Duemila anni di purgatorio

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Filomena: Guarda Battista, io ti dico chiaro e netto che sono stanca morta da di andare avanti in questo modo

DUEMILA ANNI DI PURGATORIO

COMMEDIA IN TRE ATTI

Autore

CAMILLO VITTICI

c.vitt@libero.it

Iscrizione S.I.A.E. N.118123

(In caso di traduzione dialettale si prega di specificare alla SIAE il titolo originale dell'opera)

PERSONAGGI

Piero

Gaudenzia

Celestino

Teresa

Don Firmino

Carmela

Capo

Battista

Filomena

Geremia

Marito di Gaudenzia

Moglie del Piero

Marito della Teresa

Moglie del Celestino

Parroco del paese

La Perpetua di Don Firmino

Capo del Purgatorio

Addetto alle pulizie del Purgatorio

Addetta alle pulizie del Purgatorio

Aiutante del Capo

La storia si svolge:

Primo atto: Al Purgatorio

Secondo e terzo atto: Casa del Piero

La storia

Il Piero e il Celestino sono alla spasmodica conquista del magico 13. Tuttavia il Primo, durante un sogno vive l'incubo di trovarsi con gli amici in Purgatorio dove il "Capo" gli offre la possibilità di tornare sulla terra a condizione di devolvere l'eventuale vincita ai poveri del paese. Il 13, infatti, esce…

PRIMO ATTO

FILOMENA: Guarda Battista, io ti dico chiaro e netto che sono stanca morta di andare avanti in questo modo

BATTISTA: Che tu sia stanca non ho dubbi. Che tu sia morta lo credo davvero. Sono ottant'anni che sei qua in purgatorio e tu credi ancora di essere in vacanza sulla terra... Capiscila, Filomena, che noi siamo puro spirito e basta

FILOMENA: A me il puro spirito viene in mente soltanto quando penso a tutti quei bicchierini di grappa che metteva nel caffè al mattino e a mezzogiorno e alla sera e anche...

BATTISTA: E poi sei arrivata qua dritta come una littorina con la cirrosi epatica. Forse è per quello che ti hanno dato così tanti anni qui in purgatorio.

FILOMENA: Certo, perché tu sei arrivato soltanto ieri... Mi hai detto che sono cento anni che ti trovi in questo posto e allora chissà cosa hai fatto sulla terra e chissà quante grappini ti sei bevuto…

BATTISTA: No, bellezza, prima di tutto non sono cento anni, ma solo novantanove e ne devo fare ancora 480 e, in seconda, io i grappini non li ho mai bevuti; mi accontentavo soltanto del fernèt, del rosolio e del Barbera.

FILOMENA: Allora anche tu con la cirrosi epatica...

BATTISTA: Tutto sbagliato, madamigella. Il Battista qui presente è morto onorevolmente in guerra

FILOMENA: Ti hanno sparato i tedeschi?

BATTISTA: Allora non c'erano i tedeschi. Era la guerra dell'indipendenza

FILOMENA: Per la Padania?

BATTISTA: Ma non contare stronzate, Filomena. Allora usavamo le baionette e le bombe a mano ed è stata una di quelle che mi ha fregato

FILOMENA: Ti è arrivata sulla testa?

BATTISTA: No, è stata tutta colpa mia. Mea colpa, mea colpa…

FILOMENA: …Mea massima colpa. Sei ancora ubriaco di rosolio Battista? O pensi ancora di essere a messa?

BATTISTA: No, no, è stata davvero tutta colpa mia. Pensa che il tenente mi stava insegnando a tirare le bombe a mano. Guarda, ti faccio vedere... (Afferra un oggetto con la mano destra). Questa è la bomba e prima di tirarla bisognava staccare la linguetta con i denti. Poi mi ha detto che, dopo averla staccata, dovevo contare fino all'otto.

FILOMENA: E tu come hai fatto?

BATTISTA: Insomma, ho contato fino all'otto... (Conta evidenziando i numeri con la mano sinistra) Uno, due, tre quattro, cinque... (tenendo alzata la mano sinistra si pone l'oggetto fra le gambe e continua a contare con le dita della mano destra) sei, sette, otto e... Baaam! Non avevo ancora detto otto che la bomba è scoppiata. Prima mi è saltato per aria tutto quello che avevo lì sotto e poi gli sono andato dietro anch'io. Mi sono trovato qui al Purgatorio che sembravo una bistecca abbrustolita da tanto che fumavo e che puzzavo di bruciato.

FILOMENA: Anche il Giacomo, povero Cristo, è morto in guerra...

BATTISTA: Quale di Giacomo?

FILOMENA: Quel tale che è arrivato qui una sessantina di anni fa... È morto in Siberia, centrato da una bomba della Maruska...

BATTISTA: Della Katiuscia, vorrai dire...

FILOMENA: Sì, insomma, da uno di quegli affari lì che tirano le bombe. Poveretto, senza mangiare, senza scaldarsi, senza latrina...

BATTISTA: Possibile che in Siberia non ci fossero le latrine?

FILOMENA: No, me l'ha detto proprio lui; in Siberia, quando devono andare..... in quel posto, gli danno due bastoni; uno lungo e uno corto.

BATTISTA: Questa, poi, non l'ho mai sentita! E cosa ne facevano di due bastoni?

FILOMENA: Quello lungo lo piantavano nella neve e lo usavano per appoggiare il pastrano...

BATTISTA: E quello corto?

FILOMENA: Quello corto lo usavano per far scappare i lupi che erano più affamati di loro!

BATTISTA: Certo che per quello che mangiavano saranno andati davvero poche volte in quel posto. E infatti è arrivato qui che era magro come un baccalà e piatto come una particola.

FILOMENA: Sta zitto un momento, Battista. Non ti sembra che stia arrivando qualcuno? Zitto...

BATTISTA: Io veramente penso che per oggi siano già arrivati tutti... (Entra il capo. Un angelo) Buongiorno, signor capo.

FILOMENA: Buongiorno, signor capo.

CAPO: Ciao ragazzi. Ma cosa state facendo ancora qua? Qui, più che lavorare, mi sembra che passiate il vostro tempo a chiacchierare... Cosa credete? Di essere i Paradiso dove se ne stanno là tutto il giorno in poltrona o in piscina?

FILOMENA: È stato il Battista che ha cominciato a raccontare le sue avventure di guerra

BATTISTA: No, invece, è stata la Filomena a darmi il via. Per tener ferma la lingua a questa qua bisognerebbe prendere il filo di ferro e legarglielo assieme alla dentiera

CAPO: Però ora piantatela e andate a preparare il posto a quelli che sono arrivati da poco

BATTISTA: Come, ce ne sono ancora? In quanti sono?

CAPO: Quattro o cinque

FILOMENA: Ma si può sapere perché sono arrivati dopo gli altri?

CAPO: Colpa degli scioperi; l'aereo è arrivato in ritardo

FILOMENA: Ma che vadano al diavolo!

CAPO: Tu, pettegola, guarda che non sei tu che decidi dove devono andare. Se l'ufficio di smistamento ha deciso di mandarli al purgatorio devono venire qui e basta!

UNA VOCE DA FUORI: Permesso...

CAPO: Avanti. E voi due andate a pulire da un'altra parte. (I due escono. Entrano i quattro) Sedetevi qua e state bene attenti a tutto quello che vi dico

PIERO: Celestino, mi sembra di essere tornato ancora a scuola...

CELESTINO: E a me all'oratorio...

CAPO: Intanto incominciamo a dire che qui si parla soltanto quando lo dico io

CELESTINO: Per la miseria, non è che da queste parti ci siano ancora le esse esse...

CAPO: Ancora una parola e ti faccio infilare quella scala lì!

GAUDENZIA: Si potrebbe sapere dove si va a finire se si infila quella scala?

TERESA: All'inferno per caso?

CAPO: Si, proprio all'inferno, se proprio lo vuoi sapere. Adesso state tutti zitti e sedetevi perché incominciamo a fare l'appello

PIERO: A fare l'appello? Ma se siamo solo in quattro?

CAPO: L'appello è obbligatorio e basta! E per non sbagliarci qui siete segnati con i vostri nomi e i vostri soprannomi. Allora… Piero l'avaro...

PIERO: Presente

CAPO: Celestino dei matti...

CELESTINO: Sono io

CAPO: Teresa Mangiagatti...

TERESA: Per servirla...

CAPO: Gaudenzia Bacchettona...

GAUDENZIA: Sono qua anch'io

PIERO: Quand'è che mancherà questa qui? Ce l'ho alle costole da tutta la vita…

GAUDENZIA: Guarda che sarà difficile liberarti di me... pistola!

CELESTINO: Perché la mia scherza... La mia sembra proprio una piattola…

TERESA: E tu a un cane pastore con quella barba mal rasata né profumata

CELESTINO: Per forza, l'unica volta che mi sono messo la crema mi sono accorto che era quella che usi tu per strappare quei grossi peli che hai sulle gambe. Per due mesi mi è rimasta la faccia che sembrava il didietro di un bambino appena nato. I miei amici, all'osteria, ridevano tutti e volevano addirittura avvolgermelo con un pannolino.

TERESA: Prima o poi a te daranno il premio Mobel per le stronzate che stai raccontando...

PIERO: Anche a me, allora, è successo di sbagliarmi. Mi sono messo l'Intima di Carinzia che puzzava non ti dico di che cosa. In compenso ho avuto le narici del naso che sono rimaste pulite per quaranta giorni. Nemmeno una perdita...

CAPO: Basta! Piantatela! Non vi crederete per caso di essere ancora alla vostra casa...

CELESTINO: Appunto, ma si può sapere dove ci troviamo?

PIERO: Veramente alla mia casa non c'è mai stato così pulito...

GAUDENZIA: Per forza; quell'avaro schifoso qui non mi ha mai dato una volta i soldi per comperare lo Spic e Span...

PIERO: Avaro io? Tu non te lo ricordi di sicuro, ma io una volta, quando venivo a morose, ti ho portato perfino i fiori!

GAUDENZIA: Ma se li avevi rubati al cimitero? Pensi, signore, che il giorno in cui ci siamo sposati, in chiesa i fiori li ha portati lui; si era alzato al mattino di buonora ed era andato nel prato a raccogliere le margherite per non pagare il fiorista; ha voluto che indossassi il vestito della mia cugina, la Esterina, perché diceva che era inutile che spendessi i soldi per comprarne uno nuovo perché non ne valeva la pena, tanto era da indossare soltanto una sola volta nella vita. Pensi anche che, per non pagare il prete, aveva chiesto al sacrestano se non potevo sposarci lui, magari a metà prezzo. E la fede da mettere al dito? Mi ci sono voluti due anni per capire che era di ottone, perché quella d'oro costava troppo.

PIERO: Però ti ho comperato anche il frigorifero...

GAUDENZIA: Pensa tu che forza... per farglielo comperare ho fatto per un mese lo sciopero coniugale. Pensate che, se fosse per lui, noi dovremmo tenere ancora il formaggio ed il burro sulla finestra all'aria corrente, perché lui non si fida del frigorifero.

TERESA: Perché non si fida? Dopo tutto non scoppia...

GAUDENZIA: Devi sapere che uno dei suoi problemi più grossi è quello di non riuscire a controllare se, quando chiude lo sportello, la lampadina che c'è all'interno si spegne o rimane accesa. Ne vuoi sapere un'altra? Quando mi sto facendo la doccia, mi da solo cinque minuti di tempo, dopo chiude il contatore dell'acqua e so solo io quante volte sono rimasta lì a tremare di freddo ancora piena di shampo e di sapone.

TERESA: Certo Gaudenzia, che non me l'hai mai detto che era così avaro. E d'inverno? Come fate a scaldare la casa?

GAUDENZIA: Pensa tu, non voleva tenere una capra in cucina? Perché a tenere una mucca la stanza era troppo piccola...

CELESTINO: Ma Piero, e con l'odore come avreste fatto?

PIERO: Beh, dopo tutto la capra si sarebbe abituata...

TERESA: Se vuoi saperlo, anche il mio, allora, non è poi tanto giusto. Prima di andare in pensione lavorava al manicomio. Ne ha combinate più lui che tutti i suoi matti messi assieme. Anzi, se proprio lo vuoi sapere, era più matto di loro

CELESTINO: Cosa vorresti dire tu di me, bella?

TERESA: Boccuccia mia sta zitta!

CELESTINO: Si, la chiama boccuccia... A me sembra una ciabatta...

TERESA: Allora vuoi dire a tutti chi ha fatto scappare quel matto l'anno scorso?

CELESTINO: Per forza... credeva di essere un sapone...

TERESA: E tu cos'hai fatto?

CELESTINO: Insomma, mi era scivolato dalle mani...

TERESA: Racconta allora cosa è successo quando avete portato i vostri matti sull'aereo per portare la squadra a giocare a pallone fino a Roma con i malati di un altro manicomio?

CELESTINO: Insomma, facevano talmente casino che il comandante mi ha chiamato e mi ha detto di farli stare buoni perché l'aereo stava andando un po' di qua e un po' di là, un po' di su e un po' di giù proprio come fosse una giostra

TERESA: E digli allora come hai fatto a farli stare buoni...

CELESTINO: Insomma, ho detto tutti di uscire a fare una passeggiata sulle ali... Infatti il comandante non si è più lamentato

PIERO: Allora vuoi dire che c'erano anche le squadre sportive al manicomio... non lo sapevo proprio

CELESTINO: Certo che c'erano, anche quella di nuoto. Ed è stato uno dei nostri a vincere il campionato qualche anno fa. Povero cristo anche lui... pensate che dieci minuti dopo l'hanno trovato impiccato

GAUDENZIA: Come mai Celestino?

CELESTINO: Perché un altro della squadra, per farlo asciugare meglio, l'ha attaccato ad un chiodo con il filo di ferro...

PIERO: Certo che al manicomio ne dovevano succedere delle belle...

CELESTINO: Pensate che alla fine dell'anno, per sapere quali fossero coloro che erano guariti, il dottore li facevano salire ad uno ad uno sulla tavola e li invitava a fare un bel tuffo in un bicchiere di acqua. Di solito si buttavano tutti e prendevano di quelle botte in testa e venivano dei bernoccoli così alti che sembravano il Monte Bianco. Però, una delle ultime volte, uno non si è buttato e l'hanno lasciato uscire

GAUDENZIA: Meno male che almeno uno era guarito

CELESTINO: Mah, non lo so se era proprio guarito. Io gliel'ho chiesto e mi ha risposto che lui non si era buttato perché non sapeva nuotare e aveva avuto paura di affogare...

CAPO: Ma la volete piantare sì o no? Ve l'ho già detto che qui non siete alla vostra casa

CELESTINO: Appunto, possiamo sapere dove siamo?

CAPO: Questo è il Purgatorio

PIERO: Ma non contare stronzate! Per essere in Purgatorio prima bisogna morire...

CAPO: E voi siete morti!

CELESTINO: E di che cosa, se non le dispiace?

GAUDENZIA: Di varicella?

TERESA: Di morbillo?

PIERO: Di spagnola?

CELESTINO: Di appendicite?

CAPO: No, di gomma, di gomma liscia...

PIERO: Questa malattia non l'ho proprio mai sentita

CAPO: Non è una malattia, ma un incidente. Dove stavate andando in macchina voi quattro?

TERESA: Alla Madonna di Caravaggio... (Si citi un santuario vicino)

CAPO: E l'avete vista la Madonna di Caravaggio?

GAUDENZIA: Io non me lo ricordo...

CAPO: Appunto, non siete mai arrivati. Per colpa di una gomma liscia vi è scoppiata la ruota e siete andati a sbattere contro un muro e siete volati fin su qua dritti come una littorina

TERESA: Per colpa tua, brutta bestia, solo per colpa tua! Te l'ho sempre detto di cambiare le gomme della Cinquecento! Invece di comperare le gomme spendeva tutti i soldi all'osteria con quel cristo qua. Dopo però facciamo i conti!

CAPO: I conti dovete farli con me adesso. Qui dobbiamo stabilire quanto dovrete fermarvi da queste parti prima di volare là dì sopra in Paradiso. Ma ho paura che ce ne vorranno davvero tanti di anni... Geremia, Geremia, porta qua i registri di questi quattro (Entra Geremia molto lentamente e consegna i registri)

PIERO: Questo, con l'andatura veloce e con l'età che ha, ne deve aver fatti parecchi di peccati ai suoi tempi...

GEREMIA: Ci sono tre libri bianchi e uno nero

CAPO: Di chi è quello nero?

GEREMIA: C'è su scritto... Piero.

PIERO: Cosa vuol dire che è nero?

GEREMIA: È il colore dell'anima...

PIERO: Per la miseria, non li avrò fatti tutti io i peccati...

GEREMIA: Tutti no, ma tanti si

PIERO: E per esempio?

GEREMIA: Ci penserà il capo a tirarli fuori. Io vado, allora. Anzi, vi saluto, perché i miei trecento anni ormai sono quasi finiti

CELESTINO: Chissà cos'hai combinato per beccarti trecento anni di Purgatorio...

GEREMIA: Ho sgridato tre volte mia moglie

GAUDENZIA: Povero Piero! Per me da qua non esci più. Con tutte le madonne che mi hai cacciato dietro tutti giorni, qua, come minimo, ti danno l'ergastolo a vita.

PIERO: Ma non c'è un avvocato da queste parti?

GEREMIA: Sì, ce ne sono tanti, ma sono qua anche loro come tutti gli altri. Qui non c'è né giudizio di primo grado, nè l'appello e nemmeno la cassazione. Quello che decide il capo è definitivo. Ciao ragazzi, vi aspetto in paradiso. (Esce)

CAPO: Allora, caro il mio Piero... Diamo un'occhiata a questo libro. Cos'è questa storia che hai imbrogliato il tuo medico con l'Amaro Giuliani?

PIERO: Ma quello non è un peccato. Era solo una medicina. O è un peccato grave quando un povero uomo vuole curare il suo fegato per non prendere la cirosa apatica? Dopo tutto lo dice anche la Bibbia e il Vangelo: visitare i carcerati e curare gli ammalati.

GAUDENZIA: Ma sta zitto Piero e raccontagliela giusta. Anzi, signor capo, gliela racconto io come è stata. Quel pirla qua, quando è andato dal dottore perché l'ho obbligato io ad andare, è venuto a casa con una ricetta, ma siccome non voleva spendere i soldi per andare in farmacia, ha comperato un flacone di Amaro Giuliani che costava di meno. E, quando per strada incontrava il dottore, gli faceva sempre vedere la bottiglietta della medicina che teneva sempre nella tasca della giacca. Il dottore allora gli diceva: bravo Piero, vedrai che in questo modo il tuo fegato andrà certamente a posto. Ma, un bel giorno, non va a sbattere contro un muro con la sua bicicletta e a catapultare dritto filato sull’asfalto? Lei non lo crederà, ma da quella bottiglia rotta, al posto di uscire l'Amaro Giuliani, è uscito il Barbera che lui andava regolarmente a riempire dall'oste. Disgraziato di un disgraziato!

PIERO: A me veramente questo non sembra un peccato grave...

CAPO: Eh, caro il mio Piero, questo invece è davvero grave. Vergogna, tradire in questo modo la fiducia del tuo medico... Per questo scriviamo almeno seicento anni di Purgatorio

PIERO: Brutta faccia di befana! Ma, dico io, c'era proprio bisogno di raccontarlo? Spiona, traditrice, bugiarda, rovina famiglie...

CELESTINO: Però Piero, dovresti raccontare anche di quella volta che hai rubato la tabacchiera al Prevosto...

PIERO: No, quella non l'ho proprio rubata. È stato lui a darmela

CAPO: Sentiamo anche questa...

PIERO: È soltanto uno scherzo che ho fatto a don Firmino quando ero un ragazzino; poveretto anche lui. Quella volta anche lui c'è cascato come un pollo. Ero andato a confessarmi e, intanto che gli stavo raccontando i miei peccati, non vedo lì, sul piano dello sportello del confessionale, la sua tabacchiera d'oro? Bella, lucida, brillava come il sole. Io, in verità, ho cercato di resistere alla tentazione, ma mi sembrava che la tabacchiera mi dicesse: prendimi, prendimi Piero... Senza che io lo volessi, il braccio si è allungato, la mano l'ha presa ed è andata a finire dritta dritta nella mia tasca. Però, nello stesso momento, ho sentito che la mia coscienza brulicava tutta come un nido di formiche: cosa hai fatto Piero, mi diceva, proprio al tuo Prevosto? Non sapevo proprio come fare per uscire da quella situazione. Allora, proprio nel momento in cui stava per darmi l'assoluzione, gli dico: si fermi signor Prevosto, m'è venuto in mente un altro peccato. Raccontami, Piero. E io: ho rubato una tabacchiera d'oro. Devi darla subito al suo padrone altrimenti non posso darti l'assoluzione. E allora io gli dico: la vuole lei don Firmino? Se vuole che la consegni a lei deve solo dirmi di sì. Ma no che non la voglio Piero, ti ho già detto che devi consegnarla al suo padrone. Ma, signor Prevosto, il suo padrone mi ha detto che non la vuole... E lui mi ha risposto: e allora tienila tu, salame! Ed è per quello che io ho la coscienza a posto. Però, tu, rospo, potresti anche startene zitto. Guarda che magari questo adesso è capace di darmi altri cento anni di Purgatorio...

CAPO: No, per questo cento anni mi sembrano troppo pochi. Facciamo quattrocento!

PIERO: Certo che ti credevo proprio un amico...

GAUDENZIA: Digli allora cosa hai fatto alla tua Gaudenzia quel giorno che sei arrivato a casa dal lavoro tutto bagnato e affogato...

PIERO: Quella volta le è stata proprio bene. Quel giorno ero tornato a casa dal lavoro stanco morto e tutto grondante di acqua. Pensate che mi era andata a finire perfino nelle tasche. Entro in cucina e la Gaudenzia è lì che mi aspetta con il secchio in mano e mi dice: Piero, va' a prendere l'acqua alla fontana del cortile perché tanto, anche se piove, sei già bagnato. Ho preso il mio secchio, sono andato alla fontana, l'ho riempito tutto fino al bordo e sono tornato in casa. Come entro in cucina, prendo il secchio e glielo vuoto tutto addosso. "Adesso che sei bagnata anche tu, l'acqua te la vai a prendere tu!". E va bene, ho già capito che da qua non uscirò più...

CAPO: Perché, non stai bene qui?

PIERO: A pensarci bene non c'è tanto male. Si sente anche una bella musica che viene da sopra il soffitto

CAPO: Stanno facendo una festa proprio sopra di noi

PIERO: Si può sapere cosa c'è lì di sopra?

TERESA: Capiscila Piero, se questo è il purgatorio, di sopra ci sarà il paradiso...

PIERO: Ostrega, adesso capisco perché ho i piedi tutti caldi. Vorresti dire che qui sotto...

TERESA: Che qui sotto ci sarà l'inferno

GAUDENZIA: (Si fa il segno della croce). Madonna mia signore, allora esiste davvero l'inferno! E tu Piero che mi dicevi di non dare troppo ascolto al Prevosto e che l'inferno e il diavolo assieme erano rappresentati dalla tua Gaudenzia

CAPO: Ottocento! Ottocento anni per questa mancanza di fede!

PIERO: Ma possibile che non si possa proprio far nulla per farmi un po' di sconto? Dopotutto qualche opera di bene l'ho fatta anch'io...

CAPO: E quali, per esempio? Qui non c'è segnato proprio nulla...

PIERO: Una mattina di buonora esco dal cancello del cortile e vedo un povero che stava mangiando l'erba sul ciglio della strada. Gli dico: "Perché mangi l'erba?", "Perché ho fame", "Allora vieni dentro da me".

CAPO: Gli hai dato un panino? È un pezzo di formaggio? Una fetta di polenta?

PIERO: Veramente gli avevo detto di entrare perché in quel pezzetto di prato che c'è davanti alla casa l'erba era più alta...

CAPO: Per questo ancora una montagna di anni! E così siamo arrivati a duemila!

PIERO: Cosa? Duemila anni di purgatorio? Ho già capito; vi siete messi tutti d'accordo per lasciarmi qui da solo e voi, intanto, andrete tutti di sopra a fare festa e io qua; andrete magari a mangiare, e io qua; a bere, e io qua; a ballare, e io qua, e io sempre qua... Ma insomma è mai possibile che non si possa fare niente per me, per darmi una mano?

CAPO: Guarda Piero, tu devi essere proprio nato con la camicia...

PIERO: Ma quale camicia? In canottiera e calzini bucati vorrai dire. Perché sarei nato con la camicia?

CAPO: Giù sulla terra stanno facendo il Giubileo e in questa occasione danno la possibilità ai peccatori di convertirsi. Basta soltanto fare un'opera di bene...

PIERO: Mille, duemila, diecimila opere di bene farò! Costruirò una cattedrale in fondo al paese, regalerò una croce tutta d'oro al mio Prevosto, quando passerà il sacrestano a fare la cerca metterò nella cesta una cartella da diecimila...

CAPO: Piano, Piero, piano. Non c'è proprio bisogno di fare queste cose che tu naturalmente non potresti fare. Guarda, fai così, torna sulla terra e regala ai poveri tutti i soldi che hai in tasca. Basta solo quello...

PIERO: Allora so già come va a finire; insomma, io di soldi in tasca non ne ho mai nemmeno uno…

CAPO: Ascolta Piero. Già che ho fatto trenta farò anche il trentuno. Stura bene le orecchie perché dopo non te lo ripeterò più. Ti do tredici risultati tutti giusti di una schedina; ritorna sulla terra, giocala e quello che vincerai dallo tutto i poveri; d'accordo?

PIERO: D'accordo

(Il Capo si avvicina al Piero e gli sussurra qualcosa all'orecchio)

CAPO: Capito tutto? Ti ricorderai?

PIERO: È come se l'avessi inchiodato nel cervello

CAPO: Allora parti, va!

PIERO: (Abbraccia tutti). Ciao ragazzi, vi saluto. Vado, faccio il mio dovere e ritorno subito. Aspettatemi! (Fa le corna non visto. Esce. Gli altri lo salutano sventolando fazzoletti).

SECONDO ATTO

(La scena è di una comune stanza di una casa modesta. Il Piero dormiveglia agitatissimo su un divano)

PIERO: No... no... 2000 anni no... sono troppi... troppi... almeno 100 di meno... non ho fatto niente io... 2000... 2000 anni...

GAUDENZIA: (Entrando) Ma si può sapere cos'ha il mio Piero stamattina? Per me la trippa di ieri sera deve essersi fermata sullo stomaco e i peperoni di traverso il duotreno. E sì che voleva stare leggero... L'altra sera, invece, ha voluto mangiare in bianco: gnocchi e spaghetti aglio e olio. Per non parlare di quando vuole che io gli prepari qualcosa di brodoso perché non ha digerito il pranzo del mezzogiorno; allora si accontenta di pastasciutta e lasagne...

PIERO: Basta... basta... io vado via da qua... non voglio fermarmi qui 2000 anni...

GAUDENZIA: Ma si può sapere cosa sta tirando assieme il mio Piero? Tu, pistola, svegliati! (Lo scuote). Questo sta fermo nemmeno quando russa

PIERO: Signor capo... signor capo...

GAUDENZIA: Mah, finora mi ha sempre detto che il capo qui era soltanto lui, ma se ha cambiato parere mi fa proprio piacere. Lui sarà il capo, ma, alla fine, è sempre la donna che comanda…

PIERO: Io scappo... io scappo da qualche parte... lontano... lontano...

GAUDENZIA: Ma dove vorrà andare senza la sua Gaudenzia? Povero pirla, per me è stata proprio la trippa. (Lo scuote) Piero... Piero...

PIERO: :   (Svegliandosi di soprassalto) Ah! Chi è? Chi va là?

GAUDENZIA: Chi deve essere? Non hai mai visto il muso della tua Gaudenzia?

PIERO: Gaudenzia... sei proprio tu Gaudenzia..? Cosa fai qua anche tu?...

GAUDENZIA: Ma se è una vita che sono qui a sopportarti? Dove vuoi che sia stata? Alle Maurizio? Alle Ovaie? Alle Sescelle? A fare il giro del mondo in bicicletta? Al mare dei coralli? L'unica volta che ti detto che mi sarebbe piaciuto vedere il mare mi hai portato a casa una cartolina che hai fregato dal barbiere per farmi vedere com'era...

PIERO: Mah... Allora... allora non ti hanno tenuto su...

GAUDENZIA: Piero... sta quieto Piero... Calmati Piero...

PIERO: Quanti anni ti hanno dato? 500? 1000? 1.500?

GAUDENZIA: Piero... piantala una buona volta!

PIERO: Allora anche tu come Lazzaro...

GAUDENZIA: Sarai tu il Lazzaro, anzi, un lazzarone che continui a dormire tutto il giorno

PIERO: Ma allora... E il Celestino e la Teresa? O quelli sono morti davvero?

GAUDENZIA: Guarda Piero, se non ti svegli del tutto, ti picchio questa padella sulla testa e un morto ci sarà di sicuro anche in questa casa...

PIERO: Si può sapere perché non sei vestita ancora di bianco?

GAUDENZIA: Perché l'unica volta che mi sono vestita di bianco è stato, per mia disgrazia, il giorno che ti ha sposato, pirla. Perché, devo mettermi l'abito da sera bianco per andare a giocare a tombola all'oratorio? E tu, magari, signor barone, con la giacca e il papilloma sul colletto?

PIERO: Aspetta Gaudenzia, qui c'è qualcosa che non quadra...

GAUDENZIA: È il tuo cervello che non quadra!

PIERO: Veramente anch'io ho ancora addosso i miei pantaloni...

GAUDENZIA: Perché, cosa credevi di avere addosso? La minigonna? I fuso?

PIERO: Non scherzare tanto tu, altrimenti ti becchi almeno 100 anni di più...

GAUDENZIA: E magari anche l'ergastolo a vita...

PIERO: Hanno dato anche te la schedina da giocare?

GAUDENZIA: No, i numeri del lotto, ma sei tu a darmeli: 88 il matto in casa, 42 l'addormentato e il 44 l'assassinato con un colpo di padella sulla testa

PIERO: E allora mettici anche il 56

GAUDENZIA: Perché il 56?

PIERO:  Il risuscitato!

GAUDENZIA: Tu Piero sei diventato matto tutto di colpo. Sarà meglio che chiami il Celestino che lui di matti se ne intende. (Va alla porta). Celestino... Teresa...

PIERO: Allora sono ritornati anche loro due...

GAUDENZIA: Sì, da Caravaggio, dove sono andati a fare una novena per i poveri morti

PIERO: Telefonagli subito, digli di stare attento alle ruote, di cambiare copertoni, di pomparli bene, di stare attenti i muri, di...

GAUDENZIA: Se adesso non ti calmi ti pompo io qualcosa, ti faccio venire due occhi come due palline da tennis! E già che ci sei sta anche attento perché se vai avanti così io ti mando subito al manicomio.

CELESTINO: (Entrando) Chi ha parlato di manicomio? Qui ci sono soltanto io che posso parlare di manicomio...

TERESA: Infatti, quando il mio Celestino parla di qualcosa parla solo di manicomio e dei suoi matti

GAUDENZIA: Allora vieni subito qua che c'è del materiale per te

CELESTINO: Ditemi tutto. C'è qualche matto da queste parti?

GAUDENZIA: Sì, e di quelli giusti. Il tuo amico Piero

PIERO: Calmi, calmi brava gente. Adesso sedetevi tutti che devo raccontarvi una cosa che è successa a me e a voi

TERESA: Anche a noi?

PIERO: Anche voi. Siamo arrivati tutti i quattro in Purgatorio...

GAUDENZIA: Sì, siamo arrivati là in bicicletta o col motorino...

CELESTINO: Magari con la mia Cinquecento...

PIERO: Siamo arrivati su e basta! Il capo ha condannato subito me a duemila anni

TERESA: Ne devi aver fatti di peccati allora Piero... A noi, invece, avranno dato un paio di ali ciascuno e siamo volati come tortorelle in paradiso. È così Piero?

GAUDENZIA: Per me è stata la trippa di ieri sera che gli si è inchiodata sullo stomaco e gli ha fatto venire un'ulcera trifolata…

PIERO: No Gaudenzia, non scherzare con santi; è tutto, tutto vero

CELESTINO: Io non mi sono mai sognato di andare al Purgatorio... Una sola volta mi sono sognato di queste cose. Mi avevano mandato all'inferno, ma vi assicuro che era un posto meraviglioso: faceva un bel caldino, c'erano le donne tutte nude...

TERESA: Smettila sporcaccione! Non ti basta la tua Teresa?

CELESTINO: Veramente sei un po' passata di età... Magari dovrei dividerti in due, ecco, due di trent'anni insomma...

PIERO: Ma non è stato un sogno! Vi dico e vi ripeto che è tutto vero

CELESTINO: Devi esserti sognato Piero, è l'unica spiegazione

PIERO: E io come faccio a essere sicuro che non è vero e che mi sono solo sognato?

TERESA: Io direi di parlarne al Prevosto. Lui di queste cose se ne intende...

CELESTINO: Anch'io dico che una buona idea quella di parlare al Prevosto. Anzi, vado subito chiamarlo...

PIERO: Fermati Celestino. Già che stai uscendo, passa al bar qui di fronte e giocami la schedina

GAUDENZIA: La schedina? Ma se non hai mai giocato al Totocalcio...

PIERO: E invece questa volta gioco. E sono sicuro di vincere. Cosa costa la schedina Celestino?

CELESTINO: Duemila lire

PIERO: Accidenti, è così cara? Non vorresti per caso giocarla in società con me?

CELESTINO: Se proprio vuoi... la giocherò con te

PIERO: Allora prende un foglio di carta e scrivi i risultati che ti detto. (Si mettono da parte su un tavolino e Piero detta i risultati mentre le donne continuano a parlare)

GAUDENZIA: Teresa, per me al Piero deve essere venuta l'artrosi al cervello

TERESA: A meno che non gli sia scoppiata la vena ortica...

GAUDENZIA: E se fosse un cactus cerebrale?

TERESA: Non è invece che sia tirchio nervoso?

GAUDENZIA: E se invece avesse preso una di quelle malattie moderne, come si chiama?, ah... l'aiax..., no l'aidis…

TERESA: Gaudenzia... non sarà invece l'effetto della merlopausa?

GAUDENZIA: Mah, può darsi benissimo che gli abbia preso la testa, perché dalle altre parti funziona ancora come un treno, ma non come un accelerato, ma come un direttissimo...

TERESA: Anche il mio Celestino allora va come un treno, ma come quelli di una volta però, quelli a vapore per intenderci. Ciuf, ciuf, ciuf, pssssss… Ciuf, ciuf, ciuf, pssssss… Insomma, si ferma in tutte le stazioni a fare acqua... Forse sarà colpa della prostica... Ma il tuo Piero non è mai stato dal dottore?

GAUDENZIA: Una volta l'ha incontrato per strada e gli ha chiesto di dargli una cura perché aveva sempre i nervi a fior di pelo e il dottore gli ha dato delle pastiglie da prendere a stomaco pieno lontano dai pasti e poi gli ha anche detto di avariare la dieta perché mangiava tutte cose piene di polistirolo e di tricicli.

TERESA: Hai mai pensato di fargli fare i raggi al tubo dirigibile?

GAUDENZIA: Io penso che sarebbe meglio fargli fare un radiodramma al cervello. Povero Piero, ho proprio paura che il suo cervello si sia trasformato in acqua sporca...

TERESA: Però, se vogliamo ben vedere, ragiona; poco, ma ragiona ancora

CELESTINO: Piero, guarda che il Milan vince con l'Atalanta...

PIERO: E tu invece scrivi uno. Sono sicurissimo. Il capo non sbaglia mai

CELESTINO: Chi sarà poi questo capo...

GAUDENZIA: Senti Teresa, ora devo uscire. Devo andare a comperare le uova per fare la frittata al Piero. Vieni anche tu?

TERESA: Vengo anch'io perché, se sto qua ancora un po' con questi due, divento scema anch'io

CELESTINO: Allora Gaudenzia, giacché esci, giocala tu la schedina. Prendi, questi sono i risultati. Devi solo copiarli e basta. Fuori i soldi Piero (Piero di consegna le mille lire). E queste sono le mie mille. Pronti Gaudenzia!

PIERO: Ti raccomando Gaudenzia, compera appena un uovo e non uno di più...

GAUDENZIA: Come si farà fare una frittata per due con un uovo appena...

PIERO: Basta metterci tanti spinaci...

GAUDENZIA: Andiamo Teresa, altrimenti questo mi insegna a fare la frittata anche senza le uova. Anzi, mentre io gioco la schedina, tu passa a chiamare il Prevosto e digli di venire qui perché c'è un caso grave. (Le donne escono)

CELESTINO: Piero, io, di questa storia, continuo a non capirci niente. Non hai mai preso degli spaventi di notte?

PIERO: L'unico spavento che ho preso di notte è stata la prima notte quando mi sono sposato. Mi si è presentata davanti agli occhi la Gaudenzia con la testa piena di bigodini. Mi era sembrato di andare a letto con la torre Eiffel...

CELESTINO: Anch'io allora alla prima notte mi sono trovato davanti la Teresa con la maschera di bellezza. Aveva su una strato di nero che mi sembrava di andare a letto con una marocchina

(Entra Gaudenzia con don Firmino)

GAUDENZIA: Neanche a farlo apposta il signor Prevosto stava passando qui davanti...

CELESTINO: Riverisco signor Prevosto. Beh, allora io scappo, saluto tutti. (Esce)

GAUDENZIA: Venga, venga reverendo. Mi scusi, ma forse lei riuscirà a capire cosa sta succedendo al mio Piero. (Lo fa sedere)

PIERO: Riverisco don Firmino. Devo dirle una cosa delicata e personale. Tu Gaudenzia va di là in cucina a lavare i piatti. Ma mi raccomando, consuma poca acqua... e non grattarle molto le padelle altrimenti si consumano... Bisogna proprio dire tutto a quella lì...

GAUDENZIA: Sarà fatto mio signore e padrone! Ogni suo ordine è un mio desiderio! (Gaudenzia esce)

DON FIRMINO: Allora Piero, si può sapere cosa ti sta succedendo?

PIERO: Signor Prevosto, lei crede al Purgatorio?

DON FIRMINO: Ma per chi mi hai preso? Per un eretico? Certo che credo al Purgatorio, come credo al paradiso e all'inferno

PIERO: Del paradiso e dell'inferno ne parleremo dopo. A me, per ora, interessa solo il Purgatorio

DON FIRMINO: Ma perché a te interessa il Purgatorio?

PIERO: Perché... perché... perché io ci sono stato

DON FIRMINO: Ah sì? E quando ci saresti stato?

PIERO: Questa notte

DON FIRMINO: E che strada avresti fatto per arrivarci?

PIERO: La più corta. Da qua a là dritto come una littorina, anzi come una Cinquecento

DON FIRMINO: Ma guarda che per andare al Purgatorio prima bisogna morire e mi sembra che tu invece stia bene

PIERO: Sono morto e sono resuscitato

DON FIRMINO: Come Lazzaro, allora...

PIERO: Anche Lazzaro è stato al Purgatorio?

DON FIRMINO: Lascia perdere Piero. Ma dimmi un po', non sei mai stato dal dottore a farti visitare la testa?

PIERO: Ho già capito: anche lei come la mia Gaudenzia

DON FIRMINO: Sé è solo per quello porto una gonna anch'io, è soltanto un po' più lunga...

PIERO: Posso raccontargliela questa storia o devo andare subito al manicomio?

DON FIRMINO: Allora sentiamola questa storia

PIERO: Io gliela racconto, ma voglio farlo in confessione

DON FIRMINO: Perché dovrei confessarti e proprio qui in casa tua?

PIERO: Perché almeno non va a raccontarlo a nessuno e tanto meno alla sua perpetua, la Carmela. Lo sa anche lei che razza di pettegola ha in canonica… E anche perché quel tale lassù mi farà un po' di sconto...

DON FIRMINO: Va bene, allora incomincia a raccontarmi tutto, ma proprio tutto, altrimenti la confessione non è valida. Allora, chi sarebbe quel tale... lassù?

PIERO: Il capo, almeno... tutti lo chiamano così

DON FIRMINO: E cosa che avrebbe detto questo capo?

PIERO: Più che quello che mi ha detto è quello che mi ha dato...

DON FIRMINO: E cosa ti ha dato?

PIERO: Duemila anni di Purgatorio

DON FIRMINO: Briscola, ne devi aver fatti di peccati allora... Allora tu devi raccontarmeli tutti se vuoi che ti assolva. Dai, attacca...

PIERO: Certo che se devo raccontarli proprio tutti ci vorrà almeno una settimana...

DON FIRMINO: Allora raccontami almeno i più grossi

PIERO: Il primo è stato quando avevo sette o otto anni. La mia zia Giacomina aveva appena partorito e lo zio stava arrivando per vedere la prima volta il suo bambino. Mentre la zia Giacomina gli andava incontro, io ho preso lo scatolina del lucido nero delle scarpe e gli ho pitturato tutto il muso. Quando lo zio è entrato e ha visto che gli era nato un bambino tutto nero ha dato tante di quelle botte alla zia che è diventata nera anche lei e le ha detto tante di quelle parole... puttana, traditrice, anche con i marocchini me l'hai fatta!

DON FIRMINO: Certo che quella è stata proprio grossa. Sei pentito?

PIERO: Pentitissimo!

DON FIRMINO: E dopo?

PIERO: Dopo è toccato al Sanguetti

DON FIRMINO: Chi è il Sanguetti?

PIERO: Il mio compagno di scuola, in quinta. Lo conosce anche lei. È il figlio del Sanguetti...

DON FIRMINO: Per forza, di solito i figli si chiamano come il padre... E cosa hai fatto al Sanguetti?

PIERO: Lei lo sa che ha un occhio di vetro... Lui aveva sempre dieci in condotta perché era l'unico che stava sempre molto attento alle spiegazioni della maestra e a me questa storia dava parecchio fastidio

DON FIRMINO: Perché stava sempre attento?

PIERO: No, non per quello, ma perché era soltanto un imbroglio. Si appoggiava al banco, copriva con la mano l'occhio buono e teneva ben aperto quello di vetro e intanto si faceva delle grandi dormite e la maestra era convinta che continuasse a guardare a lei. Ecco il perché del dieci in condotta. Una volta, però, si era messo a russare. Allora io ho detto alla maestra: "Maestra, il Sanguetti dorme". Ed è stato proprio lì che è scoppiato il putiferio. La maestra gli ha dato uno spintone e lui è caduto a terra lungo e disteso. È rimasto così male, ma così male e si è arrabbiato tanto e poi tanto che si è tolto l'occhio di vetro e l'ha lanciato contro la maestra. L'hanno sospeso per un paio di mesi e lui, per ripicca, non è più tornato a scuola

DON FIRMINO: Pentito?

PIERO: Pentitissimo! E poi una volta l'ho fatta anche a lei, signor Prevosto...

DON FIRMINO: A me?

PIERO: Sì, proprio lei. Però sono pentitissimo!

DON FIRMINO: E potrei sapere cosa mi hai combinato?

PIERO: Le ho nascosto nel suo confessionale le mutande e il reggipetto della mia prima sorella

DON FIRMINO: Adesso capisco perché la Carmela è arrivata in canonica tutta scandalizzata, me li ha messi sul tavolo e mi ha detto: "Si vergogni!". Ah, sei stato tu. Brutto malnato, figlio di... Gesù e di Maria...

PIERO: Non si arrabbi don Firmino, potrebbero scoppiargli le corone del cuore...

DON FIRMINO: 1, 2, 3, 4, 5, 6...

PIERO: Cosa sta facendo signor Prevosto?

DON FIRMINO: Conto fino al dieci per calmarmi... Ascolta Piero. È inutile che tu parta da Adamo ed Eva a raccontarmi i tuoi peccati. Sarà meglio che tu mi racconti almeno quelli che hai fatto quando avevi la facoltà della ragione, ammesso che tu l'abbia, o almeno quelli più recenti

PIERO: Don Firmino, lei lo sa che la Adalgisa, la mia figlia, si è sposata da un paio di anni...

DON FIRMINO: Guarda che io non voglio sentire i peccati dell'Adalgisa, ma i tuoi...

PIERO: E allora mi lasci proseguire. Quando la mia Adalgisa usciva con il suo moroso la sera, siccome dei ragazzi moderni non ho tanta fiducia, io, senza farmi vedere, le mettevo tutte le mattine la pillola anticongestionale nel caffè...

DON FIRMINO: Dopo tutto questo lo facevi con buone intenzioni... Ma possibile che tu, così avaro come sei, spendessi i soldi per comprare la pillola?

PIERO: Le comperavo a metà prezzo dal farmacista

DON FIRMINO: Perché a metà prezzo?

PIERO: Perché erano quelle scadute, ma lui, il farmacista, mi diceva che funzionavano ugualmente. Però io non lo sapevo, come mi ha detto poi la Adalgisa, che tutte le sere ne prendeva una anche lei

DON FIRMINO: Più sicura di così... Due pillole al giorno...

PIERO: Ma non è tutto... La mia Gaudenzia un giorno mi ha confessato che anche lei tutti i giorni gliene metteva una nella minestra a mezzogiorno. Adesso ho paura che quelle pillole stiano ancora facendo effetto perché non ha ancora tirato assieme nemmeno un figlio...

DON FIRMINO: Ascolta Piero. Questi non sono dei veri peccati e sta' pur sicuro che per questi non vai né all'inferno né al Purgatorio

PIERO: E invece io al Purgatorio ci sono stato!

DON FIRMINO: E allora si può sapere cosa ti hanno detto al Purgatorio?

PIERO: Di ritornare sulla terra e di dare tutti i soldi ai poveri

DON FIRMINO: Certo che per te deve essere un grande dolore...

PIERO: Il fatto è che il capo mi ha dato una schedina da giocare e tutti i soldi che vincerò dovrò darli agli altri

DON FIRMINO: Se fosse vero quello che dici basterebbe darli alla Chiesa, insomma… a me e saresti apposto...

PIERO: Ma, veramente mi ha detto di darli ai poveri, non al don Firmino... No, penso proprio che lei, signor Prevosto, non patisca la fame... è grassottello... anzi, se la chiamano don palanca...

DON FIRMINO: Cos'hai detto?

PIERO: Che lei è... più segreto di una banca...

DON FIRMINO: Ah, certo che tu alla tua parrocchia non hai mai dato niente. L'unica volta che il sacrestano ti ha visto mettere mille lire nel cestino della questua mi ha detto che ne hai voluto indietro cinquecento...

PIERO: Vede, don Firmino, io non sono avaro, io sono parsimonioso. Guardi, signor Prevosto, che io sono cresciuto in una famiglia di dodici figli e a pranzo mangiavamo patate arrostite sotto la cenere del fuoco e alla sera castagne bollite. Quando mia mamma doveva comperarmi le scarpe della festa, me le faceva fare sempre più lunghe di due misure, così mi sarebbero andate bene almeno per un paio di anni. Un paio di anni dopo, però, quando finalmente erano diventate della mia misura, erano talmente rovinate che si lasciavano andare come cartone nell'acqua. E allora mi faceva fare un'altra volta le scarpe più lunghe di due misure. Insomma, don Firmino, non ho mai potuto indossato le scarpe che mi andassero bene. E così è stato anche per il pane. Prima di mangiare quello fresco, bisognava finire quello duro del giorno prima. In quel modo il giorno dopo era diventato duro anche quello fresco. Insomma, per tenerla corta, non ho mai potuto assaggiare com'era il pane fresco.

DON FIRMINO: Guarda Piero, i tuoi sono tutti peccati veniali e io penso che quando tu andrai davvero in Purgatorio in quattro e quattr'otto partirai per il paradiso.

PIERO: Ma la vuole capire sì o no che io sono già stato da quelle parti? Possibile che non mi creda nessuno?

DON FIRMINO: Che ti credano o no non è un problema. Vuoi lasciare tutti i soldi ai poveri? E tu fallo! Vorrà dire che al Purgatorio non farai più nemmeno un giorno. Ego te absolvo a peccatis tuis, in nomine patris et filio et Spirito santo. Amen. Per penitenza, appena vedrai la tua Gaudenzia, le dirai  qualche parola dolce, perché tu, di quelle, non devi mai avergliene mai  detta una da quando vi siete sposati. E adesso ti saluto perché si è fatto tardi e la mia Carmela, se non arrivo per tempo a mangiare, brontola come una pentola di castagne. Ciao e vai in pace.

PIERO: Amen. (Don Firmino esce)

GAUDENZIA: (Dapprima occhieggia dall'uscio, poi, vedendo chi il Piero è solo, entra) Allora?

PIERO: Allora... Allora che cosa?

GAUDENZIA: Tutto a posto?

PIERO: Apposto un bel niente! Non ci ha creduto nemmeno lui. Però, in compenso, mi ha confessato

GAUDENZIA: Scommetto che quando ti sei confessato l'ultima volta è stato quando ci siamo sposati. E chissà che penitenza ti ha dato...

PIERO: Ostrega, non me la ricordavo più la penitenza. Ah, si... (Si avvicina alla Gaudenzia. Con fare dolce...). Zucchero, miele, caramelle…

GAUDENZIA: Piero, sei sicuro di star bene? Cos'è questa storia dello zucchero, del miele e delle caramelle?

PIERO: È la penitenza Gaudenzia...

GAUDENZIA: La penitenza?

PIERO: Sì, proprio quella. Mi ha detto, appena ti avessi visto, di dirti qualche parola dolce...

GAUDENZIA: E allora sai cosa ti rispondo? Caffè senza zucchero, aceto, fernèt e... aranciata amara! Parole dolci... Certo che alla tua Gaudenzia non sei mai stato capace di dirgliele le parole dolci

PIERO: Guarda che con quelle non la riempi la pentola della minestra...

GAUDENZIA: Ma riempiresti il cuore della tua donna. Guarda che sarebbe un modo di avere qualche anno in meno di Purgatorio...

PIERO: Allora, proprio per quello, ti farei una dichiarazione d'amore seduta stante. Siediti sulla seggiola. (Si inginocchia davanti alla Gaudenzia). Allora... aspetta un attimo che tiro assieme le parole giuste... Gaudenzia, bella gnocca... donna conturbante...

GAUDENZIA: Guarda Piero che io il turbante non l'ho mai messo sulla testa...

PIERO: Tu sei il mio amore spampanato... Quando vedo le palle dei tuoi occhi mi sembrano due uova al burro, così buone, gialle e saporite...

GAUDENZIA: Adesso è diventato un poeta...

PIERO: Il tuo Piero è un uomo che s'offre

GAUDENZIA: Perché soffri?

PIERO: Zitta Gaudenzia altrimenti mi scappa l'ispirazione. Dove sono arrivato? Ah... Il tuo Piero è un uomo che s'offre. Esse, apostrofo, offre. Che s'offre di assisterti per tutta la vita finché la morte non ti separi da lui. E quando sarai morta...

GAUDENZIA: (Si alza, mentre il Piero rimane in ginocchio). Piano, piano Piero... guarda che in questo mondo sono più le vedove dei vedovi...

PIERO: Ma io sono come Lazzaro: come muoio ribatto subito indietro! (Entra Teresa)

TERESA: Piero, cosa fai in ginocchio? Ti è comparso la madonna? O dopo il Purgatorio sei andato anche in paradiso...?

GAUDENZIA: Ne vuoi sapere una, Teresa? Pensa che il Piero mi stava facendo una dichiarazione d'amore...

TERESA: Non lo sapevo che foste ancora in luna di mele... Pensavo almeno che qui, di matti, ce ne fosse solo uno...

PIERO: (Si alza). E invece qui di matti non ce n'è nemmeno uno. Guarda che quello che dice il Piero è tutta verità.

TERESA: Anche la storia del Purgatorio?

PIERO: Anche quella. Anzi, se proprio lo volete sapere, il Capo mi ha dato una schedina sicura. Dovete soltanto attendere fino a domani quando finiranno le partite. E allora vedrete con le palle dei vostri occhi se ho detto o no la verità. Donne di poca fede... Riderà bene chi riderà ultimo!

TERZO ATTO

(La scena è la stessa del secondo tempo)

GAUDENZIA: Piero, Piero, sei sveglio Piero?

PIERO: Come farò a essere sveglio se sto dormendo

GAUDENZIA: Guarda che chiedere è lecito, rispondere è cortesia

PIERO: Cortesia sarebbe quella di lasciar dormire la gente che sta dormendo

GAUDENZIA: Ma allora... dormi o sei sveglio?

PIERO: Ti ho detto che sto dormendo o sei sorda?

GAUDENZIA: Ma se non ti sento russare...

PIERO: Prova a chiedere a un avvocato se c'è una legge che dice che quando uno sta dormendo è obbligatorio che russi...

GAUDENZIA: Allora stai dormendo...

PIERO: Ci voleva tanto a capirlo...

GAUDENZIA: Guarda, però, che adesso ti devo svegliare

PIERO: Perché devi svegliarmi?

GAUDENZIA: Perché sono già le cinque e le partite sono quasi finite

PIERO: Allora svegliami

GAUDENZIA: Piero, Piero, svegliati!

PIERO: Ma si può sapere perché mi hai svegliato?

GAUDENZIA: Te l'ho già detto prima, li vuoi sentire o no i risultati delle partite?

PIERO: Già, è proprio vero. Cosa aspettarvi a svegliarmi? Intanto tu chiama subito il Celestino perché la schedina l'abbiamo giocata assieme

GAUDENZIA: Ma perché hai voluto giocarla con il Celestino?

PIERO: Perché almeno ho risparmiato la metà. Invece di duemila lire ne ho spese appena  mille e con le altre mi sono comperato le sigarette

GAUDENZIA: Bravo pirla, così se per caso vinceste dovrai fare a metà con lui

PIERO: Ma... io spero soltanto che il capo mi abbia dato una schedina sicura. Devo raccontartela ancora la storia del Purgatorio?

GAUDENZIA: No, per carità, l'ho già imparato tutta a memoria. Quella mi è proprio piaciuta... il mio Piero è andato a finire in Purgatorio... Se tu mi avessi detto che eri andato all'inferno ti avrei creduto già di più. Avaro della madonna! E poi mi hai detto che c'ero anch'io, il Celestino e la Teresa. Dove andrai a inventarle poi... (Si affaccia alla porta e chiama) Celestino!

CELESTINO:   (Da fuori) Ohhh

GAUDENZIA: Vieni qua che ti chiama il Piero. Non ti ricordi più che dovevate diventare milionari? Poveri pirlotti anche voi... Scommetto che avete già ordinato una Mercede ciascuno e anche una cavatappi...

PIERO: Intanto non si chiama Mercede, ma Mercedes e kavasaky, non cavatappi...

GAUDENZIA: Ad ogni modo, se tu dovessi vincere, è giusto che tu ti prenda la Mercedes. Dopo tutto lo dice anche il Vangelo

PIERO: Cosa dice il Vangelo?

GAUDENZIA: Dare la Mercedes agli operai

PIERO: Ma io non sono un operaio, sono solo un pensionato...

GAUDENZIA: Meglio ancora; allora una Ferrari

PIERO: Così andrei a finire in un canale...

GAUDENZIA: Quello sì che sarebbe pericoloso...

PIERO: Perché?

GAUDENZIA: Perché se tu dovessi bere l'acqua del canale moriresti di sicuro. Tu bevi soltanto vino... E poi, mantenere una Ferrari non è come mantenere una mucca o una capra...

PIERO: Allora farò come il Celestino...

GAUDENZIA: Perché, come fa il Celestino?

PIERO: Lui ha trovato il sistema di pagare la benzina allo stesso prezzo che la pagava vent'anni fa

GAUDENZIA: E allora?

PIERO: Allora... Vent'anni fa andava al distributore con la sua Cinquecento e diceva: "20.000 di benzina" e oggi fa esattamente lo stesso. Va lì e gli dice: "20.000 di benzina" e paga esattamente la stessa cifra. E poi chi ti dice che noi non potremmo vincere?

GAUDENZIA: Ma se l'unica volta che tu hai vinto nella tua vita è stato l'anno scorso alla fiera di beneficenza che hai portato a casa cinque candele... e poi pretendevi che io accendessi più la lampadina perché, tanto, prima dovevamo consumare quelle...

PIERO: Per forza... una come te che compera le lampadine di sessanta candele...

GAUDENZIA: Se voglio riuscire a vedere il tuo bel muso...

PIERO: No, no, no e poi no. La capisci o no, rovina famiglie, che è inutile comperare una lampadina da sessanta candele quando, per vederci, ne basta una da venticinque? E chi paga sempre? Io, io e sempre io! Guarda, ti dico una cosa: sarebbero abbastanza cinque mozziconi di candela da mettere sulla tavola per far chiaro come una lampadina di cinque candele. Bisogna che lo dica all'Antonio sacrista che quando raccoglie quello che è avanzato all'altare della Madonna me lo dia che io ne tirò fuori una candela intera che deve far più chiaro del cero Pasquale

GAUDENZIA: Così ti rovinerai gli occhi

PIERO: Un bel niente; gli occhi si rovinano quando c'è troppo chiaro.

GAUDENZIA: Ascolta Piero; va bene che ti chiamano tutti Piero avarone, ma questa di usare i mozziconi delle candele per risparmiare la corrente mi sembra veramente troppo grossa. Per me non devi avere tanto la testa a posto e un grosso buco del cervello

PIERO: Se c'è qualcosa di buco qua sono soltanto le tue mani. Come ieri per esempio... che bisogno c'era di comperare l'acqua minerale... Io dico: cosa ci vuole a prendere in mano il secchio e andare a prenderla al fontanino? Limpida, pura e genuina

GAUDENZIA: Cosa ci vuole? Intanto una bella ventina di minuti di strada ad andare e un'altra ventina a ritornare. Limpida, pura e genuina, poi, è tutto da vedere; ci sono dentro le rane, i rospi, i girini e le sanguisughe e come minimo, se la bevi, è normale che ti venga una caghetta che la più dura sarebbe da imbottigliare.

PIERO: Sarebbe il meno male; avremmo, e gratis, il letame per il mio orto e per i tuoi vasi di gerani

GAUDENZIA: Smettila, piantala Piero! Adesso sta un po' zitto che sta arrivando il Celestino; un altro di quelli giusti... (Entrano Celestino e Teresa)

CELESTINO: Ciao Gaudenzia, ciao Piero; pronti. Ho copiato bene, per filo e per segno, tutti i risultati delle partite man mano che terminava il secondo tempo. Certo, però, Piero, che una straccia di televisione avresti potuto anche comperarla...

GAUDENZIA: Magari... ma poi, al momento di pagarla, avrebbe preso una cactus cerebrale...

CELESTINO: Quale di cactus? Quelli pieni di spine?

GAUDENZIA: No, quelli che arrivano quando scoppia una vena nel cervello

CELESTINO: Un ictus, allora, vorrai dire...

GAUDENZIA: Ecco, proprio uno di quelle cose lì

TERESA: Non dar troppo ascolto a questo qua, Gaudenzia. A stare con i matti non poi è tanto giusto nemmeno lui…

PIERO: Certo, la mia signora vorrebbe la televisione, ma intanto a chi toccherebbe tirar fuori i soldi? Al Piero. E poi c'è anche da pagare la corrente, anche l'abbonamento...

GAUDENZIA: Ma io mi accontenterei anche solo di una piccolina, magari il bianco e in nero, magari senza il telecomando, anche perché quello, tu, non lo useresti mai, tu guarderesti sempre e solo un unico programma...

TERESA: Perché Gaudenzia?

GAUDENZIA: Per non consumare le pile...

PIERO: Ascolta Celestino, lascia perdere le donne e vieni qua che incominciamo vedere cosa hanno fatto le squadre. (Si siedono al tavolo) Allora, io ho qua il foglio con la nota di quello che abbiamo giocato e tu dimmi i risultati uno per uno e senza sbagliare!

CELESTINO: Incomincio dalla cima o dal fondo?

PIERO: Incomincia da dove vuoi tu, ma vai avanti

CELESTINO: Allora incomincio dalla cima. I primi tre sono... pari, pari, uno

PIERO: Ah, pari, pari, uno! Ci sono tutti e tre, Celestino! Tutti e tre! Va avanti, sbrigati!

CELESTINO: Calma, Piero, guarda che ne mancano ancora dieci...

PIERO: Madonna mia, sento che incomincia a sbarbellarmi il cuore... Allora? Ti sei addormentato?

CELESTINO: Pronti. Gli altri tre sono... due, uno, pari

PIERO: Due, uno, pari! Celestino, hai sentito? Due, uno, pari!

CELESTINO: E io cosa ho detto? Due, uno, pari. Vuoi che venga anche a me il mal di cuore?

PIERO: Gaudenzia, porta qua subito un paio di calici di quello buono

GAUDENZIA: Di quello buono non ce n'è proprio nemmeno un goccio. Tu, più di quello di millecinquecento lire al litro, non lo comperi...

TERESA: Allora dev'essere quello fatto con le cartine. Sta' attento al fegato, Piero

PIERO: Guarda che il mio fegato non ha né i calcoli alla cistisferica né l'epatite virile…

GAUDENZIA: È alla testa che deve stare attento quello lì...

TERESA: Se è per quello anche il mio Celestino deve stare attento al cervello. Vedi, a guardarlo così la sua testa sembra normale, ma sì gli picchi sopra suona di vuoto...

PIERO: Arriva questo vino o dobbiamo aspettare la vendemmia dall'anno prossimo?

GAUDENZIA: Pronti; ecco il vino.

(I due bevono. Piero beve con gli occhi chiusi)

CELESTINO: Si può sapere Piero perché tieni chiusi gli occhi mentre stai bevendo?

PIERO: È tutta colpa del dottore

CELESTINO: Del dottore?

PIERO: Sì, proprio del dottore. Mi ha detto che io, il vino, non devo nemmeno vederlo

GAUDENZIA: Guardali Teresa, mi sembrano due ragionieri...

PIERO: Allora, facciamo il riassunto. Pari, pari, uno, due, uno, pari. E questi ci sono... E adesso andiamo avanti. Piano, però, perché fra poco ho paura che mi venga la vagina pecoris...

CELESTINO: Allora parto... Pari, uno e un altro uno

PIERO: Criste eleison! Kirie eleison...

TERESA: State dicendo le litanie voi due?

PIERO: Zitte donne! State zitte! Virgo prudentissima! Mater inviolata!

GAUDENZIA: Per me gli è comparsa la madonna di Lourdes

CELESTINO: Allora Piero? Parla! Guardami! Se ancora vivo? O sei andato un'altra volta al Purgatorio?

PIERO: Ci sono! Ci sono ancora tutti tre... uno dietro l'altro...

CELESTINO: Dici davvero?

PIERO: Te lo giuro sulla testa della mia Gaudenzia. Che le cadano gli occhi se non è vero.

GAUDENZIA: Tu, pirlotto, giura sulla tua testa invece, che per quello che c'è dentro, anche se la perdi, non perdi proprio niente

PIERO: Zitte donne! Chiudete quelle ciabatte! Celestino, ne mancano soltanto quattro...

CELESTINO: Accidenti, quelle sono le più difficili perché sono quelle di serie B. Vado avanti?

PIERO: Va avanti, ma piano... aspetta un minuto, lasciami bere per farmi coraggio

CELESTINO: Allora bevo anch'io, sempre per farmi coraggio…

GAUDENZIA: In quanto a coraggio più che due leoni mi sembrano due pecore...

TERESA: Sì, e di quelli che scappano...

CELESTINO: Allora Piero, pronto?

PIERO: Pronto

CELESTINO: Adesso c'è... un due, un uno e un pari

PIERO: Dillo ancora una volta Celestino... dillo ancora una volta!

CELESTINO: Ripeto... è un due, un uno e un pari

PIERO: Celestino, Celestino, prova a pizzicarmi...

CELESTINO: Perché, ti prude qualcosa?

PIERO: No, solo per vedere se sono ancora vivo. Celestino, ci sono, ci sono anche questi!

CELESTINO: Aspetta Piero. Calma e sangue congelato! Non vorresti per caso dirmi che i primi dodici sono giusti...

PIERO: Celestino, se per caso e per nostra disgrazia ti sei sbagliato a copiarne anche solo uno ti spacco la testa e te la do in mano da guardare come il principe Amelio

TERESA: È la volta che comincerebbe a ragionare...

CELESTINO: Ragazze, venite qua, venite qua! Abbiamo fatto 12 al Totocalcio!

GAUDENZIA: Santa vergine del rosario! Vuoi vedere che è davvero la volta buona che diventiamo ricchi e che il Piero mi compera la televisione? Ma finitela di raccontare delle stronzate...

PIERO: È vero, Gaudenzia, è vero! Il 12 c'è e forse arriva anche il 13

TERESA: Ma se non hai mai nemmeno giocato al Totocalcio...

PIERO: E invece questa volta abbiamo giocato, va bene? Abbiamo fatto la società, io e il Celestino

TERESA: Allora diventiamo ricchi anche noi Celestino...

CELESTINO: Quando ci sono in giro dei soldi lei mi chiama Celestino le altre volte soltanto Celesto...

GAUDENZIA: Ascolta Pierino...

PIERO: La senti? Anch'io sono diventato Pierino. Potenza delle palanche... gli altri giorni appena Piero e delle volte povero Piero...

GAUDENZIA: Guarda Teresa, con quei soldi li mi compero per prima una televisione con il telecomando, poi la lavatrice che lava i piatti da sola, poi dieci lampadine da cento candele, poi una bella pelliccia lunga di visone...

PIERO: Sono io che ti faccio venire un visone grosso così se racconti ancora qualche bestialità! Rovina famiglie, mani buche, spendacciona, mangia soldi a tradimento! Guarda tu; riesco una volta ad avere quattro palanche e lei, la grande donna, la signora, la casalinga della mutua, le spende già tutte ancora prima di metterle in tasca!

TERESA: Adesso però ti dico io, Gaudenzia, cosa comprerò...

CELESTINO: Tu non comprerai un bel niente! I soldi li mettiamo tutti in una banca. Tutti in obbligazioni e in buone azioni...

TERESA: Guarda Celestino che io invece mi accontenterei di piccole cose. Magari soltanto una Giaguarina per poter girare in paese e far rabbia a tutti. Non ti sembra Celestino che la Cinquecento che abbiamo adesso sarebbe ora da buttarla nella discarica? Quando si muove si sentono soltanto tutti i fili di ferro che sbattono sulla carrozzeria. Pensa Gaudenzia che non funziona più nemmeno il clacson. Quando c'è bisogno di usarlo sono io che devo mettere fuori il muso dal finestrino e urlare: Pista! Pista! Finché è estate va bene, ma in inverno per forza ho sempre il raffreddore...

PIERO: Adesso donne vi abbiamo lasciato raccontare tutte le vostre stronzate, però adesso, per piacere, piantatela che adesso dobbiamo controllare l'ultimo numero. Quello del 13. Sei pronto Celestino?

CELESTINO: Io sono pronto. E tu Piero?

PIERO: Aspetta che me ne verso ancora un calice...

CELESTINO: Uno anche a me, sempre per farmi coraggio…

PIERO: Pronti?

CELESTINO: Pronti! Allora l'ultimo numero è il... Non ho il coraggio di dirtelo Piero...

PIERO: Anch'io non ho il coraggio di sentirlo...

GAUDENZIA: E allora? Dai! Muovetevi! Non vorrete per caso che arriviamo fino a domani mattina... O volete farci venire un colpo apostolico…

PIERO: Dai allora Celestino!

(Celestino guarda il foglio, solleva la mano e accenna all'uno)

PIERO:   (Guarda il suo foglio, solleva la mano e accenna pure lui, trepidante e incerto, all'uno. Mimica! Poi si lascia andare sulla sedia. Gli altri lo soccorrono)

CELESTINO:   Piero, parla Piero... (lo schiaffeggia per farlo rinvenire)

PIERO:   Trrr... trrrr...

GAUDENZIA: Sta tremando. povero Cristo

PIERO: Trrr... Trrr... Trrr...

TERESA: Temo che sia sul punto di lasciarci le penne…

PIERO: Trrr... Trrr... Trrr...

CELESTINO: Cosa stai tentando di dirmi Piero? Ti prego, parla! Non lasciare solo il tuo Celestino...

PIERO: Trrr... Trrr... Tredici!

CELESTINO: Eh? Cos'hai detto?!

PIERO: Tredici! Abbiamo fatto tredici! (Tutti si accasciano sulle sedie)

CARMELA: Permesso... permesso... non c'è nessuno? Madonna mia, sono tutti morti. Tutti quanti morti! Sicuramente dev'essere stato il gas. Ma no, questa è la casa del Piero avarone e lui va ancora a legna per non pagare il gas... e allora? Madonna mia che paura. Io ho paura di un morto, immaginiamoci di quattro assieme. Questa non è una casa, è un cimitero! Io, quasi quasi, chiamo le guardie, i carabinieri, i pompieri, la Guardia di Finanza, l'accalappiacani...

GLI ALTRI (a turno) Trrr... Trrr...

CARMELA: Madonna della gamba, però... Però mi sembra che qualcuno sia ancora vivo. Teresa, Teresa... svegliati! Perché continuate a fare trrr...? Mi sembrate tanti uccelli spaventati che sbattono le ali.

TERESA: (Si riprendono  a poco a poco) Madonna mia Carmela, non farmi parlare

CARMELA: Racconta, racconta anima del Purgatorio

PIERO: (Rinvenendo) Guarda Carmela, qui si può parlare di tutto, ma non parlare del Purgatorio perché è una storia lunga...

GAUDENZIA: Carmela, pensa che i nostri due uomini hanno fatto trrr...

PIERO: Fermati Gaudenzia e chiudi quella boccaccia lì!

CARMELA: Ma si può sapere cos'hanno combinato? Perché non smettono di fare trrr?

CELESTINO:  Stava dicendo che abbiamo fatto... trrrenta chilometri a piedi per andare per una devozione sino al santuario della Madonna di Caravaggio...

TERESA: Pensate che fortuna che c'è capitata addosso. Che bravi ometti sono il Piero e il mio Celestino… Come avranno poi fatto a prendere il trrr...

CELESTINO: Se non te ne stai zitta Teresa ti infilo in bocca questo bicchiere!

CARMELA: Cos'è, insomma, il trrr che hanno preso?

PIERO: Il trrreno Carmela, il treno per ritornare da Caravaggio. Ma si può sapere cosa sei venuta a fare qui invece di preparare la cena a don Firmino?

CARMELA: Passavo da queste parti e volevo sapere da queste due brave donne se c'era qualche novità in paese; così, appena per chiacchierare un po'... Il mio Prevosto non mi racconta mai niente e sì che lui, quando confessa, ne deve sentire proprio di quelle grosse e con me... muto come un pesce! Non dico di dirmi chi è il peccatore, ma, almeno il peccato, sì. Poi penserei io a venire a sapere chi l'ha fatto. E dopo, per amicizia e per educazione, verrei a raccontarlo anche a voi. Va bene, va bene, vedo che oggi tira un'aria piuttosto storta in questa casa. Sarà per un'altra volta. Ciao, statemi bene. Ad ogni modo, se in paese dovesse succedere qualcosa, vengo subito a raccontarvi tutto. Ciao neh… (Esce)

PIERO: Io dico che voi due siete proprio interdette. Ma dovete andare a raccontare proprio alla Carmela che abbiamo fatto il tredici? In due minuti lo saprebbe tutto il paese. Non bisogna dire niente, avete capito, chiacchierone? Niente! Anzi, fate finta che non sia successo niente e andate di là in casa del Celestino e accendete la televisione chi è l'ora del novantesimo minuto e state ben attente alla cifra che hanno vinto i 13! Mettete la cerniera sulle labbra e la colla sulla lingua! (Le donne escono)

PIERO: Celestino, devo confessarti una cosa... Ho un grosso problema

CELESTINO: Il problema di dividere i soldi? Se è solo per quello è subito fatto: metà e metà perché, se ti ricordi, la schedina l'abbiamo giocata assieme. Testimoni le nostre donne…

PIERO: No, magari fosse solo questo il problema... È più grosso, è complicato

CELESTINO: Hai perso mille lire per la strada?

PIERO: No, quello non mi capita mai perché la Gaudenzia non mi lascia mai niente in tasca...

CELESTINO: Se è per la lampadina di sessanta candele poi sempre cambiarle in bottega con due da trenta...

PIERO: Celestino, ti ricordi che ti ho raccontato che sono andato a finire al Purgatorio?

CELESTINO: Me l'hai già raccontata mille volte Piero. Anch'io, dopotutto, ti ho raccontato che mi sono sognato di essere andato in paradiso dove c'erano tutte le donne nude. E allora?

PIERO: E se quello non fosse stato soltanto un sogno? E se fosse stato tutto vero? Lo sai benissimo che ho promesso al Capo di ritornare sulla terra e dare tutto quello che avevo ai poveri...

CELESTINO: Insomma Piero, più poveri di noi... Ma tu mi sembri tutto matto a credere a quella storia lì…

PIERO: Guarda che quel tale lassù mi da 2000 anni di Purgatorio se non faccio quello che mi ha detto di fare e io sarò destinato a fermarmi da quelle parti a fare la muffa e i vermi e intanto voi tre sarete su in paradiso a divertirvi, mangiare, bere e ballare senza di me. La tua Teresa con la Giaguarina, la Gaudenzia con la televisione a colori e con cento lampadine da cento candele e tu...

CELESTINO: E io in mezzo ai miei matti a diventare ancora più matto di quel che sono adesso che sto qua ad ascoltare le stronzate che stai raccontando

PIERO: Insomma Celestino, io una soluzione la devo trovare... E se invece fosse vero? E se fosse tutto veramente vero? Prima un paio di mille lire avrei potuto benissimo darle il poveri, ma adesso che abbiamo fatto tredici... (Le donne entrano trafelate e si abbattono sulle sedie)

PIERO: Allora?

CELESTINO: Allora?

GAUDENZIA: Un...

TERESA: Un...

CELESTINO: Un... un... un che cosa?

GAUDENZIA: Un mi...

TERESA: Un mi...

PIERO: Un milione? Abbiamo vinto un milione? Mamma mia che bello!

CELESTINO: Ostrega, dite davvero? Un milione?

GAUDENZIA: Un… Un… Un miliardo, Piero!

TERESA: Un miliardo, Celestino! (Come prima si abbattono sulle sedie. Si riprendono a poco a poco)

PIERO: La prima cosa da fare è di prendere la schedina e consegnarla subito ad un avvocato

CELESTINO: Io di quella gente lì non mi fido per niente. Io direi di consegnarla a un notaio

TERESA: No, sbagliate proprio tutto. Io la consegnargli al Prevosto. Se non è onesto lui...

GAUDENZIA: Brava Teresa, così, se gli scappa soltanto una parola, la Carmela lo va a raccontare subito a tutto il paese

PIERO: Ascolta Gaudenzia, va a prendere questa benedetta schedina che dopo vedremo quello che potremo fare... Sei però sicura che non si ricordino giù al bar che l'abbiamo giocata a noi? Lo sai, arriva la televisione, chiedono chi l'ha giocata, se per caso è stata la Gaudenzia del Piero...

TERESA: Per quello potrebbe anche capitare. Dopo tutto è stata l'unica volta nella tua vita che hai giocato duemila lire tutte assieme al Totocalcio…

PIERO: Sì, ma non l'ho giocata io. I soldi li ho dati alla Gaudenzia. Vai allora, va a tirar fuori dal cassetto questa schedina che la mettiamo in un posto sicuro

GAUDENZIA: Pierino... Neh Pierino che tu vuoi tanto bene alla tua Gaudenzia?

PIERO: Ma ti sembra questo il momento di fare le manfrine? Certo che voglio bene, anzi, ti comprerò anche la lavatrice che lava i piatti da sola…

GAUDENZIA: Pierino... Devo dirti una cosa Pierino. Però, anche tu Celestino, promettete di non arrabbiarvi?

CELESTINO: In un giorno come questo me lo dici tu come possiamo arrabbiarci?

GAUDENZIA: Ecco, non so come dirvelo... Pierino, Celestino...Quelle duemila lire… Quelle duemila lire le ho usate per comperare lo Spick e Span...

TUTTI GLI ALTRI: E allora?

GAUDENZIA: E allora... insomma... ecco...

PIERO: Gaudenzia, guardami dritto nelle palle degli occhi. Non vorrai dirmi che la schedina...

GAUDENZIA: Si Piero, che la schedina io non l'ho giocata. E chi pensava che avremmo fatto tredici...?

(Nuovamente si accasciano sulla sedia)

TERESA: La mia Giaguarina...

CELESTINO: La mia Cinquecento tirata assieme con il filo di ferro...

GAUDENZIA: La mia lavatrice che lava i piatti da sola e la televisione a colori col telecomando...

PIERO: (Dall'espressione seria passa a quella gioiosa e si mette a ridere a crepapelle)

TERESA: Cosa succede al Piero?

GAUDENZIA: Per me deve essergli andato un lembo al cervello...

CELESTINO: No ragazze, io lo so come fanno i matti. Anzi, incominciano proprio così...

GAUDENZIA: Parla Piero, dimmi qualcosa...

PIERO: Che fortuna ragazze, che fortuna!...

CELESTINO: Ve l'ho detto, è diventato matto! Povero Piero…

PIERO: Povero Piero una bella madonna! Che felicità, che liberazione, che goduria! Il Piero si è finalmente liberato dal suo problema! Capisci Celestino che in questo modo ho fregato anche quello lassù? (Toglie dalla tasca mille lire) Prendi Gaudenzia. Sono tutti i soldi che ho in tasca. Mille lire! Dalle al primo che incontri per la strada che abbia la giacca corta e le pezze sul didietro. Anzi, anche voi che siete qui davanti... Fate come me anche voi. Regalate mille lire ciascuno al primo povero che vi passa in parte, che suoni l'armonica, che lavi i vetri delle macchine o che chiede la carità per qualcuno che ha più bisogno di noi. Il Piero vi promette, pulite e sturate bene le orecchie, il Piero vi promette… 2000 anni di meno al Purgatorio!