Due sorelle

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D U E S O R E L L E

D U E   S O R E L L E

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ATTO UNICO

di EMANUELE VACCHETTO

evacchetto@libero.it

© Emanuele Vacchetto/Siae

(La SCENA è unica. Un giardino limitato da un muro di mattoni molto alto. Il giardino appare rigoglioso di verde, ma non ci sono fiori.

Salvo un'aiuola su cui si leva UNA SOLA, BELLISSIMA ROSA BLU.

Nel giardino, con le spalle rivolte al nudo muro di mattoni, due suore dalla tonaca bianca stanno ricamando, sedute su una lunga panchina di pietra.

Tra di loro si stende un grandissimo lenzuolo bianco.

Le due suore lavorano ciascuna a un capo del lenzuolo. Hanno accanto, ognuna, un cesto da cui fuoriescono fili bianchi. Ogni tanto una delle due sceglie un filo, lo infila nell'ago e riprende a ricamare.

I loro gesti sono calmi, tranquilli. Dall'ambiente, da loro stesse, emana un senso di pace, di serenità.

E' una splendida giornata di primavera. Lo si capisce dagli alberi con le prime foglie verdissime, il canto allegro degli uccelli, una leggera brezza che agita i veli delle due monache.

Sul muro dietro di loro c' UN ACCENNO DI RAMPICANTE, UN SEMPREVERDE.

MUSICA.

BUIO...

LUCE:

Stessa scena. Ma adesso è estate. La luce è più forte, la brezza è caduta, al canto degli uccelli si è sostituito fortissimo il frinire delle cicale. Gli alberi sono intensamente verdi.

Le due suore sono sempre al loro posto, che ricamano. Qualche leggerissima goccia di sudore imperla i loro volti sereni, chini sul lavoro.

LA ROSA BLU E’ SEMPRE AL SUO POSTO, IMMUTABILE E BELLISSIMA.

BUIO...

LUCE:

Stessa scena. Ora è autunno.

Le due suore ricamano, sempre tranquille e serene. Dagli alberi cadono intorno a loro decine di foglie ingiallite.

Il rampicante sul muro si è infoltito.

LA ROSA BLU E' SEMPRE LI'.

BUIO...

LUCE:

Stessa scena. Ma ora siamo in inverno. Gli alberi spogli sono carichi di neve, e neve ricopre il terreno e le aiuole.

Le due suore ricamano, sempre al loro posto. Hanno due sciarpe di lana bianche intorno al collo.

Il rampicante sul muro è ancora cresciuto.

LA ROSA BLU E' SEMPRE FIORITA SULLA SUA AIUOLA.

BUIO...

LUCE:

E' di nuovo primavera.

Le due suore bianche sono sempre al loro posto, in silenzio, che ricamano. Il rampicante ha ricoperto l'intero muro.

La rosa blu, come sempre, è rimasta identica a se stessa.

(Nota : Si intende dare l'idea di un lungo passaggio di tempo. Probabilmente non un anno solo, ma molti anni tutti identici...).

ORA PERO' UNA DELLE SUORE HA IL CAPO CINTO DA UNA CORONA DI SPINE, L'ALTRA DA UNA CORONA DI PAPAVERI.

Le due suore ricamano in silenzio.

FINCHE'...)

ANGELICA - (portandosi un dito alle labbra e succhiando) Ahi!

(L'altra suora, suor Anna, alza lo sguardo su suor Angelica. Uno sguardo inorridito. Anche Angelica resta come sospesa, col suo dito in bocca. Per qualche secondo si guardano l'una l'altra, spaventate. Poi, insieme, con espressione terrorizzata alzano gli occhi al cielo.

Qualche  secondo di sospensione... Angelica è la prima  a scuotersi. Risolleva il capo che teneva incassato fra le spalle come in attesa di una punizionne celeste. Si rilassa. Lancia un sorrisetto alla compagna, poi riprende a ricamare.

Anna invece resta sorpresa, interdetta. Guarda il cielo, poi Angelica che ricama, poi di nuovo il cielo. Quindi, concentrata, gli occhi a fessura, posa il ricamo. Incrocia le braccia...)

 

ANNA - (a mezza voce ) Ahi!...

Angelica la guarda sorpresa. Stesso sguardo di prima rivolto al cielo. Anche stavolta non succede niente. Un largo sorriso si  dipinge sul viso di suor Anna.

Angelica la guarda. Anche lei posa il ricamo. Incrocia le braccia...

ANGELICA - (prende coraggio ) Ahi!...

ANNA - (più forte) Ahi!...

ANGELICA - (con una risatina) Ahi!...

ANNA - (ridendo) Ahi Ahi!...

ANGELICA - (ormai sicura) Ahi ahi ahi!...

ANNA - (risata squillante) Ahi ahi ahi ahi!...

ANGELICA - (più forte ancora) Ahi ahi ahi ahi ahi!...

(Poco a poco gli "ahi!" si moltiplicano fino a trasformarsi in una risata liberatoria, quasi isterica, una specie di ululato.)

ANNA - ANGELICA : Ahi ahi ahi ahi ah ah ah ah!...

(D'improvviso, con una smorfia di dolore, porta le mani al ventre.)

ANNA - (con un gemito) Ahi ahi!...

(Angelica la guarda, improvvisamente ammutolita, con espressione spaventata)

 

ANNA - (rilassandosi) Niente. La solita colite...

ANGELICA - (con sollievo) Uff...

ANNA - E' tutta quella cicoria con le fave.

ANGELICA - Si dice cicuta... (sentenziosa) "Non mangerai che fave e cicuta".

ANNA - Ma no... La cicuta un'erba velenosa. L'insalata si chiama cicoria.

ANGELICA - Sei sicura?

ANNA - Certo. "Non mangerai che fave e cicoria". Cos ha detto quattrocentoventicinque anni fa la nostra Santa Fondatrice. L'hai persa la tua pergamena con il Decalogo?

ANGELICA - No, no. E' che la sorella che me l'ha data quando sono arrivata qui in convento era un po' sudiciona, pace all'anima sua (si segnano). Proprio su "cicoria" c' una macchia rossa, di sangue credo.

ANNA - Di sicuro esagerava con le penitenze... Era quella piccoletta con un porro sul naso?

ANGELICA - Proprio lei. Quella che ha fatto il miracolo della rosa blu...

ANNA - (guarda la rosa fiorita) Già. "Questa rosa sarà fiorita per sempre". (ammirata e sognante) Lo scrisse col suo sangue prima di morire...

ANGELICA - E' lì che deve aver schizzato sulla mia pergamena. Uno schizzo a forma di cuore trafitto da sette spade.

ANNA - Davvero? Forse un altro miracolo!

ANGELICA - Forse.

ANNA - Beh, diciamo un miracolino. In confronto a quello della rosa blu!

ANGELICA - Sì, direi che non c’è paragone...

Silenzio. Continuano a ricamare...

ANGELICA - (dopo qualche secondo) Personalmente preferisco la macchia a forma di elefante.

ANNA - C' anche una macchia a forma di elefante?

ANGELICA - Sì, dove dice: "Il Venerdì Santo cingerai il capo di spighe"...

ANNA - Di spine. Dice : "Il Venerdì Santo cingerai il capo di spine"...

ANGELICA - (perplessa) Sei sicura?

ANNA - Certo che sono sicura! (si indica la fronte insanguinata dalle spine) Perché credi che abbia questa corona di spine in testa?

ANGELICA - Pensavo che eri un po' fanatica...

ANNA - Io invece che eri un po' frivola... Non ti ci ho mai vista con le spine del Venerd Santo, in tutti questi anni.

ANGELICA - Io cercavo le spighe... Col fatto che il Venerd Santo cade in primavera, dove le trovo le spighe? Ho trovato dei papaveri...

ANNA - Comoda lei! Papaveri...

(Silenzio. Anna riprende a cucire. Poi si ferma. Guarda Angelica tranquilla che lavora coi suoi papaveri in testa. Quindi, con gesto improvviso, si toglie la corona di spine e la getta via)

ANNA - (con sollievo) Uff...

(Silenzio...)

 

ANGELICA - A parlare dopo tutti questi anni di silenzio, si imparano un'infinit di cose.

ANNA - Io non sono ancora tranquilla.

ANGELICA - Perchè?

ANNA - Beh, abbiamo rotto la regola del silenzio.

ANGELICA - Se Lui lass voleva punirci, lo aveva gi fatto. Non credo che abbia tempo da perdere.

ANNA - Sta scritto : "Dio non paga il sabato"...

ANGELICA - Appunto. Oggi venerdì. O adesso o ciccia...

ANNA - (dopo una breve pausa, con una punta di panico) Forse la Regola  cambiata e non ci hanno avvertite... Qui non viene mai nessuno... Comunque due chiacchiere tra donne tirano su di morale.

ANGELICA - Già... un po' se ne sentiva il bisogno, diciamo la verità...

ANNA - Forse non abbiamo la stoffa delle martiri.

ANGELICA - Forse no. Io però sono contenta così. Non chiedo di più di quello che abbiamo...

ANNA - A dire la verità non mi pare che abbiamo molto.

ANGELICA - E' più felice chi dà di chi riceve, sta scritto. E' per questo che i ricchi sono felici.

ANNA - (sorpresa) In che senso?

ANGELICA - Hanno di più, quindi possono dare di più. E quindi sono più felici. Lo diceva sempre mamma...

ANNA - Non credo che la Bibbia l'intenda in questo senso. Non è così sottile.

ANGELICA - E' giusto che non sia sottile. Deve essere semplice, così che tutti possano capirla, ricchi e poveri, nobili e contadini, grandi e bambini...

(Pausa)

 

ANNA - Da bambina la mia parabola preferita era quella del Buon Pastore. E ancora adesso quella che mi piace di più. Lui, il buon pastore,  proprio buono. Lascia le novantanove pecore, cammina cammina per monti e per valli cercando l'unica pecora che si  smarrita... (sospira come sollevata) Significa che ognuno di noi, anche se ha perduto la retta via, alla fine può salvarsi.

ANGELICA - Se devo dire, a me sempre sembrata un po' immorale, come parabola.

ANNA - Immorale? E perchè?

ANGELICA - Voglio dire... Sì, sì, lui è buono come il pane , il Buon Pastore. E fa anche tutta quella fatica di cercare la pecora per monti e per valli, se pensi che l'uno per cento non è poi una gran perdita. La pecora, piuttosto, è più furba del demonio. Per me si è perduta apposta.

ANNA - E perché mai?

ANGELICA - Ma per farsi notare! Se non si fosse persa, tu pensi che il Buon Pastore si sarebbe accorto di lei, su cento pecore? Scommetto che mentre lui la cercava, le altre novantanove, abbandonate così a se stesse, sono finite in un burrone.

ANNA - (dopo averci pensato un po' su) Vuoi dire che la morale  che solo chi si perde si salva?

ANGELICA - No che non lo dico. Il vescovo mi farebbe bruciare viva.

(Silenzio. Continuano a cucire)

ANGELICA - Tu cosa facevi prima di entrare in clausura?

ANNA - Ero povera e contadina.

ANGELICA - Non l'avrei detto. Hai un'aria così distinta. A parte le cicatrici sulla fronte...

ANNA - (improvvisamente irritata) Ah, ho l'aria distinta! E magari anche un po' nobile, eh? Di' un po', perché non ti fai gli affari tuoi?!

ANGELICA - (sorpresa e turbata) Ma io... scusami...

 

(Tra le due cade un silenzio teso. Angelica, certo emotivamente la più fragile, ha le lacrime agli occhi. Se li asciuga col lenzuolo che sta ricamando, tirando un po' su col naso. Anna la guarda. Poi, con un po' di rimorso, le parla gentilmente)

ANNA - Scusa, non volevo essere sgarbata... Il fatto è che su certi argomenti... Insomma, c'è un segreto nella mia vita.

ANGELICA - Ah... Scusa, non lo sapevo.

ANNA - Certo, non potevi saperlo. Un segreto è un segreto proprio per questo.

ANGELICA - E' giusto...

(Pausa. Dopo qualche istante…)

 

ANGELICA - Tu credi che andremo in Paradiso?…

ANNA - Qualcuno c'è che lo sa, il mio segreto… 

ANGELICA - … magari ci tocca un po' di Purgatorio, che dici... Due o trecento anni…

ANNA - … non devi offenderti, non è per te... E' che non te lo posso proprio dire…

ANGELICA - … all'inferno speriamo di no. Anche se non si sa mai. Con queste regole che vanno e vengono... (si toglie la corona di papaveri) Come questa storia delle spine e dei papaveri...

ANNA - ... anche se non educato dire e non dire, fare il pesce in barile...

ANGELICA - (distrattamente) … lanciare la pietra e nascondere la mano...

ANNA - (con grande inquietudine) Che pietra?!

ANGELICA - E' un modo di dire.

ANNA - Mai sentito... Comunque quello che volevo dire è che non è bello cominciare un discorso e lasciarlo sospeso a metà... Va bene, te lo dico: io sono figlia di un barone.

ANGELICA - (distratta) Ah, sì?... Secondo te come si passa il tempo in Purgatorio? Speriamo che non si ricami anche lì... (riprende il filo) Ma scusa, non eri povera e contadina?

ANNA - Proprio qui sta il segreto. Mia madre era una contadina. Un giorno è passato il barone, che poi era anche il suo padrone... Insomma, passa oggi passa domani, dopo un po' sono nata io.

ANGELICA - Quindi era mamma tua che era povera e contadina...

ANNA - Già... Papà l'ha sempre saputo, ma zitto e sopportava. Io non sapevo niente, invece. Poi un giorno, avrò avuto sette o otto anni, si giocava nel bosco, noi bambini. Sono cattivi  i bambini... Cominciarono a chiamarmi baronessa. Io non capivo perchè. Mi davo delle arie, persino... C'era un bambino biondo, bello come il sole. Mi piaceva più di tutti. Io volevo giocare con lui. Rispose che non poteva perchè la mia mamma era una zoccola. Così ho saputo tutto. Per una settimana non ho fatto altro che piangere. Piangevo mentre tagliavo la legna, piangevo mentre mungevo la capra, piangevo mentre zappavo l'orto, piangevo mentre mangiavo la polenta con le rape. Piangevo anche la notte, stesa sul materasso di paglia. Il povero papà faceva finta di niente. Stava via tutto il giorno, e quando tornava guardava la mamma e i suoi orecchini d'oro e brillanti, poi guardava me... Non se li toglieva mai quegli orecchini, neanche la notte. (una breve pausa) Poi sono entrata in clausura ed eccomi qua, per volontà del Signore. Qui sono felice.

(Angelica per tutto il racconto ha continuato a cucire tranquilla, senza scomporsi)

 

ANGELICA - Che straordinaria coincidenza! Anche la mia mamma era una zoccola. Oh, tutti la rispettavano: signora baronessa qui, signora baronessa là... Ma dietro le spalle la chiamavano Baronessa Pisellone...

ANNA - (inquieta) Pisellone?

ANGELICA - Avevamo un contadino che si chiamava Augusto, ma di soprannome faceva Pisellone, non so perchè... Veniva tutti i giorni a palazzo col carro a trovare mamma. Così quando sono nata io, tutti dicevano che ero figlia di Pisellone. Ma nel mio caso non era un segreto: lo sapevano tutti. Al barone mio padre non importava niente. Lui e mamma si odiavano. A dire la verità non importava niente neppure a me. Ho sempre avuto un carattere accomodante. Mamma invece la prese male. Credo che  abbia cominciato a odiarmi da quando sono nata... Il barone invece non mi odiava. Mi ignorava, non mi vedeva proprio… Capirai come potevo essere felice, a palazzo! Piangevo tutto il tempo. Piangevo mentre giocavo coi cerchietti, piangevo mentre passeggiavo a cavallo, piangevo alle lezioni di danza, piangevo mentre mangiavo la mia crema di tartufi e la mia mousse al cioccolato. Piangevo anche la notte, e la governante mi sgridava perché bagnavo tutte le lenzuola di seta... (una breve pausa) Poi sono entrata in clausura, ed eccomi qua, per la volontà del Signore. Qui sono felice.

(Per tutto il racconto di Angelica, Anna ha ascoltato in silenzio, sempre più attenta e nervosa. Tanto da pungersi anche lei con l'ago del ricamo, alla fine del monologo di Angelica)

 

 ANNA - (succhiandosi il dito) Ahi!

Angelica pensa che sia un tentativo di ricominciare con l'ilarità iniziale.

 

ANGELICA - (ride) Ahi ahi ahi ahi!...

(Ma Anna non sembra disposta a seguirla nello scherzo, stavolta. La guarda seria, tesissima. Angelica, un po'  mortificata, riabbassa la testa sul ricamo. Una lunga pausa...)

 

ANNA - Come si chiamava tuo padre?

ANGELICA - Barone Clermont-Lafitte.

ANNA - Tuo padre vero, voglio dire.

ANGELICA - Augusto, detto Pisellone.

ANNA - Anche mio padre si chiamava Augusto detto Pisellone. Mio padre finto, voglio dire. Quello vero, quello degli orecchini d'oro, si chiamava Barone Clermont-Lafitte...

ANGELICA - (dopo averla guardata a lungo in silenzio) E' incredibile...

ANNA - (dopo una lunga pausa) Incredibile... E' proprio vero che le vie del Signore sono infinite.

ANGELICA - Non mi sembra proprio, se devo dire. Piuttosto il contrario...

(Pausa)

 

ANNA - Siamo canne agitate dal vento...

ANGELICA - Io non mi sento una canna. E neanche tanto agitata... Anzi (sorride) sono contenta. E' come se avessi trovato una sorella dopo tanti anni. Se penso a tutta la mia solitudine, da bambina, mentre tu vivevi magari a due passi, in una delle case dei nostri contadini.

ANNA - Non erano tanto case... Capanne, direi.

ANGELICA - Me le ricordo. Le vedevo mentre passeggiavo a cavallo. Delle graziose casette col tetto di paglia in fondo alla valle.

ANNA - (cupa) Già. Graziose, dice lei…

ANGELICA - Mamma invece le trovava orribili. Deturpavano il paesaggio, diceva. (ride) Credo che le avrebbe  volentieri incendiate.

ANNA - (dopo una pausa) Lo ha fatto.

ANGELICA - Fatto cosa?

ANNA - Gli ha dato fuoco. Ha incendiato la nostra casa. Mamma morì nell'incendio. Successe proprio il giorno dei funerali di papà, il mio papà finto voglio dire.

ANGELICA - Pisellone? Il mio papà vero?

ANNA - Sì. E’ morto sfracellandosi giù nel burrone mentre tornava dal palazzo. Sono finiti in poltiglia lui, carro e cavallo. Mamma ci scherzò su. Diceva che probabilmente avevano seppellito anche un po' di cavallo con papà... Fu poco prima che la baronessa arrivasse come una pazza a dar fuoco a tutto. Io mi salvai appena in tempo scappando a nascondermi nel bosco. Il barone arrivò di corsa, cercò di entrare nella capanna in fiamme. Forse voleva salvare la mamma, non so. Ma era troppo tardi... Allora lui si gettò per terra e cominciò a piangere. Nascosta dietro un albero vedevo le sue lacrime luccicare come orecchini di brillanti al riverbero del fuoco... Io lo odiavo. Era tutta colpa sua... Fu allora che gli tirai la pietra. Poi sono scappata senza voltarmi indietro...

ANGELICA - (pensosa) Sì... fu trovato all'alba col cranio spaccato. Povero barone...

 

(Riprendono a ricamare, a testa bassa, in silenzio, per qualche istante)

 

ANGELICA - Non so neanche come ti chiami.

ANNA - Suor Anna. E tu?

ANGELICA - Suor Angelica.

Pausa.

 

ANGELICA - (con un sospiro) Forse c'è una cosa che devo proprio dirti, Anna.

(Anna alza il capo con espressione interrogativa)

 

ANGELICA - Io odio i cavalli.

ANNA - Tutti abbiamo qualcosa che non ci piace. A me per esempio fanno paura i gatti.

ANGELICA – Sarà perché mi obbligavano ad andare a cavallo tutti i giorni, va’ a sapere... Così quando ho visto quel cavallo col carro fermo sul sentiero non ci ho visto più. Ero sola, a parte Pisellone che dormiva sul carro, russando con la bocca aperta. Mi sono avvicinata piano piano. Puzzava di vino e di colonia francese... Allora gli ho tolto la frusta dalle mani, piano piano perché non si svegliasse. Quell'orribile cavallo mi guardava, uno sguardo pieno di odio. Allora gli ho dato una gran frustata sul muso, proprio in mezzo agli occhi. Lui si impennato, poi ha cominciato a correre. Devo averlo mezzo accecato, perché invece di curvare per il sentiero è andato dritto... dritto giù nel burrone. Non so perché cominciai a contare... Al sette ci fu uno schianto terribile, ma io già correvo verso casa...

(Anna guarda Angelica che ricambia lo sguardo. Le due suore restano cos a fissarsi per lunghi, lunghissimi istanti di silenzio. Poi, insieme abbassano il capo ognuna sul proprio bordo di lenzuolo e riprendono a ricamare)

 

ANGELICA - (dopo qualche istante, senza alzare il capo, portando un dito alla bocca) Ahi!...

 

(E' come se Anna neppure l'avesse sentita. Rimane a testa china sul lavoro. Anche Angelica continua a ricamare. In silenzio.

… Dopo qualche istante la rosa blu si piega piano piano sul suo stelo, d’improvviso appassita…)

B U I O

DUE SORELLE - FINE