Dopo la pioggia

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SCENA 1

DOPO LA PIOGGIA

di Sergi Belbel

Luogo: Terrazzo di un grattacielo di 49 piani, blocco di uffici di alto livello. Cielo plumbeo, senza minaccia di pioggia

Tempo: Adesso. Futuro molto prossimo.

Personaggi:

PROGRAMMATORE INFORMATICO

DIRETTORE AMMINISTRATIVO

SEGRETARIA BIONDA

SEGRETARIA MORA

SEGRETARIA ROSSA

SEGRETARIA CASTANA

FATTORINO

DIRETTRICE ESECUTIVA

personale di una ditta finanziaria delle quattro o cinque che occupano il palazzo

PRIMA DELLA PIOGGIA

SCENA 1

Il Direttore Amministrativo e il Programmatore Informatico arrivano furtivamente

DIRETTORE:                     Qui

PROGRAMMATORE:           Fa troppo freddo.

DIRETTORE:                     Purché non ci sia vento…

PROGRAMMATORE:           O non piova…

DIRETTORE:                     Cosa?

PROGRAMMATORE:           Niente, niente, che stupidaggine, certo, è impossibile, era… uno

                                       scherzo.

DIRETTORE:                     Dopo tutto questo tempo… Due anni, eh già, o forse di più, vero? Che

sciagura, due anni senza cadere nemmeno una goccia d'acqua e proprio oggi dovrebbe mettersi a…

No. Tranquillo, ragazzo, Lo avrebbero annunciato su tutti i giornali in prima pagina.

PROGRAMMATORE:           E qui non ci diranno niente?

DIRETTORE:                     No.

PROGRAMMATORE:          E se ci vedono? Se ci… beccano?

DIRETTORE:                     Chi?

PROGRAMMATORE:           Può salire qualcuno.

DIRETTORE:                     Se qualcuno sale, sarà per fare quello che facciamo noi.

PROGRAMMATORE:           Ah. Forse si. Non ci avevo pensato. Ma forse no.

DIRETTORE:                     Non sarebbe la prima volta.

PROGRAMMATORE:           E’ sempre stato vietato?

DIRETTORE:                     Si. Dal giorno stesso dell'inaugurazione.

PROGRAMMATORE:           Voglio dire, per la gente della ditta. Prima di trasferirci qui, per

esempio.

DIRETTORE:                     Prima? No. Neanche allora era permesso. Ma non c'erano controlli rigorosi. Né all'ingresso, né alle toilette, né al bar.

PROGRAMMATORE:           E dici di conoscere qualcuno che sia salito qui per…?

DIRETTORE:                     Si. Bè, vederli, non li ho mai visti, ma credo di sapere chi sono.

PROGRAMMATORE:           Come fai a saperlo?

DIRETTORE:                     Ho un buon naso. Dall'alito.

PROGRAMMATORE:           Ah.

DIRETTORE:                     A proposito, non avrei mai detto che anche tu

PROGRAMMATORE:           Ebbè, si. Mi vergogno un po' ad ammetterlo, ma… si.

DIRETTORE:                     Con te il naso ha fatto cilecca. Vergogna, hai detto?

PROGRAMMATORE:           L'ho nascosto molto bene. Non so come ho potuto resistere tanto.

DIRETTORE:                     E’ oggi la prima volta?

PROGRAMMATORE:           Si, durante il lavoro, si.

DIRETTORE:                     Tre mesi dover resistere per tante ore, non è niente male. Perché è da tre mesi che stai con noi, vero?

PROGRAMMATORE:          Si. Mi è stato molto difficile reprimermi. Ecco perché a volte divento così nervoso. Specialmente con i rompiscatole e le rompiscatole che non la finiscono di disturbarmi con i loro problemi. Voglio dire, le segretarie, ecco, soprattutto con loro.

DIRETTORE:                     Già. Bè, basta, su, basta, muoviamoci, prima che si accorgano della nostra assenza.

Il Capo Amministrativo tira fuori due sigarette da una scatoletta d'argento e un accendino.

Il Programmatore Informatico guarda intorno, nervoso

PROGRAMMATORE:          Non credi che ci sia troppo vento?, è difficile accenderle, no, no, e poi, ho proprio ragione, quando c'è vento è orribile, voglio dire, che a uno gli va via la voglia, certo però che a me va sempre, come no, specialmente quando te lo proibiscono, come qui, come adesso, e poi sicuramente dovremo scendere subito, tu stesso lo hai appena detto, noteranno la nostra assenza, saranno dei sospetti se non ci vedono al bar....

DIRETTORE:                     Tieni.

Il Capo Amministrativo accende le due sigarette e ne offre una al Programmatore Informatico

PROGRAMMATORE:           Grazie. Quanto ti devo?

DIRETTORE:                     Cento.

PROGRAMMATORE:           Tieni.

DIRETTORE:                     Grazie.

PROGRAMMATORE:           Certo che è cara questa marca.

DIRETTORE:                     Sono aumentate.

PROGRAMMATORE:           Già. E’ vero

DIRETTORE:                     E adesso, calmati. Abbiamo tempo.

PROGRAMMATORE:           Sì?

DIRETTORE:                     Sì. Oh, che meraviglia.

PROGRAMMATORE:            Sì. E... e dici che non siamo i soli? che altra gente della Ditta sale qui a fumare?

DIRETTORE                       Sì. Diversi.

PROGRAMMATORE:           Chi?

DIRETTORE:                     I fumatori occulti.

PROGRAMMATORE:           Cioè, uno o due oltre a noi.

DIRETTORE:                     Più di uno, più di uno.

PROGRAMMATORE:           Pensavo di essere l'unico ad ingannare la Ditta. E' stato così difficile alle prove di selezione.  Mmm …adoro fumare, davvero, non posso fame a meno…  Voglio mentire… mentire… da un punto di vista morale, certo. Molto, si, è stato molto difficile.

DIRETTORE:                     Mia moglie ed io divorziamo.

PROGRAMMATORE:           Ah sì?

DIRETTORE:                     Sì.

PROGRAMMATORE:           Così la finirete di litigare.

DIRETTORE:                     Per questo divorziamo.

PROGRAMMATORE:           Certo.

Pausa

DIRETTORE:                     Non sappiamo come fare con la bambina

PROGRAMMATORE:           Tu la vuoi?

DIRETTORE:                     Sì.

PROGRAMMATORE:           Voglio dire se la vuoi con te.

DIRETTORE:                     Sì, sì.

PROGRAMMATORE:           Voglio dire, la sua custodia.

DIRETTORE:                     Sì. So che sarà difficile.

PROGRAMMATORE:           La vuole lei?

DIRETTORE:                     La bambina?

PROGRAMMATORE:           La custodia.

DIRETTORE:                     Temo di sì.

PROGRAMMATORE:           Glielo avete già detto?

DIRETTORE:                     Cosa?

PROGRAMMATORE:           Alla bambina.

DIRETTORE:                     Che cosa?

PROGRAMMATORE:           Che voi… voi… che divorziate (che brutta parola)

DIRETTORE:                     Sì

PROGRAMMATORE:           E cosa ha detto?

DIRETTORE:                     Niente. Non ha detto niente. Che se lo aspettava, immaginava.

PROGRAMMATORE:           Ah.

DIRETTORE:                     Eh?

PROGRAMMATORE:           Niente.

DIRETTORE:                     Che vuol dire "niente"?

PROGRAMMATORE:           Niente, non dicevo niente.

DIRETTORE:                     Sì, sì. Non ha detto niente.

PROGRAMMATORE:           Eh?

DIRETTORE:                     La bambina.

PROGRAMMATORE:           Ah.

Pausa

PROGRAMMATORE:           Butti la cenere per terra?

Pausa

DIRETTORE:                     Cosa?

Pausa

PROGRAMMATORE:           Mia moglie ed io vogliamo un figlio.

DIRETTORE:                     Auguri.

PROGRAMMATORE:           Grazie.

DIRETTORE:                     Vi cambierà la vita.

PROGRAMMATORE:           Per questo lo vogliamo.

DIRETTORE:                     Che vuoi dire?

PROGRAMMATORE:           Perché ci cambi la vita.

DIRETTORE:                     Ah. Siete già stanchi di quella che fate?

PROGRAMMATORE:           Bè… No.

DIRETTORE:                     Come, no?

PROGRAMMATORE:           Va bene, sì.

DIRETTORE:                     Ah.

PROGRAMMATORE:           Voglio dire… no.

DIRETTORE:                     Avete dei problemi?

PROGRAMMATORE:           Come? Cosa?

DIRETTORE:                     Di coppia.

PROGRAMMATORE:           Che? Macché! Macché! Neanche per sogno.

DIRETTORE:                     Allora, perché cambiare?

PROGRAMMATORE:           Uffa, ma che ne so, cambiamo argomento, va bene?, forse questo non è il momento migliore per parlarne, che ne so, ascolta, vogliamo un figlio, punto e basta, tutto qui.

DIRETTORE:                     Auguri.

PROGRAMMATORE:           Grazie

Pausa

DIRETTORE:               Se non potessi fumare ogni tanto, non so cosa mi succederebbe, mi

piace tanto.

PROGRAMMATORE:           Anche a me. Peccato che faccia male.

DIRETTORE:                     Male?

PROGRAMMATORE:           Si, alla, alla                        alla salute, no?

DIRETTORE:                     Ma quale salute?

Pausa

PROGRAMMATORE:           Quanto saremo alti?

DIRETTORE:                     Quarantanove piani, mettiamo tre metri e mezzo per piano, più o meno,

fanno... se non sbaglio... quarantanove per tre cinquanta per tre centocinquanta meno tre centoquarantasette più la metà di quarantanove ventiquattro virgola cinque centoquarantasette più

ventiquattro virgola cinque centosettanta virgola cinque, cioè centosettanta metri e mezzo circa.

PROGRAMMATORE:           Centosettanta metri!

DIRETTORE:                     E mezzo.

PROGRAMMATORE:           E mezzo!

DIRETTORE:                     Scusa, scusa, scusa, scusa, scusa, mi sono sbagliato, ma certo, si, si,

certo, perché centoquarantasette più ventiquattro virgola cinque non fa centosettanta virgola cinque,

no affatto, ma fa centosettantuno virgola cinque, quindi non sono centosettanta metri e mezzo ma

centosettantun metri e mezzo, per essere precisi.

PROGRAMMATORE:           Va bene, un metro non significa niente.

DIRETTORE:                     No, certamente.

PROGRAMMATORE:           E' il più alto della città?

DIRETTORE:                     No, vieni a vedere.

PROGRAMMATORE:           Attenzione!!!

DIRETTORE:                     Non succede niente, la ringhiera è sicura, vedi?

PROGRAMMATORE:           No!! Non fare così! Tutto è così nuovo, così lucido, così… Non vedi

che potresti scivolare? E tutto sembra così fragile che…

DIRETTORE:                     Guarda!

PROGRAMMATORE:           Ah!!

DIRETTORE:                     Scherzavo; Soffri di vertigini?

PROGRAMMATORE:           No…

D(RETTORE:                     Allora?

Pausa

PROGRAMMATORE:           Mi hai spaventato.

DIRETTORE:                     Io?

PROGRAMMATORE:           si

DIRETTORE:                     Perché?

PROGRAMMATORE:           Non so, Per .....

DIRETTORE:                     No,. Non è il più alto. Guarda. Ma vieni qua, dai.

PROGRAMMATORE:           Dove?

DIRETTORE:                     Guarda, là. Quei due, quello e quello. Sono più alti. Sono anche nuovi. Probabilmente anche più del nostro. Non c'erano due anni fa.

PROGRAMMATORE:           Sei sicuro che sono più alti?

DIRETTORE:                     sì.

PROGRAMMATORE:           Mah, non so che dire.

Pausa

DIRETTORE:                     Sì. Non di molto, però sì.

PROGRAMMATORE:           Sarà duro per tua figlia.

DIRETTORE:                     Il divorzio?

PROGRAMMATORE:           Sì.

DIRETTORE:                     No.

PROGRAMMATORE:           Ah.

Pausa

DIRETTORE:                     Forse sì.

PROGRAMMATORE:           Centosettanta metri!

DIRETTORE:                     sì

PROGRAMMATORE:           Sembra tutto così piccolo da quassù. Così ridicolo.

Pausa

DIRETTORE:                     Sì

Pausa

PROGRAMMATORE:           E per te?

DIRETTORE:                     Cosa?

PROGRAMMATORE:           E' stato duro?

DIRETTORE:                     Che cosa?

PROGRAMMATORE:           E' duro?

DIRETTORE:                     No.

PROGRAMMATORE:           Ah.

Pausa

DIRETTORE:                     Un po'.

PROGRAMMATORE:           Non riesco a immaginarlo.

DIRETTORE:                     Che vuoi dire?

PROGRAMMATORE:           Niente; siccome io non avrò mai problemi di quel tipo, quei problemi lì di di di coppia, come li chiami tu, allora, allora niente, che, ecco, che mi è difficile capire tutto questo discorso, capito?, voglio dire la tua faccenda del del del di... di... di, della separazione, ecco, perché ma moglie ed io, sai?, siccome stiamo sempre così bene, sai?, siamo sempre stati così bene, sarà impossibile, totalmente impossibile che ci separ…

Il Capo Amministrativo lancia il mozzicone della sua sigaretta nel vuoto e si appoggia alla ringhiera per osservarne la caduta.

DIRETTORE:                     Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette non la vedo più.

PROGRAMMATORE:           Cosa?

DIRETTORE:                     Sicuramente più di sette secondi.

PROGRAMMATORE:           Per cosa?

DIRETTORE:                     Per arrivare giù.

PROGRAMMATORE:           Ah.

DIRETTORE:                     Dammi la tua.

Il Capo Amministrativo prende la sigaretta del Programmatore Informatico e la lancia nel vuoto.

DIRETTORE:                     Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, non la vedo più.

PROGRAMMATORE:           Quanto ci può mettere un corpo ad arrivare giù da qui?

DIRETTORE:                     Pensavo la stessa cosa.

PROGRAMMATORE:           Sicuramente più di dieci secondi.

DIRETTORE:                     Sicuramente. Cosa dicevi di tua moglie?

PROGRAMMATORE:           lo? Niente.

DIRETTORE:                     Addirittura quindici.

PROGRAMMATORE:           Che non ci separeremo mai.

DIRETTORE:                     Te lo immagini?

PROGRAMMATORE:           Cosa?

DIRETTORE:                     La sensazione di quei dieci o quindici secondi?

PROGRAMMATORE:           Veramente no. E tu?

DIRETTORE :                    No.

PROGRAMMATORE:           No.

Pausa

DIRETTORE:                     Sì. Sì me la immagino.

PROGRAMMATORE:           Deve essere…

DIRETTORE:                     Sì, così.

PROGRAMMATORE:           Andiamo?

DIRETTORE:                     No.

Si guardano. Il Capo Amministrativo tira fuori la scatoletta d'argento. Rapidamente, con passione accendono ansiosamente due sigarette.

Esplosione lontana. Eco di vetri rotti, colpi, rumori metallici, grida appena udibili. Quasi subito, suono lontano e stridente di sirene che si avvicinano.

Loro non si muovono per vedere cosa è successo. Fumano.

SCENA 2

Entrano, quasi a spintoni, la Segretaria Bionda, la Segretaria Bruna, la Segretaria Rossa, e, separata dalle altre, la Segretaria Castana.

S BIONDA: Ragazze, queste scale mi uccidono, ma, certo…

S MORA (alla Segretaria Castana): Ti senti bene?

S CASTANA (alla Segretaria Rossa): Come?

S. BIONDA: Certo, per via di quel frocio di ascensorista che non si fa i fatti suoi non poter usare l'ascensore, perché è frocio, sapete?

S MORA: No. Tanto, per soli dieci piani.

S BIONDA: Quattordici, bellezza, quattordici; per me sono quattordici, non tutte hanno la stessa fortuna delle altre.

S MORA: Non ti capisco.

S BIONDA: A proposito, visto che è uscito fuori il discorso: l'altro giorno, chi è venuta qui in ascensore? Ragazze, è stata una di voi perché me lo ha detto il frocio, voglio dire, l'ascensorista; il cretino prende e mi fa, carina, non ti sembra che questo ascensore puzzi? Come puzza? gli faccio io, sa, carina, si, puzza, ha una schifosa puzza di fumo, e io gli faccio, ah be' io non sento niente di niente e non mi chiamare carina, capito?, non sopporto che mi chiamino carina (soprattutto poi da un frocio, be', certamente questo non gliel'ho detto, hi, hi, hi) e prendo e gli dico, e se ci fosse un incendio in uno degli uffici? ( facendo la parte di una completamente distratta, ovvio), e il frocio mi dice, non fare la scema, signorina, (signorina lo ha detto scandendolo, con cattiveria, certo, mi chiamò così per non chiamarmi carina, certo, vi ho già detto che è anche stupido oltre che frocio), la puzza di fumo viene dall'alito di una delle tue colleghe che è appena scesa dal terrazzo, lo sai benissimo; ora siamo veramente fottute, pensai, credevo che fosse chiaro che saremmo salite e scese da qui per le scale d'emergenza, no?, voglio dire, ragazze, mi dispiace molto, non voglio offendere nessuno, ma qualcuna di voi è una traditrice e se ne è sbattuta dei patti, e questo mi fa diventare pazza, capito? perché adesso vai tu a sapere con chi cazzo il frocio avrà spettegolato, che per quanto sia stupido non e affatto scemo o scema, hi, hi, hi, via, quello che voglio dire è che mi guardava come se sapesse che anch'io salgo fin qui, e per questo sono diventata pazza, certo, solo al pensiero che abbia potuto parlare col mio capo, o col capo dei mio capo, o con i vostri capi, divento pazza, ecco perché quando oggi ci siamo date appuntamento tutte e quattro, ho pensato, ne parlerai chiaramente, e così verrà fuori la traditrice, o la distratta, non voglio accusare nessuno, e come minimo ci darà una spiegazione, e così parliamo tutte e quattro della faccenda perché una distrazione pericolosa come questa non si ripeta più, perché, ragazze, se si ripete ancora…

S CASTANA: Sono stata io.

Pausa

S. ROSSA: Ti pareva.

S. MORA (alla Segretaria Bionda):  E tu, perché lo dicevi solo a me?

S. BIONDA: E che ne so, perché mi guardavi, perché dalla faccia che avevi sembrava che mi stessi ad ascoltare, no?

S. MORA: Se lo dici tu....

S. ROSSA: Mi sa che me ne vado.

S. BIONDA: Vigliacca.

S. ROSSA: A me questa situazione non mi diverte affatto, davvero, in realtà io vengo qui per tenervi compagnia, potrei trattenermi fino all'ora di uscita: mi concentro, mi autosuggestiono, respiro di pancia con delle contrazioni ritmiche del diaframma, cerco il mio equilibrio, e in dieci secondi mi è sparita la voglia.

S. BIONDA: Ma che dici? Proprio tu che sei la più viziosa di tutte, tesoro, la verità è che te la fai

sotto dalla paura, ancora più di me, che non è poco, certo che non mi sembra strano, eh?, perché io, al mio capo so bene come tenerlo a bada (sbava tutte le volte che mi guarda il culo), e se mi riprende, faccio finta di nulla, dopo mi sbottono un po' la camicia e ` gli porto un caffé pagato di tasca mia e così finisce tutto, ma certo che con la tua capa, tesoro, è tutta un'altra cosa; non saprei come fare con lei, certo, la tua capa fa paura, davvero è da farsela addosso, io me la sono sempre fatta addosso con la tua capa, dalla paura, certo.

S. MORA: Bene, ora basta, non so perché tante stupidaggini. Avevamo detto di salire qui perché questo posto non era dentro il palazzo e se qualcuno ci punirà o ci dirà qualcosa, gli ricorderemo che il divieto è all'interno del palazzo, e qui non è dentro ma fuori.

S. ROSSA: Dipende da come si guarda.

S. MORA: Che vuoi dire?

S. ROSSA: Questo non è dentro il palazzo, ma neanche è proprio fuori del palazzo. Dico, è sempre il palazzo.

S. MORA: Se vuoi sapere la verità, con questo freddo e questo vento direi che non rassomiglia per niente a nessun dentro.

S. ROSSA: E poi, la faccenda non ha niente a che fare con il palazzo, carina, ricordati, ma piuttosto con la Ditta, dentro o fuori fa lo stesso, tesoro, si suppone che non siamo viziose né dentro né fuori, o non è così?

S BIONDA: Scusate, ragazze, ma credo che questa discussione sia molto poco interessante.

S. CASTANA: Volete stare zitte.

Pausa

S BIONDA: Stiamo… stiamo già zitte.

Pausa

S CASTANA: Prendete.

La Segretaria Castana tira fuori quattro sigarette da una scatoletta d'oro. Ne offre una alla Segretaria Mora. Se ne mette una in bocca. La Segretaria Bionda ne prende un'altra. Rimane con la quarta sigaretta in mano.

S. CASTANA: La vuoi o no?

Pausa

S. ROSSA: Sì

La Segretaria Rossa prende la sigaretta con una certa violenza

Tutte e quattro accendono le sigarette contemporaneamente con i propri accendini. Fumano. Silenzio

S. ROSSA: Vi ho mentito.

S. BIONDA: Eh?

S. ROSSA: La mia capa non avrà il coraggio di prendersela con me.

S. BIONDA: Perché?

S. ROSSA: Anche lei ha il vizio.

S. BIONDA: Ah, sì?

S. ROSSA: La settimana scorsa le ho trovato un pacchetto dentro la borsa.

S. BIONDA: Un pacchetto! Ed è riuscita a passare il controllo?

S. ROSSA: Sicuramente è sfuggita.

S. BIONDA: E tu, cosa hai fatto?

S. ROSSA: Le dieci e un quarto. Aspetto che vada in bagno, vado verso la sua poltrona, vedo la borsa, apro una delle taschine esterne, scopro il pacchetto, lo prendo, lo apro e lo lascio cadere tra le cartelline e i dischetti. Quando la grandissima figlia di puttana ritorna alle dieci e ventitré dalla sua quotidiana cacchetta delle dieci e un quarto, va direttamente verso la borsa per prendere qualche carta e vede il pacchetto dentro e tutte le sigarette sparse. Ha, ha, ha. Diventò verde, quella schifosa. Alzò la testa ed iniziò a guardare in cagnesco a destra e sinistra. Sicuramente pensava: " mi hanno scoperta, mi hanno beccata, qualcuno del Consiglio mi ha scoperto, mi hanno teso una trappola". Ed eccorni, in piedi, davanti a lei, in attesa dei suoi ordini con un'aria ironica. All'improvviso mi si avvicina con un sorriso nervoso, mi prende per il braccio e mi dice all'orecchio: "potrebbe spiegarmi ancora una volta una di quelle sue teorie sul rilassamento?". Poveretta, voleva sviare.

S BIONDA: Ma continua a farti paura.

S ROSSA: Certo. Ma conosco i suoi segreti.

S BIONDA: Va bene, ma solo uno.

S. MORA (alla Segretaria Bionda): Il tuo capo è salito qui più di una volta. Almeno una. L'altro giorno.

S. BIONDA: Come fai a saperlo?

S. MORA: Me lo ha detto quel ragazzo, quello dei computer.

S. BIONDA: Il programmatore?

S. MORA: Sì. Quando l'ho trovato era appena sceso da qui e stava entrando nel corridoio da una delle uscite d'emergenza. Si è spaventato. E' diventato nervoso, poveretto. Senza che io gli domandassi niente, mi ha detto che era andato ad osservare il panorama col tuo capo, che avevano fatto una scommessa sull'altezza di non so che, dei palazzi, credo. lo mi trattenevo dal ridere perché immaginavo cosa erano stati a fare. Si è accorto che sapevo che stava mentendo. Credo anche che si sia accorto che… che lo trovo molto carino.

S. BIONDA: Il mio capo è completamente fissato con l'altezza delle cose, forse non ti ha mentito, l'informatico. A proposito, anch'io trovo che quello lì sia molto carino.

S. ROSSA: Se si è innervosito, ti stava mentendo. lo non lo trovo affatto carino.

S. MORA: Si è molto innervosito.

S. BIONDA: Per la verità, il mio capo è fissato con un mucchio di cose.

S. ROSSA: Be'. Come tutti quanti.

Pausa

S. BIONDA: NE ha regalato un vestito per il mio compleanno. Si, il mio capo.

Pausa

S. ROSSA: Non so chi mi ha detto che stava divorziando.

S. BIONDA: Di seta naturale.

S. CASTANA: Rimarrei qui per più di un'ora.

S. ROSSA: Uh, bimba, deve essere costosissimo.

S. MORA: Fa troppo freddo.

S. CASTANA: No.

S. BIONDA: Costosissimo.

S. CASTANA: A me piace.

S. BIONDA: Seta naturale, capito? totalmente naturale, dai piedi alla testa, con dei bottoncini d'argento, autentico argento, scusa se è poco.

S. ROSSA: Chi era che non mi capiva quando dicevo che ce ne sono di fortunate?

S. CASTANA: Mi sembra che venga qualcuno.

Silenzio subito; tensione.

S. CASTANA: No. Non viene nessuno.

Pausa. Continuano a fumare.

S BIONDA: Ora ragazze la verità è che ho un problema con quel vestito, ma un problema terribile, gravissimo; vediamo se mi potete aiutare voi, davvero, vi sarei così grata, ma così tanto grata se poteste darmi un’idea, un consiglio una soluzione. Allora, il problema è che non trovo le scarpe. nemmeno la borsa, ragazze, nemmeno la borsa. Voglio dire, che non ho trovato né le scarpe né la borsa che stiano col vestito, è un vestito verde, un verde che è un amore, ma molto strano, rarissimo, un verde indescrivibile, un verde impossibile. Ho passato il sabato scorso a girare tutti i negozi di scarpe del centro, tutte le gallerie commerciali, tutte le boutiques, anche quelle costose, anche le più costose e raffinate di tutte, quelle di superlusso, avrei pagato qualsiasi cosa, perché per scarpe e borse ne ho soldi e non mi importa spenderli perché mi piacciono e me lo posso permettere e poi, ragazze, un giorno è un giorno, punto e basta. ma niente, niente di niente, c'erano soltanto delle scarpe e delle borse nere e io, lo sapete già, tesori miei, odio il nero, non lo sopporto, mi ripugna,nelle scarpe o in una borsa è meno sexy di un ranocchio, quindi non so che fare, ho il vestito bello appeso nell' armadio ed eccomi qui, che non vedo che le scarpe e la borsa, le scarpe e la borsa che non trovo, e non è che il vestito non mi piaccia, eh?, si, si, non è niente male, eh?, mi arriva fin qui, o un dito sopra, fin qui, sa, o fin qui, be', ora non mi ricordo, fin qui?, fin qui?, va bene, è lo stesso, ah! ed è di seta, eh?, di seta autentica e pura praticamente, non ha cuciture, ed è di un disegnatore molto famoso, hui, si famosissimo, si, ora non ricordo come si chiama ma lo conoscono tutti, sí, fa sempre delle cose costosissime e con dei colori stranissimi, anche se il colore è un amore, ve l'ho già detto, ma guarda un po' non s'accozza con nulla, perché non ho trovato né le scarpe né la borsa, nemmeno una giacchina o un cappotto, o un qualsiasi capo che ci stia per portarcelo sopra, insomma, sono disperata e non so cosa fare col vestito. Forse glielo restituisco.

S. ROSSA: Dallo a me.

Pausa

S. BIONDA: I regali non si danno via.

S. MORA: Neanche si restituiscono.

S BIONDA: Sì.

S MORA: No.

S BIONDA: Sì, carina, sì, lo puoi cambiare per un'altra cosa. Devono cambiartelo per un'altra cosa se non ti sta bene o non ti piace.

S ROSSA: Ma se hai appena detto che ti piaceva da morire!

S BIONDA: No signora, scusa, io non ho detto che mi piaceva da morire ma che non era male. S ROSSA: Ma va, sta zitta, bella, sta zitta che mi fai venire il mal di testa.

Pausa

S MORA (alla Segretaria Castana): Che fai? A che pensi? Perché sei così silenziosa? Non soffri di vertigine stando lì? Cosa guardi?

S CASTANA: Guardo.

S MORA: Cosa?

S CASTANA: Niente. La strada. La gente.

S ROSSA: Ha proprio una vista acuta, questa qua.

S CASTANA: Una donna immobile guarda qualcuno dalla finestra di una casa. E' una casa antica, strana, piccola. La donna stava guardando qualcuno della strada.

S ROSSA: Oh, interessante!

S CASTANA: Stava piangendo. Deve sentirsi disgraziata. Sicuramente per colpa sua. E' una donna sposata. Per pura inerzia ha scelto un tipo di vita che non la soddisfa. Si vede costretta ad amare l’uomo che ha scelto ma in realtà non lo ama. Sicuramente la colpa è sua. Per aver scelto ciò che una donna, o un uomo non dovrebbe mai scegliere. Il suo sguardo si perdeva attraverso la finestra. Guarda. Eccola. Ancora. Si aggrappa alle tendine, le separa, guarda ancora la strada. Si. Guarda qualcuno che sta camminando. Chi è? Ah sì. Un uomo. Sì. Guarda. Quello là. E' biondo alto, forte. Lei fissa lo sguardo su di lui, gli occhi ben aperti. Cosa sta facendo? Apre le tendine con un gesto solenne, elegante. L'uomo, per strada, si ferma. Si sente osservato. Lei apre la finestra, si affaccia. Mezzo corpo fuori. L'uomo la guarda. La donna guarda l'uomo. Rimangono immobili a guardarsi. Che strano. Ora lei si tira indietro. Si gira. Entra. Chiude la finestra. Chiude le tendine. Lui attraversa la strada, in fretta, quasi di corsa, dove va? Sì, sì, sta per entrare nella casa, sì, lo sapevo. Entra. Sicuramente non si conoscono. Sicuramente, lui salirà le scale, nervoso, eccitato, e prima di bussare alla sua porta, lei aprirà. Sicuramente senza parlarsi, faranno l'amore come degli animali.

S BIONDA: Ma guarda questa con cosa se ne esce!

S ROSSA (alla Segretaria Bionda): Ma se lo sta inventando.

S BIONDA: Certo, ci mancherebbe altro!

S ROSSA: Ho sempre detto che questa qui ha dei gravi problemi.

S. BIONDA: Sì, sì, anch'io sono d'accordo, ma se non ci riguardano, scusa, che vuoi che ti dica, io me ne frego, ma se ci riguardano, come quello dell'ascensore, allora, scusa, ma non lo posso proprio tollerare.

S. CASTANA: Guardate, guardate. Sono già dentro. Si abbracciano. Si spogliano. Lo sapevo. Come bestie selvaggie.

S. MORA: Non può essere vero, da qui non si vede niente.

S. CASTANA: Sì.

S. MORA: Fammi vedere.

La Segretaria Mora si rivolge verso la ringhiera, inciampa e scivola. La Segretaria Bionda e la Segretaria Rossa si spaventano e gridano istericamente. La Segretaria Castana regge per il braccio la Segretaria Mora, la quale ha quasi mezzo corpo sospeso nel vuoto. La aiuta ad alzarsi.

Tensione.

S. CASTANA: Perché lo hai fatto?

S. MORA: Ma io non ho fatto niente.

S. CASTANA: Perché lo hai fatto?

S. MORA: Sono solo scivolata.

S. BIONDA: Imbecille, non mi piacciono mica questi scherzi! Madonna! Quasi il cuore mi scappa dalla tetta!

S. ROSSA (alla Segretaria Bionda): Ormai non sa più che fare per richiamare l'attenzione! Oddìo, non la sopporto, non la sopporto!

S. BIONDA: ah, ah, oh!

S. ROSSA: Oh, adesso tu non diventare isterica, capito?, non diventare isterica!, respira, concentrati, rilassati, ma non diventare isterica!, mi senti?, non diventare isterica!!!

S. BIONDA: Oh, vuoi star zitta una buona volta!

La Segretaria Bionda schiaffeggia la Segretaria Rossa La Segretaria Mora scoppia a piangere.

S. ROSSA: Dobbiamo tornare.

La Segretaria Rossa esce.

S. BIONDA (alla Segretaria Mora): Ora sarà arrabbiata con me solo per colpa tua!

La Segretaria Bionda esce.

S. CASTANA: Hai spaventato anche me.

S. MORA: Ma cosa c'è, cosa ci sta succedendo?

La Segretaria Castana esce. La Segretaria Mora rimane da sola, a piangere in silenzio. Va verso la ringhiera e guarda in giù, verso lo stesso punto dove prima guardava la Segretaria Castana.

S. MORA: lo non li vedo.

Un forte soffio di vento attraversa con violenza il terrazzo.

SCENA 3

Il Fattorino, da solo.

Si avvicina alla ringhiera. Guarda giù. Urla.

FATTORINO: Americaaaaaa!!!!

Eco

Tira fuori dalla tasca un lettore di musica portatile ("mini‑disc ", "DCC " o similare). Mette un disco, si mette le cuffie. Canta e balla seguendo la canzone che suona nelle cuffie, intermittentemente, a voce molto alta. Si apre la cerniera, mette dentro una mano, cerca, qualcosa tra le mutande. Tira fuori una sigaretta avvolta in carta stagnola. L'accende.

Passa un elicottero proprio sopra il terrazzo, sfiorando il palazzo. Il Fattorino sente il rumore e si toglie le cuffie. Guarda l'elicottero. Si spaventa. Finalmente, l'elicottero si allontana.

FATTORINO: Un giorno uno di questi aggeggi si scontrerà contro un palazzo!!

Istantaneamente si sente un frastuono non molto lontano Esplosione violenta Luce giallastra e rossiccia. Rumore di vetri frantumati. Il Fattorino Locale si avvicina alla ringhiera. Urla.

FATTORINO: Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo!!!

Non sa che fare. Spegne la sigaretta. Va da un lato all'altro. Urla. Guarda dalla ringhiera.

Fumo, confusione. Grida di aiuto. Sirene

FATTORINO: Cazzo, mi sento di svenire, cazzo, svengo, sto per cadere!

Si inginocchia, si aggrappa alla ringhiera e vomita nel vuoto. Si alza. Si siede per terra, tira fiori un'altra sigaretta e l'accende. Il cielo è rosso.

Entra la Direttrice Esecutiva, correndo. Il Fattorino, appena la vede, spegne frettolosamente la sigaretta e la lancia nel vuoto.

DIRETTRICE: Chi è Lei?

FATTORINO: Un fattorino.

DIRETTRICE: Della nostra Ditta?

FATTORINO: Sì.

DIRETTRICE: Cosa è successo?

FATTORINO: Non lo so, io non so niente, credo che sia stato un elicottero, voglio dire, un incidente.

DIRETTRICE: E cosa faceva Lei qui?

FATTORINO: lo? Niente, niente, sono salito per... per... per guardare gli elicotteri...

DIRETTRICE: Se ne vada da qui immediatamente se non vuole che faccia un rapporto negativo su di Lei nel prossimo Consiglio Direttivo della Ditta.

FATTORINO: Si, signora.

Il Fattorino si muove per uscire. Si ferma,

FATTORINO: Ha visto? E' stato forte, vero?

DIRETTRICE: Sì. Molto. Molto. Su, se ne vada. Sicuramente vorranno evacuare il palazzo. Scendo subito anch'io.

Il Fattorino esce.

La Direttrice guarda dappertutto, si avvicina alla porta d'accesso al terrazzo per accertarsi che nessuno stia salendo. Tira fuori una sigaretta da una scatoletta grigia che portava in mano. L'accende. Inspira il fumo con piacere. Si avvicina alla ringhiera e guarda le fiammate causate dall'incidente dell'elicottero nel palazzo accanto.

DIRETTRICE: Oh. Che bello.

SCENA 4

Entrano il Direttore Amministrativo e il Programmatore Informatico. Camminano verso la ringhiera. Si guardano. Il Programmatore Informatico abbraccia il Direttore Amministrativo. Si separano. Si guardano. Il Direttore Amministrativo annuisce con la testa, solennemente. Il Programmatore Informatico si lancia nel vuoto. Urlo. Eco. Il Direttore Amministrativo osserva con assoluta freddezza la caduta.

DIRETTORE: Otto secondi. Circa.

Accende una sigaretta.

SCENA 5

Entra la Segretaria Bionda.

S. BIONDA: E' la prima volta che salgo qui… Ma guarda, che bello.

Pausa.

S. BIONDA: Mi sente?

Pausa.

S. BIONDA: Posso fare una domanda?

Pausa.

S. BIONDA: Mi ascolta o no?

Pausa. Entra il Direttore Amministrativo.

S. BIONDA: Bè, perché mi guarda così?

DIRETTORE: Che domanda è?

S. BIONDA: Mmm... Lei fuma?

DIRETTORE: No.

S BIONDA: Neanch'io.

DIRETTORE: Qui non fuma nessuno, non si ricorda?

S. BIONDA: Sì, sì, certo, certo che me lo ricordo, allora, come non detto, mi scusi, eh?, oddio, non so come mi è venuto in mente di farLe una domanda così stupida? ha, ha, ha...

Pausa.

DIRETTORE: Era quella la domanda che mi voleva fare?

S. BIONDA: Mmm...veramente no.

DIRETTORE: Allora qual'è?

S. BIONDA: Non so se avrò il coraggio... Ma stando qui, fuori dall'ufficio ... Bene, via, si: perché lo ha fatto?

DIRETTORE: Cosa?

S. BIONDA: Il vestito.

DIRETTORE: Non posso rispondere a questa domanda.

S. BIONDA: Perché?

DIRETTORE: Motivi personali.

S. BIONDA: NE scusi, ma non La capisco.

DIRETTORE: Lei non ha niente da capire.

S. BIONDA: E perché no? Ma che cose dice. Guardi, adesso sarò franca ... Un regalo… un regalo è…  un regalo significa... vuol dire che tra chi lo fa e chi lo riceve, quella che lo riceve, voglio dire, che quando una persona regala qualcosa ad un'altra e peggio ancora, o meglio, quando regala qualcosa così personale come un vestito o qualcosa d'intimo, o qualcosa di così personale come un reggiseno o delle mutandine o una giarrettiera o, per esempio, un vestito, o un rossetto o un profumo o qualcosa di così personale e intimo come un vestito, per esempio, allora… ciò che voglio dire è che quando qualcuno fa così in genere, voglio dire, che la cosa più normale e naturale e normalissima del mondo è che lui ed io, voglio dire, tra quello che spende i soldi ed io che ricevo il regalo, allora, la cosa più naturalissima è che fra di loro o fra lui e me, ci sia, come dire, bè , ora non so come dirlo, ha, ha, ha, ecco, niente, credo che ci debba essere una relazione un po' più, un pochino più, come dire, vediamo, più, più, stretta, no?, voglio dire, più... così, vero?, molto più... così di quella che ci possa essere tra una segretaria, per quanto efficiente e intelligente sia, e il suo coso, voglio dire, il suo capo, vero?, voglio dire che...

DIRETTORE: Basta.

S. BIONDA: Ah.

Pausa.

DIRETTORE: Lei è così imbecille.

Pausa.

S. BIONDA: Oh.

DIRETTORE: Così imbecille, così ottusa, così limitata, così patetica... che fa tenerezza.

S. BIONDA: Oh. Non so cosa dire.

DIRETTORE: Allora, stia zitta.

Il Direttore Amministrativo tira fuori una sigaretta e fuma.

S. BIONDA: Ooh!!!!!

DIRETTORE: Che c'è? S. BIONDA: Fuma.!!

DIRETTORE: Le dispiacerebbe pulirsi quei moccoli, per favore? Non è molto gradevole.

S. BIONDA: Lei mi aveva detto....

DIRETTORE: Non solo non è la prima volta che Lei sale qui ma per di più la nicotina Le fuoriesce dalle orecchie, dal naso, dalla bocca, dagli occhi e da tutti gli altri buchi del suo corpo, senza offendere. Ma io non L'ho costretta a venire qui per darLe della viziosa, come avrà già capito anch'io sono un vizioso; nemmeno per chiederLe niente... niente di speciale, mi capisce, mi capisce o non mi capisce, sì o no? Ma L'ho portata fin qui per parlarLe molto seriamente di un errore deplorevole che ha commesso.

S. BIONDA: Quale?

DIRETTORE: Dire alle sue colleghe che Le ho regalato un  vestito.

S. BIONDA: E quello sarebbe un errore deplorevole?

DIRETTORE: Si, senza ombra di dubbio.

S. BIONDA: Senta, e per questo sarei imbecille?

DIRETTORE: No, per questo no, Lei è imbecille in genere.

S. BIONDA: E limitata e patetica?

DIRETTORE: Pure. Lo è stata, lo è e lo sarà sempre

S. BIONDA: Oh.

DIRETTORE: La smetta di piangere una buona volta, La prego.

S. BIONDA: E' che non capisco niente... e quando non capisco niente, allora divento nervosa e mi viene da piangere.

DIRETTORE: Cosa è che non capisce?

S. BIONDA: Perché il fatto di dire che Lei, molto carinamente e gentilmente, mi ha regalato un vestito debba essere un errore, e per di più deplorevole.

DIRETTORE: Perché adesso i miei colleghi, per colpa sua, si sentono costretti a fare lo stesso. Altrimenti, le loro segretarie hanno minacciato di fare sciopero.

S. BIONDA: Hi, hi, hi.

DIRETTORE: Evidentemente, non è piaciuta per niente l'idea, tutti ce l'hanno con me, e addirittura qualcuno di loro ha pensato di punirmi.

S. BIONDA: Hi, hi, hi.

DIRETTORE: Ha mai immaginato ciò che accade quando un corpo cade nel vuoto e si schianta contro il suolo da quasi duecento metri d'altezza?

S. BIONDA: Hi,  hi... No.

DIRETTORE: lo sì…  Scoppia.

S. BIONDA: Huu, sto zitta, sto zitta.

Pausa

S. BIONDA: Scoppia?

DIRETTORE: Sì. Si.

BIONDA: Come l'elicottero di ieri?

DIRETTORE: Peggio, molto peggio, perché scoppia da dentro.

S. BIONDA: Hugg, che schifo, no?

DIRETTORE: Lei è così imbecille.

S. BIONDA: Davvero non vuole niente.... da me?

DIRETTORE: Lei è imbecille ma bella. Ora, sappia che non avrà niente da me. Mai.

S. BIONDA: Si sbaglia. Hui, mi scusi, eh? almeno ho avuto... un vestito.

DIRETTORE: Ah. Sì.

S. BIONDA: Motivi personali, ha detto?

DIRETTORE: Sì.

S. BIONDA: Era un regalo per sua moglie, vero?

Pausa

S. BIONDA: Anzi... ex‑moglie.

Pausa

DIRETTORE: Sì.

Pausa.

S. BIONDA: E' pallido.

DIRETTORE: Fa freddo.

S. BIONDA: Soffre di vertigini?

DIRETTORE: E Lei?

S. BIONDA: Io no.

DIRETTORE: Neanch'io

S. BIONDA: Non è vero

DIRETTORE: Sì.

S. BIONDA: La trovo molto pallido.

DIRETTORE: Mi sento bene.

S. BIONDA: Anch'io.

DIRETTORE: Le ha dato fastidio quello che ho detto?

Pausa.

S. BIONDA: Ah, cosa mi ha detto?

Pausa.

DIRETTORE: Niente.

S. BIONDA: Ah.

DIRETTORE: Davvero sono pallido?

S. BIONDA: Molto.

DIRETTORE: Ho passato una brutta nottata. Ho avuto un incubo. Uno dei programmatori della Ditta si gettava proprio da questa ringhiera giù nel vuoto, davanti a me.

S. BIONDA: Quello che è salito qui con Lei tutta la settimana per fumare?

DIRETTORE: Ah, ci spia pure!

S. BIONDA: lo? Che ne so! Qualcuno mi ha detto qualcosa, non so, ìo non so niente, guardi, senta, io non sono affatto una spia, capito? perché pensa sempre male di me? Che altro succedeva nel sogno? DIRETTORE: Nient'altro.

S. BIONDA: Il suo corpo scoppiava?

DIRETTORE: Sì.

S. BIONDA: Hugg, che schifo, no?

DIRETTORE: lo non vedevo niente.

S.BIONDA: E questo che c'entra con sua moglie? Perché stavamo parlando di lei, no?

DIRETTORE: Non mi ricordo.

Pausa.

DIRETTORE: Scendiamo.

S. BIONDA: No

DIRETTORE: Cosa ha detto?

S. BIONDA: lo? Niente.

DIRETTORE: Non ci metta molto. Abbiamo da lavorare molto.

S. BIONDA: Aspetti.

La Segretaria Bionda va verso di lui, che si stava preparando per uscire, e lo trattiene. Gli mette la mano nella tasca dei pantaloni, tira fuori una sigaretta e un accendino. Accende la sigaretta, gli butta il fumo in faccia e rimette l'accendino in tasca. Il Capo Amministrativo si infastidisce visibilmente.

S. BIONDA: Grazie. Può andare. Scendo subito. Quando avrò finito la sigaretta. Mi da il suo permesso, no? E non dirà niente a nessuno, vero? Grazie. Se per caso ancora non si sente bene, prenda qualche pillola; ne ho un barattolo nella borsa sulla spalliera della mia sedia. Ah, sarà meglio che non scenda in ascensore, l'ascensorista ha il naso molto acuto.

DIRETTORE: Anch'io.

S. BIONDA: Sì, ma lui è uno spione. E Lei no.

DIRETTORE: No.

Il Direttore Amministrativo esce. La Segretaria Bionda va verso la ringhiera. Fuma e guarda il vuoto. All'improvviso, scoppia a ridere. Si contorce. Dopo qualche secondo, smette di ridere bruscamente.

S. BIONDA: Accidenti! Non so più perché ridevo.

Fuma e rimane pensierosa..

SCENA 6

Entrano la Segretaria Mora, la Segretaria Rossa e il Fattorino.

S. MORA: Succede a volte.

FATTORINO: Nemmeno fosse colpa mia!

S. MORA: Ma, perché?

FATTORINO: Te l'ho già detto. Ho pensato: un giorno uno di questi aggeggi si scontrerà contro un palazzo. E guarda un po', non è stato "un giorno" ma proprio in quell'instante, proprio un secondo dopo averlo pensato.

S. MORA: Un caso.

S. ROSSA: lo non credo nel caso.

S. MORA: Ah, no?

S. ROSSA: No.

S. MORA: Allora, a cosa credi?

S. ROSSA: Volete che ve la racconti?

FATTORINO: Raccontare cosa?

S. RO S SA: La mia teoria.

S. MORA: Oh, no.

S. ROSSA: La mia teoria sull'incidente dell'elicottero.

FATTORINO: Va bene, sì, ma se quello che vuoi è spaventarmi...

S. ROSSA: Sedetevi.

S. MORA: Dove?

S. ROSSA: Per terra. E' pulito.

S. MORA: Senti, e se non ci interessasse?

S. ROSSA: Ve la spiegherò lo stesso.

S. MORA: Me ne vado.

FATTORINO: A me interessa davvero.

S. MORA: Certamente, sei il protagonista della storia, vero?

S. ROSSA: Evidentemente.

Pausa. La Segretaria Rossa fissa la Segretaria Mora.

S. ROSSA: Senti, non te ne stavi andando?

S. MORA: Adesso non mi va più.

S. ROSSA: Parlerò ti piaccia o no, quindi fai te.

La Segretaria Mora si siede per terra. Il Fattorino fa altrettanto.

S. ROSSA: Siete pronti? Bene. Allora inizio.

Entra il Programmatore, Tiene in bocca una sigaretta spenta. Appena vede gli altri, la toglie e la nasconde.

PROGRAMMATORE: Scusate.

Pausa.

PROGRAMMATORE: Buon giorno.

S. ROSSA: No, no, non ci disturba. Non si preoccupi, sappiamo da giorni che ha il vizio; stia tranquillo, tranquillo, capito?, vuole sedersi con noi? Stavo per spiegare una teoria interessantissima sul potere telecinesico della mente.

FATTORINO: Tele… cosa? Un attimo, un attimo… e io ci avrei di quella roba lì?

S. MORA: Capirai

PROGRAMMATORE: No, no, La ringrazio tanto; io però stavo cercando...

S. ROSSA: Il Direttore Amministrativo, no? Ma sì, certo, sì, sì. Ormai sappiamo che da una

settimana non fate altro che salire qui, si calmi, stia tranquillo, sappiamo tutto... Non si deve

preoccupare; siamo delle tombe.

PROGRAMMATORE: E sa dove è?

S. ROSSA: E' sceso al trentacinquesimo, nell'ufficio della mia capa. Ultimamente non la finiscono di riunirsi; Lei sa come mai?

PROGRAMMATORE: No.

S. ROSSA: Bene, allora rimane o no?

PROGRAMMATORE: No.

S. ROSSA: Allora se ne vada.

Il Programmatore Informatico esce.

S. ROSSA: Non lo sopporto quello lì.

FATTORINO: E la teoria?

S. MORA: Mi fumerei una sigaretta.

FATTORINO: Sì!, anch'io

S. MORA: Ne hai?

FATTORINO: Si.

Il Fattorino tira fuori un paio di sigarette dai calzini. Ne da una alla Segretaria Mora. Le accendono.

S. ROSSA: Be', allora, Volete ascoltarmi, si o no?

Rientra il Programmatore Informatico.

PROGRAMMATORE: Ma, in realtà... lo veramente non cercavo il Direttore Amministrativo; ero salito per...

S. ROSSA: Per fumare.

PROGRAMMATORE: No. no. Be'... sì. Ma anche per... per respirare. Non sopporto l'aria condizionata; credo di essere allergico all'aria condizionata, specialmente a quella dei nostri uffici; quella è aria condizionata aromatica; credo di essere allergico all'aroma piuttosto che all'aria in sé; è aroma di bosco, aroma silvestre, credo.

S. ROSSA: Ma ci farebbe il piacere di star zitto? Non si rende conto di interrompere?

La Segretaria Mora si alza. Il Programmatore si mette la sigaretta in bocca.

S. ROSSA: E ora te, perché ti sei alzata, se si può sapere?

S. MORA: Mi fanno male le gambe.

FATTORINO (al Programmatore): Vuole accendere?

PROGRAMMATORE: No. Ce l'ho. Grazie.

S. ROSSA: Mi ascoltate o non mi ascoltate?

PROGRAMMATORE: Continuate, continuate, non vi preoccupate per me, me ne vado in un angolo dove non potrò sentirvi.

S. ROSSA (alla Segretaria Mora): Tu, siedi.

S. MORA: E se non voglio?

S. ROSSA: Vai via.

La Segretaria Mora si siede, guardando sempre il Programmatore, il quale si è allontanato verso un angolo, si è appoggiato con precauzione alla ringhiera e ha acceso la sigaretta.

S. ROSSA: Be'. Via. La mia teoria è questa...

Improvvisamente entra la Direttrice Esecutiva.

DIRETTRICE: Qualcuno ha visto il Direttore Amministrativo?

Rapidamente, il Programmatore, la Segretaria Mora e il Fattorino spengono le loro sigarette e le nascondono.

PROGRAMMATORE: No. Qui non c'è.

DIRETTRICE: Infatti, non sono cieca.

S. ROSSA: Ma un momento fa era nel suo ufficio...

DIRETTRICE: E tu cosa fai qui?

S. ROSSA: lo? Sono venuta a... a prendere un po' d'aria; be' sono un po' allergica all'aria condizionata aromatica silvestre di bosco, e siccome lei aveva una di quelle riunioni per le quali non ha nessun bisogno di me, allora ho pensato che...

DIRETTRICE: Basta. Allora non lo avete visto. M aveva detto che andava un momento al bagno ma sono già passati venti minuti e non torna...

S. MORA: Sarà stitico.

DIRETTRICE: Chi lo ha detto?

S. MORA: lo.

DIRETTRICE: E Lei chi è?

S. MORA: Segretaria del Direttore del Personale.

DIRETTRICE: Della nostra Ditta?

S. MORA: Sì.

DIRETTRICE: Ah. Non la conoscevo. Piacere. Me ne vado (Alla Segretaria Rossa) E te, ti aspetto nello studio fra due minuti. Arrivederci.

La Direttrice Esecutiva esce. Immediatamente, il Programmatore, la Segretaria Mora e il Fattorino accendono le sigarette.

FATTORINO: Che donna.

S. ROSSA: Non è una donna. E' un mostro. Una macchina. E ora, la mia teoria.

S. MORA(al Programmatore) : Non Le fa paura guardare giù?

S. ROSSA: Zitta!!

Pausa.

S. ROSSA: Bene. Molto bene. Incomincio. La mia teoria è questa: Tutti abbiamo un'energia smisurata qui dentro, nella testa, anzi, nel cervello, e non sappiamo controllarla, non sappiamo dominarla, non siamo in grado di manipolarla secondo la nostra volontà. Molte volte, o qualche volta, dipende da chi, un desiderio occulto, inconfessabile, forse incosciente, ha tanta forza mentale, tanta forza energetica pura incommensurabile, tanta forza bruta insospettata eterea metafisica (dammi una sigaretta,  comincio a riscaldarmi... grazie) tanta che quell' energia, che si è concentrata, condensandosi, esce improvvisamente dalla nostra testa come uno spruzzo per non causare una esplosione interna, cioè, un' embolia; e questa è la causa di fenomeni strani come gli incidenti, le disgrazie, le tragedie, le morti di persone che odiamo.

FATTORINO: Cosa? Ciò che vuoi dire è che sono stato io il colpevole di...? Ma io non odiavo nessuno... Non so nemmeno chi pilotasse l'elicottero... Non conoscevo nessuno dei centotrentasette

morti. Va bene, forse conoscevo qualcuno, ma di vista, per averli visti per strada, tutto qui. E poi, io non voglio fare del male a nessuno. Ma se non sono neanche capace di far del male a una mosca! S. ROSSA: Questo lo credi tu.

S. MORA(al Programmatore): Non Le fa paura guardare giù?

PROGRAMMATORE: Come?

S. MORA: Non Le fa paura appoggiarsi alla ringhiera?

S. ROSSA: Senti, bellezza, mi stai boicottando, o che?

S. MORA: Cosa? Ah, no, scusa. E' la tua teoria che non mi convince, mi lasci passare?

La Segretaria Mora si alza con l'intenzione di andare verso il Programmatore. La Segretaria Rossa, sfidandola, lascia cadere la sigaretta ai piedi della Segretaria Mora e la schiaccia con il piede. La Segretaria Mora ride e va verso il Programmatore. Il Fattorino rimane accanto alla Segretaria Rossa. E' nervoso Per il fatto di trovarsi da solo con lei.

S. MORA: Non soffre di vertigini?

PROGRAMMATORE: Un po'. Proprio per questo mi affaccio così per vincerla. Per sconfiggere la paura.

S. MORA: L'altro giorno stavo per cadere.

S. ROSSA (al Fattorino): Vuolerimorchiarlo.

FATTORINO: E a me che me ne frega.

S. MORA: Proprio qui. Sono scivolata. Mi sono spaventata da morire. Questa ringhiera non è molto sicura.

PROGRAMMATORE: Invece si.

S. ROSSA(al Fattorino): Me ne sono accorta subito. Guarda come lo sta fissando, se lo mangia con gli occhi quella...

FATTORINO: Me ne vado.

S. ROSSA: Aspetta, dai, non ho finito ancora di raccontarti...

FATTORINO: Ho lavoro da fare, sai?

S. ROSSA: Ti faccio paura o che?

FATTORINO: Mmmm... si.

PROGRAMMATORE: Le fa paura?

S. MORA: Si.

PROGRAMMATORE: Abbia fiducia. Venga con me.

S. ROSSA: Oh, oh. Ormai sono quasi uno sull'altro!

FATTORINO: Ebbene, sì, mi fai paura, sai?, molta paura, perché, perché, perché, perché sei bellona e mi piacerebbe scoparti. Via, te l'ho detto. Uf, ora sono tranquillo. Ormai posso andarmene.

S. ROSSA: Per favore, non mi lasciare da sola.

PROGRAMMATORE: Vede? Vero che ormai non le fa più paura?

S. MORA: No, perché mi regge Lei.

FATTORINO: Vuoi uscire con me stasera?

S. ROSSA: Senti, ragazzo, vuoi chiudere il becco? non mi fai sentire quello che stanno dicendo. FATTORINO: Che te ne frega?

PROGRAMMATORE: La sua collega è un po' strana.

S. MORA: Chi? quella?

PROGRAMMATORE: Si.

S. MORA: Non ha niente di strano. E' solo un'isterica.

FATTORINO: 0 esci con me stasera o mene vado, capito?

S. ROSSA: Shhht.

S. MORA: Vuole uscire con me stasera?

PROGRAMMATORE: Che? Per fare cosa?

S. MORA: Non so. Per parlare. Per andare a cena. Per...

PROGRAMMATORE: Posso portare anche mia moglie?

S. MORA: No.

PROGRAMMATORE: Allora no.

S. ROSSA: Puttana.

FATTORINO: Tu sei pazza.

S. MORA: Oh, se avessi coraggio adesso mi butterei giù.

PROGRAMMATORE: Ma cosa dice? Perché?

S. MORA: Per la vergogna che sento. Lei penserà che faccio queste proposte a chiunque. PROGRAMMATORE: Non penso niente.

S. MORA: Non pensi che sono innamorata di Lei, io volevo soltanto...

PROGRAMMATORE: Si calmi.

S. MORA: Davvero pensa di me che sono una...

S. ROSSA: ... una puttana, ecco quello che è!

FATTORINO: Be', basta, peggio per te.

Il Fattorino sputa ai piedi della Segretaria Rossa, Le rivolge un gesto osceno e se ne va via di corsa.

PROGRAMMATORE (alla Segretaria Rossa): Si puòavvicinare, se vuole; così ci sentirà molto meglio. S. ROSSA: Scusi? Parla con me? No, ma io veramente me ne stavo andando...

S. MORA: Ah, sì?

S. ROSSA: Sì.

S MORA: Bugiarda, ripugnante figlia di puttana, schifosa, gelosa, gelosa di merda, allora te ne stavi andando, eh? stronza invidiosa, ma se non ci hai tolto gli occhi di dosso e hai detto che ti stava sui coglioni; prima hai detto "non sopporto quello lì" e adesso te lo stavi mangiando con gli occhi, vigliacca, bugiarda, magari un colpo di vento ti gettasse giù e ti schiantassi a terra e ti scoppiasse il

corpo in mille pezzi, tutta una esplosione, tutta un mucchio di carne, bugiarda, ignorante, ottusa, stronza, esoterica di merda!!

La Segretaria Mora esce di corsa.

S. ROSSA (al Programmatore Informatico): Me la da una sigaretta?

PROGRAMMATORE: Mi è rimasta solo questa.

S. ROSSA: Mi da un tiro?

PROGRAMMATORE: No. Sono un po' schizzinoso.

ROSSA: Lei non mi è simpatico per niente.

PROGRAMMATORE: Già.

S. ROSSA: Vuole che Le spieghi le mie teorie?

Il Programmatore lancia la sigaretta nel vuoto ed esce. La Segretaria Rossa si appoggia alla ringhiera e guarda il vuoto.

S. ROSSA: Succedono delle cose veramente strane quando la gente si odia.

All'improvviso, una forte raffica di vento attraversa il terrazzo. La Segretaria Rossa si spaventa e si aggrappa con forza alla ringhiera.

S. ROSSA: Oddìo, non voglio cadere, non voglio cadere, oh, Dìo non lo permettere, Dìo mio, aiutami, ti prego, abbi pietà di me, Dìo misericordioso!!!

SCENA 7

Entrano il Direttore Amministrativo, la Segretaria Castana e la Direttrice Esecutiva.

DIRETTRICE: Qui non ci può sentire nessuno.

S. CASTANA: Non sarei così sicura. Ultimamente c'è più traffico qui che negli ascensori.

Il Direttore Amministrativo offre sigarette.

DIRETTORE: Ne volete una?

DIRETTRICE: Che? Non siamo saliti qui per... per fumare. E poi, io non fumo, neanche lei fuma, solo tu infrangi le regole e non ti denuncio perché siamo amici, lo sai, non siamo saliti qui per divertirci...

DIRETTORE: Ma...

DIRETTRICE: Ma per lavorare.

S. CASTANA: lo sì fumo.

DIRETTRICE: Ah, e fumare non La distrae?

S. CASTANA: Assolutamente no.

DIRETTRICE: Se è così, allora può fumare.

DIRETTORE: Ed io?

DIRETTRICE: Fai quello che vuoi, sono affari tuoi.

DIRETTORE: Tenga. S. CASTANA: Grazie.

DIRETTORE: Non si preoccupi, me la pagherà dopo.

S. CASTANA: Grazie.

Il Direttore Amministrativo e la Segretaria Castana accendono le sigarette.

DIRETTRICE: Allora? Avete finito? Benissimo. Suppongo che si domanderà perché l'abbiamo convocata.

S. CASTANA: Si

DIRETTRICE: Suppongo che vorrà una spiegazione.

S. CASTANA: Non mi sento molto a mio agio.

DIRETTORE: Non mi sorprende.

DIRETTRICE: Posso continuare? Grazie. Bene. So che quello che stiamo per proporle La sorprenderà. Dunque, si tratta di...

La Direttrice Esecutiva guarda le sigarette della Segretaria Castana e del Direttore Amministrativo

DIRETTRICE: Ah! Ora non so come spiegarlo, anch'io sono un po' nervosa, via, spiegaglielo tu! DIRETTORE: lo?

DIRETTRICE: Sì, tu! Comincia dall'inizio. O no. Da lei, inizia da lei, spiegale perché abbiamo scelto lei.

DIRETTORE: Da quanto è intelligente, ormai sicuramente se lo immagina.

S. CASTANA: Non immagino niente, non so di cosa mi state parlando, e non so su cosa si basi per pensare che io sia intelligente.

DIRETTORE: Be' ... Abbiamo scelto lei per esclusione. Il campo delle segretarie della Ditta è molto limitato. Non brillano particolarmente per le loro capacità. La mia è poco più di una ritardata mentale. Inoltre, è falsa, grossolana, incolta, si veste male, ha le unghie lunghe, con troppo smalto e si vuole intrufolare nel mio letto come una volgare prostituta per ottenere un posto più alto nella Ditta; quanto è ingenua, poveretta, non so che posto potrebbe occupare con la sua inesistente capacità mentale. Ho sempre avuto la curiosità di sapere come sia riuscita a passare il Controllo Minime Capacità. Forse, infilandosi nel letto del Capo della Selezione del Personale. Dovremmo analizzare a fondo questo tipo di irregolarità e portare il caso in discussione nel prossimo Consiglio Esecutivo.

DIRETTRICE: Non c'è bisogno. L'ho fatto io, proprio ieri. Lo hanno appena destituito un'ora fa. Il suo posto è vacante. Maschilista schifoso. L'ho trovato nei bagni uni momento fa. Era ridicolo. Stava vomitando.

DIRETTORE: Poveretto.

DIRETTRICE: Poveretto? Non mi dire che adesso ti fa pena, quel maiale?

DIRETTORE: In fondo è una brava persona. Forse non si doveva arrivare a tanto.

DIRETTRICE: Basta, chiuso l'argomento.

DIRETTORE: Che?

DIRETTRICE: Torniamo a noi.

DIRETTORE: Ah, già. Di cosa ... parlavamo?

S. CASTANA: Della ... inefficienza della sua segretaria.

DIRETTORE: Ah, sì. Appunto, la conosce?

S. CASTANA: Sì. La mora.

DIRETTORE: No. E' bionda

S. CASTANA: No. E' mora. Tinta di biondo.

DIRETTRICE: Ah, ah, ah.

DIRETTORE: Si, bene..ecco. Abbiamo bisogno di una segretaria efficiente, intelligente. Quindi, la mia è scartata.

DIRETTRICE: Anche la mia.

S. CASTANA: La stupida.

DIRETTRICE: Come?

S. CASTANA: La rossa.

DIRETTRICE: Sì.

S. CASTANA: E' che la chiamiamo "la stupida".

DIRETTRICE: Ah. Non lo sapevo.

S. CASTANA: Anche lei è mora.

DIRETTRICE: Oh. Lei sa tutto...

S. CASTANA: No.

DIRETTRICE: Dunque, allora... quello che succede con la mia, a parte la stupidità come dice Lei, è che ha dei gravi problemi... come dire?... psicologici.

S. CASTANA: Ah, sì?

DIRETTRICE: Sì. Confonde la competitività con la guerra, il dialogo con la lotta. Inoltre... so che adesso sarò un poco indiscreta, non lo sa nessuno, mi sembra, soltanto io, me lo ha confessato l'altro giorno... inoltre... è credente.

DIRETTORE: Ah. Questo non me lo avevi detto.

DIRETTRICE: Eh sì. Ad ogni modo, non è inefficiente, anzi, è sveglia, veloce, un po' nervosa ma efficace, puntuale e molto dinamica. Il problema viene quando si rilassa e si lascia andare alle sue fantasie (lei le chiama sempre "teorie").

S. CASTANA: Non la capisco.

DIRETTRICE: Il problema viene quando lei deve pensare da sola. Quando il lavoro non è più meccanico ma riflessivo. Non so spiegarmi. Le segretarie, secondo il mio modesto parere, devono anche riflettere, beh, a loro modo, certamente. Devono saper valutare lo stato d'animo dei loro superiori e agire di conseguenza. Se hanno la testa piena di teorie astratte, impersonali, esoteriche, rituali, se credono alla predestinazione e ad entità superiori che ci dominano, non fanno niente per tentare di cambiare il corso degli eventi e diventano come lei: una fissata dell'ordine costituito, inflessibile e incapace di cambiare le cose per aprire nuove prospettive che vadano al di là del lavoro quotidiano e noioso tipico della segretaria, cioè, diventano reazionarie, conservatrici pure. lo ho bisogno, noi abbiamo bisogno di un'altra cosa. Una testa, una sensibilità, un carattere, una persona. E non di una macchina rimbambita dal peso dell'ordine e della tradizione.

S. CASTANA: Non capisco dove vuole arrivare.

DIRETTRICE: Certo che lo capisce. Lo sospetta ma non si azzarda a domandarlo. Voglio, vogliamo... staccarci dalla Ditta e crearne un'altra nuova, senza l'angoscia del guadagno, per piacere, per il piacere di sapersi protagonista di un'avventura, senza dipendere da un mostro impersonale e divoratore, vogliamo una ditta piccola, a nostra misura, ma intelligente, con gente intelligente, per un lavoro intelligente e un risultato intelligente, senza altra ambizione che quella di essere felici, senza dover rendere conto a nessuno, non essere una parte infima e spersonalizzata di niente e di nessuno, una ditta intelligente e piccola ma profondamente appassionante.

S. CASTANA: Non so perché volete me.

DIRETTORE: Ci piace.

S. CASTANA: Come fate a dirlo?

DIRETTRICE: Lo sappiamo.

S. CASTANA: Chi vi ha parlato di me?

DIRETTORE: Tutti parlano di Lei. Dal primo giorno che entrò in Ditta. Tutti noi invidiamo il suo capo. Addirittura lo stesso Direttore Generale invidia il suo capo.

DIRETTRICE: Tutti la invidiano.

S. CASTANA: Tutti?

DIRETTRICE: Tutte le sue colleghe. Tutti la vogliono. Lei è la... l'impiegata modello, l'impiegata di moda!

S. CASTANA: lo non valgo niente. Nella mia testa c'è solo una confusione di idee e sono strana.

Pausa.

S. CASTANA: Non so fare niente.

Pausa.

S. CASTANA: Sono solo buona a pensare e divagare. Pensare a cose senza senso.

DIRETTRICE: Stupendo!!! E' proprio quello che cerchiamo.

DIRETTORE: Non qualcuno che lotta per qualcosa, ma qualcuno che lotta per non essere nessuno.

S. CASTANA: Non capisco niente. lo non lotto per non essere nessuno. lo, semplicemente, non sono nessuno.

DIRETTRICE: Ah, Lei è straordinaria!!!!

S. CASTANA: Suppongo che non ve ne andrete da qui finchè tutte le pratiche della ditta che volete creare non saranno a posto?

DIRETTRICE: Si.

S. CASTANA: Ciò significa mesi,

DIRETTRICE: E' tutto sotto controllo: sedici mesi.

S. CASTANA: Guardate, un uccello...

Pausa.

S. CASTANA: Immagino che vorrete mantenere il segreto per questi sedici mesi.

DIRETTRICE: Naturalmente.

S. CASTANA: lo potrei...

DIRETTRICE: Non lo farà.

S. CASTANA: No. Non abbia paura. Non ho alcuna intenzione di dire niente. Ma non accetto di far parte del suo progetto schifoso.

Pausa.

DIRETTRICE: Schifoso?

DIRETTORE: Si trova a suo agio nella Ditta?

S. CASTANA: No.

DIRETTORE: Allora...?

DIRETTRICE: Senta, senta, senta, senta noi vogliamo qualcosa di nuovo, autonomo, piccolo, libero, autogestito, creativo; in fondo si tratta di un progetto ambizioso; non si sbagli. A noi non piace come sì conducono gli affari qui; qui è tutto ampolloso, impersonale, grigio, ripetitivo. Quello che noi vogliamo è l'avventura, il rischio, l'emozione, l'illusione, la passione, non lo capisce?

S. CASTANA: No. Ciò che volete è...

Pausa.

DIRETTORE: Cosa?

S. CASTANA: Non so come dirlo.

DIRETTRICE: Che le succede?

S. CASTANA: Guardate, un altro uccello.

Pausa.

S. CASTANA: Quello era maschio e questo femmina. Di razze diverse. Hanno delle razze, gli uccelli? Sì. Hanno delle razze. Sapete? quei due uccelli di diverse razze, si sono fatti un nido per tutti e due. Guardate. Volano. Si precipitano nel vuoto in caduta libera e a un palmo dal suolo risalgono in alto sfidando la legge di gravità. Per questo sono uccelli. Se io mi lanciassi, non potrei fare lo stesso. A un palmo dal suolo, io non potrei cambiare la traiettoria della caduta per evitare di schiantarmi al suolo. Non potrei. Non posso fare niente contro la legge di gravità. Quindi, so di non essere un uccello.

Pausa.

Neanche voi. Anche se non c'è dubbio che siete di una razza molto diversa dalla mia.

La Segretaria Castana esce.

DIRETTORE: E' pazza.

DIRETTRICE: Mi piace da morire!!!! Oh, ho bisogno di fumare, ho bisogno di fumare, fumare, fumare, fumare!

DIRETTORE: Come? Tu fumi?

DIRETTRICE: Si, io fumo, allora? Non fumi tu? Be' anch'io, perché?, hai qualcosa contro il fatto che anch'io fumi? eh?

DIRETTORE: No, no, niente, niente, non c'è bisogno di urlare.

Il Direttore Amministrativo le da una sigaretta e da accendere.

DIRETTRICE: Voglio lei.

DIRETTORE: Eh?

DIRETTRICE: Voglio lei.

DIRETTORE: Sei sicura?

DIRETTRICE: Tu no?

DIRETTORE: Non so... Sì.

DIRETTRICE: lo so volare.

DIRETTORE: Cosa?

DIRETTRICE: lo so volare.

DIRETTORE: Me ne vado.

Il Direttore Amministrativo esce. La Direttrice Esecutiva si avvicina alla ringhiera.

DIRETTRICE: lo so volare, io so volare, io so volare, io so volare, io so volare...

La Direttrice Esecutiva si mette la sigaretta in bocca, si affaccia per metà all'esterno appoggiando la vita contro la ringhiera, apre le braccia a croce e chiude gli occhi.

SCENA 8

Entrano il Programmatore Informatico e il Fattorino.

FATTORINO: Oggi posso stare qui tutto il pomeriggio. Non c'è lavoro. Non c'è lavoro per me. Nessuno spedisce più pacchi. Inviano solo lettere. E i fax non si rompono mai. Se un giorno il servizio postale dovesse migliorare mi licenzieranno. E se mi licenziano non saprei cosa fare. Non so fare altro. Non so fare niente. Soltanto portare documenti e pacchi da una parte all'altra della città il più rapidamente possibile. Mi piace il mio lavoro ma ... non ha un futuro. Invece Lei ... Perché non mi da lezioni d'informatica?

PROGRAMMATORE: Non ho tempo.

Il Fattorino offre da fumare al Programmatore Informatico. Fumano.

FATTORINO: Peccato.

Pausa.

 PROGRAMMATORE: Posso farLe una domanda?

FATTORINO: Sì.

PROGRAMMATORE: Come mi trova?

FATTORINO: Come?

PROGRAMMATORE: Come mi trova Lei.

FATTORINO: Ma… che ne so, simpatico, normale.

PROGRAMMATORE: Voglio dire, fisicamente.

FATTORINO: Ah... ma, perché me lo domanda?

PROGRAMMATORE: Non so. Sono preoccupato.

FATTORINO: Ah.

PROGRAMMATORE: Fissato.

FATTORINO: Su cosa?

PROGRAMMATORE: Sul mio fisico.

FATTORINO: Ah già. Non mi intendo di queste cose.

PROGRAMMATORE: Peccato.

FATTORINO: Se vuole, vado a cercare mio fratello.

PROGRAMMATORE: Suo fratello?

FATTORINO: Bè, lui è un esperto in materia di fisico.

PROGRAMMATORE: Non lo conosco.

FATTORINO: Ma si che lo conosce. E' il fisionomista(?) del turno pomeridiano

PROGRAMMATORE: Ah si? Non vi rassomigliate per niente.

FATTORINO: Siamo fratelli per parte di madre.

PROGRAMMATORE: Già.

FATTORINO: Vado a cercarlo?

PROGRAMMATORE: No, non si disturbi.

Pausa.

PROGRAMMATORE: Così Lei non sa dirmi se mi trova bello o no? FATTORINO: Ma perché La preoccupa?

PROGRAMMATORE: Perché, perché, perché ultimamente le donne mi perseguitano, specialmente le segretarie della Ditta, tutte mi inseguono, mi cercano in continuazione, a volte soltanto mi disturbano per delle sciocchezze, problemi inventati, sono capaci addirittura di cancellare un programma apposta o bloccare le tastiere‑ allora mi chiamano, arrivo e loro mi saltano addosso, mi si appiccicano come delle zecche, mi parlano a bassa voce, mi spogliano con gli occhi, e io mi sento male, mi sento ridicolo, mi viene voglia di scappare di corsa, di fuggire, perché non capisco niente... perché io non mi considero affatto attraente.

FATTORINO: Ora che lo dice, per la verità, io, Lei, La trovo bruttissimo. PROGRAMMATORE: Vede?

FATTORINO: Dico sul serio, eh? Non so se il mio parere Le sarà d'aiuto.

PROGRAMMATORE: Si; conferma la mia idea.

FATTORINO: Quale?

PROGRAMMATORE: Che più uno si trova brutto, più piace agli altri.

FATTORINO: ah, ah, ah, un'idea molto originale.

PROGRAMMATORE: Anche a me piace il mio lavoro, ma se servo solo a placare gli impulsi erotici di venti o trenta ninfomani, dovrò pensarci bene e agire drasticamente.

FATTORINO: Senta, senta, perché non ne approfitta della situazione?

PROGRAMMATORE: Non posso, sono sposato.

FATTORINO: E allora?

PROGRAMMATORE: Ma non lo capisce? Sono sposato. Ho una moglie, ho una moglie, sono normale, sono monogamo, sa?, come i pappagalli. Mia moglie è mia moglie e lei è l'unica, capisce? Non posso immaginarmi con un'altra che non sia lei, le cancella tutte, capisce? perché non è una donna qualsiasi, perché io mi trovo sempre brutto, ma curiosamente con lei, guardi un po', mi sento attraente; so che è difficile capire quello che sto dicendo.

FATTORINO: Eh sì; un pochino. Se io fossi al suo posto... mah, me le facevo tutte, Lei mi capisce. Specialmente la rossa, cazzo!, mi manda di fuori.

PROGRAMMATORE: E' una isterica.

FATTORINO: Si, diventa un po' noiosa quando ti spiega le sue sciocchezze, e crede di essere più intelligente di te e di tutti e ti parla delle cose del mondo, della vita, dell'aldilà e dell'aldiquà, ma io non le do retta, né la ascolto, la guardo soltanto, e se io fossi al Suo posto, vorrei che le si rompesse il computer ogni cinque minuti e così glielo rimetterei a posto e approffitando dell'occasione le farei qualche altro favore. Me la scoperei tutta, via.

PROGRAMMATORE: Lei è molto giovane.

FATTORINO: Anche Lei.

PROGRAMMATORE: Mi trova giovane?

FATTORINO: Ma certo. Senta, senta, non mi può dare lezioni d'informatica? In cambio, Le offro un Corso Accelerato di Dominio Sessuale Segretariale. Ah, ah, ah. Scherzo, eh?

PROGRAMMATORE: lo non lo trovo divertente.

FATTORINO: Mi scusi.

Il Fattorino si mette la cuffia. Il Programmatore Informatico tira fuori un mucchio di carte dalla tasca della giacca, va verso la ringhiera e inizia a romperle in mille pezzi.

FATTORINO: America!!… Ma che fa?

PROGRAMMATORE: Cosa?

FATTORINO: Che sono quelle carte?

PROGRAMMATORE: Ah queste? Lettere d'amore dalle segretarie.

FATTORINO: Me ne dia un po', così La aiuto, e non si preoccupi; Gliel'ho già detto; io, Lei, La trovo brutto alla grande, capito?

PROGRAMMATORE: Grazie.

Il Fattorino prende un po' di carte e mette la cuffia al Programmatore Informatico.

PROGRAMMATORE: America!!

FATTORINO: He, he, he.

Fanno a pezzettini le carte e le lanciano nel vuoto. Anziché cadere, i pezzi volano e salgono. Il Programmatore Informatico si china pericolosamente sulla ringhiera e tenta di far cascare i pezzi. Il Fattorino si spaventa.

PROGRAMMATORE: Non cadono, non cadono!!

FATTORINO: Eh!!

PROGRAMMATORE: Che c'è?

FATTORINO: Non si butti!

PROGRAMMATORE: Ma cosa dice? Buttarmi? Sono disperato ma mica a questo punto, eh!

FATTORINO: Ah. Ufl

Ridono. Si danno cinque. Rumore di sirene.

SCENA 9

Entra la Segretaria Mora piangendo. Va verso la ringhiera. Tira fuori una sigaretta e fuma.

Entra la Segretaria Castana.

S. MORA: Mi hanno cambiato di reparto.

S. CASTANA: Lo so.

S. MORA: Hanno licenziato il mio capo.

S. CASTANA: Lo so.

............................................................................................... S. MORA: Lo accusano di abuso d'ufficio, corruzione, molestie sessuali… non capisco queste parole.

S. CASTANA: lo si. E' tutto vero.

S. MORA: Non mi importa. E' un brav'uomo.

S. CASTANA: Era malato, era un ossesso.

S. MORA:Io lo stimo... perché dici era, era?

S. CASTANA: Non starmi a sentire.

S. MORA: La vuoi una sigaretta?

S. CASTANA: Si.

S. MORA: Tieni.

S. CASTANA: Grazie.

S. MORA: Sei così strana, così... A volte mi fai...

S. CASTANA: Mi sa che viene qualcuno.

Pausa

S. CASTANA: No. Non viene nessuno. Avevo sentito un rumore.

S. MORA: lo no.

Rumore di vetri rotti. La Segretaria Castana guarda giù, dalla ringhiera.

S. CASTANA: Guarda, qualcuno ha rotto un vetro, guarda!!!

S. MORA: E' il mio ufficio!

S. CASTANA: E' lui, il tuo capo, si affaccia all'esterno, guarda, sta uscendo fuori!

S. MORA: Cosa vuol fare?

S. CASTANA: Sta guardando giù!

S. MORA: Ma cosa fa? Non lo ferma nessuno?

S. CASTANA: Ci sta pensando.

Si sente un urlo lungo, profondo. Caduta. Eco.

S. CASTANA: Ecco fatto.

S. MORA: Si è buttato!

S. CASTANA: Era un ossesso, un ossesso, era malato.

S. MORA: Lo stimavo.

S. CASTANA: Mi fa male la testa.

Pausa.

S. CASTANA: Pover'uomo. Quanto ti devo per la sigaretta?

S. MORA: Niente. E' un regalo.

Entra di corsa il Direttore Amministrativo. Guarda la Segretaria Mora.

DIRETTORE: Ah.... lo avete visto?... un mio collega... il suo capo... si è... si è... lo avete visto?... no… non ho potuto fare niente per fermarlo.

S. MORA: Lei ha tentato di impedirglielo?

DIRETTORE: Si. Ma non ho potuto fare niente. Niente.

S. MORA: Grazie.

Il Direttore Amministrativo e la Segretaria Mora si guardano. Silenzio.

DIRETTORE: Potrebbe... potrebbe offrirmi... per favore, ne ho bisogno, sono qui perché ne ho bisogno… una sigaretta?

La Segretaria Mora scoppia a piangere. Il Direttore Amministrativo la abbraccia.

S. CASTANA: Dovrebbe piovere.

SCENA 10

La Segretaria Rossa sta guardando il vuoto, fumando. Entra silenziosamente la Segretaria Bionda, si mette dietro la Segretaria Rossa, senza che questa se m accorga.

S. BIONDA: Uh!

S. ROSSA: Ah, che spavento!!

S. BIONDA: L'ho fatto apposta.

S. ROSSA: Stupida.

S. BIONDA: Senti chi parla.

S. ROSSA: Ma non vedi che sarei potuta cadere, imbecille?

S. BIONDA: Madonna, ma era solo uno scherzo affettuoso, bambina mia.

S. ROSSA: Uno scherzo affettuoso?

S. BIONDA: Ti piace guardare giù?

S. ROSSA: Si. Così alleno la meditazione.

S. BIONDA: Ah. Ma, a me non succede nulla, né paura, né ridere, né meditazione. Guarda, vedi? l'altro giorno ero qui, così, e pensavo: se cadessi mi ammazzerei. La gente direbbe:è caduta, poverina. O forse: si è buttata, come quell'imbecille del Capo Selezione del Personale, che si è schiantato come una frittata, poveretto. No, no, non fa per me questo di buttarmi giù, vero?

S. ROSSA: No. A te quello che fa per te è che ti butti giù qualcuno.

S. BIONDA: Ehi, bimba, hai un senso dell'humor così particolare.

S. ROSSA: lo non ho senso dell'humor, bella.

S BIONDA: Va bene, allora immagina che tu adesso non ci sei qui, e io sono sola, e per un caso totalmente inevitabile e totalmente sciocco, e totalmente eccetera eccetera, salgo qui per guardare per esempio, come passano gli aerei, e guarda un po', scivolo come quella idiota l'altro giorno, ma non apposta come lei (tu stessa hai detto che lo fece per richiamare l'attenzione, quella mediocre) ma perché si, perché, perché, perché il pavimento per esempio fa scivolare, per fare. Allora cosa succederebbe? Che cascherei e mi schianterei il muso al suolo e mi ammazzerei, no?, e allora tutti direbbero che mi sarei buttata apposta, e cercherebbero mille motivi per il mio, il mio, il mio lancio (si dice così?): che era una delle amanti del Capo Selezione, che era cotta del suo capo, che era una sporca invidiosa delle altre segretarie, in particolare di quella delle Pubbliche Relazioni, che era una viziosa e l'avevano scoperta a fumare sul terrazzo, che voleva farsi il programmatore Informatico, che era andata a letto con tutti i fattorini della Ditta, che la dava a tutti per una promozione, eccetera, eccetera, oh come è pettegola e malvagia e perfida la gente!! E invece no, se cadessi sarebbe un caso, un incidente, e io non lo farei mai, diventi un ammasso di ossa rotte quando ti schianti, sai cosa mi ha detto il mio capo?

S. ROSSA: Cosa.

S. BIONDA: Che i corpi, cadendo, scoppiavano dall'interno. Tu lo credi? lo no. I paracadutisti mica scoppiano! Sulle montagne russe nessuno scoppia!! I tuffatori di trampolino non scoppiano! Non vedo che relazione possa esserci tra una caduta e un'esplosione. Quell'animale del mio capo vuole impressionarmì con con con schifezze varie e io, che sono scema, mi lascio impressionare come un' oca; però anch'io ho una testa e penso; è lui ad aver la testa scoppiata, poveretto, che da quando sua moglie lo ha lasciato per un altro non sa più in quale mondo vive, poveretto,e non sa come mascherare la sua disgrazia, poveretto; allora fa il coraggioso, poveretto, e l'antipatico e lo sgradevole per impressionarmi, poveretto, senti, bimba, mi stai ascoltando?

S. ROSSA: No. Ho dei problemi. Ecco perché facevo meditazione.

S. BIONDA: Posso aiutarti, cara?

S. ROSSA: Non credo.

S. BIONDA: Che tipo di problemi, con la tua capa?

S. ROSSA: No. Personali.

S. BIONDA: Sentimentali, via.

S. ROSSA: No. Non so. Credo di essere in crisi.

S. BIONDA: Capisco.

S. ROSSA: Perché volevi buttarti?

S. BIONDA: Io? Ho detto di volermi buttare io?

S. ROSSA: Si; non hai smesso di dire che ti saresti buttata da qui, no? S. BIONDA: Mmm, mi fai paura, tesoro, vediamo, che crisi hai?

S. ROSSA: Crisi di valori.

S. BIONDA: Mmmmm, ti vedo malissimo, eh?

S. ROSSA: Sto soffrendo.

S. BIONDA: Che ti succede?

S. ROSSA: (senza respirare) Sento delle voci, qui, in testa, dentro di me, voci, di uomo, di donna, di bambino, voci che non sono la mia e la testa mi scoppia, mi si spacca la testa. Le voci mi dicono cosa devo fare, mi dettano parole, atti, fai questo fai quell'altro, dì questo dì quell'altro, mi provocano; queste voci che solo io sento vengono dall'esterno e allora penso che non è la mia testa, ma che io sono una eletta, una nuova Giovanna, scelta per dire e rivelare la verità, perché tutti finalmente sappiano la verità: si avvicina un cataclisma, un castigo, questa siccità, questi due anni di siccità sono un castigo, una piaga, castigo del cosmo, castigo universale, siccità della terra e siccità degli uomini, la terra siamo noi, è questo che le voci mi dicono, ma anche se vengono dall'esterno, non smetto di sentirle qui, dentro la mia testa, e allora soffro e soffro e soffro perché all'improvviso penso che è tutta una menzogna, che quelle voci sono mie, ventriloquio cerebrale: sono io stessa che mi dico a me stessa quelle parole con voci altrui e non esiste niente aldilà della mia testa e quindi sono pazza da legare!! Ah!!

S. BIONDA: Mmmm, vuoi dire che quello che ti succede non è un po' più semplice? Credo che ciò che ti occorre è scopare, tesoro! L'unica siccità che non è buona è quella di qui sotto, bambola, te lo dico io. Guarda, quello che ti succede è chiarissimo, tesoro; fai schifo agli uomini che ti piacciono (me ne sono accorta l'altro giorno quando osservavo come guardavi il Programmatore, perché non puoi negare che ti piace, non fare l'ipocrita, e tu a lui fai schifo, eh?) ma invece ignori gli uomini a cui tu piaci perché secondo te ti fanno schifo (vedi un po' che voglia di complicarsi la vita); sì, quelli che ti stanno dietro ti fanno schifo, per esempio quel ragazzino lì, il fattorino quello lì carino, che è cotto di te; me lo ha detto ieri; sicuramente scopa che è una meraviglia, te lo consiglio; lo so che ha l'aspetto di un moccioso e di un'acqua cheta ma a letto è una bestia, bambola, una bestia selvaggia della giungla, ti giuro, scommetto quello che vuoi che in una sola notte quel ragazzino ti caccia via tutte quelle sciocchezze dalla testa e le voci quelle stronze che senti le manda a quel paese.

S. ROSSA: Come ce l'ha?

S. BIONDA: Uh! Vuoi che te lo dica?

S. ROSSA: Si.

S. BIONDA: Enorme.

S. ROSSA: Oh. Perché non me l'hai detto prima?

S. BIONDA: Perché tu non me lo hai mai chiesto.

S. ROSSA: Ma queste sono cose che non si domandano, le amiche le raccontano senza bisogno di una domanda, no?

S. BIONDA: Ah, ma, noi due siamo amiche?

S. ROSSA: Si… no?

S. BIONDA: D'accordo. Va bene… Bacino.

Si danno un bacio.

S. BIONDA: Ora che siamo amiche, posso farti una domanda?

S. ROSSA: Si.

S. BIONDA: Sei credente?

S. ROSSA: lo?... No.

S. BIONDA: Ah. Però la fama ce l'hai.

S. ROSSA: Sono pettegolezzi della gente; l'hai detto tu stessa, la gente è cattiva e malvagia. Non sono credente. Ho soltanto qualche teoria, e le voci, certo. Allora, ce l'ha enorme?

S. BIONDA: Sì.

S. ROSSA: Cosa credi che devo fare?

S. BIONDA: Vuoi guarire, tesoro? Zitta viene qualcuno.

Entra il Fattorino

FATTORINO: Ah. Ciao. Scusate, me ne stavo andando.

S. BIONDA: No, no. Rimani.

S. ROSSA: Abbassati i pantaloni e le mutande.

Il Fattorino si abbassa i pantaloni e le mutande.

S. BIONDA: Vedi, bambola? Avevo o non avevo ragione? S. ROSSA: Dove mi porti a cena?

FATTORINO: Yeah.

il fattorino fa un salto dalla gioia. si avvicina un elicottero. vento. il fattorino guarda in su.

FATTORINO: Oh, oh, oh…

S. ROSSA: Tranquillo; questo non esploderà.

L'elicottero si allontana. Tutti e tre rimangono immobili, guardando il cielo, il Fattorino con i pantaloni abbassati. Silenzio.

SCENA 11

Entrano la Segretaria Mora e la Segretaria Castana Vanno verso la ringhiera. Si guardano. La Segretaria Castana abbraccia la Segretaria Mora. Si separano. Si guardano. La Segretaria Mora annuisce, solennemente. La Segretaria Castana si getta nel vuoto. Urlo. Eco. La Segretaria Mora contempla freddamente la caduta.

S. MORA: Uno, due,tre. Morta. Non c'è nessuno per strada. Il suo sterile corpo inizia a putrefarsi.

Accende una sigaretta. Entra la Segretaria Castana.

S. CASTANA: Ciao.

S. MORA: Ah!

S. CASTANA: Ti ho spaventato?

S. MORA: Oh. Sì. Oh.

S. CASTANA: Che c'è?

S. MORA: Niente, niente, stavo ... sognando, stavo sognando.

S. CASTANA: Scusa.

S. MORA: No, no, scusa tu.

S. CASTANA: Perché?

S. MORA: Non sei nervosa?

S. CASTANA: Sono salita qui per prendere un po' d'aria.

S. MORA: Sei nervosa.

S. CASTANA: No.

S. MORA: Stavo pensando a te. Mi hanno appena dato la notizia. lo al posto tuo sarei... come sei forte. E' la prima volta che succede una cosa del genere da... be', ormai sono più di sei mesi che lavoro qui e non avevo mai visto che una... Auguri, davvero, non so che dirti, è la notizia del giorno, la notizia del mese, sei la notizia dell'anno, non so cosa dirti, ti ho perfino sognato... Ora, tutti sapevano che tu... voglio dire, tutti quelli della nostra sezione sapevamo benissimo che tu eri diversa, che sei diversa. Sei... Sicuramente quelli di sopra avevano progettato tutto dal primo momento che ti hanno vista; un salto come questo non viene improvvisato in un giorno. Sicuramente ha molto influito il Direttore Generale, è un carissimo amico del Pubbliche Relazioni, il tuo capo, anzi, il tuo... ex‑capo, he, he, he... Oh, scusa, ti sto dando dei tu!

S. CASTANA: E allora?

S. MORA: Non devo darti dei tu.

S. CASTANA: Perché?

S. MORA: Adesso tutto cambierà.

S. CASTANA: Non so.

S. MORA: Adesso hai potere.

S CASTANA: Anche prima ce lo avevo. Senza alcun incarico. Il potere non è questione di incarico, né di posizione, né di valori, né di gerarchie, né di gerarchie di valori. Il vero potere si trova nello sguardo e nella voce, nelle parole; il potere è nel gesto, nel silenzio, non in un ufficio, né in una carta, né in un vestito né nel denaro né in niente che possa essere misurato. Il potere non si può misurare. E lo sguardo non mente, non sa fingere; le parole che ingannano finiscono sempre per tradire chi le pronuncia; i gesti bruschi, isterici, i tic, i muscoli contratti e la tensione dei corpi, i falsi movimenti, il malessere e l'imbarazzo del silenzio dopo una disputa, sono le miserie dei falsi potenti. Lo sguardo trasparente e la parola libera, l'armonia del gesto e la pace nel silenzio: questo è il mio potere e ce l'ho da sempre.

S. MORA: Mi fai paura.

S. CASTANA: No. Tu mi rassomigli.

S. MORA: Magari.

S. CASTANA: Sì.

S. MORA: lo sono debole.

S. CASTANA: Anch'io.

S. MORA: Sapessi a cosa stavo sognando... lo sono debole, codarda. Ti invidio.

S. CASTANA: Un giorno avrai dei figli e sarò io a invidiare te.

S. MORA: Cosa?

S. CASTANA: Non potrò diventare madre. Sono sterile.

S. MORA: Oh.

Entra la Direttrice Esecutiva.

DIRETTRICE: Sapevo che eri qui!!

S. MORA: Dice a me?

DIRETTRICE: Cosa hai fatto, figlia di puttana, figlia di una grandissima troia? Cosa hai fatto, stronza schifosa, arrampicatrice? Mi piacerebbe sapere a chi hai leccato il culo, a chi hai dovuto leccare il culo, puttana, puttana, puttana di merda, non può essere vero ciò che mi hanno appena detto su di te, una volgare segretaria di Pubbliche Relazioni lunatica, lunatica, stupida, ipocrita, falsa, ambiziosa di merda, traditrice, è vero che in questa ditta di merda, in questa città di merda, in questo paese di merda, in questo mondo di merda una segretaria di bassa lega possa diventare dall'oggi al domani la Direttrice Aggiunta della Direzione Generale di una delle Ditte di maggiore rendimento della città, del paese, del continente, del mondo, dell'universo? è vero ciò che mi hanno appena detto? dimmi di no ora che sei qui, su, dimmi di no con la tua propria bocca, con la tua puzzolente bocca, perché se è vero, io mi butto giù proprio ora da qui come segno di protesta ... Che c'è? Ride ancora, la brutta puttana, ancora mi ride sotto il naso come ha riso sotto quello di tutti quanti, ma, ma vediamo, quanti cazzi, quanti culi, quante fiche hai dovuto lambire, hai dovuto leccare, hai dovuto pulire con la tua velenosa lingua, con la tua bava da cagna perché questo fosse possibile, su, dimmi, quanti?!!

S. MORA: Senta un po' non Le sembra di star...?

DIRETTRICE: E tu zitta, imbecille, sei peggio di lei; sappiamo benissimo che tu la difendi, che sei pazza di lei, zitta imbecille, zitta, dammi una sigaretta e vai via!!

S. CASTANA (alla Segretaria Mora): Rimani. (Alla Direttrice Esecutiva) Salve, Buona sera. Credo che noi non ci conoscevamo. Almeno, non in modo ufficiale. D'ora in poi dovremo lavorare insieme. Credo che il Direttore Generale vorrà convocare un Consiglio Straordinario domani per presentarmi nel nuovo incarico; Lei è uno dei membri, se non sbaglio. Ovviamente, tutte le lamentele che avrà riguardo alla mia nomina potrà esporle domani. lo stessa potrei introdurre l'argomento affinché questo non comporti per Lei alcun disturbo. E' d'accordo? Benissimo. Piacere di conoscerLa. Ah e mi scusi se l'ho offesa con il mio sorriso. A volte mi sfugge, non lo posso evitare. E in me è strano perché non sono allegra affatto. Solo che mi ha sempre fatto ridere la gente che descrive se stessa insultando gli altri. Buona sera.

La Direttrice Esecutiva esce con lo sguardo perso.

S. MORA: E' impazzita

S. CASTANA: Ebbene, sì, sono sterile. Me lo hanno confermato ieri. Sembra impossibile al giorno d'oggi, vero? Ho provato di tutto, mi devi credere, di tutto. Prima mi hanno detto che avevo una malformazione all'utero. Ma non era vero. L'ultimo specialista che ho visitato mi ha detto ieri ciò che mi succedeva, sono un mostro: le mie ovaie secernono una strana sostanza che impedisce la fecondazione. Non so spiegarlo. Parlava di anticorpi che agiscono a mo' di spermicida. mi ha detto che l'unica speranza possibile è trovare lo sperma di un uomo che sia immune a quella sostanza, a quegli anticorpi. La probabilità è di una su un milione. Non lo troverò. Vedi? Secondo te, non mi manca niente, secondo me, non ho niente, perché non ho l'unica cosa che desidero: un figlio. Un figlio di un uomo tra un milione. Sono un mostro; non ho nessuno, sono sola e fra poco il mio corpo inizierà a marcire.

S. MORA: Non dire così, non lo dire.

S. CASTANA: Sola, senza nessuno, voglio morire.

S. MORA: Stai zitta.

S. CASTANA: Stai piangendo. Per me?

S. MORA: Credi nei sogni?

S. CASTANA: No.

S. MORA: Devi credere, credi ai sogni, so che troverai quell'uomo.

Entra la Direttrice Esecutiva

DIRETTRICE: La gente che descrive se stessa insultando gli altri?!!

La Direttrice Esecutiva va verso la Segretaria Castana con intenzione di piantarle le unghie nel viso. La Segretaria Mora si frappone e glielo impedisce.

S. MORA: Non la toccherà.

DIRETTRICE: Togliti di mezzo!

S. MORA: Finché sarò qui non la toccherà.

DIRETTRICE: Dici di no? Ora lo vedrai!!

La Direttrice Esecutiva sta per dare un pugno alla Segretaria Castana. La Segretaria Mora glielo impedisce. Lottano. Si tirano per i capelli, si danno calci negli stinchi e nello stomaco. Nel frattempo, la Segretaria Castana, attonita, si allontana da loro e va verso la ringhiera La Direttrice Esecutiva e la Segretaria Mora escono, picchiandosi e urlando. La Segretaria Castana guarda giù.

S. CASTANA: Si vede tutto così piccolo da qui. Così ridicolo.

Lascia cadere un filo di saliva nel vuoto.

SCENA 12 E ULTIMA

Entrano la Segretaria Bionda e la Segretaria Rossa. Accendono le sigarette.

S. BIONDA: Ah, questa è l'ultima!

S. ROSSA: Ah, sì?

S. BIONDA: Non so bene cosa stia succedendo ma so che è qualcosa di grosso, che ne pensi? qual è la tua teoria su quello che sta succedendo?

S. ROSSA: Teoria? Non ti capisco.

S. BIONDA: Ma, tesoro, cosa c'è? Non sembri la stessa.

S. ROSSA: Ah, no?

S. BIONDA: Ooooh, tutti quanti sono malati, tutti stanno malissimo. Lo sai perché ti ho detto che questa sarà l'ultima sigaretta che fumeremo?

S. ROSSA: No.

S. BIONDA: E Capo del Personale mi ha chiamato nel suo ufficio e mi ha detto che voleva punirmi con tre mesi senza stipendio per essere salita qui a fumare; dice di saper benissimo chi siamo e di tenerci sotto controllo; io ho indovinato subito dove voleva andare a parare, ho visto ciò che era successo, perché per queste cose non sono mica scema, lo sai, e senza pensarci due volte prendo e gli dico con tutta la mia sfacciataggine: Accidenti, non sapevo che anche Lei fosse frocio!; il tizio apre gli occhi così, rimane a bocca aperta, come se avesse inghiottito la lingua, io ne approfitto e gli dico: allora ha rimorchiato quello spione di un ascensorista, eh?, male, caro Lei, male, gli dico, perché quel bimbo lì La sta prendendo in giro, ma non se ne rende conto? non vede che quel ragazzo sa da parecchio tempo che alcuni di noi salgono qui per fumare e ha aspettato a rimorchiare Lei e a raccontarglielo nel momento migliore? Quel moccioso lì è un arrampicatore, su, via, e La sta utilizzando sfacciatamente per riuscire ad avere l'incarico di Capo Selezione Personale; vediamo un po', gli dico, scommetto che è già qui sul tavolo qualche documento con la richiesta di nomina; e prendo e, con una manata, gli disordino tutte le carte del tavolo. Oh, se avessi visto che faccia ha fatto ... un poema; ha iniziato a impappinarsi e a tossire e a borbottare e a balbettare tre o quattro parole: nel modo più assoluto, non mi avrebbe punito e che me ne andassi subito dal suo ufficio; ma questo è niente, tesoro, tieniti forte che adesso arriva il meglio: appena uscita dal suo ufficio, ti trovo il mio capo che piange, il mio capo che piange!; proprio lui che sempre ha detto che piangere lo trova antiestetico, immaginalo con gli occhi rossi rossi, pieni di cispe gialle, il naso pieno di moccoli verdi e la bocca con bollicine di saliva e un filino di saliva cadendo fino alla bavero della giacca, un altro poema. lo gli dico: ma cosa Le è successo, capo? e lui mi dice che gli hanno appena tolta la paternità legale di sua figlia e che vuole diventare un vegetale: voglio essere una carota, voglio essere una carota!!! urlava, immagina il poveretto; lo sapevo che sarebbe finito anche pazzo da legare, e aspetta, tesoro, che non finisce qui; accompagno il mio capo al bagno, a fare popò, perché il poverino aveva una diarrea micidiale e si stava cacando addosso, e mi trovo quella della Selezione Personale, la mora, la volgare, con tutta la faccia piena di sangue, ma bimba, tesoro figlia mia?, le dico, sembra che tu abbia appena lottato con un leone!!, con una leonessa!!, mi dice lei, una figlia di puttana che mi ha appena ficcato le unghie nel viso, e sai cosa? la leonessa figlia di puttana è nientepopodimeno che la tua capa, e quando le domando alla mora perché le ha fatto così, mi dice che per difendere quella delle Relazioni Pubbliche, la quale, adesso, però, tieniti forte, tesoro, tieniti forte, non svenire perché questa è davvero una bomba: L'hanno appena promossa Direttrice Aggiunta della Ditta!!, sì, bimba, sì, oh, quasi mi viene un collasso pure a me, son diventati paaazzi, son diventati paaazzi!! mettere una filosofa da Grande Capo Assistente, una allucinata, oh, ma dove andremo a finire, ho pensato, zitta, acqua in bocca, certo, senza dire nulla alla mora, cavolo, che scommetto qualsiasi cosa che proprio domani sarà nominata Capo Selezione Personale per via diretta, ma se lo sanno tutti quanti che quelle due si difendono a vicenda e sono unghie e carne e vanno insieme dovunque; oh, ora sì che stai fresca, ho pensato, oh, povera me e la mia amica, la mia amica lo dico per te, tesoro, per te‑con l'antipatia che ha per noi la filosofa, oh, sarà capace di lasciarci per strada, eccetera, eccetera, tutto questo però non lo dicevo a nessuno, certo, soltanto lo pensavo, ci mancherebbe altro, e pensavo: fottute!!! ora siamo veramente fottute!!! e tornando al mio ufficio per riprendermi dallo spavento, mi trovo l'informatico, il carino, lo sciapito, con la faccia sconvolta, sporco, puzzolente, lo sguardo stralunato, strambo, via, ahi, ahi, ahi, ahi, ahi un altro che è impazzito!, allora, perché la cosa non perdesse tono e fare qualche scherzetto, che va sempre bene in questi casi e sdrammatizza la situazione, gli dico, ma, dove va così conciato, con quella faccia? sembra venire da un funerale; e lui prende e mi da uno schiaffo così forte, così spaventoso, che mi sono morsa la lingua e guarda, bella, guarda che bolla mi è venuta fuori sulla punta; e poi se ne va urlando come un isterico dicendo un nome di donna che non avevo mai sentito; dopo due minuti, mentre mi riprendevo dallo schiaffo e mi asciugavo le lacrime, del dolore, bella, del dolore, qualcuno mi dice che ciò che gli succede all'informatico è che è disperato perché sua moglie era morta ieri, assassinata, torturata e violentata da sei giovanotti mentre passeggiava tranquillamente per strada alle sei di sera; beh', allora, certo che capisco la sua reazione, ma io non sapevo nulla, tesoro, niente, ti giuro; allora vado di corsa a cercarlo per chiedergli scusa per quello che gli avevo detto del funerale e me lo trovo per terra nel corridoio, svenuto e nessuno che lo raccolga. Allora, mi ricordo di quello che mi hai detto l'altro giorno e mi viene un attacco a me e scoppio a urlare isterica, come una pazza; allora sono venuta a cercarti per dirti: bella, ho bisogno di parlare con te e di sfogarmi. E questo è ciò che volevo dirti: credo che quello che mi hai detto è vero e muoio dalla paura.

S. ROSSA: Cosa ho detto?

S. BIONDA: Che si avvicina un cataclisma.

S. ROSSA: lo ho detto questo?

S. BIONDA: Sì

S. ROSSA: Ah, ma facevo riferimento al cielo.

S. BIONDA: Al cielo?

S. ROSSA: Volevo dire che si avvicina un'alluvione

S. BIONDA: Una cosa?

S. ROSSA: Niente, niente, è lo stesso.

S. BIONDA: Senti bella, ti trovo molto rilassata, no?

S. ROSSA: Sì

S. BIONDA: Sì

S. ROSSA: E' che... è che non sento più le voci.

S. BIONDA: Oh.

Si abbracciano e si danno un bacio. Entra il Programmatore Informatico. Si reca come un sonnambulo alla ringhiera.

PROGRAMMATORE: Qualcuno ha visto da queste parti mia moglie?

S. BIONDA: Ahi, che spavento! Ah, a proposito, ora che La vedo qui, vorrei chiedere scusa per quello che Le ho detto prima su... Io non sapevo che...

S. ROSSA: Shhhhh.

Entra correndo il Direttore Amministrativo, il quale inseguiva il Programmatore Informatico, il quale sta andando verso il vuoto con l'intenzione di buttarsi.

DIRETTORE: Attenzione, fermatelo!!!!

S. ROSSA (al Programmatore Informatico): No!!!! Non lo faccia!!

Silenzio.

S. ROSSA: Per favore, non lo faccia. Guardi lì. Il cielo. So che Lei non mi crede, che crede invece che sia pazza. Ma per un instante mi creda. La prego. Guardi il cielo e ascolti bene ciò che sto per dirLe: fra poco arriverà la pioggia.

PROGRAMMATORE: Sì. Dovrebbe piovere.

S. ROSSA: Sta per piovere.

PROGRAMMATORE INFORMATICO: Sì?

All'improvviso, l'ambiente si riscalda, si fa sensuale, magico. Si sentono delle voci, mormorii tumulto, rumori di sirene, di aerei, motori, elicotteri, macchine, radio, televisioni, musiche lontane. Il Programmatore Informatico, la Segretaria Bionda, il Direttore Amministrativo e la Segretaria Rossa si guardano. Una raffica di vento tiepido attraversa il terrazzo. Passano delle nuvole. Un'atmosfera sensuale e vertiginosa domina fino alla fine, è una sensazione di velocità per niente sgradevole che invade improvvisamente non solo l'esterno del terrazzo ma anche l'animo di tutti i personaggi.

Entra correndo, urlando, la Segretaria Mora. Respira agitatamente.

S. MORA: Ah. Ah. Ah. Per favore,ascoltatemi, non lo crederete... scendete, venite con me, scendete, ascoltatemi, lo hanno annunciato, sembra incredibile, lo hanno appena annunciato, venite!!!!

S. BIONDA: Che c'è? Perché sei così allegra quando tu sei sempre così triste?

S. MORA: Lo hanno appena annunciato dovunque, dovunque, tutti lo stanno celebrando.

S. ROSSA: Lo sappiamo già.

S. BIONDA: lo non so niente.

DIRETTORE: Cosa hanno annunciato?

S. MORA: La pioggia.

PROGRAMMATORE: La pioggia.

Lampo. Urlo collettivo di esclamazione. La Segretaria Bionda abbraccia la Segretaria Rossa.

S. BIONDA: Oh. Oh. Cosa facciamo?

S. ROSSA: Accompagnami, vieni con me, devo fare qualcosa di importante. Ora.

La Segretaria Bionda e la Segretaria Rossa escono. Il Programmatore Informatico rimane a guardare il vuoto. La Segretaria Mora guarda il cielo. Il Direttore Amministrativo sta per uscire, ma si ferma e contempla la Segretaria Mora.

S. MORA (guardando il cielo): Che sta per succedere? Non credo a niente, non credo a nessuno, non sono niente, ma so che ho bisogno di...

Lampo. Entra la Direttrice Esecutiva, si ferma di fronte al Direttore Amministrativo, vede la Segretaria Mora e va verso di lei.

S. MORA: Perché mi guarda così? Mi vuole picchiare ancora?

DIRETTORE: Non lo farà.

S. MORA: Non lo so. Sì.

DIRETTRICE: Abbiamo bisogno di...

DIRETTORE: Cosa?

S. MORA: No. Non di me. Grazie, comunque.

La Segretaria Mora sorride. Dà un bacio alla Direttrice Esecutiva ed esce. La Direttrice Esecutiva rimane rigida, tesa.

DIRETTRICE: Cosa faremo?

DIRETTORE: Con che?

DIRETTRICE: Con la nostra ditta. Ci è mancata quella traditrice. Abbiamo bisogno di...

DIRETTORE: Niente. Non abbiamo bisogno di niente. Tu hai bisogno, solo tu hai bisogno. lo non ho bisogno di niente, non contare su di me.

DIRETTRICE: Cosa?

DIRETTORE: D'ora in poi tutto cambierà, lo so, ho fiducia nella nuova direttrice, rimango qui.

DIRETTRICE: Sai cosa sei? Te lo dico? Un codardo, un codardo ridicolo, insignificante, sei debole.

DIRETTORE: E tu troppo forte. (Senza respirare) Sono stufo, stufo delle donne forti, non ne posso più, non le sopporto, sei uguale a lei, uguale a tante, siete troppo forti, molto più degli uomini, molto più di me, sì, noi dovremmo partorire e voi portare avanti gli affari, sì, ma guarda un po', tanti anni a lavorare e ora mi rendo conto che non servo per questo, non servo per lavorare, non ho le forze per lavorare, sai?, mia madre è stata una delle ultime donne che ho conosciuto, voglio dire una delle ultime donne‑donne, di quelle di una volta, una donna il cui lavoro consisteva in metterci il cucchiaio in bocca e curare me e i miei fratelli e pulirci la merda dal culo, e sembrava felice, sì, lei era debole, sottomessa, docile, inattiva, la chiamavamo la carota perché diceva sempre che dove si sentiva veramente a suo agio era nella terra, ferma, a riposare, e morì, morì dicendo "sono stata felice, figlio mio", e non è stata niente, né ha voluto essere niente, solo una semplice e volgare carota, e adesso io voglio essere mia madre, racchiudermi, seppellirmi, non essere niente, solo una donna di quelle di una volta; la mia ex‑moglie, dovrei dire ex‑marito, la mia ex‑moglie‑marito, mi ha rubato mia figlia e ormai non sono più niente, e quando guardo te vedo lei e mi fai schifo, ti odio, odio i tuoi progetti, la tua piccola‑enorme ditta, odio la tua potenza, la tua forza, la tua faccia, le tue mani, il tuo odore da maschio, la tua voce, il tuo sguardo e voglio solo fumare, fumare, fumare, fumare e rimanere qui finche la pioggia non spenga la mia sigaretta!!!

DIRETTRICE: Sei un topo di fogna.

DIRETTORE: Nemmeno quello. Sono una carota.

DIRETTRICE: Un topo in trappola.

DIRETTORE: Tu sei il topo, intrappolata nel tuo orgoglio. Ti ha vinto una donna vera; ora lei è dove le spetta, sopra di te e non puoi sopportare che ti dia ordini.

DIRETTRICE: Me ne vado. Da sola. Me la caverò. Non ho bisogno di te. Né di te né di lei. Per me, puoi proprio buttarti da qui. In strada, a terra visto che è lì che vuoi rimanere, dai, dai, perché non ti ci butti?, al posto tuo io lo farei, nessuno ha bisogno di te, il tuo lavoro può svolgerlo benissimo una macchina, sei di troppo, lo sai?, sei di troppo in questo mondo, quindi, buttati, dai, cornuto, cornuto, cornuto!

Il Direttore Amministrativo schiaffeggia selvaggiamente la Direttrice Esecutiva. Il Programmatore Informatico, che era assorto, li guarda.

DIRETTRICE: Voglio fumare, ho bisogno di fumare!

PROGRAMMATORE: Se favorisce una delle mie...

DIRETTRICE: Stia zitto, imbecille.

Il Direttore Amministrativo picchia ancora con violenza la Direttrice Esecutiva. Il Programmatore Informatico ride.

DIRETTRICE: Non mi piace per niente. Non sto bene con nessuno. Sono buona solo a lavorare. A me, mi hanno educato per lavorare. Qui si lavora male. Voglio solo essere felice. Lavorando. Su qualcosa che mi piaccia. E' la mia unica ambizione. Voglio una dignità. Io sono brava. Sono una brava persona, anche se non sembra. Sveglia, intelligente ma... poco sensibile, lo so. Ho bisogno soltanto di qualcuno sensibile, come te, come quella traditrice. Aiutami ad uscire di qui.

DIRETTORE: Troppo tardi. Guarda il cielo.

DIRETTRICE: Ma che cielo, cosa dici. Me ne vado.

DIRETTORE: Ciao.

DIRETTRICE: Voglio dire per sempre.

DIRETTORE: Meglio ancora. Telefonami qualche volta.

DIRETTRICE: Sì.

La Direttrice Esecutiva esce, tentando di conservare la dignità, con i capelli spettinati e lo sguardo stralunato. Sembra di aver preso una decisione irrevocabile. Rimbomba un tuono potente. Il Direttore Amministrativo e il Programmatore Informatico guardano il cielo.

PROGRAMMATORE: Non è stata una esplosione?

DIRETTORE: No. E' il temporale.

Il Programmatore Informatico si affaccia alla ringhiera. Entra il Fattorino, correndo.

FATTORINO: Avete sentito la notizia? Ah, ancora! Guardi che cade, non si butti!

PROGRAMMATORE: Cosa dice?

FATTORINO: Che non si… Ciao!

DIRETTORE: Hanno già dato i dati precisi sull'ora esatta?

FATTORINO: No, ma dall'aspetto del cielo, non credo che ci metta molto, no? Ho appena visto la mia amica, sapete, la bonazza, he, he, he e ci siamo dati appuntamento qui per vederlo, non vogliamo perderci l'evento.

PROGRAMMATORE: La sua amica l'aveva predetto prima che lo annunciassero. FATTORINO: Si, ma lei è un'intuitiva, he, he, è una tipa geniale.

PROGRAMMATORE: Sembra che si sia innamorato di lei.

FATTORINO: Vero? Anche a me sembra così, guardi un po'. Allora, che ci dobbiamo fare! Le cose stanno così; prima tu guardi un culo e ti piace e vuoi toccarlo e pensi: quando lo toccherò, via, sono pronto per un altro, e invece no; fatto sta che un bel giorno, senza volerlo, tocchi quel culo e ti dici: cazzo, però, questo culo non è come gli altri, e allora te ne accorgi che il culo appartiene a una tizia che ha degli occhi, e allora prendi e le guardi gli occhi e pensi: cazzo, non mi ero mai soffermato a guardare gli occhi di una tizia, e da quel momento non le guardi più il culo e le guardi soltanto gli occhi, e allora sai che sei perso e non vuoi che la tizia ti scappi perché i suoi occhi ti ipnotizzano e hai paura di non ritrovare più degli occhi come quelli e hai paura che ciò che ti succede non ti recapiti mai più.

PROGRAMMATORE: A proposito, ha visto mia moglie da queste parti?

FATTORINO: Che? Via, su, stia zitto, eh?, stia zitto e guardi il cielo e non pensi a nient'altro, capito? ormai manca poco e non va perso, capito? Uf.

Il Fattorino e il Direttore Amministrativo si guardano. Entra correndo la Segretaria Mora.

S. MORA: Mancano solo cinque minuti I FATTORINO: Ah, ciao.

S. MORA: Per favore, qualcuno ha visto da queste parti la nuova Direttrice? Ho bisogno di vederla...

PROGRAMMATORE: E Lei? Ha visto mia moglie? Anch'io ho bisogno di vederla...

Silenzio. Tutti si guardano. Il Programmatore Informatico si rende conto della situazione di tensione ed esce.

FATTORINO: Sta malino, eh? S.

MORA: Che peccato.

DIRETTORE: Ho paura che voglia fare qualche sciocchezza; la vicenda di sua moglie lo ha colpito moltissimo. Era così illuso su di lei. Povero ingenuo: non mi separerò mai da lei, mi disse una volta. Voleva un altro figlio...

S. MORA: Che?

DIRETTORE: Come?

S. MORA: Cosa ha detto?

DIRETTORE: lo? Non so... che voleva un altro...

Lampo. Tuono.

FATTORINO: Cazzo!!!

S. MORA (al Capo Amministrativo): Per favore… sono nervosa mi dia una sigaretta.

Davvero non ha visto la nuova Direttrice? Ho qualcosa molto importante da dirle, deve... oh, fa niente.

Entra correndo la Segretaria Bionda.

S. BIONDA: Però, che nervi, che nervi! Quella pazza di amica mia, sta facendo pazzie in giro, ah, ciao a tutti, eccomi qui di nuovo, ah, mi schianto dal ridere e dai nervi, ah, salve capo, ah, sono un pochino isterica con questo fatto della pioggia; veramente non so se voglio la pioggia o no; siccome è da tanto tempo che non piove, allora non mi ncordo più se mi piaceva o meno, ha, ha, ha, ahi, che ridere, mi scappa la pipì…

Entra correndo la Segretaria Rossa. Va verso il Fattorino e lo bacia appassionatamente sulla bocca.

S. ROSSA: Ah. Ecco fatto. Andiamocene, andiamocene, andiamo via da qui.

FATTORINO: Cosa? Ora te ne vuoi andare?

S. ROSSA: Sì.

FATTORINO: Ma, dove?

S. ROSSA: Lontano, lontano, lontano molto lontano da qui!

S. BIONDA: Ciao, eh?, tesoro.

S. ROSSA: Ciao. (Al Fattorino): Dai, andiamo, per favore, me lo dice il cuore, no, non avere paura, non ho intenzione di fare sciocchezze, non è affatto una sciocchezza, è un impulso che mi nasce qua dentro, nel più profondo del cuore, non sono parole né voci, nessuno mi impone niente, ma è un bisogno, so che devo lasciare tutto e uscire di corsa, con te, per mano; ho lasciato tutto, ho lasciato il lavoro, devo uscire di qui, anche la mia capa si è dimessa, è impazzita, come tutti, è nera perché mi ha chiesto di andare con lei a lavorare altrove e le ho detto di no, che se ne vada a fare in culo, e ora sono tranquilla perché so cosa devo fare: smettere di lavorare!!, non bisogna lavorare, nessuno dovrebbe lavorare, il lavoro è una merda, non lavorerò mai più, dammi la mano e andiamo via da qui per sempre. la pioggia dovrà sorprenderci fuori di qui, lontano da qui, dove non ci sia nessuno e nessuno ci possa vedere mano nella mano correndo, urlando e baciandoci, baciandoci, baciandoci!!!!!

La Segretaria Rossa bacia ancora il Fattorino appassionatamente.

FATTORINO: Ah. Sarai sempre una radicale, bambola.

S. BIONDA: Vedi?, ti avevo detto, tesoro, che il tuo era un altro tipo di problema.

Entra la Direttrice Esecutiva, va direttamente verso la Segretaria Bionda. Il Fattorino e la Segretaria Rossa continuano a baciarsi. La Segretaria Mora ride e guarda il Direttore Amministrativo, che gli offre da fumare e fumano.

DIRETTRICE (alla Segretaria Bionda): Vorrebbe diventare la mia segretaria? O anche Lei è una arrampicatrice stupida o un' ipocrita traditrice che aspira ad essere qualcosa senza avere le minime attitudini basiche e imprescindibili per esserlo?

S. BIONDA: Beh, non so, sa? così, improvvisamente...

DIRETTRICE: Perché io me ne vado dalla Ditta proprio adesso, ha capito? M sono appena dimessa, due minuti e mezzo fa. Le do tre secondi per pensarci. Inizieremmo domani. Lei ed io.

Tutte e due, da sole. La mia idea è molto semplice: piccola ditta qualsiasi, qualunque, per la verità non m'importa, senza scopo di lucro, soltanto con volontà competitiva, per il piacere del lavoro e per essere autentiche condottiere di questo tipo di lavoro, non so ancora quale, ma se vuole, ora ne parliamo e scegliamo quello che ci piacerà di più, in realtà per me è lo stesso, quindi scelga Lei, quando troverà uno che Le piace, me lo dica: consulenza d'immagine, consulenza fiscale, consulenza giuridica, controllo e selezione del personale, promozione aziendale, pre‑produzione industriale, postproduzione, disegno pubblicitario, controllo pubblicitario per le ditte, riciclaggio e docenza privata, programmazione informatica, assistenza tecnica informatica, consulenza amministrativa aziendale,agenzia immobiliare, assicurazioni, medici, per la vecchiaia e il risparmio, servizi di prestito, prima e seconda ipoteca, amministrazione di terreni, fatturazione, crediti, servizi psicotecnici, psicomotori, mnemotecnici, studio psicologico, di assistenza sociale, mecenatismo artistico, agenzia letteraria, matrimoniale, scuola di estetica, massaggio‑relax, contatti, quale Le piace di più?

S. BIONDA: Contatti! Voglio essere la sua segretaria.

DIRETTRICE: Vorrei avere la forza e il coraggio sufficienti per ammazzarmi ma non li ho.

S. BIONDA: Non dica sciocchezze. Adesso ha me. Inizieremo a lavorare proprio domani. Ho ottimi amici. E amiche.

DIRETTRICE: Ah, sì?

S. BIONDA: Sì.

DIRETTRICE: Mi dica una cosa: ora che saremo socie e dovremo sopportarci… Lei, come mi   trova?

S. BIONDA: Bella, intelligente e un pochino maschile.

DIRETTRICE:Sensibile no, eh?

S. BIONDA: Dunque…

DIRETTRICE: Bene, allora, cosa facciamo?

S. BIONDA: Uscire di qui, scendere, andiamo, sono diventati tutti pazzi, e più ancora con questo casino della pioggia.

DIRETTRICE: Mi scusi, ha detto prima che mi trovava bella?

S. BIONDA: lo ho detto così?

DIRETTRICE: Credo di sì.

S. BIONDA: Lei è sposata?

DIRETTRICE: No.

S. BIONDA: Non ha nessuno?

DIRETTRICE: No. A me non piacciono le coppie, mi piacciono gli affari.

S. BIONDA: Ah, allora diamoci da fare.

DIRETTRICE: Lei sembra avere un effetto calmante su di me.

S. BIONDA: Fumiamo una sigaretta prima di andarcene definitivamente, d'accordo? DIRETTRICE: Sì. L'ultima.

S. BIONDA: L'ultima? Cosa dice, cara? La prima

DIRETTRICE: Ah.

S BIONDA: Non eravamo rimaste che ce ne andavamo via da qui? Allora, fumiamo fino a scoppiare e gli altri vadano a farsi sfottere.

DIRETTRICE: Ah, sì, sì, decisamente Lei mi tranquilizza.

Lampo. Tuono. Tutti guardano in cielo. Entra, agitata, la Segretaria Castana, sussurrando.

S. CASTANA: Una donna triste alla finestra aspetta l'uomo sconosciuto la donna continua lì alla finestra l'uomo è scomparso si chiamava…

S. BIONDA: Dove va quella pazza?

DIRETTORE: Guardi.

S. MORA: Ciao!

S. CASTANA: Non so come si chiamava… ma era un uomo tra un milione la donna lo sognò l'uomo non esisteva…

S. MORA: Dove vai?

DIRETTORE: Fermatela.

FATTORINO: Ma guarda, un'altra che si vuole buttare.

S. ROSSA: Lasciala perdere

DIRETTRICE (alla Segretaria Bionda): Non la guardi, vuole soltanto attirare l'attenzione.

La Segretaria Castana è molto vicina alla ringhiera. Solo la voce della Segretaria Mora riesce a fermarla.

S. MORA: No! Ma cosa fai?

S. CASTANA: Non so cosa sto cercando.

S. MORA: lo invece si.

S. CASTANA: Sta piovendo!!

S. MORA: Non ancora.

S. CASTANA: Là sì, nella casa della donna. Guarda!

S. MORA: Cosa?

S. CASTANA: Lo sto inventando?

S. MORA: No

S. CASTANA: Sono diventata pazza?

S. MORA: No. La casa esiste. E' quella lì. Anche la donna. Stai calma. Ci hanno fatto troppo male questi due anni e mezzo senza pioggia ed eccola qui, hai ragione, sta già piovendo.

S. CASTANA: E l'uomo? Esiste?

S. MORA: lo so chi è.

Lampo. Tuono più forte. Tutti urlano.

ROSSA: Andiamocene!!

FATTORINO: Andiamo, sì. Senti senti senti, ma, dove andiamo?

ROSSA: Lo vuoi proprio sapere? In campagna!

FATTORINO: Cooosa?

ROSSA: Alla natura, me lo dice il cuooooore!!!

FATTORINO: Ma tu sai come ci si arriva?

Lampo. Tuono più forte. Entra il Programmatore Informatico, correndo. Tutti urlano.

PROGRAMMATORE: La pioggia!!!

S. CASTANA: La pioggia!

DIRETTRICE: Andiamo!

S. BIONDA: Senta, capo, io me ne vado con lei, capito?, non so se ci rivedremo più!!! FATTORINO (alla Segretaria Rossa): Toh, non se ne parla più, andiamo in campagna!!

Cade un fulmine sul terrazzo. Escono il Fattorino con la Segretaria Rossa e la Direttrice Esecutiva con la Segretaria Bionda. La Segretaria Mora si rifugia tra le braccia del Direttore Amministrativo. La Segretaria Castana e il Programmatore Informatico si trovano nel centro del terrazzo e si guardano intensamente negli occhi. Luce accecante e grande frastuono.

DIRETTORE: Non abbia paura. Viene con me?

S. MORA: Guardi! si sono già trovati!

DIRETTORE: Come?

S. MORA: Ecco.

DIRETTORE: Rimane con loro? Non vuole venire con me?

S. MORA: Cosa?

DIRETTORE: Vuole venire con me?

S. MORA: Me lo ripeta ancora, per favore.

DIRETTORE: Vieni con me. Non so perché, ma vieni con me.

S. MORA: Prima, fammi dire una cosa.

DIRETTORE: Cosa?

S. MORA: lo sono una persona normale.

Il Direttore Amministrativo abbraccia la Segretaria Mora ed escono. Cade un altro fulmine. Il Programmatore Informatico e la Segretaria Castana continuano a guardarsi negli occhi, immobili.

Silenzio.

PROGRAMMATORE: Ho perso mia moglie.

S. CASTANA: Lei è un uomo tra un milione?

Cade la pioggia silenziosamente. Tutti e due rimangono immobili guardandosi intensamente, sotto la pioggia.

EPILOGO:

DOPO LA PIOGGIA .........

… EL SOL.

FIN