Dottòr… la bùscia!!

Stampa questo copione

MODIFICA SCATOLE IMBALLO

Dottòr… la bùscia!!

SCHERZO COMICO IN TRE ATTI

TRATTO DA

IL MEDICO E LA PAZZA

di

ALESSANDRO DE STEFANI

E DINO HOBBES CECCHINI

TRADUZIONE ED ADATTAMENTO DI

MARCO MANDRINI


PERSONAGGI

ANTONIO MANZI, il “padrone” di casa

RINA MANZI, sua moglie

ISA MANZI, loro figlia

GIANNI MANZI, loro figlio

ROBERTO CORTI

MICHELINO TIRELLI

ROSINA, cameriera di casa Manzi

DOROTEA, cameriera di casa Corti

A Milano. Oggi

Il primo atto in casa Manzi gli altri due nello studio del

professor Corti


Dottòr… la bùscia!!

ATTO PRIMO

La scena rappresenta una stanza di soggiorno in casa Manzi. In fondo una vetrata dà in un salotto. A sinistra la camera da letto di Antonio, Rina e Isa con il bagno. Da destra in prima un paravento nasconde un divano sul quale dorme, non visto, Roberto; in seconda porta, che dà nei servizi, l’ingresso e la camera di Gianni.

E’ mattina. Quando si alza la tela, Rina , donna di una cinquantina d’anni, in vestaglia, capelli con le forcine e in pantofole,attraversa la scena venendo da destra con un vassoio sul quale è la prima colazione. Essa depone il vassoio su un tavolino centrale.

RINA           – (chiamando)  Togn! Te se vegnì foera dal bagn?

ANTONIO   – (comparendo in vestaglia)  Son non amò andà denter.

RINA           – Mah l’è posibil? In quasi i noeùv our!

ANTONIO   – Ghè denter la Isa da pùsse de mes’oura.

RINA           – Te poudevet andag prima.

ANTONIO   – Prima te ghe seret ti.

RINA           – In i solit scùss. Beh intanta teh podet mangià…se de nò diventa fregg                           tuttcòss e cerca de moevess!

ANTONIO   – E va ben.  (siede ed entrambi fanno colazione).

RINA           – Te vedaret che la ven nanca stamattina.

ANTONIO   – Chi?

RINA           – Chi? La dona de servisi. Quela che gh’hann promess i Meregall. Te ghe               telefonà ier sera?

ANTONIO   – Mi no.

RINA           – La savevi. Quando mai te se regordet de fa un queicoss de giust Ti?

ANTONIO   – Nisun m’ha dit nient!

RINA           – Te dovevet pensag. La testa se te ghe let a fa? L’è giamò tri di che                               sem sensa la dona e mi me tuca laurascià da matina a sera senza                                 fermam un mument…e a ti te interessa nagot!

ANTONIO   – Mi oh fa l’insersiun sul “Corriere”.

RINA           – E se presenta minga anima viva!

ANTONIO   – E l’è culpa mia?

RINA           – Natural: teh fà una insersiun balòrda, sensa met denter nanca una                                 parola o una promessa allettante. Coi temp che cour i domestic bisogna               vess bon de attirai.

ANTONIO   – Se dovevi scriv: <padrona affascinante, liberale, cortese, educata, cerca                       domestica?!!....>

RINA           – Fa no el spiritous!… che l’è minga el moment… (compare Isa. E’ vestita               in costume da cavallo o da tennis).

ISA             – Buongiorno!

RINA           – Su, fila!… adess el bagn l’è liber!

ANTONIO   – Mah forse l’è mei che finisi la culasiun…

RINA           – No! E se dopo el bagn l’occùpa el Gianni, chi s’è vist s’è vist.

ANTONIO   – (rassegnato andando via)  Va ben. Aloura l’è andada anche la colasiun.                (esce a sinistra).

ISA             – El Gianni, s’è minga alsà?

RINA           – No. La fa tardi ier sera….Lassel dormì.

ISA             – E inscì la sua camera bisognerà fala al dopomesdì! Bel divertiment…Ha                        guarda che mi incoeù, vò al concerto con l’Ernestina.

RINA           – Ma si la faro mi. Tant fo tuscòss mi in sta cà.  (campanello).

ISA             – Hann sonà!

RINA           – Và a vedè chi l’è.

ISA             – Vado, vado.  (Isa esce e rientra poco dopo emozionantissima)  Mamma                la donna.

RINA           – La donna…quela del Meregall?

ISA             – Si.

RINA           – Come l’è.

ISA             – Non c’è male me par.

RINA           – Fala vegni denter subit.

ISA             – (andando sulla porta)  Avanti, avanti.

ROSINA      – (entrando)  Buongiorno.  (intanto si guarda attorno. Rina la osserva).

RINA           – Voi siete mandata dai Meregalli, vero?

ROSINA      – Sissignora.

RINA           – Allora la sà gemò de cosa se trata?

ROSINA      – Veramente non mi hanno detto niente…. C’è la cuoca?

RINA           – No la ghè no.

ROSINA      – Allora io sarei la sola persona di servizio?

RINA           – Per el moment sì. Però ve darèm una man.

ROSINA      – Quante camere?

RINA           – Sette.

ROSINA      – Sono molte per una persona sola.

RINA           – Ma nunch semm in quater.

ROSINA      – Una persona sola di servizio. Niente bambini?

RINA           – No.

ISA             – C’è mio fratello: ma ha 32 anni.

ROSINA      – Niente cani?

RINA           – No, no per amur del ciel, ghe nem miga de cann.

ROSINA      – La mia camera…?

RINA           – Normal.

ROSINA      – Con balcone?

RINA           – No, senza alcun, però ghè una bela finestra.

ROSINA      – Meno male!

RINA           – S’accomodi.

ROSINA      – Come mensile?

RINA           – A quella che gh’era prima ghe davom cincent.

ROSINA      – A me davano seicentocinquanta.

RINA           – Va ben se metterem d’accòrd.

ROSINA      – Scusate: l’altra, quella che c’era prima, perché se né andata?

RINA           – Perché…. (esita).

ISA             – Perché aveva un fidanzato.

ROSINA      – Ah! Perché è proibito avere un fidanzato?

RINA           – Ma no. Domà che la portava in cà, la nott. E la capirà la moralità….

ROSINA      – Ho capito. Ma con i tempi che corrono non è facile trovare un posto fuori              dove potersi scambiare quattro parole senza occhi indiscreti.  (alla Isa)                             Le panchine pubbliche poi sono così scomode…

RINA           – Per piesè la mia tosa l’è amò signorina!

ROSINA      – E non è fidanzata?

RINA          – Si ghe l’ha el moròs; ma in un alter sens. Beh aloura la pò comincià.                             Ghe sarà un po’ de arretrati sopratutt i prim dì perché ho dovu fa                                   tusscòss mi e.….aloura ghe saria i piat de ier in cusina de lavà e de fa                              giò la pùlver dai mobil in di stans.

ISA             – Ora l’accompagno in camera sua.  (Rosina e Isa si alzano)

RINA           – Dac el scossàa. La portà la sua roba?

ROSINA      – Si, ho la valigia di là. Da dove devo cominciare?

RINA           – Da chì, dopo la sala, che l’è de là.  (indicando la porta del fondo) ROSINA        – Và bene.

RINA           – El sò nom?

ROSINA      – Rosina.

RINA           – Và ben! Alora che la comincià pùr.

ROSINA      – Per la colazione vedo che avete già provveduto.

RINA           – Ghe sarà de servì el fioeù, quant el se sveglia.

ROSINA      – Va bene.  (Rosina e Isa escono a destra. Ricompare Antonio).

RINA           – L’è rivada!

ANTONIO   – (riprendendo la colazione, ora è pettinato e vestito)  La dona?

RINA           – Si.

ANTONIO   – Giovena?

RINA           – Se t’interesa?

ANTONIO   – A mi, nient, domandavi.

RINA           – L’è giovena.

ANTONIO   – Alura la gavarà anche le el moròs. Stavolta fa no come con l’altra. Sara                un oeugg… fa finta de vedè no.

RINA           – Ghe mancaria alter ghem una tosa in ca. cerca de ricurdasel!

ANTONIO   – Beh se ghe centra quel là el vegniva in ca per la dona minga per la                               nostra tosa.

RINA           – E te par giust che intanta che la tua tosa innocente la dorma, sotto lo                            stesso tetto ghe sia du che….?

ANTONIO   – Ma andem… la Isa la sa tutt quel che la gha de savè e... se che chi robb                       li suceden a chel pian chi o al pian de soura….

RINA           – Te set sempre el solit … matt senza coscenza!

ANTONIO   – E dai ancamò cont el matt!

RINA           – Togn, Ti ogni tant te de foera!… (è entrata Rosina).

ROSINA      – Oh scusate…

RINA           – Ma no comincia pur. Mi el Comendatur, em finì!

ANTONIO   – Mi verament…Beh vo in del me studi.

RINA           – Ecco si. Và a tacà su i francobull.

ANTONIO   – A proposit l’è mei dighel subit che sulla scrivania del me studi se toca                           nient. Se lasa stà tutt me lè.

RINA           – (scotendo il capo)  Bisogna avec pasiensa!

ANTONIO   – Su quest transigi minga. Dopo magari spariss un quei francobull!                                  (Antonio esce a sinistra, prende la lente)

1°quadro

RINA           – L’è un po fissàa. Ma l’è una mania tranquilla, la costa domà un montun                          de dane!

ROSINA      – Collezionista?

RINA           – Già.

ROSINA      – Conoscevo dei bambini che litigavano per i francobolli.

RINA           – Invece mi conussi di omen che turnen bagai per i francobull!  (Rina esce              a sinistra Rosina spolvera, intanto osserva un po’ dappertutto. Sposta il                                paravento e vede Roberto che dorme disteso sul divano. Dapprima,                         resta sorpresa poi, con precauzione rimette a posto il paravento e                                continua le sue faccende con una certa cautela, per non fare rumore.                                 Passa Isa con racchetta).

ISA             – Stamattina puoi fare a meno dell’aspirapolvere. Ma doman matina                         bisognerà doperal. Oh una raccomandazion, quando la signora,..si                           insomma…voeri di mia mamma, ti dà libertà, tu rispondile che non                           desideri uscire.

ROSINA      – Ma signorina…

ISA             – Lasciami finire. Lei allora insisterà e ti dirà: <voglio che prendiate un po’               di aria>. E tu allora, per farle piacere, accetterai con un sospiro di uscire.                    Così la farai contenta e avrà un’ottima opinione di te. L’è una sua mania.

ROSINA      – Va bene signorina.

ISA             – Poi raccontale sempre cosa fanno le altre donne di servizio del palazzo.               Inventa quello che vuoi. Ma ci tiene.

ROSINA      – Come la signorina desidera.

ISA             – A me non importa proprio niente. Facciano ognuno quello che                                        vogliono…Ma la mamma la voer argoment per critica i alter. Intesi?

ROSINA      – Va bene. E il signorino lo debbo svegliare o no?

ISA             – No. Il signorino è sacro. Lù el pò fa quel che’l voer. Dormire fino a                        mezzogiorno. E appena si sveglia, caffelatte, marmellata. Quello è il                        cocco di mamma. Se vuole fare le capriole sul tavolo, può farle. Se                              vuole tagliare il velluto dei divani, può farlo.

ROSINA      – Ho capito.

ISA             – In quanto a me, è inutile che te ne occupi. Io per te non devo esistere.                           Se telefono non senti. Se esco non sai a che ora sono uscita. Non sai a               che ora sono rincasata.

ROSINA      – Ho capito tutto. Nessuna istruzione per il fidanzato della signorina?

ISA             – No. Quello è un ragazzo qualunque. Un giovinott normal.

ROSINA      – (tra sé)  Almeno uno, in casa.  (Isa si allontana. Di dietro il paravento si                sente un grugnito)  Si sveglia.  (forte)  Vengo, vengo subito!  (e si                                     allontana rapidamente a destra in cucina)

ROBERTO  – (dietro il paravento)  Chi ghè nanca el campanel....Dove diavol l’è andà                         a finì? Accidenti, la mia testa!  (pausa. Rosina rientra con un vassoio e                          si avvicina al paravento)

ROSINA      – E’ permesso?

ROBERTO  – Avanti!  (Rosina scosta il paravento e presenta il vassoio a Roberto)

ROSINA      – Ecco la colazione.

ROBERTO  – Grazie  (si guarda attorno sorpreso).  Ma dove diavolo sono? Non mi                             pare che… Dio la testa! Che mal de cò!

ROSINA      – Devo avvertire la signora?

ROBERTO  – Che signora?  (solo ora si accorge di essere vestito)  Ma, son andà in                           lett vestì!

ROSINA      – A quanto pare, si.

ROBERTO  – (inquieto)  Ma dove sono?

ROSINA      – In casa vostra.

ROBERTO  – In casa mia? Ma mi g’ho minga la cà!

ROSINA      – Oh, Dio!

ROBERTO  – Zitta…. vieni qua!

ROSINA      – No, signorino....Può arrivare qualcuno.

ROBERTO  – Chi? Chi può entrare?

ROSINA      – Vostra sorella. Vostra madre.

ROBERTO  – Io non ho sorelle. Mia madre è morta da sei anni.

ROSINA      – (credendo d’aver a che fare con un pazzo)  Si, si, ma ora state buono!

ROBERTO  – Qui c’è qualcosa che non và, che non capisco ancora….

ROSINA      – Intanto mangiate. Vi farà bene.

ROBERTO  – Forse hai ragione.  (comincia a mangiare)  Cominciem a sciariss i idei.                         Tu come ti chiami?

ROSINA      – Rosina.

ROBERTO  – Rosina... mai conosciuta.

ROSINA      – Sono la nuova cameriera.

ROBERTO  – Beh, intant l’è giamò quai coss.

ROSINA      – E non abbiate paura: non dirò a nessuno che avete dormito sul divano.

ROBERTO  – Ma io voglio saperlo, invece, perché ho dormito sul divano!

ROSINA      – Vi capita spesso?

ROBERTO  – Non mi è mai capitato.

ROSINA      – Però fate le capriole sui tavoli.

ROBERTO  – Io?

ROSINA      – E tagliate il velluto!

ROBERTO  – (interrompendosi di mangiare)  Taglio il velluto?

ISA             – (rientrando col cappellino)  Io esco… (vede Roberto, si ferma e poi dà                           un grido)  oh signor! Chi l’è?

ROSINA      – E’ vostro fratello!

ISA             – Ma che fratello! E’ un ladro!

ROSINA      – (lasciando cadere il vassoio)  No!! Oh povera me!

ROBERTO  – (balzando in piedi)  Sarò minga giàmò in clinica?!

ISA             – Fermo, fermo, o chiamo aiuto!

ROBERTO  – (toccandosi la testa)  Chì se pèrdi. Questa dice di essere la Rosina la                           nuova cameriera… E lei?

ISA             – (balbettando terrorizzata)  Io…sono… (e fugge via spaventatissima.                              Rosina dopo un istante vedendo Roberto che tende la mano per                                     afferrarle un polso, scappa a sua volta).

ROSINA      – Non mi toccate!  (e scompare a destra).

2° quadro

ROBERTO  – (guardandosi attorno)  Ma indoe son finì?  (va ad uno specchio)  Eppur                          son mi. Un po’ smort, ma son mi. Amnesia totale, conseguenza di                                 intossicazione alcoolica. Come l’è success?  (si osserva la lingua)                           Sporca. Bicarbonato: acqua e limone!  (entrano circospetti Antonio, Rina                     ed Isa, quest’ultima dietro gli altri due. Rina è ancora a metà vestita).

ISA             – Il ladro è quello lì, attento papà: forse l’è armà.

ANTONIO   – (facendo la voce grossa, il che gli riesce male)  Giovinott moves no!

ROBERTO  – (si volta)  E chi se moeuv. Porgo i miei omaggi… (si inchina).

RINA           – (con uno strillo )  Adess el scapa!

ROBERTO  – Pòdi nò sciura…. (mostra i piedi senza scarpe)

ANTONIO   – Sel fa in ca mia...sensa scarp. Chel se spiega!

ROBERTO  – L’è quel che voraria fà, se podessi. Mi ci sono trovato.

RINA           – (ad Antonio)  El te ciàpa in gir!

ROBERTO  – Signora vi giuro di no. Purtròpp podi dì nient’alter perché riessi minga a                ricordà.

ISA             – Io vado a telefonare ai carabinieri.

ROBERTO  – Un moment!

RINA           – La ghà reson la mia tousa: ciamem i carabinieri.

ROBERTO  – Il guaio è che io non potrò dir niente neanche ai carabinieri.

ANTONIO   – Insomma, muchemala lì. El voer spiegass, in fin dela fera?  (intanto è                           ricomparsa anche la Rosina incuriosita da destra).

ROBERTO  – Caro signore, io lo farei più che volentieri, ma nella mia memoria c’è una                       lacuna. Una deplorevole lacuna.

ISA             – Io vado a telefonare.

ANTONIO   – Aspèta.…cour no .ragionem un moment.

RINA           – Cosa te voret ragionà? Trovom un estraneo in cà nostra….

ANTONIO   – Chi lè che l’ah trovà, intanta?

ROSINA      – Io .gli ho portato la colazione perché la signorina….

ROBERTO  – E’ stato un pensiero gentile.

ROSINA      – Credevo fosse il signorino.

RINA           – Inveci lu chi l’è?

ROBERTO  – Sono un professore.

ANTONIO   – Un profesor?

ROBERTO  – (cercando intanto le proprie scarpe)  Si professore.... Dove hin andà a                           fini? Senza scarpe io mi sento un uomo finito. Potrei andare in giro                                senza pantaloni ma le scarpe mi sono necessarie…

ISA             – (indicando)  Sono lì.

ROBERTO  – Dove?

ISA             – Sotto il tavolino.

ROBERTO  – Ah grazie.  (Roberto prende le scarpe)  Scusate, posso ritirarmi un                                istante dietro il paravento per infilarle?

RINA           – No!

ROBERTO  – Allora chiedo scusa e, se permettete… (siede e se le infila).

ANTONIO   – Intant che l’incomincia a spiegas per piesè….

RINA           – Per piesè?… Ma si dai domandeg scusa perché te ghet minga dà el lett               per dormì!...

ANTONIO   – Se ghe entra? Pò tratas d’un equivoco….

RINA           – Natural: te troevet un om scondù in cà tùa e per ti l’è un equivoco!

ANTONIO   – El po’ avè sbaglia el pian.

RINA           – Ti te set matt! Ma te set o no el padrun de cà? Ciàpell per el còll, vòsa,                         pichell, ma fa un quai coss!

ROBERTO  – (che ha terminato di infilarsi le scarpe)  Adesso mi sento meglio: vostra                        moglie vero?

ANTONIO   – Da trentott’ann.

ROBERTO  – E la signorina la figlia. Fortunatissimo! Dunque dicevamo? Ah si: voi                             volete sapere come sono capitato in casa vostra? No, ho no sbaglia                              pian, son noev della città.

ISA             – Che combinazione!

RINA           – El ghe ciapa in gir!

ROBERTO  – Vi sbagliate! Quand ho dervì i oeugg e me son guarda in gir, ho capì che                      gh’era un quaicoss de strano. L’ambiente, la cameriera che la me                        portava il caffelatt, eran assolutamente sconosciuti.

ISA             – Come la città!

ROBERTO  – Appunto. Son rivà ier e seri content me na pasqua perché gh’avevi una                         bella notizia che… Ma forse questo non v’interessa.

ANTONIO   – Infatti!

ROBERTO  – Volevo divertirmi. Quand s’è aleghr, e se gh’ha la mia età…capita de                            vorè divertiss almeno l’ultima sera prima de… Ma credi che anca quest                         v’interessa nò. S’eri con un amis, sem anda a cena..abbiamo mangiato                    pernice in salmì…

RINA           – E ti te stet chi a scultall?

ROBERTO  – Sembrano particolari inutili, ma mi cerchi faticosamente de ricostruì tutt..                      pernice in salmì. E poi macedonia di frutta. A un tavolo vicino c’era una                signora in verde, molto vistosa. Rideva sempre e diceva continuamente:                     <fantastico!>…Poi c’è anche, in un angolino della mia memoria, una                         canzone. Spetta, la faseva… (tenta di ricordare il motivo)  No. L’era                                minga inscì.

ISA             – Papà, è il colmo!

ANTONIO   – Tass! Lasel parlà. Lasel dì tutt coss.

ROBERTO  – Il conto, per esempio, non me lo ricordo. A un certo punto arriva la                       nèbbia. Me par dè vedè un turbante bianco. Forse era la signora…

ISA             – Una signora in verde non porta un turbante bianco.

ROBERTO  – Forse l’era minga le. Mi pare che fosse un uomo col turbante. Ma                         evidentemente è impossibile.

ISA             – Non siamo in Oriente.

ANTONIO   – E dopo?

ROBERTO  – Dopo: nient. Me son trovà su quel divan!

ANTONIO   – Oh! Quest el sciaris i robb. Ecco perché stà matina el se trovava chì.                            L’è ciar.  (si siede soddisfatto. Rosina spolvera e ascolta)

RINA           – L’è ciar? Ma famm el piesè, cosè che se spiega?

ANTONIO   – Intant se ved subit che l’è una persòna per ben.

ISA             – Oh, le apparenze.

ANTONIO   – Hann fà una sciambuleta….tra amiss, se po’ scusà.

ISA             – Ma per carità papà! Io non so come ti lasci intrappolare da una storiella                         simile. E’ troppo facile da inventare!

ROBERTO  – Sono dolente di non avere una verità più romanzesca da offrirle,                                    signorina.

ISA             – Il signore va in giro con un amico, fanno baldoria e lui si sveglia in casa                        nostra. Ma via! In che modo ci è entrato intanto? La chiave chi glie l’ha                          data?  (Rosina raccoglie il vassoio caduto)

ROBERTO  – Qui c’è un buco nero.

RINA           – Rosina! Dì la verità! Ti te ghe centret nient?

ROSINA      – Signora, io….(Rosina esce)

ANTONIO   – Rina, comincia no cont i tò solit sospètt.  (in piedi, verso il fondo)

RINA           – Ho capi. Ho capi tutt!

ROBERTO  – Meno male!

RINA           – (a Roberto)  Lu l’è el moròs della Dorotea!

ROBERTO  – Io, no. Mai stato fidanzato.

RINA           – Moròs, per modo de dì.

ROBERTO  – E chi l’è la Dorotea?

ISA             – La nostra cameriera.

ROBERTO  – Ma se si chiama Rosina!

RINA           – L’altra la se ciamava Dorotea e l’em lasada a cà perché la portava de                            scondun el so moròs in cà nostra. La gavarà dà la ciav e lu, ier sera, l’ha                      profità!

ROBERTO  – Macchè. Si adrèe a sbagliass.  (Rosina rientra)

ISA             – No, mamma. Gustavo era elettricista e poi Dorotea mi ha detto che era                         un pochino guercio.

ROBERTO  – Mi ghe vedi benissim e me ciami Roberto.

ANTONIO   – Che’l me scusa per sto suspett ma el gh’à de capì! Ti Rosina và de là                           (Rosina esce a destra).

3° quadro

ROBERTO  – Grazie signore.

ISA             – Vi fa comodo, eh, la dabbenaggine di papà?

Roberto       – Voi, signorina, dovete avere proprio un fatto personale contro gli uomini!

ISA             – Non bevo facilmente, io!  (Antonio rientra)

ROBERTO  – Purtroppo io invece ieri sera devo aver bevuto parecchio.

ANTONIO   – Sentem un po’..Scusèm l’indiscresiun ma bisogna anche cuntentà la                             diffidènza di dònn. Dunca, l’ah dì che ier sera l’era l’ultima serada. Forse              el gh’à de sposass e l’era la sciambola per l’addio al celibato?

ISA             – Papà, ha detto che non è mai stato fidanzato!

ROBERTO  – No: se trata de ben alter. Un posto. Ho avuto un posto che, alla mia età,               non è poco, tanto più che è un posto importante.

RINA           – Sarà important  (in piedi)  ma mi intanta ciami i carabinier. Dato che                              l’omm de cà, l’è lì sensa energia a bèv su tutt quel che ghe disen.                        Magari el gh’à i saccòcc pien della nostra argenteria e chì nissun pensa                        de controlal…

ROBERTO  – Giustissimo. Comunque potete accertarvi se manca qualcosa da casa. Il                      sospetto è ingiurioso ma capissi che la situazion l’è tanto strana…

ISA             – Intanto chi siete?

ANTONIO   – Ecco se sem nanca presentà. Mi son el comendatùr Antonio Manzi.

ROBERTO  – E io Roberto Corti.

ISA             – Professore?

ROBERTO  – Professore e da oggi direttore di “Villa Serena”.

ANTONIO   – Diretor? Complimenti!

ISA             – Da oggi!!! Ma guarda che combinazione!

ROBERTO  – La bella notizia è questa. Ho avuto la comunicazione l’altro ieri. Sono                             arrivato qui ieri. E poi con un amico…

ISA             – Pernice in salmì, turbante bianco: sappiamo…

ROBERTO  – Voi non credete ancora? Ma cosa devo mostrarle per convincervi che è                la verità?  La mia laurea? I miei titoli? Le mie pubblicazioni?

ANTONIO   – Che’l se calma. Lè no che ghe credom minga. Sem a dre a cercà de                             convinces.

RINA           – Mi, per mi, ghe credi nanca a una parola de quel che l’ah ditt.

ANTONIO   – Sarà minga dificil contrulà. Basta telefunà.

ROBERTO  – Ecco si telefonem.

ISA             – Telefoniamo.

ROBERTO  – No, se pò nò. Me conusen no personalment.

ISA             – Proprio tutte le disgrazie!

ROBERTO  – C’è poco da fare dello spirito, signorina! Sono giàmò abbastanza nervos               senza i sò sorrisi ironici. Si: nervos. Del resto telefonate, telefonate                          pure. Domandate chi è il nuovo direttore che aspettano stamattina                           e vi risponderanno...

ISA             – Che si chiama Roberto Corti. L’avrete letto su qualche giornale, di                                 questa nomina.

ROBERTO  – (trionfante)  Ma io vi faccio vedere la mia tessera del sindacato, la carta               d’identità…

ANTONIO   – L’è tutt ciar.  (si siede soddisfatto)

ROBERTO  – (frugandosi nelle tasche)  Ma el mè portafòj….

ISA             – Non ditemi che l’avete perduto, perché questo sarebbe troppo!

ROBERTO  – Eppure è così. G’ho pù el portafòj!

ISA             – Ah no! Questa poi no!

ROBERTO  – Per la miseria, gh’era denter tremila franc!

ANTONIO    – (in piedi)Che’l senta, mi s’eri dispost a cred, a vegniv adre sulla storia                         della ciòcca, ma adess anche mi cominci ad avec di dubi.

ROBERTO  – Ma andè un po’ a quel paes! Tremila franc oltre tutt! Son minga                                     milionari!

RINA           – Si bòn però de recità la commedia!

ISA             – Peccato che non commuova nessuno!  (da destra compare Gianni e                              rimane sul limitare della porta.e’ in vestaglia ed ha ancora l’aria                                      sonnolenta punteggiata da sbadigli di chi esce ora dal letto. Al suo                            apparire Roberto si interrompe e lo guarda fisso come se scorgesse una                      faccia conosciuta)

4° quadro

GIANNI       – Cosa suced, papà? Gh’è una camerera nova che quand l’ha ma vist, la                         sé mettùda a vosà e l’è scapada. E qui?... (esita)  Forse l’è mei che vò a                       vestiss. L’è liber el bagn?

RINA           – Si.

ROBERTO  – (fermando Gianni)  No, no: fermatevi per favore.

ANTONIO   – Gianni parla con ti!  (Gianni perplesso si gira e guarda Roberto)

GIANNI       – E chi l’è?

ISA             – Un professore!

ROBERTO  – Un momento solo. Mi sbaglio o noi ci conosciamo…?

GIANNI       – Veramente, mi….

ROBERTO  – Ma sì: il turbante bianco era su quella testa lì.

RINA           – Oh Signor! L’è matt de ligà!

ROBERTO  – No, signora: sonn pratic de matt, ma sonn minga matt.

RINA           – Togn, mi g’ho pagura!

ROBERTO  – (a Gianni)  Cercate di ricordare. Noi ci siamo incontrati ieri sera per                              caso?

GIANNI       – Pò vess. Ma mi de ier sera me ricordi nient. Come se g’avessi un bus.

ANTONIO   – Anca tì?

RINA           – L’è natural. El s’è apena desedà. Ier sera l’ha fa tardi…. E vi adre a                               turmentall cont un sacc de dumand!

ROBERTO  – Per lui la lacuna è logica, per me no: vero?

RINA           – Sicùr, Gianni l’è el mè fioeù!

ROBERTO  – (a Gianni)  Cerchiamo di ricostruire insieme: volete?

GIANNI       – Provem!

ROBERTO  – Ier sera l’ha mangià al Pavone?

GIANNI       – Si ho mangià al Pavone.

ROBERTO  – Ghe sem. Pernice in salmì?

GIANNI       – No. Aragosta.

ROBERTO  – Importa no. Gh’era anche una sciùra in vérd che la diseva semper                                 <fantastico>?

GIANNI       – No gh’era una màgra in giald che la parlava con la erre.

ISA             – Metteves almen d’accòrd.

ROBERTO  – Se gh’entra? Lu l’è restà colpì da quela gialda, mi da quela verda….

ANTONIO   – Ma bagai parlem ciar: dove seruf?

GIANNI-ROBERTO – (assieme)  Al Pavone! 

ANTONIO   – Meno mall.

ISA             – Su quest almen in d’acòrd.

ROBERTO  – Chel cerca de ricordà: l’è minga stà lu a invidàm a dormi chì stanott?

GIANNI       – Verament….

ANTONIO   – (a Rina)  Tel disevi mì che stànott se sentiven di rumor strani, ma tì                              figùres, quand parli mì!

RINA           – Te podet no avè sentì: te ronfà tutta la nott!

ISA             – Se anche el fuss vera, resta de vedè come e perché ve sì incontrà, dato              che sì nanca amiss.

RINA           – E la storia del turbant?!

GIANNI       – Mi seri al Pavone con i me amiss….quest l’è quel che me ricordi.

ANTONIO   – E perché te sett andà. Te par bell....?

RINA           – (interrompendolo)  Lasa stà. Te par el moment? Gianni lè pù un bagaj.

ANTONIO   – Isomma girala come te vorett, ma chì ghe scapa semper la ciocca.

RINA           – Perché tì, alla sua età, te minga fa de pegg!

ANTONIO   – (tra i denti)  Si: t’ho sposàa.

RINA           – Cosa te dìt?

ANTONIO   – Nient. Comunque el mè fioeù el dovaria no andà in gir per i bètull e                                conscias in quella manera lì!

ISA             – Papà, te sett minga gentill con el tò ospite che l’era nella stesa bettola e               in di stess condizion!

ROBERTO  – Grazie per la comprension, signorina. Si seri anca mi in quela bettola,                           piena de specc, luss, e camerier in marsina…e s’eri ciòcc. E dato che                           son astemi l’è bastà un bicèr…Ah, ecco adess me ricordi: seri insema a                  Michelino Tirelli.

GIANNI       – (animandosi)  Michelino! Ecco che se sbroja  st’ascia. La colpa l’è sua.                         Michelino l’è un noster amiss, l’ann passà l’era el moròs della Isa.

ISA             – Gianni muchela!

ANTONIO   – I vist che sensa ciamà i carabiner sem vegnù a cò del busilliss.

GIANNI       – Si, si adess me ricordi…ho incontrà Michelino al Pavone, l’era con la                            sciòra in giald.

ROBERTO  – No el se sbaglia, perché l’era insema a mì.

GIANNI       – Se ved che la sciòra in giald la sé scambiada de post.

ROBERTO  – Forse sì…E mi me son trovà visin alla sciòra in verd.

ANTONIO   – A mont i sciòr andem avanti!  (si alza)

ROBERTO  – Ciombia che flash. Sicùr a un certo pùnto, l’ha ciapà un tovajoeù e se l’è              ligà sulla testa e poeù el sè miss a fà la danza del ventre. Ma sii!

GIANNI       – E ti te sonavet el tam tam con i piatt.

ROBERTO  – Ma sii.

ISA             – E mi, ho fà spetà mezzora el me moròs, per stà chì a scoltà i voster                              bambanatt!

ROBERTO  – Se la voer fagg? Vorevuf un delinquent…

ISA             – Forse l’era mei d’un gainatt!

RINA           – (ostinata)  Bisognerà domandà spiegasiòn a Michelino.

GIANNI       – Ghe telefoni e ghe disi de vegnì chì subit. A st’ora el sarà amò in cà.                             (esce a destra)

5° quadro

ROBERTO  – Mi… vorarissi minga profità…

RINA           – No: l’è mei che’l resta chi. Inscì vedom, se l’è tutta una coincidensa.

ROBERTO  – La sciòda nessun dalla sua idea, sciora.

ANTONIO   – L’è una dona de caratter. Comunque Michelino l’abita chì a do pass.

ROBERTO  – Ma dove l’è finì el me portafoeùj?

ISA             – El crederà minga che ghe l’emm robà numm.?

ANTONIO   – Isa!

ISA             – Se sa mai, vista la fantasia del scior professòr!

ANTONIO   – Intanta chel se comoda, professòr.  (vanno sul divano)

ROBERTO  – Grazie.

ISA             – (togliendosi il cappellino)  Ormai pòdi rinuncià a andà foeùra.

ROBERTO  – Perché? El sò moròs el sarà sempre lì a spetà.

ISA             – No, el sarà belle che andàa da un bell pò.

ROBERTO  – Allora vè sconsigli de sposall. Un omm ch’el gh’ah minga la pasiensa de                       spetaà el sarà mai un mari che se po’ comandà.

ISA             – Ve ringrassi di voster consigli minga richiest.

GIANNI       – (rientrando)  Viene. L’era amò in lett, el temp de vestiss el riva. Intanta                          vò a vestiss ancha mì.

RINA           – Ho Signor!

ROBERTO  – Cosa gh’è?

RINA           – Bisogna che vada a metom in ordin…M’acorgi adess che son chì                                  cunsciada. Tì Togn resta chì!

ROBERTO  – No, el me mola no. La po’ andà tranquilla!  (Rina si allontana e Roberto                          fa un piccolo inchino).

ANTONIO   – Podi offric un queicoss intanta?

ROBERTO  – Grazie. El gha minga un limun? O una limunada calda?

GIANNI       – Vò a dighell ala Rosina.  (ed esce a destra)

ANTONIO   – Donca lu l’è un professor?

ISA             – Letteratura?

ROBERTO  – No: professore in medicina.

ANTONIO   – Isa, dighell alla mama, che la voreva fa vegnì chi el dotor per i sò disturb                      intestinaj: se podaria approfità.

ROBERTO  – Credi che la scioura la g’abbia minga troppa fiducia in mi.

ISA             – El credi benn.

GIANNI       – (ripassando da destra)  La limonada la riva subit  (e scompare a sinistra)

ROBERTO  – E poeù son minga specialisà in disturb intestinali.

ANTONIO   – E quale saria la sua specialià?

ROBERTO  – El connoss no la clinica Villa Serena?

ANTONIO   – Mi no? Se l’è, una clinica ostetrica?

ROBERTO  – No, psichiatrica. Per malattie nervose ed affezioni psichiche.

ISA             – Per matt, insomma.

ROBERTO  – Minga apena per i matt .anche per quei che gh’ha certi manii…..

ISA             – Gavarà tanto de lavorà allora?

ROBERTO  – Speri de si. La vita nelle grandi città aumenta questo genere di malattie.

ANTONIO   – Alora, la vostra, l’è una conoscenza preziosa!

ISA             – Papà se te diset?

ROBERTO  – Al dì d’incoeu, tucc,...chi più chi meno.....

ISA             – Semm matt?

ROBERTO  – No ma gh’emm di deviasion, di manii. Di volt innocent, di volt meno. Mi                         in una mia pubblicasion ho studià la calunnia, la lettera anonima, il                       pettegolezzo come forme di ossessione.

ISA             – El gh’ha reson. Sem pien de matt, sem circondà. Ve par no che anche i                fracobull poden vess una forma de ossession.

ROBERTO  – Beh tutte le forme di mania collezionista appartengono a fenomeni                        deviativi…(si alza con fare professionale)  Ma sono da dividere in nocivi                   e innocui.

ISA             – Tutti nocivi: o ai alter o al propi patrimoni.

ANTONIO   – Esagerem minga adess.

ROBERTO  – Le signorina, la gh’à de vess una tosa pratica.(si alza)

ISA             – Abbastanza. L’è inutil che me guarda, mi son minga un sogget de studià              per i sò pubblicasion.

ROBERTO  – E allora, perché l’ha minga sposà Michelino?

ISA             – Se gh’entra?

ROBERTO  – Ma sì. L’è un bravo bagaj ordinaà, precis, de bona famiglia.

ISA             – Chi rob chì, sel me permett, in minga afari sò!!.

ANTONIO   – Vel disi mi perché l’ha minga sposàa, per el sò difett de pronuncia…

ISA             – Ma papàaa!…

ROBERTO  – Anche Demostene gh’aveva un difett de pronuncia e l’era Demostene…

ISA             – La diferensa l’è che Michelino l’è minga Demostene.

ANTONIO   – La mia tosa la ghe tegn a sposà una persona de valor.

ROBERTO  – Beh aloura la me presentarà el sò moròs. Sarò lieto de…..

ISA             – (seccata)  Chel faga no el spiritous. Me par no che sia nella situasion de                       podè…

ROBERTO  – La gh’ha reson…anche perché ho perdu tremila franc.

ISA             – (pungente)  Comunque, parlemess ciar, me par che come professor e                           diretor d’una clinica, l’ha minga fà una bella entrada in città.

ANTONIO   – Isa!

ROBERTO  – Lasèla parlà. La ghà reson. Ma l’è stada un’eccession.

ISA             – Se comincia sempre inscì e dopo…Del rest quand se viv in certi                                   ambient,  (e fà un gesto accennando al cervello)  ghè minga de                                     meravigliass se….

ROBERTO  – (punto sul vivo)  Signorina, vi prego di credere, le malattie mentali non                          sono contagiose.

ISA             – Speremm: ma se sa mai. I malattii in tutt contagios, l’è apena la virtù che                      l’è minga contagiosa.

ROBERTO  – Insomma, ghe vo propi minga giò!

ISA             – Adess el pretend un po’ tropp.

ROBERTO  – La capissi.

ISA             – Ah sì?

ROBERTO  – L’era contenta de avè trovà un farabutt. Quest el podeva vess un                                  argument interessant per zabettà cont i amiss e i moròs....

ISA             – Grazie per il plurale.

ROBERTO  – Fidanzati delle amiche! E adess la ved svanì tutta la storia.

ISA             – Ghe né asse de fa ritt i me conoscenti. Ma farabutt o professor per mì l’è                      propi istess. Per quell che m’interesa?

ANTONIO   – Isa!!

ROBERTO  – Adess capissi perché hann inventà el divorzio!

ISA             – Tel sentet papà? L’è lù che’l provoca!

ROBERTO  – E adess capissi anche Michelino che l’ann pasàa el m’ha scritt: <ho                              corso un gravissimo pericolo>.

ISA             – E saria mi el pericoll!

ROBERTO  – L’è evident!

ISA             – El mè moròs la pensa no inscì.

ROBERTO  – L’è un om coragioss.  (campanello. Voci in anticamera).

ANTONIO   – L’è rivà el Michelino!  (entrano insieme Michelino e Gianni)

6° quadro

GIANNI       – Tutt ciar….

MICHELINO – (è un po’ balbuziente)  Buon giorno!

ISA             – (investendolo con impeto)  L’è vera che tè scrivu a stò professor e te                            ghe dit che te set scampa a un pericol gravissim?

GIANNI       – Ma quest se ghe centra?

ISA             – A mi me interessa pussè de tutt el rest: rispond: si o no?

MICHELINO – Ma, se ricordi pù.

ISA             – Anche ti te ghet un vuoto di memoria? Te set ricordet benissim. Che                             pericoll l’era?

MICHELINO – Ah si; l’è stà quand me son ribaltà con la macchina e me son salvà per                 miracoll.

ISA             – (a Roberto)  Vist?….

ROBERTO  – Prendo atto.

ANTONIO   – Ma tornem a nunch.

ROBERTO  – Ecco: appunto. Se po’ savè perché ier sera te me piantà lì, in de per mì,               in una città che conossi nò?.... E oltretutt stavi minga benn.

MICHELINO – Te seret ciòcch tradì, ma te stavet benissim.

ROBERTO  – Intant varda chi che gibilè che mè sucess.

ANTONIO   – Procedem con ordin. Come l’è sucess che…

MICHELINO – Sem andà a cèna…

ISA             – Al Pavone. Vegnemm al sodo.

MICHELINO – Serom un po’ alegher: abbracci, danze, inviti ai presenti….

ISA             – Un professor alienista!

MICHELINO – Avevom alsàa un po’ el gombètt….

ISA             – Un po’ tanto!

MICHELINO –Roberto el se ricordava pù el nom del so albergo e se riesiva minga a                           faghel vegnì in ment. Ghem anche cascià el cò sota l’acqua della                                  vedova, per rinfrescag i idei…

ROBERTO  – Si, acqua gelada!

MICHELINO – Ma l’è stà tutt inutil, el sé minga dessedà. Allora Gianni l’ah vourù portall              a dormì con lù.

ROBERTO  – E ti te ghe seret no?

MICHELINO – Come no? Mi vorevi lasatt dormì in mess alla strada. Ma ti te minga                              vourù.

ROBERTO  – El mè portafoj?

MICHELINO – Ah già, il portafoj…. tell chì, me l’ah portà un camerier del Pavone                        stamattina. Ciàpa.

ROBERTO  – Meno mall. L’era pusè per i document.

ISA             – E le tremila lire….

ROBERTO  – (verificando il contenuto del portafogli)  Ma chì gh’è nè apena                                        domilaecincent.

MICHELINO – Guarda benn: gh’è anche el cunt de ier sera.

ROBERTO  – Quattrocentonovantotto lire? Che manera? Per num dù?

MICHELINO – Guarda ben; nove coperti.

ROBERTO  – Nove?

MICHELINO – Te invidà tutt i visin.

ROBERTO  – Se l’è inscì!  (mette via il portafoglio)  Ah no…. (lo riprende)                                          Se la signorina la voer controlà i document…

ANTONIO   – Ma no sel dìss?

ISA             – Occor no!

ROBERTO  – (mettendo via il portafoglio)  Grazie.

ROSINA      – (entrando)  Ecco la limonata!

ISA             – Per il professore….

ROBERTO  – Troppa gentilessa  (beve)  Adess me senti mei.  (beve, di colpo)  Ma che                      ora l’è?

ISA             – I dess.

ROBERTO  – E mi dovevi vess in clinica ai noeùv!

ANTONIO   – Ma chel telefona, chel trova una scusa.

ISA             – Lasell fa de lù: in quello è un maestro.

ROBERTO  – Me par de avè minga inventà nient stamattina?

ISA             – Comunque se volete, ve darò anche mi un consili: telefonando non                                inventate storie. Dite soltanto: <stamattina mi è impossibile venire. Verrò                       domani>

ROBERTO  – E perché?

ISA             – Così acquistate autorità. Non avrete l’aria del provinciale che si precipita                       famelico sul posto.

ROBERTO  – Forse non avete torto.

ISA             – Ho sempre ragione.

ROBERTO  – Dove l’è el telefono?

GIANNI       – Chel vegna...De chì..

ROBERTO  – Se davom minga del tì?

GIANNI       – Volentera  (Roberto e Gianni escono).

7° quadro

ISA             – (a Michelino)  Varda che ho fa finta de cred alla storia dell’automobile                            per la mia dignità. Ma la macchina sò benissim che s’eri mì.

MICHELINO – Comincia nò a rivangà!  (allontanandosi)

RINA           – (entrando in perfetto ordine)  Beh, alora?

ANTONIO   – (andandole incontro)  Tutt a post. L’è un professor.

ISA             – Professor di matt!

RINA           – Di matt? Ma, allora bisogna fassel amiss.  (ad Antonio)  Te set stà                                gentil? Te ghet fa i scuss? Te lett invità a colasion?

ISA             – Mamma!

RINA           – L’è el men che se po’ fa! Del rest mi l’avevi capì subitt che l’era una                              persona per benn. Ma ti, sempre el solit craponn, a credom nò….

ANTONIO   – Mi???

RINA           – E te ghet anche dì che l’era un lader, un scassinador…  (Antonio si                               allontana a sinistra)  O signor gh’è de morì de vergogna!

ROSINA      – (rientrando)  A scanso di equivoci, avverto la signora che il portaombrelli                      di ceramica dell’anticamera è in pezzi.

RINA           – E chi l’è stà?  (al marito)  Ti? Un opera d’arte….

GIANNI       – (rientrando con Roberto)  No: semm stà numm, stanott.

ROBERTO  – Mi so minga come scusamm!

RINA           – Per carità ghe mancaria. Vorevom giamò butal via, perché l’era brutt.                            Allora speri chel resterà stamattina per la colazion…?

ROBERTO  – No: podi no gh’ho giamò un impegn.

ISA             – L’è minga el caso de dass importanza, con nunch…la tacca no!

ROBERTO  – E và ben allora accetti volentera. Vò un attim in albergo a cambiass.

MICHELINO – Adess, tel sett el nom dell’albergo?

ROBERTO  – (rimane un po’ perplesso)  E’ l’albergo coso..Ma si.. un nome lungo.

GIANNI       – Ambasciatori…?

ROBERTO  – No. Ah ecco: Continentale. Come la ritòrna la memoria. Terzo piano.                             Camera trecentoquarantadue. Che fenomeno.

RINA           – Allora a mess dì.

ROBERTO  – Sarò puntualissim. Arrivederci.

MICHELINO – Te compagni.

ROBERTO  – (saluta tutti)  Mi so no come scusamm e ringrasià.  (a Isa)  Grazie de tutt                      anche di cortesii che l’ha ma dì.

ISA             – O professore, vi era tutto dovuto.

ROBERTO  – Tenetemi al corrente della data del vostro matrimonio. Voraria tanto fag                un regall.

ISA             – Non mancherò.

ROBERTO  – Se la voer mai. Quand pensi che un omm el sposa una tosa come le…                          l’è el men che podi fa…Come un voto…Una grazia ricevuta…

ISA             – Per scampato pericolo, vero?

ROBERTO  – Che intelligènsa, signorina.

CALA LA TELA

FINE PRIMO ATTO

Dottòr… la bùscia!!

ATTO SECONDO

Lo studio del prof. Roberto Corti in casa sua. A sinistra una grande scrivania e una porta che dà nella stanza da letto. A destra un divanetto per le visite mediche e un'altra porta che conduce al resto dell’appartamentino. Di fronte una vetrata che dà su una terrazza. Il tutto è molto moderno ed elegante. Uno scaffale a muro. E’ mattino, la scena è vuota. Il telefono che è sulla scrivania squilla insistentemente. Da sinistra entra Dorotea, cameriera graziosa e spigliata.

ROBERTO  – (da sinistra)  Ricevi no incòeu, ghe sonn per nesunn.

DOROTEA  – Va benn.  (stacca il microfono e risponde)  Pronto… Si: casa Corti.                               Chi parla? No il professore non è in città. Rientrerà domani, credo.                                Va bene, prendo nota.  (riappende)

ROBERTO  – Chi l’era?

DOROTEA  – La contessa Pennini.

ROBERTO  – (entrando, in maniche di camicia e pantaloni grigi: intento a farsi il nodo                         alla cravatta)  Quela, la comincia alla matina prestt.

                       Dove te miss la spilla?

DOROTEA  – La gh’ha de vess nel cassett, professor.

ROBERTO  – L’ho gemò cercada, la gh’è no.  (Dorotea entra a sinistra mentre                                   Roberto, tenta di annodarsi la cravatta)  Accidenti  (e la disfa d’accapo)              Portom anca l’orelog.

DOROTEA  – (ricomparendo con la spilla e l’orologio)  Ecco.

ROBERTO  – Te lett trovada?

DOROTEA  – Naturalment. Cià che’l fò mì el gropp.  (depone l’orologio e la spilla e fa il              nodo a Roberto)  A l’è minga pratic de cravatt da cerimonia.

ROBERTO  – Per forsa l’è la prima volta.

DOROTEA  – Ecco fatto. La và benissim. Adess la spilla. L’è perla vera?

ROBERTO  – No l’è una imitasion, ma fa istess.  (intanto si allaccia l’orologio al                                  braccio e lo consulta)  Michelino dovaria vess gemò chì.

DOROTEA  – Mancarà pocc a rivà: quel lì l’è puntuall.

ROBERTO  – Mettom anche i gemei, che ghe la fo no.

DOROTEA  – Lasemm fa de mì.  (allaccia i gemelli nei polsini)  Chissà che emossion                stamattina, la signorina.

ROBERTO  – Contenta le!

DOROTEA  – Questi in robb che se fann una volta sola nela vita.

ROBERTO  – Per fortuna!  (squilla il telefono)  Rispondi tu.

DOROTEA  – (abbandonando i polsini e rispondendo al telefono)  Pronto… chi parla?                 (copre il microfono e parla al professore)  E’ la clinica!

ROBERTO  – (prendendo il telefono)  Pronto… sono io... no: stamattina è impossibile.               Dite a Bassi che provveda lui... Ma no. Nessuna iniezione... Quella lo fà                   apposta. Passerò io nel pomeriggio. Ecco: fate così. E non telefonate:                          non sarò in casa neanche per colazione. Và bene.  (riappende)

DOROTEA  – (riprendendo ad infilargli i gemelli)  La solita Galimberti?

ROBERTO  – Quela lì l’ha gh’ha vòeja de guarì come mi de famm fra!

DOROTEA  – Mi me meravigliaria no, se el professor andaria a fràa.

ROBERTO  – Oh bela, e perché?

DOROTEA  – Inscì.

ROBERTO  – Dà minga giudissi temerari.

DOROTEA  – L’è gemò tri mess che son chì, e l’ho mai vist concedes una vacanza o                         un quei vissi…

ROBERTO  – Gh’è tropp de fa. Se vunn el vòer fà strada bisogna ch’el lassa perd tutti i              distrasiùn.

DOROTEA  – Oh per quell, me par che de strada l’è adrè fann anche troppa.

ROBERTO  – Beh, pòdi minga lamentass.  (i gemelli sono a posto)  Brava! E adess                            ciapòm el gilè e la giachètta.

DOROTEA  – Subitt.  (esce da sinistra. Torna a squillare il telefono. Roberto esita, poi                     si decide a rispondere)

ROBERTO  – Pronto…Ah, aspettate.  (a Dorotea che rientra con la giacca e il gilè)                             Vòrenn tì !

DOROTEA  – (depone gli indumenti su una sedia e risponde)  Pronto! No…sì…Oggi                           l’è impòssibil...  (Roberto si infila il gilè e lo abbottona)  Sì, sì…. torna a               telefonà pusè tardi, ciao.  (riattacca e và ad infilare la giacca a Roberto)

ROBERTO  – El tò morùs?

DOROTEA  – Si. Incòeu l’era liber.

ROBERTO  – Digh de controlà el scaldabagn, perché el funziona pù!

DOROTEA  – Ma l’è minga un trombè!

ROBERTO  – Ah no?

DOROTEA  – Quest l’è un aviator.

ROBERTO  – Brava!

DOROTEA  – Professor, voraria vegnì anca mì, in gesa a dagh un’ugiada.

ROBERTO  – E va benn: ven anche tì.

DOROTEA  – La signorina l’era inscì bòna con mì. Chell post chì me l’ha trovà lè.

ROBERTO  – El marì tell conosset?

DOROTEA  – Come no? Un pioeùcc chel me dava mai un franch de mancia. Pensi                             che’l vaga minga benn per la signorina.

ROBERTO  – Per mi andaran mai d’accord!… Cont el caratterin della Isa!

DOROTEA  – Bisogna vess bònn de ciapala…perché l’è minga cativa.

ROBERTO  – Ma sel fà Michelino?  (torna a guardare l’orologio)  Se gh’è vegnì in                               ment de ciapà Michelino come testimoni, dopotutt l’è stà el so morùs,                            minga tanto temp fà.

DOROTEA  – Ma Michelino el cùnta nò. Mi scometi che nonostant i precedenti,                         Michelino saria sempre pront a sposala.

ROBERTO  – Ma va!

DOROTEA  – Si: quell lì lè un innamurà cronic, fedèl e rassegnà come un ca…ca…                           cann.  (e scoppia a ridere)

ROBERTO  –  (telefono)  Ma se gh’hann stamattina?

DOROTEA  – Tutt i matìn professor! Rispondi mì?  (Roberto accenna di si)  Pronto                             casa Corti...No: non è ancora uscito.  (porge il telefono a Roberto)                                 Dalla cà de la spòusa.

ROBERTO  – (prendendo il telefono)  Pronto…Sono io…Come?  (il suo volto esprime                la più grande meraviglia)  Ma se l’è sùcess? No, no….Riessi minga a                          capì....Ma la s’è sentida mall? Và ben. Grazie.  (riappende)                                       La cerimonia l’è rimandada….sospesa.

DOROTEA  – Perché?

ROBERTO  – Me l’hann minga dì. Roba de matt. Frà un ora e mesa la doveva vess in               gesa, gh’era tutt pront. E inveci all’ultim moment…Mah, mi ghe capisi pù                 nient.

DOROTEA  – Chi l’era al telefono?

ROBERTO  – Gianni.

DOROTEA  – El sarà minga un schers?

ROBERTO  – Ma mùchela! Te par el caso de schersa cont el matrimoni?

DOROTEA  – Mi se fudessi in lù, andaria de corsa a cà di Manzi.

ROBERTO  – Si forse….Però il Gianni ma minga di de andà là, anzi el pareva                                     imbarasà. Forse….Mah no quei lì voeren nisunn per i pè, in sto moment.

DOROTEA  – Ma un testimoni l’è minga un secadur.

ROBERTO  – Va benn: ghe vò….Roba de matt.

DOROTEA  – L’è per quest che la vostra presensa, forse….

ROBERTO  – Aspetta  (và al telefono e forma il numero)  Pronto Rosina, sono io,

                       Corti. Passum Gianni….Senti, mi vegni subit..… Podi vess utill….                                Come? Ma te assicuri che… Va benn, va benn. Scusa.  (riappende)  Me                        vòren nò. Li l’è sucess un rebelott, so minga de che gener, ma vòren                                 minga che se sappia.

DOROTEA  – Mi ho capì tutt: el sposs l’è scapà.

ROBERTO  – Ma valà!

DOROTEA  – Ghe scometi el cò.

ROBERTO  – A l’ultim moment? El podeva pensagh prima, no?

DOROTEA  – Mei all’ultim moment che mai. Quand vun l’ha dit de si,… ormai l’è tropp               tardi.

ROBERTO  – Pora Isa!.. Che figura!

DOROTEA  – Eh si: l’è minga una roba bela... E adess trovann un alter….

ROBERTO  – Adess bisogna che Michelino el se dia de fa, e alla svelta. Gh’è apena lù                       che pò fall!  (campanello)  Và a dervì.  (Dorotea esce da destra).

8° quadro

DOROTEA  – (di fuori)  Avanti, avanti. Il professore vi aspettava.  (Michelino entra; è                          anch’egli vestito in abito da cerimonia).

MICHELINO – Beh, andem o no.

ROBERTO  – Setess giò.

MICHELINO – Ma gh’è minga temp da perdt!

ROBERTO  – Setess giò t’hò dì. Ciàpa el giornall e legg. A voce alta.

MICHELINO – Cosa?

ROBERTO  – T’ho ditt de setass giò e legg, obediss!

MICHELINO – (sbalordito, prendendo il giornale che Roberto gli ha indicato)  Cosa devi               legg? E poeù quest chi l’ho gemò legiù stamattina!

ROBERTO  – Fa no el difìcill! Son minga adre a schersà. Legg a voss alta.

MICHELINO – (sempre più intontito)  Ma cosa?

ROBERTO  – Quel che te voerett! Gli annunci economici.

MICHELINO – (obbedendo meccanicamente)  Salotti pelle, velluto, stoffa, ogni stile                             occasione vendo…

ROBERTO  – (giudicando le impuntature dell’amico)  Sforset de balbettà no.

MICHELINO – Ma dì, te sett diventà matt?

ROBERTO  – Legg e sforsett!

MICHELINO – Matrimoniale, laccata, nuovissima, affarone, contanti                                            quattromiladuecento...

ROBERTO  – Te vedett, se te se impegnett, con un pò de bona volontà, te ghe rieset! MICHELINO – El guaio l’è quant gh’è brutt temp!

ROBERTO  – Te faremm sposà d’està.

MICHELINO – Ma insomma, se po’ sa... sa... savè?

ROBERTO  – Ahi! Dì la verità, te sett mai curà? Te mai seguì una cura scientifica?

MICHELINO – No. E vedi minga perché dovaria..

ROBERTO  – Ghe pensi mi. Te farò fà tutt i matin di esercissi e in tri mess te diventett                       normall.

MICHELINO – Ma i sposs in adrè a spetagg….

ROBERTO  – No.

MICHELINO – Come no?

ROBERTO  – El matrimoni l’è andà a mont. El se fa pù.

MICHELINO – (stralunando gli occhi)  El se fa pù?

ROBERTO  – Forse pusè tardi… Ma stamattina no de sicùr.

MICHELINO – Ma se l’è sucess?

ROBERTO  – De preciss la so no: m’hann telefonà che l’era tutt sospess.

MICHELINO – E te minga domandà?..L’è roba de credic no,..la matina del matrimoni...

ROBERTO  – M’hann dì nient. Mi son adrè a fà di suppusision.

MICHELINO – E cioè?

ROBERTO  – L’unica roba che me ven in ment l’è che el sposs el sia scappa.

MICHELINO – Michele?

ROBERTO  – Eh già: e l’è anche l’opinion della Dorotea.

MICHELINO – De chi?

ROBERTO  – Dorotea: la mia camerera.

MICHELINO – (alzando le spalle)  E allora!

ROBERTO  – Tira su no i spall: guarda che la Dorotea la lavorava dai Manzi e la                                conoss la situasion e i person. E pòeu mi gh’ho sempre avù di dubi, su                          chel matrimoni lì.

MICHELINO – Anca mì: ma quest el voer minga dì che prima de andà in gesa…..

ROBERTO  – Mei tardi che mai!

MICHELINO – Mi pensi alla Isa. Pora tòsa!

ROBERTO  – Un po’ se la merita però!.

MICHELINO – Se la merita un accident! Una persona per benn la dovaria minga rivà                            fina alla matina del matrimoni e poeù piantà lì tuttcòss!                                                  L’è una roba da galera!

ROBERTO  – Eh: scaldess minga inscì tant…

MICHELINO – E gh’avevi fà anche un regall che mè costà noevmila franc!

ROBERTO  – Capissi. Gh’era tutt el toh afett in chi noevmila franc. Piugiatt ancha ti!

MICHELINO – Cosa? Piugiatt ancha mi? Perché?

ROBERTO  – Anche l’alter….Se ved che la Isa i so moròus i a cata foera tucc inscì.

MICHELINO – (alzando le spalle)  Ma và all’inferno! Anzi tel set se te disi? La colpa de                tutt sto rebelott l’è tua!

ROBERTO  – Mia?? Se gh’entri mi?

MICHELINO – Tua. Si propi tua. Chell Michele là, dopo tutt l’era minga un aquila: l’era                minga un Adone, l’era minga un gran chè…

ROBERTO  – Và avanti!

MICHELINO – Ma l’era rassegnà: de bon carater. In de per lù ghe saria mai vegnuda in                       ment un’idea simil. Perché ghe voer un bel couragg anche per scapà.

ROBERTO  – E alora?

MICHELINO – Alora, l’è tri mess che te vett a dre a inzigall: attento a quel che te fett,...                       una volta fada se torna pù indre! E avanti amò a tirà foera tutt i difett                              dela Isa, a provocala per fala scatà…Si te sett stà propi bravo!

ROBERTO  – Ma mi schersavi. E poeu se gh’entra? Mi e la Isa se semm mai sopurtà                fin dall prim dì, l’è una questiun de pell!

MICHELINO – Che ti te continuà a mett in evidensa per mett in cattiva luss la Isa. Per                forsa che quel’la, che l’è no un….

ROBERTO  – Un’aquila! Se sa.

MICHELINO – El s’è lassa ciapà da quell che te disevett tì, adess guarda che bell                               risultà. Te par bell? Quest chì l’è un scandoll bell e bon. E adess, come                         te pensett de riparà?

ROBERTO  – G’ho giamò pensà.

MICHELINO – Meno mall che te se rendete cont…

ROBERTO  – Perfettament. Alla Isa gh’è scapà el moroùs: alora bisogna trovaghen un                       alter!

MICHELINO – Si!... Ma chi?

ROBERTO  – Ti.

MICHELINO – (scattando)  Cosè?

ROBERTO  – Ti te serett giamo el sò moroùs. Ciapa l’ocasion al volo, inscì te se la                            sposet.

MICHELINO – Ti te set matt! Te sett matt in del cò!

ROBERTO  – Ma ragiona. La Isa a ti la te piaseva.... Poeù l’ha t’ha vorù pù….

MICHELINO – (protestando)  Prego. L’è minga vera….

ROBERTO  – L’è verissim. Me l’ha dì la Dorotea.

MICHELINO – Ah, alòura….

ROBERTO  – E tel sett perchè la t’ha vorù pù?

MICHELINO – No. Cioè sì.

ROBERTO  – Per el toh difett de pronuncia. Ti te gemò fa di migliorament. L’ha dì                              anche la Dorotea. Adess, con una cùra scientifica te ne faret amò.                       E pòeu la Isa in sto moment la farà no tropp la sofistica.                                                La sarerà un….ouregg… Ti te sett amo innamorà de le! Te anche                         spendù noevmila franc per el sò regal.

MICHELINO – Ma va a ciapa i ratt!

ROBERTO  – E pòe te sett l’unic che el po’ giustà la situasion.

MICHELINO – L’unic? Perché l’unic?

ROBERTO  – Per el tò carater. Ma sopratutt per el tò nom. Ma si cerca de capì.                        El spouss se ciama Michele Tasselli, ti te se ciamet Michelino Tirelli…                        MT i stess iniziai, inscì la biancheria cifrada, i servisi d’argent, i piatt                               cont el monogramma, se poden tegni sensa cambià nient!                                             L’è un affari, cerca de fàsel minga scapà!

MICHELINO – Te ghe una manerra un po’ particolar de indorà la pinola.. Disi minga de               no…magari in futuro…se ghe saran i condision per un riavicinament…

ROBERTO  – Ma no! Adess intant che el ferr l’è cald… L’è adess che ti te ghe tutt i                            possibilità de vess accetà. Dopo mi garantissi no. Corr, la sarà là tutta                          piangiolenta, e ti te la ciàpett tra i tò brasc, te la consolett, te ghe disett                             che quel là la meritava nò, che il vero Michele te set tì…

MICHELINO – Se me meti a parlà tanto son fregà.

ROBERTO  – Forse te ghet reson, ti parla no. Le la capirà istess, và, corr.

MICHELINO – Ghe vò, ma minga per quell che te dì ti, ma perché in questa situasion                          dolorùsa l’è mè dover restag visin con la mia amicizia…!

ROBERTO  – Ecco l’è tò dover. Però ricordess: i stess iniziai MT  (e lo spinge fuori)

MICHELINO – E ti te vegnett no?

ROBERTO  – No, mi gh’ho i inisiai tutt diferent. Và tì!  (Roberto accompagna Michelino                       fino all’anticamera e poi rientra soddisfatto di quello che ha fatto)                          Dorotea!  (Dorotea compare)  Dam una mann. Chì bisogna cambiass.

9° quadro

DOROTEA  – Che vestì?

ROBERTO  – Griss  (Dorotea và in camera da letto mentre Roberto si sfila la giacca)                         Te vedaret che Michelino se la spòusa.  (Dorotea ricompare col vestito)

DOROTEA  – El se cambia de là?

ROBERTO  – Natural, andem.  (entra assieme a Dorotea in camera da letto.                                       Campanello, Dorotea ricompare attraversa la scena ed esce da destra).

DOROTEA  – (di fuori)  Signorina! Ma...Come? Voi…

ISA             – (di fuori)  Dov’è? Dov’è?  (ed Isa entra, in tailleur. E’ pallida, ma serena;               ha la voce un po’ opaca come lontana. Dorotea entra a sua volta).

DOROTEA  – Avisi subit el professor….

ISA             – Ma no, ma no….  (Dorotea stà per uscire, poi nota la giacca dello                         stiffelius rimasta su una sedia: la prende ed entra con quella in camera                              da letto. Isa, rimasta sola, prende dalla scrivania una sigaretta e                                  l’accende. Si toglie il cappellino. Rientra Roberto che si è rimesso la                            giacca da cerimonia. Si precipita verso Isa, mentre Dorotea torna ad                           attraversare la scena ed esce da destra)

ROBERTO  – Isa! Povera Isa!

ISA             – Perché?

ROBERTO  – Ho savù che….Insomma….

ISA             – Cosa l’è sucess?

ROBERTO  – Ma come?

ISA             – Te capissi no. Ho finì i me comision e son tornada.

ROBERTO  – Isa ma a cà sua….

ISA             – Perché hann telefona?

ROBERTO  – Natural!

ISA             – Sara la mama! La voer sempre che vò a trovala. Pora dona, la riess                              minga a convincess che la mia cà ormai l’è questa.

ROBERTO  – (con un guizzo)  La sua cà???

ISA             – Mi credi che sia un fatto che suced a tutt i genitor. Voeren che la tosa la                        se sposa, ma dopo voeren anche che la resta sempre lì visin a lor.                                E quest l’è impossibil.

ROBERTO  – (completamente sbalordito)  No l’è minga stada la mama, l’è il Gianni…                per el matrimoni…

ISA             – (con sorpresa)  Cosa? Il Gianni se sposa? El ven a ditel a tì inveci che a                       mì? Ma no le minga posibil.

ROBERTO  – Isa! Ma se ghe suced?

ISA             – (dolcissima)  Del lei? Semm diventà inscì aristocratic per darmi del lei?

ROBERTO  – (spaventato)  Ghe assicuri….

ISA             – Te set inrabiì con mi? Oh si….me accorgi benissim nega no. Forse                               perché son andada foera sensa avertitt? L’è apena quindess dì che                               semm sposà e te fò gemò inrabii… Scusami.

ROBERTO  – No: l’è minga el caso… Oh signor, che pastizz!

ISA             – Ma sì. Te domandi scusa.…Come te voerett che tell domandi?

ROBERTO  – (annichilito)  Ma no parlemen pù.  (le tocca la fronte)  Come si sente?                            Un po’ de mal de cò?

ISA             – No. Voraria domà che te smeteset de damm del lei.

ROBERTO  – L’è sta un sbali. Beh come te se sentett,… cara?  (senza farsi notare, le               prende il poso e le conta le pulsazioni).

ISA             – (ilare, volubile)  E poe son andada foera propi per nient. Vorevi comprat                una bella cravata con su di gatin. Te m’avevet dì che la te saria piasuda!

ROBERTO  – Mi t’ho dì….?

ISA             – Ma si: te se ricordet no chel dì là, a Capri… quand em vist rampegà un                gattin su la palma?

ROBERTO  – A Capri?…

ISA             – Ma si: serom sui asnin e andavom al palass de Tiberio….

ROBERTO  – Ah si adess me ricordi.  (accende un fiammifero e le guarda i riflessi                             delle pupille)

ISA             – Cosa te fett col fiamifer?

ROBERTO  – Te ghe minga de pissà la sigaretta?

ISA             – No.  (poi civetta, sorridendo)  Ah,… te guardet i mè oeugg. Te piasen                           ancamò? Dopo quindess dì, te set amo innamorà!

ROBERTO  – Naturalment. In bellissim…G’hann un color, un color....

ISA             – A Taormina te me dì che eren color salamandra.

ROBERTO  – E già.... A… Taormina....(fiammifero nel posacenere)

ISA             – (alzandosi)  Adess vò a cambiass.

ROBERTO  – (allarmato)  No! No, stemm un moment tranquill.

ISA             – (tornando a sedere)  Come te voerett, caro.

ROBERTO  – Ma tè mai capità prima?

ISA             – Cosa?

ROBERTO  – De avegg di moment....So no....queicòss foera dell normall...?

ISA             – El dì del matrimoni tò promiss che saria stada per tì, la mie ideall.                        Te ghe de lamentass de un queicòss?

ROBERTO  – No: de nient.

10° quadro

ISA             – Ti, te me parett strano stamatina.

ROBERTO  – Ah, te pari strano, mi? El credi benn.

ISA             – Perchè? Te ghe di preocupasion?

ROBERTO  – Per forsa...

ISA             – E già. Con tutti i matt che te devett frequentà...

ROBERTO  – Si. Gh’è un caso che me preocupa e tanto anca.

ISA             – Un omm?

ROBERTO  – No. Una donna.

ISA             – Sposada?

ROBERTO  – Ecco, appunto: voena che la pretend de vess sposada...mentre invece...

ISA             – Ma quela l’è minga mata.

ROBERTO  – Ah no?

ISA             – Ghè tanti donn che voren fà cred de vess sposà e porten l’anell, mentre               invece....mi, per esempi....

ROBERTO  – Ti, cosa...?

ISA             – Te vedett no. Porti minga l’anell....eppur...

ROBERTO  –  Già.

ISA             – Perchè stamatina te mettù sù el vestì de cerimonia? Dove te devett                               andà?

ROBERTO  – Dovevi andà.... Ma dopo l’è stà tutt rimandà.

ISA              – Allora cambiess, caro.

ROBERTO  – Si: ma gh’è minga premùra...

ISA             – Te voerett che te vutti, mi?

ROBERTO  – No, no.  (intanto sollevandole una gamba dopo l’altra le prova i riflessi                           del ginocchio)

ISA             – Te me fett ghilita!

ROBERTO  – Ma no...

ISA             – Te me nanca dì che gh’ho di bei gamb. Te piasen no stamatina?

ROBERTO  – Ma certo.

ISA             – A proposit: cosa la gh’aveva la Dorotea? La m’ha guardà in una manera               quand son tornada a cà!

ROBERTO  – Mah, sò no. Se la gh’ha d’avègg? Un pò de sorpresa....

ISA             – Capissi nò perchè la voer minga mett el scossàrin che gh’ho comprà.

ROBERTO  – La sò nanca mì el perchè.

ISA             – Adess la ciami.... (fa per suonare il campanello)

ROBERTO  – (intervenendo)  Ma no: lassa stà adess.

ISA             – Come te voerett.... Roberto!

ROBERTO  – Cosa te gh’et?

ISA             – Te me nanca dà un basin, da quand son tornada.

ROBERTO  – Davera? Forsi... te se sbagliett.

ISA             – Damell subitt.

ROBERTO  – No, Isa. Chi no. Tel sett...

ISA             – Alora andemm de là.

ROBERTO  – No, no.

ISA             – Si, si. Voeri subitt un basin.  (Roberto è imbarazzatissimo, quando si                             sente un provvidenziale squillo di campanello della porta)

ROBERTO  – No, te sentì? Hann sonà!

ISA             – Semper secadour!  (bussano alla porta)

ROBERTO  – Avanti.  (compare Dorotea)

DOROTEA  – Gh’è chì Michelino....Cioè: il signor Tirelli.

ISA             – Oh, che tòeufiàa. Semper in mess ai pè. Amore digg de andà via!  (alla                parola amore, Dorotea non può trattenere la propria meraviglia.                                          A Dorotea)  E ti metess el scossàrin.

ROBERTO  – (a Dorotea)  Naturall. Te podevett digg che seri fòera.  (in piedi                                     imbarazzato)

DOROTEA  – Ma el m’aveva dì nient....

ROBERTO  – Adess se ghe conti a chell rompiscatoll?

ISA             – El dovaria capì che i spouss van lassà in pass.  (Dorotea sobbalza)  Ma               quell là l’ha mai capì nient in vita sua.

ROBERTO  – Te ghet resoon, cara : ma gh’ho un afari urgent da sbrigà con lù. Devi                           propi vedell.

ISA             – Te fàrè prest, almenn?

ROBERTO  – Cinc minut el desfesci. Ti intanta và de là, te se petenet….

ISA             – Me se cambi el vestì.

ROBERTO  – Ecco si guarda ti.  (accompagnandola fino alla porta)  Mi te ciami apena               l’è andà via. Però ti fass minga vedè, altrimenti…quell’lì el và via pù.

ISA             – (con una risata)  L’è sempre innamorà de mi!  (e scompare)

11° quadro

DOROTEA  – (allibita)  Signor…

ROBERTO  – (sottovoce)  Se te voeret fagg?

DOROTEA  – El so matrimoni?

ROBERTO  – Te vist?

DOROTEA  – Ma mi pensavi no che….

ROBERTO  – Figuress mì!

DOROTEA  – Che robb suced a chel mond chì!

ROBERTO  – Mi capissi pù nient….

DOROTEA  – E quell de là?

ROBERTO  – Fall pasà.  (Dorotea esce ed entra subito dopo Michelino)

MICHELINO – Che tragedia! Che scandall!

ROBERTO  – Te sett stà là?

MICHELINO – Vegni via adess! Che rebelott!

ROBERTO  – El credi ben! El morùs?

MICHELINO – L’era li anche lù.

ROBERTO  – Come? L’era lì?

MICHELINO – Ah già: tel sett no. l’è minga scapà lù, l’è scapada le!

ROBERTO  – Cosa?

MICHELINO – Propi inscì.… L’è là che’l fà pena, el se dà minga pass.                                                 El balbetta pusè de mì.

ROBERTO  – Alora semm a post. Parla, cunta su, cosa l’è sucess?

MICHELINO – La spòsa….l’è sparida….Voreven ciamà i carabinier….

ROBERTO  – Gh’hann la mania di carabinier chela gent lì! E pòe perché?

MICHELINO – Te capirete! L’era giamò vestida da spòsa.

ROBERTO  – Ma no che l’era minga vestida da spòsa! Come la faseva a scapà col                            velo?

MICHELINO – No el vèl l’hann trovà.

ROBERTO  – E le?

MICHELINO – Le no! Rosina, la cameriera, l’ha dì che la s’è cambiada: l’ha miss sù un               vestì e l’è andada foera dala porta de servissi.

ROBERTO  – Sensa dì nient?

MICHELINO – Sensa dì nient. E intant de là i parent spetaven de andà in gesa. Poeù                           l’è rivà lì el morùs a domandà come mai la ritardava inscì tanto.

ROBERTO  – E allora?

MICHELINO – Finalment hann trovà un bigliett, che la Isa l’aveva scrivù prima de                                scapà.

ROBERTO  – Meno mall. E sel diseva?

MICHELINO – Me l’hann fà vedè anca a mi. Beh nessun ghe capiss nient.

ROBERTO  – Ma se gh’era scritt?

MICHELINO – Ghe l’ho chì, l’ho ricopià. Dove el s’è cascià?  (cerca in tasca)  Ah tell                           chì. <Non voglio andare in chiesa due volte. Preferisco Rocca Susella>

ROBERTO  – Cosè?

MICHELINO – Propi. Non voglio andare in chiesa due volte....

ROBERTO  – Preferisco Rocca Susella! Chì, gh’è de pert el cò.

MICHELINO – E tucc lì a cercà de decifrà l’enigma!

ROBERTO  – E avì trovà la soluson?

MICHELINO – Nient. Epurr i parol incrusià i fò tucc.

ROBERTO  – Ma se voer dì Rocca Susella?

MICHELINO – Quest l’è el men. Rocca Susella l’è un paesin dell’oltre Pò Pavese dove                l’abita una zia della Isa, e siccome l’è paralitica l’ha minga podù vegnì al                  matrimoni. Ma quelle  <due volte in chiesa>....in un mistero! Chi parlava                      del divorzi, chi d’un alter matrimoni, forse la pensava a un alter marì....                              Ma l’è de sicùr una frase oscùra....

ROBERTO  – Ma no: l’è ciarissima. Mi l’ho capida subitt.

MICHELINO – E alora spieghess.

ROBERTO  – Pòdi nò. Bisogna telefonà ai sò genitour. Speta  (và al telefono).

MICHELINO – Gh’inn no!

ROBERTO  – Come gh’inn no?

MICHELINO – Hann ciapà una machina e in andà subit a Rocca Susella!

ROBERTO  – Subit?

MICHELINO – Per forsa. Te capiret! Eran talment agità!

ROBERTO  – Col moròs?

MICHELINO – Sensa moròs. L’ha dì che’l podeva no andà per la sua dignità!....

ROBERTO  – Adess gh’è nanca i genitòr!  (tra sè)  E mi come fò? 

                       Ma tornerann prima de sera?

MICHELINO – Imposibil. Ghe voer puse de quatr’or per andà là. Hann dì che sarien                             tornà domann.

ROBERTO  – Quindi sta nott...?

MICHELINO – Dormen là. Gh’hann una cà granda piena de lett.

ROBERTO  – Son mi che ghe n’ho apena vunn!

MICHELINO – E se te voerett fann de du?

ROBERTO  – Ma sò fradell Gianni? El sarà stà a cà, almen lù?

MICHELINO – Gianni, l’ha ciapà el treno e l’è andà a Varess.

ROBERTO  – A Varess?

MICHELINO – Lu el pensa che la Isa la sia andada dalla Carolina, una sua amisa che                 la sè spòsada l’ann pasà e che la stà a Varess....Ma sii quela che l’ha fà                     el viagg de nozz a Capri e a Taormina...

ROBERTO  – A Capri e Taormina…. A si me ricordi. Quindi adess a cà gh’è nisunn?

MICHELINO – Gh’è la Rosina.

ROBERTO  – E se me ne fò?

MICHELINO – Ma insoma se pò savè se te ghett in ment?

ROBERTO  – Mi? Le, caro. Le! Mi credi che la guarirà, ma intanta...

MICHELINO – Guarirà? Ma se sem nanca se l’è malada?

ROBERTO  – Come no? Basta guardala.

MICHELINO – Guardala? E ti come te fett a savell?

ROBERTO  – Ma sì.  (col foglietto in mano)  Basta legg quel che l’ha scritt. E da quell               che te me dì, l’è ciar: pallida, oeugg un pò fiss, voss opaca.

MICHELINO – Ma mi l’ho minga vista. E t’ho minga di chi rob lì?

ROBERTO  – Faà no el stupit. Ma se l’è evident!

MICHELINO – Malada?…. Te voerett dì.… che....l’è adre a buscià?

ROBERTO  – Esagerem no. La pò vess una forma allucinada. L’ha pensà de vess                              gemò sposada e per quest l’ha vorù no andà per la seconda volta in                              gesa. L’è ciarissim.

12° quadro

MICHELINO – Ma la Isa l’ha mai dà da pensà...

ROBERTO  – Se voer dì? Nesun di mè client, della clinica, la mai dà da pensà, prima!               Dopo ven el moment, l’urto, lo squilibrio nervoso e buona nott: la nèbia                              in del cevell e vegnen foera le forme monomaniache!

MICHELINO – Riessi minga a credig. Podaria minga tratass inveci de un rapiment, de                una fuga… d’amor

ROBERTO  – Ma nanca per idea!

MICHELINO – Come te fett a vess inscì sicùr?

ROBERTO  – Dall’insieme dela storia. Gh’è nient de preocupass in chel senso chì.

MICHELINO – Te vedarett che la trovarann a Rocca Susella!

ROBERTO  – Ma che Rocca Susella!

MICHELINO – Epùr el fatto che l’ha scrivù ch’el post lì....

ROBERTO  – Ma fam el piesè. Adess però và.

MICHELINO – Te ghet de fà?

ROBERTO  – Ehh un sacch.

MICHELINO – Magari gh’era un quai vun, quand son rivà.... Per quell che te me fà fà                          l’anticamera!

ROBERTO  – Andem, moevess!

MICHELINO – (vedendo solo ora il cappellino di Isa rimasto sulla sedia)  Ah, ho capì.

ROBERTO  – Cosa?

MICHELINO – L’ospite l’è amò chì.

ROBERTO  – (sobbalza)  Fass minga di idei!

MICHELINO – Ma si: sensa capell la sarà minga andada via, pensi.  (e prende il                         cappellino)

ROBERTO  – (ripigliandolo per paura che lo riconosca)  Lassa stà!

MICHELINO – Ah, forse l’è tò?

ROBERTO  – Insomma, và foera di pè e fà minga domadi stupid.

MICHELINO – T’ho mai vist inscì nevoss e irritabill come stamatina.

ROBERTO  – Gh’avarò i mè reson.

MICHELINO – Scusa, scusa.

ISA             – Te me ciamàa, caro?  (Isa compare: ha una veste da camera di Roberto                       infilata sulla sottoveste. Roberto cade a sedere, annientato. Michelino                            resta allibito)  Comè, Michelino, ancamò chì?

MICHELINO – (balbettando più che mai)  Sì....io cosavo....s’eri adre...

ISA             – Beh, se ghì amò de discut, mi resti chì, quiètta quiètta...

ROBERTO  – Ma no. Te preghi.

ISA             – Alora vò a dà ordin alla Dorotea per la colasion. Stamattina gh’ho adoss               una famm e una voeja de gnocch...Cont el ragù. Te piasen tesoro?

ROBERTO  – Come no?

ISA             – Scometti che anche a Michelino ghe venn l’acquètta in boca. Beh,                                 vedaremm....Oh, che ridicol!

ROBERTO  – Se gh’è?

ISA             – Anca lù cont el vestì da cerimonia!… Domandi nient e voeri savè nient.                Scappi  (esce)

ROBERTO  – Ecco: te vist.

MICHELINO – Cosa ho vist? Che te sett una facia de tola!

ROBERTO  – Ah si? E se dovevi fà second tì?

MICHELINO – Te dovevett pensagg prima. Se fà minga rivà la propria amante fina su                 l’altar e ti a fagg da testimoni! Che vergogna! Per forsa l’è scapada!

ROBERTO  – Se te la mùchett no te spachi la facia!

MICHELINO – Te voerett forsi che te approvi? Che te disi bravo? E che resti chi a                               mangià i tò gnocch cont el ragù?

ROBERTO  – Mi so no se daria per.…

MICHELINO – Intanta che i sò gent coren a Rocca Susella e sò fradell a Varess ti te                            restett li sensa nanca fà una piega, sensa dervì bocca....

ROBERTO  – Se podevi fà?

MICHELINO – E adess te fett anche l’offess? Perchè? Sentemm. Perchè inveci de                               sposà chel martul là, adess l’è chì? E me par anche che ti te gh’abiet                            nesuna intension de spòsala!

ROBERTO  – No: perchè l’ho gia spòsada!

MICHELINO – (con uno scatto)  Cosa?

ROBERTO  – Si: l’ho gia spòsada. E semm anca andà in viagg de nozz a Capri e                               Taormina...

MICHELINO – Ma quand? Come?

ROBERTO  – La sò no. Ma nel cò de le l’è inscì.

MICHELINO – Roberto, te set matt!

ROBERTO  – Stupit! Te ghet amò de capì che la matta l’è le!

MICHELINO – Matta?

ROBERTO  – Completament...

MICHELINO – Mi son minga pratic in materia, ma a mi la ma pareva sanissima. Da                             quel che l’ha dì....

ROBERTO  – Perchè la lesion l’è apena in una part della memoria. Per el rest l’è tuta                 normall. Ma apena se entra nella zona matrimoni, lì gh’è la fratura. La                                pretend de vess la mia mie.

MICHELINO – Ma se pò nò tenta de fala ragionà....?

ROBERTO  – Macchè!

MICHELINO – E quand te sett accort?

ROBERTO  – Pocch fà! Me la sonn vista capità in cà all’improvvisa, con l’intension de               restagg. E quest l’è minga posibil. Adess però sò minga cosa fà, gh’è                               nesunn della sua famiglia. E mi vòeri minga fà pubblicità. Pora tosa! La                      gh’ha gemo un bell fastidi...

MICHELINO – Ma gh’è speransa che la guaris?

ROBERTO  – Cosa te voeret che sappia?

MICHELINO – Che manera ? Te sett o no un specialista in materia?

ROBERTO  – Si: mi credi de si. Una emosion forta l’ha sconvolta e forse una emosion               forta l’ha pò rimetela in bòla.

MICHELINO – E alora avanti movess, prova. Perd minga temp!

ROBERTO  – Te penset chel sia facil....

MICHELINO – Emosion de che gener?

ROBERTO  – Ma savaria no.... Forse tì, te podariet damm una mann.

MICHELINO – Tirom minga in ball in chela storia chì. Mi con i matt a gh’ho nient de                             spartì.

ROBERTO  – (sempre più deciso, a bassa voce)  Tì, te ghet de utamm. Per mi, ma                            sopratutt per le. Se no che amiss te sett?

MICHELINO – Sentem: se dovaria fà?

ROBERTO  – Te devet fagh una dichiarasion d’amor, ma de quei che se pò no refudà.

MICHELINO – A una matta?

ROBERTO  – T’ho dì che l’è normalissima, basta parlà no de matrimoni.

MICHELINO – E dopo?

ROBERTO  – Al moment giùst mi, che sonn el marì, salti foera e ve catti in castegna...                      come emosion l’è minga mall, te parr?

MICHELINO – No, no ghe sto no.

ROBERTO  – Perchè?

MICHELINO – Perchè de no. A mi la storia de fagh el fill a una dona sposada e poeù,                           sul pusè, bell salta foera el marì, la mè mai piasuda.

ROBERTO  – Stupitt, ma le l’è minga sposada! E mi son minga el marì: son el dottòr...                       Perciò te ordini de damm una mann. Altrimenti te ghet de stà chì tutta la                        nott insema a mì.

MICHELINO – E perchè?

ROBERTO  – Perchè in de per mi con lè, ghe resti no!

MICHELINO – Te ghe paura?

ROBERTO  – No, voeri un testimoni. Voeri che ghe sien minga di dùbi, dopo.

MICHELINO – E mi dovarissi?…

ROBERTO  – O le la guariss, o ti te restett chì tutta la nott. Avanti dass de fà!

13° quadro

ISA             – (rientrando)  Gh’ho dà una man a fà i gnocch. L’è propi matta la                                     Dorotea! Pensa, Roberto, l’ha anche cambià el moròs!

ROBERTO  – La sò  (a Michelino)  Adess ghe schisci el botònn.... òcio....(a Isa)  Ma,                         chissà se la sposarà...

ISA             – A mi la m’ha di de sì. Quest chì, la diss che l’è seri. El dì del matrimoni..              (s’interrompe)

ROBERTO  – (piano a Michelino)  Ghe semm.

ISA             – (continuando normalissima)  La voer mett i fior d’arancio. Mi ghe l’ho                             sconsiglià, l’è mei lasai perd. Vero Michelino?

MICHELINO – Cosa la voer che sappia mi?

ISA             – (ridendo)  Ma come? Anche ti te me de del lei? Perchè?

MICHELINO – (imbarazzato)  Credevi... adess che l’è sposada... forse...

ISA             – Ma no. Roberto l’è minga geloss. Vero, caro, che te se minga geloss?                          De Michelino poeù!!!

ROBERTO  – Adess esagerem no. Michelino el pò vess pericoloss come un alter.

ISA             – (battendo le mani)  Che bell! El savevi no che te serett geloss!...

ROBERTO  – (guardando l’orologio)  Mi gh’ho de andà via un moment. Te lassi chi                             con Michelino....

ISA             – E mi podi minga vegnì con tì?

ROBERTO  – No.

ISA             – Allora t’aspeti. Ma fà prest. Un basin?

ROBERTO  – Torni subit appena ho finì.  (la bacia di sfuggita in fronte)

ISA             – Ma dai lasess andàa.

ROBERTO  – Isa, gh’è gent. Se vedom dopo.

ISA             – Per che ora i gnocch?

ROBERTO  – La voena. Ciao.  (esce)

ISA             – Te vist? Questa l’è la felicità.

MICHELINO – Ho vist.

ISA             – Ma mi...gh’ho minga una toalètt presentabil.

MICHELINO – Ma no: anzi, resta pur inscì. Te me piasett pusè....

ISA             – Con ti fo minga de compliment: te sett un amiss.

MICHELINO – Damm a trà Isa...

ISA             – Si?… Te me paret preoccupà, cosa te ghe?

MICHELINO – Se te savesset....

ISA             – Dimm tuttcoss!

MICHELINO – Ti, te me fà sofrì tanto.

ISA             – Mi?

MICHELINO – Prima con Michele, poeù con Roberto. Se te credett? Mi per ti gh’ho                              semper avù un sentiment che….  (sulla porta, alle spalle di Isa, è                         ricomparso Roberto che a gesti incoraggia Michelino ad accentuare la                               propria corte)  Insoma..... Son minga fà de preja....Mi.... per ti....

ISA             – Te set amò innamorà de mì?

MICHELINO – Purtropp. E allora....No: quand a gh’è un quei vunn che me guarda mi                            ghe riessi no...  (Roberto scuote il capo e si ritira)

ISA             – Chi te guarda?

MICHELINO – Tì.

ISA             – Te voeret che vò via?

MICHELINO – No, no: resta  (le prende la mano)  Ti te ghet de stà chì. Quand te vedi                          inscì,...innamurada de un alter omm...

ISA             – L’è mè marì!

MICHELINO – Già, l’è tò marì. E sta facenda la me mètt sòttsora, la me scombussolà...

ISA             – Por Michelino, te ghet de fass una resonn. Pensic pù. Te vedarett che                           anche ti te troverett la dona giusta. Te darò una mann mì. Magari trà i                           mè amiss. Lalla per esempi...

MICHELINO – No, Isa. Lalla no!

ISA             – Maria Teresa...

MICHELINO – Isa, mi voeri tì.

ISA             – Ma te set matt, Michelino?

MICHELINO – Cosa te dì?

ISA             – Che te ghe de mètess el coer in pass.  (Roberto ricompare e lo incita a                diventare più intrapprendente)

MICHELINO – L’è minga posibil! Isa, almen un basin... vun apena...

ISA             – Ma no: quand l’era el moment te me le minga domandà. E adess? Te                              par bell quel che te fett?

MICHELINO – Me interessa no se l’è bell o brutt. Te set bela ti.

ISA             – Ma mi voeri benn a Roberto.

MICHELINO – Quell el conta no.

ISA             – Come el conta no? L’è mè marì.

MICHELINO – Ma....Sarà anca tò marì... ma a mi me interessa no. Damm un basin!

ISA             – Michelino, varda che m’inrabissi. Intanta lu el pò tornà da un moment                              all’alter....

MICHELINO – No: lu fina alla voeuna el torna no. Damm un basinn.  (tende le braccia)

ISA             – (respingendolo)  Insomma, adess m’inrabissi sul seri.

ROBERTO  – (intervenendo)  Isa!!!

MICHELINO – Tel chì, che l’è rivà!

ISA             – Roberto, mandel via subitt. L’è no un amiss, l’è una canaja!

MICHELINO – (con un sospiro)  Ecco, bel risultà!

ISA             – Figuress chel vorèva basamm per forsa.

MICHELINO – L’è stà.…

ROBERTO  – Ho capì tutt. La gh’ha resonn la Isa.

ISA             – Ma mi la bocca la dò apena a tì, tì e basta.  (e si appende al collo di                                Roberto, baciandolo sulla bocca)

MICHELINO – Alora mi, sarà mei che vò.

ROBERTO  – (sciogliendosi da Isa)  No, guai a ti se....

ISA             – Ma si, Roberto lassel andà.

ROBERTO  – No; lu el gh’ha de restà chì.

ISA             – (candida)  A fà cosa? Tel perdonett?

ROBERTO  – Si. Ghe perdoni. El compatissi. Però ti, con chela vestaglia lì...te capirett                        (a Michelino)  Perciò ti te resterett chì, tutt el dì el tutta la nott.

ISA             – Tutta la nott?

ROBERTO  – Tutta la nott. Fina al ritorno da Rocca Susella.                                                                 Te capì, Isa, Rocca Susella!!!

ISA             – Ma tesor te se sentet benn? Se in sti fisasion?

ROBERTO  – Me senti malissim, specialment adess. So no se podarò rispond di mè                             aziònn.  (si lascia cadere sulla sedia)

ISA             – Oh signor, Roberto, te me spaventet...

ROBERTO  – Và a vestiss. Vestisset pussè che te podet. Stà minga lì inscì, andemm.

ISA             – Sì, sì....Come te voerett, tutt quel che te voerett....(lentamente, inquieta,                         si dirige verso la porta della camera da letto: scompare)

MICHELINO – Te vist? Mi el basin ghe l’ho domandà, ma le....

ROBERTO  – Me l’ha dà a mi. Te savesset se voer dì. Michelino, giurom che te                        resteret chì, che te me lassarett nanca un istant, nanca se te disarò mi                              de andà via, giurumell!

MICHELINO – Tel giuri, ma perchè?

ROBERTO  – Perchè....

ISA             – (di dentro)  Roberto, venn un mument a damm una mann....

ROBERTO  – No!

ISA             – (di dentro)  Te preghi, Roberto.

ROBERTO  – (più debole)  Nooo....

ISA             – (di dentro)  Fà no el cativ con la tua micina...

ROBERTO  – Michelino, tegnomm. Tegnomm.  (Michelino gli afferra un braccio)

ISA             – (di dentro)  Roberto, allora...?

ROBERTO  – (liberandosi da Michelino)  Ma và all’inferno!  (entra nella stanza di Isa,                          mentre Michelino cade a sedere su una poltrona)

MICHELINO – Buonanott!!!

FINE DEL SECONDO ATTO

Dottòr…. la bùscia!!

ATTO TERZO

La stessa scena del secondo atto: è l’indomani mattina. Michelino è tuttora sdraiato sul divanetto, sul quale ha dormito: Roberto, che non ha chiuso occhio, è seduto davanti alla scrivania. Ha ancora la lampada accesa davanti a sè: consulta dei grandi libri e prende degli appunti. Ha vicino a sè tutta una fila di libri tolti dallo scaffale e che dimostrano come abbia passato la notte a consultarli. Dorotea entra ed apre le tende: è giorno pieno e il sole entra a fasci. Si avvicina alla scrivania e spegne la lampada.

DOROTEA  – (scotendo la testa)  Fa minga benn a la salut studià tropp.

ROBERTO  – Cascess per i tò de afari  (Dorotea con un sospiro di commiserazione                            esce. Roberto continua a leggere ed a prendere gli appunti. Michelino si               rigira ancora, emette un grugnito, si sveglia)

MICHELINO – Che ora l’è?

ROBERTO  – Hin i noev our!

MICHELINO – Porcu sciampin! Hin minga comod i tò pultrònn! Ho dormì nient.

ROBERTO  – Ma din pù; te dormì come un sass!

MICHELINO – (tornando lentamente alla cognizione delle cose)  Beh, e la….sposa?

ROBERTO  – Mi so nagott.  (Michelino si stira pigramente)

MICHELINO – E tì… cosa te fàa?

ROBERTO  – Ho studià.

MICHELINO – Cosa tè studiàa?

ROBERTO  – Chì liber chì. L’è nò che me fidi tropp della psicanalisi: ma in sti casi                             bisogna trascùrà nagòtt.

MICHELINO – E tè trovà un quai coss?

ROBERTO  – Una trentina de casi simil.

MICHELINO – Ma inn guarì?

ROBERTO  – Vùn l’è guarì cont un viagg in Scandinavia. Un’altra dona figùress che                           l’è guarida quand l’ha vist improvisament un ratt. Una vousada e l’ha                             ripress conoscenza.

MICHELINO – Un ratt? Te ghe nè in cà un quei vùn?

ROBERTO  – Fa nò el bamba.  (Dorotea entra portando il caffè)

MICHELINO – Oh, grazie.

DOROTEA  – L’è no per lù, l’è per la scioùra.

ROBERTO  – La s’è svegliada?

DOROTEA  – L’ha sonà.  (e scompare con il vassoio, a sinistra)

ROBERTO  – Un alter caso: una dona che la diseva de avè masàa sò mader, l’è                                 guarida dopo che l’ha ciapà una sberla da sò marì.

MICHELINO – Beh! Quest se podaria provall.

ROBERTO  – L’ho scritt chì. Un’altra l’è guarida dopo dudess ann.

MICHELINO – Un po’ lunga come cùra!

ROBERTO  – De solit se dopèra el sistema delle <analogie>

MICHELINO – E cioè?

ROBERTO  – Bisogna dag corda al malàa, ghe se mett intourna tùcc i element che                            vann d’accord cont la sua mania, men vun e dopo se fa forsa                                        sull’elemento dissociativo!

MICHELINO – Cioè, ti te douarìet fa el marì de la Isa.

ROBERTO  – Sistema de scartà.  (Dorotea ricompare)

MICHELINO – Come la stà?

DOROTEA  – Benissim. L’è adrè a fa el bagn.

ROBERTO  – T’è capì?

DOROTEA  – La me pareva ben contenta.

ROBERTO  – Poverina, l’è sempre contenta!

DOROTEA  – Se el me permett, sciùr profesour….credi che la manera miglior per                              guarìla saria….(gli parla piano)

ROBERTO  – (indignato)  Và via!

DOROTEA  – Và ben, và ben, ma el me creda a mì….

ROBERTO  – Và via, t’oh dì!!  (Dorotea esce da destra)

MICHELINO – Cosa la ha dì?

ROBERTO  – Stupidàd! Ghe saria anche el sistema di dòcc gelàa….ma a quest ghe                           pensarann i genitour.  (riflettendo)  Certament l’è minga una bela roba                           per la famiglia. E quand vedi stà tousa, giovina, graziosa, serena, del                                tutt nourmal…tant che vun el và su de girr… Ier sera, per esempi, quand                       l’ha cantà quela cansoun, me sentivi dislenguà!

MICHELINO – Uhì, prima della crisi t’ho mai sentì inscì entusiasta!

ROBERTO  – Cosa gh’entra! Prima l’era una dispettosa, besienta. Una strìa. Adess pù                       nient: l’è un berìn.

MICHELINO – Insoma per tì da quand l’ha comincià a buscià, l’è migliorada!

ROBERTO  – Certament! Gh’è minga de dubi.

MICHELINO – Ma allora, perchè te cerchet de guarila.

ROBERTO  – Prima de tutt l’è mè dover. E dopo gh’è quella fissa de vess la mia mie                          che bisogna tiragh via. Adess, so no se i sò gent accetteran de fala                              ricoverà nella mia clinica....

MICHELINO – Mi disaria che l’è mei stacala completament da tì. E che la te vedess                             pù...mai pù.

ROBERTO  – No, me fidi no a distacala inscì de coulp: podaria sucedd che la và in del                       baloon completament.

MICHELINO – Insòmma, te voerett cùrala tì?

ROBERTO  – Per i primm temp l’è indispensabill.

MICHELINO – Dìm un pò, per taiass la barba, chì in de tì, come se fà?

ROBERTO  – De là nel bagn ghè tutt. Ma ghè denter lè.

MICHELINO – Và ben. Aloura dato che la nott l’è passada, mi podaria fà una scapada                 a cà mia?

ROBERTO  – Ma nanca per sogn: ti te se moevett minga de chì fina a quand i sò gent                        l’hann minga portada via, e tì t’è ghe de confermà che tra mi e lè....

MICHELINO – Và ben, mi confermarò tutt quell che te voerett, ma parlarò in perfetta                            malafed.

ROBERTO  – Come, come....cosa te voeret dì?

MICHELINO – Che mi ho dormì tutta la nott.

ROBERTO  – E mi ho studiàa, a quela scrivania lì, davanti a tì, tutta la nott.

MICHELINO – Quest tell disett tì. Ma mi cosa ne sò! E ieer, quand te set stà de là dò or                       con lè?  (risentito)  Dò or! Controlàa.

ROBERTO  – Ma te podevett vegnì denter quand te vorevett! Anzi me par de avèt                              ciamà.

MICHELINO – No te me minga ciamà! Ma importa no. Testimoni istèss. Cosa te                         voerett de pù?

ROBERTO  – Ma alora, ti te sospetett....ti te pensett che mi e quela pora tosa....

MICHELINO – Però, che pora tosa!

ROBERTO  – Me par che adess l’è la tua gelosia, che la salta foera!!

MICHELINO – Beh, l’è inutil fà di mister: te credet che me divertissi a stà chi a vedè                            tutt i voster moin?

ROBERTO  – I sò moin!

MICHELINO – Va ben: i sò <bèlè, tesor, amour> e la te caressa i cavei, e la te basa!                           La sarà anche mata, ma tutt chi scen chi a mi me fan buì el sang. E ti te                        ghe de corda, te ghe vett adre come un cagnoeù!

ROBERTO  – Cosa podi fagg mi!

MICHELINO – Te doevet minga obligam a restà chì!!

ROBERTO  – Disperes no adess: apena l’è guarida te la sposet.

MICHELINO – Lasem perd và! Gh’è almen un bagn, chì?

ROBERTO  – Gh’è un lavabo.

MICHELINO – Andarò almen a rinfrescam.

ROBERTO  – Và de là: domandeg alla Dorotea.  (Michelino esce: Roberto passeggia                 in su e in giù. Rilegge gli appunti presi. Compare Isa in accappatoio)

14° quadro

ISA             – Dormì ben?

ROBERTO  – Ah, te sèt tì. Si propi. Ho nanca saràa un oeugg.

ISA             – (avvicinandosi a lui)  Pover amour, te se cascet tropp. Te voeret diventà                       tropp bravo.  (gli passa il braccio nudo sotto il naso)  Te pias questa                             colonia?

ROBERTO  – Tanto: l’è la mia!

ISA             – Setèss giò!

ROBERTO  – Perché?

ISA             – Stà cìto e setes  (Roberto siede)  E adess sara i oeugg.

ROBERTO  – Uhèi, fà minga di schèrs!

ISA             – Fà come te disi.  (Roberto chiude gli occhi e Isa viene a sedere sulle sue                      ginocchia e gli circonda il collo col braccio)

ROBERTO  – Ma Isa!  (tenta di sciogliersi ma senza eccessiva energia)

ISA             – Tel sett che te me piàset. Anche stanott me son sognada de tì...                                   (ricompare Michelino che resta di stucco davanti alla scena intima)

MICHELINO – Ma bravi!

ISA             – Ancamò chì te sett? Te piantàa i radiss in cà nostra? Te ghe no cà tua?

ROBERTO  – L’è vegnù adess perchè el doveva....

MICHELINO – Dovevi famm la barba!

ROBERTO  – Ecco. Cioè nò.

MICHELINO – Ah, alora l’è inscì, sciur professor che te fett i tò esperiment psicanalitic?                      Alora tel sett se te disi: vò a famm la barba, e la fò anca dò volt.                                    E andarò avanti a fala fina a quand me avvisarè che chì l’è tutt finì.                             (esce bruscamente da sinistra)

ROBERTO  – Te vist?

ISA             – Perché, poeù?

ROBERTO  – Ghe dà fastidi a vedett setada giò su i mè genoeùgg.

ISA             – Ma se mi ghe stò inscì benn, invecì.

ROBERTO  – Si cara: ma forse l’è mèi ..... dato che dovaria fatt di domand.....

ISA             – (la testa sulla spalla)  Dai domanda.

ROBERTO  – (allungando la mano fino a prendere il foglietto con gli appunti sulla                                scrivania)  Ecco…. Dimm un po’. Domenica matina, della settimana                              pasada, dove te seret?

ISA             – A che ora?

ROBERTO  – Ai dess our.

ISA             – Seri a messa. A Sant’Ambroeus.

ROBERTO  – Benìssim. E con chi te seret?

ISA             – Con la mamma.

ROBERTO  – E Sant’ Ambroeus dove l’è?

ISA             – In piazza Sant’Ambroeus. Perché?

ROBERTO  – E da Taormina quand sèmm tornàa?

ISA             – Ier, caro.

ROBERTO  – Allora domenica te serett a Taormina.

ISA             – Certo, con tì a San Domenic.

ROBERTO  – E sèmm andàa a messa?

ISA             – Semm sveglià tardi perciò emm minga fà in temp. Te se ricordett no?

ROBERTO  – Si cara.

ISA             – (accarezzandolo)  Ma anche ti te ghet la barba lunga.

ROBERTO  – Eh si me son acort.

ISA             – Ma mi te basi istess.

ROBERTO  – No Isa te preghi. Fa la brava. Pietà.

ISA             – Nanca per sogn!

ROBERTO  – Isa te scongiuri. Hann sonàa.  (si alza)

ISA             – Ma và: mi ho sentì nient!

ROBERTO  – M’era sembrà.  (tra sé)  adess proevi a strapasàla  (forte, quasi con                              violenza)  Isa! La tua manera de fa…. Insoma, mi voeri no che….

ISA             – Che cosa, ciccino bello?

ROBERTO  – E ciamom no ciccino!

ISA             – Dim un po’: quand’è che ciàpom la ciòcca insema, come che la sera…?               Te se ricòrdet? Quand te set vegnù a dormì a cà nostra, la prima volta…

ROBERTO  – E mi te stàvi in sul stòmigg!

ISA             – Se capiss. Voena la se ribella, davanti a un omm che ghe piass.

ROBERTO  – Alòra….Te sonn piasù subitt?

ISA             – Tanto! Purtropp!

ROBERTO  – (disperato fra sé)  Come fò a a strapasàla?  (allunga la mano due volte,                poi l’accarezza)

ISA             – Tesoro! Te seret in una condision, che la matina là! E mi, sonn stada                            subitt gelòsa de che la dona in verd che te tiravett in ball….

ROBERTO  – Te se ricordet propi tutt!

ISA             – Tutt. E quand te vorù sposàmm....

ROBERTO  – Ecco: quand l’è stàa? La mia memoria su quest, l’è un pò confùsa….

ISA             – L’è stà la sera de ch’el lunedì de Pasqua....Quand te me dì: Isa, mi devi               rivelatt un segrèt.

ROBERTO  – Isa, adess mi devi datt una quei sberla!

ISA             – Ma perchè?

ROBERTO  – Perchè l’è necessari!

ISA             – E và ben, forse me piaserà anche questt....

ROBERTO  – (avvilito)  Ma no: podarò mai. Ghe rinunci.  (e straccia i foglietti che                              aveva in mano)  Tutt stupidatt!

15° quadro

MICHELINO – (ricomparendo)  Se pò?

ISA             – Ma si, ma si.

MICHELINO – Gh’è minga acqua de colonia!

ISA             – L’ho duperada tutta mì.

MICHELINO – Ma brava. Dìmm un pò: perchè te se vestisett minga?

ISA             – Adess vò....

ROBERTO  – Si, si, và.

ISA             – Roberto, ricordess che domàn l’è la festa della mamma: bisognerà                                toeugg un quei coss. Fagg una sorpresa!

ROBERTO  – Ma si cara: la sorpresa l’è bella e pronta.

ISA             – Che amor che te sett! Te pensett a tutt!  (e scompare a sinistra)

ROBERTO  – Te sentì? La se ricorda de tutt: anche che doman l’è la festa della                        mamma.

MICHELINO – Damm a trà, te fà i esperiment del liber?

ROBERTO  – Tutt inutil.

MICHELINO – Te provà a sberlottala sù un pò?

ROBERTO  – La diss, che ghe piasaria anche quell.

MICHELINO – E... Alora caro mio....

ROBERTO  – (guardando l’orologio)  Chì el temp el passa, e quei là arìven no.

MICHELINO – Bisognarà telefonagg a càa sua, e digg de vegnì chì apena riven.

ROBERTO  – Gemò fà: stamatina prest. Ho parlà con la Rosina.

MICHELINO – Te ghe dì la verità?

ROBERTO  – Ma no, te pàr! G’ho dì de mandam chì i sò genitour perchè devi parlagg               in sema a propositt de la Isa.

MICHELINO – Bisognaria avegg un pò de bòna manera,.. preparai.

ROBERTO  – L’unica femina. El matrimoni andà in fumm e lè che l’è andada foera de                          cò. Ghè de diventà matt.

MICHELINO – Cosa te voeret de pù?  (suonano alla porta)

ROBERTO  – Stavolta hann sonàa davera.  (i due restano in ascolto. Si sentono di là                 delle voci confuse)  Hinn lòr. Dai và avanti tì, cour. L’è mei che te veden                  prima tì.

MICHELINO – No: ghe pensi nanca….Bisognaria prima, tiragg via di man i bastun, se                i hann pourtàa.  (Rina e Antonio irrompono)

RINA           – Professor, la Rosina l’ha gh’ha dìi….

ANTONIO   – E nùmm semm cors chì de volada.

RINA           – (al marito)  Ti stà cito.  (a Roberto)  Donca gh’avì noutissi?

ROBERTO  – In un certo senss, si.

RINA           – Sù parlè aloura!  (Roberto non osa)  Oh signour una disgrasia!

ANTONIO   – L’è morta?

ROBERTO  – No, no. L’è minga morta, stè tranquill.

RINA           – Signour te ringrassi. Ma alloura?

ANTONIO   – In dove l’è?

RINA           – Perché l’è scapada?

ROBERTO  – Intanta setèvess giò. Ve disi subitt…. Anzi, mi e Michelino ve disom…                          Perché Michelino el m’ha mai lassà un moment. L’è stà un amiss                         presiòuss.

RINA           – Femm no restàa sui spinn!

ROBERTO  – Michelino, spiega tì.

MICHELINO – Và benn. La Isa la stà benn.

RINA           – Meno mall. Quest l’è important. Ma in dove l’è?

MICHELINO – L’è chì.

RINA           – L’è chì? Come chì?

ROBERTO  – Sì: l’è de là.

RINA           – Alora couri de là….. (si alza)

ROBERTO  – No scioura, un moment. Prima la gh’ha de savè.....

RINA           – Che cosa?

ANTONIO   – Appunto: perchè la se troeva chì? Me par un pò strano.

RINA           – Quand l’è vegnuda chì?

ROBERTO  – Ier matina.

RINA           – E l’è stada chì....?

MICHELINO – Tutt ier, e stanott....

RINA           – Stanott?

ROBERTO  – Gh’era anche el Michelino.

RINA           – Ma insomma spieghevess.

ROBERTO  – Ecco: la Isa, la stà no propi benn.

RINA           – Cosa la gh’ha? Cosa gh’è capità?

ROBERTO  – Una scossa: ier sera.

RINA           – Che scossa?

ROBERTO  – Ma avì minga immaginàa?....El fatto che l’è scapada apena prima del                            matrimoni, l’era minga normall. L’avarì capì de sicùr.

ANTONIO   – Naturall.

RINA           – Ma l’è stà un colp de testa.

ROBERTO  – Ecco: l’è stà un trauma.

RINA           – Coseè?

ROBERTO  – Un trauma psichico.

ANTONIO   – Professor, parlemess ciar. Cosa la gh’ha?

MICHELINO – (toccandosi la fronte)  L’è matta.

RINA-ANTONIO – (insieme tremanti)  Matta?

ROBERTO  – Minga del tutt: ma insoma....

RINA           – Oh! Povera tosa!

ANTONIO   – E la capiss de vess foera?

ROBERTO  – No. I matt se ne renden mai cùnt.

ANTONIO   – Ma alora perchè l’è vegnuda chì in de lù che l’è un specialista?

RINA           – Oh pora tousa!

ROBERTO  – Ecco giust: la sua fissasionn, perchè se trata apena de una singola                               fissasion...

RINA           – Ma aloura! El m’ha fà stremì!

ROBERTO  – La riguarda mì.

ANTONIO   – Lù?

ROBERTO  – Si: l’è convinta de....come se pò dì? De vess....la mia miè

RINA           – La sua mièe?

ROBERTO  – Se riess minga tiragh via del cò stà idea. Mi ho tentà in tutti i maner.                             Michelino el pò dill. L’è da ier matina che l’abbandoni no, nanca un                                 moment.

ANTONIO   – Ma come mai gh’è vegnù stà fissa?

ROBERTO  – Se capiss no.

RINA           – Ma seruff cann e gatt.

ROBERTO  – Già, stò fatto el gh’ha de avè miss in moto i sò centri nervouss. E ier                            matina tutt dun tratt....

RINA           – E adess?

ROBERTO  – L’è de là: l’è adrèe a vestiss. Oh per el rest l’è calmissima. Mi vorevi                             avertivv. ma seroff a Rocca Susella dove gh’è nanca el telefono. E                                prima de ciapà una qualsiasi decision ho vourù aspetà el voster arivv.

ANTONIO   – L’ha fà benn!

RINA           – Ti Antonio te fett prest a dì che l’ha fà benn.

ANTONIO   – Ma cosa te vorevett chel fasess ,sto por omm?

ROBERTO  – Gh’ho dà el me lett.

RINA           – El voster lett?

ROBERTO  – E mi ho passà la nott chì, col Michelino.

ANTONIO   – Ma l’è una crisi che dopo la passa?

MICHELINO – Dodess ann.

RINA           – Cosàa?

MICHELINO – Si gh’è’stà voena che l’è guarida dopo dodess ann.

ROBERTO  – Degh minga a trà. Se pò mai savè. Magari la pò guarì de colp, inscì                              come l’è diventada matta. Certo che l’è dificill indovinà la cura giùsta.                            Per adess bisogna minga contradila.

RINA           – Capissi.

ROBERTO  – Tratala coi bei maner.

MICHELINO – Lù l’ha fà de tutt per quest.

RINA           – Pora Isa! La mia Isa!

ROBERTO  – Sù, sù disperevess no. Intant l’avì ritrovada.....Bisogarà tegnì la notisia                         un pò riservada.

ANTONIO   – Se fà prest a dill. Ma se vegnarà a savell istess. E nessun vorarà pù                             spòsala!

ROBERTO  – No, l’è minga vera: mi conossi vùn che’l saria dispost, apena guarida a...

ANTONIO   – E chi el saria?

MICHELINO – Cambiemm discours.

RINA           – Podi andà dalla mia tosa?

ROBERTO  – Sì, si! Aspetè un moment.  (chiamando)  Isa!  (da sinistra appare Isa                             vestita come quando è venuta da Roberto il giorno prima)

16° quadro

ISA             – Oh, mamma!  (Isa e Rina si abbracciano)

ANTONIO   – Isa, cara la mia tousa!

ISA             – Caro papà!  (Isa abbraccia il padre)

ANTONIO   – Semm apena arivà da Rocca Susella. E semm cors chì....Fatt vedè. La                cera la par bela.

ISA             – Perchè? Mi stò benissim. Ma perchè me guardì in sta manera?                                     (Roberto fà cenno ai genitori di essere cauti)

RINA           – El professòr el me spiegava.....

ISA             – (a Roberto)  Che cosa el gh’ha cuntàa sù ai me gent?

ROBERTO  – Oh nient! Ghe disevi appunto che da quand semm tournà da Taormina...

ISA             – (aggrottando la fronte)  Cosa? Taormina?

ROBERTO  – Ma si: dal noster viagg de nozze....

ISA             – (spaventata, accostandosi alla madre)  Mamma! Cosa el diss?

ROBERTO  – Isa te scongiuri.....

ISA             – Professour, per carità.....

ROBERTO  – Ma semm minga sposàa quindess dì fà?....

ISA             – Michelino, papà, chell’omm li el dà i numer!

ROBERTO  – Oh signour! Ma un mument fà te disevet....?

RINA           – Professour, cosa l’è stà gabola? La mia tosa la stà benn e lu ,inveci....

ANTONIO   – Isa! Ti te sett no la miè de ch’el sciour chì?

ISA             – Cosa te disett papà!

ANTONIO   – Aloura el m’ha imbroiàa.

ROBERTO  – Ma no. Un moment. Mi ho mai dì de vess el marì.....

ISA             – Ghe mancaria anche quela.

ROBERTO  – Ma mi ho dì.....E Michelino el pò confermal...

MICHELINO – (piano a Roberto)  Stà atent come te parlett, se no a quela li ghe ven un               altra crisi.

ROBERTO  – Se fà prest a dill. Ma insomma.....

ANTONIO   – Profesour, el me dev una spiegasion.

RINA           – Bravo: per una volta son d’acord con tì.

ANTONIO   – La nostra tousa l’ha passà la nott in cà vostra...

ROBERTO  – Con Michelino!

RINA           – Oh, ma quel lì el counta no!...

MICHELINO – Grazie tant!

ROBERTO  – Oh, sentì: domandè un pò alla vostra tousa perchè la se trova chì!

ANTONIO   – Isa parla tì. L’è vera che te set vegnuda spontaneament, chi dal                                    professor?

ISA             – Certo.

RINA           – Ier matina?

ISA             – Ier matina.

ANTONIO   – E te set mossa pù de chì?

ISA             – L’è vera.

RINA           – Ma perchè?

ISA             – Intant setevess giò, che ve spieghi.

ROBERTO  – Meno màal.  (tutti siedono)

MICHELINO – (piano a Roberto)  L’è guarida!.

ROBERTO  – Si: ma la podeva minga guarì un ora puse tardi, che saria stà mei.

ISA             – Scùsemm, ma el colp l’è stà fort: vedèv chì, dopo tanti emosion!

ROBERTO  – L’è quest ch’el gha fà snebià el cervell.

ISA             – Su quest el se sbaglia, professòr. Lù magari el gha cuntà su ai mè                                genitour che ier mi gh’ho avù una crisi de nervi?…..

ROBERTO  – Se capiss. E son content che adess…. grazie ai mè sfors….

ISA             – (scoppiando a ridere)  E vialter, mama, papà, gh’avì credù?

RINA           – Verament….

ROBERTO  – Ti ,Isa, te pòdett no ricordà perfettament….La mancanza de memoria l’è               un fenomeno…

ISA             – (interrompendo)  Ma mi ricordi benissim, tuttcòss.

ROBERTO  – Michelino, dighel anca tì!

MICHELINO – Per una volta tantt lassèm in pass.

17° quadro

RINA           – Parla, parla, cara la mia Isa: dagg minga a trà a stì omen!

ISA             – Ier ho perdù la testa.

ROBERTO  – E te credù de vess….

ISA             – Ma no: ogni ora che se avvicinava al matrimoni, me faseva aumentà la                          convinsiòn che col mè <sì> avaria creà l’ infelicità della mia vita .                                  E quand, ho metù sù el vestì de sposa, ho capì che podevi minga fall.

ANTONIO   – E te podevet no pensagg un dì prima, un mess prima?

ISA             – Gh’ho pensà tant. E ho continuà a ripetom che a lòng andà me saria                              innamorada. Anche la mama la m’aveva dì che la s’era sposada senza                 vess innamorada….

ANTONIO   – Huì tì, bei robb che te ghe contett su alla tousa!

ISA             – E me illudevi. Cercavi de scoprigg di qualità, e inveci pùse lù el                                    diventava bòn con mi, pùsè podevi minga sofrill!

RINA           – Come te capissi, cara. Bisogna avei provà certi robb per capìi….

ANTONIO   – Questa l’è bela. E perché te set minga scapada anca tì, chel dì là?

RINA           – Bell couragg parlà inscì davanti alla toa tosa e in un moment simil.  (a                           Isa)  Ti scoltell no.

ISA             – (semplice)  Alora son scapada. Ma quand son stada in strada ho capì la                        stupidada che avevi fa.

ANTONIO   – Un moment. Prima de andà in strada te scrivù chel bigliet tutt misterious.

RINA           – Du volt in gesa….

ISA             – Si: perchè se avessi sposà Michele, dopo bisognava annullà tutt, e mi                           avaria dovù sposamm un’altra volta.

ANTONIO   – E Rocca Susella?

ISA             – L’era per mandav via, lontan. Seri sicura che sariuf partì subitt.

ANTONIO   – Ah si? E te par bell?

ISA             – L’era indispensabill. Se te me trovavett sùbit, forse te fasevet in temp a                famm cambià idea, a famm tornà indrè, a sistemà i robb, a sacrificamm..

RINA           – Và avanti. Te serett in strada….

ISA             – Gh’avevi paura de confesà la verità: paura sopratutt de tì papà

ANTONIO   – De mì?

ISA             – Si: la mama l’avaria capì, ma tì no.

RINA           – Te la sentet, poverina? L’è stada colpa tua, e ti….

ANTONIO   – (scoppiando)  Paura de mì? Disemm no di bambanatt. Mi in cà nostra                            ho sempre contà come el dù de briscola!! E poeù, chel marì lì, l’avì                               cercà vialter dò, tì e lè….

RINA           – Và avanti. Lù el diss inscì adess, e poeu inveci chissà cosa el t’avaria fa                       per stà roba de nient!

ANTONIO   – Roba de nient? Sparì al moment de sposass, te la ciamet una roba de                           nient?

RINA           – Sì: come te voret ciamala?

ANTONIO   – Parli pù! Tiri giò la clèr.

RINA           – Te farètt benn.

ISA             – El Michele l’era stupid, brutt e anche un piòegg….

MICHELINO – Te la sentet Roberto? Mi cosa t’avevi dì?

ISA             – Alora ho cercà una scùsa: ho fa finta de vess matta e sonn vegnuda chì!

ANTONIO   – Ma perché propi chì?

ROBERTO  – Ecco quest l’è quell che voraria savè anche mì.

RINA           – Quand fa mall i dent da chi se và? Dal dentista. Lè per una malattia de                          nervi l’è vegnuda da uno psichiatra, no?

ROBERTO  – E te continuà a fa finta de vess matta?

ISA             – L’ho fa mei che ho podù.

MICHELINO – E ti te capì nagott!  (canzonando)  Ma che bravo specialista!

ROBERTO  – Un moment: prima de tutt l’è difficil smascherà quei che fà finta,                                    difficilissim. Bisogna controlai per settiman, anche per mèes. Pòeu, chilè                       che andava a pensà una roba compagna. E mi me trovavi in uno stato…

ISA             – (candida)  Che stato?

ROBERTO  – S’eri còmoss, sconvòlt, scombùssolàa. Dighel tì Michelino, come s’eri                          consciàa!

MICHELINO – Oh per quell l’è vera; el saveva pù in dove sbatt la crapa, dove mett i                            mann.

ISA             – Adess l’è tutt ciàr. Dal matrimoni sonn scampada, quindi podom anche                          tornà a cà nostra.

ROBERTO  – (con impeto)  Ah per tì l’è tutt finì, eh? Emm fà un bell schers, punto e a               capo. Ma demm i numer? Per vintiquatr’or te fà finta de vess la mia                         mièe, con una perfidia diabolica te me obbligà ad ogni gener de prova.                        Te calpestà la mia dignità professional, te me ciapà in gìr davanti a tucc                    e adess te disett arrivederci e grazie andem a cà!

ISA             – Ma cosa te pretendet, una inndennità? Pagherem i dagn.

ROBERTO  – Ghe voer alter!  (disperato)  Mi son in una condision, in uno stato....

ISA             – Pietous?

ROBERTO  – Propi inscì. Pietous!

ISA             – Perchè te set borlà denter nel me trabuchètt! E quest el te brùsa, te                              pensavet de vess un superom. Te me ciapavet in gir per tutt quell che                           fasevi, per i mè vestì, la mia pettinadùra, el mè moròus, e adess te se                              inrabisset se me son vendicada un pò?

RINA           – Me par no el moment de rivanghà.

ANTONIO   – Inveci mi voraria capì una roba: el professor l’ha dì che gh’era vun che,                anche in stì condision, el saria stà pront a….Mi me preoccupi del tò                         futuro, Isa. Quel che l’è sucess te dà una bruta reputasion.

ROBERTO  – Vorì savè chilè el disgrasiàa che la sposaria istess?....

RINA           – Chel modera i paroll, professòr!

ROBERTO  – Chì vorì chel sia? L’è semper quell, l’omm di inisiai MT!!

ANTONIO   – Davera, Michelino....?

RINA           – L’è gentil da parte tua....

ANTONIO   – L’è in stì occasion che salten foera i veri amiss.

ROBERTO  – Quell’lì l’ha mai desmèttù de desideratt, Isa. Anche ier, quand te seret la                       mia mièe....

MICHELINO – Ma no. Quella l’era una prova....

ISA             – Ma si. Te vorevett un basin.

ANTONIO   – Che dritto!

MICHELINO – L’era stà Roberto a pretend....

ROBERTO  – Esagera no adess: mi t’avevi minga dì de domandagg un basin.

MICHELINO – Insomma Isa, stò garbùi l’è pasà. E mi ringrassi tutt quel che l’è sucess..

ROBERTO  – Egòista!

MICHELINO – Se l’ha permess de fà brillà el mè sentiment che l’è semper stà sarà                              denter de mì....

ROBERTO  – Và ben, allora auguri e figli maschi!

MICHELINO – Mi speri, Isa, che la matina del ma...ma...matrimoni....ti te                                             sca...sca...scapett no.

ROBERTO  – Dagg minga a tràa, Isa, questa l’è domà emosiòn e felicità...Perchè ch’el                       egòista lì, l’è content anche se la sua felicità la pogia sui mè rottam?

MICHELINO – Che ro...rotam?

ROBERTO  – Adess Isa, te ghe bisogn de un marì: vun qualunque, servisievol e pront.                      Michelino l’è no un aquila. Michelino l’è no un Adone....

MICHELINO – Ricominciom?

ROBERTO  – Bisogna no fà i dificil in una situasion come questa!

ISA             – Ogni parola l’è una cativeria!

ROBERTO  – Ma domandem no de fà da testimoni. Sta volta basta!

RINA           – Và ben...

ANTONIO   – Alora podum andà?

MICHELINO – Un mo...moment...Isa, ti te non amò dì de sì.

ANTONIO   – Ma cosa te voerett che la disa? De no?

MICHELINO – Voraria se...sentil dai sò laber....Magari sensa pa....parol. Con un picòol               ba...ba...basin....Quel che ier te minga vorù damm.….(si protende)

ISA             – Mama, papà....girevess de là!

RINA           – Che matt sti dù picionin.  (Antonio e Rina voltano le spalle)

MICHELINO – (a Roberto)  Anche tì, Roberto....(Roberto si volta. Isa si avvicina                         lentamente a Michelino come per baciarlo e intanto sbircia di continua                               Roberto. Questi si volta di scatto e intervenendo dà uno spintone a                               Michelino che cade a sedere su una provvidenziale poltrona e poi bacia               a lungo Isa)

RINA           – (sempre voltata)  Fatto?

MICHELINO – (con un fil di voce)  Si.  (Antonio e Rina si voltano e vedono Isa e                         Roberto abbracciati che continuano a baciarsi)

ANTONIO- RINA – OOOOh!!!!

MICHELINO – Però, mi, el regal…. vel fò pù!!!!!!

FINE TERZO ATTO

E DELLA COMMEDIA
LUNEDI’ 03/03/2003