solito letto. Noi met­teremo un paravento davanti al nostro. Si tratta di sosti­tuirmi davanti all'autorità: al resto provvedo io da sola.

Fanny                            - Quanto mi dai?

Grace                            - Come?!

Fanny                            - Gli affari sono affari. Ci sono dei rischi. Non si sa mai. Quel giovane può essere un ladro, avere chissà "che vizi, che malattie contagiose: un bel giorno non voler divorziare. Mille pericoli. Insomma, corro un ri­schio. Quanto me lo paghi?

Grace                            - Fanny, sei vergognosa!

Fanny                            - Con la fame che ha bisognerà che porti via mezza dispensa dal mio povero ristorante. Figurarsi! E le calze? Chi gliele rammenderebbe? Tu od io?

Grace                            - Ma io, io.

Fanny                            - Se le tue le fai rammendare a me! Insomma, quanto mi daresti? Perché ci vorrebbe oltre tutto che lui accettasse.

Grace                            - Venti...

Fanny                            - Ah, no, cara. Meno di...

Grace                            - Di?

Fanny                            - ...duecento dollari, niente da fare.

Grace                            - Sei ripugnante. Sai che non ho economie...

Fanny                            - So benissimo invece che qualcosa hai.

Grace                            - Insomma...

Fanny                            - Duecento non è caro. Con quegli occhi, quella barba: duecento dollari, una vera occasione!

Helen                            - (entrando) E' vero, Fanny, che domani ti sposi?

Fanny                            - Che vuoi? Insistono talmente!

Helen                            - Ah, insistono?

Fanny                            - Sì, sì. Anche Grace qui dice che faccia presto...

Helen                            - (a Grace)  Ma sarà un po' imbarazzante per te, avere qui, in casa, anche il marito di Fanny...

Grace                            - Oh, lui sta in casa di giorno, mentre io sono al lavoro. Esce invece di notte.

Helen                            - Ah, lavora di notte? Cos'è, giornalista?

Dorothy                        - (entrando) Suonatore ambulante.

Grace                            - Non diciamo sciocchezze. Tutti i suonatori sono ambulanti, suonano un po' di qua, un po' di là.

Helen                            - Insomma, di', Fanny, che cosa vuoi che ti regali?

Fanny                            - Non ti disturbare.

Helen                            - No, un regalo ci vuole: un portaritratti o una sveglia? Di' francamente. Bada che tutte vogliono farti un regalo. Meglio che tu prepari una lista.

Dorothy                        - Io so il regalo che faccio. Venti barattoli di marmellata. Che vi piace di più? Mele o prugne?

Fanny                            - Io non so come ringraziarvi. Domanderò a mio marito.

Sarah                             - (entra accompagnata da Joan) E' vere?

Joan                               - Fanny, ti sposi?

Fanny                            - Pare di sì.

Sarah                             - Beata te!

Joan                               - E verrà ad abitare qui?

Fanny                            - Provvisoriamente.

Sarah                             - Che bellezza; verremo a trovarti spesso...

Grace                            - Ragazze, patti chiari! Non voglio che qui ci sia il convegno dei sospiri. Se viene ad abitare qui è solo in via eccezionale e transitoria.

Joan                               - Non farai mica viaggio di nozze, vero?

Fanny                            - Non posso: l'ufficio...

Joan                               - (a Sarah) Lo vedi? L'avevo detto, io. La fan­no qui la luna di miele.

Helen                            - Quanti anni ha?

Dorothy                        - E' giovane.

Sarah                             - Bello? Biondo?

Fanny                            -  Ha due occhi... Come sono, Grace, i suoi occhi? Dillo tu.

Grace                            - Non vi montate la testa. Andate.

Sarah                             - Come regalo, Fanny, ti va bene sei paia di calze?

Joan                               - Un bel pigiama da notte, ricamato? L'avevo fatto per me: te lo regalo. E' bellissimo.

Fanny                            - Grazie, care. Troppo buone.

Joan                               - Dove l'hai incontrato?

Sarah                             - Quando ce lo presenti?

Fanny                            - Lasciate, prima, che lo sposi. Dopo, ve­dremo...

Joan                               - Sei fortunata, tu!

Sarah                             - Chi l'avrebbe detto, eh? (Joan, Helen e Dorothy si avviano) Auguri! Sii felice! (Sarah e le altre tre donne escono: sulla porta si imbattono in Phil, ve­stito da donna, un fazzoletto in testa, un grande scialle sulle spalle).

Grace                            - Che volete? Chi siete? (Phil va a chiudere la porta comune: questo gesto deciso spaventa Fanny e Grace).

Fanny                            - Grace!

Grace                            - Chiama gente! Urla! Mettiti a urlare presto. Io non ho voce.

Phil                                - (togliendosi il fazzoletto che nascondeva la lac­cio) State buone!

Grace                            - Tu?'!

Phil                                - Si capisce. E sono passato come un olio. Sesso innocuo,

Grace                            - Dove hai trovato questi stracci?

Phil                                - Appartengono al mio violino: con questo lo lucido, con questo lo copro quando c'è umido. (A Fanny) Complimenti per il fidanzato. E' andata benissimo. La donna gendarme ci protegge. Commossa di farci da te­stimonio.

Grace                            - Phil, non c'è da scherzare: è una cosa seria. Tu la sposi davvero.

Phil                                - Eh?

Grace                            - Sì. Ci siamo messe d'accordo, meno sul prezzo: chiede una somma esagerata. Così tu vieni a stare qui, con me, con la scusa che sei suo marito. Dopo divorzierete, appena potremo invece sposarci noi. In­tanto facciamo un esperimento di vita coniugale. Su, pre­sto. Quando credi che...?

Phil                                - (perplesso) Un momento.

Grace                            - Cosa? Non vorresti?

Fanny                            - Io lo sapevo.

Grace                            - Scommetto che sei già sposato e mentivi sa­pendo...

Phil                                - No, no, non sono sposato per niente. Ma... vo­gliamo essere sinceri? Questa Fanny - vogliate scusare - non mi piace proprio.

Grace                            - E perché dovrebbe piacerti? Che vuoi farne? Neanche un bacio devi darle.

Phil                                - Ah, neanche un bacio...?

Fanny                            - Neanche uno.

Phil                                - E' sicuro?

Fanny                            - Naturale: non lo tollererei nemmeno.

Phil                                - Cose che si dicono, e poi...

Grace                            - Figurati se te lo permetterei. Io sono gelo­sissima. Accetto questa soluzione solo perché si tratta di lei. Posso dormire i miei sonni tranquilla.

Fanny                            - Ma non posso a meno di duecento dollari. Ci rimetto.

Grace                            - (a Phil) Tu che ne dici?

Phil                                - Io, i duecento dollari, non l'ho.

Fanny                            - Li ha lei.

Phil                                - A me sembra caro.

Grace                            - Vedi, qui c'è un attaccapanni: per la tua roba.

Phil                                - Prima bisognerebbe aver la roba.

Grace                            - Hai le carte necessarie?

Phil                                - Sì, se no mi arrestano. I « policemen » non fanno che domandarmi le carte.

Fanny                            - Le ho anch'io: per ragioni di lavoro.

Phil                                - Bisognerà darsi del tu.

Grace                            - Non vedo la ragione.

Phil                                - Per forza. Per i terzi; quindi bisogna prendere una certa abitudine. (A Fanny) Lo faccio pura­mente per questo, perché la cosa non mi dà nessun pia­cere.

Fanny                            - Capisco : si tratta di uno dei tanti matrimoni di convenienza.

Phil                                - Da parte tua, d'interesse.

Fanny                            - Quei duecento dollari saranno la base della mia dote per quando mi sposerò sul serio.

Phil                                - Che illusioni! E chi vuoi...?

Fanny                            - Già che dobbiamo sposarci, posso anche dir­telo: sei odioso!

Phil                                - E tu insopportabile.

Grace                            - Sarà un matrimonio che andrà benissimo.

Fanny                            - Un momento: i regali di nozze, che saranno numerosi, a chi vanno?

Grace                            - A noi: tu hai duecento dollari, mi pare che basti.

Fanny                            - Ah, no. Non accetto. Intanto chi ce li fa i regali sarebbe sorpreso nel vedere, dopo, che li ho pas­sati a te.

Grace                            - Chi vuoi che sappia? Posate, marmellate...

Fanny                            - E i pigiama?

Grace                            - Nessuno verrà a vederci dormire.

Fanny                            - E gli orologi? Ci saranno gli orologi, delle spille; ci saranno delle borsette con su un bel « F », Fanny. Questo per la parte esteriore. E poi c'è anche una ragione morale, sentimentale. A questi regali ci tengo. E mettiamoci d'accordo prima: quando divorzieremo, restano a me. Io voglio averli per poterli mostrare, a suo tempo, al mio secondo marito.

Phil                                - E va bene, lasciamole i regali. (A Grace) Non potevi trovarti un'amica un po' meno esosa?

Grace                            - Non era così. Le si è scoperto oggi un carat­tere così avido.

Phil                                - (a Fanny) Hai dei parenti? Bada che io non sopporto i parenti.

Fanny                            - Sono sola.

Phil                                - La prima qualità che le trovo.

Fanny                            - E tu?

Phil                                - Non lo so. Avevo degli zii, ma da tanti anni non ho più loro notizie.

Fanny                            - Non si fanno partecipazioni.

Phil                                - Niente pranzo con inviti.

Fanny                            - Niente viaggio di nozze.

Grace                            - Ci mancherebbe altro.

Phil                                - Niente anello.

Fanny                            - Ah no, quello lo voglio. Ce lo regalerà Grace a tutti e due.

Grace                            - Anche quello?

Fanny                            - Per forza!

Grace                            - (a Phil) Senti, bisogna proprio che ti ami, sai, per accettare...

Phil                                - E io?

Fanny                            - (alzando le spalle) Oh, lui, perché è senza tetto.

Phil                                - Non mettere in dubbio i miei sentimenti. Ti proibisco...

Fanny                            - Patti chiari, subito: tu, come marito, non hai diritto di proibire niente. Io posso uscire quando voglio, con chi voglio. Tutto. Nessuna autorità maritale da parte tua.

Grace                            - Sì, sì. Cosa vuoi che gliene importi?

Fanny                            - Ci sono certi mariti che, solo per amor pro­prio... Intesi?

Phil                                - Ma sì. Faremo ciascuno il comodaccio nostro.

Grace                            - Un momento: a sorvegliare te, provvedo io.

Phil                                - Un'ultima cosa: essenziale, indispensabile. Voglio prima una dichiarazione scritta e firmata, qui da parte della signorina, che quando io domanderò il di­vorzio essa s'impegna ad aderire.

Fanny                            - Che cosa credi? Che voglia tenerti?...

Phil                                - Non si sa mai!

Fanny                            - Presuntuoso sfacciato!

Phil                                - Adagio con le parole.

Fanny                            - Ma io te ne faccio cento di dichiarazioni. E più presto viene quel giorno, meglio sarà. Figurarsi! Io voler tenere un bell'arnese del genere, vagabondo, senza un soldo alla tua età, buono a niente...

Phil                                - O la smetti o ti sfascio la testa.

Fanny                            - Io, smetterla? Ma te lo ripeterò dalla mat­tina alla sera che sei un disgraziato, un mancato, un re­litto della vita.

Phil                                - (a Grace) Io la massacro. Mi permetti di mas­sacrarla?

Grace                            - No, la devi sposare. Ricordalo!

Phil                                - (a Fanny) Ripeti un po' che sono un relitto!

Fanny                            - E non suoni nemmeno bene.

Phil                                - No?

Fanny                            - Lei lo può credere, perché non se ne in­tende. Ma io conosco bene la musica. Un cane sei: e non farai mai carriera.

Phil                                - Ti strozzo.

Fanny                            - Non mi toccare! (Egli la prende per ì polsi).

Phil                                - Sono un cane?

Fanny                            - Si, un cane!

Phil                                - Non è vero. Guardami negli occhi. Non è vero.

Fanny                            - Sei brutale.

Phil                                - Di' ancora che sono un cane.

Fanny                            - Non lo dico più. (Egli lascia la presa). Ma lo penso. (Egli fa per allungarle uno schiaffo: Fanny con uno strillo si rifugia dietro Grace. Tutti e tre restano im­mobili per paura che qualcuno abbia udito).

Agnes                            - (di fuori) Che c'è?

Grace                            - Niente. E' stata Fanny.

Fanny                            - La gioia di sposarmi! (e fa le boccacce a Phil che la minaccia con gli occhi e con la mano).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La stessa scena: soltanto i due letti sono abbassati, in posizione di veri giacigli. In quello di destra stanno dor­mendo Grace e Phil; un paravento è davanti al loro letto e lo separa e nasconde dall’altro nel quale è Fanny. E' mattina: le sette o sette e mezzo.

(Fanny è a sedere sul letto; pausa. D'un tratto si alza dì colpo, si avvolge in una rossa vestaglia e in punta di piedi, non senza aver dato un'occhiata ai due dormenti, va nello stanzino da bagno. Si ode lo scroscio dell'acqua. Phil si riscuote, si rigira, brontola qualcosa nel sonno).

Phil                                - (con un grugnito) Piove! (Grace di colpo si rizza a sedere).

Grace                            - Piove? E io che ho lasciato sul balcone... (Si alza dal letto, va alla finestra) Macché! (Si volta verso il bagno) E’Fanny che sta prendendo il bagno!

Phil                                - (di cattivo umore) Potrebbe almeno aspettare che l'avessimo fatto noi. E' indelicata, quella ragazza!

Grace                            - (avvicinandosi a Phil) Qua, prima che tomi. Un bacio.

Phil                                - Sai che, in fondo, è un supplizio!

Grace                            - Quale, caro?

Phil                                - Ma il dover baciarsi di nascosto a questo modo, come se facessimo una cosa proibita.

Grace                            - Un po' di riguardo per lei ci vuole E' signorina.

Phil                                - Esagerata! Intanto non è signorina: è sposata. Con me, d'accordo, ma è sposata. E poi ci è sempre tra i piedi: come si fa ad avere del riguardo a queste con­dizioni? Io, senti, finché non se n'è andata al suo lavoro non mi alzo.

Grace                            - Non trovare scuse: tutta pigrizia!

Phil                                - Ho sonno.

Grace                            - Sai che viene Dorothy a rifare i letti; abbi pazienza, alzati!

Phil                                - . Vorrei prima mangiare qualcosa. Ho fame.

Grace                            - Di già?

Phil                                - Come, di già? Io non mangio dà ieri sera.

Grace                            - Ma ieri sera! Aspetta, vado a vedere... (Va in cucina. Fanny esce dal bagno).

Fanny                            - Svegliati, gli sposini?

Phil                                - (con un grugnito) Uni...

Fanny                            - Dormito bene? Io invece non ho chiuso occhio.

Phil                                - Impossibile.

Fanny                            - Come, impossibile?

Phil                                - Dico che è impossibile coabitare con la propria moglie nella stessa stanza nella quale c'è una signo­rina in ascolto.

Fanny                            - In ascolto?

Phil                                - Si capisce. Se non dormi, che fai? Ascolti. E' insopportabile.

Fanny                            - Stasera prenderò un sonnifero. Lo paghi tu.

Phil                                - Dieci sonniferi ci vogliono per te.

Fanny                            - (che frattanto ha finito di vestirsi) Posso to­gliere il paravento? Io sono vestita.

Phil                                - E chi si occupa di te? Sono io che non sono ancora vestito!

Fanny                            - Va bene. (Grace viene dalla cucina, con una tazza di latte e dei biscotti: porta tutto a Phil). Buon­giorno, Grace.

Grace                            - Buongiorno. (Intanto Fanny rifà il letto e lo prepara per la sera).

Phil                                - (mangiando) Quel paravento non è sufficiente. Sai cosa fa, lì, la tua ineffabile amica, di notte? Non dorme! Capisci? Lo fa apposta, per dispetto. Durante il giorno non c'è il paravento, e allora è come essere in piazza. Di notte ci sono i suoi padiglioni auricolari. Io le metto dell'arsenico nella pietanza, a colazione.

Grace                            - Non esagerare: non fa mai un'osservazione.

Phil                                - Peggio: è sempre con due occhi puntati su di noi come due rivoltelle. Ti giuro che mi paralizza.

Fanny                            - Badate che si sente tatto!

Phil                                - (esasperato) E allora, sentiamo, di' quando io e Grace potremo parlare cinque minuti senza che ci sia tu a fare da terzo incomodo?

Fanny                            - Avete da dirvi dei segreti che io non posso «dire?

Fanny                            - (alzando e inserendo nella parete il proprio letto) Vengo subito.

Sarah                             - (a Fanny) Bada che Helen mi ha tutta l'aria di essere innamorata di tuo marito.

Fanny                            - (indifferente) Non ha buon gusto!

Sarah                             - Cosa?

Fanny                            - Sì, volevo dire che per me...

Sarah                             - Gli ha fatto una fotografia, ieri, senza che lui se ne accorgesse. Quando passava per il pianerottolo.

Grace                            - (intervenendo) Helen è una stupida che fa­rebbe meglio a pensare ai fatti suoi!

Fanny                            - Poveraccia! E lascia che lo ami. Tanto io non sono gelosa.

Joan                               - Si vede che hai le tue buone ragioni per non esserlo!

Grace                            - (esasperata) Sentite, e se andaste un po' per i fatti vostri? Non avete niente da fare?

Joan                               - (piano a Grace) Eravamo qui per vedere Phil! Non l'abbiamo ancora visto!

Grace                            - Non lo vedrete: quando si chiude in bagno, ci sta delle ore!

Joan                               - Ma se Fanny non è gelosa, non vedo perché...

Grace                            - La casa è mia. Mi disturbate. Andate!

Joan                               - Come sei di cattivo umore! Ma in fondo ti capisco...

Grace                            - Come capisci? Cosa?

Joan                               - Dover assistere così, giorno e notte, all'amore di due giovani... Anche Sarah diceva che dev'essere un tormento.

Fanny                            - Oh, ci si abitua. In fondo, l'amore, questo famoso amore, penh! (fa una smorfia).

Sarah                             - Cosa? Già nauseata? Così presto?

Joan                               - Perché?

Sarah                             - E' brutale?

Joan                               - Ti picchia già?

Fanny                            - No, per quello che m'è parso. Ma è un po' un uomo qualunque. La solita cosa!

Grace                            - Fanny, ti prego!

Fanny                            - Ah, sensate! Oh, sì, meraviglioso! Che vo­lete? Si sa. L'amore è amore! Del resto, domandate a Grace. In fondo chi assiste ne sa più di chi è diretta­mente interessato.

Sarah                             - Davvero? Grace...

Grace                            - (fuori di se) Andate all'inferno! Che cos'è questa camera? Lo zoo? Si viene ad osservare le bestie feroci? Siate un po' più discrete. Lasciate in pace la gente!

Joan                               - (offesa) Va bene, va bene. Non t'arrabbiare. Andiamo, Sarah. Che c'entra poi lei? Andiamo.

Sarah                             - Non volevamo mica mangiarlo quello strac­cio d'uomo che vi dividete! (Esce con Joan).

Fanny                            - (a Grace)  Le hai sentite?! Così non va, cara! Che vi dividete? Ora crederanno che abbiamo un marito in due. Che io te lo presto! No, no, questa figura non la voglio fare. Bisogna mettersi d'accordo una volta per sempre. E anche col tuo bellimbusto, là dentro: per gli estranei bisogna stabilire una linea di condotta. Non è possibile che io faccia la moglie che non sa, che ti lascia dietro il paravento col marito, che tollera mentre tu non tolleri... Per forza finiranno col credere che ci sia del losco, qui.

Grace                            - Io che c'entro? Sei tu che fai la moglie in­differente e nauseata. L'amore, peuh! Fai le smorfie! Ma ti pare ammissibile?

Fanny                            - Come devo fare?

 

Grace                            - Ma fa « oh »! Occhi al cielo, sospiri di estasi, beatitudine! Chi vuoi che ti creda, se fai così?

Fanny                            - Va bene. Estasi, beatitudine! (Phil compare dalla stanza da bagnò). Per quel bel coso lì! Io mi do­mando... Ma! (Mettendosi un cappello per uscire) Sen­tite, io vado a fare due passi.

Phil                                - Brava!

Fanny                            - Preferisco andare in anticipo al lavoro che restare qui a... (Con un'occhiata: di compatimento ai due) Ecco: così resterete soli. Arrivederci!

Phil                                - Addio, moglie! Non andar sotto un autobus, mi raccomando!

Fanny                            - Non ci sperare. (Esce).

Phil                                - Oh, se Dio vuole!

Grace                            - (vestendosi)  Non essere crudele. In fondo, mi fa compassione.

Phil                                - A me no.

Grace                            - Non avrà mai un uomo che si occupa di lei! Ne ha uno per marito e deve vedere che un'altra, sotto i suoi «echi, se lo consuma...

Phil                                - Ha avuto duecento dollari per questo. E' una somma, sai!

Grace                            - (a Phil) Di' che mi ami. Tanto. Dimmi che non esiste altra donna al mondo all'infuori di me!

Helen                            - (entrando quasi in punta di piedi) Se n'è an­data, vero?

Grace                            - Eccone un'altra!

Phil                                - Chi?

Helen                            - Vostra moglie!

Phil                                - Eh? Ah, sì. E' uscita.

Helen                            - (rinfrancata) Meno male.

Grace                            - Perché, meno male? Che c'entra?

Helen                            - (mangiando Phil con gli occhi) Così. Le gio­vani spose, si sa, sono esclusiviste... Han paura che le altre si portino via il loro uomo anche solo con uno sguardo... Ma se n'è andata. (Siede).

Grace                            - Non è una ragione, mi pare.

Helen                            - Così so di non disturbare. (Teneramente) Dormito bene, signor Phil?

Phil                                - Grazie. Non c'è male.

Helen                            - Ieri, sa che ho fatto?

Phil                                - Io, no.

Grace                            - Cosa vuoi che gli interessi?

Helen                            - Ma sì che gli interessa. (A Phil) Le ho fatto una fotografia... Sul pianerottolo. Mentre passava. (Cavandola dalla borsetta) Guardi.

Phil                                - (guardando) Quale? Dove sarei io?

Helen                            - Quello lì, a destra. Cera poca luce, si ca­pisce. Ma se vuole gliene faccio delle altre al sole. Riusciranno meglio. Ho una macchina con un obiet­tivo...

Grace                            - Che vuoi che gli importi del tuo obiettivo?...

Helen                            - Dica, allora, signor Phil...

Phil                                - Io vado a finire di vestirmi. Permette?

Helen                            - Prego. (Phil esce). Affascinante. Non trovi che è affascinante?

Grace                            - Sì, va bene: ma non ti montare la testa.

Helen                            - Perché? Tu non ne sei innamorata?

Grace                            - Io? Neanche per sogno!

Helen                            - Meno male! Preferisco... (Di colpo) Allora posso dirti tutto. Io lo adoro. Non riesco a chiudere occhio la notte. Non faccio che pensare a lui!

Grace                            - Helen, tu sei una ragazza esaltata!

Helen                            - No: sono innamorata. Avanti, giudica tu. Se ha occhi è impossibile che preferisca quella sua Fanny che non vale due soldi a me che sono...

Grace                            - Helen! Sono sposati da pochi giorni. Che ti metti in mente?

Helen                            - Niente. Lo amo. E aspetterò che si accorga del mio amore.

Grace                            - Non sta bene desiderare i mariti altrui. Te l'ho detto tante volte.

Helen                            - Che ci posso fare? E' più forte di me. E poi è il solo uomo della casa. Capisci?

Grace                            - Come no? Capisco benissimo!

Helen                            - (guardando l’orologio) Dio, Grace, faremo tardi!

Grace                            - Che ora è?

Helen                            - Le nove. Ci metteranno la multa. (Anche Grace sì veste in fretta e furia). Grace, non potresti tu...?

Grace                            - (mentre si veste) Che cosa?

Helen                            - Non so... Sei un'amica. Fargli capire. Così. Una paroletta.

Grace                            - Io? Ma per chi mi prendi? E poi, vergo­gnati!

Helen                            - Non essere così severa!  Anche tu, l'anno scorso...

Grace                            - Vattene! Non una parola di più...

Helen                            - Vorrei vederlo ancora un istante...

Grace                            - Ah, sì? (Chiamando) Phil! (Phil compare sulla porta dello stanzino da bagna. A. Helen) Ecco. Visto, ora? Su, fila. (Helen sospira e se ne va).

Phil                                - Che ha?

Grace                            - Che vuoi che abbia? Ti ama! E vorrebbe che io mettessi una buona parola per lei...

Phil                                - Mica male, dopo tutto! Graziosa!

Grace                            - Senti, caro, non farmi degli scherzi del ge­nere, se no guai a te, sai!

Phil                                - Ma va! Non ci sono pericoli... Sai qual è la garanzia suprema? Che andate tutte all'ufficio alla stessa ora! Tra cinque minuti in tutta la casa non ci sono più che le vecchie donne di servizio. E quando una torna, tornan tutte: e tu con le altre. Come vedi, sistema di sicurezza assoluta!

Grace                            - Io non tollererei...

Phil                                - M'han detto che anche con il pellicciaio hai minacciato fulmini e spari, e poi invece...

Grace                            - Chi t'ha detto? Infame! Che canaglie!».

Phil                                - Credono che tu non sia niente per me, e al­lora raccontano, si capisce...

Grace                            - Non è vero, sai? Niente. Nessuno.

Phil                                - Non esagerare, adesso. E' inutile. Va in ufficio, invece.

Grace                            - E tu che fai?

Phil                                - Non ci penso. Va.

Grace                            - Sì, corro. Pensa a me.

Phil                                - Non farò altro.

Grace                            - Un bacio. (Si baciano. Helen compare sulla porta).

Helen                            - Andiamo, allora? (Vede il bacio) Oh! (re­sta impietrita e poi sparisce).

Phil                                - Un bell'affare hai fatto! Ci ha visti!

Grace                            - Diremo che era un bacio di colleghi... di coinquilini...

Phil                                - Farà uno scandalo! Quella è gelosa. Va, cal­mala. Ti raccomando. Dille che magari bacerò anche lei. Non so. Quello che vuoi.

Grace                            - Vado. Tenterò di raggiungerla. A più tardi.

(Corre via. Phil, rimasto solo, cerca una sigaretta: ma non ce ne sono. E' seccatissimo. Dalla comune entra Dorothy).

Dorothy                        - Disturbo?

Phil                                - Ma no! Si figuri! Per me... Faccia, faccia...

Dorothy                        - Mi sembra di cattivo umore!

Phil                                - Neanche una sigaretta. Neanche una! (Dorothy cava di tasca un pacchetto di sigarette che offre a Phil. Egli la guarda stupito) Fuma anche lei?

Dorothy                        - Io, no.

Phil                                - E allora, come mai...?

Dorothy                        - Cosi, per lei. Ha vieto? Ho fatto bene. Phh. Dorothy, lei è un genio. (Fuma mentre la donna comincia a fare pulizia). In fondo, tutti qui mi vogliono bene. Cioè, no: quasi tutti.

Dorothy                        - Chi è che...?

Phil                                - Niente. Un segreto. Non posso dirlo. (Breve pausa). Però non sono soddisfatto.

Dorothy                        - Che cos'è che non va?

Phil                                - La mia dignità. Ho sempre lavorato poco, d'accordo. Ma se lavoravo poco, mangiavo anche poco. Quindi avevo già nella mia vita la punizione che mi assolveva. Qui, no. Non faccio niente e tutti mi circon­dano di premure. Perfino le sigarette di Dorothy! Per un uomo è avvilente. Dovrei lavorare...

Dorothy                        - Lei è un artista!

Phil                                - Ssst! E' una scusa che va bene per gli altri, ma tra di... noi...

Dorothy                        - (delusa) Non è un artista?

Phil                                - Va bene. Sarò un artista, ma questa non è mai stata una ragione per non far niente. Tutt'altro. Più si è artisti, più si dovrebbe... Ma!

Dorothy                        - Ha tanto tempo davanti a sé! E sua mo­glie che dice?

Phil                                - Mia...? Niente. Lavora lei. E' veramente in­decoroso. Se un altro facesse quel che faccio io, lo coprirei del mio disprezzo.

Dorothy                        - L'amore non la occupa abbastanza? Io trovo che l'amore dovrebbe essere come l'aria che si respira. Riempire una esistenza.

Phil                                - Sì, sì. E poi Grace è una bella donna...

Dorothy                        - Grace?!

Phil                                - Volevo dire: non trovate che anche Grace sia carina? Carina, no?

Dorothy                        - Non cominci a pensare a Grace! Andiamo!

Phil                                - Io non ci penso affatto.

Dorothy                        - Appena sposato... Capisco che averla sem­pre vicina, così, deve suscitare magari delle tentazioni. Ebbene, signor Phil, non è una donna per lei!

Phil                                - Ah, ho?

Dorothy                        - No. Buona figliuola, in fondo. Ma troppo impulsiva su certi argomenti.

Phil                                - Mi è parsa pratica, riflessiva...

Dorothy                        - Sì, sì, ma sul capitolo « uomo » capric­ciosa. Non è un tipo serio. Non ne varrebbe la pena. Quindi non ci pensi... Si accontenti della sua mogliet-tina...

Phil                                - La quale, invece, capricci... niente? Vero? Sfido io! Chi vuole che perda il suo tempo con lei?

Dorothy                        - Che vuol dire?

Phil                                - Che sarebbe tempo perduto. E' così vir­tuosa. Integerrima! Si capisce... (Indicando le siga­rette) Ne prendo un'altra?

Dorothy                        - Son tutte per lei.

Phil                                - Ah, tutte? Grazie.

Dorothy                        - (in confidenza) Credo che oggi lei avrà la torta...

Phil                                - Io?

Dorothy                        - Non lo dica: credo che sia un segreto. Ma la signorina Agnes, l'ispettrice, sta facendo una torta. Per lei.

Phil                                - L'ispettrice allora ha della simpatia per...?

Dorothy                        - Si capisce. I canditi da mettere nella torta sono andata a comprarli io. E' una sorpresa.

Phil                                - No, bisogna che lavori. Sigarette, torte.. E' vergognoso. E nessuno pensa a mandarmi due fiori? No? Nessuno? E’ un peccato. (Lo dica alle signorine del palazzo. Che diamine! Un po' di fiori a quel povero Phil farebbero piacere!

Dorothy                        - Lo dirò.

Phil                                - (prendendole un braccio) Badi bene! Guai a lei!

Dorothy                        - Perché?

Phil                                - Perché non voglio fare il... Capito?

Dorothy                        - Oh, che dice mai? Per carità.

Phil                                - Ci mancherebbe questa! I fiori!... Ma, dica un po', cara Dorothy, le ragazze, qui, del nostro con­vento - ce ne sono anche di carine - come mai si occupano tanto di me? Non hanno altro di meglio...? Amici, cugini, compagni d'infanzia, che so io?

Dorothy                        - Si capisce: tutte. Ma all'aperto. E' un'al­tra cosa avere un uomo in casa, sotto lo «tesso tetto, dove è proibito che ci siano uomini. Lei mi capisce, vero? E poi lei suona in un modo...

Phil                                - Ah, sì?

Dorothy                        - Tanto che il regolamento direbbe che ogni musica - radio compresa - è proibita dopo le dieci di sera. Be', per il suo violino non c'è divieto. L'ha detto anche l'ispettrice. Lei può suonare a mez­zanotte, alle due, alle tre: libero.

Phil                                - E non le sveglio?

Dorothy                        - Le fa sognare. (Rientra Fanny).

Phil                                - Tu? Di ritorno? Che vuoi?

Fanny                            - Niente. Non ti riguarda.

Phil                                - Oh, per me!

Dorothy                        - (uscendo) Un po' più di garbo, che dia­mine. Gli uomini si seccano ad essere trattati così. (Esce).

Phil                                - Si può sapere che sei tornata a fare?

Fanny                            - Che te ne importa!

Phil                                - Si capisce: mi disturbi. Speravo di restar solo per qualche ora.

Fanny                            - No. Mi devi subire. Mi hanno licenziata.

Phil                                - Cosa?

Fanny                            - Sì; mi hanno licenziata.

Phil                                - E allora vorresti rimanere sempre qui?

Fanny                            - No: non posso permettermi il lusso di fare, come te, il disoccupato. Nessuno mi mantiene. Bisogna che lavori, io. Quindi cercherò, troverò...

Phil                                - Cose che si dicono. Trovare un posto non è ima cosa facile.

Fanny                            - Quando si ha veramente voglia di lavorare. E' quello che conta!

Phil                                - E si può sapere perché mai ti hanno li­cenziata?

Fanny                            - Per una sciocchezza. Il padrone, entrando, mi ha trovata che dormivo.

Phil                                - Per forza! Non dormi di notte... Ecco il ri­saltato. (Fanny intanto si accinge a svestirsi dopo aver tolto dall’armadio altri vestiti). Bè, che fai?

Fanny                            - Mi cambio.

Phil                                - Davanti a me?

Fanny                            - Non sei mio marito?

Phil                                - Smettila! Abbi un po' di pudore!

Fanny                            - Va bene. Andrò di là... (prende tutta la sua roba e la trasporta nel bagno; la porta rimane soc­chiusa).

Phil                                - Potresti anche chiudere la porta.

Fanny                            - Perché? Non c'è corrente.

Phil                                - Io sono un uomo.

Fanny                            - Mi hai mandata via per non vedere! Im­magino che non vorrai ora spiare. Sarebbe il colmo...

Phil                                - E si può sapere perché ti cambi?

Fanny                            - Se devo andare a cercare un posto, bisogna che sia presentabile. Che metta quel che ho di meglio. No?

Phil                                - Ti hanno dato l'indennità di licenziamento?

Fanny                            - Non ancora. Ma me la daranno. Se no, guai.

Phil                                - (pensoso) Se ti dessero una somma discreta, potresti anche prendere una stanza per conto tuo.

Fanny                            - Ah, certamente. (Pausa). E tu dove andre­sti, allora ?

Phil                                - Io, come?

Fanny                            - (ricomparendo vestita. Piuttosto elegante) Si capisce. Se qui non ci sono io che giustifico la tua presenza, devi sloggiare anche tu. (Fanny comincia a rifarsi la faccia davanti a uno specchio).

Phil                                - Hai ragione. Siamo legati l'uno all'altra.

Fanny                            - Eh, legati!

Phil                                - E' inutile che ti trucchi, sai! Tanto non serve.

Fanny                            - Si fa quel che si può. (Interrompendosi, e voltandosi a guardar Phil) In fondo, hai ragione.

Phil                                - Ecco.

Fanny                            - Io non ho alcun bisogno di lavorare, di tro­vare un posto.

Phil                                - Hai trovato un tesoro?

Fanny                            - Sì: te.

Phil                                - Cosa? Se credi che io voglia anche mante­nerti!

Fanny                            - O tu o la tua amante, fa lo stesso!

Phil                                - Parla con maggior rispetto di Grace!

Fanny                            - E' o non è la tua amante?

Phil                                - E' la mia fidanzata. E siccome il matrimonio è rinviato...

Fanny                            - Amante! Io qui pagavo l'affitto alla tua amante e concorrevo alle spese alimentari. Tutto su­perfluo, ora.

Phil                                - Cosa?

Fanny                            - Non può licenziarmi, in nessun modo. Per­derebbe te. Quindi è inutile che paghi.

Phil                                - Sei una sfruttatrice indegna.

Fanny                            - Bisogna che mi rifaccia come posso...

Phil                                - Rifarti... Di che?

Fanny                            - Lascia andare, va. Non ne parliamo.

Phil                                - E non darmi del tu! Quando non c'è'nes­suno è inutile.

Fanny                            - (continuando a truccarsi) Non voglio con­fondermi. Non ho l'abitudine io di' cambiare a seconda di chi ascolta.

Phil                                - E perché ti trucchi, allora? Se non devi cer­car posto...

Fanny                            - No! Ma mi piaccio di più così. Non trovi che sto meglio?

Phil                                - Io finirò con l'odiare Grace, ecco.

Fanny                            - Perché?

Phil                                -  E' per lei che mi è capitato questo guaio fra capo e collo!

Fanny                            - Ma! L'amore ha le sue spine... (Dandogli un giornale) Guarda un po' lì.

Phil                                - Dove?

Fanny                            - Dove vuoi guardare? Annunci, si capisce. Sul « cercasi ».

Phil                                - Bè?

Fanny                            - (avvicinandosi) Qui: «Cercasi professore».

Phil                                - Ti sei anche profumata?

Fanny                            - Perché? E' proibito?

Phil                                - Che profumo è?

Fanny                            - Un regalo di nozze.

Phil                                - Non è cattivo.

Fanny                            - Lo credo io: costa dieci dollari.

Phil                                - E' sciupato su di te.

Fanny                            - Leggi lì, invece.

Phil                                - (leggendo) « Cercasi professore di violino per orchestra ungherese».

Fanny                            - (continuando a leggere) «Presentarsi dalle nove alle dieci, cinquantaseiesima avenue ottantanove ».

Phil                                - Ma io non sono professore.

Fanny                            - Sai cosa sei? Un fannullone, un vagabondo, un disgraziato.

Phil                                - Dice professore! E vuoi che si presenti un suonatore ambulante? Mi riderebbero in faccia. Dove sono i documenti? Dove ho studiato? Con che maestro?

Fanny                            - Mi fai pena! Credi che tutti i cosiddetti professori abbiano i diplomi? Se si legge in tutte le vite dei grandi artisti: fu autodidatta. E' una parola che non sapevo cosa volesse dire. Mi sono informata. Vuol dire uno che non ha mai studiato. Come te.

Phil                                -  Ma gli autodidatti nelle orchestre ungheresi non li pigliano.

Fanny                            - Entri, lì, all'ottantanove della avenue cin­quantaseiesima, col tuo bravo violino: non dici una pa­rola. Attacchi a suonare. Calmo, imperterrito, qualunque cosa ti dicano, fa finta di non conoscere la lingua. Di' solo Budapest. Ti crederanno uno tzigano. Ti pigliano al volo.

Phil                                - Credi?

Fanny                            - Ne sono certa. Il dieci per cento di quello che prendi lo dai a me: mediazione per averti trovato il posto.

Phil                                - No. Non ci vado.

Fanny                            - Perché?

Phil                                - Non voglio che tu prenda il dieci per cento sul mio lavoro. Piuttosto rinuncio.

Fanny                            - Facciamo il cinque.

Phil                                - Niente.

Fanny                            - Niente. Va lo stesso'.

Phil                                - (alzandosi e prendendo il violino) Però, bada, se vogliono che mi vesta di rosso non accetto. Io non faccio il gambero. Orchestra ungherese: certo tutti sa­ranno vestiti di rosso. No. Non ci vado. Ho una di­gnità, io.

Fanny                            -  Hai una pigrizia che fa vergogna! Ecco perché sei finito in mezzo a una strada! Dove noi, donne, ti abbiamo raccolto...

Phil                                - Smettila, se no oggi le pigli!

Fanny                            - Avanti! Questo almeno lo sai fare? Pic­chiare una donna? Avanti!

Phil                                - Fanny, non mi esasperare!

Fanny                            - Oggi sei solo con me: non ci sono testimoni. Coraggio.

Phil                                - (riprendendo il violino) Dove hai detto? Cin­quantaseiesima avenue...

Fanny                            - Cinquantaseiesima.

Phil                                - 1 Lontano.

Fanny                            - Non ci devi andare a piedi.

Phil                                - (rinunciando) E poi c'è scritto dalle nove alle dieci. Son già le dieci e mezzo. Ora che son lì saran le undici passate. Inutile. Andrò domani.

Fanny                            - Domani ne avran trovati già dieci di «pro­fessori ».

Phil                                - E poi a te che importa che io trovi da lavo­rare?

Fanny                            - Per la mia dignità: perché io, una dignità, ce l'ho. Credi che sia bello sentirsi domandare: «Tuo marito che fa? Dove lavora? Quando guadagna? ». E io dover cambiare discorso. E allora sorridono e sospi­rano come se avessi un marito ubriacone o malato di tubercolosi!

Phil                                - Non so che ci sarebbe da sorridere se io fossi malato di tubercolosi!

Fanny                            - Insomma, non vuoi andare?

Phil                                - No: non faccio visite inutili.

Fanny                            - Va bene.

Phil                                - (dopo una pausa) Troppo forte.

Fanny                            - Cosa?

Phil                                - Quel tuo profumo. Apri la finestra. (Fanny lo guarda con disprezzo e non ubbidisce). Tanto, inu­tile.

Fanny                            - Inutile, cosa?

Phil                                - Quello della messa in scena. Rossetto, vestito bello. Il merlo non lo trovi.

Fanny                            - (offesa) Non lo cerco. Sono una moglie per bene, io.

Phil                                - Oh, per me, sai, hai tutte le libertà!

Fanny                            - ' Ma io non vorrei renderti ridicolo. Non sa­rebbe corretto da parte mia!

Phil                                - Per forza, nessuno ti vorrebbe. (Fanny non risponde). Avanti, di' la verità: mai nessuno, nella tua vita? (Fanny non risponde. Phil le si avvicina) Proprio nessuno? Mai un bacio? Curioso! Bada che è troppo forte sul serio, questo profumo! E poi quanto te ne sei messo? Tutta la boccetta?

Fanny                            - No, un po'! (Va alla finestra, la apre).

Phil                                - Bè, proverò ad andare alla cinquantaseiesima avenue.

Fanny                            - Ora è troppo tardi sul serio.

Phil                                - (dopo una pausa) Grace, invece... Piace molto, vero?

Fanny                            - Inutile interrogarmi. Io non dico niente. Non voglio dir niente. Grace è un'amica e non sta a me rivelare niente del suo passato!

Phil                                - Eh, non ce n'è bisogno. Sapevo...

Fanny                            - Che cosa? La gente, poi, esagera. Basta che una abbia avuto dieci « flirt » perché gliene attribui­scano cento.

Phil                                - Già. Mica male quel vestitino. Te l'ha rega­lato Grace?

Fanny                            - Questo? E' un modello. Comperato io. A fine stagione, quando nessuno lo voleva: un'occasione.

Phil                                - Quindi tu, l'amore...?

Fanny                            - Io non so come si possa parlare d'amore quando si è sposati e disoccupati, marito e moglie!

Phil                                - (ridendo) Dopo tutto, è vero: siamo disoc­cupati, marito e moglie!

Fanny                            - Eh, già. Che vuoi a colazione?

Phil                                - Quello che c'è.

Fanny                            - Va bene. Ma siccome devo ancora compe­rare... sentiamo quello che preferisci!

Phil                                - Non ho fame.

Fanny                            - Non è possibile.

Phil                                - Ti giuro che non ho fame.

Fanny                            - Perché? Che t'è successo?

Phil                                - Quello che m'hai detto poco fa.

Fanny                            - Va bene. Ho esagerato.

Phil                                - No, no: era la pura verità.

Fanny                            - Se ti dico che l'ho detto così per dire...

Phil                                - Sta zitta: era la verità. E non mi contraddire!

Fanny                            - Tanta gente ha avuto una gioventù difficile.

Phil                                - Ti ho detto di tacere! (Pausa). Dopo tutto è ingiusto. Avresti potuto trovare anche tu qualcuno che ti facesse la corte.

Fanny                            - Non ci tengo.

Phil                                - Sta ferma. Non continuare a girarmi attorno a quel modo. Non sei mica il diavolo. A prima vista, magari... Ma poi, a guardarti' bene, non c'è male. E lì, dov'eri a lavorare, nessuno ha mai allungato una mano?

Fanny                            - Ho allungato anch'io, uno schiaffo. Non ci hanno riprovato più.

Phil                                - Ah, sì? Penso che invece io potrei fare quello che voglio e tu, buona: niente schiaffi. Sarebbe mio di­ritto, mio pieno diritto di marito.

Fanny                            - Ma so che non sogni nemmeno di...

Phil                                - Oh, già! Figurati!

Fanny                            - Ti sei innamorato di Grace. (Pausa). Non sei innamorato di Grace?

Phil                                - Innamorato? Non bisogna esagerare. Sì. Ab­bastanza. E poi, perché? Sicuro. Innamoratissimo.

Fanny                            - Ecco: così mi piace.

Phil                                - Non sei gelosa? Neanche un poco?

Fanny                            - Io? Per carità! E' giusto. (Phil ora le è vicinissimo).

Phil                                - Chissà che effetto ti deve fare il bacio d'un uomo. D'un uomo che ti piace, s'intende!

Fanny                            - Chissà! Me lo sono domandato spesso anch'io. Chissà che effetto deve fare! Che effetto fa?

Phil                                - Io non so: non sono una donna.

Fanny                            - E poi, forse non hai mai baciato una donna che fosse al suo primo bacio.

Phil                                - Può darsi.

Fanny                            - Quelle che sono in questa casa, per esempio, tutte già esperte in fatto di baci...

Phil                                - (un po' esasperato) Non si potrebbe cambiare argomento?

Fanny                            -  Per me, figurati! Sei stato tu a cominciare... Ma 6e non si parla col proprio marito di queste cose intime... (Mostrandogli le mani) Ti piacciono le unghie così?... Ieri avevi detto che ho delle mani orribili. Vedi invece che...

Phil                                - Sei stata dalla «manicure»?

Fanny                            - Naturale.

Phil                                - (annusa le dita di Fanny) Ci sei stata stama­ne. Sanno ancora di vernice.

Fanny                            - E allora?

Phil                                - Come hai fatto a tempo ad andare dalla « ma­nicure » e poi al ristorante ed addormentarti e farti licenziare? Troppo presto! Tu, al lavoro, non ci sei andata...

Fanny                            - No.

Phil                                - E fai la morale a me? Vergognati! Ma allora non sei ancora licenziata?

Fanny                            - Non ancora.

Phil                                - E si può sapere perché, dopo la « manicure », dato che stamane hai avuto questa bella trovata, non sei andata al tuo lavoro?

Fanny                            - Era troppo tardi'. E poi...

Phil                                - E poi?

Fanny                            - (guardandosi le unghie) Io lì lavo anche i piatti. Sarebbe stato inutile farsi le unghie. Si sarebbero sciupate subito.

Phil                                - (alzando le spalle) Ah! Ti credevo una per­sona più seria...

Fanny                            - (mettendosi a canticchiare) Ognuno ha le proprie debolezze. Se ci tieni proprio posso anche an­dare ora... Io obbedisco al marito.

Phil                                - No, rimani, ormai...

Fanny                            - Va bene.

Phil                                - Quindi il vestito nuovo, il profumo, l'inten­zione di cercare un altro impiego, tutta commedia?

Fanny                            - Tutta!

Phil                                - Complimenti! E a che scopo, mi domando? A che scopo?

Fanny                            - Capricci. Sono una donna anch'io, dopo tutto! Avrò diritto di avere dei capricci, no?

Phil                                - Oh, per me, accomodati. Mi pare tempo perso...

Fanny                            - Può anche darsi di no. (Bussano) Avanti! (Entra Dorothy).

Dorothy                        - C'è un signore.

Phil                                - Un signore? Ma non è proibito?

Dorothy                        - Un signore che vuol parlare al signore. Allora è stato autorizzato... Lo accompagna la signorina ispettrice.

Phil                                - E chi è?

Dorothy                        - Non lo so!

Phil                                - (a Fanny) Chi può essere?

Fanny                            - Te lo dirà lui. (Campanello. Dorothy va ad aprire ed entra Tom Lynch accompagnato da Agnes Red. Tom Lynch è un uomo sui cinquant’anni, un po' miope, un po' funebre, piuttosto elegante).

Agnes                            - H signore desiderava...

Tom                               - (intervenendo) » Lasci fare, signora... Grazie. (A Fanny) Ah, non siete malata?

Phil                                - No. Sta benissimo.

Tom                               - Lo vedo.

Fanny                            - A che cosa dobbiamo l'onore...?

Tom                               - Non vedendovi al « Kakatoa » stamattina avevo temuto che...

Phil                                - (piano a Fanny) Lo conosci?

Fanny                            - (piano a Phil) E' il mio principale.

Phil                                - (porgendo una sedia a Tom, mentre Dorothy, su cenno di Fanny, se n'è andata) Prego, favorisca.

Tom                               - (a Phil) Grazie. (A Fanny) Mi compiaccio che stia bene. La trovo anzi, come dire?, meglio di quando viene da me. Più, come dire? Ecco. Già. Molto di più. (Agnes tossisce. Tom la guarda) E perché, se è lecito, non è venuta al « Kakatoa » stamane?

Fanny                            - Era troppo tardi... E allora...

Agnes                            - (con indulgenza) Bisogna scusarla. Il suo nuovo stato...

Tom                               - (che non capisce) Come? Che cosa?

Fanny                            - Signor Lynch, non si preoccupi. Domani sarò puntualissima.

Tom                               - Brava. (Volgendosi di botto a Phil) E lei sarebbe...?

Agnes                            - Il marito.

Tom                               - (scattando) Che ha detto? Di chi?

Fanny                            - Ecco. La mia amica Grace Peterson...

Agnes                            - Non c'entra. (Indicando) Si sono sposati l'altro giorno...

Tom                               - Lei, signorina...

Agnes                            - (correggendo) Signora!

Tom                               - E il signore...?

Phil                                - Oh, così poco. Appena appena un po'.

Tom                               - Sposati! Allora, capisco. E perché non ne sono stato avvertito ?

Fanny                            - Abbiamo mandato la partecipazione.

Tom                               - Non l'ho ricevuta. Vi avrei fatto un regalo.

Agnes                            - E' sempre in tempo.

Tom                               - (guardando Phil) Questo modifica molto le cose. Ero venuto qui per sentire qualche saggio del suo talento musicale...

Phil                                - Come?

Tom                               - Già. Ho bisogno di un valente suonatore. Per il «Kakatoa», Mi avevano parlato bene di lei.

Phil                                - Chi?

Tom                               - ' Lasci stare il chi. Non avrà da pagare media­zioni.

Phil                                - Se vuole, io posso...

Tom                               - Non c'è più bisogno. Inutile.

Phil                                - Ha cambiato idea?

Tom                               - Credo. Mi fido. Marito e moglie. Lei sarà con­tento, immagino, di lavorare nello stesso locale dove la­vora sua moglie? La sua giovane moglie?

Phil                                - Oh, certo...

Tom                               - Ma, intendiamoci, niente romanticismi al « Ka­katoa », niente occhiate, e, come dirvi?, convegni d'an­golo.

Phil                                - Signore!

Tom                               - Va bene. E quanto dura?

Phil                                - Come?

Tom                               - Un a solo quanto lo può far durare lei? E' resistente?

Phil                                - Non sapevo che il merito di un violinista si giudicasse dalla resistenza.

Tom                               - Si capisce. Il mio è un locale dove si mangia. Non è un conservatorio. Non so se mi spiego. Si alzi. Come figura ?

Agnes                            - Distinta.

Tom                               - La prendo in prova. Sessanta dollari la set­timana. (Si alza: a Fanny) E un'altra volta, quando si sposa, mi avverta, che diamine. Non si fa così. (A Phil) E' un uomo fortunato, lei. Sua moglie è una donna brava. Lavoratrice. Da noi la stimano molto. Faccia altrettanto lei. L'aspetto domani alle dieci e mezzo. Avrà altri suonatori a lei subordinati. Musica dolce durante il pasto, soave, come dire?, conciliante. Più energica, un po' distraente verso l'ima, all'ora del conto. Buongiorno.

Phil                                - Scusi.

Tom                               - Voleva?

Phil                                - Non mi ha chiesto se accettavo.

Tom                               - Non faccio mai domande inutili. (Si guarda attorno) Molto carino, ma piccolo qui. Come si fa ap­pena ci saranno figli? (A Fanny) Faccia i figli verso il mese di agosto; posso darle una licenza. C'è poco la­voro al «Kakatoa».

Agnes                            - (a Tom) Ha fatto un buon acquisto. E' un artista.

Tom                               - (guarda Agnes) Grazie. Faccio sempre dei buoni acquisti. (Guarda Fanny) Complimenti! Molto ca­rina. (A Phil) Complimenti! Bravo!

Fanny                            - (accompagnandolo) E mi scusi per oggi...

Tom                               - Via, via. Ho capito.

Fanny                            - (piano) Grazie.

Tom                               - (piano) Pur che sappia suonare davvero... (Esce con Agnes; Fanny rientra).

Phil                                - Chi può essere stato a parlargli di me?

Fanny                            - Ma!

 Phil                               - Tu? Sei stata tu?

Fanny                            - Io?!

Phil                                - Eh, sì. Non può essere stato nessun altro. Quindi io ti dovrei anche il posto? Bada che non sono un uomo riconoscente, io!

Fanny                            - E chi t'ha chiesto qualche cosa?

Phil                                - Intendiamoci: non voglio neanche far la figura... Sì: so quello che voglio dire.

Fanny                            - Cosa?

Phil                                - Di solito i principali si prendono delle li­bertà...

Fanny                            - E chi vuoi che si occupi di me?

Phil                                - No, no, non facciamo storie assurde, ora. Lì, il barbagianni del «Kakatoa » ti guardava con occhi cupidi!

Fanny                            - Perché è miope.

Phil                                - No, s'è accorto che sei diversa. Che sei meglio.

Fanny                            - Ah, sì?

Phil                                - Quindi ci vede. E io non voglio essere lì col violino in mano a illustrare musicalmente l'ammira­zione del padrone per mia moglie.

Fanny                            - Nel caso non ti avrei fatto scritturare pro­prio dove lavoro io.

Phil                                - Ecco: sei stata tu! Per forza.

Fanny                            - Una moglie deve occuparsi della sorte del marito, no?

Phil                                - Fanny!

Fanny                            - Eh?

Phil                                - Tu cominci a far la moglie sul serio!

Fanny                            - Ti disturba? Buttali via sessanta dollari la settimana.

Phil                                - Duecentoquaranta al mese. Duemilanovecento l'anno. Non ho mai guadagnato tanto in vita mia. Però quello vuole la resistenza.

Fanny                            - Bisognerà che non ti sciupi troppo... Hai capito? (Phil alza le spalle). Se no... Eh!

Phil                                - In fondo, se guadagno tremila dollari l'anno, sarebbe possibile anche divorziare. Era il denaro quello che ci proibiva... Se il denaro c'è...

Fanny                            - Quando vuoi. Io sono sempre pronta.

Phil                                -  Bè, forse è ancora prematuro. Per ora sono in prova. Non bisogna precipitare.

Fanny                            - Ecco: forse è più prudente.

Phil                                - (molto allegro) Ho detto che non sono rico­noscente, ma non è vero. Ti sono molto riconoscente.

Fanny                            - Sì?

Phil                                - Sì, sì. Oh, bada, tutte le occhiate che vo­gliamo scambiarci meglio scambiarcele qui, perché lag­giù, hai sentito?, niente da fare.

Fanny                            - (guardandolo) E va bene. Scambiamocele qui.

Phil                                - (osservando Fanny) Curioso come una donna può trasformarsi' quando...

Fanny                            - Quando?

Phil                                - Quando vuole. Se t'avessi trovata subito, così, non t'avrei mica sposata!

Fanny                            - No??

Phil                                - Eh, no. Avrei capito subito che poteva es­sere una cosa pericolosa. Molto pericolosa. (Egli le è vicinissimo).

Fanny                            - (respingendolo debolmente) Pensa a Grace...

Phil                                - No.

Fanny                            - Pensa che sei sposato da pochi giorni...

Phil                                - Non penso ad altro.

Fanny                            - (staccandosi decisamente, malgrado lo sforzo che questo le costa) No. Siamo in casa sua. Del resto, al ristorante, il pomeriggio è deserto. Completamente deserto. E là siamo in casa nostra. E ora a tavola. Sem­pre senza fame?

Phil                                - No, ora no. Ho un appetito...

Fanny                            - Di'.

Phil                                - Che?

Fanny                            - Oggi è una gran giornata: trovato l'impiego. Se lo festeggiassimo andando a colazione fuori?

Phil                                - Dove?

Fanny                            - Dove vuoi. E poi, fidati di me. Me ne in­tendo: so dove si mangia bene senza farci pelare. Eh? Andiamo? Come due veri spostai.

Phil                                - Come due veri...?

Fanny                            - Oh, hai ancora vergogna a farti vedere in giro con me?

Phil                                - Io? Andiamo! E andiamo dove c'è un'orche­strina. Così vedo come fanno gli altri. E imparo. A pro­posito, tu quanto guadagni alla settimana?

Fanny                            - Quarantadue.

Phil                                - E io sessanta. Guadagno più di te. Sapessi che cosa vuol dire... Andiamo. Mi sento un altro uomo. (Escono).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La, scene è ancora la stessa. Due giorni sono passati. E' mattina: le otto circa. Il letto di Fanny è già riordinato; quello di Grace invece ancora disordinato. Il paravento - che ha l'aria di non servire più - è appoggiato Ma parete.

{Grace, intenta a rifarsi il viso davanti a uno specchio posato su un tavolino accanto alla finestra, è pronta per uscire. Entra Agnes).

Grace                            - Buongiorno.

Agnes                            - Buongiorno. Siete sola?

Grace                            - Come vedete...

Agnes                            - Devo parlarvi.

Grace                            - Accomodatevi.

Agnes                            - Fanny?

Grace                            - In bagno.

Agnes                            - La porta è chiusa?

Grace                            - Sì, sì. Perché?

Agnes                            - Miss Grace Peterson, devo parlarvi d'una cosa delicata e inquietante. Io ho ricevuto una denuncia.

Grace                            - Contro di chi?

Agnes                            - Voi sapete a prezzo di quali sacrifici e come abbia dovuto interpretare il regolamento in modo esten­sivo per accordarvi il permesso di tenere in casa vostra una coppia di sposi.

Grace                            - (che è evidentemente nervosa) Va bene: or­mai sono cose superate. Che altro c'è? Che denunzia?

Agnes                            - Miss Grace Peterson, tra voi e il marito di Fanny esiste qualcosa.

Grace                            - E' un'infamia...

Agnes                            - Non voglio dire dei rapporti illeciti: sa­rebbe vergognoso e non posso credere …..

 

Grace                            - Ecco.

Agnes                            - Ma certo un sentimento che potrebbe con­durre a situazioni pericolose esiste, un sentimento di te­nerezza e di attrazione che - badate bene - posso an­che comprendere perché si tratta d'un uomo che me­rita, d'un nomo che è talmente al di sopra, d'un uomo il quale...

Grace                            - Signorina, questa denunzia...?

Agnes                            - Che posso capire, dicevo, ma non scusare. Dunque, voi due, voi, miss Grace Peterson e il marito della vostra amica, vi siete baciati.

Grace                            - Noi?

Agnes                            - Sì. Avantieri alle nove precise, qui.

Grace                            - E' stata Helen! Che canaglia! Aveva pro­messo... Se mi viene a tiro, quella...

Agnes                            - Era suo stretto dovere riferirmi...

Grace                            - Ma io l'ho anche invitata a pranzo, quella sera, e le ho pagato il teatro perché tacesse!

Agnes                            - Non m'interessa. Dunque la denunzia è esatta: il bacio c'è stato!

Grace                            - (alzando le spalle) Siamo amici, come fra­telli. Io stavo per andar via, e quando esco bacio Fanny, bacio suo marito.

Agnes                            - Fanny non c'era.

Grace                            - Ho baciato lo stesso suo marito. E senza se­condi fini. Un bacio può essere una cosa onestissima. E mi stupisco che si possa pensare che...

Agnes                            - Se era onestissima non c'era bisogno di cor­rompere Helen perché non parlasse. Comunque, quello che Importa è di mettere in chiaro la faccenda; io non posso tollerare che, col pretesto della scarsità degli al­loggi, sotto questo tetto avvengano cose che offendono il senso della nostra moralità. E poi che direbbe Fanny, se sapesse? Povera Fanny! Bisogna anche pensare a lei!

Grace                            - Fanny sa benissimo che non c'è ombra di male in tutto questo. Potete dirglielo, interrogarla...

Agnes                            - Miss Grace, non provocatemi!...

Grace                            - E' la verità. Del resto, è di là. Si fa presto...

Agnes                            - No, non vogliate...

Grace                            - Ma sì. Come no? (Chiamando) Fanny! Fanny!

Agnes                            - Non voglio tragedie!

Grace                            - Ma che tragedie! (Chiamando) Fanny! Sei morta, là dentro?

Fanny                            - (comparendo, in una elegante veste da camera) Eccomi. Che vuoi? Buongiorno, signorina!

Agnes                            - Buongiorno. Come sta vostro marito?

Fanny                            - Mio.-? Bene, grazie. Benissimo.

Agnes                            - Allora, io me ne vado.

Grace                            - No. Non voglio che esistano equivoci. Miss Agnes Red era venuta per protestare... Figurati che so­spettava tra me e tuo marito un'indegnità! E sai perché? Perché quella vipera gelosa di Helen è andata a dire...

Agnes                            - Ma no. Non esageriamo!

Grace                            - Come no? E così. Perché ha visto che io davo un innocente bacio a Phil. Fantasie pervertite! Su, ridi. Perché non ridi?

Fanny                            - Vorrei sapere...

Grace                            - Per un bacio! Ma andiamo...

Fanny                            - Di quando è questo bacio?

Grace                            - Come di quando è?

Fanny                            - Vorrei conoscerne la data.

Grace                            - Perché?

Fanny                            - Così, Una mia curiosità.

Agnes                            - Di ieri l'altro.

Fanny                            - (con un sobbalzo di dolore e d'indignazione) Di ieri l'altro? Ne siete certa? Ah, mascalzone!

Grace                            - Come?

Agnes                            - Vedete? Che bisogno c'era di dirlo? Di ieri l'altro, alle nove...

Fanny                            - Alle nove della sera?

Agnes                            - No; della mattina.

Fanny                            - (cambiando espressione, e con disinvoltura) Ah, mattina?! Bè, se era mattina, non ha importanza...

Agnes                            - Non capisco.

Fanny                            - Sì, alle nove di mattina era ancora...

Agnes                            -  I baci di sera sono diversi da quelli di mat­tina?

Fanny                            - Infinitamente, signorina. Lei non se ne in­tende forse, ma sono tutti diversi. Un'altra cosa. Ha ra­gione Grace. Nessuna gravità, nessun pericolo. Si metta pure l'anima in pace.

Agnes                            - Se siete contenta voi...

Fanny                            - Ma sì, per carità. Sciocchezze!

Agnes                            - Va bene. E vostro marito?

Grace                            - (a denti stretti) Al lavoro!

Agnes                            -  Ancora?

Grace                            - Già. Ci dovrebbe essere una legge che im­pedisce abusi di questo genere. Lavora di notte, tutta notte. Rientra proprio quando usciamo noi! E' giusto? Io mi domando.

Fanny                            - E' il turno pagato meglio: ha scelto lui il turno di notte.

Grace                            - Si rovinerà la salute.

Fanny                            - Non credo. (La porta del bagno si apre e compare Phil in accappatoio).

Grace                            - Tu eri qui?

Phil                                - Buongiorno, signorina Agnes. Mi scusi, se sono così...

Agnes                            - Prego, sta benissimo...

Grace                            - Come? Ed eri...? Dov'eri?

Phil                                - Facevo il bagno. Dopo una notte di valzer, di tanghi e one-step, un bel bagno è quel che ci vuole. Ora sto meglio.

Agnes                            - Ha ragione. Ha fatto benissimo.

Grace                            - (livida) E hai fatto il bagno lì?

Phil                                - Eh, già.

Grace                            - Ma lì c'era anche Fanny.

Phil                                - Ah, c'era anche Fanny?

Fanny                            - Che bella giornata, oggi! Un sole...

Grace                            - Che cos'è questo? Tutt'e due, insieme, nel mio bagno?

Agnes                            - Le vasche sono grandi.

Grace                            -  Signorina Agnes, mi meraviglio di lei. Non si fa mica il bagno in costume, sa!

Agnes                            - Sono marito e moglie e allora...

Grace                            - Ah, sono marito e moglie?! Già! Ma sono in casa mia, mia!

Agnes                            - Non capisco l'indignazione. Se sono sposi, se dormono assieme, che male c'è se un bagno...?

Grace                            - Basta. Stia zitta, per favore. Non insista! (A Phil) A che ora sei rientrato?

Phil                                - Posso fumare? (accende una sigaretta).

Grace                            - Ti domando a che ora sei rientrato.

Agnes                            - E che ve ne importa?

Grace                            - (sempre più esasperata)  A che ora sei rien­trato?

Phil                                - Non ho guardato l'orologio.

Grace                            - (dominandosi a fatica) Io non riesco a ca­pire...

 Phil                               -  Qui tutto era silenzio, dormivate tutt'e due. Ho fatto pian piano per non svegliarvi...

Agnes                            - Pieno di delicatezza. Non tutti i mariti fanno così. Il marito di mia sorella, per esempio...

Grace                            - La finisca, se no io qui commetto uno spro­posito!

Agnes                            - Non riesco a comprendere.

Fanny                            - Neanch'io. .

Grace                            - Ah, pian piano, eh?...

Phil                                - Sì. Mio dovere.

Grace                            - Quindi era notte, notte alta?

Phil                                - Era notte. Perché al « Kakatoa » dicono che bisogna restarci fino al mattino, ma sono esagerazioni. Non c'è quasi mai nessun cliente che insista oltre le quattro, quattro e mezzo. E quando i clienti se ne sono andati, il signor Lynch ci autorizza ad andarcene.

Grace                            - Le quattro e mezzo?

Agnes                            - E' già una bell'ora!  Chissà come sarà stanco, ora, signor Gilder!

Phil                                - Non tanto. Il bagno mi ha rimesso...

Fanny                            - (guardando l'ora) Grace, il tuo ufficio!

Grace                            - . Non ci vado.

Agnes                            - Come, signorina...? Non si può.

Grace                            - Non ci vado.

Agnes                            - Ma si può sapere...?

Grace                            - Rimango qui. Non vado via, non vado via.

Agnes                            - Vi sentite male?

Grace                            - Mi sento male.

Fanny                            - (portando in mezzo alla stanza una sedia a sdraio) Ecco dove ha dormito mio marito: qui.

Grace                            - (verso Phil) Lì?

Phil                                - Lì.

Agnes                            - Signor Gilder, lei è unico. Dormire su una sedia a sdraio per non svegliare la propria moglie! Che tatto!

Phil                                - E' una sedia comoda.

Agnes                            - (a Grace) Allora farò venire la dottoressa...

Grace                            - No. Vado. Vado all'ufficio.

Agnes                            - Meno male.

Grace                            - Ma il bagno... quello poi...

Agnes                            - Be', per una volta... Lo farete stasera, al ri­torno.

Grace                            - (con un'occhiataccia) Ah, sì? (A Fanny) An­diamo, Fanny?

Fanny                            - Io, stamane, ho un'ora di libertà. Vado alle dieci.

Grace                            - Perché vai alle dieci?

Fanny                            - Non so. Il direttore ha detto: domani, alle dieci. Io obbedisco. Non ho domandato perché.

Grace                            - Fanny!

Fanny                            - Che vuoi, cara?

Grace                            - Le aberrazioni umane sono tali e tante che...

Fanny                            - Non capisco.

Grace                            - Capisco io.

Agnes                            - Se volete andarvene, sbrigatevi.

Grace                            - Vado, ma... Non finisce così. (A Phil) Hai capito? Non finisce così.

Phil                                - Non afferro...

Grace                            - Ah, no? Vedremo. (Si è messa frattanto il cappellino). Arrivederci. Arrivederci presto! (Esce).

Agnes                            - Mi preoccupa.

Fanny                            - Crisi che passano. E' giovane, carina. Al primo mazzo di fiori che le viene regalato, ritrova il sorriso.

Agnes                            - Signor Gilder, è tutto per quel bacio.

Phil                                - Quale?

Agnes                            - Lei, così, innocentemente, invece di strin­gerle la mano la mattina, pare che abbia l'abitudine di darle un bacio...

Phil                                - Io, veramente...

Fanny                            - Ma sì. Vi hanno visti. Inutile negare.

Agnes                            - Sono cose che alle donne fanno un certo ef­fetto. Io, in fondo, la capisco. Lei è stato imprudente, signor Gilder.

Fanny                            - Lo ha fatto per cameratismo, senza malizia.

Agnes                            - Immagino, ma intanto avete visto? Quella è tutta turbata, inquieta, nervosa. Ma! Io non dovrei im­mischiarmi di queste faccende, ma se mi si permettesse di formulare un consiglio...

Phil                                - La prego, formuli, formuli.

Agnes                            - Se i vostri mezzi ve lo consentono, ora che avete tutt'e due un impiego, io vi direi di prendere un alloggio per conto vostro. Molto più prudente e più co­modo. Parlo contro il mio interesse, perché a me faceva piacere, tanto piacere avervi qui, sotto i miei occhi. Ma per Grace e anche per tutte le altre... Purtroppo la pre­senza, la vicinanza di un uomo mette della nostalgia in tutte le vene. Le ragazze qui sono sempre in stato di allarme e di curiosità. E poi lo spettacolo della vostra felicità è uno spettacolo che non giova alla regolarità del lavoro. (Sospira) Credo proprio che sia meglio per tutti che vi trasferiate altrove. E' possibile? Parlo, s'in­tende, per la parte materiale.

Phil                                - Oh, sì, sì. Per quello, ormai...

Fanny                            - Anzi, ci avevamo pensato...

Phil                                - Ma abbiamo paura di sembrare ingrati.

Fanny                            - Mio marito ha un cuor d'oro e non vor­rebbe...

Agnes                            - Lo so. Ma essere indulgenti, in questi casi, è peggio. Meglio uno strappo coraggioso, e allontanare la polvere dal fuoco. Non so se mi sono spiegata...

Fanny                            - Come no?

Agnes                            - Allora io vado... E, creda, signor Gilder, sarà un dolore per me, un vero dolore non sentire più il suo violino...

Phil                                - Troppo buona.

Agnes                            - Ma verrò magari al « Kakatoa », qualche volta.

Phil                                - Brava!

Agnes                            - (un po' commossa) Ma è meglio, meglio per tutti che lei sparisca. (Esce).

Fanny                            - Poveraccia! Hai sentito? Altra vittima. Fatti vedere.

Phil                                - Perché?

Fanny                            - Voglio vedere che cos'hai per piacere tanto.

Phil                                - Bè, che cos'ho?

Fanny                            - Niente. Non capisco. Come ha detto Grace: aberrazioni...

Phil                                - Ha ragione il gendarme. Qui bisogna deci­dersi...

Fanny                            - Io ho bell'e deciso. Ce ne andiamo.

Phil                                - E Grace?

Fanny                            - Che è questo ragionamento? Hai compas­sione di lei?*

Phil                                - Sicuro. Intanto mi ama.

Fanny                            - (alzando le spalle) Le passerà. Le è passata tante volte...

Phil                                - Ma forse le altre volte non era così... Era meno grave...

Fanny                            - Inaudito! Sei di una presunzione...

Phil                                - Sono un uomo di cuore. Provo dei rimorsi.

Fanny                            - Caro mio, scegli: o me o i rimorsi.

Phil                                - Le donne tutte così: mancano di senso mo­rale. Tu non ti rendi conto esatto di quello che abbiamo fatto... (Guarda la sedia a sdraio) Avrei dovuto dormire davvero sulla sedia a sdraio.

Fanny                            - Hai detto che è comoda. Bada che non è vero, non è comoda.

Phil                                - No, sono un mascalzone. Non se lo meritava. Mi aveva ospitato, mi aveva raccolto in mezzo a una strada, era stata carina, affettuosa, fedele...

Fanny                            - Senti: gli elogi della propria amante si pos­sono fare a tutti meno che alla moglie!

Phil                                - Io, la verità non ho il coraggio di dirgliela! Sarò un vile, sarò sciocco, ma non ho il coraggio...

Fanny                            - Se credi che non abbia già capito!

Phil                                - Sospetta, ma capito proprio...

Fanny                            - Il bagno!! Ma ti pare possibile...?

Phil                                - E allora?

Fanny                            - E allora le si dice, onestamente, quello che abbiamo deciso. L'appartamento - due stanze graziose ammobiliate bene - io l'ho già trovato. E' anche vi­cino al ristorante. ,

Phil                                - Tu sei straordinaria!

Fanny                            - Sono pratica.

Phil                                - (esitante) Mi rinfaccerà il mio contegno. Gri­derà. E io non potrò ribattere niente perché sentirò che in fondo avrà ragione.

Fanny                            - Sei pentito? Avanti, dillo.

Phil                                - No. Neanche per sogno.

Fanny                            - E allora, che cosa? Vorresti continuare con moglie e amante?

Phil                                - Non esagerare sempre. Vorrei avere un po' di tatto, di bontà.

Fanny                            - Ma che. Chiamala bontà, tu. E' la solita paura degli uomini. Paura delle seccature. Sei come gli altri, peggio degli altri. Mollusco.

Phil                                - Non ricominciare con gli insulti, ora!

Fanny                            - Sono il solo argomento che serve con te. Ti sei accorto di me solo perché ti insultavo.

Phil                                - Chissà! Forse non hai torto...

Fanny                            - C'è un fondo di sadismo, in te! Andiamo, scuotiti, coraggio! Scegli e avanti.

Phil                                - Mi fa pena! Cosa vuoi, mi fa pena.

Fanny                            - E io?

Phil                                - Tu, no. Quello che vuoi, ma pena, tu, no!

Fanny                            - Preferisco.

Phil -                             - Tu sei la vera moglie. Non protestare. Sei proprio la moglie. Ti sei preoccupata subito dei miei difetti, lì hai frustati per guarirmi, per migliorarmi. Mi hai tolto dalla mia pigrizia, mi hai obbligato a lavorare. Mi hai fatto delle scene: e quante! Più moglie di così!

Fanny                            - E con questo?

Phil                                - Grace invece non ha niente di ciò. Per lei io ero l'amore. Niente altro che l'amore.

Fanny                            - Grace ti piace ancora.

Phil                                - Sei prosaica e volgare. Non riesci a compren­dere la mia anima.

Fanny                            - La chiami anima? Sarò prosaica, ma non sono mica scema, sai!

Phil                                - Lo riconosco.

Fanny                            - Senti, caro... Se vuoi rinunciare a me, pa­drone. Io ti rido la tua libertà...

Phil                                - Non te l'ho chiesta.

Fanny                            - Solo vorrei sapere quello che intendi fare. Sei esasperante con i tuoi «ma, se, però ».

Phil                                - Ho conosciuto Grace prima di te. E' stata lei che...

Fanny                            - Ah, ci sono ancora dei diritti di precedenza?

Phil                                - Se avesse potuto mi avrebbe sposato lei.

Fanny                            - Un bell'affare avresti fatto. E poi, sposala. Ora guadagni; la puoi mantenere. Divorzieremo e spo­sala.

Phil                                - No : come moglie, forse hai ragione. Non è l'ideale. Preferisco te.

Fanny                            - Ieri sera, tra l'« Appassionata » di Schubert e quel valzer lento, mi hai detto che mi amavi,..

Phil                                - M'avevano fatto bere. Ma perché vieni al «Kakatoa» anche la sera, ora?

Fanny                            - La moglie deve seguire il marito. Mi piace sentirti suonare.

Phil                                - Davvero?

Fanny                            - Ci metti tanto sentimento. Tutto quello che non hai. Io credo che tra dieci giorni...

Phil                                - Che cosa?

Fanny                            - Lascia fare a me. Se i clienti, per merito tuo, aumenteranno, puoi anche chiedere che il signor Tom ti dia di più. Ieri sera bada che c'era più gente del so­lito. E ti hanno apprezzato, molto.

Phil                                - Mi fa piacere. Se mi apprezzano, mi fa pia­cere.

Fanny                            - Questa sera dirò a Grace che venga anche lei a sentirti. Sarai contento, no? Suonerai ancora con più sentimento. Ma sola non potrà venire o forse si farà accompagnare dal pellicciaio. Un amico. E tu farai una serie di pizzicati, vero?

Phil                                - Fanny, sei anche cattiva, oltre tutto!

Fanny                            - Perché? Non vuoi che venga ad ammirarti nell'esercizio delle tue funzioni? Sarà ancora più entu­siasta di te!

Phil                                - Vieni qui.

Fanny                            - No. Le mogli non hanno l'obbligo di star troppo vicino ai mariti. Tocca alle amanti questo pia­cere!

Phil                                - Vieni qui, ti dico!

Fanny                            - No.

Phil                                - Perché?

Fanny                            - Perché obbedirti, a fare quello che vuoi tu, con te, ci si rimette sempre.

Phil                                - E se io volessi darti un bacio?

Fanny                            - Bel regalo! Non so che cosa farmene!

Phil                                - Non mentire!

Fanny                            - Mentisco fin che voglio. Non so che cosa farmene. Vuoi saperlo? Non mi piaci. Sei stato una de­lusione.

Phil                                - Una delusione, io?

Fanny                            - Si capisce, tu. Cosa ti credi? Una meravi­glia, forse? No. E' stato così, perché eri solo, sempre lì a portata di mano. Allora, si sa, la curiosità, la tenta­zione l'abbiamo tutte. Ho avuto anch'io un capriccio,   Un capriccio per mio marito. Scusabile, no? Più che se l'avessi avuto per altri. Ma poi, alla resa dei conti, tutto sommato, non ne valeva la pena. E' questo l'amore? Non è una gran cosa.

Phil                                - (avvicinandosi a lei) Ah, no?

Fanny                            - No, e non mi toccare. Sta lontano da me. Tanto più...

Phil                                - Tanto più?

Fanny                            - Tanto più che anch'io devo èssere stata per te una delusione. E' inutile che tu dica di no. Si vede. Tutte queste smorfie, questi scrupoli, oggi, che cosa significano? Che, passata la curiosità, io non sono più per te quella che ero prima, ieri l'altro, vero?

Phil                                - Fanny!

Fanny                            - Non ti avvicinare, se no ti mordo. No, non te la do questa soddisfazione. Niente.

Phil                                - Mi eri troppo superiore. Questo mi offendeva, mi avviliva. Un uomo non può sentirsi dominato...

Fanny                            - Dominato, tu? (Phil fa per riprenderla fra le braccia). Non mi toccare, ti dico. Ti graffio. Va dalla tua Grace!

Phil                                - No.

Fanny                            - Io, che sono? Non sono che la moglie! Quindi quantità trascurabile.

Phil                                - Sei Fanny, la mia Fanny...

Fanny                            - Non è vero.

Phil                                - Sì, che è vero. Mi piaci!

Fanny                            - Non è vero. (Sta per arrendersi, poi si ri­prende) E perché ti piaccio?

Phil                                - Come?

Fanny                            - Dimmi perché ti piaccio.

Phil                                - E chi lo sa?

Fanny                            -  Grace non è più bella di me?

Phil                                - Per questo, sì, più bella. (Fanny prende un battipanni che trova sulla tavola, a portata di mano, e comincia a picchiarlo).

Fanny                            - Ah, sì? Tò! Tò!

Phil                                - Guarda che mi fai male!

Fanny                            - E' quello che voglio.

Phil                                - No, Fanny. (Fa per strapparle il battipanni: colluttazione) No, vipera. Mi hai morso!

Fanny                            - Lasciami!

Phil                                - No, no, no. (Nella colluttazione le loro boc­che s'incontrano: i gesti cessane dall'essere aggressivi, diventano abbraccio; il battipanni cade per terra. Il bacio è appassionato e lungo).

Fanny                            - Ti ho fatto male?

Phil                                - Quando?

Fanny                            - Quando ti ho morso...

Phil                                - No.

Fanny                            - Fa vedere...

Phil                                - Non è niente.

Fanny                            - Mi perdoni?

Phil                                - Pur che mi prometta di non ricominciare.

Fanny                            - No, questo non lo posso promettere.

Phil                                - Cosa? Avresti intenzione...?

Fanny                            - Per forza, con te. Tu appartieni alla peg­giore categoria di uomini che esista. Di quelli che si lasciano trascinare dagli eventi e dalle persone.

Phil                                - Esageri.

Fanny                            - Meriteresti davvero che io ti lasciassi... Non mi occupassi di te...

Phil                                - Fanny, questo no, sarebbe impossibile. Tu ormai mi sei necessaria. (Dalla comune rientra Grace).

Fanny                            - A quest'ora?

Grace                            - E tu, ancora qui? Sono le dieci. Non dovevi andare alla tua bottega alle dieci?

Fanny                            - Sono già le dieci?

Grace                            - Già: il tempo vola, ora, quando sei qui, con... (occhiataccia a Phil) ma sono le dieci.

Phil                                - E tu scusa, come mai...?

Grace                            - Disturbo, forse? Mi sono sentita male.

Phil                                - Ecco, lo vedi!

Grace                            - Cosa?

Phil                                - Che cosa hai avuto?

Fanny                            - (mettendo una busta su un mobile) La feb­bre di tornare a casa!

Grace                            - Male, male, malissimo.

Phil                                - Hai bisogno di qualche cosa?

Grace                            - No. E poi, sì. Voglio sapere la verità.

Phil                                - Quale verità?

Grace                            - Tra voi due...

Fanny                            - Vado, sono le dieci.

Grace                            - Fanny, tu mi hai tradita.

Fanny                            - Io? Non ho tempo per spiegarti... Corro. (Esce dal fondo).

Phil                                - Che cosa ti viene in mente?

Grace                            - Non sono cieca. Ti piace, Fanny?

Phil                                - Piacermi? Non è esatto. Capirai...

Grace                            - Che cosa devo capire?

Phil                                - Anche per i terzi, una certa intimità, per le apparenze, bisogna pure che ci sia tra marito e moglie.

Grace                            - Lascia stare le apparenze: vieni alla sostanza. Insomma, vuoi divorziare, sì o no?

Fanny                            - (rientrando per cercare qualche cosa) No.

Grace                            - Che vuoi, tu? Non c'è bisogno del tuo con­senso.

Fanny                            - Indispensabile. Ho dimenticato...

Grace                            - Tu avevi accettato, prima...

Fanny                            - Non hai visto la busta? (la prende) Tò!

Grace                            - Che è?

Fanny                            - I tuoi duecento dollari. Restituzione.

Grace                            - Questo vorrebbe dire...?

Fanny                            - Eh, già!

Grace                            - Inverosimile! E lui? Perché mi pare che a decidere deve essere lui!

Fanny                            - E' lì! Domandaglielo!

Phil                                - Ecco io, veramente...

Grace                            - Tu sei l'essere più indegno che io abbia,..

Phil                                - (a Fanny) La senti, io lo sapevo! Era inevi­tabile!

Grace                            - (a Phil) Un mascalzone sfruttatore...

Phil                                - Che posso dire, hai ragione.

Grace                            - Ti ho raccolto morto di fame...

Phil                                - Ora non esagerare.

Grace                            - E mi preferisci... Ah, ma non finisce così! C'è ancora una questione di dignità morale...

Fanny                            - Giusto, Grace. Se fossi in te...

Grace                            - (esasperata, a Fanny) Tu sta zitta, se no ti strappo gli occhi. E riprenditi i tuoi duecento dollari.

Fanny                            - No; sono tuoi.

Grace                            - (a Phil) Non credere che sia perché ci tengo a te, perché ti amo! No, neanche un po'. Non lo meriti! Non si amano uomini cosi:

 

Phil                                - Hai ragione, è giusto!

Grace                            - Non fare così, se no io non rispondo di me. E' solo per rabbia, per essere stata giocata, così, sotto i miei occhi.

Fanny                            - La tentazione...

Grace                            - (spacca qualcosa) Io non so...

Fanny                            - Bada che i danni io non li pago...

Grace                            - Io chiamo gente: vi denuncio. Vi svergogno. Sì, davanti a tutti - (fa per andare alla porta).

Fanny                            - Bada che la brutta figura la fai tu.

Grace                            - Come?

Fanny                            - La moglie sono io!

Grace                            - Neanche la consolazione di potermi sfogare. (Di colpo calma, a Phil) Allora, davvero tu... Vuoi te­nerti...?

Phil                                - Vedi, come le spiegavo poco fa...

Fanny                            - Oh, per lui, non avrebbe niente in contrario a tenerci tutte e due!

Grace                            - Fanny, vuoi che lo strozziamo?

Fanny                            - Grace!

Grace                            - Io sentivo che da qualche giorno c'era sotto qualcosa. Lo sentivo.

Fanny                            - Grace!

Grace                            - Che vuoi?

Fanny                            - Ricordi la volta che ti sei tanto arrabbiata per Michele...?

Grace                            - Era un'altra cosa!

Fanny                            - La stessa cosa. Le stesse minacce! La stessa disperazione!

Grace                            - Ma quella volta ero stata io a tradirlo!

Fanny                            - Lo so: e lui ti aveva piantata perché se ne era accorto.

Phil                                - Aveva fatto bene.

Grace                            - Tu, sta zitto!

Fanny                            - Per questo so che domani ti sarà passata: sarai più carina di prima, e piacerai ancora di più...

Grace                            - No.

Fanny                            - Sì: ti conosco. Un giorno o l'altro poi ve­drai che piacerai anche a qualcuno ricco.

Grace                            - Io non ho fortuna.

Fanny                            - Bisogna aver pazienza. Sono sicura. E al­lora... Hai degli occhi magnifici!

Grace                            - Credi?

Phil                                - Per questo sì, magnifici! ^

Fanny                            - Nessuno chiede il tuo parere.

Phil                                - Dicevo così per dire...

Fanny                            - Per me, invece, è un'altra cosa. Io non avevo mai amato e nessuno mi aveva mai amata. E' cosa nuova... (A Phil) Tu, sparisci: non sono cose che devi sentire. (Phil va in cucina e poco dopo rientra man­giando qualcosa). Ci ho pensato, Grace. Non credere che io abbia voluto portarti via il tuo uomo, così per ca­priccio, come fanno tante. No, ho meditato su di me e su di te. Che fosse mio marito era un pretesto, un inci­dente. Ma per me, a un certo punto, oltre ad essere mio marito, ora è tutto. Era la vita. E anche per lui io po­tevo essere qualcosa di più del passatempo, della curio­sità. E' un uomo debole: di ingegno, ma senza volontà. Io avrei potuto essere la sua volontà. E allora... Il sacri­ficio che dovevi far tu era piccolo sacrificio, di amor proprio... E poi neanche tanto, perché nessuno sa, sa­peva. Per me invece rinunciare a lui sarebbe stato ucci­dermi. Lui è il primo e unico amore. Capisci, Grace? E allora... Mi perdoni?

Grace                            - Davvero ho degli occhi magnifici?

Fanny                            - Quando sono buoni, come ora, non ne ho visti di più belli.

Grace                            - Gli vuoi tanto bene?

Fanny                            - Ssst. Se poi se ne accorge troppo, ne abu­serà come tutti gli uomini.

Grace                            - Ti farà soffrire, sai.

Fanny                            - Lo so. Accetto.

Grace                            - E' un ragazzaccio.

Fanny                            - Lo so.

Phil                                - (sulla porta della cucina) Avete finito di gio­carmi a pari e dispari?

Grace                            - Sì.

Phil                                - E chi è la fortunata cui sono toccato?

Grace                            - La disgraziata è tua moglie!

Phil                                - Grace, io però...

Grace                            - Smettila! E se non sei fedele a lei, bada che intervengo io e sono guai per te.

Phil                                - Fanny, che le hai detto?

Fanny                            - Io? Niente. Che avevamo trovato casa. Che io, in fondo, a te non ci tengo. Che, «e voleva, ero anche disposta a divorziare...

Phil                                - Ma io no.

Grace                            - (piano a Fanny) Hai ragione, è tuo.

Fanny                            - (a Phil) Non la guardare così, ora, andiamo!

Phil                                - Sei gelosa?

Grace                            - Ha ragione, vergognati!

Fanny                            - (a Grace) E un'altra volta, dà retta a me, sposatelo tu l'uomo che ti piace. E' sempre meglio. (A Phil) Su, vieni a veder la tua nuova casa. Fila! (Phil si avvia; Fanny abbraccia Grace) Se avessi potuto, credi...

Grace                            - Sta zitta!

Phil                                - (sulla porta) Be'?

Fanny                            - (commossa) Eh, vengo, che diamine! Addio, Grace! (e corre via).

FINE