Doppelganger iudex

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DOPPELGÄNGER IUDEX:TEATRO DA CAMERA CON SAX PER GIUDICE GENIO E GIUDICE IDIOTA

di    

gennaro francione

PERSONAGGI

IL GIUDICE OZIERO:  IL GENIO

IL GIUDICE PANNONE: IL FOLLE

L'UOMO DEL SAX

SCENA I

CORRIDOIO

VOCE SAX: JUDGE'S JIG(GIGA DEI GIUDICI).

OZIERO:

        Ohilà, Fritz! Capoccione!

PANNONE:

        Oh astrologo! Che piacere vederti!

        I giudici si abbracciano e si staccano.

OZIERO:

        Mia anima pagana, come va?

PANNONE:

        Benino... E la tua demonologia?

OZIERO:

        In questo tempo di elezioni politiche i diavoli sono in fermento.

PANNONE:

        Diavoli...Brrr... Viva la Madonna! Ripensandoci, da queste parti può essere utile lo spunto sul demonio. E' un fenomeno che può far paura a un po' di gente... disonesta. Diavoli...

OZIERO:

        In cosa t'interruppi che leggi con tanto interesse?

PANNONE:

        Niente. L'altro ieri non ho letto il giornale.

OZIERO:

        Stai leggendo il giornale dell'altro ieri?

PANNONE:

        No, no. Quello di oggi. E' dall'altro ieri che desideravo leggere qualcosa... Hai letto dell'assassinio all'Università?

OZIERO:     

        No! Di quando è, Fritz?

PANNONE:

        Di ieri... Strano che tu non ne sappia nulla. Il fatto dell'Università sembra aver fatto scalpore. Ne avrà parlato sicuramente la televisione nazionale!

OZIERO:

        No. Davvero non ne so nulla.

PANNONE:

        Plausibile. Ne ammazzano tanti all'Università.

OZIERO:

        Avrei giurato che stavi tu in queste retrovie delle Camere di Consiglio!

PANNONE:

        L'ho detto sempre che sei un mago! Ma come hai fatto!

OZIERO:

        Tu lasci tracce nel cesso consiliare, my lord, così come il ladro inesperto lascia impronte.

       

PANNONE:

        Che vuoi dire?

OZIERO:

        Hai fatto pipì tutto per terra! Pipitone!Uh! Uh!

PANNONE:

        E come fai  a dire che sono stato io a fare pippi per terra?

       

OZIERO:

        Perché solo un giudice disordinato come te può fare quel laghetto!

PANNONE:

        Vuoi bere? Acqua tira acqua.

       

OZIERO:

        Dai. Cosa ti sciroppi?

PANNONE:

        Coca cola!

OZIERO:

        A me non la fai! Questo è vino. Perciò innaffi per terra. Sbarelli e non colpisci il buco!

PANNONE:

        Ah perciò ho la bocca impastoiata. Ho sbagliato gusto. Bevi?

OZIERO:

        No. No. Prosit.

PANNONE:

        Prosit.

PANNONE:

        Pinot di Pinot di Pinocchiot!

OZIERO:

        Oh! Oh! che combini!

PANNONE:

        Niente, niente... La toga può sempre pulirsi. E' per il vino che  a me dispiace!

OZIERO:

        Quel merde nôtre travail!

PANNONE:

        E' un lavoro nobile, illuminato.

OZIERO:

        Di là, forse, c'è luce. Qui, in questo cunicolo che collega le due camere di consiglio, c'è solo oscurità.

PANNONE:

        Sì, dovrebbero mettere più neon.

OZIERO:

        Forse nemmeno se squarciassero questa volta e c'inondassero di sole, riuscirebbero a dare calore a noi due poveri reietti della giustizia!

PANNONE:

        Noi due?! Io sono un paria. Ma tu... così brillante!

OZIERO:

        Paria?! Pascià piuttosto... Tu che mangi abbondante, che ci fai qui nei retrofondi? Ti vedo sempre girare qua dietro... quando ti vedo.

PANNONE:

        Che vuoi. Quei due là parlano, parlano, parlano. Io non seguo più nulla. La lettera 16 febbraio '96 poi corretta in 17 febbraio sotto l'aspetto dell'errore materiale... Le comunicazioni della banca... La fotocopia del passaporto. La lettera ... le comunicazioni... l'errore materiale... Il caca... il 16 febbraio... le comunicazioni... no il 17 febbraio. La fifig... L'originale. La fotocopia. La fotocopia!! La fotocopia del passaporto. Ecco io non sono più un uomo ma la  fotocopia inchiostrata della foto sbiadita su un  passaporto.  La copia della copia burocratica di un uomo.

OZIERO:

        Tutti siamo fotocopie di qualcos'altro, la sequenza fotografata di un nulla. Una progressione infinita di passaporti e di fotocopie dietro cui non c'è che le trou du cul de la grande vache cosmique!

PANNONE:

        Sì grandissima... la vacca cosmica...

        Pannone si soffia il naso con un fazzolettone, tirato dalla tasca destra, innescando una sorta di gran pernacchia-scorreggia.

        Poi fa una scarica di starnuti, addosso a Oziero che si allontana schifato, soffiandosi poi il naso con la manica della toga.

PANNONE:

        Scusa... allergia primaverile. Hai un bicchiere pulito?

OZIERO:

        No, che non ne ho... A che ti serve?

PANNONE:

        Devo prendere la vitamina C. Meglio quelle effervescenti naturali. Anche le vacche magre le preferiscono....

OZIERO:

        Questa sembra la notte più buia del mondo... Quella in cui anche le vacche bianche della giustizia paiono scure....

SCENA II

REIETTI

VOCE SAX. PEZZO TRISTE.

PANNONE:

        Muuuu. Muuuu. Muuuu. Quando il soggetto, vero o apparente che sia, comincia a essere conosciuto, stufa. Lo sai che non mi hanno promosso? Pensano che io sia sciocco.

OZIERO:

        Non ti dare pena!

PANNONE:

        Anche tu lo pensi?

OZIERO:

        No. Tu sei qua dietro a non far niente. Il tuo silenzio crea tutte quante le cose. Mentre quei due compari là dentro con le loro chiacchiere scritte pensano di fondare il mondo. Tu non ti muovi. E fai tutto quel che c'è da fare. Cioè, nulla. Sei un saggio.

PANNONE:

        Davvero?

OZIERO:

        Certo. Loro faranno saltare l'universo con la babele di stupidità spacciate per logica pura che annotano in sentenze anòdine. Intanto per galloni, per mostrine et similia  guai ai depistati! Ti sono complice, collega: anche a me è capitato. Non mi hanno promosso.

PANNONE:

        Mi fai vacillare!

OZIERO:

        E' così, Fritz. Gli eccessi in certe aule del potere sono sempre follia pura.

PANNONE:

        Ma tu sei un genio!

OZIERO:

        Dò fastidio. Il mio stesso esserci, senza che mi muova, è il segno del fallimento degli altri magistrati.

PANNONE:

        Il nostro guaio è che non abbiamo percorso canali non ufficiali. Altrimenti ci avrebbero promossi.

OZIERO:

        Vuoi dire che manovrare fa bene nei meandri della burocrazia?

PANNONE:

        Sì. Se ne possono giovare savi e folli. Ma tu non indicavi modalità fantasiose, astruse,  incredibili per fare giustizia? Eri umano, tu....

OZIERO:

        Troppo umano. Tutto è cominciato quando presi a fondare condanne su prove univoche, fortissime, inequivocabili, erogando pene miserrime. I Grandi Vecchi della Giustizia ammettevano in un   afflato di luce che avevano rubato il mestiere a dio, ma poi davano legnate alla libertà dei cristiani con foia peggiore di quella al peperon rosso del diavolo! Bisognava ridurre il giudice ai minimi termini. (Pausa) L'ho fatto... E chi non lo fa è boia!

PANNONE:

        Allora io sono colpevole. Perché seguo sempre il presidente. Lui è la saggezza in persona!

OZIERO:

        No. Anche tu, come me, attaccavi al carro la tua ruota che pur stritola ossa.  Adeguandoti in paradoxo con istintiva tattica cinese asciugavi la rabbia del vecchio che altrimenti sarebbe esplosa ancora più irosa e micidiale sulla pelle dei reclusi!

PANNONE:

        E pensare che ho sempre visto il presidente come un grande mandarino. Lui è così autorevole!

OZIERO:

        La sbobba della presunzione gli colora di rosso le sante gote da giusto del coglione che è!

PANNONE:

        Non dire parolacce. Gesù prende collera.

OZIERO:

        Non con me, che perdòno i più grandi delinquenti. Ho scelto un'alternativa rapida, forse comica, comunque tragica.  Assolvere tutti!

PANNONE:

        Perciò ti chiamano l'orsacchiotto. An-gelina! L'orsacchiotto...

OZIERO:

        Loro, i giudici, sono dei gran Barbieri. Entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem. Legge della parsimonia... nelle prove, non nei costumi, e rasoio di Occam per tagliare in breve tempo il pelo fino alla libertà della gente in un sol colpo!

PANNONE:

        L'orsacchiotto col rasoio di Occam... Oh cacchio! Non vi è mai tragedia in atto, ma sempre in potenza per i saggi... Tutto sotto controllo.

OZIERO:

        Belle parole Fritz, mentre l'ostia t'illumina  e il sangue esce a fiotti dalla bocca dei dannati. Si vede che hai fatto il classico.

PANNONE:

        No, lo scientifico. Ho fatto lo scientifico, io. (Pausa) Forse i cattivi, con fare epistemologico, si sono scelti la pena con le loro stesse mani. Noi, uomini pappine, siamo il braccio di Dio che versa l'obolo della povertà.

OZIERO:

        Al limite realizzando pagamenti in natura....

PANNONE:

        Forse. Abbacchi e polli. Oltre a fegato e fettine.

OZIERO:

        Permuta di libertà e gabbie! Acquisizione nascosta di anime barattate per fascicoli, dossier inquacchiati di polizia, chiacchiere scritte! La prassi era già in auge. A partire dai dì romani fino ad arrivare all'Inquisizione e giungere a noi, via Guillottin.

PANNONE:

        Maudits les brasseurs d'affaire.

OZIERO:

        Vedo che ti convinci facilmente, scassone!

PANNONE:

        Con te mi viene facile, tu che sei un sassone. Anzi no, pirata mediterraneo della legge. Visto che vieni qua dietro a raccontarmi un sacco di balle. Il Presidente, se ti sentisse, si offenderebbe. A morte.

SCENA III

MONACHESIMO DI TEMI

VOCE SAX. PEZZO INCAZZATINO.

        Oziero prende il giornale di Pannone dalle sue mani,  lo sfoglia distrattamente e canticchiando va girando in scena.

        Intanto Pannone accende una sigaretta con bocchino  e fuma.

OZIERO:

        A te, chi ti ha inguaiato Pannone?

PANNONE:

        E' stato il Presidente, quell'altro, l'Oscuro. Homo faber che amava martellare gli altrui mondi per non pensare agli affaracci propri. Mi fece un rapporto negativo. Lavoravo poco, ero uno scapocchione, io... (Pausa) La verità e la giustizia sopra tutto! Anche sopra gl'imbecilli. Quant'era intelligente lui, il Lucifero di Temi, che sapeva tutto di me...

        Forse era vero. Io ero un semifannullone.

        E sia. Da allora ho loro negato anche il poco. Ora, senza promozione sono un  nulla, uno che non c'è. Ergo, libero dal corpo-giudice, non lavoro più. (Ride come un matto e si mette a cercare per terra.) C'è Pannone? No. Alice non abita più qui. O mio cappellaio matto!".

OZIERO:

        Cosa hai perso?

PANNONE:

        Una pillola.

        Oziero aiuta l'amico a cercare la pillola.

PANNONE:

        Là là. No, è solo un foglietto di carta. E poi mucantil è di colore rosso.

OZIERO:

        Non ne hai altre?

PANNONE:

        Sì a casa.

OZIERO:

        A che ti serve?

PANNONE:

       

        Per il catarro. (Fa uno starnuto addosso a Oziero che si allontana schifato) Mi tormenta.(Pausa) A te, perché non ti hanno cacciato?

OZIERO:

        Perché ho famiglia. Velo pietoso e crudele. Bieca elemosina.

PANNONE:

        Sono cristiani. (Pausa)Tu almeno, pur buddista laico, hai moglie e figli. Io sono solo come uno scemo. No. Come un cane. Bàh... un cane scemo. (Pausa) Quelli là amano le bestie e i cani non li cacciano. Sì tu hai moglie  e figli. Sei un cane con famiglia.

OZIERO:

        Moglie, figli. Dolori, come proclamò quel santo là. Quante volte vorrei abbandonare tutto  e ritirarmi in convento!

        Oziero tira fuori un cappellino a cilindro rosso e se lo mette in testa; indi estrae un rosario dalla tasca.

PANNONE:

        Sto bene? Faccio figura?

OZIERO:

        Bene. Benissimo. Stai benissimo!

PANNONE:

        Sacerdote di Temi cacciato in monastero. E il superiore a dire: Qual buon vento, o Fritz, ti porta  a 'sto convento?

OZIERO:

        Vento greco, vento buono. Fai un figurone! vestito così.

PANNONE:

        Io da piccolo volevo fare... Quando mi chiedevano: Cosa vuoi fare da grande?, Il papa! rispondevo. Così potevo avere un sacco di chierichetti sotto di me. Poi il corpo mi è cresciuto, capivo che era impossibile e a 14 anni volevo fare solo... il chierichetto. A 18 me ne è passata la voglia. Ho cominciato a pensare che il mio amore, una sola persona al mondo che può amare uno come me, si trova in un altro paese, ad esempio in Pulcheria. Forse là avrei avuto una moglie pazza  e due figli scemi... Sempre meglio di niente in Pulcheria...

OZIERO:

        Dove si trova questo paese?

PANNONE:

        All'estero. Porcheria è all'estero.

OZIERO:

        Io qua in patria, sono solo, con famiglia.

PANNONE:

        Ma ce l'hai almeno qualche amico?

       

OZIERO:

        Pochissimi. E tu?

PANNONE:

        Sì. Un po' più di te. Sai qualche carcerato qua e là. Anzi un solo ex carcerato, un pensionato... Praticava saggezza greca. Late biòsas. Vivi in disparte. Si è fatto mettere dentro... Più saggio di così.

OZIERO:

       

        Stai qua, stai di là, fuori dentro, dentro fuori, comunque fai sbagli. Pensi di essere libero, uccello impazzito, ma la gabbia da dosso non te la  leva nessuno. (Pausa) Ma se sei anonimo e non rompi le scatole, nessuno ti tocca. La toga protegge gl'ignavi.

PANNONE:

        Io sarei un ignavo?

OZIERO:

        No, no, no. La tua imbecillità, scaturita dall'incidente, è una grande saggezza. Sinceramente t'invidio.

PANNONE:

        Comunque fai sbagli.

       

OZIERO:

        Sì. E' così, Fritz.

PANNONE:

        C'era una volta un trio curioso. Un vecchio, un ciuco e un bambino.  Il vecchio cavalcava il ciuco e il bambino a piedi. Nel passaggio c'era chi vedendo il gruppo gridava:       

        Guarda un po' quel vecchio. Lui sulla bestia e il povero bambino a piedi!

        Il vecchio scese dal ciuccio e il bambino montò la bestia.

        Nel passaggio c'era chi vedendo il gruppo gridava: Guarda un po' quel marmocchio. Lui sulla bestia e il povero vecchio a piedi!

        Il bambino scese dall'asino e insieme al vecchio camminarono a fianco della bestia.

        Nel passaggio c'era chi vedendo il gruppo gridava: Guarda un po' quei due piveri fessi. Loro a piedi e la bestia se la gode!

OZIERO:

        Io la sapevo con un finale un po' più forte. Il vecchio e il bambino sollevarono il ciuco in alto per fargli passare un ponte di corda stretto. La bestia prese a  oscillare e alla fine, ragliando come un dannato, cascò giù nello sprofondo. Yaòh! Yaòh! Yaòh! E plàf! làggiù a  schiantarsi dentro il fiume!(Pausa)Dove l'hai appresa questa storiella ridotta?

PANNONE:

        Ridotta? No, ne immagino una ampliata in cui tutti  e tre passano sul ponticello  e... spataplasc. Le corde non reggono... eeeh... oooooòh! Pluuuf! Un bel bagno comune e tutto finish! Glo glo glo glo! La storiella ridotta l'ho appresa sull'enciclopedia multimediale di mio cugino. L'ha tirata fuori lui. Dal demonio artificiale. Io detesto il computer.

SCENA IV

STRUMENTO ALCHIMISTICO

VOCE SAX: COME  DI TANGO.

OZIERO:

        A quest'ora di pomeriggio mentre le nostre anime sono stanche per troppe condanne, un sax si leva tra i corridoi già sfiorati dalla morte della sera. Chissà da dove viene questo suono....

PANNONE:

        E' bella la musica.

STOP AL SAX.

OZIERO:

        E' lo stridore stesso della caduta umana.

PANNONE:

        Ma tu lo ami davvero questo lavoro, Oziero?

OZIERO:

        Lo amo e lo odio. Ho sperimentato l'animo umano nella fierezza della forza accusatoria. Feroci magistrati inquirenti che si lanciavano sui colpevoli spenti come assatanati succhiatori d'anime umane. Hyaena ridens, quanto ti pagano per far ridacchiare la tua maculata onestà tra le carogne!

PANNONE:

        Il cerchio dell'ipotesi accusatoria mi fa paura. La Ragione è la vera Follia.

OZIERO:

        La Follia è la Ragione dell'Uomo in Grande, lo Stato.

        Pannone fa uno starnuto. Rovista nelle tasche, tira fuori dalla tasca sinistra il fazzolettone per pulirsi ma ne fuoriesce carta igienica che gli rotola per terra.

OZIERO:

        Carta igienica da casa... Lo Stato è grande ma in questi tempi è povero, povero, poverrimo... Tanta carta per sentenze,   sentenze, sentenze e poi...  plòf,  non ha nemmeno i soldi per pagarci la carta igienica... carta vetrata per questi androidi cul-de-fer!

PANNONE:

        Oh chemin de fer! Scemoni di ferro! Le male lingue dicono che qualche magistrato accidioso o tirchio ovvia pulendosi alla turca, acqua fresca e carne rosea....

OZIERO:

 

        Ne sai niente Pannone?

OZIERO:

        Non mi guardare così, ti prego. Mi metti in soggezione.

PANNONE:

        Io  a te?

OZIERO:

        Sì tu a me! Io uso fazzolettini profumati, sai.  Soffio tutto, io, coi fazzoletti profumati. Soffio e netto  tutto coi fazzolettini  'Violetta d'Arabia', tre veli platonici di morbidezza.

PANNONE:

        Chiunque lo faccia o lo abbia fatto l'autobagnetto ecologico, quel che è stato è stato... Que serà, serà e ciò che succederà, lalalalalà lalà che serà serà. Lo Stato!

OZIERO:

        Allora tu lo ami questo Stato, così povero, scartato,  squartato, eh Pannone?

PANNONE:

        No, no. Te lo dico in confidenza. Lui è il gran caprone, altro che povero! Quando è forte coi deboli;  e debole coi forti.    Bisogna trasformarlo. Forte coi forti; debole coi deboli.

OZIERO:

        Bravo Fritz. Sciiuu... Molti inorridiranno per quello che osi blaterare.

PANNONE:

        Sì. Taci la Nazione ti ascolta.

OZIERO:

        La Nazione o... il Presidente?

        Pannone rincantucciandosi nella toga si porta sotto sotto la Camera di Consiglio a origliare.

PANNONE:

        Lavorano, discutono, decidono le sorti dell'umana gente! Il Presidente non mi ha sentito!

OZIERO:

        Le nostre anime si perdono. Là tra fiumane di parole insensate, aggiogate da supporti cartacei che non supportano un fico secco. La tua colpa è che osanni troppo il Presidente.

PANNONE:

        Io sono uno che canta e balla in autobus.(Prende a cantare e ballare col leggio) Ma quando bevo coca cola chiedo sempre permesso al Presidente. L'Illuminato.

OZIERO:

        Pactum sceleris dei giudici col demonio egizio pesa-anime.

PANNONE:

        Ce l'hai con me, vero?

OZIERO:

        O povero agnello innocente! Non stiamo facendo il processo a Pannone, ma a Oziero. Io e te. La mia coscienza aperta sulla tua. Tu così più puro di me, innocente. Io colpevole.

PANNONE:

        No, no. La colpa è mia. Per come sono... (Avanza a girotondo a spirale).

        Ce ne sono tanti di magistrati savi che se ne vanno in giro  a testa bassa, strani, assenti, cattivi, ammantati della loro normalità. Loro intabarrati nelle loro supermacchine d'acciaio...

        Il male sono io che vengo a piedi in ufficio... Nelle lunghe giornate d'inverno, uggiose, quando la burocrazia del 2000 per risparmiare, ancora lesina sul riscaldamento, mi piace di primo mattino poggiare le suole congelate  sulle marmitte calde delle auto nel parcheggio.

        Una volta mi ha beccato il collega Chiappini. Mi ha visto e ha fatto finta di non vedere. Non ero io imbarazzato a riscaldarmi ma... lui a cogliermi sul fatto! Ha messo la testa nel cappello e se l'è filata bel bello. Lui, il capace d'intendere e di volere, a gustarsi i suoi piedi ghiacciati sotto i banchi giuridici del Cocìto! Chi è il matto io o lui?

OZIERO:

        Lui, lui... Loro, mio suonato buono. Io e te suoniamo insieme. Ma suoniamo meravigliosamente. Sono Ulissi normali che hanno tappato gli orecchi con la cera per non sentire la follia delle nostre togate Sirene Armoniche che ci fanno felici.

PANNONE:

        Basta con le premesse di carattere storico-omerico.

OZIERO:

        Va bene. Non divaghiamo e andiamo al sodo. C'è un proprietario unico delle nostre anime. Ed è lo Stato. Sono 20 anni che vivacchio qui. La giustizia non fa che massacrare povera gente, popolani di borgata, poveracci già morti. Per i pesci grossi, sbattuti dalle onde della vita sugli arenili di Temi, si costruiscono castelli-prigione di sabbia, sempre più belli, montanti, scintillanti. A vederli da lontano sulla rena   biancastra, all'alba, sembra che realizzeranno la giustizia universale in terra. Poi viene qualcuno al momento opportuno. Puf! Dà un calcio  e crolla tutto. E per le murene dai denti d'oro l'ultima spiaggia non arriva mai... Per i poveracci, i castelli sono fatti di puppù come quella secca e dura come si usa nelle costruzioni di Marrakech. A quella là nessuno dà calci. Ci si sporcherebbe la punta della scarpa!

PANNONE:

        Lo Stato. L'Uomo in Grande. Regge in mano la Bilancia della Giustizia. Tutta d'oro massiccio.

OZIERO:

        Non tutto quel che luce è oro. (Pausa)Oro-cacca. Aurea merdiocritas. L'oro è lo sterco del diavolo.

PANNONE:

        Il Presidente è un alchimista. Egli trasforma il materiale grezzo in sostanza preziosa.

OZIERO:

        Puppù. Pur-pu-reo. Pù. Aurea merdiocritas. Res iudicata facit de albo nigro et aequat rotundum quadratis. La sentenza, una  volta passata in giudicato, trasforma il bianco in nero e realizza la quadratura del cerchio.

PANNONE:

        Alchimia, appunto!

OZIERO:

        Alcacchìa. La nostra giustizia avanza non per prove ma per metafore. Se uno ha venduto un pezzetto di 2000 dosi di hashish si presume che venderà anche le altre 1999. E se le consuma lui? Se le butta a fiume? Se le dà al gatto del vicino per ammazzarlo? Una pazzesca sineddoche: si usa la parte per il tutto con un salto logico tale da schizzare dalla terra alla galassia di Andromeda. Incredibile! Alcuni inqualificabili magistrati... di Torquemada spacciano per prove le loro costruzioni letterarie!

PANNONE:

        Figure retoriche per non fare la figuraccia di mandare tutti assolti. Il 95 % dei nostri processi sono sforniti di prove!

OZIERO:

        Ma allora tu segui. Sei cosciente Fritz!

PANNONE:

        Coscientissimo. Io non parlo, non vedo, non sento.  Io sono quello che ho capito tutto sul mondo. Pura follia. Meglio starsene zitti.  Bevi e sta zitto!

SCENA V

IL GENIO DELLA BOTTIGLIA E DELLA SCATOLETTA

VOCE SAX.Pezzo inscatolato.

        (SCATOLA - BISCOTTI - CIOCCOLATA)

STOP AL SAX.

PANNONE:

        Un segreto. Il Presidente e l'altra, la giudicessa... io glielo dico sempre che doveva fare l'attrice e non il giudice... Il capocomico e la saltimbanca.  Capaci di non mangiare  una giornata intera!

OZIERO:

        Sono come cammelli. Fanno riserve di cibo e sudore per le lunghe sgroppate nel deserto della patologia umana.

PANNONE:

        Bravo! Ma io no. Sono umano io e ho bisogno di nutrirmi. Loro qualche volta mangiano... Hanno nascosto cibarie e io me le    rubacchio, anche se un giudice non dovrebbe. (Dà cioccolata) Ecco  prendi, prendi....

OZIERO:

        Buona questa cioccolata.

PANNONE:

        E' svizzera. Gli svizzeri sono maestri nel fondente.

PANNONE:

        Bisogna mettere a posto, se no se  ne accorgono.

OZIERO:

        Prima o poi però se ne accorgeranno. Stai ripulendo tutto!

PANNONE:

        Sì, sì se ne accorgeranno. Così non metteranno più cibarie qua dentro. C'è anche del mio qua dentro... (Tira fuori un cartoccio fatto con un quotidiano. Lo dispiega sulla mano e si rivela esservi dentro un mazzetto di caramelle al limone senza carta).

PANNONE:

        Ne vuoi?

OZIERO:

        No, no grazie.

PANNONE:

        Ti assicuro che non le ho leccate?

OZIERO:

        No, no. Davvero grazie.

PANNONE:

        E poi se le avessi leccate era per fare la prova del gatto Felix. Non posso lasciare che un amico come te si avveleni(mastica caramella rumorosamente) Piuttosto avvelenerei loro... (Rovistando tra le cose nello scatolo tira fuori due libri) Guarda, guarda... Mi hanno macchiato d'olio la mia Critica della Ragion Pura e la somma Civitas Dei. Kant e Sant'Agostino.... Bello di papà, non t'hanno fatto nulla (Carezzando la Civitas Dei, ridendo e piagnucolando come  a consolare il libro del danno) Canta, Agostino. Canta... (Pausa)Il meglio del meglio per passare il tempo nelle lunghe noiose interminabili assunzioni testimoniali e peritali. Con  la collega addosso al presidentem, là in aula, e io a quattro metri debiti di  distanza, a sfogliare i miei superlibres.

        Pannone poggia con cura per terra i libri, mentre Oziero ride divertito. Poi, mentre si pulisce un dente, si mette a guardare in bocca a  Oziero.

PANNONE:

        Che bei denti!

OZIERO:

        Uso il dentifricio Annamaria, quello che leva la placca più solida.

PANNONE:

       

        Beato te... I miei sono tutti guasti. 120 milioni mi ha chiesto il dentista. Un'operazione chirurgica per ogni dente! 120 milioni potrei acquistare un monolocale per usarlo come studiolo... Sempre se campo.

OZIERO:

        Come, se campi?! Ma  se sei così in forma!

PANNONE:

        Dici? Sono molto dimagrito in questi ultimi tempi. Il naso... guarda il naso, vedi come s'è affilato?

OZIERO:

        Non mi ricordo di com'era prima....

PANNONE:

        Ahimè... me lo ricordo io.

OZIERO:

        Non ti fissare. Ogni cosa al suo posto, e le idee cattive in salamoia!

PANNONE:

        L'idea più cattiva è condannare gratis la gente. L'arroganza del giudicare!

       

OZIERO:

        La repressione è il passato, la permissione è il futuro. Nell'Eden tutto era lecito tranne l'accesso al  maledetto albero. Ora il penale è un'istituzione vecchia, antiprogressista, perché tende a reprimere. Bisogna ridurlo ai minimi termini per costruire il nostro nuovo futuro di esseri liberi! Curare invece di punire! Va bene?

PANNONE:

        Il penale è una punizione, forse inevitabile, per i peccati sociali commessi.

OZIERO:

        Noi abbiamo le argomentazioni logiche. Senza, ci sentiamo perduti...

PANNONE:

        Tutti quelli che ci vengono innanzi sono come personaggi in cerca d'autore. Ma non c'è l'autore. Ci sono i poveracci. I grandi artefici dei megacrimini sguazzano sulle spiagge assolate all'altro capo del mondo, a tagliuzzarsi gioiosamente le gambe sulle barriere coralline. C'è sangue che dà gioia, sangue che dà disperazione.

OZIERO:

       

        Il tuo Presidente macella bovini.

PANNONE:

        Ce l'hai con lui, non è vero?

OZIERO:

        E' colpevolista e forcaiolo. Tutti quelli che gli portano davanti, lui li deve condannare. (Si gira)

SCENA VI

LO SCANNATOIO DI TEMI

VOCE SAX. Pezzo scannatoio.

PANNONE:

        Giustizia è fatta.

OZIERO(si rigira):

        Giustizia è sfatta.

PANNONE:

        Son le cinque de la tarde. Da qualche parte in queste aule una sentenza giusta ha scannato la libertà di un uomo e il cuore dei suoi parenti.

OZIERO:

        Un uomo muore alla libertà, ridotto  a cadavere vivente. E sopra tutto ecco le sue donne a urlare per questa lama profonda, affilata, irrefragabile che Temi avida infila dentro i loro seni gonfiati invano  da una speranza di salvezza dell'amato. E il cuore si spacca,  e già le gole colpite ora alla cieca dal tremendo rasoio di giustizia emettono urla e strazio e  sangue.     Aaah! Cadono gl'innocenti!

VOCE SAX(PAROSSISMO).

PANNONE:

        Che schianto! Povere donne con le mani odoranti di varechina. Non dovrebbero essere ammesse in questi luoghi di perdizione e di dolore.

VOCE SAX IN DISSOLVENZA

        Repentinamente Pannone comincia a girare in tondo in un cerchio molto stretto.

PANNONE:

        Ho detto a questo Presidente. Non mi dare sentenze. Sono carico. Stracarico. Non voglio partecipare alla strage degl'innocenti. Quante sentenze!

       

OZIERO:

        Ma se non ne hai manco una!

PANNONE:

        Manco una? Presidente la prego... Mia madre sta morendo... Mia madre sta morendo... Sta morendo mia madre....

OZIERO:

        E' tosta tua madre... Non muore mai!Un bel sistema per non lavorare. Da quanto tempo sta per morire la tua mamma, eh Fritz?

PANNONE:

        Da sempre, amico mio. Da che sono nato. Io sono allacciato a lei  e sento sempre come se il vento che monta, e sale e fischia... dal cunicolo di luce oscura laggiù... come se  il vento me la portasse via...

OZIERO:

        Il mondo è un vuoto nulla....

PANNONE:

        Eh già... Chissà cosa c'è nella testa di questi giudici.

OZIERO:

       

        Come se tu non lo fossi.  Magistrato!

PANNONE:

        Sì, lo sono, forse, ma mi sento come sdoppiato. Sono io, un povero giudice scemo. Forse ce n'è un altro. Forse il mio doppio vive in Cina ad esempio. E' un grande mandarino, il miglior giudice del Fiume Giallo.

OZIERO:

        Potrei essere io il tuo doppio e tu il mio.

PANNONE:

        Perché no?! Follia sottile di giudici che alimenta il  letterario. Qua non c'è crisi, ma estasi d'identità.

OZIERO:

        C'è caducità di conti a questo mondo. Torna il giudizio sull'ermafrodito che si scompone in te e in me.  Condannare così risolutamente una cosa come falsa e impossibile significa presumere di avere nella testa i confini di Dio e limitare la potenza di nostra madre Natura. 

PANNONE:

        Tuttavia non esiste al mondo follia più grande del riportare i confini di Dio alla misura della nostra capacità e della nostra sicumera. Montagnoli.

OZIERO:

        Montaigne, vorrai dire. Pazzia accentuata dalla gloriosa incertezza delle etiche  e delle leggi. Ladri e folli gli uomini    di Temi! Pazzi divini e ladri di   tempo  alle  sentenze!

        Recitazione a fiumana montante.

PANNONE:

        Noi giudici siamo scolastici in perenne ritardo rispetto alla vita.

OZIERO:

        Largo agli empirici, ai pazzi, agli eretici, ai poeti. Non sono forse loro, a scrivere la storia del mondo? Viva gli uomini sbagliati nel posto giusto!

PANNONE:

        Se ci sono savi pazzi, perché non dovrebbero esserci pazzi savi. Tu che ne dici, Oziero... Guardati dai buoni buoni, dai veggenti veggenti, dai patriarchi patriarchi.

OZIERO:

        Se non si può liquidare un solitario  scomodo con l'accusa di vendere  sentenze o di  possedere sessualità anormale, agevolmente si può conseguire lo scopo qualificandolo come pazzo!        

PANNONE:

        E tutti grideranno: Ma che fa' è impazzito? E le pecore faranno eco ridanciana: Forse... Oh! Siamo uomini o caporali?!

OZIERO:     

        Anche l'assurdo ha una logica, perciò deve essere venerato come se fosse reale. Nulla è più orripilante, stringente,  caccoloso  della coerenza di fronte alla follia del mondo.  Ti disarcionerò, o logica, affinché le bestie del nostro giudizio si azzoppino nei salti agli ostacoli ed evitino gli scempi dei verdetti alla Frankenstein!

PANNONE:

       Con le tue assurdità umane noi siamo gli eterni giudici, gli eterni imputati di noi stessi.

OZIERO:

        La mia follia è quella della Pizia, dell'oracolo. O poeta dell'incantamento, grida pure: Giudice devi rifarti vate.

PANNONE:

        Spesso si raggiunge il verdetto non con l'armonia di Apollo ma con un autentico atto dionisiaco di vera follia. Solo il supremo Sapiente giunge all'Ignoto.

OZIERO:

        Sapienza occulta, irriferibile, dei folli. Follia. Poesia. Judex sapiens  e mattacchione ad un tempo...

        Oziero e Pannone si portano al leggio n° 1. Là s'inginocchianoa recitare.

OZIERO-PANNONE:

        Io che brandivo il flagello, che spaccavo le bilance,

   che percuotevo con fruste e spade;

        io, che odiavo tutti i contravventori della legge;

   io, legalista, duro e inesorabile,

        che spinsi la giuria ad impiccare il folle, Barry Holden

   fui come ucciso da luce troppo forte per gli occhi,

   e mi destai a cospetto di una  Verità  con la fronte          insanguinata...

   Un forcipe d'acciaio mal manovrato dalla mano di un             

           dottore

   contro la testa del mio bambino che entrava alla vita

   fecero di lui un idiota.

   Io mi volsi ai libri della scienza

   per poterlo aiutare.

        E' così che il mondo di chi ha la mente malata

        divenne il mio lavoro nella vita, e tutto il mio mondo.

        Povero bambino rovinato! Tu fosti, infine, il vasaio

        e io e tutti i miei atti di carità

   i vasi sotto la tua mano.

PANNONE(sollevando la testa):

        Povero il  Procuratore di Stato Fallos. Lui condannato nel suo folle perbenismo, là nella controcittà di fantasmi  ormai giacenti dietro le lapidi di un erboso cimitero del Midwest. Spoon river...

VOCE SAX

PANNONE:

        Mitico blues....

STOP AL SAX.

PANNONE:

        Nella infinita varietà dei tipi balordi che arricchiscono la specie dell'homo sapiens, il più balordo di tutti, il più scemo, è senza dubbio, ripensandoci, il Presidente.

SCENA VII

L'ORIGLIANTE

        Pannone riprende a ridere come un matto. Poi si avvicina alla porta della Camera di Consiglio, vi mette l'orecchio, e si trattiene con la mano sulla bocca per non farsi ascoltare. Ma riesplode e se ne viene al centro poggiandosi su Oziero per non cadere.

PANNONE:

        Trattano una violenza carnale. Che mestiere il nostro con tante storie passionali ai confini tra ragione e follia.(Pausa) Io ho un Angelo Guida, mio caro. Si chiama Rubicondo perché  è alquanto pazzo ed ha il pelo fulvo con ricche tonalità più intense

OZIERO:

        Tienitelo caro il tuo spiritello metafisico. Stai attento a non allearti a  questi sederini di piombo!

PANNONE:

        Bumme! E' crollata una torre. Sono coinvolti nel caso alcuni sterratori e una ragazza, una prostituta. Si inizia, si muove un'inchiesta giudiziaria, si cerca il capro espiatorio. Quei disgraziati saranno condannati o assolti, uscendone, se innocenti, storpiati o impazziti.

        Oziero si avvicina anch'egli alla porta a origliare. Poi torna al centro scena.

OZIERO:

        Ragionano, i tuoi amici là dentro. E come!

PANNONE:

        C'è la collega... Non parliamo delle intellettuali. Ti fanno diventare pazzo.

OZIERO:

        Nel disegno lucidamente visionario della Dea Temi, la pazza, due  giudici - un vecchio maschio e una giovane femmina - ricompongono in una sola fattispecie, scorrendo la casistica del bene e del male, i brandelli sanguinosi della parola giustizia.

PANNONE:

        Storia giudiziaria o teatro come carne al sangue?

OZIERO:

        Ad libitum, Fritz.

PANNONE:

        Quelle donne giudici! Piene di dubbi, reticenze, sofisticherie, analisi, ragù.

VOCE SAX: PORTO AZZURRO.

OZIERO:

        Meglio il sassofono...

VOCE SAX IN DISSOLVENZA

OZIERO:

        .di      quei due là dentro, che pure sono umani. Porto Azzurro... regno estivo di libellule... gabbia d'oro di anime bagnate dal peccato!

VOCE SAX URLANTE.

PANNONE:

        Senti come urla... il Presidente è impazzito!

VOCE SAX URLANTE.

OZIERO:

        Eccolo il Presidente urla ancora, come una belva in calore...

PANNONE:

        Sembra una belva in gabbia.

OZIERO:

        Bravo! Ben detto! Vedi questo edificio? E' il reclusorio del nostro sogno di libertà. Le mie follie artistiche  e le tue ragioni di matto savio. Strutture che sembrano opera di un pazzo. Opere in cemento fabbricate con doppio-triplo terrapieno, vere scatole cinesi costipate di non pochi magistrati imbecilli e saggi incartapecoriti. E laggiù ci sono le tetre celle....

VOCE SAX.

PANNONE:

        Ho terrore del carcere. Ne morirei.

OZIERO:

        Anche noi siamo in gabbia, Pannó. L'internamento della vita colpisce non solo i  vagabondi, i mendicanti, gli epilettici, i prodighi, i dissoluti, gli imbecilli, ma anche le persone che, essendo vicine alla verità, devono essere neutralizzate.

PANNONE:

        L'internamento esistenziale è  una terapia necessaria. Continua. Imperterrita....

OZIERO:

        La vita trama contro la felicità dei singoli.

PANNONE:

        Certe volte c'è da perdere la testa in quelle camere di consiglio interminabili... Sono vere camere dei pazzi.

OZIERO:

        Ci stiamo invecchiando Pannone. Il mondo si è capovolto e la rivoluzione del nulla la fanno i veterani.

PANNONE:                  

        Quand'ero pretore a Cepalò dovevo controllare che i salami fossero annodati e recassero sopra i bolli della guardia di finanza. Bei tempi quelli. Bei salami....

OZIERO:

        Ahimè cascano le bisunte toghe tarlate dimentiche del latinorum e i  fiato miasmatici imbastiscono verdetti di schiavitù.

PANNONE:

        Tra noi giudici, non c'è problema. Tanto non succede mai nulla.

OZIERO:

        Si cambia tutto, per non cambiare niente. L'uomo è misura di tutte le cose. Di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono. Noi formichieri sugli alti scanni coi musi puntati. Laggiù come  formiche impazzite brulicano negli uffici giudiziari utenti addolorati di Madre Giustizia.

PANNONE:

        Puttana Temi! E quelli là, là fuori... Suonati peones... attendono che qualcosa migliori.

OZIERO:

        Il vero folle non è colui che cerca di trasformare la realtà ma chi vi si adagia e non tenta di migliorarla. Applicare la legge nella forma è da pazzi perché la legge è statica e il mondo muta le cose e le coscienze. Vedi i commerci....

PANNONE:

        Quanta disumanità!

OZIERO:

        Paga domani. Contesta.

PANNONE:

        Nega tutto e poi comprometti.

OZIERO:

        Non mettere per iscritto impegni. Lascia sempre un margine per non eseguire il pattuito. Contesta la merce se non vuoi pagare. Usa testi favorevoli.. In affari, legati al carro vincente, sempre. Fai i soldi come puoi: dopo potrai permetterti il lusso di fare l'onesto. Infine non invischiarti con leggi morali.

PANNONE:

        Vero, vero, tutto sacrosanto vero.

OZIERO:

        Ma cosa c'è davvero nell'impermanenza della insignificanza al mondo? Eh... spiegami Fritz.

PANNONE:

        Ciò che non ha misura, si misura con la follia o con l'amore come cantava quel nostro collega suicida.

OZIERO:

        Povero Galletti... Eppure era un grande poeta lui. Un eroe sconfitto? Un giudice corrotto? Comunque un uomo sballottato dalle onde e dal  caso, il  quale cerca vana terapia alla sua follia nella letteratura... Quante rondini impazzite sforna la luce del sole a primavera. E poi eccole cadere trafitte al tramonto, ammantate  da frecce in nugolo.

PANNONE:

   Si vociferava finanche di  un rapporto incestuoso  con la pazza sorella Caterina morta per male incurabile due anni prima. La conoscevo da giovane, Caterina. Gran bella donna. Intelligente. Si era messa nella finanza, ma poi aveva subito un crack... Che sia stata lei a provocare la caduta morale del fratello?

OZIERO:

        Chi va con la zoppa impara a zoppicare.

PANNONE:

       

        Ne so io qualcosa. Avevo una ragazza Giulia. Diventò la voce del sesso e dell'inferno. L'ascoltavo, la guardavo implorante  ma lei taceva alla profferta d'amore di un povero idiota. Quando da lontano la vidi con le labbra schiuse tra le braccia di un altro, sotto un cipresso, mi urlò il cervello di dolore.

OZIERO:

        Non ti dar pena monaco Pannone. Quanti mali ti sei evitato! Forse per un giudice è meglio l'astinenza... dai dolori della vagina.

PANNONE:

        Giudice bonzo! Perché hai fatto il magistrato, Oziero?

OZIERO:

 

        Mammà voleva che facessi il medico. Per diventare tecnico dei mostri corporali in un ospedale che è sede di emarginazione psicofisica con malati affossati nell'ozio e direttori spocchiosi. Meglio il manicomio. Il regno della follia pura.

PANNONE:

        La follia è stata sempre sinonimo di ferocia, di infamia, di vizio, e non di verità.

OZIERO:

       

        Ma che dici!? Il folle è il saggio.

PANNONE:

        Un incapace, piuttosto.

OZIERO:

        Un perseguitato, direi... ed un uomo solo.

PANNONE:

        Non snaturarti amico, mai. Non deviare, non farti deformare. Solo così potrai accettare l'olocausto per la verità, riproducendo lo scandalo della Croce. Quale ragione potrà giudicare la follia?

OZIERO:

        Non mi giudicare male, fratello Pannone, se tu taci e io grido. Sei più forte tu. Ma io sono un giudice che non vuole tacere. E il non voler tacere è il passo originario prima verso la giustizia giusta e poi  verso l'umanesimo, quando il grido della scimmia sola si disperde tra la folla dei sordi. Il mio urlo fa eco nel tuo silenzio.

SCENA VIII

BILANCIA FINALE

VOCE SAX.

PANNONE:

        Fai pure quello che vuoi, fratello Oziero. La tua purezza te lo concede. La città è colma di robot. Alluvione di escrementi,   marroncini,  a forma di frac, smaniosi di sporcarti le suole. Mia madre smaniava per venire in città. Qua mio padre impazzì. E con stenti mamma dovette lavorare. Accumulò risparmi per comprare una casa al paese. Andare e tornare. Andare e tornare. Girare a vuoto.

OZIERO:

        La città è impazzita, le vie sono piene di fumo e barricate, i gipponi della polizia  sono bruciati. Non c'è rispetto per i giudici, e nemmeno per se stessi. La città è impazzita e la gente pretende il miracolo del santo di maggio nel mese di Gennaio.

PANNONE:

        Sciogli il sangue, San Gennaro! Ca se no, c'è apocalisse!

OZIERO:

        Di fronte all'invasione del male, il sistema dei giudici è inefficiente, spesso s'avvinghia a forme effimere. Certi giudici farebbero bene a fare gli archivisti del catasto. Meglio annullare la pratica di un individuo che scomparirà dal consesso umano alla maniera di quel tal Mattia il Matto.

PANNONE:

        Se non muori pazzo, in un manicomio criminale. Forse tua madre potrà beneficiare della riparazione dell'errore giudiziario. Risultato: una vita ingabbiata per sbaglio. Risarcimento di un  milione... semplice elargizione elemosiniera. (Pausa)Come fare per trovare una via per la saggezza pratica?

OZIERO:

        Tu che proponi, Pannone!

PANNONE:

        Io sono cristiano. Analizzo tutto secondo i canoni della mia religione.(Tira fuori dalla tasca della giacca dei santini) Ecco prendi... li raccolgo nelle chiese della città. Anche se non credi, trattali bene. Se no, ti portano male.

OZIERO:

        Santi, madonne, sacra sacrorum. No, no, no. Che ne faccio?

        Oziero fa per restituire le figurine.

PANNONE:

        Tu sei un giudice superintelligente. Affondi con la tua mente in tutto lo scibile: la mitologia, la computeristica, l'astrologia. A me, invece, piacciono i santini. Tieni, prendi, prendi.

OZIERO:

       

        Sì, ma che me ne faccio?

PANNONE:

        So che tu non credi... Ma prendili lo stesso, questi santini protettori. Per la pace delle discussioni nella Camera di Consiglio e la concordia degli spiriti. Io prego la Madonna, il Bambino, sant'Antonio. Queste sono miracolose e io m'inchino deferente. Io sono umile... non umile e presuntuoso. Ci sono  sedicenti umili che sono dei grandi orgogliosi. Io sono proprio terra terra... (Pausa) Sono vicino al popolo, io. (Vedendo che l'altro cede tira fuori altre figurine) Ho anche le figurine con le anime del purgatorio... Prendile, prendile! Fammi felice!

OZIERO:

        Va bene. Non ce n'hai qualcuna dell'inferno? Quelle piene di fiamme e detenuti!

PANNONE:

        No, no! Quelle sono maledette....

OZIERO:

        Rrraaau!

PANNONE:

        Oh! Oh! Mi fai paura!

OZIERO:

        Tranquillo!(Pausa. Mostrando una figurina) Ma questa qui con tutti questi cerchi concentrici cosa rappresenta?

PANNONE:

        E' la mia via per la saggezza. Virtù teologali: fede, speranza, carità... E cardinali: prudenza, fortezza, temperanza e appunto la giustizia.

OZIERO:

        Quale porta il primato?

PANNONE:

        La giustizia, come un portiere d'albergo, apre l'uscio all'affermarsi di tutti gli altri valori. Il grande Erasmo il folle era convinto che la fede e le idee valgono assai più della vita. Morì mentre pregava per i suoi persecutori. E io, misero, qua a piagnucolare. Mamma qua mi uccidono! Cosa sarebbe Pannone  senza la mammina? Attraverso di lei vive le sue esperienze di vita, amore, lotta, fino ad arrivare alla follia. (Pausa)Io navigo nella scia di Erasmo da Rotterdam. Il Grande Folle. Alla fine mi areno nel mio anonimato di giudice senza amore.

OZIERO:

       

        Il traghetto dei folli aduna ombre di grandi matti morti e di viventi fuori ragione. Mi prenoto anch'io un posto in crociera. Mi svendo la logica, mentre straccio in mille pezzi il processo del mercenario del Katanga reo di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Habent sua sidera lites.

PANNONE:

        Sidera!

OZIERO:

        Sidera!

VOCE SAX(APOLLINEO).

OZIERO:

        Sidera. Stelle assassine che in queste aule, da qualche parte, coinvolgete un falso omicida sulle vie ghiacciate di un folle sogno di giustizia. Quanti maiali innocenti vanno a farsi scannare innanzi ai giudici!

VOCE SAX(APOLLINEO).

PANNONE:

       

        Quante volte, a fronte di un ladruncolo d'appartamenti disposto a parlare, vorrei chiedere tutt'altro che del furto. Lei abita in via tal dei tali? Ah sì?! Là c'è una trattoria dove si mangia assai bene... Ah! la conosce.. Anche lei ha mangiato quella meravigliosa paglia  e fieno. Ah bravo. E il vinello, il vinello della casa... Ambrosia degli dei. Capirà ambrosia questo cataro d'uno zotico?

OZIERO:

        Bàh!

PANNONE:

        Ma sì, che se ne importa! Uno che frequenta la tua stessa trattoria dev'essere uno buono. Assolto!

OZIERO:

        Superassolto! Con le scuse e il bacio in bocca dei giudici per gustarsi il profumo del vino!

PANNONE:

        E che dire  dei pazzi che vanno dal magistrato? La sai di quella vecchina nomade dei Tribunali che giurava di aver fatto un giro di valzer con Costantino Nigra, ministro di Cavour?(Comincia a girare facendo valzer col leggio). E quell'altra che portava un'agenda arretrata che chiamava libretto di pensione. Voleva attestazioni dai giudici per la pensione del marito morto nella seconda guerra mondiale. Un altro si rivolse al Presidente per risolvere un problema idraulico....

OZIERO:

        E già... la giustizia fa acqua da tutte le parti! Veniva sempre da noi la vecchia strega della fattura, ex prostituta sifilitica. La vecchia strega baffuta.

PANNONE:

        Strega baffuta... sempre piaciuta(Prende a ridere come un matto.)

LA VOCE DEL SAX COME SE FOSSE IL PRESIDENTE:

OZIERO:

        Il Presidente ti chiama!

       

PANNONE:

        Eccomi! Eccomi! Il padrone del vapore mi chiama. Devo andare. Addio Oziero.

OZIERO:

        Vai vai, fratello Fritz.

        Pannone comincia a baciare la mani di Oziero, che si ritrae.

OZIERO:

        Che fai, sei matto?

       

PANNONE:

        Sì, matto, mattissimo.

LA VOCE DEL SAX COME SE FOSSE IL PRESIDENTE:

OZIERO:

        Il Presidente è incazzatissimo. Ti reclama.

PANNONE(trafelato tirando dalla scatola una bottiglietta di vino):

        Ecco!  Sono pronto! Ti lascio il vino.  La mia riserva... Se fossi Cristo ti darei anche il pane. Ma non ce l'ho. Sarà per un'altra volta. Addio Oziero.

        Pannone si copre con la toga.

OZIERO:

        Il Tribunale in nome del popolo italiano, visti gli artt. 533,535 c.p.p. condanna tutti gl'imputati all'ergastolo!

VOCE SAX(MARCETTA DEI BERSAGLIERI)

        Il Tribunale in nome del popolo italiano, visti gli artt. 533,535 c.p.p. condanna tutti gl'imputati all'ergastolo! Il Tribunale...

        L'Uomo del Sax raggiunge gli attori e con la sua marcetta alla Totò se li trascina via nella quinta di destra.