Drammi di donne

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                                                   Antonio  Sapienza

                                                         Presenta

                                                 DRAMMI  DI  DONNE

           Tre singoli atti unici drammatici le cui protagoniste sono soltanto donne:

Donn’Anna Luna;

Le lupe;

Le rusticane.

In  caso di rappresentazione dei suddetti drammi, si prega di dichiararli alla SIAE singolarmente.

                                                   " DONN'ANNA LUNA”

                                              ( In morte del figlio cangiato)

                                                           Atto unico

                                                                 di

  

                                                     Antonio  Sapienza

         

Dal dramma i tre atti “La vita che ti diedi” di Pirandello, è stato tratto un atto unico con tre soli personaggi. Anno 1994, personaggi tre (+2)

 

Personaggi:

Donn’Anna Luna;

Fiorina;

Lucia.

Giovanni, Elisa (facoltativi)

Buio in sala. Musica adatta. Sipario che lentamente si apre. Buio in scena. Un minuto e, quindi, una luce incomincera' ad illuminare Donn'Anna Luna che si trova oltre la meta' della scena. Ella, camminando lentamente, forse con dolore, scorgera'- per terra- una corona del Rosario. Senza alcun interesse, la guardera', poi si chinera' e la raccogliera'; per posarla, dopo, sul tavolinetto.

Anna.- ... una corona. Pregare - inginocchiare il proprio dolore... Per me e' piu' difficile.

In piedi.

Seguirlo qua, attimo per attimo.

A un certo punto, quasi manca il respiro; ci si accascia e si prega: -" Ah, mio Dio, non resisto piu'; fammi piegare i ginocchi!"-

Non vuole.

Ci vuole in piedi; vivi, attimo per attimo: qua, qua: senza mai riposo.-

Fior.- ( entrando nel cono di luce, da sinistra) Ma la vera vita e' di la', Anna mia.-

Anna.- Io so che Dio non puo' morire in ogni sua creatura che muore. Tu non puoi neanche dire che la mia creatura e' morta. Tu mi dici che Dio se l'e' presa con se.-

Fior.- Ecco, si! Appunto!-

Anna.- ( con strazio) Ma io sono qua! Ancora qua, Fiorina!-

Fior.- (confortandola) Si, povera sorella mia.-

Anna.- E non senti che Dio per noi non e' di la', finche' vuol durare qua, in me, in noi; non per noi soltanto ma anche perche' seguitino a vivere quelli che se ne sono andati?-

Fior.- A vivere nel nostro ricordo.-

Anna.- (ferita dalla parola "ricordo") Non posso piu' parlare, ne' sentire parlare.-

Fior.- Perche', Anna?-

Anna.- Le parole - come le sento profferire dagli altri sono come una morte per me.(bp) Se non ho mai, mai vissuto d'altro? Se non ho altra vita che questa- l'unica che possa toccare; precisa, presente.

Tu mi dici " ricordo", e subito me l'allontana, me la fa mancare.-

Fior.- Come dovrei dire allora?-

Anna.- Che Dio vuole che mi viva ancora mio figlio!- Cosi'.- Non certo piu' di quella vita che Egli volle dare a lui qua; ma di quella che gli ho dato io, si, sempre! Questa non gli puo' finire finche' la vita duri in me.- O che non e' vero che cosi' si puo' vivere eterni anche qua, quando con le opere ce ne rendiamo degni?- Eterno; mio figlio, no; ma qua con me, di questo giorno che gli e' rimasto a mezzo, e di domani, finche' vivo io, mio figlio deve vivere, deve vivere, con tutte le cose della vita, qua; con tutta la mia vita, che e' sua, e non gliela puo' levare nessuno!-

Fior,- ... e Dio?-

Anna.- No. Dio? Dio non leva la vita!-

Fior.- Ma io dico quella che fu la sua qua.-

Anna.- Perche' tu sai che c'e' di la' un povero corpo che non vede e non ti sente piu'! E allora, basta, e' vero? E' Finito.- Si, vestirlo d'uno dei suoi abiti migliori; si, recitare le preghiere, accendere i ceri... E fate! si, fate! ma presto!- Io voglio quella sua stanza la' come era; che stia la' viva, viva della vita che io le do, ad attendere il suo ritorno, con tutte le cose com'egli me l'affido' prima che partisse.

Ma lo sai, Fiorina, che mio figlio, quello che mi parti', non mi e' piu' ritornato?- Attenta sorella, anche i tuoi figli che sono partiti l'anno scorso per la citta', credi che ritorneranno com'erano prima?

Non piangere, no. Piansi tanto anch'io - allora si – per quella partenza! Senza sapere! Come te che piangi e non ne sai, non ne sai ancora la ragione!-

Fior.- No, no; io piango per te, Anna!-

Anna.- E non intendi che si dovrebbe piangere sempre, allora? -Oh Fiorina, ( prende la testa della sorella, amorosamente, tra le mani) tu, questa? con questa fronte? con questi occhi? Ma ci pensi? Come ti sei ridotta cosi' da quella che eri? Ti vedo viva com'eri, un fiore veramente; e non vuoi che mi sembri un sogno vederti ora cosi'? E a te, di' la verita', se ci pensi, la tua immagine d'allora...-

Fior.- ... eh, si, sembra un sogno, Anna.-

Anna.- Ecco vedi cos'e' .Tutto cosi'. Un sogno. Il corpo, se cosi' sotto le mie mani ti cangia ti cangia - le tue immagini - questa, quella - che sono? Memorie di sogni.-

Fior.- Memorie di sogni, si.-

Anna.- E allora basta che sia viva la memoria, io dico, e il sogno e' vita, ecco! Mio figlio com'io lo vedo: vivo! vivo! - Non quello che e' di la'- Cerca di intendermi!-

Fior.- Dio volesse che fosse un sogno!-

Anna.- (assorta) Sette anni ci vogliono - lo so - sette anni di stare a pensare al figlio che non ritorna, e aver sofferto quello che ho sofferto io.- per intenderla questa verita' che  oltrepassa ogni dolore e si fa qua, qua come una luce che non si puo' piu' spegnere.

Tu credi che mio figlio mi sia morto ora, e' vero? Non mi e' morto ora. Io piansi invece, di nascosto, tutte le mie lacrime quando me lo vidi ritornare un altro che non aveva piu' nulla di mio figlio.-

Fior.- Ah, ecco-si cambiato- certo! Ma si sa che la vita ci cambia, e...-

Anna.- ... e ci pare che possiamo confortarci dicendo cosi': "cambiato". E cambiato, non vuol dire un altro da quello che era? Io non potei riconoscere piu' mio figlio che m'era partito.

Lo spiavo, se almeno un volgere d'occhi, un cenno di sorriso a fior di labbro, che so... un subito schiarirsi della fronte, mi avesse richiamato vivo, almeno per un momento, in questo che m'era ritornato, il mio figlio d'allora. No, no. Altri occhi, freddi. Una fronte sempre opaca, stretta qua alle tempie. E quasi calvo, quasi calvo. Ecco com'e' la'.

Ma devi ammettermi che io lo so, mio figlio com'era. Una madre guarda il figlio e lo sa com'e': Dio mio, l'ha fatto lei! - ebbene, la vita puo' agire cosi' crudelmente verso una madre: le strappa il figlio e glielo cambia.-  un altro; e io non lo sapevo. Morto; e io seguitavo a farlo vivere in me.-

Fior.-Ma per te, dunque; per come era per te! Non morto per se, se egli fino a poco fa viveva...-

Anna.- ... la sua vita, si; ah, la sua vita si, e quella che egli dava a moi, a me! Ben poco ormai, quasi piu' niente a me. Era tutto la', sempre! (indichera' un punto lontano) Ma capisci che cosa orribile m'e' toccato patire? Mio figlio- quello che e' per me, nella memoria, vivo - era rimasto la', presso quella donna; e qua, per me, era tornato questo che certo non sentiva piu' come prima.- E che posso saperne io, della sua vita, com'era adesso per lui?  Ecco, vedi? e' cosi': quello che ci manca ora, e' solo la vita com'egli la dava a se' e a noi. Questa si. Ma allora, Dio mio, si dovrebbe anche intendere che la vera ragione per cui si piange anche davanti alla morte, e' un'altra da quella che si crede.-

Fior.- Si piange quello che ci viene a mancare.-

Anna.- Ecco! La nostra vita in chi muore: quello che non sappiamo!-

Fior.- Ma no...-

Anna.- ... si, si: per noi piangiamo; perche' chi muore non puo' piu' dare - lui, lui - nessuna vita a noi, con quei occhi spenti, con quelle mani fredde e dure. E che vuoi ch'io pianga, allora, se e' per me!

Quando era lontano, io dicevo:-" Se in questo momento mi pensa, io sono viva per lui.". E questo mi sosteneva, mi confortava nella mia solitudine.

Come debbo dire ora? Debbo dire che io, io, non sono piu' viva per lui, poiche' egli non mi puo' piu' pensare! E tu invece vuoi dire che egli non e' piu' vivo per me. Ma si che egli e' vivo, vivo in tutta la vita che io gli ho data: la mia, la mia, non la sua che io non so! Se l'era vissuta lui, la sua, lontano da me, senza che io ne sapessi nulla.

E come per sette anni glielo data senza che lui ci fosse piu', non posso forse seguitare a dargliela ancora, allo stesso modo? Che e' morto di lui, che non fosse gia' morto per me?

Mi sono accorta bene che la vita non dipende da una corpo che  ci sia o non ci sia davanti agli occhi. Puo' esserci un corpo, starci davanti agli occhi, ed essere morto per la vita che noi gli davamo.

Quei suoi occhi che si dilatavano, di tanto in tanto, come un brio di luce improvviso che glieli faceva ridere limpidi e felici, egli li aveva perduti nella sua vita; ma in me no; li ha sempre quegli occhi, e gli ridono subito, limpidi felici, se io lo chiamo, e si volta, vivo!

Vuol dire che io ora non debbo piu' permettere che s'allontani da me, dov'ha la sua vita; e che altra vita si frapponga tra lui e me: questo si! Avra' la mia qua, nei miei occhi che lo vedono, sulle mie labbra che gli parlano; e posso anche fargliela vivere la', dove lui vuole: non importa! senza darne piu' niente a me, se non me ne vuol dare: tutta tutta per lui la', la mia vita; se la vivra' lui, e io staro' qua ancora ad aspettare il ritorno, se mai riuscira' a distaccarsi da quella disperata passione... quella che tu sai.-

Fior.- Si, me ne parlo'.-

Anna.- ( come se parlasse per bocca sua, il figlio)... Che l'amore di lui non le manco' mai, fino all'ultimo momento... Che non le manchera' mai questo amore!-

Fior.- Come?-

Anna.- ( con naturalezza) Se ella sapra' tenerselo vivo nel cuore, aspettandone qua il ritorno, com'io lo aspetto di la'. Se ella lo ama, m'intendera'. E il loro amore, per fortuna, era tale che non aveva bisogno per vivere della presenza del corpo.

Si sono amati cosi'. Possono, possono seguitare ad amarsi ancora.-

Fior.- Ma che dici, Anna?-

Anna.- Che possono! Nel cuore di lei. Se ella sapra' dargli ancora vita col suo amore, come certo in questo momento gliela da', se lo pensa qua vivo com’io lo penso vivo la'.-

Fior.- Ma credi che si possa, cosi', passar sopra la morte?-

Ann.- No, e' vero? " Cosi'" non si deve! La vita, si, ha messo sempre sui morti una pietra, per passarci sopra. Ma dev'essere la nostra vita, non quella di chi muore. I morti li vogliamo proprio morti, per poterla vivere in pace la nostra vita. E' cosi' va bene passar sopra la morte!-

Fior.- Ma no. Altro e' dimenticare i morti, altro pensarli vivi, aspettandone il ritorno, che non puo' piu' avvenire!-

Anna.- E allora pensarlo morto, e' vero? com'e' la'...-

Fior.- ... purtroppo...-

Anna.- ... ed esser certi che non puo' ritornare! Piangere molto, molto; e poi quietarsi a poco a poco...-

Fior.- ... consolarsi in qualche modo...-

Anna.- ... e poi, come da lontano, ogni tanto, ricordarsi di lui:- " Era cosi'"- " Diceva questo" - Va bene?-

Fior.- Come tutti hanno sempre fatto, Anna mia!-

Anna.- Insomma, ecco, farlo morire, farlo morire anche per noi; non cosi' d'un tratto com'e' morto lui la', ma a poco a poco; dimenticandolo; negandogli quella vita che prima gli davamo, perche' egli non puo' piu' darne nessuna a noi. Si fa cosi'? - tanto e tanto. Piu' niente tu a me; piu' niente io a te.- O al piu', considerando che se non me ne dai e' perche' proprio non ne puoi piu' dare, non avendone piu'

neanche un poco, neanche una briciola per te; ecco, di quella che potra' avanzarne a me, di tanto in tanto, io te ne daro' ancora un pochino, ricordandoti- cosi' da lontano- Ah, da lontano lontano, badiamo! per modo che non ti possa piu' avvenire di ritornare. Dio sa, altrimenti, che spavento!-

Questa e' la perfetta morte. E la vita, quale anche una madre, se vuol essere saggia, deve seguitare a viverla, quando il figlio sia morto. (pausa, poi quasi con sofferenza) Per favore, chiama Elisabetta e Giovanni, il giardiniere, che si faccia cio' che dev'essere fatto, di la', nella sua stanza. Ma fate presto, presto! dopo, come dissi, la rivoglio com'era, com'era prima! (Si ferma, immobile, statuaria)-

Fior.- ( Uscendo prima dal cono di luce, come per dare disposizioni, per rientrarvi subito dopo con una busta in mani) Anna c'e' una lettera per lui...(indica la stanza)-

Anna.- Che sia la lettera che aspettava da lei. Dammela, la voglio leggere!-

Fior.- (porgendola timidamente) Ma non sarebbe meglio se...-

Anna.- ... se non la leggessi? (lacera la busta) Ma non saro' io a leggerla, sara' lui. (legge)-

Fior.- Ti prego, Anna, non continuare questa follia...-

Anna.- Follia? (leggendo la lettera) No, non e' follia questa: sta arrivando! Ha abbandonato marito e figli e sta arrivando da lui, qui, capisci?-

Fior.- E lui non c'e' piu'!-

Anna.- No! E' qua! e' qua! (poi stringendosi la lettera al petto) Viene, viene.-

Fior.- Bisogna impedirglielo, subito!-

Anna.- (seguitando a leggere) ...Non resiste piu'! Finche' lo aveva la', con lei...Si, tanto, tanto amore...( Ma anche lui, anche lui, qua, si, sempre per te.) Lo vede! lo vede! – Ah Dio - ma ne e' disperata, disperata. No! Non e' possibile, non e' possibile farle sapere in questo momento ch'egli non le puo' dare il conforto del suo amore, della sua vita!-

Fior.- Ma pure, per forza, Anna, bisognera'...-

Anna.- Na che! Se sentissi com'egli e' vivo, vivo, qua, in questa disperazione di lei! Come gli parla, come gli grida il suo amore! Minaccia d'uccidersi!- Guai se non fosse cosi' vivo per lei, in questo momento.-

Fior.- Non lo fare Anna, ti prego, non lo fare...-

Calano le luci. Musica adatta. Quando riprendono ci sara' proiettato su un fondale di collina toscana, una luce di luna piena. Due voci tra le quinte, si udranno chiaramente. Sono le voci di Giovanni e Elisabetta.

Elis.- Chi e' la'?- (pausa) Oh, Giovanni? - sei tu?- (pausa) Giovanni?-

Giov.- La vedi?-

Elis.- No, che cosa?-

Giov.- La', ancora tra gli olivi della collina.-

Elis.- Ah, si - la vedo. E tu stai li' a guardare la luna?-

Giov.- Voglio vedere se e' vero quello che mi disse.-

Elis.- Chi?-

Giov.- Chi! Chi ora non la vede piu'.-

Elis.- Ah, lui?-

Giov.- Da costa'; ove sei tu.-

Elis.- Non mi far paura: ne ho tanta!-

Giov.- La sera dopo che arrivo'.-

Elis.- Ti disse della luna? E che ti disse?-

Giov.- Che piu' va su', e piu' si perde.-

Elis.- La luna?-

Giov.- Tu la guardi in terra - mi disse - e ne vedi il lume la' sulla collina, qua sulle piante; ma se alzi il capo e guardi lei, piu' alta e', e piu' la vedi come lontana dalla nostra notte.-

Elis.- Lontana? Perche'-

Giov.- Perche' notte e' qua per noi, ma la luna non la vede, perduta lassu' nella sua luce, intendi? - A che pensava, eh? guardando la luna. (pausa) Sento i sonagli della vettura, arriva la signora forestiera...-

Elis.- Corri, corri ad aprire il cancello, io avverto Donn'anna.-

Cala il chiaro di luna. Buio. Musica adatta. Poi luce su Donn'Anna che introduce Lucia.

Anna.- ... quelle sono le sue stanze. E se entri la', ne avrai la prova: li vedrai da per tutto, con gli ultimi fiori lasciati ieri, vicino ai tuoi ritratti.-

Lucia- (amabile, ironicamente) I fiori... e poi se n'e' fuggito?-

Anna.- Torni a rimproverarlo? Se sapessi a che costo non e' qua...-

Lucia- Vengo, e non si fa trovare. Lei dice che l'ha fatto per me?-

Anna.- ... contro il suo cuore...-

Lucia- ... per prudenza? - e non le sembra che sia ben piu' che un rimprovero,- un'offesa per me- tanta prudenza- un insulto-...-

Anna.- No, no...-

Lucia- ...oh Dio, cosi' crudo, che si puo' pensare abbia voluto usarla per se' - non per me - la prudenza.-

Anna.- No, per te! per te!-

Lucia- Ma io non sono morta! Io sono qua!-

Anna.- Morta? Che dici?-

Lucia- Eh, si, mi scusi; se al mio arrivo se n'e' fuggito e ha lasciato i fiori la', davanti ai miei ritratti, che vuol dire? che vuol essere come per una morta il suo amore? E io che ho lasciato la' tutta l'altra vita, per correre qua da lui! Oh! oh! e' orribile, orribile quello che ha fatto!-

Anna.- (quasi tra se) Non l'avrebbe fatto... E' certo che non l'avrebbe fatto...-

Lucia- (di scatto) C'e' dunque una ragione per cui l'ha fatto?-

Anna.- Si.-

Lucia- Che ragione? Mi dica!-

Anna.- (sistemando distrattamente i fiori sul tavolino) Mi permetti di chiamarti Lucia?-

Lucia- Mi chiami Lucia, si, certo...-

Anna.- E di dirti che egli non intese offenderti se, dovendo partire...-

Lucia-... ma mi dica perche'? la ragione?-

Anna.- Ecco: te la diro' - ma prima questo: che non intese offenderti, affidandoti a me...-

Lucia- ...no! ah, mi comprenda!- io... -io so che...-

Anna.- ... che lui mi confido' sempre tutto - come vi siete amati...-

Lucia- (fosca) Tutto?-

Anna.- Poteva confidarmelo perche'...-

Lucia-( come rabbrividendo si nascondra' il viso e neghera' con la testa)-

Anna.- (guardandola allibita) No?-

Lucia- ( col capo) No - no...-

Anna.- Come? Allora...-

Lucia- Mi perdoni! Sia madre anche per me!- Io sono qua per questo!-

Anna.- Ma allora, egli...-

Lucia- ... parti' di la' per questo!-

Anna.- Ma lo forzasti tu a partire?-

Lucia- Io, si! Dopo! dopo! - All'ultimo, a tradimento, quest'amore, durato puro tant'anni, ci vinse!-

Anna.- Ah, per questo...-

Lucia- Sconvolta lo spinsi a partire.- Non avrei potuto piu' guardare i miei bambini.- Ma fu inutile, inutile.- Non potei piu' guardarli. Mi son sentita morire. (la guarda in faccia) Comprende perche'! - Ne ho un altro! ( si volta).-

Anna.- Suo?-

Lucia- Sono qua per questo.-

Anna.- Suo? Suo?-

Lucia- Egli ancora non lo sa! Bisogna che sappia! - Mi dica dov'e'!-

Anna.- Oh figlia mia! figlia mia! - Egli vive allora in te veramente? - Partendo, lascio' in te una vita - sua?-

Lucia- Si, si - bisogna che io sappia subito! Dov'e'? Me lo dica! Dov'e'?-

Anna.- E come faccio ora a dirtelo? Oh Dio! Come faccio ora a dirtelo?-

Lucia- Perche'? non lo sa?-

Anna.- Partito...-

Lucia- ... Non le disse dove andava?-

Anna.- Non me lo disse.-

Lucia- Ha sospettato - lo vedo - che solo per...(con sdegno) Ma non aveva ragione di sospettare questo da me!- Sono stata anch'io, si; come e' stato lui; ma io lo spinsi a partire, e non sarei venuta, ora, per questo! - E' che non posso piu' ora, staccarmi da lui e tornare la', come sono, non posso!-

Anna.- Si, si e' giusto!-

Lucia- Come gli si puo' far sapere...-

Anna.- Aspetta, aspetta; gli si fara' sapere, si...-

Lucia- ... e come? dove, se lei non sa dov'e'?- Lo so, avrei dovuto scriverglielo... la nostra follia... Capisco, capisco e' fuggito per farmi trovare lei - la ragione che avevo perduta - Ma, tornera'?-

Anna.- Si, si certo - calmati - siedi qua, accanto a me – e lasciati chiamare figlia...(si siedono)-

Lucia- ... si, si...-

Anna.- ... Lucia...-

Lucia- ... Si...-

Anna.- figlia mia!-

Lucia- ... si mamma, mamma!- Ora sento che e' meglio che io abbia trovato lei qua, prima, e non lui...-

Anna.- ... figlia mia bella - bella - questi occhi – questa fronte - questo odore dei tuoi capelli - comprendo, comprendo! Ah, egli doveva - ma fin da prima, fin da prima - doveva farti sua!-

Lucia- ... senza il male che abbiamo fatto!-

Anna.- Ora non ci pensare. Quelli che non ne hanno fatto, figlia, chi sa di quanto male sono stati cagione agli altri, a quelli che lo fanno, e che forse saranno i soli ad averne poi bene. Tu piu' di me.-

Lucia- Ho tagliato in due la mia vita -io -...-

Anna.- ... ne hai una in te...-

Lucia- ... ma quegli altri la'? Sono fuggita per quell'amore diventato tutto d'un tratto cio' che non doveva mai diventare!-

Anna.- La vita!-

Lucia- La vita? Che vuole che me ne venga adesso. Questo suo tradimento di non farsi trovare - ho bisogno di lui!- Dov'e'? Dove sara'?-

Anna.- Non lo so, figlia - Ma bisogna che tu te la dia ora, un po' di pace.-

Lucia- Non posso!-

Anna.- Tremi tutta - sarai cosi' stanca - Il lungo viaggio..-

Lucia- Ho tanta ansia, tanta...-

Anna.- Bisogna che tu vada a riposare. Vedremo domani come si deve fare.-

Lucia- Impazziro' stanotte!-

Anna.- No - guarda - t'insegno io a non impazzire - come si fa quando uno e' lontano - come feci io tanto tempo fa, finche' egli fu la', con te: Me lo sentii vicino, perche' io col cuore me lo facevo vicino. - altro che vicino – io l'avevo nel cuore! Fai cosi', e questa notte passera'!-

Lucia- Dorme di la'?-

Anna.- Si. E questa e' la sua panca, dove fino a ieri mi ha parlato di te.-

Lucia- E poi se n'e' partito...-

Anna.- ... ma non sapeva...-

Lucia- ... ma ora?-

Anna.- Ah ora - certo - cambia tutto.-

Lucia- E ritornera'?-

Anna.- ... e ritornera', stai tranquilla - ritornera'. Ma ora vieni, vieni su, con me. Ti ho preparato la tua stanza.-

Lucia- Voglio vedere la sua.-

Anna.- La sua? Si, si vieni - entra.-

Lucia- E non mi vorrebbe lasciare qua?-

Anna.- Vuoi - qua da lui?-

Lucia- Ora posso.- E’ pure con me.-

Anna.- Vedi, vedi che tu gia' lo senti? Si, se tu vuoi, dormi qua, figlia mia.-

Lucia- Forse e' meglio: " piu' vicino"!-

Anna.- ... nel tuo cuore, si! nel tuo cuore!-

Lucia- (notando il chiarore lunare)... si, nel cuore, con questa bella luna... buona notte.-

La scana si fa buia. Musica adatta. Pochi secondi e la luce riprende con chiarore di luce mattutina. In scena vi sono, al centro del palco, Donn'Anna e Fiorina.

Fior.- Deve sapere! Ella deve sapere!-

Anna.- Non ancora Fiorina, non ancora.-

Fior.- Sono sgomenta! Come puoi negarle la verita'?-

Anna.- La sapra' - quando sara' il momento- ella sapra'!-

Fior.- Anna, sorella mia, devi dirglielo subito. Lucia deve sapere! Subito!-

Lucia- ( che alle prime battute era entrata in scena silenziosa) Che cosa debbo sapere?-

Fior.- Povera figlia, povera figlia...-

Lucia- (tremando) Cosa dicevate? Cos'e' che debbo sapere?-

Anna.- Nulla... nulla... stai calma.-

Lucia- Non e' vero! Cosa debbo sapere? (gridando) Ditemelo!-

Fior.- Figliola cara, coraggio! ( tenta d'abbracciarla)-

Lucia- (sottrendosi e volgendosi a Donn'Anna) E' morto? E' morto? - No! Morto? - E come? lei - No! Non e' possibile! Oh Dio, il sogno che ho fatto! Morto? Ditemelo! Ditemelo!-

Fior.- Son gia' tanti giorni...-

Lucia- Tanti? ( a Donn'Anna) che e' morto? - e lei - come? - perche' non me l'ha detto? Com'e' morto? come? Ah, Dio, la' dove ho dormito? E mi ha fatto dormire la'? - ( Donn'Anna e' statuaria) L'ho voluto io; ma lei...- come? - " i fiori" - " e' partito" - "queste sono le sue stanze" - " non so dov'e'"-

E io l'ho sognato, che non poteva ritornare, tanto lontano se n'e' andato; - lo vedevo, cosi' lontano, con un viso da morto - il suo viso! il suo viso! - Ah Dio- (pianto) Per non farsi trovare - eh si, soltanto questo doveva essere accaduto, che fosse morto! E io non l'ho compreso, perche' lei - lei - ma

come ha fatto? com'ha potuto fare? - per me? ed egli era morto anche a lei- e' incredibile! me n'ha parlato come se fosse vivo!-

Anna.- (fissando lontano) Lo vedo...-

Lucia- ... che e' morto? - e non le e' morto qua sotto gli occhi?-

Anna.- ... no: ora...-

Lucia- ... come, ora?...-

Anna.- ... ora lo vedo morire.-

Lucia- Come? Che dice? ( Donn'Anna si coprira' il volto con le mani e Lucia gridera') Io lo sapevo, lo sapevo che sarebbe morto! Non avevo voluto crederci! Me lo disse lui stesso, quando parti', che sarebbe venuto qua a morire!-

Anna.- E io non lo vidi.-

Lucia- Lo vidi io! Moriva, moriva, da anni; gli s'erano spenti gli occhi: era gia' come morto quando parti'! Cosi' pallido lo vidi, cosi' pallido, cosi' misero lo vidi, che compresi subito che sarebbe morto!-

Anna.- Misero, si - gli occhi spenti, si - e diventato cosi' - cangiato, cangiato cosi' - ora lo vedo -per te, si, figlia! ( attirandola a se' con un brivido ) Oh figlia-! - qua la sua carne - ora si - me lo vedo morire- ne sento il freddo ora qua, qua al caldo di queste tue lacrime! - Tu me lo fai vedere, come si era ridotto ora! Non lo vedevo! Non avevo potuto piangerlo, perche' non lo vedevo! - Ora lo vedo! ora lo vedo!-

Lucia- Ma che dice?-

Anna.- Figlio mio! - le tue carni! - te ne sei andato cosi' -  misero, misero! E io... io t'imbalsamavo - vivo! – vivo t'imbalsamavo - come non eri piu', come non potevi piu' essere - con quei capelli e quegli occhi che avevi perduti, che non ti potevano oiu' ridere! E perche' non ti potevano piu' ridere, non te li ho conosciuti—! - E come, allora? Fuori della tua vita ti volevo far vivere? fuori dalla vita che ti aveva consumato - povera, povera carne mia che non ho vista piu'! che non vedro' piu' - Dove sei? ( si volgera' a cercare) Dove sei?-

Lucia- Qua mamma!-

Anna.- Tu? - ah, si! (l'abbraccia freneticamente) - Non te lo portar via! Non te ne andare! non te ne andare!-

Lucia- No, non andro'. Non me ne andro', mamma, mamma!-

Fior.- ( entrando nel cono di luce) Tu andrai via subito!-

Anna.- ( dividendo Lucia da un ipotetico pericolo) No! E' mia! e' mia!-

Fior.- Tu sei pazza! - Vuoi che lasci per te i suoi bambini? ( a Lucia) Tu hai i tuoi bambini! Li vuoi abbandonare, per restare, qua, con nessuno?-

Anna.- Ma ne avra' un altro qua, che non potra' dare la', a chi non appartiene!-

Fior.- Anna, ma ti fai coscienza di quello che dici?-

Lucia- E lei di quello che farei io, si fa coscienza?-

Anna.- (abbattendosi) No, no. Mia sorella ha ragione, figlia! Ha capito che io lo dico per me - per me - non per quello! -  Divento misera, misera anch'io!- Ma e' perche' muoio anch'io, ora vedi? - Si, appena ti nascera' questo che ti porti via lontano; appena darai tu, di nuovo, la vita - la' - fuori di te - Vedi? vedi? Sarai tu la madre allora; non piu' io! Non tornera' piu' nessuno a me qua! E' finita!

Lo riavrai tu, la', mio figlio - piccolo com'era - sara' tuo; non piu' mio! Tu, tu la madre, non piu' io! E io ora, muoio, muoio veramente qua. (spegnendosi sempre piu') Ma si, ma si...- Basta, basta.

Se e' per me, no! no! non voglio piangere! Basta! (accarezzando Lucia) Vai, vai, figlia - vai nella tua vita -  a consumare anche te - povera carne macerata anche tu – La morte e' ben questa.- E ormai basta. - Non ci pensiamo piu'-

Lucia- No, io non partiro'!-

Fior.- Tu partirai! Te lo dice lei stessa.-

Anna.- Qua non c'e' piu' nulla per te.-

Fior.- E i tuoi bambini ti aspettano!-

Lucia- Ma la', io non torno! non torno! Non e' piu' possibile per me! - Non posso! Non posso e non voglio! Come vuole che faccia piu', ormai?-

Anna.- E io qua? - E' ben questa la morte, figlia,. Cose da fare, si voglia o non si voglia - e cose da dire...- Ora un orario da consultare - poi, la vettura per la stazione - viaggiare ...- Siamo i poveri morti affaccendati - Martoriarsi - consolarsi - quietarsi . E' ben questa la morte!-

Calano le luci lentamente. Musica che riprende sempre piu' forte. Poco dopo, sipario.

Fine

          

                                                          LE  LUPE

                                                 Dramma in un atto

                                                              Di

                                                Antonio  Sapienza

Novembre 2009

– anno 2009 – atto unico – italiano – personaggi: tre femminili.

In una cella carceraria sono recluse tre donne assassine dei propri famigliari. Durante una serrata discussione tre esse, vengono rivissute le loro terribili gesta.

Personaggi:

La gnà Pina, di verghiana memoria;

la signora Siscorda, assassina del figlio;

la signorina Mavaffa, assassina della madre.

 Sulla scena è stato ricostruito, sulla sinistra, l’interno di una cella di una carcere femminile. E’ l’alba, luci adatte, dall’esterno di odono canti di contadini e braccianti che vanno al lavoro. Dopo poco, una figura femminile – è La Pina - si alza dalla cuccetta superiore di un letto a castello. Essa si stiracchia le membra, poi lentamente scende e si pone dietro all’alta finestra tendendo le braccia e serrando con le mani le sbarre. Un minuto, poi fine canti.

Dall’altro lettino si sporge una ragazza che sottovoce dialoga con la vicina di letto: la prima è Mavaffa, la seconda è Siscorda.

Sis. - La vedi? Che ti dicevo? Sempre così, tutte le mattine.-

Mav.-  - (seccata) Ma lasciami dormire…che m’importa della Pina?-

Sis.- Ehi, come sei suscettibile stamani…vabbè che con te non si può parlare mai…sei scorbutica. Come si può stare insieme a voi due? Questa è una condanna supplementare…belle compagne di cella. Ma io l’avevo detto alla superiora: Avevo detto: con queste due io non ci voglio stare. Sono due matte!-

Mav.- (sbadigliando) Sei savia tu…ma va là, finiscila e lasciaci in  pace…e lascia in pace la Pina, non vedi come soffre? Quella, abituata alla libertà dei campi, qui ci muore… o prima o dopo…e anche io…vivevo libera, in montagna… ora sono tra queste quattro mura in compagnia di una matta e di una mezza matta!-

Sis.- Io sarei la mezza matta?-

Mav.- No tu sei tutta la matta! E ora basta. Fai il caffè!-

Sis.- Non tocca a me. Oggi tocca a lei (accenna disgustata alla Pina).-

Mav.- Pina, tocca a te di fare il caffè…allora? Ti nuovi o no?-

Pin.- (allontanandosi a fatica dalle sbarre) Già, tocca a me… (si reca presso un fornelletto e prepara la bevanda, intanto canticchia la canzone dell’inizio spettacolo).

Mav.- Pina, e piantala! Con questa lagna ci torturi!-

Pin.- (come se non avesse udito, continua a cantare e a preparare, poi, appena il caffè sale, lentamente prende la caffettiera e la versa sulle due compagne) Il caffè è servito!- 

Mav.- Ahi! Scotta! Matta! Matta di una matta!-

Sis.- Ahia, pezzo di zoticona di una campagnola ignorante! Guarda come mi hai scottato il braccio!-

Pin. – (avvicinandosi e guardando distrattamente) Oggi lesso!-

Sis.- Te lo do io il lesso e il tuo spirito di patate! (sta per lanciare una ciabatta sulla compagna, ma viene fermata da Mavaffa).-

Mav.- Fermati scema, quella reagisce da selvaggia, ci vuoi mandare in punizione? E tu cafona, almeno potesti scusarti.-

Pin.- Scusarmi? E di chè? Io l’ho fatto apposta! Ho chiuso le vostre boccacce…E ora rifaccio il caffè…se ve ne state zitte e buone…(riprende a fare il caffè, canticchiando. Poi quando il caffè sale, lo versa nelle tazzine e lo offre alle compagne, versandone una tazza anche per lei.) Allora? Che ve ne pare? Oggi è ottimo!-

Sis.- Certo, dopo il primo…-

Mav.- Buono, buono. Si vede che sei abituata a farlo con la moka. Io lo prendevo solo al Bar…con la moka mi viene una schifezza…-

Sis.- Lo abbiamo capito già.-

Pin.- La signorina è stata abituata a vivere servita e riverita…-

Sis.- Già. Dio manda il pane a chi non ha denti…-

Mav.- Ahò, e che è? Che volete ricominciare? Guardate che non sono pane per i vostri denti, io!-

Sis.- E non ti scaldare…-

Pin.- (avvicinandosi con aria di sfida) E che mi faresti se ricominciassi?-

Mav.- Farei quel che farei.-

Pin.- Mi faresti la bua? Oppure chiederesti aiuto al tuo ganzo per accoltellarmi?-

Mav.- Io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno! So sbrigarmela da me, so! (alzandosi come a voler accettare la sfida).-

Sis.- Ma state buone voi due! A chi la volete dare a intendere che sareste capaci di accoltellarvi.-

Pin.- ( a Siscorda) Si, accoltellare te e i mortacci tuoi! Sta zitta tu! Vigliacca d’un assassina!-

Sis.- Io assassina? Io sono la più innocente delle donne. Tu sei un’assassina, anzi doppia. E anche lei è una doppia assassina! Non io, povera innocente chiusa tra queste quattro mura insieme a delle feroci e pazze omicide…-

Mav.- Ma vedi a questa…(fa cenno alla Pina con la mano).-

Pin.- ( a Siscorda) Senti bene, bimbetta del cavolo, noi siamo delle assassine, è vero! Ma tu sei la più feroce di tutti: tu hai ucciso un piccolo innocente: Tuo figlio!-

Sis.- E tu? Tu chi hai ucciso? Non hai ucciso forse tua figlia e il suo ganzo, tuo amante segreto? E lei (indica mavaffa) ? Lei non ha ucciso suo fratello e sua madre? Sua madre! E venite a dire a me che sono una feroce assassina?-

Pin.- Si, io ho ucciso due persone, una della quali mia figlia, ma ella era adulta, forte, ha saputo anche difendersi. Ma tu hai ucciso un piccolo esserino di due anni appena, sul tuo letto da sposa, con la nostra stessa ferocia,- è vero. Ma con una malvagità degna di una belva!-

Sis.- Io sono innocente! Sono state le “donne” che me l’hanno assassinato! Le donne, le streghe che di notte scendono dai camini e uccidono i bambini ai quali le madri vogliono più bene! E io volevo un bene dell’anima a mio figlio! Capito? Un bene dell’anima! Era piccolo, dolce, delicato, con una pelle si seta, con occhi di cielo, con capelli di angelo, con un sorriso da Dio. E le donne, invidiose me lo hanno tolto al mio amore, dando la colpa a me! A me che sono innocente come Cristo! A me condannata a vita in carcere, a marcire dentro quattro mura…in vostra compagnia. Oh, me sfortunata, oh me addolorata, oh a me vittima innocente! (si esalta)-

Mav.- Va bene, va bene, sei innocente come la maggior parte dei detenuti di questo carcere. Ma ora calmati, facciamo colazione…-

Pin.- Ottima idea. Ho fame.-

Mangiano pane e bevono caffè.

Pin.- (come se parlasse a se stessa) Oggi debbo vedere il giudice…-

Sis.- Il giudice? E perché?-

Mav.- Per te, in tutto ciò che si fa, ci dev’essere un perché. Vedrà il giudice per farsi una scopatina, sei contenta?-

Sis.- Sei sempre più volgare e sguaiata.-

Mav.- Cos’è? ti scandalizzi?-

Pin.- Debbo vedere il giudice per la semilibertà…-

Sis.- A te?-

Pin.- Già.-

Mav.- E come mai?-

Pin.- Sembra per buona condotta. Da anni non ammazzo più nessuno (ironica).-

Sis.- Si può avere la semilibertà? E quando?-

Mav.- Quando? Quando avrai i capelli bianchi, i seni sulle ginocchia e i reumatismi nelle ossa.-

Sis.- Stronza!-

Pin.- Li otterrai dopo aver scontato metà della pena…cioè tra quindici anni, se ti comporti bene, se dimostrerai che sei pentita, che sei un’altra persona, diversa da quella che entrò qui, in questo dannato posto di merda.-

Sis.- Ma chi le decide tutte queste cose? –

Mav.- Il giudice per primo, poi la psicologa, l’assistente sociale, il prete…-

Pin.- …e i giornali: la famosa opinione pubblica, quelle che ti processa prima, durante e dopo i fatti!-

Sis.- Bella prospettiva.-

Mav.- (a Pina) E tu non sei contenta?-

Pin.- E di che cosa dovrei essere contenta?-

Mav.- Ma di uscire da questo posto schifoso, no?-

Pin.- E per andare dove? Per fare che cosa? Per stare con chi?-

Sis.- Non hai nessuno con cui stare?-

Mav.- E piantala, non battere sul chiodo. Pina, ci dispiace, sai…-

Cambio di luci. Buio a sinistra, luce a destra del palco. Musica adatta.

Sulla scena ci sono Pina, che indossa un lungo scialle nero e Mavaffa, anche lei con lo scialle, ma con una parrucca, che fa la parte della figlia.

Pin.- Ed ora vattene a casa, subito!-

Mavaffa si guarda le unghie delle mani, sorride e non dà retta a Pina-

Pin.- Ehi, ti ho dato un ordine. Vai subito a casa!-

Mav.- E se non volessi. (provocatoria)-

Pin.- Ma che discorso mi stai facendo?

Figlia – Discorro con me stessa, va bene?-

Pin.- No, non va bene. Ti ho dato un ordine e tu lo devi eseguire. A casa, ti ho detto!-

Figlia – E io ti dico e ripeto: a casa non ci vado.-

Pin.- Osi disubbidirmi?-

Figlia – (ironica) Chi io?-

Pin.- Tu, proprio tu. E non fare la furba, sai? Ti conosco, sei mia figlia. E allora vai, ubbidisci a tua madre.-

Mav.- E perché dovrei andare, sentiamo? (con tono di sfida)-

Pin.- Perché? perché qui non hai nulla da fare…e io aspetto qualcuno.-

Mav.- Aspetti lui?-

Pin.- E se così fosse, a te cosa importa? Vai!-

Mav.- Se aspetti lui, lo aspetterai invano…-

Pin.- E tu che ne sai?-

Mav.- Io so che sarò io ad aspettare lui, qui! non tu! Tu hai chiuso con lui!-

Pin. Non ti permettere, sai? (si sta per scagliare contro la figlia, ma si frena) Lui è ancora mio, mio! Capito?-

Figlia- Tuo? E’ da vedere…Ormai sei vecchia, lui ti ha scaricato, lo vuoi capire o no? (Aggressiva) Adesso vuole me! Me, che sono carne fresca, giovane, odorosa, prorompente, viva! Tu sei ormai carne morta, per lui. Fattene una ragione…se puoi.-

Pin.- ( Scagliandosi contro la figlia) Cagna! cagna! Ti batterò come la cagna che tu sei!-

Mav.- E provaci su?-

Pin.-  Maledetta!!(ma inciampa e cade sul pavimento. Ansante, cerca d’alzarsi, ma la figlia la colpisce con un calcio) Ahi! Maledetta! Maledetta. Ti ammazzo, buttana!-

Figlia – (con distacco, commiserandola) Come? Come? Cos’hai detto? Mi ammazzi? Forse lo farai strisciando sul pavimento? Leccami le scarpe!-

Pin.- (rialzandosi a fatica) Ti farò pentire di quello che hai detto!-

Figlia- Quando lo farai, fammelo sapere. ( le gira le spalle)-

Pina (si alza, tira fuori un coltello a serramanico, lo apre e si scaglia contro la figlia che in  quel  momento s’era voltata di spalle, e la colpisce a morte) Muori cagna! E aspetta all’inferno il tuo amante. (minacciosamente) Perché non appena arriva, te lo spedisco sbudellato!-

Fine luci a destre. Luci a sinistra.

Pin.- ( con le mani ancora tra i capelli) Casa ci faccio fuori da qui! (poi con un sussurro) Cosa ci faccio…e lui non c’è più…(passeggia sulla scena)-

Sis.- Come lo uccidesti?-

Mav.- E piantala! Perchè battere su quel chiodo?-

Sis.- Ma è sola curiosità di donna, e di compagna di sventura.-

Pin.- Lascia stare. Glielo dirò: Lo uccisi con un sol fendente, alla pancia.

Io, lo sapete, ero contadina, anzi, per meglio dire bracciante e ci sapevo fare con falce, coltelli e roncole.

Bracciante agricola, già, come dire una senza un mestiere preciso e senza fisso lavoro. Lavoro stagionale, si dice adesso.

Chi aveva bisogno di te, ti chiamava, i patti erano già previsti, la paga pure, e lavoravi finchè non finiva la semina, oppure il raccolto. Ma io ero specializzata, se così si può dire, nella  raccolta dall’albero: ero svelta nel raccogliere olive e mandorle, meno per le arance e i limoni. Ed ero ben vista dai padroni. Alcuni di loro mi portavano anche a letto…si fa per dire: mi portavano nelle stalle o nei fienili: due botte e via…

Sis.- E lo conoscesti sul lavoro?

Pin.- Si, lo conobbi sul lavoro, era bracciante come me: stavamo mietendo il grano, quando me lo vidi al fianco che mieteva e guardava me, guardava me e mieteva…e mi sorrideva:  con quel sorriso spavaldo, con quei capelli al vento, coi muscoli che gli guizzavano da sotto la pelle, col sudore che gli scorreva sulla schiena forte e abbronzata, sembrava un dio. E fu l’anima della mia vita e la mia dannazione!

Ci prendemmo lo stesso giorno, a sera, tra gli sterpi dei campi e i sassi, come due animali selvaggi in piena foia. E poi il giorno dopo e quello successivo e ancora e ancora: ci prendevamo una, due, tre, a volte anche cinque volte…-

Mav.- Animali!-

Pin.- Peggio! Eravamo instancabili, insaziabili… io me lo baciavo tutto, dalla testa ai piedi, e lui mi chiamava la sua lupa. Ed ero veramente affamata di lui, sempre, come una lupa! (pausa).-

Sis.- E come fu che…-

Pin.- Come fu che si invaghì di mia figlia?-

Sis.- Già.-

Pin.- Ella ci incontrò dal ritorno dei campi, felici e soddisfatti come due piccioncini, e avvicinandosi ci sorrise, anzi sorrise a lui, maliziosamente. E da quel momento cominciò la mia tortura: la gelosia venne a trovarmi sui campi, in casa, per strada, dappertutto. Perché, lo sapevo, egli era un donnaiolo e mia figlia una troietta.

E non mi sbagliai. Mi dissero che li avevano visti al fiume. Questo bastò per darmi certezza: non dormivo più. Ero paralizzata dalla gelosia! E, un giorno egli rifiutò di fare l’amore con me.

Immaginatevi il mio furore!

Dovevo fare qualcosa! E affrontai la faccenda di petto, come si usa fare tra di noi, gente popolana…-

Sis.- Una volta si diceva: delitto d’onore.-

Pin.- Una volta…-

Mav.- Ma, forse in questo caso più che di delitto d’onore si dovrebbe parlare di delitti passionali.-

Sis.- Per tutti e due?-

Mav.- Sicuro.-

Pin.-  E lo rifarei, sapete!-

Mav.- Così, a sangue freddo?-

Pin.- Anche se sono vecchia, quando ci penso il sangue mi bolle nelle vene, come quando mi bolliva allora, sia quando lo amavo, sia quando lo uccisi.

Cosa ci farei io, adesso, lì fuori? -

Sis.- Hai ragione Pina, cosa ci faresti lì fuori tu. Poi, una come te deve avere tutta la libertà, non solo la metà. Tu sei un animale che è nato libero e libero deve morire…-

Mav.-…oppure in una gabbia in cattività.-

Pin.- … e in compagnia di tua pazze scatenate. (poi ride rumorosamente) Ah, ah. Ah. Pazze! Siamo tutte e tre delle pazze…-

Sis.- …scatenate…(ridendo anch’ella)-

Mav.- No! (gridato) No, io non ci sto a fare la finta pazza come voi. Non ci sto, no, proprio no!-

Pin.- Finte pazze? Ma che dici: noi siamo pazze fino al midollo. Sole delle pazze possono aver fatto ciò che abbiamo fatto noi…-

Mav.- Voi, non io! Io ho fatto solo giustizia.-

Sis.- Uccidendo tua madre e tuo fratello? Bella giustizia, sai. Ma va là!-

Mav.- Io ho fatto giustizia di comportamenti scandalosi! Io ho difeso l’onore di mio padre!-

Sis.- Stronza…(disgustata, poi sottovoce) tu volevi trombare con tuo padre: puttana!-

Mav.- No, no mai! Mai!-

Buio a sinistra luce a destra. Musica adatta.

La Pina era già in posa: fa la parte della madre di Mavaffa. Indossa una parrucca.

Mav. (andandole incontro con veemenza) Tu che madre sei per me? Eh, dillo, dimmelo, fallo sapere a tutti che madre sei!-

Madre – Ma cosa ti prende? Che ti succede?-

Mav.- Mi succede che mi prende la voglia di spifferare tutto a tuo marito, al mio povero babbo.-

Madre- Tutto cosa? (tranquilla)-

Mav.- Tutto, tutto quello che tu sai bene che dovrebbe sapere: della tua tresca!-

Madre- Tresca? Ma di che cosa parli? Sei in te?-

Mav.- Sono in me, eccome! Tu sei una debosciata, una ninfomane, un’adultera e…e…un’incestuosa! Ecco cosa sei!-

Madre- E tu sei o pazza o rincitrullita! Ma di cosa vai parlando mocciosa!-

Mav.- Parlo del rapporto incestuoso che hai con mio fratello, nonchè tuo figlio! E non provare a negarlo perché ne ho le prove.-

Madre- Ora so che sei veramente pazza. Io avrei avuto…con …mio figlio? Mio figlio! Mio figlio di appena nove anni? Pazza, pazza di una figlia scellerata.-

Mav.- Tu sei madre scellerata e snaturata. Ti ho visto sai? Ti ho visto mentre gli facevi il bagno, mentre lo accarezzavi, estatica in viso, mentre te lo sbaciucchiavi tutto. Non negare sai? Non provarci! E tuo marito, poveretto, che ha la massima stima e fiducia in te. Traditrice perversa!-

Madre- (con rassegnazione) Sei pazza da legare: io stavo aiutando il tuo fratellino a cospargersi il corpo di pomata antiallergica, e nel frattempo scherzavamo per non farlo sentire depresso a causa della grave allergia alla pelle in tutto il corpo. Pazza di una figlia, come hai potuto…-

Mav.- No! Io ti ho visto benissimo: lo accarezzavi nelle parti intime con evidente piacere: socchiudevi anche gli occhi e avevi le labbra socchiuse di piacere…e anche lui, il fratellino, aveva il pene dritto. Non puoi negare.-

Madre- Tu non sei madre e non puoi capire il piacere che prova una madre ad accarezzare la propria creatura: ma è un piacere spirituale, affettivo, senza la morbosità che ci trovi tu. Perché tu sei la pervertita. Si, il pene era dritto, ma perché è evidente che al bambino le carezze provocavano una reazione simile: anche se lui non ne capiva il perché. Lui, lui è ancora senza malizia.-

Mav.- Ma tu sei piana di malizia: te ne approfittavi!.-

Madre- Io non davo peso alla situazione, che era del tutto innocente…-

Mav.- (ridendo istericamente) Era innocente…ma che sfacciata!-

Madre-  Taci, non una parola in più: vipera! (la schiaffeggia)-

Mav.- Non mi toccare puttana!-

Madre- Io ti insegno a vivere sporcacciona. (altro schiaffo)-

Mav.- (aggirandosi per la stanza come un’ossessa, prende un coltello e si scaglia contro la madre, colpendola a morte. La donna resta riversa per terra) Giustizia è fatta. Ed ora tocca al tuo…ragazzino vizioso! (esce velocemente dalla stanza come a voler accoltellare il fratello che sta nell’altra camera, poi ritorna nel cono di luce, poi come ipnotizzata) Giustizia è fatta. Papà, ti ho salvato l’onore!-

Fine scena. Luce a sinistra. Mavaffa è stesa sul letto.

Mav.- No, non volevo farmi mio padre, anche se era un bell’uomo e tutte le mie compagne lo trovavano “fico” . No, non era così. Una per desiderare un uomo, questi le deve far “sangue”. E a me non ne faceva…anche se nel bagno, una volta lo sorpresi nudo e mi turbai nell’animo. Ma poi, non mi successe più. Ero moralmente sana, io! Ma, poi, lui non capì, mai! il mio gesto. Mi disse: hai fatto malissimo. Dovevi parlarne con me.(poi alle altre) Disse che lui sapeva della malattia di mio fratello e della cura che doveva fare…e di mia madre…e che era assurdo pensare al male.

Egli amava mia madre follemente, e non si accorgeva di nulla. Di nulla! Era, ed è, ancora con gli occhi chiusi: pensa sempre alla buona fede di quella lì…-

Sis.- …che era tua madre, infine…-

Pin.- …e tuo fratellino…-

Mav.- …e complici nell’incesto.-

Pin.- Ma ne sei sicura?-

Mav.- Sicura! Come è sicura la morte!-

Sis.- E’ disgustoso! Come si può, così, a sangue freddo, uccidere anche il fratellino…-

Mav.- Ma come osi parlarmi così? Tu, che hai ucciso il tuo figlioletto innocentissimo, quello si, a sangue freddo!-

Sis.- Vi ho già detto che io non l’ho ucciso! (poi calmissima) Sono state le donne che me lo hanno ucciso, come vi dissi, sono state le donne, le donne.-

Pin.- Veramente sappiamo che tu hai accusato i tuoi vicini di casa di quel delitto.-

Sis.- Si, sono state loro, ma erano le donne travestite da vicine…una addirittura da medico… me lo hanno ucciso a tradimento, mentre accompagnavo l’altro mio figlio allo scuolabus…in un attimo…appena rincaso ed entro nella stanza da letto, vedo il mio piccolo che giaceva sul lettone senza vita, accartocciato come un feto, viola in faccia, senza più respiro né anima. Ed io lo chiamavo, lo accarezzavo lo scaldavo col mio alito di bestia ferita; poi finalmente ho gridata, come una belva ho gridato. Ho gridato l’aiuto e il mio dolore. E sono venute le donne, le donne a darmi aiuto: ci pensate loro, le assassine! E le ho cacciate via. Ho preso un coltellaccio e le ho cacciate via. Ma esse mi hanno mandato un’ambulanza e poi i poliziotti. Ad arrestarmi! Capite ad arrestare me. Me la madre addolorata. Me la madre afflitta, me la madre dolente! Come Maria vergine, di fronte alla croce, con suo figlio appeso, sono stata afferrata e sbattuta in prigione! E, purtroppo, sono giudicata male anche da voi, mannaggia a me! Da voi, che non mi credete; che pensate anche voi che io l’abbia potuto uccidere! Vigliacche! Vi divertite con me, lo so. (poi con tristezza) Ma io uscirò da qui, andrò al cimitero, tutti i giorni, andrò a portare fiori freschi al mio bambino. E gli parlerò, gli dirò: figlio diletto, vedi cos’è la giustizia degli uomini? Ti hanno scannato come un agnellino e hanno incarcerato me, per impedirmi di onorarti, di amarti, di servirti.

Com’è ingiusta la vita, tesserino mio. Com’è ingiusta!

Ora tu devi aspettarmi lassù, insieme al Bambinello, aspettami con pazienza che un giorno o l’altro verrò anch’io lassù, per restare sempre con te, insieme, sempre insieme: tu, io e il Bambin Gesù.-

Tutte le tre donne rimangono immobili per un minuto, mentre partirà una musica accorata. Quando essa termina, le donne si metteranno a letto, sdraiate o sedute.

Pin.- Ma che caldo che fa oggi…-

Mav.- Già, c’è un caldo boia.-

Pin.- (a Discorda) E tu non ne senti caldo?-

Sis.- (con un fil di voce) Lo senti, lo sento…-

Pin.- Sai, io non credo che tu abbia ucciso tuo figlio.-

Sis.- Grazie, grazie tante, sei una vera amica.-

Mav.- Io, io voglio essere sincera, ho ancora qualche dubbio…-

Sis.- Ti capisco.-

Mav.- Ecco, come si fa ad accusarti di una cosa che avresti fatto, senza un testimone che ti abbia visto? Insomma di una tale cosa assurda, da sembrare impossibile! E, invece, i giudici ci hanno creduto e ti hanno condannato! Non si condanna una persona senza avere neanche uno straccio di prova. Che indizi hanno trovato? Cosa hanno trovato di vero? Qualcosa dev’esserci stata sennò non ti davano trent’anni!-

Sis.- Niente. Non hanno trovato nulla.-

Pin.- E lei non ha confessato.-

Sis.- E cosa dovevo confessare?-

Mav.- Ma, accidenti dico io: potevi difenderti con le unghie e i denti, no?-

Sis.- Prova a difenderti tu da una accusa assurda, quando tu stessa sei stata vittima della violenza? Non è stato mio figlio ad essere assassinato? Non sono io la madre dolorosa? E come potevo supporre che i giudici pensassero a me, come colpevole dell’omicidio? Me! Capite? Me, la madre!-

Mav.- …mah…(dubbiosa, si volta di spalle) -

Pin.- Hanno puntato sulla sua debolezza psichica…-

Sis.- E’ vero! Ma se tutte le donne, le madri che allevano figlioli piagnucolosi, li dovessero uccidere per farli tacere, allora le galere non basterebbero per contenerle tutte.-

Mav.- Piangeva? Ah.-

Sis.- Si, piangeva, ed io ero un poco esaurita. Tutte quelle notti insonni che il bimbo mi procurava, mi stressavano. Avrei voluto dormire una sola notte per otto ore filate. Ma che dico? Solo quattro ore di filato. Ma la creaturina era implacabile. Ogni ora si lamentava e piangeva come un ossesso. Aveva qualcosa? Chissà, forse aveva disturbi che noi non capivamo. Ma anche la pediatra diceva che il bimbo era sano…certo era isterico. Isterico come la madre. Lo confesso ero isterica in quei mesi. Ma tra questo e il delitto ce ne corre, eccome!

Guardate, a chi non è venuta l’idea di far tacere il proprio figlio, magari usando le maniere forti? E anche io l’ho avuta…ma non l’ho mai praticata. Certo qualche buffetto, qualche scossone per scuoterlo, qualche volta, magari sono stata brusca nel metterlo a letto. Ma niente di più. E quel giorno ero particolarmente sensibile, tremavo tutta per una notte ancora di veglia, i nervi l’avevo a pezzi. Figuratevi che non riuscii nemmeno a preparate la colazione al grande che doveva uscire per andare a scuola. La mano che doveva reggere il coltello per spalmare il burro sul pane, era malferma, mi trema fino al polso. Ma superai tutto. Accompagnai mio figlio alla fermata dello scuolabus e rientrai in casa.

E lo trovai lì, riverso sul letto…era già morto…oppure no? Forse era ancora vivo, forse piangeva ancora, forse voleva conforto da una madre nevrastenica, forse…chissà…(ponendosi le mani in faccia) forse gridai… a lui…o per chiedere aiuto? Non ricordo perché gridai, non ricordo…ah se potessi ricordare.

Ad un tratto mi trovai accanto al letto con il bimbetto morto senza sapere perché…anzi, il perché lo conosco: sono state le donne, le streghe, le maghe…che me lo hanno ucciso…le maghe…(sempre più lentamente) le streghe…le donne…che lo hanno…ucciso…-

Pin.- Calmati ora, su, calmati.-

Mav.- Le donne? Sarà…le maghe, le streghe, Biancaneve…-

Pin.- Oggi sei particolarmente pungente, anzi velenosa…bella mia.-

Mav.- (ironica) Veramente?-

Pina.- Cerca di piantala!-

Mav.- E se non ne avessi voglia?-

Pin.- Non cimentarmi! Sai che ti strozzerei come un topolino.-

Mav.- La pianto, la pianto…tanto, con voi due…-

Pin.- (a Sis.) E allora? Ti sei calmata?-

Sis.- Si, si sono calma…come sempre…anche di fronte ai giudici ero calma; e anche di fronte ai periti ero calma…Pina, io impazzisco!!-

Pin.- E io con te… e lei con noi! Perché siamo tutte e tre della stessa razza.-

Sis.- Che razza?-

Pin.- Quella delle belve. Siamo delle lupe - Noi! E per le belve c’è la gabbia… o le abbattono!-

Sis.- Che vuoi dire? Che ci mandano al patibolo? No, no, in questo paese non c’è la pena di morte. Eppoi me lo avrebbero detto al Tribunale…no, non è possibile. Oppure…oppure intendi dire che…-

Mav.-… che ci lasciano marcire in cella, fino alla morte.-

Sis.- Ma se a Pina stanno per dare la semilibertà?-

Mav.- Ma ancora non gliel’hanno data…-

Sis.- Gliela daranno, ne sono sicura.-

Mav.- E lei non l’accetterà, sono sicura.-

Sis.- Pina, l’accetterai?-

Pin.- Lo avete detto voi stesse che per me la semilibertà non significa nulla. E io non l’accetterò. Farò qualche cazzata, mi toglieranno la buona condotta… ed è fatta!-

Sis – La dessero a me, saprei cosa fare.-

Mav.- Si, uccidere anche l’altro tuo figlio.-

Pin.- Minchia, ma sei proprio una vipera!-

Sis.- Lasciala parlare, poveretta. Sai, se la dessero a lei la semilibertà, andrebbe direttamente al letto del padre.-

Mav.- Carogna io ti ammazzo! (sta per scagliarsi, fermata da Pina).-

Pin.- Sapete cosa vi dico? Io mi sono stufata di questi continui battibecchi. E dato che debbo rinunziare alla buona condotta, vi accoppo tutte e due e fine della discussione e dei problemi.(strattona Mavaffa)-

Mav.- Ferma con le mani! Non credere di farmi paura. Io sono giovane e forte e sportiva, mentre tu sei vecchia decrepita inflaccidita da anni di questa vita - puttana.-

Pin.- (fraintendendo) A chi hai detto puttana? A me? Troia di una debosciata incestuosa!-

Mav.- Cagna! Ti farò mangiare queste parole. Saranno le ultime che la tua bocca di fogna avrà pronunziato! (si scaglia contro Pina, tirando fuori dalla tasca un coltellino ricavato da un cucchiaio, e la colpisce al ventre)-

Pin.- (accasciandosi e premendosi l’addome) Ahia! Lo sapevo che eri un’assassina - nata per uccidere.-

Mav.- (guardandola con disprezzo) Ecco la lupa! Una lupa morente. Ah,ah, ah. (ride perversamente)-

Sis.- L’hai uccisa! (sbalordita) L’hai uccisa veramente!-

Mav.- E cosa credevi che scherzassi? Vuoi provocarmi anche tu? Vuoi anche tu la tua dose di coltello nel ventre? Non hai che da dire una sola parola – una sola! (si avvicina minacciosa)-

Pin.- Chiamate il superiore, sto morendo.-

Mav.- Te lo chiamo, te lo chiamo,(beffarda) ma ti ho solo fatto un graffio alla pancia. Non ti esce neppure sangue (ma non si muove e incrocia le braccia).-

Pin.- (mostrando la mano insanguinata) E questo cos’è? Acqua per lavare la tua animaccia da lupa selvaggia?-

Mav.- (dandolo un calcio) Cagna!-

Sis.- (correndo verso lo sportellino della cella) Aiuto, aiuto! Superiore aiuto!-

Mav.- Lurida di una lupa snaturata! (la colpisce alle spalle, ripetutamente)-

Pina, nel frattempo, faticosamente, si alza e prende di spalle Mavaffa, stringendole il collo.

Intanto che una musica drammatica parte, la scena lentamente si fa buia.

Fine.

 

              

                           

                                 

                                                  LE  RUSTICANE

                                              Dramma in un Atto

                                                            di

                                              Antonio  Sapienza

Turi Lifo, ottobre 2012.

Atto unico ispirato dalla novella del Verga “Cavalleria rusticana”, anno 2012-

Rivisitazione della novella. Personaggi:  3 f.

Personaggi:

Santuzza;

Lola;

Za’ Nunzia

Sulla scena è stata abbozzata una scalinata. Le luci determineranno la scena che vi si svolgerà di volta in volta.

Al centro del palcoscenico, sullo sfondo, sarà inserito un telo leggero che permetterà di vedere in trasparenza, prima una facciata di chiesa, poi i due duellanti che agiranno dietro di esso.

I costumi saranno adeguati all’epoca alla quale si riferisce la vicenda, oppure neutri. 

All’apertura del sipario si udrà una musica campestre molto dolce che sfumando assumerà tratti drammatici.

Luce a sinistra.

Sulla scalinata vi è Santuzza, più sotto, al centro, c’è Nunzia.

Santuzza - La “malapasqua” a te!  (come se la gridasse a Turiddu, ormai fuori scena, portandosi al centro del palco).

Nunzia -  ( salendo di un gradino) Tu si’ pazza!-

Santuzza - Si sono pazza! za’ Nunzia. Sono stata una pazza quando permisi a vostro figlio d’entrare in casa mia; pazza! (accenna a indicare a sinistra l’ipotetico interlocutore) quando lo feci entrare nel mio letto, quando mi avvinghiai a lui - anima persa –  e mi abbandonai alla sua libidine dandogli l’anima e il corpo: questa fu la mia pazzia – la mia pazzia, (poi quasi a se stessa) la mia pazzia! (pausa)

Ma come poteva una povera femminella, senza madre e senza esperienza, non cadere vittima del suo fascino mascolino - che adornava con il suo portamento malandrino, con la nappa da bersagliere, rossa come il fuoco e come il sangue, che si agitava come una  cresta di gallo in amore sul suo viso abbronzato - facendo mescolare il sangue a tutte le  ragazza del paese, che gli ronzavano come le mosche attorno al miele?  (pausa, poi a Nunzia) No, non era questo, no, no - almeno non solo questo: era l’amore. Quell’amore viscerale che mi prese per lui  quando, fin da  ragazzina, andando a messa la domenica, lo vedevo  - baldo, beffardo o galante - davanti alla vostra  “putia”, a fare il gradasso con i suoi amici, parlando di donne, di caccia e di vino. Io lo vedevo bello come sant’Alfio, come san Michele, come un Dio. Ero innamorata della sua spocchia, del suo corpo e della sua anima.

E quando faceva le serenate a quella là, (indica sempre a sinistra) io, insonne, impallidivo d’insensata e puerile passione, come se quel canto appassionato, immaginavo, fosse per me…per me. Furono giorni e notti tremende, pieni di presunte follie d’amore e di fantasiose premature gelosie - perché quelle vere, ahimè, dovevo ancora amaramente assaporarle, purtroppo.(pausa lunga)

Finché non partì soldato e lei si sposò.(altra pausa)

Poi crebbi io e crebbe anche il mio amore.

E, quando tornò dal militare e si fece prendere da mio padre come vignaiolo, frequentando, così la mia casa - per starle ancora vicino, lo so, lo so, ora lo so - feci pensieri vaneggianti, folli, di matrimonio con quello - scellerato.

E ricordo quando mi parlò per la prima volta, degnandomi della sua falsa e interessata attenzione, e mi disse quelle parole dolci che sa dire solo lui, io gli risposi col cuore in gola. Gli dissi: Perché non le dite a Lola queste belle parole?-

Nunzia - E come poteva? (scendendo di un gradino) Quella è maritata, è una signorona, ha sposato un re di corona- ora .-

Santuzza – Ora? Ma andiamo za’Nunzia, questo non significa niente per loro due. Sono due animali in foia - due animali! -

Nunzia – Ma che dici…-

Santuzza -… Poi, certo, io non me li merito i re di corona…-

Nunzia - Tu ne vali cento di quelle Lole, e Turiddu non guarda Lola, né il suo santo, quando ci sei tu… che lei non è degna di portarti le scarpe, non è degna.   –

Santuzza:- Certo, lo dite voi- ora. Ma che ne sapete voi. Che ne sapete…quando le faceva le cantate sotto il suo balcone, prima di partire soldato, lei era una regina per lui, era la sua vita.-

Nunzia - Acqua passata, Santuzza,  smanie  di ragazzino. Ti dissi che non è degna, no?-

Santuzza – Acqua passata –dite voi? No, acqua di torrente dico io! Impetuosa come la loro passione –che non è finita! Non è finita za’ Nunzia – non è finita!-

Nunzia – E’ finita! Deve finire! Finirà! Lo so per certo!

Santuzza – Ma che sapete voi…La volpe quando non arrivava all’uva… una volta mi disse: come sei bella “racinedda” mia! cercando d’abbracciarmi. Ma io gli dissi: Ahò, giù quelle mani compare Turiddu!-

Nunzia- E che ti mangio?-

Santuzza:- Mangiarmi? Boccone difficile ero allora, za’ Nunzia .-

Nunzia – Certo, ti mangiava con gli occhi, questo l’ho visto io, con questi occhi.-

Santuzza – Padronissimo era. Quelli briciole non ne facevano...-

Nunzia - Se fosse stato ricco avrebbe cercata una come te.-

Santuzza:- Io non pretendevo certo un re di corona, ma la mia dote e la mia roba ce l’ho anch’io…me la fece mia madre, buonanima per quando - mi diceva - il Signore mi manderà qualcuno.-

Nunzia – Ed è lui, mio figlio Turiddu, il tuo Re di Corona. Ma ragiona, oggi non era qui per te? Sai, un giorno mi disse che per te impazziva e che perdeva il sonno e l’appetito. –

Santuzza - Chiacchiere.-

Nunzia - Voleva essere “nu Riuzzu”, per sposarti .-

Santuzza:- Chiacchiere .-

Nunzia – Se fossi stata pane ti avrebbe mangiato.-

Santuzza:- Chiacchiere erano. Ma… ma… poi un giorno … una sera…-

Nunzia- … un giorno? una sera? Che successe?-

Santuzza - ( incomincia il buio al centro, la scalinata  viene appena illuminata)…Una sera lo lasciai entrare a casa mia. ( incrocia le braccia attorno al busto, illanguidendosi, come se pensasse ai momenti trascorsi col suo amante, poi si fa dura)-

Nunzia – E mali facisti!-

Santuzza – L’ho confessato a Dio! (pausa) Poi lei, quella buttana, un giorno mentre lui stava per venire da me, si affacciò dalla sua porta, lo vide, gli venne incontro e gli disse …( luce su una parte della scalinata dove c’è Lola che scende le scale languidamente)

Lola:- Così, compare Turiddu, i vecchi amici non si salutano più?  Oh, perché forse per voi sono diventata superba? O perché sono forse quella che voi mi chiamate la moglie di un re di corona- ormai. (poi civettando) O è un modo di dire che sono maritata bene, con ori, gioielli, vestiti, insomma tutto.

Eh, caro compare non è sempre oro ciò che riluce. (pausa)

Certo, ottimo matrimonio, come dice la gente, per quel che può sembrare, ed è ciò che conta. Ottimo, certamente! (quasi tra sé) Ottimo matrimonio, si dice in questi casi: matrimonio ottimo è anche…è anche d’amore, (portando il capo e i capelli all’indietro) – e quello è già passato. (pausa) Già, peccato, però (perdendosi nei pensieri, poi riprendendosi, come se li riassaporasse) che  tempi, quando eravamo più giovani, com’erano belle quelle serenate che mi facevate sotto il balcone… (ove sia possibile, a discrezione della regia, si potrebbe inserire una dolce serenata, eseguita da una voce solista una chitarra e uno scacciapensieri; il gruppo dovrebbe essere intravisto al centro della scena, nel telo trasparente) e come vi arrabbiavate quando non mi affacciavo: ah, quante belle parole uscivano dalla vostra bocca. E quella dolce poesia che mi diceste una volta, quando, finalmente, mi affacciai per la prima volta al balcone? Era una bella composizione parlava della donna un tempo tanta amata.  Ricordo, ricordo, eccome! quella poesia era di un nostro compaesano che non conoscevo perché noi non eravamo ancora nati quando lui lasciò il paese. Si chiama don Peppino Macca, un vostro lontano parente che ora vive lontano – in America. E la adattaste un pochino pochino - per me… e il nome Lola lo metteste in mio onore . Ne fui felicissima - allora. Suvvia, ditela, no? Allora la dico io – se la ricordo - in fondo sono passati solamente tre anni… credo di saperla ancora: Dunque, se non sbaglio faceva così: Luluzza…no, non è così. (breve pausa) Ci sono. -

“Lola sciatuzzu, comu si’ bedda.

Cu ‘ssa facciuzza di mennula spicchiata,

cu ‘ssu nasiddu nicu, a patatedda,

cu’ ‘ssa vuccuzza  di sorba azzuccarata .

Cchiù scuru du lu scuru su’ i to’ capiddi,

e cu’ ss’occhi lattri, pronti a lampiari,

fann’alla notti perdiri li stiddi,

e la vampa di lu focu fann’appannari .

E ‘ssu pittuzzu di li me suspiri:

ah, meli di lu meli, famm’ambriacari…”  

Basta! Sono sposata! … Anch’io non ce la faccio più… a sentirvi spasimare come un gatto in amore. Basta, buona giornata, compare Turiddu. (scende, poi come se ci ripensasse)  ma facendo il soldato, forse dimenticaste che qui, in paese, si dice che i matrimoni e i vescovati dal cielo sono mandati? Oppure dai genitori…Dopotutto, voi vi consolaste subito con la mia vicina… e so per certo che la notte la andate a trovare. Menzogne? No!  Andatelo a dire ad altri – io ci abito quasi porta a porta; il mio balcone dà sul suo cortile, e senza volere… Ma andiamo, compare, lo negate? voi mi volete offendere? Restiamo amici. Salutiamo. (confidenziale) Poi, infine, il saluto non costa nulla… fra noi. (scendendo svelta ) E non fate quel muso… Sapete dove abito, in caso che, chissà, vogliate venire qualche volta a salutarmi…-

Buio esce Lola, la luce riprende al centro, nel portico, dove c’è Santuzza  che si martoria le mani .

Santuzza:- E lui andò presto a …salutarla, ed ella, la “buttana”, gli aprì la sua porta e le sue cosce! ( poi quasi con un sussurro) E adornò di corna la casa di compare Alfio. ( quasi con compassione) Ah, compare Alfio, compare Alfio…(Nunzia, con gli occhi bassi esce di scena, poi Santuzza parla come se Alfio fosse presente, ma in ombra, a destra)  povero compare Alfio…proprio a voi che siete il fiore dei galantuomini, una coppola storta, che con la sola vostra presenza mettete soggezione agli uomini…un uomo vero di sostanza… un uomo d’onore, con una sola parola… (finta esitazione) No, perché, si dice in giro… sembra che qualcuno…crede d’aver visto…quando voi siete fuori dal paese… (esitante torcendosi le mani) credono d’aver visto qualcuno che vi adorna la casa…( fa il gesto delle corna con la mano) Chi l’ha visto? Io l’ho visto, con questi occhi. Dite che se non ho visto bene, non mi lascerete gli occhi per piangere a me e al mio parentado? Ma che occhi e occhi! se io non ho più occhi neppure per piangere, né lacrime salate e amare, né lacrime di sangue da versare : i miei occhi sono ormai secchi come le stoppie dei campi… (voce dura) e non hanno pianto neppure quando hanno visto quel Giuda del mio promesso, quel Turiddu Macca traditore, entrare di notte a casa vostra…No compare nessun obbligo; dovere, solo dovere verso un galantuomo, compare. (con un sorriso amaro di trionfo sulle labbra) –

E, intanto, si avvia verso la scalinata col solito sistema delle luci, entra Lola.

Lola - Comare Santuzza, che? Non ci andate a messa il giorno di Pasqua?-

Santuzza - Sono in peccato mortale, io.-

Lola - Meglio! Potreste lavarvi la coscienza…-

Santuzza - Giusto! Io, almeno, quella ce l’ho... invece qualche altra persona…-

Lola -…già, qualche altra persona, che non è  “fimmina schietta”  e “prena” ( fortemente ironica, indicando la pancia e alludendo alla gravidanza di Santuzza).-

Santuzza - Certo, è vero com’è vero Dio. Ma mai come una donna maritata che adorna la casa del povero marito ( fa il gesto delle corna) e poi se ne va in chiesa a battersi il petto… per lavarsi la coscienza.-

Lola – C’è chi si batte il petto in chiesa e chi se lo batte per la “dannazione” della gelosia. Ma rassegnatevi, cummaredda bedda, il pane è per chi ha buoni denti.-

Santuzza – Per chi ha buoni denti c’è da rosicchiarsi “ l’ossa col sale”, perché solo quello vi resterà – ora!-

Lola - Vedremo chi se li mangerà queste ossa. Intanto suona la messa e io vado in chiesa. Vi salutai…comare (ironica, sfottente).

Entra Nunzia.

Nunzia- E tu non vai a messa?-

Santuzza - No, lo sapete, sono in peccato mortale .-

Nunzia – Lo so e non lo so. Tu vai lo stesso, non ti far vedere dalla gente.-

Santuzza - Ormai della gente non m’importa più nulla.-

Nunzia - Tu sei pazza, te l’ho già detto.-

Santuzza:- Pazza ci finirò veramente. Lo sapete che tra qualche mese si vedrà la pancia e mio padre mi ammazzerà con le sue mani?-

Nunzia - No, non lo farà.-

Santuzza - Si che lo farà, deve salvare il suo onore - deve.-

Nunzia - Lo salverà, lo salverà…-

Santuzza:- Voi sottovalutate mio padre. Quello m’ammazzerà, anzi ammazzerà me e vostro figlio, non appena saprà!-

Nunzia - Io non ho sottovaluto nulla. Quello non ucciderà nessuno, sta tranquilla: Ci parlerò io.-

Santuzza - (sorpresa) Voi?-

Nunzia - Io, sissignore!-

Santuzza - (sospettosa) Voi, in che senso?-

Nunzia - Nel senso giusto: gli dirò che Turiddu vuole riparare, punto e basta!-

Santuzza - Lui…lui…farebbe questo?-

Nunzia - Ce l’ha anche lui l’onore, che cosa credi? Lo fa per l’onore e …pure per te. Basta, però, che non gli stai sempre appresso, a spiarlo, a ingelosirti.-

Santuzza - (martoriandosi le mani) Ah, pure per me? Ma bravo. Mi sposerebbe, allora?-

Nunzia - E come la chiameresti tu la riparazione? Certo, ti sposerebbe.-

Santuzza –(quasi con gioia, poi rabbuiandosi) Mi sposerebbe avete detto?-

Nunzia – E che, sei sorda! Ti sposerà. Parola mia!-

Santuzza - Madonna dell’Aiuto, sono nelle tue mani!-

Nunzia – (burbera) E non scomodare la Madunnuzza .-

Santuzza - Zitta, state zitta, per carità, che solo lei ci può aiutare - ora.-

Nunzia - Ora?-

Santuzza - Già, ora. (le si avvicina) Za’ Nunzia, Turiddu, Turidduzzu mio, deve andarsene via dal paese, deve scappare, subito!-

Nunzia - E che? tuo padre lo vuole ammazzare così presto (scanzonata)-

Santuzza - Non è mio padre che lo cerca…è…è un’altra persona.-

Nunzia - E chi sarebbe questa persona, forse il diavolo sulla terra?-

Santuzza - Turiddu sa chi è! E anche voi.-

Nunzia - (pensierosa) Alfio u Licordisi?-

Santuzza annuisce.

Nunzia - E tu come lo sai?-

Santuzza- Come lo so? Lo so perché…perché…-

Nunzia – …Perché?-

Santuzza -  Perché, perché! Ve lo dirò dopo. Ora ditegli di scappare – subito! quello col coltello è mastro. Lo ucciderà! Fatelo fuggire! -

Nunzia - Turiddu fuggire? Ma quandomai! Poi anche lui sa usare l’arnese e qualche chiarimento l’ha avuto e con gente col pelo sulla pancia -  anche se lui non me lo ha mai detto… Ma la gente lo sa: Turiddu Macca che scappa di fronte a un licordisi, ma te lo immagini…Mastro lui… se quello è mastro vuol dire che mio figlio è mastro dei mastri.-

Santuzza – Ma che madre siete? Mettete l’onore al di sopra della vita di vostro figlio?-

Nunzia – Tu che ne sai di onore…-

Santuzza- Già, è vero, lo potete dire forte, questa pancia non vi smentirà. Ma…ma ora pensiamo a Turiddu. Va’ bene si è già battuto tante volte, ma questa volta sarà diverso: Alfio non è un avversario qualsiasi: egli vuole la vendetta, ha in odio vostro figlio, ed è feroce, è senza pietà, e lo ammazzerà solo per il piacere di farlo.

E cosa pensate, per caso, che dovrà battersi con un ragazzino o con un rammollito? No! Lui dovrà fare un duello contro l’odio - dovrà duellare con la morte, perché Alfio gli morderà l’orecchio!  Za’ Nunzia, per carità, andate nella vostra Cantina, cercatelo, ditegli di scappare prima che lo trovi compare Alfio, lo deve fare per questa sua creatura che mi sta nel ventre.-

Nunzia - Quella creatura vedrà in faccia suo padre, sta tranquilla. Onore o non onore, adesso lo cercherò. Ed ora va’. E se non vuoi proprio andare in chiesa, ritornatene a casa tua.-

Santuzza - ( dubbiosa) Ditemi, sinceramente, secondo voi, nel caso, ci andrà a battersi contro compare Alfio per… quella lì?

Nunzia – Ma quali! Quella le è servita solo per fare i suoi comodi di masculu. Senti Santuzza, io sono madre e per lui tremo più di te! Lo troverò e farò di tutto per convincerlo. Ma se Alfio lo cercherà pubblicamente, lui si farà trovare. E né io né te potremmo dissuaderlo. Il suo onore è sacro!-

Santuzza – Za’ Nunzia, per carità di Dio, allora correte, andate subito da Turiddu, fatevi ascoltare e ditegli che per il momento deve lasciare perdere l’onore… e ascolti anche il cuore: Suo figlio glielo impone!-

Nunzia – (sconsolata, sta per andare) Santuzza, tu non conosci Turiddu.-

Santuzza – Sentite, ditegli così a nome mio: se ti batterai per questa creatura che abbiamo generato, allora camperai; ma se - per l’anima santa di mia madre - se lo farai per…quella (accenna a sinistra, dove si suppone abiti Lola) per quella là, creperai come un cane! Avete capito bene, za Nunzia? Ditelo a Turiddu Macca!-

Nunzia - Ehi, ehi, ma chi credi di essere? Fai anche la “mavara”? uccellaccio del malaugurio! Vattene! ( si avvia verso destra)-

Santuzza - (pietosa) Anche voi mi scacciate? …Turiddu, Turidduzzu miu…-

Nunzia – Taci! Va’! ( gesto autoritario con la mano) -

Santuzza - ( allontanandosi un poco) Dio mio, perdonami, perdona i nostri peccati .-

Nunzia scende e va verso la scena a destra. Parlerà come se parlasse al figlio.

Nunzia – Turiddu, figghiu, sei qua? Cosa dici? Non vai a messa? Vai alla “cunzeria”? Oh capito, c’è stato compare Alfio… e tu vai…lo so. Vai, e prego Dio che non arrivi qualcuno che ci annunzierà…che ci dirà…(disperata) Oh signuruzzu miu…-

Fermo di scena tra le due donne. A discrezione della regia, dalla parte in trasparenza, al centro della scena, si vedranno Turiddu e Alfio che duellano coi coltelli. L‘azione, sottolineata da una musica adatta, sarà varia ma sempre sobria, quasi un elegante balletto, con colpi scambievoli (non più di cinque).Uno di questi colpi sarà mimato così: Alfio, farà come se fosse stato ferito all’inguine sinistro, per cui egli se lo toccherà, poi si piegherà sulla relativa gamba della presunta ferita, quindi, repentinamente, prenderà un pugno di terra e la getterà in faccia all’avversario, poi colpisce.

Fine della scena in trasparenza. Si ode un rintocco di campana. Fine del fermo di scena. Nunzia si porta al centro.

Si udrà un animalesco grido di donna.

Nunzia - Mio figlio è morto! (resta basita sempre al centro della scena) –

Santuzza - Ed io con lui. (quasi un sussurro)-

Santuzza, attonita, lentamente uscirà. Intanto si farà buio in scena, musica drammatica. Dopo pochi secondi si udrà un prolungato ululato, come di belva ferita, poi un singhiozzo.

Riprende debole luce sulla scalinata, sempre con Nunzia, al centro della scena: occhio di bue su di lei. Pochi secondi ed entrerà in scena Lola, di corsa, trafelata che, rallentando, farà un semigiro sulla scena e si fermerà quasi dietro Nunziala. Musica che cala.

Lola – S’è buttata! Santuzza s’è buttata nello sbalanco della Cunzeria! S’è sfracellata vicina a Turiddu!-

Nunzia -  (attonita, con lo sguardo assente, gradatamente si accascerà, raccogliendosi su sé stessa, annuendo col capo) S’è buttata… Ha voluto seguire con suo figlio, mio figlio - là nella Cunzeria.(pausa)  Ed ora basteranno le mie lacrime di vecchia per piangerli - tutti?-

Buio, musica finale.