E ‘a luna sta a guardà

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Guida

                       

….   E    ‘A   LUNA   STA   A    GUARDA’

                                                                                  di

                                                                       Roberto Santoro

Lo spettacolo è un intreccio di prosa e canzoni; un lavoro che intende parlare di Napoli e dei napoletani, senza la presunzione di volerne risolvere i problemi,  ma solo sottolinearne sia i difetti che le caratteristiche positive.

Le canzoni sono state scelte dall’autore in base anche ad un nesso con la storia, ma ognuno può

scegliersi le canzoni che preferisce.

                                                                                                                                  

 

                                   

( Piazza del Gesù: solito via vai di  gente; qualcuno è seduto al tavolino di un  bar che si trova nell’angolo della piazza ed al centro  un gruppetto di turisti accompagnati da una guida con in mano un libretto dal quale sta leggendo qualcosa  )  

Guida                         Eccoci qua ….   e questa è Piazza del Gesù.

Questa piazza rappresenta il punto di raccordo tra due parti della città; a farne una vera piazza fu l’iniziativa del principe di Sanseverino e poi soprattutto l’azione dei Gesuiti che dal XVII secolo vi collocarono la loro nuova chiesa il Gesù Nuovo, riutilizzando la facciata del preesistente palazzo Sanseverino; costruirono gli Oratori e commissionarono infine la Guglia dell’Immacolata.

                                   Alla vostra destra, invece, potete ammirare la famosa  chiesa di Santa Chiara

Turista                       Ah .. yes.. ( giusto un accenno alla canzone )  Munastero ‘e Santa Chiara….

Guida                         Esatto.. monastero. Questo è un complesso famoso, costruito dai…

( sfumando )

( uno scugnizzo s’avvicina alla turista, mentre la guida continua a parlare a voce bassa )

Scugnizzo                  Signurì dateme quaccosa.

Turista                       ( sorridente )  Oh, questo è folclore.

Scugnizzo                  No chesto è ‘a miseria.

Turista                       Aspetta io voglio fare foto con te, foto con “ scugnizzo”.

Scugnizzo                  Ah sì ? E facite ambressa prima ca v’’a scippano ‘a mano.

Turista                       Che cosa ?  Non ho capito...

( il gruppo di turisti man mano si allontana mentre passa di corsa  un ragazzino che gli strappa la macchina fotografica  da mano )

Scugnizzo                  Ecco fatto, mo avito capito.

Turista                       ( prende lo scugnizzo per un braccio ) Tu conosci quello ?

Scugnizzo                  No signurì io non conosco.

Turista                       Non è vero, tu essere  complice.

Scugnizzo                  No signurì io essere semplice. 2 + 2 fa 4. Ve l’avevo detto.

                                  

Turista                       E allora  tu adesso venire con me da polizia.

                                               ( interviene una donna che ha assistito alla scena )

Filomena                    Ma lasciate ‘o sta’ ; ma che vulite ‘a chisto. Vuie nun sapite badà

                                   a  vuie stessa e  ’o vulite d’’o guaglione ?

Turista                       No, il fatto è che a voi mancare senso di giustizia.

Filomena                    E a voi mancare  senso pratico signò. Eh sì, a voi mancare  quello che ci vuole qua per vivere : il sesto senso. Quello che vi fa vedere le cose  molto prima di quando succedono. Diciamo …..uosemo !

E po’ vuie ve mettite cu  ‘na  machinetta mmano miezo a’ via; ma signora cara,   chesta è ‘na sfida lanciata al destino.

Turista                       Popolo di ladri e di accattoni.

Filomena                    Embè, certo, quello  offendere è facile quando non si conoscono i fatti e non si sa come stanno le cose. Nun se sape che significa ‘a famma, ‘a miseria, l’ignoranza.  Signò vuie nun sapite niente .. e parlate ?

                                    Vuie avisseva vedè primma ‘e ccose comme stanno e poi giudicare.

Turista                       Vedere che cosa ?  Quanto siete incivili ?

Filomena                    No signora cara, quanto siamo pazienti. Dovreste vedere in che modo tutti

quanti  ci dobbiamo difendere dai colpi di frusta che la vita ci dà, giorno per giorno. Dovreste capire quanto è difficile vivere fuori dalle regole. Perché stare nelle regole è facile:  volete vivere ?  Leggete attentamente le istruzioni.

‘O difficile è proprio quando le istruzioni nun ce stanno  o non si possono seguire.

Turista                       Noi le seguiamo da sempre, e siamo uno dei popoli più civili della Terra.

Filomena                    Può darsi, ma quanno ‘o frigorifero è chino, tutto è facile. ‘E regole, il rispetto per gli altri, per le cose degli altri. E po’ vuie site ‘na razza unica,

mentre nuie simmo n’incrocio ‘e razze. ‘Nu mbruoglio genetico.

‘O popolo ‘e nu poco per uno. 

Turista                       Comunque io devo denunciare questo reato.

Filomena                    Reato mo’ …. che parola grossa.

Turista                       Sì, mia cara, il furto è un reato grave. Violazione della proprietà privata.

Filomena                    Era proprietà privata;  adesso vi hanno privato della proprietà.

Turista                       A voi piace giocare con parole.

Filomena                    Signò ‘a vita è tutta nu gioco ‘e parole. Comunque facimmo accussì;  vuie

mo venite cu’ mmè. Vedimmo nu poco si ‘a riuscimmo a truvà ‘sta machinetta vosta.

Turista                       E come viene fuori la “ macchinetta “  ?  Per miracolo ?

Filomena                    Certamente. Qua per miracolo tutto può succedere. ( prende la turista sotto braccio e comincia a camminare; le battute che seguono, dette anche un po’ in modo ironico, accompagnano l’uscita di scena delle due ) L’altra sera ‘na sora mia stava camminando ncoppa ‘o marciapiede; all’improvviso se staccaie nu piezzo ‘e cornicione da un palazzo pericolante. Pe’ miracolo nun le jette ‘ncapa. E a n’amica mia ca steva attraversanno ‘a strada… né chella nun va a sciulià proprio mentre passava ‘na macchina ? Nun è ghiuta sotto pe’ miracolo. Io ‘na vota, perdette ‘a borsa cu’ tutti ‘e documenti ‘a dinto; nu signore…….

                                   

( scompaiono  del tutto in fondo alla strada; entra in scena Sofia  un “ travestito “ che si siede al tavolino del bar; si avvicina il cameriere )  

Sofia                           Ah.. mamma mia, che stanchezza. Sto facenno ‘a stammatina annante e areto.

                                  

Cameriere                 Uhm ……e sa’ che dispiacere.

Sofia                           Uè ribusciato e che faie a fa’ ‘o scemo  ?  E’ arrivato ‘o comico, è arrivato.

Stongo accisa pecchè sto facenno sotto e ‘ncoppa  tutti gli uffici comunali, hè capì,  scè.  ‘O mese passato è morta chella bella mamma mia,  pace all’anima soia addò sta mo’.  Tutta ‘a vita  l’ha passata a mettere  ‘ncroce  a me  pecché ero gay, femminiello pe’ te fa’ capì a te.  E no sultant’essa, no;  tutta ‘a famiglia m’ ha sempe visto comme ‘o fummo dint’’a l’uocchie.  E certo,

( ironico ) io po’ ero ‘o scuorno d’’a famiglia. ( serio ) ‘A famiglia. ( pausa ) Nu pate carcerato, na sora incinta a 13 anni, nu frato drogato, e io.. ero ‘o scuorno d’’a famiglia !  Ma jate a fa’ ‘nculo.

E comunque pure doppe morta m’adda luvà ‘a salute, cu tutte ‘e carte ca ce vonno p’’o cimitero. L’impiegato comunale ca me pare ‘o strummolo arravugliato ‘a fune, e  male chi ci capita ‘a sotto.

( riprende il tono normale )   Jà, che me vuò dà ?

Cameriere                 ( sarcastico )  Io proprio niente.

Sofia                           ( provocatorio ) E io m’’o ppigliavo ‘a te. Aveva ‘a essere pazzo ! 

Sienteme bbuono, nullatenente, puorteme nu cornetto a cioccolato e po’ …

me faie fa’ na spremuta.

Cameriere                 ( ironico ) ‘A  chi ?

Sofia                           ( c.s. )  ‘A frateto, bebè,  e vide ‘e te sta ‘o posto tuoie. E fa’ ambressa ca tengo che fa’.  ( vede passare una sua “ collega “, la chiama  ) Uè Gaia, e che ce faie ccà? ( si alza e i due si salutano scambiandosi un bacio ) Marò che piacere. E assiettete, jà, te pigli quaccosa.

Gaia                           Eh … ma solo pochi minuti pecchè tengo ‘a fa’ nu sacco ‘e cose oggi. 

                                   Aggio j’ ‘ncoppa ‘o museo.

 

Sofia                           Sì, nun te preoccupà,  ‘o tiempo ‘e ce piglià quaccosa e po’ ce ne jammo ‘nzieme. Pur’io aggio j’ ‘a chelli parte. Marò…comme so’ cuntenta. ( rivolto al cameriere che sta all’interno ) Uè, nullatenente, fanno doie ‘e spremute. Ce sta pure ‘a cumpagna mia.

                                    E allora ? Comme maie stai ccà ? Addò stai jenno ?

Gaia                           Niente … nu paio ‘e servizi. Prima di tutto voglio j’ a vedè nu salone ‘e bellezza ca mo s’è apierto ‘ncoppa ‘o museo. Avesse bisogno ‘e fa’ nu poco quaccosa per il viso. Quacche maschera rigenerante. Diceno ca chisti so’ proprio bravi.

Sofia                           Uè e m’he ‘a da’ l’indirizzo pure a me. Io pure sto cercanno nu posto buono, pecchè me vulesso  mettere  nu poco a nuovo,  diciamo in generale, va.

                                   ( il cameriere comincia a servire )

Diciamo  nu poco ‘e ristrutturazione. Mettere a posto qualche smagliatura,   quacche allargamento, qualche cedimento. 

Cameriere                 ( che era rimasto nei paraggi ) Seh… e ce vo’  Zamberletti, allora.

Sofia                           N’ata vota miezo stai ?

Gaia                           E po’ aggia j’ addu na sora mia, Nunziatina, chella è incinta n’ata vota.

Sofia                           Chi Nunziatina ?  Uhm mamma mia, e chella nun tene già quattro figli ?

Gaia                           Eh… e che vuò fa’.  Ma comunque, mo avimmo fatto appuntamento cu nu professore ‘ncoppa o’  Cardarelli;  ‘o cunosce n’amico ‘e mio cognato,  e pare ca ‘a vo’ fa’ nu piccolo intervento. Chillo ha ditto : guardate, si vulite sta a sentere a me, io a essa c’attaccasse ‘e  trombe.

Cameriere                  ( c.s. )  E invece io a isso  c’ attaccasso ‘o sassofono.

Sofia                           E  che parli a fa’ ? Ma staie sempe miezo; ma pecchè nun te ne vaie ‘a via ‘e dinto.  Ma guardate quanta confidenza ca se piglia ‘o cameriere.  Gaia ma jammuncenno, pe’ favore. Quanto hè  ‘vè lloco, bebè ?

Cameriere                  E so doie spremute e nu cornetto …… 6 euro.

Sofia                           6 euro ?  Nun solo si nu ribusciato-nullatenente, ma si pure mariuolo. E tiè, tiè ….. ( acida )  tutto supposte.

                                    ( vanno via e le battute che seguono servono ad accompagnare l’uscita di scena; pertanto dipendono dal tempo di uscita )  E te stevo dicenno, io m’avesso ‘a rifà nu poco tutta quanta, e vulesse vedè si trovo a quaccheduno bravo overamente, pecchè nun è facile a truvà uno ‘e coscienza. Io na vota parlaie……..

                                   

                                    ( entra in scena Prezzetella  con un cesto o qualcos’altro; dà la voce e si mette a cantare; dopo la canzone va via;  )

  

                                    ( entra in scena un signore , non proprio “ normale “   che si mette in un angolo, dritto; subito dopo entra Tonino che ha un appuntamento con un amico, Raffaele )

Pazzo                          ( si rivolge a Tonino )   Fate attenzione….  ‘a gente è sporca.

Tonino                       ( guardando in alto  ) Hanno  vuttato quaccosa ‘a coppa ? 

Pazzo                         ( sguardo fisso )  Nun mantene  ‘a parola. 

Tonino                       E’ vero.  St’amico m’ha ditto “ ce vedimmo  a miezojuorno “ e ancora nun se vede.

Pazzo                         (come stesse  seguendo un suo pensiero )    Eh… ma io aspetto.

Tonino                       E pure io,  certo. ( apre il giornale ) ‘A nu mumento a’ n’ato ‘o vedite ‘e venì.

Pazzo                          ( c.s. )  Torneranno…. ‘a ccà hanno ‘a passà.  Sapite ‘a quantu tiempo sto aspettanno ?

Tonino                       No….  ma quanno so’ venuto già stavate qua.

Pazzo                         So’  dieci anni c’ aspetto.

Tonino                       (  capisce che la persona che ha davanti non è proprio  normale )

Ah … ecco …. ho capito.

Pazzo                         Mi dissero :  statti un po’ qua,  poi veniamo  a prenderti.

Tonino                       ( assecondandolo )   Chi ?

Pazzo                          Lloro !  E io aspetto.

Tonino                       ( giusto per dire qualcosa )  E se poi non vengono, scusate ?

Pazzo                         Pecché vuie sapite quaccosa ? V’ hanno ditto quaccosa ?

Tonino                       No, dicevo così … ( c.s. )

Pazzo                          E nun se parla a schiovere.  Il male di questo mondo site proprio vuie;  chillo che parlano tanto pe’ dicere quaccosa. Senza un ragionamento, nu mutivo. Comme ‘e pazzi.

Tonino                       Ma era solo un commento. ( capisce che deve stare al gioco )

Pazzo                          Neanche …( riprendendo un proprio filo )  e po’   ….si nun veneno hanno fatto ‘a figura lloro.

Tonino                       Proprio così.  ( continuando a scherzarci sopra )

Prima dici che vieni poi non vieni  …… e che schifezza è chesta.

Pazzo                         Bravo,  na schifezza;  na vera schifezza abbandonare il prossimo.

                       

Tonino                       E’ gghiuto  bbuono  chillo ‘e primma.

Pazzo                         C’avite ditto ?

Tonino                       No niente …. voi avete detto … abbandonare il prossimo….allora ...chillo ‘e primma ... vulevo fa’   ‘na battuta.

Pazzo                          E a chesto pensate tutti quanti.  A ridere, a fa’  ‘e battute. 

                                   E intanto il mondo muore; le speranze muoiono, i vecchi  si lasciano morire. 

Tonino                       Amen. ( guarda l’orologio ).  E ca se fa notte. 

                                                           (  arriva Raffaele,  l’amico )

Raffaele                     Uè Tonì, stai ‘a parecchio ?

Tonino                       No, no.

Raffaele                     ( indicando il Pazzo )  Ma chisto chi è ?

Tonino                       Ma che ne saccio. ( sottovoce )  Nu pazzo. Ce ne stanno tanti miezo ‘a via…

                                   ( rivolto al pazzo )  Allora …. arrivederci, statevi bene.

Pazzo                         Iate, ià, io devo aspettare ancora.  Ma prima o poi torneranno.

Tonino                       ( ironico ) Comunque si ‘e veco v’’e manno. Iammuncenno Rafè.( rivolto all’amico )  Ma che d’è stai nervoso ?

Raffaele                     Io ? Io sto comme a nu pazzo!

Tonino                       E allora te rimanivi ‘nzieme o‘ signore. ( incuriosito ) Ma pecchè ch’è succieso.

Raffaele                                 Ch’è succieso ?  Ma io ‘o sego ‘e corne, ‘o scommo ‘e sanghe.

Tonino                       Ma ch’è stato ?

Raffaele                     ‘O faccio vevere ‘o brodo.

Tonino                       Sì…. ‘e purpe veraci…… Rafè, ma insomma ch’è succieso ?

Raffaele                     Chillo d’’o piano sotto a me.

Ma comme…. io l’aggio miso tantu bello ca nun da fastidio a nisciuno e chillo se ne vene ca è grossa e le manca l’aria. Chella munnezza ….

Tonino                       Ma pecchè che hè miso fore o’ balcone ?

Raffaele                     ( continuando a commentare ) E ce l’avevo pure ditto a chillu piecoro. Don Ferdinà ve da ‘mpiccio accussì si no ‘a sposto nu poco. ‘O cornuto ha ditto pure : ma no, non vi preoccupate. Po’ bello e buono stammatina l’hè venuto ‘o sturzillo. C’avimmo fatto ‘a croce. Ma io  ‘o scasso ‘a capa.

Tonino                       Rafè ma  che ce sta fore a ’stu barcone ?

Raffaele                     ‘A bandiera d’’a pace.

Tonino                       Azz…  meno male! 

Raffaele                     ‘A bandiera d’’a pace è nu simbolo e addà  restà llà. ‘A pace è nu valore c’avimm’‘a difendere tutti quanti. E si chillo fa ‘o scemo nun ‘o sape ca io scengo o’ piano ‘e sotto e ‘a bandiera c’arravoglio nganna.

Tonino                       Vabbuò Rafè,  nun da retta; è sempe na perzona anziana.

Raffaele                     Anziana ? E io l’anticipo ‘o viaggio !

Tonino                       Rafè, nun dicere fesserie e invece stamme a sentì nu poco. Aggio fatto st’appuntamento pe’ nu fatto importante. Nuie dimane avimmo ‘a j’ ‘ncoppa o’ patronato;  ce sta l’assemblea d’’a lista nosta p’ organizzà  ‘na protesta generale.

Raffaele                     N’ata vota cu ‘sta protesta generale.Ma insomma avimma perdere ‘o tiempo ?

Tonino                       Nossignore, stavolta ce facimmo sentì.

Raffaele                     Ma pe’ favore Tonì, c’avimma fa sfottere ancora.

                                   ‘E posti ‘e lavoro. Ma quanno ce danno ‘sti posti ? Ma addò stanno ?

Ca tutte ‘e fabbriche o stanno fallendo o a furia ‘e fa ‘mbruoglie ‘e stanno chiudendo, e nuie allora addò ghiammo  ? 

Ma si tutte chiudeno nuie addò trasimmo ?

Tonino                       Rafè, prima o poi le cose cambieranno. La gente sta maturando.

Raffaele                     Ancora ? Io ero criaturo e patemo me diceva ca ‘e cose steveno cagnanno. Po’ giuvinotto sentevo ‘e dicere ca ‘a gente steva piglianno coscienza. Oggi tu te ne vieni  c’’a gente sta maturanno. Rafè a chest’ora s’avessa avuto già ‘nfracetà. E  invece ‘a verità è n’ata. Io penso c’’a gente è maturata, sì, ma a modo suoie. S’è fatta furba. P’’a strada principale nun se cammina ? E allora via.. pe’ dint’e vicoli, pe’ ncoppa ‘e logge, pe’ dint’e saittelle.

Si salvi chi può, Tonì….. si salvi chi può.  

Io, per esempio,  aggio truvato a uno ca conosce a nu politico e pare ca putesse fa’ quaccosa pe’ me. Pagando s’intende. E accussì riuscesso a me sistemà pur’io, finalmente.

Tonino                       E questo è qualunquismo.

Raffaele                     No chesta è  sopravvivenza. Io aggià mangià, e nun me pozzo mettere a vedè ‘o culore d’’e maglie, d’’e simboli, sotto a chi m’aggia mettere. A me chi me da ‘a mangià chillo è ‘o padrone mio. Io nu padrone aggia tenè.

Tonino                       Come gli schiavi.

Raffaele                     Sì, ma schiavi sazi ! 

Tonino                       Che squallore. Se lo sapessero gli eroi che si sono sacrificati per farti essere oggi un uomo libero…

Raffaele                     Sì, libero ‘e me puzzà ‘e famma.  Tonì ….

Tonino                       Vabbuò e allora io me ne vaco. Vaco a parlà cu’ ‘e compagni. ( dopo qualche passo si ferma, si gira e poi con  un tono più pacato  )  Comunque Rafè, si chisto overamente po fa’ qualcosa, tieneme presente.  Ovviamente, pagando.

Raffaele                     Ovviamente !

Tonino                       Ciao Rafè.

Raffaele                     Statte bbuono.

( nel frattempo, erano arrivate Filomena e la turista, s’erano sedute

 al tavolino del bar, ed avevano ascoltato i discorsi dei due amici;)

                                               ad un altro tavolino è seduto un altro signore “ il professore “ )

Filomena                    Avete visto come si cambia idea facilmente in questo paese ? 

Turista                       E’ perché  non avete “  educazione civica” .

Professore                  No, cara signora, è che il giovanotto ha ragione. Scusate se mi intrometto nella vostra discussione. In fin dei conti noi siamo stati sempre sotto. Il napoletano è abituato a subire, ad essere dominato da qualcuno. Spagnoli, Francesi, Austriaci. Quante dominazioni, da secoli, abbiamo dovuto subire e forse ancora oggi sopportiamo.  Ma noi non ci sentiamo schiavi, no. Noi  facciamo credere di stare sotto solo per arrivare dove vogliamo. Perché poi quando le cose non ci stanno bene, allora ce facimmo sentì seriamente.

Filomena                    Dice buono ‘o professore. Comunque … che ve pigliate  ? Preferite un aperitivo, una bibita o un bel caffè come lo facciamo noi ….. che da voi ve lo sognate ?  

Turista                       Non saprei;  data l’ora forse sarebbe indicato ……

(non completa la frase;  dall’alto cadono delle gocce d’acqua e Filomena reagisce in modo sguaiato e “ popolano “ )

Filomena                    Uè, uè ‘a lloco ‘ncoppa.  Ma nun vedite ca stammo ‘a sotto ? Cu chest’acqua sporca. Vedite abbascio primma ‘e vuttà ll’acqua.    E che maniera è chesta. Comm’a l’animale. Guarda ccà, ‘ncoppa a’ vesta.

( riprendendo  un tono “ signorile” )  Ed allora che avete deciso : caffè o qualcos’altro ?

Balcone                      ( una voce  ancora più “ sguaiata “ )   Né ma chi è ca sta alluccanno ?

Filomena                    ( c.s. ) Nuie, bella figliò. Stammo ca sotto e ce staie facenno ‘o bagno cu ‘sta

zuzzimma.  ( c.s. verso la turista  ) Allora va bene il caffè ?

Balcone                      Ma quala zuzzimma, ca sto spannenno ‘e panni, lavate e prufumati.

Filomena                    ( c.s. ) Ma quali panni vaie truvanne ca chesta è acqua sporca.

E pure si fossero ‘e panni pecchè nun cieca abbascio primma d’’e spannere.

Lavate e prufumati !  Chella è acqua sporca. ( c.s. al barista ) Allora due caffè, grazie.

Balcone                      N’ata vota cu ‘st’acqua sporca. Mo scengo lloco bascio e t’’a faccio agnottere

chest’acqua sporca, eh capì.

Filomena                    ( c.s. ) Uhm... e scinno oì,  scinno mo’ mo’,  te sto’ aspettanno. Già sto tremmanno.  T’’a faccio asciuttà c’’a lengua chest’acqua.

Cameriere                  ( mentre serve il caffè ) Ma lasciate stare, perdite ‘o tiempo. Chella è ‘a pazza

d’’o terzo piano. Tutte ‘e ghiuorne è chesto. ‘Na vota è ll’acqua, n’ata vota ‘a pazziella d’’o figlio ca ‘a vuttato abbascio. Vuie mo ve ne jate; nuie invece stammo ‘a sotto tutte ‘e ghiuorne. 

Turista                       Certo che voi siete un “ popolo “ di pazzi.

Cameriere                 Pe’ bìa ‘e chesta  o’ terzo piano ?  ( si allontana )

Turista                       Ma no, non per quella di sopra, ma perché  dei vostri diritti e dei vostri

doveri ne fate una questione di domanda e di offerta, una valutazione commerciale. Come se non esistessero leggi, codici, certezza del diritto.

Professore                  Signora, non è proprio così e scusate se mi intrometto di nuovo.

Il napoletano non è uno che non conosce i propri diritti o i propri doveri, no.

Li conosce bene. E’ soltanto uno che ha fatto tesoro di tutte le esperienze negative che gli sono cadute addosso e di quanto sia più facile adattarsi che imporsi, trovare scorciatoie anziché farsi tutta la strada.

Omero ci ha insegnato che Ulisse ha fatto ritorno a casa, dopo anni di sacrifici, grazie alla sua intelligenza, alla furbizia, e non certamente per la sua forza. Quando ha dovuto tirarla fuori l’ha fatto, perché di forza ne aveva, eccome. Ma non sempre per andare avanti è necessario abbattere un muro.

Filomena                    Have ragione ‘o prufessore.

( davanti al bar passa Totonne “ ‘o guappo “, marito ‘e Filomena )

Guappo                      Né Filomè, tu staie ccà. Io te sto cercanno tuorno, tuorno e tu staie tantu bello fore o’ bar. ( guarda l’altra donna )  E chesta addò l’hè pigliata ?

Filomena                    E’ na turista inglese.

Guappo                     Naturista ?  Chelle ca se fanno ‘o bagno annuro ?

Filomena                    No naturista tutta attaccata...

Guappo                     Ah ... è na turista sciolta.....

Filomena                    Totò na turista “ duie parole “   NA TURISTA !  Na-articolo, turista-essa.

Hè capito ? E’ una che viaggia, va viaggianno.  E se so’ pigliate ‘a machina fotografica.

Guappo                     Se so’ pigliate ?

Filomena                    Steva ccà, miezo a’  Piazza,  e nu guaglione l’ha scippata.

                                  

Guappo                     Embè quello è come fosse un dazio che bisogna pagare per visitare la nostra

città. Diciamo una tassa comunale,  un piedaggio, va. 

E comunque  tu che c’azzicche ?

Filomena                    Io ? Ma .. diciamo che sto facenno un lavoro…di diplomazia internazionale. Sto aggiustando il rapporto con l’Inghilterra.

Guappo                     Tu ?

Filomena                    Eh.. propr’io. Faccio na specie ‘e difesa d’ufficio ‘e chesta città.

Anzi pecchè nun t’ interiessi tu ‘e chesta cosa. Jà, famme ‘stu piacere.

Tu che ce miette ?

Guappo                     ‘E che cosa ?

Filomena                    ‘E ‘sta machinetta fotografica. Tu già saie addò ‘he ‘a j’.

Guappo                     Filumè, ma addò aggio ‘a j’; pe’ na machinetta fotografica scomodiamo

tutta la cupola.  

Turista                       Ma questo signore  è un  poliziotto ?

Guappo                      ‘Nu poliziotto ?  Ma c’ha capito chesta ?  Mia signò, ma voi chi siete ? Ma che ci fate in questo posto così lontano dal vostro mondo ?

Vulite sapè io chi so’ ?   Eh…. Vuie me vedite mo;  e che vulite vedè mo.

‘Nu fantasma; l’ombra ‘e ‘nu guappo c’ha fatto tremmà vicoli e piazze.

E mo ?  Mo tremma sulo ‘o vraccio.

Turista                       Guappo ?  Ma … allora siete … un delinquente-criminale.

Guappo                      Delinquente ? Criminale ?   Uè, che esagerazione. Signora mia  state sbagliando.  Io sono soltanto un uomo d’onore.   

                                    ‘O fatto è che oggi  addò sta  chiù l’onore, ‘a dignità  ?

Primma  chi nun manteneva ‘a parola era nu ‘nfamo, e nu schiaffo era l’umiliazione chiù forte: la mortificazione della sottomissione. ‘A pistola si usava solo per fatti gravissimi o per legittima difesa. Oggi se sparano pe’ na guardata storta, pe’ nu tavolo o’ ristorante. 

Guappo era uno che imponeva certe regole ma era anche uno che le stesse regole le rispettava per primo. ‘Nu guappo se scioglieva sulo annanze a ‘na femmina.  La donna era il tallone d’Achille ‘e nu guappo, nel bene e nel male.

( guardando Filomena )  ‘O guappo di fronte alla donna diventava improvvisamente debole, ‘na pecora. A volte addirittura ridicolo ……

                      

(  parte la canzone  “  ‘O guappo ‘nnamurato “  ) 

 

 Guappo                     Filumè,  io m’avvio. Quando hè fernute ‘e fa’ l‘ambasciatrice vide ‘e turnà ambresse a casa pecchè tengo famme. Signò arrivederci.  ( se ne va )

Turista                       A casa ?   E perché dice a te tornare a casa ?

Filomena                    E pecché …. e pecchè è mio marito.

Turista                       Tuo marito ?  Ma prima hai detto che era un guappo, e che …

Filomena                    Veramente io non ho proprio parlato. Voi avete  parlato di guappi e lui vi ha raccontato delle cose. E po’ quale guappo. Lui si atteggia a ‘omme positivo, ma è nu piezzo ‘e pane.  Nu brav’ommo. Pecciò me l’aggio spusato.

Turista                       Ho capito.

                                               ( Filomena e la turista si alzano per andar via; arrivano in piazza due ragazze; una vistosamente nervosa e l’altra che cerca di calmarla. Si fermano  ed  una delle due comincia a gridare verso un  balcone  )

Nunzia                       Uè.....uè.... Anna.. Annarè........

Anna                          ( da sopra )  Che d’è, ch’è stato ?

Nunzia                       Scinne nu poco ccà bascio, t’aggio ‘a parlà nu mumento.

Anna                          Mo vengo.

Rosaria                      Ma tu mo che vulisse fa’ ?   ‘Na scenata ? 

                                   No pecchè si è accussì io me ne vaco. E po’ essa che c’entra ?

Nunzia                       Essa pure tene colpa. Comunque io voglio sulo na spiegazione.

                                                                       (  Anna scende in strada )

Anna                          Eccomi qua. Ch’è succieso ?

Nunzia                       Ch’è succieso ? ( pausa ) Io e Tonino ce simmo lassati. Cioè per meglio dire, isso m’ha lassata.

Anna                          Uhm... e io c’aggia ‘a fa’ ?

Nunzia                       ( alzando la voce ) Tu che ‘he ‘a fa’ ?

Rosaria                      ( toccandole il braccio come a calmarla )  Nunziatì ....

Nunzia                       ( riprendendo la calma )  C’avissa  avuto ‘a fa’...

                                   E comunque io voglio sapè sultanto pecchè m’he ditto tutte chelli bugie.

Anna                          E pecchè me pareva  na crisi passeggera.

Nunzia                       Ma quale crisi, e tu ‘o ssaie bbbuono. Ma pecchè c’avimmo annasconnere ‘e

                                   ccose. Guardeme ‘nfaccia  Annarè, e siente bbuono chello ca te dico.

Rosaria                      ( cercando di trattenerla )  Nunziatì ....

Nunzia                       ( alzando lo sguardo verso il balcone )  Sta ncoppa è ‘o vero ?

Anna                          ‘Ncoppa nun ce sta nisciuno,  ma comunque fattelle ascì  ‘stu ruospo ca tiene dinto. Dice tutte chello ca ‘he ‘a dicere.

Nunzia                       E vabbuò.... tanto a chistu punto.   Annarè..... frateto è n’ommo niente !

Anna                          No Nunziatì, chesto nun m’’o può dicere. Fratemo Tonino, è stato sempe nu guaglione a posto, cu’’e cervelle ‘ncapa. ‘Stu discorso ce l’he ‘a  fa’ a chi  ‘e cervelle ce l’ha fatto perdere. A chella  ca se miso annante ‘e piede suoie.

Rosaria                      Vabbuò mo nun v’appiccecate. ( cercando di mettere pace )

Anna                          E chi se vo’ appiccecà, io ‘a voglio sulo arapì l’uocchie. 

Nunzia                       E chi fosse  ‘sta pernacchia  ?

Rosaria                      Ma che te ne ‘mporta chiù Nunziatì .....

Anna                          Te l’aggio ‘a dicere proprio ?

Nunzia                       Pecchè tu ‘a cunusci ?

Anna                          I’ saccio chi è ... e pensavo d’a cunoscere. Ma se vede ca nun ‘a cunuscevo bbona.

Nunzia                       E chi fosse ?

Anna                          ( decisa ) Chesta ca tieni vicino.

                       ( silenzio imbarazzante )

Nunzia                       ( sorpresa, guarda l’amica )   Tu ?  Cioè .. famme capì.. tu .. tu  e Tonino ..

Rosaria                      No aspè,  nun è comme stai pensanno tu.

Nunzia                       E infatti ... chesto è peggio ‘e chello che sto pensanno io.  Madonna mia, e che schifo l’uommene.  Che schifo !

Anna                          ( guardando Rosaria )  Ma pecchè ‘e femmene so’ meglio ?

Rosaria                      Lucì io te pozzo spiegà tutto cosa.

Nunzia                       Mo ? E che m’’o spieghi a fa’ mo !  Io mo t’avesso  sulo rompere ‘e cosce.

Anna                          E ‘a vuò da’ pure suddisfazione ?

Nunzia                       No !  Si ‘a spezzo ‘e cosce ‘a suddisfazione è ‘a mia.

                                  

Rosaria                      Forse è meglio ca me ne vaco. Un giorno ti spiegherò tutto Lucì.

                                   ( si allontana )

Nunzia                       ( ad alta voce verso Rosaria ) Sì, pe’ televisione. A “ Uomini e donne “.

Uommene ‘e niente e femmene ‘e merda. ( rivolta all’amica )  Ma tu

hè capito niente Annarè.  Io tenevo ‘a serpe affianco a me e nun ‘o sapevo ?

Anna                          ‘O fatto è ca oggi nun so’ neanche lloro. E’ tutta chella televisione ca

vedeno, addò tutto è permesso, tutto è possibile, senza dignità. E addò so’ tutte ‘e stesse. Comme se dice oggi : so’ cloni.

Nunzia                       Esatto zoccoloni.       

Anna                          Ma qua’ zoccoloni; io ho detto so’ cloni, sono clonate. Fanno tutte ‘e stessi ccose.  Nun teneno na  cervella propria.

Nunzia                       Ah.. aggio capito che vuò dicere. Però Annarè, pure nu poco zucculone.

Anna                          Sì, certo, nu poco è pure chesto. Mo’ jamme Nunziatì, vienetenne nu poco

‘ncoppa addu me,  te pigli quaccosa.

Nunzia                       Vabbuò, ma sulo na mezz’oretta. ( mentre se ne vanno ) Mamma mia, e che

schifo .....  che schifo ......  e che schifo.

                                               ( Filomena e la turista che avevano seguito la scena in disparte ) 

Filomena                    Eh... l’amore è na brutta cosa.

Turista                       Ma questo non è amore; sembra più gelosia.

Filomena                    E pecchè ‘a gelusia che d’è, nun è amore ? ‘A gelusia è il termometro del

sentimento. Misura il livello di benessere o di malessere a seconda se cresce

o diminuisce. ‘A gelusia vuole ribadire il concetto: tu sì  “ rroba mia “.

Turista                       Ma una persona non è un oggetto, una cosa.

Filomena                    Signò a Napoli quanno dicimmo “ rroba mia “ intendiamo tutto : oggetti e

soggetti.

                                                           ( passa don Vittorio, il parroco )

             

Prete                          Buonasera, donna filomè.

Filomena                    Uè, don Vittorio, buonasera. Come state ?

Prete                          Eh… come vuole nostro Signore.

Filomena                    E certo !  Voi, poi, più di tutti.

Prete                          Che significa “ più di tutti “ ?

Filomena                    E … significa ……. che proprio voi non potete lamentarvi. Noi in fin dei conti ( indica il cielo ) siamo collaboratori, ma voi siete proprio dipendente, a tempo pieno.

Prete                          ( sarcastico )  E pe’ forza a tempo pieno. C’è tanto da lavorare con voi peccatori.

Filomena                    Avete visto signò ? Diceno ca a Napoli nun c’è lavoro e addirittura ce sta chi fatica troppo.

Prete                           Sì, sì, fai pure le battute. Intanto io vorrei sapere da quanto tempo non venite in Chiesa tu e tuo marito ?

Filomena                    No, don Vittò, sapete che d’è ?  Siamo stati un poco indaffarati perché …

Prete                           Sì, tutte scuse. Io già lo so;  va a finire che vieni direttamente quando si sposa tua figlia.

Filomena                    No, no,  ma che dicite. No, vengo prima. E io tengo a mia suocera ca sta proprio ‘nguaiata. Chella sta chiù a llà c’accà.  Non vi preoccupate che, se Dio Vuole, ci vediamo presto don Vittò.

Prete                           Se Dio vuole ?  E che d’è…  n’assassino ?

Filomena                    ( rassicurante ) Non vi preoccupate, che ci vediamo presto.

Prete                           E la signora è una tua parente ?

Filomena                    Eeeh …. na parente mia ! No ‘a signora è na turista. E’ inglese.

Prete                          Anglicana ?

Filomena                    ‘E  cani ?  Ma quali cani, don Vittò  ?

Prete                          Dico Anglicana… è protestante ?

Filomena                    Ah sì, sì ……  è protestante. E  pe’  forza, chella l’hanno scippata ‘a macchina fotografica mentre steva giranno pe’ Napule, cu tutte….

Prete                           ( interrompendola ) Donna Filomè voi volete sempre scherzare. Statevi bene.

                                    ( se ne va via

Turista                       Simpatico il parroco, eh ?

Filomena                    Sì, nu simpaticone, sulo ca ‘e vvote nun ‘o capisco quanno parla.

                                                            

(  entrano due persone, una donna ed un uomo; lei è un po’ scocciata dalle avances dell’uomo che la corteggia con insistenza )

                                     

Gennaro                    Rusè,   e te vuò fermà ‘nu mumento o no ?

Rusella                       Ma  che vuò ?  Ma me vuò fa sta’ cuieta o no ?

Gennaro                    Pecchè tu me fai sta’ cuieto ? Tu me stai cagnanno ‘a vita. Io nun riesco chiù a fa’ niente; io te penso ‘e notte ‘e ghiurne, ogni mumento penso a te.

Rusella                       E nun da’ retta, pienza a’ salute  ca è meglio.

Gennaro                    ‘A salute ?  Chella ‘a salute mia se ne sta ghienne appriesso a te.  Ma insomma tu me vuò fa suffrì ?  Ma nun ‘o vide ca io moro e spanteco pe’ te ?

Rusella                       Ma insomma io cu te aggio passato nu guaio ?  T’aggio ditto tanta vote Gennà ca cu me nun ce sta niente a fa’. Nun si articolo mio.

Gennaro                    Ma pecchè tu quali articoli  vai cercanno ?  Rusè, vulisse vedè ‘o catalogo ?

Rusella                       Senza ca faie ‘a  caricatura, hè capì ?  Tu nun si articolo mio e mo t’’o spiego na vota e pe’ sempe.

( parte la canzone :  Tammurriata  palazzola )

Gennaro                    Insomma me n’hè mannato d’’o masto ?

Rusella                       Gennà va cammina.  ( esce di scena continuando a canticchiare : Va’ vattenne, va’ vattenne …, seguita da Gennaro )

Filomena                    ( commentando )   Ah …. l’ammore, l’ammore. 

                                               

 ( d’improvviso  la turista ha un leggero malore, e Filomena se ne accorge )

Filomena                    Uè signò che d’è  ?  Che ve sentite ?

Turista                       Aspettate ( si appoggia al muro )  non mi sento bene.

Filomena                    Uè, uè gente, purtate na seggia, nu bicchiere d’acqua e zucchero. Facite ambressa, ‘a signora nun se sente bona. ( rivolta alla signora ) Aspettate nu mumento, appuggiateve a me.

Popolo                                    Uè, faciteme passà. Ccà sta ‘a seggia.

Popolo                                    Ca sta ‘o bicchiere d’acqua. Bevite chianu, chianu.

Popolo                                    Pigliateve ‘stu cuscino,  accussì ‘a facite appuggià ‘a capa.

Popolo                                    Ma forse sta diuno ‘a signora ? Ve faccio quaccosa di caldo ?

                                   Nu poco ‘e brodo ‘e dado. Jà, che ce vò ?

Turista                       No grazie, non è niente. Adesso mi passa.

Popolo                                    Ve vulite misurà ‘a pressione ? Chiammo a mio marito ?

Popolo                        Ma lassatela respirà nu poco, e luvateve ‘a tuorno. Nun vedite ca ce levate ll’aria ?

                                               ( all’improvviso tutti si bloccano, come in un fermo-immagine )

Filomena                    Signò, avete mobilitato un intero rione. Ve ne siete accorta ?

Turista                       Sì grazie, grazie;  siete stati  tutti così carini, premurosi, disponibili, …..

Filomena                    …. umani. Chesta è ‘a parola giusta. Esseri umani, no animali. Nuie nun simmo capaci ‘e sta’ fermi si quaccheduno  have bisogno d’aiuto.

                                                                       (  sbloccati dal fermo-immagine )

Tutti                           Né allora ve sentite meglio ?

Turista                       Sì. Già mi sento meglio; sarà stato un capogiro.

Tutti                           Meno male ( allontanandosi ) C’avite fatto mettere na paura !

                                                           ( tutti ritornano alle loro cose  )

Filomena                    Jate, jà m’’o veco io cu’ ‘a signora. E allora ?

Turista                       Tutto Ok. Sto camminando da stamattina e forse avrò preso un colpo di sole.

Filomena                    E allora mo sapite che facimmo ? Ce ne jammo a’ casa mia. Ce mangiammo quaccosa e accussì v’arrepusate nu poco.

Turista                       Ma io debbo tornare in albergo, m’aspettano per l’ora di pranzo.

Filomena                    Perché state con la famiglia ?

Turista                       No, sto qui da sola.

Filomena                    Embè e allora chi v’aspetta ?

Turista                       Ma… quelli dell’albergo, gli amici. 

Filomena                    Seh, chillo stanno aspettanno justo a vuie. Sentite a me, jammuncenno a’ casa mia.

Turista                       Ma … ( poi convinta )  e va bene …… (  in un ridicolo napoletano ) ghiammuncenno.

Filomena                    E brava all’inglese;  se sta ‘mparanno ‘o napulitano.

Stiamo diventando internazionali.

                       (  canzone  :    Tarantella internazionale  )     chiusura

II      ATTO

( la scena si svolge all’interno della casa di Filomena; ci sono lei, il marito e Margareth; hanno appena finito di mangiare )

Guappo                     E allora ?  Dite la verità comm’erano chilli spaghetti a’ vongole ?

Turista                       Buoni, buoni veramente.

Guappo                     E mia moglie non voleva!

Filomena                    Che c’entra, era pe’ nun perdere tiempo.

Guappo                      Uh Gesù, e che tiempo avimmo perso. Chiù a dicere ca a farle.

                                    ‘O tiempo che bolle l’acqua, duie spaghetti, ½ kg. ‘e vungulelle add’’o

                                    pisciavinnelo ‘e rimpette; nu poco d’aglio, sale e prezzemolo, e a chi le piace….. na pummarulella schiattata ‘a dinto…. ed ecco servito.

                                    Putesse ghì annante a’ regina vosta, signò.

                                    Pe’ mia moglie, invece, ce vo’ na ricorrenza pe’ fa’ ‘e vongole.

Filomena                    E comme sì pesante, ah…  E chiude nu poco ‘sta vocca e vide si ‘a signora vo’ quaccosa pe’ digerì, ohì.

Guappo                      Uhm… e si chiudo ‘a vocca comme c’’o dumanno?  ( rivolto alla turista ) Madame un caffè o nu bicchierino ‘e limoncello ? 

Turista                       E che cos’è ?

Guappo                      E che ve spiego. Bevitavillo e po’ parlammo. ( prende una bottiglia e serve il limoncello )  E allora ?  Il giro turistico come è andato ?

Turista                       Bene, bene. Ho visto tante cose stamattina e devo dire che Filomena è una buona guida, perché non ti fa vedere i posti più belli e famosi ma quelli più veri e più difficili da capire. Però in fondo è questa la vera Napoli.

O sbaglio ?

Guappo                      La vera Napoli è quella silenziosa, quella che lavora; quella che da anni è schiava della propria ignoranza e della propria onestà. Quella è la vera Napoli. L’altra, invece, è quella che va sui giornali, in televisione; quella che sta nelle offese degli stranieri e spesso …. spesso anche in una parte degli italiani stessi. E  quella è l’immagine che resta nella testa della gente. Purtroppo.

Filomena                    Totò, appena hè  fernuto ‘e fa’ ‘o filosofo pecchè nun vide si riesce a fa’ pure ‘e compiti d’’a scola ‘e Maria. C’ha ditto ‘a  maestra: se non ci riesci fatti aiutare dai tuoi genitori.

Guappo                      ( ripete ) Fatti aiutare dai tuoi genitori…. plurale. Cioè tutti ‘e duie.

Filomena                    Ma ‘o ssaie ca io a’ scola nun so’ mai ghiuta cu’ piacere.

Guappo                      Tu ?  ( ironico ) Io nun so mai ghiuto cu’ nisciuno.

Turista                       Di che si tratta ?

Filomena                    E’ nu tema. Sta scritto ccà ‘ncoppa o’ quaderno.

Turista                       “ La perestroika russa ha cambiato il volto all’Europa. Se sei d’accordo illustrane i vantaggi, se non sei d’accordo spiegane i motivi. “

Guappo                      ( ironico)   “ Si nun te ne fotte niente nun ne parlà proprio “.

Filomena                    Ma che fai a fa’ ‘o scemo ?

Guappo                      Ma pecchè vedite si cheste so’ cose c’addà fa’ na guaglione ‘e terza media. Comme è  … ‘sta parola ?

Turista                       Perestroika.

Guappo                      Perestroika… jà, vedite si so’ parole ca se diceno  a’ scola.

Filomena                    Ma pecchè, che significa ?

Guappo                      Gesù Filumè, perestroika. So’ doie parole dint’a una.

Turista                       ( sorridente ) Ma lasciate stare e non vi preoccupate. La ragazza saprà certamente farlo da sola.

Guappo                      Ah sì ?  E speriamo ! 

Filomena                    Vabbuò Totò, e allora nuie ce n’ascimmo.  Vaco a’ accumpagnà ‘a signora all’albergo. Ce vedimmo chiù tardi. Statte bbuono.

Turista                       Signor  Antonio vi saluto e grazie per l’ospitalità; speriamo di vederci presto.

Guappo                      State tranquilla, ce vedimmo prestissimo. Adesso andate, andate  pure. 

( le due se ne vanno; la scena cambia e ritorna in piazza; in un angolo davanti  ad un basso c’è un ragazzo seduto sullo scalino; gli si avvicina un signore con l’atteggiamento di chi sta cercando qualcuno )

Filosa                         Sta qui la famiglia Capece ?             

Peppino                     ( con una voce da ebete )  Può darsi.

Filosa                         Che significa può darsi ? Tu si’ ‘o figlio ‘e Rafele ? 

Peppino                     Può darsi.

Filosa                         N’ata vota ?  Sienteme buono, pateto sta ccà ?

Peppino                     No,  papà nun ce sta.

Filosa                          Ah… e quando torna ?

Peppino                     E chi ‘o sape; 8 anni, 9 anni…. dipende ‘all’ avvocato.

Filosa                          Ma pecchè addò  sta ?

Peppino                     Papà ?  Sta a Poggioreale. E chillo accidette a mammà.

Filosa                          Niente di meno ?

Peppino                     E sì, pecchè mammà ‘o mettette ‘e corne. E allora giustamente papà l’acciso.

Filosa                          Ma come “ giustamente “,  quello è un omicidio.

Peppino                      Che c’entra; omicidio è quando uno ammazza a un altro senza un motivo; oppure per fare del male. Invece mammà l’aveva miso ‘e corne. 

Filosa                          Ma non è un buon motivo per ammazzare una persona.

Peppino                     Chesto ce l’ata dicere a papà.

Filosa                          Vabbè e allora …. niente … quando lo vedi …

Peppino                     Ma io non lo vedo…

Filosa                         Insomma… quando lo senti

Peppino                     Ma io non lo sento ….

Filosa                         Scusa ma … famme capì….  ma tu addò campa, cioè .. cu’ chi campa ?

Peppino                     Io stongo c’’a nonna.

Filosa                          Ah … ho capito. E allora nun fa niente. Io so’n’amico ‘e pateto ‘e quando facevamo ‘e surdate. Me so’ truvato a Napoli e ‘o vulevo salutà.

Peppino                     Ah…e se aspettate lo potete vedere.

Filosa                         Eh sì… mo aspetto nove anni.

Peppino                      Nossignore, se siete un amico mo ve lo chiamo. Io pensavo che eravate qualcuno che doveva avere soldi. 

Filosa                          Ah….. ma pecchè…..allora … cioè tuo padre  ?   Ih che piezzo ‘e malandrino….

Peppino                     ( gridando )  Papà, papà  iesce ccà fora. Ce stà n’ amico tuoie.

Raffaele                     ( esce di casa )  Che d’è Peppì ?  Che è stato ?

Peppino                     ‘Stu signore te vò !

Raffaele                     A me ?  Scusate  … volevate…( sorpreso e contento)  Uè Pascà (i due si abbracciano  ) Pasquale Filosa,  marconista.

Filosa                         Esatto, proprio io.  E di fronte a me,  Raffaele Capece,  magazziniere.

Raffaele                     Marò… che piacere.

Filosa                         Complimenti.  Hè miso chisto cane ‘e presa fore ‘a porta !

Raffaele                     Chi Peppeniello ?  E’ mio figlio.

Filosa                          Tuo figlio ?  Ma quando maie; chillo è nu vecchio attore ‘e teatro ca tu hè scritturato pe’ na commedia. ( pausa ) Embè ma allora ‘o fatto ‘e tua moglie ?  Ma mica … 

Raffaele                     No,  chella è na storia ca s’è ‘nventato Peppeniello. Ma vieni, viè; trase dinto. Che piacere; ma  quantu tiempo è passato ?  ( entrano in casa )

                                                                       ( nella piazza arrivano tre donne )

Antonietta                 Uè,  e vuò parla o no.  Insomma ce vuò dicere ‘e ccose comme vanno.

Maria                         E ghià nun ce fa’ sta’ accussì.

Carmela                     E mo, mo,  nu mumento, faciteme piglià ciato. Aggio fatto na corsa da’ ferrovia a ccà  pecchè pulman nun ce ne steveno. E mo sto tutta sudata e cu na sete ‘e pazzi.

Antonietta                 Vabbuò e doppe ghiammo o’  bar a ce piglià quaccosa. E pave tu.

Carmela                     Vabbè, sissignore.

Antonietta                 E mo te vuò movere ?

Carmela                     Ma movere ‘e che ?  Ma che vulite sapè ?

Maria                         Ma comme che vulimmo sapè ?   ‘E Vicienzo. Mo è chiù ‘e n’anno  ca state ‘nzieme. Isso che tipo è….. ‘e cose voste comme vanno… ( maliziosa ) comme te tratta.

Carmela                     Eh, insomma. E’  nu buono omme, chesto sì. Un lavoratore, affettuoso e preciso. Però è geluso e po’ ….

A. & M. insieme        E po’ ?

Carmela                     E po’… e po’  basta.

Antonietta                 Ma comme basta ?  Ma insomma Carmè nun  capisci…?

Carmela                     No io aggio capito, aggio capito buono chello ca vulite  sapè.

E insomma io che v’aggio ‘a dicere…

                       (  parte la canzone :   ‘O nnammurato mio )

( le donne vanno via; in strada spunta da un lato l’avv. Esposito e dall’altra una donna anziana che lo ferma )

Signora                      Buongiorno avvocà, vi posso importunare ? Vi devo chiedere una cosa  urgentissima.

Avvocato                   Signora, adesso non è possibile,  devo scappare allo studio.

Signora                      Avvocà ma se tratta proprio ‘e nu minuto.

Avvocato                    E va bè, ma fate presto.

Signora                      Vi ricordate la nicchia che ci siamo comprati io e mio marito ‘ncoppa o’

camposanto centrale ?  Facisteve  proprio vuie ‘o  contratto co’ Comune. 

Avvocato                    Sì, mi ricordo, mi ricordo. E allora ?   

Signora                      Ecco…. Avimmo saputo da una nipota nostra ca va spisso o’ cimitero  a truvà  il marito  morto un anno fa,  ancora giovane, ‘na cosa che ci ha lasciati tutti…..

Avvocato                    Signò….. e vi ho pregato  ho gente allo studio. 

Signora                      E allora vi dicevo, questa nostra nipota ha ditto ca ha visto ca dint’a nicchia nostra   c’hanno miso  quaccosa,  e che fuori c’è sta sempe gente a  pregà. Pò essere ca pe’ sbaglio o addirittura volutamente  c’hanno ‘nfilato a quaccheduno  dinto ? 

Avvocato                   Quella è una proprietà privata e nessuno può abusivamente appropriarsene.

Signora                      Eh…. ma  si fosse overo … ch’avimmo ‘a fa’  ?

Avvocato                    Appurare se effettivamente qualcuno ha violato la proprietà dopo di che adire le vie legali .

Signora                      Avvocà ‘na causa ?  E quanto tiempo ce vò ?  Nun ‘a fernimme chiù ?

Avvocato                    ( spazientito ) E allora vorrà dire che al momento opportuno intenteremo  una causa di sfratto per uso proprio ?

Signora                      Avvocà    ……….. ( fa il segno delle corna ) !

Avvocato                   Signò ci vediamo con calma, vabbè ?  Mo devo proprio scappare. ( se ne va )

Signora                      ( commentando fra se ) Uso proprio ?  Avvocà, ma famme fa’ ‘na grattata, va. 

( anche la signora va via, mentre dal basso di Raffaele Capece l’amico esce per andare via )

Rafele                        Uè vieneme a truvà quacche vvota. Mo ‘o ssaie addò stongo ‘e casa.

Filosa                         Sì, sì vabbuò. E saluteme ‘o guaglione.

                                                                                  ( l’amico se ne entra )

Filosa                          Te vengo a truvà ?  Ma fammi ‘o piacere. Nun ce vedimmo a tant’anni e nun me faie manco assettà nu mumento; nun fai na tazza ‘e cafè, nun dice “ vuò rimanè a mangià “ ?

Doppe manco mez’ora me faie capì ca forse è meglio si me ne vaco…..

( imitando la voce ) “ uè vieneme a truvà quacche vota “.  Rafele Capece …..

( fa un gesto con le dita, inequivocabile ) ma vaff….

( entra una donna, Lucia,  che si ferma di fronte ad un  quadro della Madonna che si trova attaccato al muro; sul fondo stanno rientrando anche Filomena e la turista )  

Lucia                          Ave Maria, piena di grazia, famme na grazia pure a me, stasera. 

Tonino mio sta male ‘a chiù ‘e ‘nu mese e ‘o prufessore ha ditto ca tutto chello c’aveva fa  l’ha fatto. Mo sulo ‘nu miracolo ‘o po salvà.

Madonna mia io tengo sulo a isso. Nun t’’o piglià, te prego.

Tonino è tutta ‘a vita mia. Io senza d’isso, nun so’ niente, nun so’ nisciuno.

So’ ‘na vela senza viento,  ‘na lampa senza petrolio.

E si no me votto abbascio e me ne vengo pur’io ‘nzieme a isso.

T’’o giuro. Si nun me faie ‘a grazia io m’accido. Hè capito m’accide ?

Perciò, vide ch’hè ‘a fa’.

                                               ( esce di scena )

  

Turista                       Mi sembra uno strano modo di pregare, o sbaglio ? E poi questo rapporto quasi personale con “ il Cielo “. 

Filomena                    Signò, noi siamo devoti alla  Madonna, ai Santi ed al Sacro Cuore di Gesù perché gli unici ai quali ci possiamo affidare veramente sono loro.

                                    Loro sono i nostri governanti, il nostro conforto, la nostra speranza e la nostra disperazione.

Turista                       Disperazione ?  E perché ?

Filomena                    E perché noi ci affidiamo a loro. E si nun ponno fa’ niente lloro, allora significa ca nun ce sta proprio niente ‘a fa’.

( entrano in scena degli attori di strada  per organizzare uno spettacolino ed anche una zingara che legge la mano  )

Turista                       E questo cosa essere ?

Filomena                    Sarrà nu  teatrino.

Turista                       Fanno uno spettacolo ? Ce lo vediamo ?

Filomena                    E certo, tanto che tenimmo ‘a fa’  ?

Banditore                  Gente venite, correte a vedere.

                                   Oggi grande spettacolo.

                                   Una storia d’amore e di coltello.

                                   Follia e gelosia. Correte gente, correte.

                                   Presto che comincia lo spettacolo. Prego signori, che lo spettacolo inizia.

( un po’ di gente affolla la piazza e dopo un poco comincia lo spettacolo )

Attrice                        Che bbuò ?

Attore                         Aspetta,  t’aggio ‘a parlà.

Attrice                        No, basta, nun voglio sentì chiù niente. Ogni vvota  è ‘a stessa storia, ogni vvota ‘e stesse parole.  Mo  basta !  

Attore                         Eh no, cara mia, basta ‘o dico io. Ma insomma quanto addà durà chesta commedia ? Pe’ quantu tiempo ancora aggia recità ‘sta parte ?

Attrice                        Ma quale parte, quale commedia ?

Attore                         Ma tu te cride ca io so’ scemo overamente ? Tu piense ca io cammino cu’ lluocchie ‘nchiuvate ‘nterra ? Ca nun me guardo attorno ? Te cride ca nun

te conosco ? Chello c’avevo ‘a capì l’aggio capito, ma…stateve accorti pecchè io a’ rroba mia  nun ce rinuncio accussì, facile, facile.

‘A rroba mia io ‘a difendo co’‘o curtiello. E tu si rroba mia…. 

Attrice                        …. e io nun capisco che vuò dicere…

Attore                        Nun capisci è ovè ?   E vabbuò,  mo t’’o faccio capì io.

                                                           (  canta  : L’urdema tarantella )

                                   ( piccolo applauso delle persone che al momento saranno in scena )

Banditore                   Prego signori, una piccola offerta. ( facendo il giro delle persone ) Una piccola offerta, grazie.  Prego signori …( e così via ). 

Zingara                      ( si mette con un banchetto davanti al portone )  Venite, venite a scoprire il vostro futuro. Venite dalla zingara che vi legge la mano e ve dice tutto cose; soldi, fortuna, amore. Faciteve leggere ‘a mano.

Guardia                     Voi qua non potete stare.

Zingara                      Ah sì ?  E pecchè ?

Guardia                     Pecchè qua è vietato sostare. ( indica un cartello di “ Passo carrabile “ )

Sta scritto anche sul cartello.  Non sapete leggere ?

Zingara                      No, io nun saccio leggere ‘e cartielli. Io vedo il futuro, leggo la mano.

Guardia                     E allora mo v’ho scrivo miezo a’ mano accussì ‘o leggite e nun v’ho scurdato cchiù.

Zingara                      ( andandosene via )  Ma quanto è antipatico.

Turista                       ( rivolta a Filomena )  Mi piacerebbe sapere il mio futuro.

Filomena                    Siete sicura signò ?

Turista                       Pecchè ?

Filomena                    Pecchè, per esempio,  io nun ‘o voglio sapè.

‘A vita è bella quanno è novità, quanno te scite ‘a  matina e nun saie chello ca succedarrà. Nun saie si scennenno miezo a’ via può ‘ncuntrà ‘o bene oppure chi te vò fa’ male. Po essere ca è l’urdemo ghiuorno ca te resta ‘a campà e comunque po essere ca fino all’urdemo mumento è stato ‘o chiù bello d’’a vita toia.  Ma nun ‘o può sapè primma. Nun l’hè ‘a sapè primma.

‘E comme a nu regalo. E’ bella ‘a sorpresa.

E ‘a vita ….. è tutti ‘e ghiuorne ‘na sorpresa.

Turista                       Forse hai ragione.

Filomena                    Si proprio vuò fa’ quaccosa, fatte da’ duie numeri o’ bancolotto. Nun ghiesceno, ma fino all’estrazione te regali  ‘nu suonne.

E già chello te fa sta’ bbona.   

( Margareth si sposta verso il centro o un angolo della scena e guarda lontano )                                              

Turista                       Che bello, da qua si vede anche il Vesuvio. Ma non avete paura

                                   di quel vulcano ?  Di questa spada sulla testa che può colpirvi da

un momento all’altro ?

Filomena                    No, non abbiamo paura. E poi di cosa dovremmo avere paura ?

Di qualcosa che non sappiamo se e quando succederà  ?

                                   Noi nun tenimmo paura ‘e chello che ce succede tutte ‘e juorne,

                                   e quello veramente ci succede signò,  figuratevi  se ci può spaventare

un’ipotesi. Dite : ma quello potrebbe distruggere tutta la città, morite

tutti quanti. Va bene !   Almeno pe’ na vota nun facimmo a chi figli e a

chi figliastri. Finalmente saremo tutti uguali. 

Turista                       Beh,  è una strana teoria.

Filomena                    Ma non è una teoria, signò,  è la realtà. Ci affidiamo al destino.

Quello che è scritto è scritto. Certo ... speriamo che non succede.

Che poi,  è vero,  se scoppia il Vesuvio finiamo male;  ma perché se non

scoppia campammo bbuono ?  Nuie tenimmo nu Vesuvio ‘ncapa ca ce scoppia tutti ‘e juorne, signora cara, ca nun avite idea.

E poi nuie ‘e na manera avimma murì;  e fortunatamente ‘e chesto nun ce n’amma preoccupà nuie. ( alza un dito verso il cielo ) Ce sta chi ce pensa, è compito suoie. ( sospirando )  Almeno chesto. 

Turista                       Cos’è una critica al Padreterno ?

Filomena                    Ma p’ammore ‘e Dio, signora cara, non lo dite neanche per scherzo.

E poi criticare che cosa ?  Ma per carità. Noi lo sappiamo bene che Lui c’è

sempre quando vi è bisogno di aiuto.  Si vede che noi di aiuto non ne abbiamo bisogno; ci sappiamo aiutare da soli.  E tutto sommato questo per noi è motivo di orgoglio. 

Il Padreterno pensa: “ ma al sud che vado a fare; il napoletano se la sa vedere, è intelligente, è giudizioso; è meglio che vado al Nord a dare una mano, pecchè è là ca forse nun so buoni.

Turista                       ( scherzosa )  Ah … c’è una Lega del Sud !

Filomena                    ( c.s. )  No !  Ce ne frega del Nord  !

Turista                       Ok, ho capito. Ed allora “ ciao Vesuvio “.

Filomena                    Signò, il Vesuvio vero è quello che è rimasto negli occhi e nel cuore della gente che è dovuta andare lontano da Napoli a vivere, a lavorare. Quelli che ancora vivono questa città comme a na ferita ca nun se sana. A quelli che il cuore batte ancora forte  quanno ricevono na lettera o na semplice cartulina, addò se vede ‘o Vesuvio, ‘o golfo ‘e Napoli e pe’nu mumento ‘e distanze s’ annullano, ‘e  pensieri s’ affollano, e  i ricordi ….. ‘a doce .. se fanno amari.

                                    ( entra in scena qualcuno che canta :  ‘A cartulina ‘e Napule “; dopo la canzone Filomena e Margareth escono di scena, ed entra invece un signore, il dottore Vanacore e dall’altro lato Totonne ‘o guappo )

                                  

Guappo                     Ah, duttò buongiorno. Proprio a vuie jevo cercanno.

Dottore                      E pecchè ?

Guappo                     No, ve vulevo fa’ leggere l’analisi che m’aggio fatto l’atu juorno.

                                   Ha ditto mia suocera  ca nun so’ bone.

Dottore                      Pecchè tua  suocera  è dottoressa ?

Guappo                     No, ma è stata tanta vote malata !  Chella ne sape chiù de’ miedece.

Dottore                      Damme ccà famme leggere, cu’ tutte ‘o rispetto p’’a suocera. 

Guappo                      Dottò  controllate …  ‘o zucchero è alto ?  E pure ‘e carne;  ha ditto ca è asciuto assai carne ?  E  po’ dice ca pure ‘a frittura è troppo ? 

Dottore                      Scusa ma so’ l’analisi o è ‘o menù d’o ristorante  ? Famme vedè a me.

’A carne, ‘a frittura. Vedimmo, fosse asciuto pure ‘o limoncello !

Guappo                      E nun po’ essere pecchè cheste me l’aggio fatte ll’atu juorno. ( il dottore se lo mangia con lo sguardo; dopo un poco riprende  )  Duttò…

Dottore                      ( spazientito )  Che vuò ?

Guappo                     Dottò, dicite ‘a verità….. avesso ‘a mettere doie piastrine ‘e chiù ?

Dottore                      Sì, pe’ zanzare.

Guappo                      ( sempre petulante )   Duttò,  un’ultima cosa e basta: ha ditto mia suocera ca è asciuto pure ‘o  fegato; m’hanno truvato ‘o fegato.

Dottore                       L’hanno truvato ?  Meno male, va. Eh…senza fegato nun è facile. Comunque Totò  ( gli restituisce il foglietto ) tu staie meglio ‘e me e meglio d’’a gnora  toia. Tiè, astipatella.

Guappo                      Grazie duttò, grazie. Io già ‘o sapevo, pecciò nun m’’e faccio maie. Chella è mia moglie ( muove il foglietto )  che m’ammoscia.

Dottore                      Statte bbuono.

Guappo                     Arrivederci, duttò.  E grazie. 

                                    (  escono di scena entrambi ognuno da un lato;  si sentono gli ultimi accordi di “ Anema e core “ ; escono due persone, una ha una chitarra in mano; dall’altro lato entra un altro giovane  )

Suonatore                  E chesta è n’ata serenata persa. Nun ce sta niente ‘a fa’ Gigì, chesta tene ‘o core chiù tuosto ‘e na preta. E l’aggio mannata rose, biglietti. Ma niente. E fosse sul’io ! Tene na folla ‘e gente areto. Nun dice sì a nisciuno.

Smargiasso                Chi Maddalena o’ terzo piano ?

Suonatore                  Precisamente.

Smargiasso                Pecchè ancora nun ha ‘ncuntrato l’ommo giusto, l’ommo positivo. ( fa un gesto con la mano come a dire “ allontanatevi “ )     Permettete ?

(  ritornano in scena Filomena, Totonne e Margareth, che restano in un angolo ad ascoltare.  Parte la canzone  :    Serenata smargiassa.   

                                     Alla fine vanno via tutti.)

Guappo                      ‘O fatto è ca ‘a femmena nun s’addà piglià troppo dolcemente, troppo cu’’e mullechelle. ‘A femmina, e vvote,  vo’ essere sbattuta.

Turista                       Beh.. non proprio.  La donna, finalmente, ha ottenuto la parità, l’autonomia; una propria dignità e identità.

Filomena                    ‘A femmena addà fa’ ‘a femmena, e l’ommo addà fa’ l’ommo. Accussì c’ha fatto ‘o Pataterno, e un motivo ci sarà.

Guappo                      Ci ha fatti  maschi e femmene …. anche per un fatto di accoppiamento.

Filomena                    E piense sempe  a’  stessa cosa.

Guappo                      Che c’entra, io dicevo in senso, diciamo, scientifico.  E po’uno ci addà pensà. E si vuie femmene nun ce pensate maie…né ma ve l’avimmo ricurdà ? O no ?   

Filomena                    Malati, … site malati.

Guappo                      E a vuie tanto ca ve dispiace ‘e fa’ ‘e ‘nfermere. ( poi rivolgendosi a Margareth ) Signò e quanno ve ne turnate in Inghilterra ?

Turista                       Domani sera. E quasi, quasi mi dispiace partire. Mi sarebbe piaciuto stare ancora un po’ in questa città, scoprirla ancora un altro poco. Sono stata sei anni a Milano per lavoro, ma a Napoli non c’ero mai stata. 

Filomena                    E voi tornate presto, così ce facimmo n’atu  giro panoramico. Venite a’ stagione a fa’ duie bagni. 

Turista                       Magari, ma non è possibile. Ma finchè c’è vita c’è speranza.

                                               (  si avvicina un ragazzo, quello dello scippo;  dà una occhiata al

guappo che gli fa cenno di andare )

Guappo                     Signò ‘stu guaglione ve vò.

Turista                       ( guarda il ragazzo )  Ma noi ci conosciamo, o sbaglio ?

Ragazzo                     No, signò io nun v’aggio mai vista.

Turista                       Sicuro ?

Ragazzo                     Sicuro. Io aggio truvato chesta ( mostra la macchina fotografica )  sotto a nu marciapiede. Aggio pensato ca quaccheduno  l’aveva persa e l’aggio pigliata. Po’ uno m’ha ditto ca forse era chella che s’avevano pigliata a na straniera, e allora v’aggio cercato.

Chesta è ‘a vosta  ?

Turista                       Può darsi, fa’ vedere. ( dà un’occhiata alla macchina, poi guarda il ragazo )  No, non è mia.

Ragazzo                     ( sorpreso ) Ma comme no;  chesta è ‘a machinetta vosta.

Turista                       E tu che ne sai ?

Ragazzo                     E pecchè …… ( confuso )  pecchè è a vuie che se l’hanno pigliata, o no ?

Turista                       Sì, è vero.  Stamattina un delinquente mi ha strappato di mano una macchina fotografica e quella violenza subita mi aveva subito riportato alla mente la Napoli che m’avevano descritto prima di partire. Ma alla fine proprio da quell’episodio in poi ho scoperto un’altra città; con la sua gente, con i suoi sentimenti, con le sue difficoltà.  Ho visto, ho sentito, e forse ho capito.

Ragazzo                     Io invece nun aggio capito proprio niente, signò.

Turista                       Ah sì ? Ed allora ti spiego io una cosa.  Questa macchinetta somiglia alla mia ma non è mia. Secondo la legge, invece, chi trova un oggetto abbandonato ne diventa il legittimo  proprietario. Per cui adesso questa macchinetta è tua,  legalmente.  Io posso solo chiederti un favore. Chi l’ha perduta aveva fatto certamente delle foto. Ed allora per ricordo di questa città, mi piacerebbe averle. Per cui facciamo così ….. ( leva il rullino dalla macchina ) questo a me e questa a te ( gli consegna la macchina ).

Guappo                      Guagliò, ringrazia a’ signora …. e vavattenne. 

Ragazzo                     Signò, grazie assai. ( il ragazzo si avvicina per darle la mano; la signora gli dà un bacio; poi  il ragazzo scappa via; Filomena e Totonne ‘o guappo si guardano )

Guappo                      Perché avete fatto questo ?

Turista                       Ma perché …. il colpevole non è lui. La colpa è di tutti quelli che lo costringono a comportarsi in quel modo; di quelli che non permettono che le cose cambino, di quelli a cui fa comodo questa Napoli qui. La colpa non è sua; la colpa è di tutti.

Filomena                    Proprio così, ‘a colpa è  ’a nosta. Che peccato ! Chesta città è ‘a chiù bella d’o munno; chesta gente è ‘a chiù bella d’o munno.

                                    Purtroppo ….. è ‘o munno …. ca è brutto.

                                    E Napule ce sta dinto; nuie ce stammo dinto.

                                    ( si allontana di lato e guarda verso l’alto )  Guardate che luna ca ce sta ‘ncielo e ‘a sotto ce stammo nuie. Ce sta Napule.

                                    ( ritorna al centro della scena e conclude con una poesia )

                                   Napule

quanti storie sotto a chistu cielo

sotto a ‘sta luna argiento

 ca nu velo ‘e luce spanne comme a  lampione

dint’’e vicoli scuri d’’o rione

‘ncoppa ‘e facce stanche ‘e chesta gente

ca astipa sempe e nun se trova niente.

                                   

( parte la canzone   :     ….e ‘a luna sta a guardà. )

                                   

( sulla canzone tutti gli attori ritornano in scena formando un cerchio intorno alla cantante; sull’ultima nota  buio totale)                         

   

                                                                       F  I  N  E