E dev’essere un maschio

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E DEV’ESSERE UN MASCHIO

Commedia brillante in quattro tempi

Di GIUSEPPE ACHILLE

PERSONAGGI

FRANCESCO BRIGADIN, banchiere

GRAZIELLA, sua moglie

KITTY ROZIER

FILIPPO BONNAT, cugino dei Brigadin 

RENATO DAUBRY, scultore

EUGENIO DUPONT, detective privato

MADAMA HILDA, chiromante

PALMIRA, cameriera della chiro­mante

NINETTO, inserviente del Circolo del tennis

ADRIA­NA RIVIÈRE

FEDERICO, cameriere

EVELINA

A Parigi. Oggi.

Commedia formattata da

PRIMO TEMPO

La saletta dell’ingresso del Circolo del tennis. Una stanza quasi nuda con l'arredamento semplicissimo e ri­dotto al minimo in­dispensabile. A destra la comune; a sinistra un'apertura mascherata da una tenda rossa di tes­suto lucido, che fa una bella macchia di colore nel tono neutro delle pareti. Al di là della tenda semichiusa s'intravede un corridoio che conduce agli spogliatoi. Nel fondo un vano aperto senza tende ne porte dà sul parco nel quale sono i campi di gioco. Qualche tavolino e qualche sedia di metallo tubolare. Un apparecchio telefonico, giornali sportivi sui tavolini.

 (All'alzarsi del sipario Ninetto, inserviente del Circolo, sta giocando con l'auto-bridge).

Neretto                          - Oh, vediamo questa. Due senza. (Fa fun­zionare l’auto-bridge e dichiara il punto dell’avversario) Tre cuori. (Controlla il proprio punto e dichiara ancora) Quattro senza. (Rifa funzionare l’auto-bridge e dichiara contrariatissimo il punto dell’avversario mec­canico) Piccolo « slem » a cuori. Accidenti, non mi riesce un colpo.

Daubry                          - (un giovanotto tipo « danseur », entra da de­stra scartocciando una scatola di dolci) Che hai Ninetto?

Ninetto                          - (si alza senza eccessiva premura) Sto im­parando il gioco del ponte. Mi servo dell'auto-bridge del Circolo.

Daubry                          - Ti alleni per fare il marito di qualche vecchia signora?

Ninetto                          - (con un tono confidenziale) Chissà; un giorno o l'altro potrebbe capitare anche a me un colpo di fortuna.

Daubry                          - Hai ragione. Saper giocare al ponte è la posa più importante per un uomo che voglia fare vita di società.

Ninetto                          - Da quel che vedo qui dentro pare di sì.

Daubry                          - Ti lascio subito ai tuoi preziosi esercizi. Prima però dovresti portarmi questa scatola di dolci... sai dove. (Gli consegna la scatola).

Ninetto                          - Lo so. Nello spogliatoio della signora Brigadin.

Daubry |                        - Ecco, benissimo. Sei un mostro d'intelli­genza.

Ninetto                          - Devo dire alla signora che li mandate voi?

Daubry                          - Non è necessario. Fa come vuoi.

Ninetto                          - Ho capito.

Daubry                          - A proposito: Questo banchiere Brigadin che tipo è secondo te? Ricchezza solida o più fumo che arrosto?

Ninetto                          - Ah, solida, solidissima. Si capisce subito. Vedete, noi abbiamo un indice infallibile: il modo di dare la mancia.

Daubry                          - Davvero?

Ninetto                          - Sì. Il signor Brigadin appartiene a quella categoria di persone che adoperano il sistema che noi chiamiamo sistema di ferro: dare la mancia sempre, con precisione e con larghezza. Ma non a vanvera; il sistema di cacciare la mano in tasca, quel che viene viene è pro­prio degli artisti; ricchezza da miserabili. Il vero, il so­lido, l'autentico ricco ti dà magari un foglio da cinquanta, ma lo toglie dal portafoglio, con oculatezza ; lo guarda, lo palpa bene prima di dartelo. Anzitutto perché vuole assicurarsi che non siano due e poi perché vuol gustare il piacere di tutti i quattrini che ha e che gli consentono di essere generoso anche con te. Come ho detto, il signor Brigadin appartiene a questa preziosa categoria.

Daubry                          - Sei di una logica portentosa.

Ninetto                          - Noi viviamo della conoscenza che ab­biamo degli uomini. Prima di essere inserviente qui al Circolo ho fatto per cinque anni il cameriere all'estero. La vera psicologia nasce nei posti dove la gente mangia o si diverte. Soltanto lì si vedono le anime a nudo. A una tavola di ristorante, su un campo di gioco o a un tavolo dove si rischia del denaro la gente si rivela per quella che è. Le finzioni non reg­gono. Io ho fatto la mia esperienza così. Eppure sono un uomo che legge, che legge molto. Leggo in tre lin­gue. E oserei dire che sono un intellettuale. Ma i libri francamente non mi sono mai serviti a niente.

Daubry                          - Buono a sapersi. Siccome io ho sempre letto pochissimo, la tua teoria mi dà ragione. Sentiamo un po': la signora Brigadin come la giudichi, tu che conosci così bene i tuoi clienti?

Nenetto                         - Una donna a sorpresa; come certe uova pasquali. Non si sa che cosa ci si può trovar dentro. E il mistero incuriosisce.

Daubry                          - Ne so come prima.

Ninetto                          - E' molto semplice, invece. Se riflettete che ci sono sul mercato molte uova senza sorpresa dentro...

Daubry                          - La tua psicologia è troppo sottile per me.

Ninetto                          - (con degnazione) Vi dirò qualcosa di più banale, ma di più preciso, allora: la signora Brigadin è una donna ricca e onesta che si annoia. Si annoia sempre; in casa e fuori; sola e coi marito. Non c'è niente nella sua vita che la occupi profondamente. Al­lora, se domani... Un interesse, un sentimento... Mi ca­pite, vero? Difficile indovinare quali reazioni potreb­bero prodursi. Ecco la sorpresa dell'uovo pasquale. Chiaro?

Daubry                          - Sì, adesso andiamo meglio. Ma per essere ancora più precisi: credete che potrebbe domani tra­dire, suo marito?

Ninetto                          - Con voi? Tutto può darsi. Anzi, dirò di più: in genere una donna che ha un marito molto onesto, molto posato, molto per bene, si perde con un... (si trattiene). Sì, insomma: con l'opposto. E' il gusto del contrasto.

Daubry                          - (si raschia la gola con un certo imbarazzo) Allora se vuoi farmi la cortesia... (accenna alla sca­tola di dolci).

Ninetto                          - La scatola? Vado subito. E farò in modo che la signora sappia che gliel'avete mandata voi.

Daubry                          - Con discrezione.

Ninetto                          - (fa un gesto come per dire: fidatevi di me. Esce a sinistra verso gli spogliatoi).

(Dalla comune entra la signora Kitty Jlozier: trenta anni, americana, viva, nervosa, molto carina, un acci­dente. Eleganza un po' vistosa. Daubry le va subito incontro con grande effusione).

Daubry                          - Cara amica. Che bella sorpresa! Credevo che foste ancora in viaggio. Venite proprio come la manna dal cielo.

Kitty                             - Guai in vista, allora. Vi avverto però che non posso far niente. Ho perso molto al gioco in questi giorni. Sono in regime di economia.

Daubry                          - Siete brutale.

Kitty                             - No, sono prudente. Voi siete un uomo troppo pericoloso, mio caro.

Daubry                          - Non vi pare di esagerare? Ad ogni modo non vi ho chiesto niente. Non si tratta di voi.

Kitty                             - Sensazionale! Sarebbe la prima volta!

Daubry                          - Kitty, ho bisogno del vostro aiuto. Do­vete agire subito.

Kitty                             - Esclusa la moneta sono disposta a dirvi di sì. Ma come?

Daubry                          - (irritato) Perché fingete di non capire? E’ questa la vostra famosa amicizia?

 Kitty                            - Ora ci sono! La bella signora Brigadin. Una fortezza che resiste, a quanto pare. Ma le ho già parlato! La settimana scorsa; prima di andare a Can­nes. Le ho detto che vorreste farle il mezzo nudo...

Daubry                          - Macché mezzo nudo! Il mezzo busto.

Kitty                             - Fa lo stesso. Il mezzo busto perché ha delle linee molto interessanti.

Daubry                          - Spero che le avrete detto che mi piace molto non soltanto come scultore ma anche come uomo.

Kitty                             - Naturalmente. Ma quando voi volete fare il nudo a una signora, questa capisce subito tutto il resto. Non c'è bisogno di tante spiegazioni.

Daubry                          - E lei che cosa vi ha detto?

Kitty                             - Sentite caro: ve lo dico con tutta since­rità. Voi siete diventato un genere di difficile smercio. Sapete, in società le chiacchiere volano e l'allarme è dato. E’ un po' come il tam-tam dei negri. Avete sem­pre troppi debiti, ragazzo mio. E diventate fastidioso, preoccupante. E le preoccupazioni fanno venire le rughe.

Daubry                          - Siete di una superficialità...

Kitty                             - Ma no; dite buonsenso. Poi, vedete, nella buona società, per quanto riguarda gli amanti, vige fra le signore una specie di mafia. E' come fra i commer­cianti nei riguardi di un cattivo pagatore: si dà l'al­larme, si è solidali. Capirete, bisogna ben aiutarsi.

Daubry                          - Insomma, ho capito: mi piantate anche voi.

Kitty                             - Ma no, no! Cercherò di aiutarvi! Non po­tete pretendere però che faccia io tutto tutto... Anche voi dovete muovervi, parlarle. Dov'è ora?

Daubry                          - Laggiù che gioca a tennis.

Kitty                             - E voi state qui a fare delle chiacchiere con me? E' un bel modo di farle la corte!

Daubry                          - Già... quella donna mi intimidisce. Poi, vedete, se dovesse dirmi di no... Insomma, non ho la freddezza necessaria per... Mi capite, vero? Sono come un generale che gioca la sua ultima carta. (Si sente una voce di donna, poi nel vano di fondo appare Graziella Brigadin; sta ridendo e gestendo a qualcuno) Oh Dio! Eccola qui. E' lei.

Kitty                             - (sottovoce) Siate sereno, seducente, leg­gero. E soprattutto non parlatele di danaro, oggi. An­date per gradi. Mitridate si avvelenava a piccole dosi e il veleno non lo uccideva più.

Daubry                          - (piano) Chi era Mitridate?

Kitty                             - Siete anche ignorante. Ssss!

Graziella                        - (al suo interlocutore invisibile) Sì, sì, va bene. La rivincita. Ma lasciatemi riposare cinque minuti. (Viene avanti, è giovane, bionda, graziosa, piena di animazione; in bianco dalla testa ai piedi. I capelli un po' scomposti sotto la visiera da tennis e il volto arrossato. A Kitty) Ciao, cara, sei appena arrivata?

Kitty                             - Qualche minuto.

Graziella                        - Sai? Thomas e io abbiamo vinto. Giuochi anche tu? (A Daubry) Buongiorno, Daubry.

Daubry                          - (baciandole la mano) Buongiorno, si­gnora.

Kitty                             - Grazie. Non ne ho proprio voglia. Prefe­risco veder giocare te. Faccio del tennis solo quando è as­solutamente inevitabile. (Maliziosa) Ho trovato un altro sistema per dimagrire. Meno faticoso e più piacevole.

Graziella                        - Ho capito. Siamo sempre in luna di miele, allora?

Kitty                             - Ah, sì! Luna piena. Un incanto.

Graziella                        - (con un sospiro) Beata te.

Daubry                          - La invidiate? Eppure non vi mancherebbe certo il modo...

Graziella                        - Di seguire il suo metodo? Natural­mente. Ma preferisco dimagrire col tennis.

Daubry                          - Peccato! Sarei stato felice di essere il vostro « partner ».

Graziella                        - Vi ringrazio e declino l'offerta. (Squilla il telefono; Daubry si precipita all'apparecchio).

Daubry                          - Si, Circolo del tennis... Sono io... Ah, il ragionier Larat. (Un momento di disagio). Dite, dite... Ma, ecco, vedete, dopodomani... Vi assicuro che questa volta... (Cercando di abbassare la voce più che può e gettando sguardi allarmati verso Graziella) Un vuoto momentaneo... Ma coprirò... (Tagliando corto) Va bene. Vengo subito da voi. Vi spiegherò... (Depone il rice­vitore; è tutto sconvolto).

Graziella                        - Noie? Creditori? I vostri eterni guai, eh, povero Daubry?

Daubry                          - (tentando di sorridere, disinvolto) No, ma che cosa dite? Non mi parlate di creditori per carità. Non la posso più nemmeno sentir nominare quella brutta genìa. Sono assolutamente a posto. Lavoro mol­to; ho molte commissioni. Sono in una forma splen­dida. Sapete, se un giorno voleste decidervi a posare per me... Il mio estro, la mia ispirazione... Insomma, il vostro profilo mi seduce...

Graziella                        - Peccato che il vostro non seduca ab­bastanza me.

Daubry                          - Ma io penso che voi...

Graziella                        - Che io sono sincera, amico mio.

Daubry                          - (fra sé, disperato) Sono tutti sinceri con me!

Graziella                        - Fino ad oggi non ho mai tradito mio marito. Pensate davvero che se mi decidessi a farlo potrei perdere la testa per un uomo come voi? Dav­vero mi credete tanto sciocca?

Daubry                          - Sciocca? Mi sbalordite.

Graziella                        - Perciò non dovete perdere del tempo e fare dei sacrifici per mandarmi dolci e fiori nel mio spogliatoio. Vedete: lo dico nel vostro interesse. (A Kitty) Allora si va, Kitty? (Si alzano).

Daubry                          - (molto avvilito) Quand'è così... Avete torto però di giudicarmi... di dire che io... Mi avete frainteso, ecco... Comprendetemi. E in qualunque mo­mento... Sono un uomo superiore; non tengo rancore. Vi adoro... (S'inchina e se ne va rapidamente).

Kitty                             - 'L'hai trattato piuttosto male. Eppure, guar­da, quel ragazzo quasi quasi mi fa pena. Dev'essere impazzito per te. Sento che s'è buttato anche in spese. Non è nelle sue abitudini.

Graziella                        - Mi lasci in pace! Se credi che sia lu­singhiero per una donna essere corteggiata da un tipo simile.

Kitty                             - Sei giudiziosa da far ribrezzo. Anch'io, sai, però ho messo la testa a partito. Cambiata. Un'altra addirittura. Sono innamorata, sono felice. Mi è tal­mente fedele! Un uomo raro. Credo che ci sposeremo.

 Graziella                       - Come sarei curiosa di conoscerlo.

Kitty                             - Chissà! Forse un giorno ti dirò chi è. Ma voglio conoscerlo bene prima di fare un passo così importante.

Graziella                        - Hai ragione.

Kitty                             - Se per esempio dovessi accorgermi... Sai gli uomini sono tutti un po' farfalloni... Io voglio essere la «ola donna di un uomo unicamente mio.

Graziella                        - Anch'io con mio marito... Gli ho par» lato chiaro fin dal primo giorno. Ma, a onor del vero, anche lui è un uomo perfetto. E mi vuole un bene. Fedeltà assoluta. Potrei mettere la mano sul fuoco.

Kitty                             - In fondo siamo proprio due donne fortu­nate.

Graziella                        - Ah, lo puoi dire! (Si avviano verso il fondo. Ninetto entra da sinistra, s'inchina alle due donne).

Ninetto                          - Buongiorno, signora Brigadin. Buongior­no, signora Rozier.

Graziella e Kitty           - Buongiorno.

Ninetto                          - (a Graziella) La signora Brigadin troverà nel suo spogliatoio una...

Graziella                        - ... scatola di dolci, lo so. Omaggio del signor Daubry. E siccome sarà l'ultima, vi consiglio di approfittare dell'occasione per offrirla alla vostra amica.

Ninetto                          - Grazie.

Graziella                        - Se l'avete.

Ninetto                          - Come no? Ne ho due, signora. Tirerò a sorte. Grazie.

Graziella                        - Ecco, benissimo. Cioè, volevo dire: ver­gognatevi...

Kitty                             - (a Ninetto, colpita) Due amiche? E lo di­chiarate con tanta disinvoltura?

Ninetto                          - Non vedo che male c'è. Tutti hanno due amiche. L'uomo è bigamo: per istinto, per atavismo e per gusto, signora.

Kitty                             - E le vostre due amiche non sanno l'una dell'altra?

Ninetto                          - Naturalmente. E' la cosa più semplice del mondo. E chi lo viene mai a sapere?

(Le due amiche si guardano perplesse. Si sentono un po' scosse dopo tante fiduciose dichiarazioni nelle quali si sono avventurate prima).

Kitty                             - (a Graziella) E se anche loro?... I nostri uomini?...

Graziella                        - No, macché!

Kitty                             - Però, sai... (La prende vivamente sotto­braccio) Senti un po': se consultassimo una chiro­mante? Ne conosco una bravissima. Dovremmo andarci stasera... (Escono rapidamente dal fondo, scendono ai campi di gioco).

Ninetto                          - (sogguardando verso di loro) Ma senti che innocenza! Due colombe... (Si mette a riordinare qualcosa sui tavolini) Speriamo che ora economizzando in fiori e dolci quello là si decida a pagarmi. E' sci­volato un po' in basso quel signor Daubry. Ha perso un po' di linea. Non gli farò più credito. (Entra dalla comune Filippo Bonnat in abito da passeggio, cappello e bastone. Sui quarant'anni. Molto elegante, fiore all'occhiello).

Bonnat                          - Cos'hai da brontolare, Ninetto? Parli da solo; brutto segno. O diventi vecchio o stai per diven­tare scemo.

Ninetto                          - Buongiorno, signor Bonnat. Niente paura. Pensavo a qualcuno da cui riavrò difficilmente del danaro.

Bonnat                          - Eh, capisco, allora! Sfogati, sfogati.

Ninetto                          - Già fatto.

Bonnat                          - Hai visto la signora Rozier? E mia cu­gina la signora Brigadin?

Ninetto                          - Sono uscite in questo momento. (Indica la porta di fondo) Sono scese a giocare.

Bonnat                          - Benissimo; le raggiungo. Quando sta per uscire entra dalla comune il banchiere Francesco Bri­gadin. Elegantissimo, abito da passeggio chiaro, aria indaffarata e insieme viva scanzonata, cordiale festosa. E' quel che si dice un uomo in gamba: lo si capisce a prima vista).

Brigadin                        - Chi si vede! Caro Filippino!

Bonnat                          - (si volge) Caro Francesco! (Si salutano con grande effusione) Ti cercavo. T'ho telefonato in Banca un'ora fa...

Brigadin                        - Ah, ero in giro per affari! Sai io ho sempre gli affari, che... Come va, come va?

Bonnat                          - . Benone. E tu?

Brigadin                        - Mi conservo, mi tengo da conto. Capirai, ho una moglie giovane...

Bonnat                          - Devo parlare con te... di molte cose.

Brigadin                        - Dimmi.

Bonnat                          - Vieni; mettiamoci qui. (Lo conduce in disparte e abbassa la voce perché Ninetto non senta; del resto dopo un po' Ninetto se ne va). Intanto ti porto venticinque obbligazioni delle Ferrovie Sud. (Le toglie di tasca, gliele dà).

Brigadin                        - (verificando) Ancora?

Bonnat                          - Sì. Le terrai nella tua cassaforte col resto.

Brigadin                        - (scrutandolo) Ti vanno bene gli affari da qualche tempo.

Bonnat                          - Sì, faccio delle speculazioni fortunate.

Brigadin                        - Beato te. Va piano, però. Sii prudente. Quattrini ne hai pochi e con le speculazioni si fa presto a restare in camicia.

Bonnat                          - Ti dirò: non rischio roba mia. Ammi­nistro. E, tu capisci, qualche fetta resta sempre.

Brigadin                        - Amministri? E c'è qualcuno che si fida di te come amministratore?

Bonnat                          - Sì, la mia amica. Una cara creatura. Un angelo. Ha del denaro e le piace muoverlo. Io m'inte­resso delle sue operazioni di borsa. Oh, ti prego di credere, con molto scrupolo. Ma, insomma, ho le mie brave provvigioni.

Brigadin                        - (fischia) Un'amica ricca... Operazioni di borsa... Ma bravo! Ti metti in grande, ti rimpolpi su.

Bonnat                          - (si stringe nelle spalle modestamente come per dire: si fa quel che si può).

Brigadin                        - (col mucchietto delle azioni in mano) Ma perché non te le tieni tu, scusa, le azioni? Che bisogno hai di affidarmele così a spizzico?

Bonnat                          - Per prudenza, caro, per prudenza. Io sono troppo buono.

Brigadin                        - Be'! Non c'è niente di male.

Bonnat                          - Sì, che ce n'è. Io sono troppo buono e quando finisco di far colazione... Faccio quasi sempre colazione da solo... Una buona bottiglia di «Sauternes», il mio caffè, due o tre bicchierini...

Brigadin                        - Ti mantieni bene.

Bonnat                          - Si, mi piace la tavola.

Brigadin                        - E quello che c'è sopra.

Bonnat                          - Già... Mangiando leggo i giornali e vi leggo una quantità di sventure. Delle povere vecchie senza risorse, un vegliardo colpito da insolazione, delle giovani che cadono dall'alto... Sai, le tristezze della vita! E questo mi mette in uno stato!...

Brigadin                        - Ma è l'effetto dei bicchierini, veh!

Bonnat                          - Insomma, mi vengono delle idee assurde. Sogno di aiutare, di soccorrere tutti e certo se avessi con me il mio danaro sarei capacissimo... Fortunatamente... disgraziatamente, voglio dire... no, dicevo be­ne... fortunatamente il mio danaro l'hai tu e allora la paura di disturbarti, capisci?... Ho il tempo di ri­mettermi.

Bricadin                        - Capisco benissimo. Allora venticinque obbligazioni abbiamo detto?

Bonnat                          - Sì, che con le settantacinque che hai già fanno cento.

Brigadin                        - Sta tranquillo. Ho una lista di tutto quello che mi hai dato.

Bonnat                          - E adesso per dimostrarti la mia gratitu­dine... (toglie il portafoglio).

Brigadin                        - Cosa? Mi dai una mancia? (Si alza).

Bonnat                          - (malizioso e misterioso) No...

Brigadin                        - Cosa allora?

Bonnat                          - Metti in tasca. Un regalino grazioso. Ti farà piacere. Non mi avevi detto qualche tempo fa che quando si fosse presentata l'occasione di una festic­ciola un po' piccante, insomma una semina allegra, ti avrei fatto piacere se...

Bricadin                        - Se mi avessi fatto invitare? Sì che te l'ho detto. Ebbene?

Bonnat                          - Ebbene stasera Adriana Rivière...

Brigadin                        - La cavallerizza? Quella che abita in via dei Colli?

Bonnat                          - Precisamente. Ha una riunione di amici e... di amiche. E non ti dico che roba. Fra le altre due fanciulle del « Balletto Splendor » che... (Rovescia gli occhi estasiato e manda un bacio sulla punta delle dita) Appena le tocchi ti viene un accidente.

Brigadin                        - (facendo precipitosamente le corna) Spe­riamo di no!

Bonnat                          - Si fa così per dire. Ed ecco qui il tuo invito.

Brigadin                        - Ah benissimo. (Prende l’invito e legge) Adriana Rivière...

Bonnat                          - Sì, vedi, col suo motto: « Labor improbus »... Prega il signor Francesco Brigadin... ecc., ecc.

Brigadin                        - (leggendo) Divertimento garantito.

Bonnat                          - E nota bene: sottolineato il garantito. Ora, a una festa data da Adriana, si sa cosa vuol dire.

Brigadin                        - (continuando a leggere il biglietto) Gli invitati sono liberi di presentarsi anche mascherati. (Felice) Ohi, ohi, ohi! Una seratina... scurettina, a quanto pare?...

Bonnat                          - Sì, nerofumo.

Brigadin                        - Magnificamente. (Intasca soddisfatto). A stasera, allora. Staremo allegri.

Bonnat                          - E a tua moglie che cosa dirai? (Passa a sinistra, siede).

Brigadin                        - (siede) Oh, mia moglie, figurati! La prima scusa che troverò sarà buona. Mi lascia liberis­simo. Noi siamo due buoni camerati. Non ci si af­fligge con tante domande e non abbiamo troppe pre­tese. Le dirò che vado a caccia. E se andrò da Adriana e mi immergerò nell'allegria fino al collo sarà tutta colpa sua. (Con improvvisa irritazione) Sicuro, colpa sua!

Bonnat                          - i Ma io non ho detto di no, caro.

Brigadin                        - Ma come! La sposo circa due anni fa. Innamorato cotto. Mi ricordo con che impazienza quella sera... Perché si ha Un bel dire ma è una certa emozione, sai, anche per chi non è più giovincello. Bene; la mattina dopo la tua illustrissima cugina sai che cosa mi ha dichiarato? Che sarebbe stata per me una buona amica, una camerata e nient'altro. (Non credere che io non abbia tentato in questi due anni di farle capire... Non m'ascoltava nemmeno. Metteva su una certa fac­cia, così seccata, così desolata... Allora, il più delle volte battevo in ritirata e le dicevo: non parliamone più, cara. Se ti annoia tanto... (Con irritazione) Però tu capisci che allora io sono libero di andarmene dove mi pare. Ti dirò di più: voglio buttarmi in una rela­zione seria. Da qualche tempo mi piace una donnina che se ci riesco... Intendiamoci, una donnina per bene. So che ha un amante. Sto assumendo informazioni. Se mi riesce di fare lo sgambetto a questo Tizio!... Appena saprò chi è giocherò di malizia e spero di riuscire. Eppure guarda, mi puoi credere: ti giuro che rinuncerei a tutte le donnine del mondo se mia moglie... Be', basta con le malinconie. Le dirò che stasera parto per la caccia. A proposito: finirà tardi questa festa?

Bonnat                          - Alle otto, alle nove del mattino. Magari più tardi. Secondo la forza della sbornia.

Brigadin                        - Benissimo. Prenderò un cucchiaio d'olio d'oliva.

Bonnat                          - Perché ?

Brigadin                        - E' quello che ci vuole. Galleggia. L'olio sta sopra e lo sciampagna sotto. E' un sistema che m'ha insegnato mio nonno.

Bonnat                          - Buono a sapersi. Proverò anch'io. (Un sospirone). Eh, con la mia amica non sarà tanto facile invece. Ma cosa vuoi? Quando si è invitati da Adriana!

Brigadin                        - Gelosa, eh? E come te la caverai?

Bonnat                          - Dirò che ho una zia malata, che la devo assistere.

Brigadin                        - Non ti invidio. Con le donne gelose sono guai. Mia moglie invece sotto questo aspetto è l'ideale. Io vado, tu vai; ciao, divertiti e buona notte.

Bonnat                          - D'altra parte, sai, non vorrei perderla. E' una donna preziosa.

Brigadin                        - Eh, lo vedo. Cento obbligazioni delle Ferrovie in quattro mesi! Ma chi è? Si può sapere?

Bonnat                          - Una donna carina, carina! Non posso dir­telo. Abbiamo giurato di mantenere il segreto. Credi: mi dispiace di farle le corna. Però, tu capisci, rinun-ciare a una seratina come questa... L'amore serio è una bella cosa, ma quando sull'invito è scritto divertimento garantito...

Brigadin                        - E il garantito sottolineato...

Bonnat                          - Al diavolo! Succeda quello che succeda ma io stasera ci vado.

Brigadin                        - (dandogli la mano) Benone. A stasera, caro.

Bonnat                          - A stasera, Francesco. Vado a giocare un'oretta. Poi un bel bagno, un bel riposino e stasera oplà!

Brigadin                        - (di rimando, molleggiandosi sulle gambe col gesto di un cavallerizzo) Oplà! Elasticità e giovi­nezza! Ciao.

Bonnat                          - Ciao! (Si salutano festosamente. Bonnat esce da sinistra. Dalla comune entra Ninetta).

Ninetto                          - Signor Brigadin, c'è di là un signore che chiede di voi. Non ha voluto dare il nome. Dice di essere aspettato.

Brigadin                        - Ah, sì. Avanti, avanti. Fatelo passare. E aspettate ad avvertire mia moglie ch'io sono qui. Ve lo dirò io.

Ninetto                          - Sta bene. (Via Ninetto; un attimo dopo appare alla comune Eugenio Dupont, agente investiga­tivo privato. E’ un uomo corvino, vestito di scuro, naso pronunciato, baffoni a spazzola, due enormi sopracci­glia fosche che s'accavallano fissando duramente Bri­gadin. Ha una borsa sotto il braccio, di cuoio nero).

Brigadin                        - (gli va incontro con la mano tesa) Siete puntualissimo, signor Dupont. Bravo.

Dupont                          - (con voce vibrata e gettando sguardi d’allarme intorno) Io sono la puntualità personificata. (Tagliando l’aria con un gesto) Fatto. Come vi ho detto, mi sono occupato personalmente dell'affare. Serietà e discrezione. Le informazioni sono qui. (Batte la mano sulla busta di cuoio con un gesto autorevole e geloso).

Brigadin                        - Benissimo. Sentiamo.

Dupont                          - (apre la busta e toglie dopo molte ricerche un foglietto col gesto ieratico di un sacerdote che tenga fra le dita la particola consacrata) Indagini private e assolutamente garantite. (Con sguardo fulminante mentre le sue ciglia a tettoia guizzano, s'inarcano, si protendono) Io saprei scoprire un ago in un mare di sabbia.

Brigadin                        - Come farà poi!

Dupont                          - Vivo dei segreti altrui, come le iene si cibano dei cadaveri. (Brigadin è impressionato). Sedete. Prego.

Brigadin                        - (un po' sconcertato si siede sulla punta di una seggiola; flebile) Vedete, vorrei sbrigarmi perché ... sapete, mia moglie... (e indica verso il fondo).

Dupont                          - (non lo ascolta; scorre con gli occhi il fo­glietto che ha in mano e la sua faccia fosca si illumina tutta) Ecco qui: Kitty Gibson, vedova Rozier, spo­gliata, denudata...

Brigadin                        - (automaticamente balza in piedi a spiare il foglietto) Ohi!...

Dupont                          - Metaforicamente...

Brigadin                        - (un po' deluso) Ah... Speravo...

Dupont                          - Ora noi sappiamo tutto della sua vita. Nativa di Ottawa, serviva sulle linee aeree americane come cameriera, diciamo, volante. Conobbe l'ingegner Rozier, il nostro celebre inventore...

Brigadin                        - Scusate. Il suo passato non m'interessa. E' il presente che voglio sapere. Chi è il suo amante?

Dupont                          - Un momento. Andiamo per gradi. La si­gnora Rozier è molto superstiziosa. Crede nella chiro­manzia, nella cartomanzia, nell'astrologia, nella chirolo...

Brigadin                        - Sì, sì crede in tutto. Speriamo che creda anche in me.

Dupont                          - E per tutte le decisioni importanti della sua vita consulta una chiromante che sta in via Nor­mandia al numero 146. Certa madama Hilda.

Brigadin                        - Benissimo. L'indirizzo è scritto lì nel foglietto?

Dupont                          - Tutto. C'è scritto tutto.

Brigadin                        - Siete un uomo prezioso.

Dupont                          - Da circa quattro mesi ha per amante un tale Filippo Bonnat...

Brigadin                        - (la sorpresa strangola la sua esclamazione) Eeh?... Come avete detto?

Dupont                          - Filippo Bonnat. Lo conoscete?

Brigadin                        - E' mio cugino.

Dupont                          - Ulteriori informazioni su costui mi sem­brano inutili, allora.

Brigadin                        - Inutilissime. Ci penso io. In quattro e quattr'otto lo liquido. (Ha un gesto fulmineo: un'idea gli ha attraversato il cervello come un razzo) Ho tro­vato!... (Precipitoso, rapidissimo) Dupont: mio cugino è un uomo morto. Ho un'idea, un'idea!... Cadavere! Voi che siete una iena vi ciberete di lui. Preparatevi. Sta­notte lo cucino io. E domattina il pasto. Adesso filate. (Gli strappa il foglietto di mano e lo spinge verso la porta).

Dupont                          - (travolto) Passerò da voi uno di questi giorni..

Brigadin                        - (spingendolo con forza; non sa più quel che si dice per l’estrema contentezza)     Sì, vi pagherò il doppio... Siete stato grande... Vi darei un bacio se non aveste quelle tremende sopracciglia. M'impressio­nano. Ma fatevele tagliare, perbacco! Bella donna, vero? Eh sì, l'avrete vista certo. Se avete fatto le in­vestigazioni. Piace anche a voi, dite la verità. Carina! Un corpicino!

Dupont                          - (austero) Io non guardo con gli occhi di un uomo, ma con quelli del poliziotto, signore.

Brigadin                        - (parlando sempre agitato, entusiastico, con grande rapidità) Ah, benissimo. Meglio così. Cioè, volevo dire, peggio per voi... Sicuro! Lo sistemo io il mio carissimo cugino. Birbante d'un Filippo! Ah, ma ho un'idea! Parola d'onore, gliela soffio. Sapete giocare ai bussolotti? Io sì. Tac, tac e il gioco è fatto. Vi aspetto domani. Vi darò la grande notizia. Quella donna è mia. Ciao, caro, ciao. E levatevi le soprac­ciglia! (Finalmente l'ha spinto fuori. Tira un grande respiro) Oh! E adesso, forza Brigadin! (Accende una sigaretta e chiama) Ninetto!... (Dal fondo appaiono Graziella e Kitty; Graziella ha la racchetta in mano. Appare anche Ninetto da sinistra).

Ninetto                          - Signore?...

Brigadin                        - Vorrei sapere... Niente, già fatto, Grazie. (Va incontro alla moglie con squisita galanteria) Ec­comi, mia cara. Arrivato in questo momento. (Le bacia la mano; poi si rivolge a Kitty) Buongiorno, bella signora. Come state? Sono molto lieto di vedervi final­mente. Non ci vediamo da un secolo.

Kjtty                             - Infatti. Se devo essere sincera, non vi avrei nemmeno riconosciuto.

Brigadin                        - Ah, io sì, per questo. Le fisionomie delle belle signore come voi non si dimenticano tanto facil­mente.

Kitty                             - Molto gentile. Ma mi dovete perdonare: io sono così poco fisionomista.

Brigadin                        - (le si strofina contro con malizia di gattone) Perdonata, perdonata... (Una risatina seducente) Spero però che ora non mi dimenticherete. Come vi sta bene questo cappellino...

Kitty                             - (schermendosi appena) Sì, è un modello gra­zioso. Mia cara, hai un marito veramente adorabile. Com­plimenti. Gli uomini sono così disattenti in genere. Bada! E' un marito che può piacere, il tuo. Tienilo d'occhio.

Brigadin                        - Mia moglie non è gelosa. Vero, cara? (Sfiora appena la guancia di Graziella con una carezza) Noi siamo due buoni camerati.

Graziella                        - Ho visto adesso Filippo.

Brigadin                        - Ah, il nostro Filippetto! Tanto caro, sì. (Sogguarda verso Kitty, sorride} Ah, ah! Tanto caro!

Graziella                        - Mi ha detto che devi partire.

Brigadin                        - Infatti...

Graziella                        - Vai a caccia, vero? E da chi?

Brigadin                        - Dai dai... vado da... (per prender tempo) Come? Filippino non te l'ha detto?...

Graziella                        - No.

Brigadin                        - (ha trovato) Dai Bobinard. Vado dai Bobinard... A Gisors... Una bella casa, sì... Dei bei campi... Tanti alberi, sai... Terra buona. Ci sono dei fagiani. E quando si alzano... Una nuvola, ti dico. E i boschi, i boschi che ci sono!... Insomma, ci vado volentieri.

Graziella                        - Meglio così. Se ti fa piacere. Salutami i Bobinard, allora. Li conoscerò in un'altra occasione.

Brigadin                        - Figurati! (Inventando lì per lì.) Quando vuoi. Saranno felicissimi. Mi chiedono sempre di te. La signora è un po' miope, sì, ci vede poco, ha la vista corta. Simpaticissima, però. Ti piacerà. Porta gli oc­chiali. Non sempre, però. Quando va a letto se li toglie. Be', dopo tutto questo non ha importanza.

Graziella                        - Dico bene. Tanti particolari che non m'interessano.

Brigadin                        - Ah, ma sai che mi piace raccontarti tutto. Così tu mi vedi, mi segui... ti pare di essere con me. Non è vero, cara?

Graziella                        - E Filippo viene anche lui?

Brigadin                        - No, lui no. Lui ha una zia malata, po­verina, Sicuro! Deve assisterla.

Graziella                        - Una zia malata?

Brigadin                        - Cosa c'è di strano? Si ammalano anche le zie, no?

Graziella                        - Voglio dire, dovrei conoscerla anch'io.

Brigadin                        - Cosa c'entra? Voi siete cugini per parte di madre. Quella è una zia paterna. Tutto un altro giro.

Kitty                             - (interrompendoli) Scusate: se permettete vado a cambiarmi. Ho promesso a Bonnat di giocare mezz'ora con lui.

Brigadin                        - (s'inchina) Ma prego, signora. (Bacian­dole la mano) E ricordatevi: in qualunque momento, per qualunque cosa io sono a vostra disposizione.

Kitty                             - Grazie, Brigadin.

Brigadin                        - Voi siete sola, giovane... (la segue fin sulla porta con insistenza galante) Se i miei anni e la mia esperienza possono 'giovarvi... Non avete che da telefonarmi.

Kitty                             - Grazie ancora. A fra poco, cara. (Via Kitty).

Graziella                        - Mi pare che tu esageri in cortesia, adesso.

Brigadin                        - Tutto calcolato, mia cara. La Rozier sa­rebbe una cliente magnifica per la mia Banca. Bisogna ottenere che affidi i suoi depositi a noi. Anzi ti prego di essere molto gentile con lei e di cercare in tutti i modi di fartela amica.

Graziella                        - Ma siamo già ottime amiche. Figurati che stasera vuol portarmi a ogni costo dalla sua chi­romante.

Brigadin                        - (sussultando) Ah, stasera? Dalla sua chi­romante?

Graziella                        - Sì; vuole avere un consulto per certe cose che le stanno a cuore. Anzi tornerò un po' tardi a casa. Ma visto che tu non ci sei...

Brigadin                        - (premurosissimo) Non preoccuparti per me, tesoro. Già poi io non ci sono. Va, va cara. Deve essere anche interessante fra l'altro. (Cerca di nascon­dere il suo grande interesse ma non vi riesce troppo) E ci andate stasera, eh? Sei proprio sicura?

Graziella                        - Adesso. Fra un'ora. Dopo il tè. E' già deciso.

Brigadin                        - (insistendo) Benissimo. /Devi proprio an­dare. Sono contento che tu ti distragga un po'.

Graziella                        - Be', non credo che sarà poi questo gran divertimento.

Brigadin                        - Perché ? Se è una brava chiromante! Re Sole, vedi, Re Sole... ((Si distrae) Già!... Insomma, la cosa m'interessa. Mi riferirai domani. Se proprio ci azzecca voglio andare anch'io a consultarla, la vostra chiromante.

Graziella                        - Kitty dice che è straordinaria.

Brigadin                        - Se lo dice ilei.

Graziella                        - (con intenzione) Indovina tutto, proprio tutto. Non hai paura che mi riveli qualcosa di spia­cevole sul conto tuo?

Brigadin                        - (innocente) Sul conto mio? Ah, non ho segreti io. Limpido, trasparente...

Graziella                        - (sorridendo) Lo so, lo so. Poi figurati se credo a queste sciocchezze io. Le indovine, le chi­romanti, sì! Tutti imbrogli per spillare quattrini agli ingenui. Sta tranquillo che non mi farò leggere la mano.

Brigadin                        - (felice) Bambina mia, com'è bella questa fiducia! (Sornione tenta d'abbracciarla, di strusciarlesi contro) Tu non puoi credere con che commozione io ti sento vicina a me così tenera, così soda... (Va in solluchero, fa gli occhi strabici).

Graziella                        - (schermendosi) Francesco!

Brigadin                        - (risvegliato bruscamente) Eh?...

Graziella                        - Andiamo! Fai gli occhi storti!

Brigadin                        - (fra se) Maledetto questo vizio!

Graziella                        - Un po' di contegno! Serba tutti questi ardori per i momenti di espansione. Poi qui in pub­blico!

Brigadin                        - (con un sospiro) Eh sì! Sono così rari i nostri momenti di espansione! (Altro tentativo) Pul­cino mio, perché sei sempre così scontrosa?

Graziella                        - (infastidita) Cosa c'è, cosa c'è ancora?

Brigadin                        - (bombinone) Senti... Se invece d'andare a caccia restassi vicino a te... e passassimo la sera in­sieme... soli soli... E’ così bello qualche volta. Non ti pare, Graziella? Vedi io... (Appassionatamente) Sei così carina! Ti dirò una cosa stupida, ma se ti guardo mi sento rimescolare dentro... E' una dolcezza!... Mi pare di essere tutto di zucchero...

Graziella                        - (con aria di superiorità) Cos'è? L'ef­fetto delle raccomandazioni di tua zia?

Brigadin                        - (intenerito) Graziella, via!...

Graziella                        - Oh, Dio! (Ridendo) Dio, come sei buffo! Che occhi fai quando vuoi baciarmi!

Brigadin                        - Ah sì? Che occhi?

Graziella                        - Storti, strabici. Un orrore.

Brigadin                        - (impressionato) Oh, perbacco. E' un di­fetto che avevo da bambino, quand'ero emozionato. Si vede che m'è risaltato fuori.

Graziella                        - Bada, è brutto. Correggiti.

Bricadin                        - Volentieri, cara. Proviamo.

Graziella                        - Ma via! Alla tua età. Tutte queste bam­binate.

Brigadin                        - Le chiami bambinate, tu? Ma allora perché mi hai sposato?

Graziella                        - Che domanda! Perché mi eri simpatico.

Bricadin                        - (seccato) E allora quando ci si è sim­patici, ci si comporta diversamente. Cosa credi? Che sia piacevole per un marito avere una moglie che non è una vera moglie, ma soltanto un'insegna, un trucco?

Graziella                        - Un trucco?...

Bricadin                        - (Sì, un trucco, un'etichetta. Come certe vetrine di bar dove c'è scritto «caffè » e dentro ti danno il surrogato. Tu sei un surrogato di moglie! Ma bada, Graziella; ogni sopportazione ha un limite. Del resto a proposito della zia di Clermont ho qualcosa da leg­gerti. (Toglie una lettera di tasca) L'ho ricevuta pro­prio stamattina. E' lunga, questa volta; e piuttosto pe­pata. Ti prego anche di riflettere che la zia ci passa una bella rendita e che se perdessimo quella, col mo­mento che attraversiamo di affari in secca... Tu mi capisci. Ecco qua (legge): «Cari nipoti, anche l'estate « è passata e la bella notizia che aspettavo non è venuta. Si vede che dei miei desideri non tenete proprio nessun conto. Vi voglio però dire francamente « che il vostro modo di procedere è irritante e odioso. « Tu, Francesco, non mi parli che di cavalli che fai « correre e che fra parentesi non guadagnano mai... » (Interrompendosi) E' vero: non ho fortuna. Anche «Spiridione », sai come contavo su « Spiridione »...

Graziella                        - Ebbene?

Brigadin                        - Ha la gamba gonfia. Domenica non potrà correre.

Graziella                        - (dispiacente) Peccato!

Brigadin                        - (distraendosi) Eh, sì! (Pausa, si ricorda della lettera, riprende a leggere): « Graziella non mi « parla che di divertimenti e di vestiti e mi dice che «siete molto amici e che andate di perfetto accordo. « Tutto benissimo. E io sono contenta che le belle rendite che vi passo vi consentano di fare una vita così piacevole. Ma, e mi permetto di domandarvelo per «la centesima volta: a quando un bel bambino?».

Graziella                        - Dice così?

Bricadin                        - Guarda.

Graziella                        - (leggendo) Un bel bambino... (Ne è come leggermente turbata).

Bricadin                        - (riprende a leggere) «Ricordate: l'erede « delle mie sostanze sarà luì, non voi. E se l'erede non « verrà, qui a Clermont c'è un bell'asilo d'infanzia che « ha molto bisogno della mia protezione ». (Piega il foglio) Chiaro, eh?

Graziella                        - Ma è matta, è matta!

Bricadin                        - Ti garantisco che ha sempre avuto la testa sulle spalle. Un testone così.

Graziella                        - Abusa del diritto che le danno i suoi quattrini di non capire la vita moderna.

Bricadin                        - Le sue intenzioni non sono cattive, po­verina.

Graziella                        - Bisogna dirle che è la moda, che bi­sogna essere un po' moderni e che non c'è niente di più bello di questa libertà fra marito e moglie a con­dizione naturalmente che non facciano niente di male.

Bricadin                        - Naturalmente.

Graziella                        - Ora io non faccio niente di...

Bricadin                        - Io nemmeno...

Graziella                        - Lo so bene. Dunque... Ecco: puoi ri­sponderle subito.

Bricadin                        - E per quella faccenda?

Graziella                        - Quale?

Bricadin                        - Quel piccolo particolare a cui tiene molto, sembra.

Graziella                        - (leggera) Ah, il bambino! Ma dille che vedremo, che ce ne occuperemo...

Bricadin                        - (con buffa serietà) Uno di questi giorni?

Graziella                        - Ecco, quando avremo un po' di tempo. A che ora parti?

Bricadin                        - Fra un paio d'ore. (Indicando la porta di fondo) Adesso dò una capatina giù per vedere se c'è un cliente, poi passo un momento in Banca e poi filo a Gisors.

Graziella                        - E torni?

Bricadin                        - Domattina.

Graziella                        - Come domattina? Ma scusa: a che ora cacciate? Di notte?

Bricadin                        - Volevo dire... domani nel pomeriggio... Io la chiamo la mattina. (Entra Ninetto con un tele­gramma in mano).

Ninetto                          - Un telegramma per voi, signor Brigadin.

Bricadin                        - Grazie. (Apre) E' ancora lei.

Graziella                        - Chi?

Bricadin                        - La zia.

Graziella                        - Ancora? E cosa dice?

Bricadin                        - (leggendo) « Fate tutto il possibile perché sia maschio ».

Graziella                        - Ma è ossessionante.

Bricadin                        - Sai, i vecchi, quando si fissano... Biso­gnerà proprio deciderci.

Graziella                        - Hm! Una bella seccatura. Be' vedremo... (Improvvisamente) Ma è proprio vero che vai a caccia?

Bricadin                        - Verissimo. Perché ?

Graziella                        - Perché sento dire continuamente che tutti gli uomini sono infedeli.

Bricadin                        - Non badarci, cara, sciocchezze. Pessi­mismi. Del resto, se vuoi che resti per provarti...

Graziella                        - No, no, sono perfettamente tranquilla. Ti conosco. Se potessi pensare soltanto che tu... Ti strozzerei, guarda. Oppure no: lo so io che cosa farei.

Bricadin                        - Scusa: E’ buffa, però. Pretendi di fare la moglie moderna. Libertà, indipendenza, sono parole tue. E poi sei gelosa!

Graziella                        - Naturalmente. Una moglie è sempre una moglie.

Bricadin                        - Già, ma quando ti fa comodo!

Graziella                        - (indispettita) Cosa sono questi discorsi? Vorresti forse mettere le mani avanti per?...

Brigadin                        - (di malumore) Macché mani avanti! Si fa così per dire! Vorrei persuaderti che così non si può continuare.

Graziella                        - (tranquillizzata) ...Ah, credevo!... Va' va', che se no fai tardi.

Bricadin                        - (di malavoglia) Devo proprio andare?

Graziella                        - Ma sì, certo. Ti divertirai, ne sono sicura.

Bricadin                        - (fra se) Ah, per questo, sono sicuro anch'io.

Graziella                        - Presto, un bacino e via. (Un bacio in fretta) Là!... La zia di Clermont non capirebbe l'ele­ganza di questa libertà, il piacere che proviamo a la­sciarci e ritrovarci con una buona stretta di mano.

Brigadin                        - (fra se) e inutile; non c'è niente da fare. Non gliene importa niente. (Andandosene) Peggio per lei. (Alla comune, voltandosi) Eh?...

Graziella                        - Cosa?

Brigadin                        - Mi hai chiamato?

Graziella                        - Io no.

Brigadin                        - Credevo.

Graziella                        - A domani, caro.

Brigadin                        - A domani. (Fra se, amaro) Non gliene importa niente. (Esce dalla comune. Da sinistra riap­pare Kitty; blusa gonna bianca e racchetta in mano).

Kitty                             - Tuo marito?

Graziella                        - Partito.

Kitty                             - E quando tornerà?

Graziella                        - Domani sera.

Kitty                             - E tu lasci tuo marito andarsene così?

Graziella                        - Si diverte a caccia. E poi noi siamo d'accordo di fare reciprocamente quello che più ci piace. Libertà condizionata, naturalmente, ma poiché non fac­ciamo niente di male...

Kitty                             - Dimmi, cara: lo ami molto tuo marito?

Graziella                        - Sono la sua migliore amica.

Kitty                             - Senti, fra noi possiamo essere sincere. Quando tuo marito si mostra premuroso con te, tu?...

Graziella                        - Oh, Dio!...

Kitty                             - Anche allora hai piacere che parta per la caccia?

Graziella                        - Ti dirò... (Risoluta) Anche allora, sì.

Kitty                             - Allora se tu sapessi che tuo marito ti in­ganna ti sarebbe perfettamente indifferente?

Graziella                        - (scattando) Come? Eh?... Ma no, che cosa dici? Ci mancherebbe altro!

Kitty                             - Scusa, dal momento che tu...

Graziella                        - Cosa c'entra? Credi forse che la mia amicizia non sia gelosa? Se sapessi che lui... (Minac­ciosa) Ah, mia cara, se ne vedrebbero delle belle.

Kitty                             - Manchi di logica, però.

Graziella                        - Me ne infischio della logica. (Insospet­tita) Ma perché mi dici questo? Sai qualche cosa, forse? Avanti, parla.

Kitty                             - Ma no, non so niente. Soltanto mi pareva imbarazzato quando ti ha detto che andava a caccia.

Graziella                        - (ripensandoci) O forse troppo disin­volto, troppo chiacchierone, ora che ci ripenso.

Kitty                             - Non mi pareva sincero, ecco. Sai cosa si fa? Telefoniamo subito alla chiromante e prendiamo un ap­puntamento per stasera. [Fra un'ora, va bene?

Graziella                        - (decisa) Benissimo. Sono curiosa di sen­tire che cosa mi dice.

Kitty                             - E' una donna straordinaria, vedrai. Una specie di strega. Sta in via Normandia. (Andando all’apparecchio) Neully 4348.

Graziella                        - (emozionata) E se dovesse dirmi che... (Furente) Guai a lui! Sarei capace di tutto!

Kitty                             - (all'apparecchio) Pronto?... C'è Madama Hilda?... Qui è il Circolo del tennis... Una cliente, sì. Per un appuntamento. Saremo lì fra un'ora. Buona sera. (A Graziella, riappendendo il ricevitore) Fra un'ora ti va bene?

Graziella                        - Benissimo. Allora accompagnami di là. Vado a cambiarmi. (Escono da sinistra. Riappare dal fondo Brigadin).

Brigadin                        - (entra chiamando) Graziella... Toh, dov'è andata? (Da sinistra riappare Bonnat).

Bonnat                          - (vivamente, accennando col pollice rovesciato al corridoio negli spogliatoi, da dove sono uscite un attimo prima le due donne) Hai visto tua moglie? Le hai detto della caccia?

Brigadin                        - Sì. (Le battute s'incalzano, serrate).

Bonnat                          - Come l'ha presa?

Brigadin                        - Benone. Te l'avevo detto. Non gliene importa niente.

Bonnat                          - Allora, stasera, baldoria.

Brigadin                        - Sì, baldoria. (Entusiastico, seguendo il suo pensiero) E domani, ham!, il pasto per la iena!

Bonnat                          - (stupito) Che iena?

Brigadin                        - (facendo mente locale a Bonnat, ch'è pro­prio la vittima designata) Ah, già!... Oh, poveretto!... (Lo contempla un attimo pietosamente).

Bonnat                          - Che cos'hai? Perché mi guardi così?...

Brigadin                        - Niente. Abbracciami. (Lo bacia con ef­fusione e Bonnat si lascia abbracciare disorientato) Ciao!... Il bacio di Giuda... (Si avvia alla comune).

Bonnat                          - (rimane in mezzo alla scena come un allocco) Cosa c'entra Giuda?...

Fine del primo tempo

SECONDO TEMPO

Lo studio ultra moderno di Madama Hilda, la chiro­mante veggente: studio nudo, metafisico, essenziale. Non c'è niente addirittura: un tendaggio nero circolare con due aperture: quella nel fondo comunica con l'interno dell’appartamento; quella a destra è la comune. Nel centro di questa specie di imbuto nero un tavolino di cristallo con sopra una boccia di cristallo e una lampada. Intorno due poltroncine rosse per i visitatori e un'alta scranna per la chiromante. Nient'altro.

 (All’alzarsi del sipario un'elegante cameriera in cre­stina e polsi bianchi, molto graziosa, introduce Fran­cesco Brigadin nello studio).

Palmira                          - Avanti, signore. E' per il gran giuoco?

Brigadin                        - Sì, grandissimo. Urgente.

Palmira                          - (indicando una poltrona) Prego. Vado ad avvertire madama.

Brigadin                        - Una chiromante singolare la vostra pa­drona.

Palmira                          - Oh, bravissima, signore. Ne sarete en­tusiasta.

Brigadin                        - (intraprendente) Lo sono già, figlia mia. Quando si è ricevuti da una cameriera graziosa come voi... Poi ha uno studio originale, di molto gusto... E anche voi francamente siete proprio di mio gusto...

Palmira                          - (dignitosa) Grazie, signore. Ho un gabi­netto di consultazioni anch'io e sono qui per imprati­chirmi. Io ricevo la sera, dopo le nove. Via Rochechuart, 241.

Brigadin                        - (seduttore) Verrò... verrò certo... A farmi fare il gran giuoco, vero piccina? Quanti anni avete?

Palmira                          - Diciannove.

Brigadin                        - (con entusiasmo) Pochi, pochi. Benis­simo. Rochechouart, 241... (annota su un pezzetto di carta).

Palmira                          - Sì, terzo piano. La prima porta a destra. Sono sola in casa il mercoledì e il venerdì. (Un in­chino; sparisce).

Brigadin                        - (annotando) Terzo piano... mercoledì e venerdì... Graziosa! Diciannove anni. Deve aver detto la verità. Cominciamo proprio bene. E chi ben co­mincia... (Un lembo del tendaggio nero si alza e ap­pare silenziosamente madama Hilda. Un vestito nero, chiuso dal collo ai piedi. Un drago d'oro, rutilante, le è ricamato sul davanti, Brigadin balza in piedi).

Hilda                             - (ieratica) Signo... (S'interrompe, lo guarda strabiliata; cambia tono) Ma è Francesco! (Allargando le braccia) Francescone mio!

Brigadin                        - (lasciandosi abbracciare) Teresina! La cameriera della mamma! Ma guarda che combinazione. Chi l'avrebbe detto. Oggi mi vanno tutte bene.

Hilda                             - Son dei begli anni che non ci si vedeva più.

Bricadin                        - Aspetta... Pm.. '909... Ottobre del ‘09: trent'anni precisi.

Hilda                             - (guardandolo estasiata) Caro! Sei sempre lo stesso, però. Lascia che ti guardi: brutto ma simpatico. Come mi fa piacere di averti rivisto! (Chiamando forte, confidenzialmente) Palmira! Palmira!

Palmira                          - (d. d.) Eccomi. (Appare).

Hilda                             - Eccolo qua, guarda, quello del quale t'ho parlato tante volte. Il mio primo amore.

Palmira                          - Il signor Francesco?

Brigadin                        - (fra sé) Mi conosce anche la serva. Sono popolare.

Hilda                             - Be', come lo trovi, eh?

Palmira                          - Oh Dio, signora...

Hilda                             - Di', di' pure... (A Brigadin) Siamo tanto in confidenza... (Controscena di Brigadin come per dire alla ragazza: dite pure!).

Palmira                          - Lo credevo meglio. Però dev'essere ancora un uomo in gamba.

Brigadin                        - Ah sì, per questo vi assicuro... Sentite qui che muscoli... (flette il braccio per contrarre i mu-scoli; la ragazza palpa). 'E qui... (irrigidisce la coscia; la ragazza tocca anche quella). E qui... (gonfia il petto) Oh, pardon... Voglio dire: ancora sodo...

Palmira                          - (compiaciuta) Si sente, si sente.

Brigadin                        - Ginnastica tutte le mattine. Doccia fred­da. Un po' di massaggio. E quando è bel tempo un'ora di cavalcata tutti i giorni.

Palmira                          - Vi siete conservato giovane.

Brigadin                        - Sì, specie nell'intimità.

Palmira                          - (a Hilda) A quel che mi aveva detto la signora l'avrei immaginato però più alto e più... (Vor­rebbe accennare a qualcosa di diverso nel profilo).

Hilda                             - Ma cosa dici? Ma tu confondi con... Fammi il piacere, va' via... (Via Palmira) Distratta quella ra­gazza! Le dico il primo amore e confonde col terzo che era alto e...

Brigadin                        - Siamo giusti, Teresina. La lista dev'essere lunga. Si fa presto a sbagliare.

Hilda                             - Ma andiamo, un po' di memoria... Be', di­cevo, sei ammogliato, vero? (Brigadin assente col capo). Non aver paura. Vedi, non ti domando nemmeno di baciarmi. (Brigadin si ritrae istintivamente). Però sarei curiosa di sapere se baciando fai sempre gli occhi storti. (Azione di Brigadin).

Brigadin                        - Anche tu!...

Hilda                             - Le prime volte m'impressionavi. Un tic tremendo.

Brigadin                        - (contrariato) Una bella seccatura, veh! E non me ne accorgo. Proviamo un momento, scusa.

Hilda                             - Figurati, caro.

Brigadin                        - (la bacia sulla guancia per esperimento, ma appena appena. Madama Hilda controlla entusiasta).

Hilda                             - No. Non lo fai più.

Brigadin                        - Ma se mia moglie poco fa... (Fra se) Naturale! Adesso non c'era l'emozione...

Hilda                             - Però sei stato molto carino a venirmi a trovare. Ti ricordi, eh, quando la notte in campagna, a Clermont... Be', lasciamo andare; ora sei ammogliato e non bisogna più pensarci. Come hai saputo che io... (Allude alla sua professione).

Brigadin                        - Non lo sapevo affatto. Sono venuto per combinazione.

Hilda                             - Per farti leggere le carte? Non fidarti mica, sai: tutte stupidaggini. Guarda, io te lo dico franca­mente: alle sonnambule ci credo, ma alle carte! (Smorfia di disprezzo). Vedi che con te sono sincera anche contro il mio interesse. Naturalmente resta fra noi e anzi spero che mi farai della pubblicità.

Brigadin                        - S'intende. Ma non è precisamente per questo che sono venuto.

Hilda                             - E perché allora?

Brigadin                        - (reticente) Ma, ti dirò, non sono felice...

Hilda                             - Oh, questo mi dispiace.

Brigadin                        - Vedi... Siamo così diversi... Proprio una vita impossibile.

Hilda                             - E temi che ti tradisca?

Brigadin                        - (sussultando) No, no, no... Soltanto, tu capisci, cerco a poco a poco di farmi un'altra vita, di trovare dei compensi... Lei non vuol fare vita di casa, perché si annoia, lei non vuol figli perché dice che si diventa brutte, lei pretende che si viva da buoni came­rati e se ne! va per conto suo dove le pare e piace, lei non mangia perché non vuole ingrassare, lei è testarda, è capricciosa, è irritante, dimmi tu come si può andare d'accordo. Io ho sospirato, ho pazientato, ho aspettato e alla           - (fine mi sono stancato.

Hilda                             - Giustissimo. Hai tutto il diritto di... Queste donne che non mangiano, che non dormono mai abba­stanza, sono talmente eccitate e stravaganti! Ah, è un bel castigo che t'è piovuto addosso, povero Francesco! Ma tu non cedere, sai, e infischiatene. Se l'uomo non cede, la donna si piega sempre.

Brigadin                        - (sfogandosi) Per esempio: la faccenda delle cure dimagranti: tu non sai che tristezza è vivere con una donna che non mangia perché si preoccupa della linea. Sedere solo a tavola... la cucina che va in malora... nessuno che se ne interessa... E tu sai come m'è sempre piaciuto mangiar bene. Be': ti siedi a ta­vola e in faccia a te non c'è nessuno; tutt'al più c'è una fettina di pesce freddo e un bel bottiglione di olio di paraffina che ti mette freddo solo a guardarlo. Una malinconia, una solitudine, ti dico.

Hilda                             - Sfido io! Naturale che non abbia voglia di far figli! Beve olio invece di vino. Poi, capirai, se non si mangia si resta fiacchi, non si ha voglia di niente.

Brigadin                        - Hml... Fiacca solo con me, però! Perché se tu la vedessi giocare a tennis e a ballare. Io mi do­mando se tutte le donne moderne sono fatte così o se è una fortuna che è capitata solo a me.

Hilda                             - Macché, macché! Ne conosco tante. Ne ven­gono a dozzine qui. E sono ragazze in gamba, te lo dico io.

Brigadin                        - Allora sarà che sono diventato vecchio e che lei è giovane.

Hilda                             - Che vecchio d'Egitto! Ma se si capisce su­bito a guardarti. C'è più entusiasmo, più fuoco, più gioventù in te che in una dozzina di questi giovanotti smidollati.

Brigadin                        - (subito consolato, ringalluzzito) Ah sì, eh? Pare anche a te, vero? Allora non sono ancora da buttar via? Mi fa piacere di sentirtelo dire, toh!

Hilda                             - Dimmi un po': ma perché l'hai sposata? Un uomo con la tua esperienza!

Brigadin                        - Perché l'amavo, perché mi piaceva...

Hilda                             - Proprio vero! Voi uomini amate nelle donne soltanto quello che vi fa piacere di credere che ci sia in loro. Siete dei grandi illusi.

Bricadin                        - Per questo anche le donne non scher­zano, va' là. (Altro tono) Vogliamo parlare un po' d'af­fari, allora? Ho bisogno di te. Erano giorni e giorni che mi lambiccavo il cervello per trovare una soluzione brillante, ma adesso ci sono riuscito e se tu mi aiuti...

Hilda                             - (con slancio) Dimmi, caro. Sono qui. Cosa vuoi? (gli si siede di slancio sulle ginocchia).

Brigadin                        - (resta un attimo senza fiato per la mole di Madama che gli grava addosso) No, sai... Volevo dire... Scusa, sei un po' pesantina... (Hilda si alza).

Hilda                             - Parla. Non aver paura.

Brigadin                        - Sono un po' nervoso.

Hilda                             - Capisco. Coraggio.

Brigadin                        - Visto che con mia moglie, come ti ho detto...

Hilda                             - Niente da fare...

Brigadin                        - Ecco. Ho diritto di prendermi un'amante.

Hilda                             - Sacrosanto.

Brigadin                        - Mi piacerebbe una bella donnina, una americana. Una tua cliente.

Hilda                             - Caro, ne vengono tante qui.

Brigadin                        - Si chiama Kitty Rozier.

Hilda                             - Sai, nei gabinetti delle chiromanti si danno sempre dei nomi falsi, come nelle case d'appuntamento.

Brigadin                        - Sui trent'anni. Bionda. Molto bellina.

Hilda                             - Sai, adesso il biondo è di moda. Ne avrò cento di clienti bionde. Mi pare un po' difficile pe­scarla fuori.

Brigadin                        - Niente paura. Non puoi sbagliare. Verrà da te fra poco accompagnata da mia moglie.

Hilda                             - Ah, ci sono allora. Deve avermi telefonato un'ora fa per un appuntamento. Aspetta... Ha detto Circolo del tennis...

Brigadin                        - E' lei. Non c'è più dubbio. Un'ora fa era appunto al Circolo. Dunque, questa signora che a me piace molto ha un amante ed è gelosissima. Se venisse a sapere per esempio ch'egli la tradisce sarebbe la rottura immediata della loro relazione...

Hilda                             - E tu ne approfitteresti per?...

Bricadin                        - Hai già capito. (Trionfante) Ora, io ho un'arma in mano formidabile. L'amante di questa si­gnora è mio cugino, un tale Filippo Bonnat...

Hilda                             - Aspetta che mi segno le iniziali: F. B. (scrive su un piccolo taccuino che è li sul tavolo). Mi possono essere utili.

Bricadin                        - Un ingenuo, sai, un semplicione. E so che stasera, col pretesto di una zia ammalata da assi­stere, parteciperà invece a una seratina allegra in casa di una certa signora... (Trae di tasca il biglietto d'in­vito che Bonnat gli ha dato al Circolo) Adriana Ri­vière. Una padrona di casa molto compiacente...

Hilda                             - (leggendo il biglietto) Capisco... Adriana Rivière. Via dei Colli, sessantaquattro... Ma l'invito è diretto a te. C'è il tuo nome qui. Ci vai anche tu, al­lora?

Brigadin                        - S'intende, ma truccato. Conosco un bra­vissimo truccatore cinematografico. E' un cliente della mia Banca. Mi consigliere con lui. Troveremo un tra­vestimento originale. L'americana non mi riconoscerà.

Hilda                             - Che volpone!

Brigadin                        - (compiaciuto) Eh?...

Helda                            - Trovata magnificamente. Aspetta che mi segno anche questo indirizzo (scrive nel taccuino e gli restituisce il biglietto di invito). Fingerò di indovi­nare. Le darò le iniziali dell'amante, poi l'indirizzo di questa signora e le dirò che il suo amico...

Brigadin                        - Hai capito a volo.

Hilda                             - Lei andrà laggiù, lo sorprenderà... Senti, però sei una bella canaglia! A un cugino, a un amico, un trabocchetto simile!

Brigadin                        - Cara mia, il fine giustifica i mezzi. L'ha detto anche Napoleone. (Pausa). No, non dev'essere stato Napoleone. Non ha importanza. Qualcuno l'ha detto.

Hilda                             - Del resto, sei talmente infelice, poverino.

Brigadin                        - (facendosi vittima) Eh, sì! Se non ho diritto a un po' di consolazione io!...

Hilda                             - Guarda, Francesco: a chiunque altro mi avesse chiesto una cosa simile non avrei detto che una parola, non avrei fatto che un gesto: uscite! (Indica enfaticamente la porta) Ma...

Brigadin                        - Appunto.

Hilda                             - (importante) Perché noi chiromanti... noi che abbiamo in mano il destino delle creature, diciamo quello che la sorte detta e non quello che vogliamo noi.

Brigadin                        - (trepidante) Vedi, Teresina...

Hilda                             - Ma confesso che non mi sento la forza di dire di no a te... A te che sei stato il mio primo... il mio secondo... no, ho detto bene, il mio primo amore. Quella scema fa far confusione anche a me. Dunque (lirica): che venga questa donna. Il fato le dirà: l'uomo che ami ti tradisce.

Brigadin                        - Brava! Così! (Cava il portafoglio).

Hilda                             - (fermandolo, dignitosa) Cosa fai? Mi offen­di!... (Semplice) Del resto, quando ne avrò bisogno te lo farò sapere. (Suono di campanello di dentro).

Brigadin                        - (agitato) Suonano qui?

Hilda                             - Sì. (In ascolto) Voce di donna.

Brigadin                        - Sono laro di sicuro. Scappo.

Hilda                             - Puoi aspettarmi di là. Mi sbrigo subito.

Brigadin                        - Grazie, ho troppe cose da fare. Proprio il tempo contato. Telefonami in Banca. Fra mezz'ora. Bastano due parole: tutto bene. Io capisco e stasera vado laggiù tranquillo come un fiore.

Hilda                             - Esci di qui. In fondo al corridoio c'è la cucina. Scendi per la scala di servizio.

Brigadin                        - Benissimo. Mi raccomando.

Hilda                             - Lascia fare a me. Voglio che tu sia felice.

Brigadin                        - Tesoro. (Le getta un bacio con la punta delle dita e scompare dall'apertura di fondo).

Hilda                             - (consulta febbrilmente le annotazioni del tac­cuino e le ripete per ficcarsele in testa) F. B., F. B., F. B.... Adriana Rivière... Via dei Colli, 64... 64... 64... (Scompare in fretta anche lei dal fondo portandosi via il taccuino).

Kitty                             - (d. d.) E' in casa madama Hilda?

Palmira                          - (d. d.) Sì, signora. Verrà fra poco. E' occupata con un uomo politico. Gli uomini politici e le « cocottes » sono i nostri clienti migliori. Se non ci fossero loro potremmo chiudere bottega. (Appaiono tutte e tre da destra: Kitty, Graziella e Palmira. Kitty e Gra­ziella si siedono sulle due poltroncine).

Kitty                             - (risentita) Allora voi supponete che io sia?...

Palmira                          - (tranquilla) Ah, no? Allora scusate. Vado ad avvertirla, prego. (Scompare).

Kitty                             - Che sfacciata quella ragazza.

Graziella                        - (guardandosi intorno) Interessante. Mes­so con un certo gusto, qui. Immaginavo tutt'altro: una casa sordida, le solite civette impagliate, l'odore dell'incenso...

Kitty                             - No, no. Te l'ho detto, questa è una chiro­mante moderna. Una donna intelligente. Poi vedrai; è semplicemente meravigliosa. Io ne ho girato tante, ma ti assicuro che è la migliore di Parigi.

Graziella                        - M'incuriosisci.

Kitty                             - Levati gli anelli se no capisce subito che sei sposata. (Graziella eseguisce). gli rendiamo il giuoco più difficile.

Graziella                        - (consultando il suo orologio da polso) Uuh! Abbiamo fatto tardi. Le sei e mezzo.

Kitty                             - Ci sbrigheremo presto, vedrai. Io non mi farò fare il giuoco. Tornerò domani o uno di questi giorni. Quel che importa stasera è che faccia le carte a te.

Graziella                        - Dirai che sono sciocca, ma ho quasi paura. Mi batte il cuore. Come se temessi di sentirmi dire... Eppure dovrei essere così tranquilla. Mio marito è talmente innamorato...

Kitty                             - E lei te lo riconfermerà. Comunque è una donna che non sbaglia. (La luce si spegne di colpo: resta solo accesa la lampada sul tavolo; una luce tenue intima raccolta; tutto il resto è in ombra. Dal fondo appare madama Hilda; s'è appuntato sul capo un lungo velo nero di trina per far colpo. E' misteriosa e impo­nente. Ha in mano una piccola bacchetta nera).

Hilda                             - Buona sera, signorine. Il gran giuoco?

Graziella                        - Sì. Per me. Abbiamo telefonato un'ora fa per l'appuntamento.

Hilda                             - Circolo del tennis?

Graziella                        - Infatti.

Hilda                             - Ah, benissimo. (Fra se) E' proprio lei. (For­te) Allora per la signorina. (Chiude gli occhi, si racco­glie un attimo; comincia a recitare la parte della chi­romante celebre) Dunque, il mio sistema di ricerca è completo: va dal giuoco delle carte alle linee della mano e alla interpretazione della luce in questa sfera di cristallo. (La signorina non s'impressioni se io avrò delle assenze o delle manifestazioni di sofferenza este­riori. (Graziella guarda impressionata Kitty). E 'il gran giuoco. Costa cinquanta franchi, ma si sa tutto. Asso­lutamente tutto. Del resto ora ve lo dimostrerò coi fatti. (Porgendole un mazzo di carte) Alzate, prego.

Graziella                        - Colla sinistra?

Hilda                             - Sì. (Fa tre mazzetti con le carte, poi indi­candoli pia pia) Per voi. Per chi vi ama. In città, que­sta sera, prima di mezzanotte. Cominciamo da voi. Sce­gliete.

Graziella                        - (scegliendo) Questo. Per me.

Hilda                             - (verificando le carte) Non siete signorina, prima di tutto. Siete maritata.

Graziella                        - Infatti.

Hilda                             - Temperamento geloso. Vi credete amata e avete bisogno di questa certezza per la vostra felicità. Fante di fiori: vedo due uomini: uno giovane e l'altro anziano. Quello anziano ha una grande posizione. Banchiere. Ha una zia ricchissima nel nord della Francia. Quest'uomo aspetta un'eredità.

Graziella                        - (piano chinandosi verso Kitty) Indovina proprio tutto.

Hilda                             - E' simpatico, intelligente. Piace molto alle donne. Voi siete molto turbata, signora. C'è un dubbio che vi rode. E siete venuta da me... Otto di cuori, dieci di cuori... (Categorica) Sì: l'uomo a cui siete legata vi tradisce. (Azione di Graziella) Donna di picche: donna onesta e sincera che soffre. Tre di fiori: volete sapere, anelate alla verità, come i fiori alla luce...

Graziella                        - (impetuosa) Oh, sì! Voglio sapere.

Hilda                             - Fidatevi di me. (Passa al secondo mazzetto) Chi vi ama. Asso di cuori: gioia e contentezza per lui, per l'uomo che dice di amarvi. Ahi! L'asso è accom­pagnato da molte figure: vuol dire festa in cattiva com­pagnia. (Precisando, categorica) Quest'uomo con un pre­testo s'è liberato di voi stasera e si prepara a divertirsi indegnamente.

Graziella                        - (fra i denti a Kitty) Mascalzone! Altro che la caccia.

Hilda                             - Sì, sì, sei di picche: brutta compagnia. Una festa fra donnine allegre. Due di danaro: gente nuda, gente ubriaca. Cinque di cuori: in casa malfamata.

Graziella                        - Oh, che orrore!

Hilda                             - Signora, io dico la verità. Anche il terzo mazzetto, questa sera in città prima di mezzanotte, con­ferma le mie previsioni: quest'uomo che giura di es­servi fedele v'inganna e si prepara fra poche ore a consumare ai vostri danni il più sporco dei tradimenti. Vediamo... (Prende un mucchietto di carte e le fa ca­dere alla rinfusa dall’alto sparpagliandole con la bac­chetta) Non si sbaglia: è un ipocrita e un mentitore. Nel vostro interesse, per la vostra pace dovreste subito liberarvi di lui e metterlo alla porta.

Graziella                        - (fuori di sé) Potessi sorprenderlo sta­sera! Sapere dove va...

Hilda                             - Per altri cinquanta franchi potrei sotto­pormi alla cosiddetta « sofferenza del cristallo ». Illu­minare la boccia magica        - (prende la boccia di cristallo), cadere in trance... Dà delle sofferenze terribili, ma po­tremmo sapere tutto: nome e indirizzo. Io sono anche medium.

Graziella                        - Cinquanta, cento franchi; vi darò tutto quello che volete. L'importante per me è di sapere. Svergognarlo.

Hilda                             - (contenta) Benissimo. Quand'è così... Con­centratevi vi prego e pensate fortemente a lui. La più piccola disattenzione negli altri mi disturba. Prima da­temi un momento la vostra mano sinistra. (Ne scruta il palmo attentamente nel cerchio di luce della lam­pada, poi lascia cadere lentamente le parole accusatrici) Le iniziali di quest'uomo sono una F. e una B...

Kitty                             - (esplodendo ammirata) Magnifico!

Graziella                        - (sotto pressione) F. B. Francesco Brigadin! Mascalzone!

Hilda                             - (con voce sommessa) E ora concentriamoci, signora. (Graziella affonda il viso fra le mani; Kitty abbassa il capo, raccolta. Madama Hilda afferra la boc­cia di cristallo con mani tremanti. La luce della lam­pada, che vi batte sopra in pieno, ne trae riflessi lumi­nosi. La chiromante comincia ad ansare affannosamente, a gemere, a squittire come se qualcuno la torturasse; occhi chiusi, viso teso. Impressionate Graziella e Kitty alzano il viso, la guardano, si guardano esterrefatte.).

Kitty                             - (sussurrando) Trance...

Graziella                        - (con una smorfia spaurita assente col capo) Impressionante! (Le due amiche tornano a sprofon­darsi nella loro concentrazione febbrile. A poco a poco la tortura della chiromante si va placando e con una voce esile, irriconoscibile, come se giungesse da pro­fondità sconosciute, comincia a parlare. E' una specie di lagna).

Hilda                             - Ecco... Comincio a vedere... No... sì... vedo... vedo... tutto nero... Adesso il cielo si schiarisce... Un momento... Vedo una giovane donna fiduciosa; però sulla sua testa c'è sempre la nuvola del tradimento. Ades­so vedo rosso...

Graziella                        - (agitandosi sulla sedia, tremendamente ner­vosa) Ho capito: comincio a vedere rosso io.

Hilda                             - La donna tradita alza la faccia. La riconosco: siete voi.

Graziella                        - (amaramente, sottovoce, a Kitty) Eh?!.-Chi l'avrebbe detto!?...

Hilda                             - Nuvole... nuvole... lampi. Una corda scar­latta vi stringe alla gola... Ah!... (Getta un grido: sensa­zione delle due clienti. La chiromante prosegue, dram­matica, affannosa) Salvatevi, salvatevi!... (pausa, respira a fatica) F. B.... F. B.... mente... tutte menzogne... Le sue parole d'amore... bugie... Non credete più... Lo ve­do... lo vedo...

Kitty                             - (sommessamente) Lo vede... Ci siamo.

Hilda                             - In un tassì. Corre... Traversa Parigi... E' notte... La macchina si ferma... La targa... la targa della strada...

Kitty                             - Ora ci dà l'indirizzo... (Sono tese come due funi).

Hilda                             - (come se leggesse con estrema fatica) Via... dei... Col... li... sess... santa... quattro...

Graziella                        - (pianissimo) Via dei Colli sessanta­quattro. Ricordatelo. (Kitty fa cenno di sì col capo).

Hilda                             - E' una casa signorile. F. B. è in abito da sera... Allegro... profumato...

Graziella                        - Ipocrita! Altro che i Bobinarci!

Hilda                             - Sento della musica, delle risate... è davanti a una porta... suona... (come se leggesse la targhetta di una porta sillabando) Adriana Rivière...

Kitty                             - (in un soffio) La sua amante... Adriana Ri­vière.

Hilda                             - Vedo tanta gente... donne... donne... Lo ba­ciano... lo abbracciano...

Graziella                        - Brutta, bestia!

Hilda                             - (come se vedesse delle cose terribili) Oh, che orrore!...

Graziella                        - Cosa vedete? Cosa vedete?

Hilda                             - (con le mani sulla faccia, soffrendo) Oh, che sudicione! (Le due amiche si ammiccano con una smorfia dolorosa).

Kitty                             - Ha visto tutto!...

Hilda                             - (comincia a mugolare poi, come attraversata da una corrente elettrica, balza in piedi con gli occhi spalancati tremando in tutte le membra. La sua com­media è finita. Si passa una mano sulla faccia, stremata) Quanto ho sofferto!

 Kitty                            - Siete stata grande.

Graziella                        - Ci avete detto tutto: nome e indirizzo. (Traendoli dalla borsetta) Questi sono i vostri cento franchi.

Hilda                             - (prendendoli avidamente) Se permettete vado di là a sdraiarmi. Sono proprio sfinita.

Kitty                             - Lo credo. Riposatevi, riposatevi. (E' presa da un'idea improvvisa; le sbarra il passo) Un momento» giacché ci siete. Un momento solo. Siete talmente in forma stasera! Guardate la mano anche a me, per fa­vore. Posso fidarmi del mio uomo? Vi chiedo questo soltanto.

Hilda                             - (equivocando e credendola la moglie di Bri­gadin, verifica le linee della mano di Kitty e rapida­mente) Si. Fidatevi. Ciecamente. Un uomo incapace della più piccola menzogna. Uno spirito nobilissimo. E' un uomo che non vi darà che gioie. Amatelo, ama­telo molto, siategli vicina sempre. E fate quello che lui vuole. Ditegli di sì. Un bel bambino completerebbe la vostra felicità. Anche lui lo desidera tanto.

Kitty                             - (estasiata) Oh, un bambino! Grazie.

Hilda                             - E ora permettete... Scusate... Non mi reggo in piedi. Spero che le signore mi faranno della pubbli­cità e mi manderanno delle amiche.

Kitty                             - Contateci senz'altro. (Madama se ne va con un'aria di donna all’estremo delle sue forze. Restano sole le due amiche).

Graziella                        - Una donna impressionante.

Kitty                             - Diabolica. Te l'avevo detto io. Sono così fe­lice. Hai sentito? (Quasi con lo stesso tono della chiro­mante) Fidatevi. Ciecamente. Un uomo incapace della più piccola menzogna. (Con slancio) Caro, caro Filippo! (Desiderosa nel suo impeto di felicità di confidarsi) Sì, perché noi siamo talmente amiche, vero?, che te lo posso anche dire. E' Bonnat! E' tuo cugino Filippo che amo! Da quattro mesi. Pazzamente. E lo vedi: non mi dà che gioie.

Graziella                        - (depressa) Beata te! (Ritrovando di scatto la sua energia) Ad ogni modo ti ringrazio di avermi portata qui. Ora so come devo agire.

Kitty                             - Sii calma, però; è un momento grave. Devi avere i nervi a posto.

Graziella                        - (fuori di se) II nervi a posto! Fai presto tu a dire; perché lui ti è fedele. Ma io, io, capisci? Senza nessun sospetto... Fiduciosa... tranquilla. E mi derubavano, mi ammazzavano. Dopo due soli anni di matrimonio! Mascalzone! Adesso capisco perché mi la­sciava fare, andare dove volevo. Libertà, indipendenza! Sfido! Voleva fare il comodo suo!

Kitty                             - Ma... veramente eri tu che...

Graziella                        - (con la solita logica delle donne) Io, io!... Naturale! Perché è più moderno, più elegante, più simpatico! Poi lo sentivo così freddo, così staccato... Però che arrivasse a tradirmi, che giungesse fino a que­ste oscenità...

Kitty                             - Be', adesso calmati. Andiamo a casa.

Graziella                        - (con una risata isterica) A casa? No ho più casa io. Non ho più nulla da fare in casa del signor Brigadin. Vuol liberarsi di me? Benissimo. Gli restituisco la sua libertà. Vuole uno scandalo? Benis­simo. Farò uno scandalo famoso. Ne parlerà tutta Pa­rigi. Andiamo. Vado da Renato Daubry.

 

 Kitty                            - Ma cosa dici? Sei diventata matta? Proprio da qui!

Graziella                        - Proprio da lui, sì. Da quel bellimbusto, da quello sfruttatore. E' il mio diritto. Anzi il mio do­vere morale. L'unica risposta degna di un simile trat­tamento. Non capisci? Vado da lui per vendicarmi, per compromettermi.

Kitty                             - Il tuo stato d'animo in questo momento... Non sei padrona di te, cara. E' una forma di suicidio...

Graziella                        - Imparerà a conoscermi, mio marito.

Kitty                             - (raccogliendo guanti e borsetta) E va bene... Quand'è così... Se proprio vuoi tirarti una pallottola in testa!...    (Appare Palmiro).

Palm ira                         - (con un sorriso, sperando di avere la mancia « facendo tutto il possibile per fare intendere alle due clienti che l’aspetta) Le signore sono rimaste con­tente, vero? Chissà quante belle cose! Le signore sono così graziose e proprio meritano...

Graziella                        - Felicissime! Felicissime!... (Via impe­tuosamente seguita da Kitty che scuote il capo).

Palmira                          - Tutte uguali le donne: viziose e avare!

Fine del secondo tempo

TERZO TEMPO

Il passaggio dal secondo al terzo tempo sarà rapidis­simo. Basterà togliere il tendaggio nero circolare: dietro sarà già pronta la scena del quadro seguente: un pic­colo salotto in casa di Adriana Rivière. Essendo un salottino di passaggio, è arredato con estrema sempli­cità. Un piccolo canapè; due o tre poltrone. Un tavo­lino con molti fiori. Una lampada a diffusore. La co­mune è in fondo ed è chiusa. Una porta vetrata a de­stra, aperta, comunica con un salone illuminatissimo. Se ne intravvede un breve scorcio appena. Un'altra porta a sinistra.

 (All'alzarsi del sipario il salotto è deserto. La festa si svolge, appunto, nel salone. Di là viene infatti un gran clamore di voci e di risate. Qualcuno sta ballando la danza russa e gli altri accompagnano lo zompare del ballerino con un coro di voci e di battimani).

Tutti                              - (d. d. vociando) Ohe, olà! Ohe, olà! Ohe, olà! (Entra da destra con aria furtiva Francesco Brigadin. Federico, un vecchio cameriere severo e irrepren­sibile, di grande stile, entra da sinistra. Federico regge un grande vassoio con secchiello di spumante e coppe. Brigadin è truccato con un magnifico costume cinese. Baffi lunghi, sottili e spioventi, ricco paludamento, san­dali di feltro ricamati, occhiali e ventaglio. E' irriconoscibile).

Brigadin                        - (con aria di complicità a Federico, ferman­dolo con un gesto) Chiudete per favore. Un momento solo. (Federico eseguisce. Il vigore delle voci e dei bat­timani, di là, si attenua). Sentite, Federico: fra poco verrà qui alla festa una signora a cercare del signor Bonnat. E' quel signore ubriaco di là, che balla la danza russa.

Federico                        - Perfettamente.

Brigadin                        - Può anche darsi che chieda della signora Rivière, la vostra padrona. In ogni caso voi le direte che questo appartamento appartiene a un funzionario dell'ambasciata cinese e verrete ad annunciare la signora a me prima che ad ogni altro. Si tratta di un piccolo scherzo. Siamo tutti così allegri stasera.

Federico                        - (sorridendo) Capisco... Benissimo, signore.

Brigadin                        - E' una donna bionda. Molto elegante. La farete aspettare in anticamera e verrete subito ad av­vertirmi. Siamo intesi?

Federico                        - Perfettamente, signore.

Brigadin                        - Ci sono cento franchi per voi.

Federico                        - Il signore è molto generoso.

Brigadin                        - Allora mi posso fidare?

Federico                        - Assolutamente. (Brigadin abbozza un sa­luto con la mano e un sorriso di congedo. Federico riapre la vetrata di destra. La danza russa finisce pro­prio in questo momento; scoppiano gli applausi).

Tutti                              - Bravo! Bravo! (Dalla porta di destra trasci­nando due donne appare precipitoso Bonnat in frac, un po' brillo. Lo si capisce dall'argento vivo che ha nelle gambe e da una certa difficoltà a parlare speditamente. Le due donne con uno strappo riescono a li­berarsi dalla sua stretta. Bonnat entra quasi ruzzolando in scena. Via le due donne).

Bonnat                          - (con un gesto orgoglioso) Io sono un co­sacco del Don! (Va ansante a stravaccarsi sul piccolo divanetto dopo essersi fatto largo agitatamente fra Bri­gadin e Federico). Dite quello che volete, ma è bello vivere in un'epoca di decadenza... Il piacere è oblio... (Brigadin si fa versare da Federico un bicchiere di spu­mante e si avvicina a Bonnat reggendo la coppa piena. Federico scompare di là nel salone).

Brigadin                        - Bravo, Filippo! Mi piaci. Sei divertente stasera. Bevi, caro, bevi.

Bonnat                          - Grazie, tesoro. Ah, non me lo faccio dire due volte. (Beve. Entra da destra Adriana Rivière, la padrona di casa. Giovane, bellina).

Adriana                         - (a Brigadin) Voi due siete scandalosi stasera. Ma non dategli più da bere. Non vedete che è ubriaco fradicio.

Bonnat                          - Chi è che ha detto ch'io sono ubriaco?

Adriana                         - Ma tutti, caro, tutti!

Bonnat                          - Ah, sì? (Alzandosi e traballando). Adesso vi faccio vedere io se sono ubriaco. Vi ballerò la danza degli « apaches ». (Intanto è arrivato sulla soglia, a de­stra). Maestro, attacca... (Qualcuno di dentro suona al piano un ritmo allegro e Bonnat traballando accenna un motivo di danza).

Adriana                         - (a Brigadin) Ma basta. Fatelo sedere. E’ diventato noioso... (Brigadin raggiunge Bonnat sulla porta di destra e lo prende sottobraccio).

Brigadin                        - E' tutta la sera che zompi, Filippo. Do­vresti riposare un po'. Finirai con lo star male.

Bonnat                          - (sdegnato) Io?... Io sono un campione dell'antica allegria francese. Io resto sulla breccia... Eccola qui l'antica allegria francese. (Torna a piroettare).

Brigadin                        - (se lo tira dietro amabilmente) Ti farebbe bene prendere un po’ d'aria, vedi... (Via Adriana sentendo il capo. I due uomini rientrano in scena).

Bonnat                          - (ribellandosi) Mi vorresti liquidare? Io sono in un magnifico appartamento, circondato da don­nine graziose e prò...

Brigadin                        - ...caci

Bonnat                          - Grazie... e credi che lascerò tutto questo per andare a passeggio? Ma nemmeno... E poi, sì, guarda! Ci voglio proprio andare!

Brigadin                        - (fra sé) Meno male! Se non altro non è testardo.

Bonnat                          - Ci voglio andare perché credo che l'aria aperta mi farà diventare più ubriaco di quello che sono. (Accarezza lentamente, buffamente Brigadin sulla gota). Ciao, tesoro... (e vi avvia verso la comune, nel fondo).

Brigadin                        - Dove vai, adesso?

Bonnat                          - A pass... '(rutto senza rumore).

Brigadin                        - (completando) ... seggio.

Bonnat                          - (dandogli la mano) Grazie.

Brigadin                        - Non ti lascio assolutamente uscire in que­sto stato. Ti arresterebbero subito.

Bonnat                          - Ma io voglio prendere dell'aria.

Brigadin                        - Se è per questo, laggiù c'è una magnifica terrazza. Ti ci porto io.

Bonnat                          - Ah, bene, bene. Se è così... (Lo guarda attentamente). Io non capisco perché ti sei fatto così brutto. Tutti cercano di migliorarsi e tu... Io ho una cosa sullo stomaco...

Brigadin                        - Per l'amor di Dio! (Suono di grammo­fono da destra. Di là s'incomincia a ballare).

Bonnat                          - No, no, un pensiero. Mettiamoci un mo­mento qui tranquilli, cugino mio. (Lo abbraccia, lo fa sedere accanto a se su un piccolo divano). Mi fa tene­rezza ritrovarmi con te da solo a solo. Però la tua faccia non mi è più familiare. (Insospettito). Giurami che sei proprio mio cugino Francesco Brigadin. Non vorrei fare delle confidenze a un cinese che mi è straniero.

Brigadin                        - (guardando l’orologio con aria impaziente)

                                      - Ma no, sono io.

Bonnat                          - (ancora perplesso) Dimmi il nome di tua moglie, mia cugina Graziella. Vediamo se...

Brigadin                        - Graziella!

Bonnat                          - Ah, benissimo. Adesso sono tranquillo. Sei proprio tu. (Lo abbraccia; è diventato sentimentale di colpo). Vedi io sono un mascalzone. Sì! Tu no. Tu sei una brava persona. Tua moglie ti rifiuta i suoi favori e tu eri nel tuo pieno diritto di venire qui. Ma io che da quella donna ho tutto... No, sono proprio un mascalzone. (Brigadin torna a guardare l’orologio). Sono pieno di rimorsi... (Cambiando tono). Ma sai che non ti riconosco più. Di' la verità: ti sei truccato così perché ti vergogni di essere mio cugino...

Brigadin                        - (alzandosi) Vieni, vieni. Ti porto in ter­razza. Vedrai che ti farà bene.

Bonnat                          - (alzandosi pesantemente aiutato da Brigadin)

                                      - Mi disprezzi... è giusto... Sai che cosa farò io per farmi perdonare il mio tradimento? La sposerò. E fa­ remo tutta una famiglia. Lei, tu, io e tua moglie.

Brigadin                        - Ecco. Magnifica idea. Vieni a prendere un po' di fresco. (Lo conduce via con se, sottobraccio, dalla porta di sinistra. Da destra entra Evelina).

 Evelina                         - (guardandosi intorno) Toh! Il mio cinese è scomparso. (Mentre va a guardare alla comune, dalla sinistra in gran fretta rientra Bragadin).

Brigadin                        - Benissimo. Cercavo proprio di te.

Evelina                          - Caro il mio Torikata! (Corre ad abbrac­ciarlo).

Brigadin                        - Mi devi aiutare a fare un piccolo scherzo al mio amico; quell'ubriacone di là.

Evelina                          - Quale, quale? quello vestito da messicano?

Brigadin                        - Ma no! Quello in frac.

Evelina                          - Ah, quel bel bruno!

Brigadin                        - Ti farò un bel regalo se farai le cose per benino.

Evelina                          - Lascia fare. Le bugie sono sempre state il mio forte.

Brigadin                        - Fra poco verranno ad annunciarmi una signora. Io la riceverò e fingerò di essere il padrone di casa, un alto funzionario dell'ambasciata cinese. Ti metterai laggiù, dietro quella porta          (indica la porta dì sinistra), in attesa di ordini. Quando batterò le mani due volte e ti dirò delle parole cinesi entrerai tu e mi risponderai quel che ti salterà in testa.

Evelina                          - Ho capito. Lascia fare a me. Ho fatto per duecento repliche la cinese nel «Balletto Sciangai ». Me ne intendo.

Brigadin                        - Allora siamo a posto. Poi andrai subito di là in terrazza; questa è la chiave (le dà una chiave che ha in mano). Ci troverai il mio amico; l'ho chiuso fuori perché non scappasse. E te lo tiri dietro bel bello fin qui. Fatti abbracciare, baciare, tutto quello che vuoi.

Evelina                          - Non sarà difficile. Ha le mani lunghe quello là.

Brigadin                        - E' necessario che la signora, quando en­trerete qui, vi veda in pieno idillio. Mi sono spiegato?

Evelina                          - Perfettamente. E come compenso per gli schiaffi che rischierò di prendere dalla signora che cosa mi offri?

Brigadin                        - Vediamo... Non credere però che... Non succederà niente. E' uno scherzo.

Evelina                          - Sì, sì, li conosco, io, questi scherzi. Patti chiari, amicizia lunga: mi piacerebbe una bella spilla di brillantina Non spaventarti: roba modesta. E' in ve­trina da un piccolo gioielliere di via San Clemente.

Brigadin                        - Non potremmo scegliere un anellino, in­vece!

Evelina                          - Ah, no! L'anello vuol dire schiavitù, im­mobilità. Lo detesto. La spilla invece balza, vola, si sposta: oggi sulla spalla, domani in cintura. E' un in­vito al capriccio, all'avventura, al piacere di vivere-Adoro le spille.

Brigadin                        - Ho capito. Hai anche dello spirito.

Evelina                          - In compenso ti servirò benissimo. Non ci sarà una cinese più cinese di me. (Dalla comune entra Federico).

Federico                        - (a Brigadin con aria di complicità). La signora è arrivata adesso. E' di là. E' la signora Kitty Rozier.

Brigadin                        - Proprio lei! Magnificamente!

Federico                        - Ma non ha chiesto né del signor Bonnat, né della mia padrona. Ha chiesto di voi.

Brigadin                        - (sorpreso) Di me? Curiosa questa! (Fra se) O come ha fatto a sapere che io ero qui?

 

Federico                        - Che cosa devo fare? Dice che deve par­larvi di una cosa molto urgente, molto importante.

Bricadin                        - (fra se) Forse non vorrà fare uno scan­dalo. Forse avrà pensato che anch'io... Strano, però. Avrebbe dovuto credermi a caccia... (A Federico) E voi che cosa le avete detto?

Federico                        - Che non conoscevo il nome degli invitati e che il padrone di casa non era comunque la signora Rivière, ma un diplomatico cinese. Che l'avrei annun­ciata a voi.

Bricadin                        - Benissimo. Questi sono cento franchi (glieli dà).

Federico                        - Grazie, signore.

Brigadin                        - Introducete la signora in questo salotto e cercate che nessuno venga a disturbarci per qualche minuto.

Federico                        - Contateci. (Via dalla comune).

Bricadin                        - (a Evelina) Presto. Mettiti là dietro quella porta. Dobbiamo lare un po' di commedia. Quando bat­terò le mani entrerai e mi porterai questo portasiga­rette            - (glielo dà). Per il resto siamo d'accordo.

Evelina                          - Vado. (Esce da sinistra).

Bricadin                        - (si sprofonda in poltrona e fra se) Non riesco a capire... Come diavolo avrà fatto a sapere che io ero qui? Speriamo che Teresina non abbia fatto dei pasticci con quelle benedette carte... (Appare dalla co­mune Kitty; è vestita di nero con una veletta nera che le nasconde la faccia).

Federico                        - (introducendola) La signora Kitty Rozier, eccellenza. (Se ne va, richiude la porta).

Bricadin                        - (si alza e le va incontro a piccoli passettini buffi, e con grandi inchini cerimoniosi. Contraffa anche la voce e parla con scelto linguaggio, con inflessione eso­tica e con gesti solenni. Fa una vocetta acuta e invece della erre pronuncia elle). L'ospite ha tutte le virtù del cielo ed è toccato dalla grazia degli Dei. Se l'ospite entra nel tuo giardino, tu gli offrirai le rose più belle. Se vuol bere alla tua tavola, tu gli darai la coppa più preziosa.

Kitty                             - (imbarazzata da quell'accoglienza poetica e so­lenne) Signore... io sono confusa per la vostra cor­tesia.

Bricadin                        - E io lo sono per la vostra bellezza. Siamo pari. In che cosa posso servirvi, signora? (Batte le mani due volte. Appare da sinistra Evelina che recita la commedia alla perfezione. Cammina con rigidezza ieratica. Sulle palme tese regge il portasigarette di Brigadin. Si avvicina a lui, gli si inchina profondamente e glielo porge. Brigadin offre da fumare a Kitty che ri­fiuta con un gesto. Brigadin toglie una sigaretta e si mette il portasigarette in tasca. Evelina gli accende la sigaretta facendo precedere e seguire il gesto da pro­fondi inchini, poi si sfregano vicendevolmente le palme e la fronte, infine Evelina si ritrae e va via a sinistra). Vi ascolto.

Kitty                             - (sempre imbarazzata) Ecco... veramente... mi avevano detto... io credevo che in questa casa vi desse una festa la signora Adriana Rivière.

Bricadin                        - Stanotte sono io l'ospite qui, signora: il dottor Torikata-Karakiki. Sono in Francia da poco tempo. Ho voluto conoscere e godere un'allegra notte di Parigi. La signora Rivière mi ha ceduto per una notte la sua casa. Se volete gradire la mia ospitalità...

Kitty                             - Ecco, signor Torikiki...

Bricadin                        - Prego: Torikata-Karakiki.

Kitty                             - Perdonate... è un po' difficile per me.

Bricadin                        - (seduttore) Non importa. Chiamatemi Cin-fu. E' più facile e più dolce all'orecchio... Cin-Fu! Cin-Fu! (Fra se) Perbacco! Più la vedo, più mi piace...

Kitty                             - Dunque, signor Cin-Fu, dicevo che qui c'è un equivoco. Io non sono venuta per... io sono... sono una signora per bene, ecco.

Bricadin                        - Qui siamo tutti per bene. Vogliamo sol­tanto essere felici per una breve notte.

Kitty                             - Sarà bene allora che vi spieghi subito perché sono qui.

Bricadin                        - Vi ascolto.

Kitty                             - Vorrei parlare a un certo signor Brigadin...

Brigadin                        - Brigadin? Non conosco. Non è fra i miei ospiti?

Kitty                             - Doveva partecipare a una festa qui in casa della signora Rivière stasera e io volevo avvertirlo che sua moglie...

Brigadin                        - (con eccessiva precipitazione) Che mia moglie?... '(Si corregge subito) Che sua moglie?... Dite, signora, vi ascolto.

Kitty                             - Sta venendo qui per sorprenderlo.

Bricadin                        - (balzando in piedi) Mia moglie?... Sua moglie?...

Kitty                             - Sì. Anzi è già qui.

Brigadin                        - (spaventatissimo) Qui?...

Kitty                             - Non proprio qui in casa, ma insomma... E' giù in portineria. E io so cosa c'è voluto per per­suaderla a non salire, a non fare uno scandalo. E' fuori di sé. Una belva addirittura.

Bricadin                        - Sicché se il signor Brigadin fosse stato qui?...

Kitty                             - (completando) Eh, già! Gli sarebbe per forza cascato sotto le unghie. Capirete, dalla portineria bi­sogna ben passare in un modo o nell'altro.

Bricadin                        - (pensoso, sincero) Eh, purtroppo!...

Kitty                             - E il male fosse tutto qui! Se tutto si ridu­cesse a una scenata, pazienza. Dopo ci si rimette d'ac­cordo!... Ma c'è di peggio.

Brigadin                        - Di peggio?...

Kitty                             - Eh! quella vuol vendicarsi dell'affronto. E s'è portata qui un corteggiatore, mi bellimbusto... vi dico: roba dell'altro mondo. Ha perso la testa. Una donna equilibrata come lei.

Brigadin                        - (truce) Questo corteggiatore è forse?...

Kitty                             - il suo amico? Ma nemmeno per sogno. E’ una donna onestissima. Soltanto, ve lo dicevo, la col­lera, la gelosia l'hanno... (agita la mano davanti alla fronte con un gesto significativo). Non ragiona più. Vuol scoprire il marito e poi, per vendicarsi, diventare subito l'amante di quel...

Brigadin                        - Ci mancherebbe anche questa!

Kitty                             - E pensare che avrei giurato che di suo ma­rito non gliene importava niente.

Brigadin                        - (infuriato) Ma guarda che pasticcio! Io domando e dico come ha fatto a sapere che io?... che lui?... Dico bene, che io avrei invitato suo marito alla festa? (Ogni tanto, scaldandosi, si dimentica di essere cinese; poi, subito, riprende con automatismo la sua pronuncia e i suoi atteggiamenti esotici).

Kitty                             - E’ Una storia un pò lunga. C'è di mezzo una chiromante.

Brigadin                        - (sincero) Quella scema!

Kitty                             - Chi?...

Bricadin                        - La chiromante! Se ha detto che Brigadin era qui!...

Kitty                             - Tutt'altro che scema! Una chiromante stra­ordinaria. Vede le cose attraverso una boccia dì vetro, e indovina tutto.

Brigadin                        - Non indovina un bel niente. Perché qui non c'è stasera nessun signor Brigadin,

Kitty                             - Eppure la chiromante è stata precisa. Nome e indirizzo. Ci ha dato perfino le iniziali del marito della signora: F. B.: Francesco Brigadin.

Brigadin                        - (fra se) Sicuro! Che bestia! Non ci avevo pensato. Sono anche le mie!

Kitty                             - E ci ha detto che sarebbe venuto qui in via dei Colli al numero sessantaquattro. L'ha visto nella boccia scendere qui, davanti alla casa. Allora la mia amica ha detto: brutto mascalzone. E m'aveva assicu­rato che sarebbe andato a caccia. Ma adesso la ve­dremo. Questa gliela faccio pagare. Occhio per occhio, dente per dente.

Brigadin                        - (sussultando) Imbecille!

Kitty                             - Perché ? A voi che ve ne importa?

Brigadin                        - (fuori di se) Deploro... Sicuro: deploro... Non posso soffrire le donne che pretendono di vendi­carsi con questo sistema dell'occhio.

Kitty                             - Però in fondo è giusto.

Brigadin                        - Ma che giusto! Quella stupida. Glielo dò io l'occhio. Tanto più che la chiromante può aver preso benissimo un granchio. Un granchio grosso così...

Kitty                             - Non capisco.

Brigadin                        - Non eravate forse in due presenti al con­sulto?

Kitty                             - Sì.

Brigadin                        - E la boccia non era forse una sola?

Kitty                             - Una sola.

Brigadin                        - (sempre più infervorato nel suo alibi) E dunque le onde... le onde magnetiche, le onde che agivano su quella maledetta boccia non potevano forse partire tanto da voi che dalla vostra amica? Avanti: quanti uomini ha visto la chiromante scendere qui?

Kitty                             - Uno solo. Il marito della signora.

Brigadin                        - Il marito della signora! Piano! Si fa pre­sto a dire il marito della signora! Avrebbe potuto es­sere benissimo anche vostro marito l'uomo che lei ha visto nella boccia! Voi siete giovane, bella... Avrete certo un marito, o in mancanza d'un marito, un amico, perbacco.

Kitty                             - (insorgendo) Ma la chiromante ci ha dato le sue iniziali. C'è poco da sbagliare. Ha detto F. B.

Brigadin                        - (scaldandosi) F. B.! F. B.! E cosa vuol dire? Non ci sarà mica soltanto un uomo al mondo con quelle iniziali. Vediamo un po': come si chiama per esempio l'uomo che interessa voi?

Kitty                             - (con una mano alla fronte, smarrita) Oh Dio! Mi viene un dubbio!

Brigadin                        - E viene anche a me, per... per Confucio! E che dubbio! Perdonate, signora, ma io sono per la giustizia. (A Evelina, battendo le mani due volte come d'intesa) Kasiwadè Anoko Mitasani core core. Dai, svelta!

Evelina                          - Watasa si wo la karina bo ossoni kaporè,    - (Se la squaglia in fretta).

Kitty                             - (impallidisce, quasi sviene) Oh, Dio! Mi vien male.

Brigadin                        - (trionfante) Ah, vedete dunque? Fuori il nome, perbacco!

Kitty                             - (flebilmente) Filippo Bonnat...

Brigadin                        - Filippo Bonnat?... (Con l'aria di chi cerca nella memoria) Bonnat... Bonnat?... Sicuro, perbacco; mi pare che ci sia. E' un bel giovane? Alto, ben piantato, scuro di capelli?

Kitty                             - (flebile) Oh, sì...

Brigadin                        - Ma allora è lui, non c'è dubbio, è lui. Ha bevuto tutta la sera come una spugna.

Kitty                             - (torcendosi le mani) Mascalzone! Lo punirò.

Bricadin                        - Benissimo. Adesso sì che si comincia a ragionare!

Kitty                             - (furente) Occhio per occhio, dente per dente.

Brigadin                        - (con entusiasmo) Ecco. Appunto. Qui la faccenda dell'occhio va a pennello. Sapete come diciamo noi in Cina?

Kitty                             - No.

Bricadin                        - Tahin Kakorè, Kakorè Tahin. Chiodo scaccia chiodo.

Kitty                             - Ma lo diciamo anche noi.

Brigadin                        - Meglio così.

Kitty                             - E con la mia amica come si fa adesso? Magari verrà qui.

Brigadin                        - (subito in orgasmo) Ah, già... Verrà qui (Smarrito) Come si fa, allora? (Si riprende subito) Sen­tite, cara, preferirei non incontrarmi con questa signora. Nella mia qualità di padrone di casa... Comprendetemi. E poi sono un diplomatico. La mia posizione è deli­catissima.

Kitty                             - Capisco.

Brigadin                        - Allora io me ne vado e voi sistemate tutta la faccenda. Adesso vi mando qui Bonnat, e...

Kitty                             - Gli caverò gli occhi.

Brigadin                        - Fate pure un inchino. In questo istante un clamore di voci viene dal fondo; altre voci si odono da sinistra e Brigadin si trova fra due fuochi, si vede perduto).

Graziella                        - (d. d. dal fondo) Sono una moglie tra­dita. Ho il diritto di entrare.

Kitty                             - (a Brigadin) E' lei!

Federico                        - (d. d. energico) Insomma, vi prego, si­gnora... (Entra Graziella come un’ondata).

Bonnat                          - (d. d. a sinistra) Sto malissimo.

Kitty                             - E' lui!

Bricadin                        - (fra se) Addio! Siamo perduti! (Nello stesso istante, infatti, le due porte si sono spalancate: dal fondo è apparsa sconvolta e inviperita Graziella che, spalleggiata da Daubry, ha travolto le resistenze di Fe­derico).

Bonnat                          - (è apparso da sinistra, abbracciato a Evelina. Scena agitata, le voci si mischiano e si sovrappongono).

Kitty                             - (gettandosi piangendo nelle braccia di Graziella) Oh, Graziella, che orrore! (Indicando Bonnat) Guarda, chi ho trovato invece di tuo marito!

Bonnat                          - (tranquillo nella tempesta; ubriaco com'è, è come fuori del mondo) Pensare che tutti credono che sia il vino che ubriaca. Invece è l'aria aperta...

Brigadin                        - (si guarda attorno con lo sguardo di un nau-frago che sta per affondare e a passettini cauti cerca di svignarsela).

Graziella                        - (che non ha avuto il tempo di riconoscerlo lo apostrofa vibratamente) Il padrone di casa siete voi, mi hanno detto.

Bricadin                        - (cercando di scoprirsi il meno possibile e contraffacendo voce e gesti più che può) Sì, sì, sono io. Per servirvi... (e resta col capo chino perché la mo­glie non lo guardi in faccia. Si fa schermo al viso col ventaglio).

Graziella                        - Belle infamie avvengono in casa vostra. Dovreste vergognarvi di ospitare uomini che hanno dei legami, dei sacrosanti legami.

Bricadin                        - (sempre a schiena curva e col volto chino, incrociando le mani sul petto) Gian kai osciaka ossuni fusciaka. (Traducendo) Non frugare nel cuore del tuo ospite, ma offrigli solo la gioia che lo consoli.

Graziella                        - (fuori di se) Ah sì, eh? Sapete come si chiamano ;da noi questo genere di consolazioni? Por­cherie, si chiamano porcherie.

Kitty                             - (che si è precipitata su Bonnat) Bugiardo, ipocrita, farabutto! (Gli dà uno schiaffo. Bonnat, al colpo, la guarda stralunato poi se la dà a gambe inseguito da Kitty, Evelina e Daubry. Sono restati soli Gra­ziella e Brigadin).

Bricadin                        - (sempre curvo, nascondendo la faccia dietro il ventaglio che agita nervosamente, tentando di svi­gnarsela, con grande dignità) Se la signora consente che mi ritiri... Potrà sempre trovarmi all'Ambasciata cinese. Sono Torikata-Karakiki ; dalle tre alle sette ogni giorno. Credo inutile protrarre questa scena spia­cevole e sempre curvo, con la faccia nascosta, a pas­settini rapidi se la dà a gambe).

Graziella                        - (l’ha riconosciuto; fra se) Mascalzone! lui! (Un sorriso perfido le sfiora le labbra, socchiude gli occhi e serra nervosamente le mani; ma si domina bravamente e muta all’improvviso il tono aspro della voce in un tono dolce dolce, quasi carezzevole. Intanto lo raggiunge presso l’uscio di sinistra. Restano così loro due soli un po' appartati) No, no, no... Avete ragione. Vi prego di perdonare, signore. La concitazione delle parole ha tradito il mio vero pensiero. Tanto più che io... io proprio non ho ,da lamentarmi di niente. Cre­devo di trovare qui mio marito e invece... mio marito è a caccia. E' perfettamente innocente. (Azione di Bri­gadin, trionfante, che adesso osa alzare un po' il viso) E’ la mia amica che... (indica Kitty che rientra in que­sto istante, sempre inseguendo Bonnat. Daubry che cerca di trattenerla si busca uno schiaffone). Guardatela, po­verina! E' fuori di sè. (A Daubry) Daubry, vi prego. Portateli via. E aspettatemi tutti giù in macchina. Vi raggiungo subito.

Daubry                          - Perfettamente d'accordo con voi. (Prende Bonnat sotto braccio) Su, venite con me.

Graziella                        - (intanto accompagna alla comune Kitty piangente) Va', va', cara. Vengo subito anch'io. Mi con­gedo dal padrone di casa e ti seguo.

Evelina                          - (trova modo di avvicinarsi un attimo a Brigadin) Ricordati la spilla. Me la sono guadagnata. (Esce in fretta da destra),

Brigadin                        - Sta' tranquilla... (uscita la ragazza, com­pleta la frase).» che non te la darò mai. (Scoppiando di felicità, fra se, alludendo alla moglie) Non mi ha riconosciuto, non mi ha riconosciuto!. (Con una smorfia di autoammirazione) Devo essere truccato!... Una mera­viglia!...

Graziella                        - (chiude la porta di fondo e torna verso Brigadin con un leggiadro sorriso) Eccoci soli, final­mente!... Io e voi!...

Brigadin                        - (sorride, ma è disorientato da quel tono troppo appassionato della moglie verso un estraneo) Signora!...

Graziella                        - (lo prende per mano, si siede sul canapè, lo fa sedere accanto a sé) Sediamoci qui... un po' vi­cini. C'è un fascino strano in voi... Fascino di mistero, di lontananze, di mondi sconosciuti. Mi avete colpito subito la fantasia; o forse il cuore. Comunque la mia collera è caduta di colpo, lo avete visto.

Brigadin                        - (quasi timoroso) Oh, sì, certo, signora….Io sono lusingato.. Io... Io...

Graziella                        - (civettando, con un tono di deliziosa com­plicità) Per questo ho mandato via tutti... Per restare con voi...

Brigadin                        - (vorrebbe strangolarla e deve sorridere) Oh sì, certo anch'io.. (E’ sulle spine; non riesce a spic­cicare una parola).

Graziella                        - (incitandolo) Su! Siate più confidente, più intimo... Consideratemi una vostra vecchia amica...

Brigadin                        - (che non sa cosa dire) Siete così giovane...

Graziella                        - Oh, ma ho tanta esperienza. Solo man­cava questa nota, questo profumo alla tastiera delle mie sensazioni... L'Oriente! Il fascino dell'Oriente. La sedu­zione asiatica... Oh, come la sento!...

Brigadin                        - Eh già, l'Asia!...

Graziella                        - Voi del lontano Oriente dovete essere meravigliosi e terribili in amore. Specialmente un ci­nese d'alto lignaggio, come voi... (Gli si offre seducentissima).

Brigadin                        - Ah sì, per questo... Io sono proprio di schiatta...

Graziella                        - Come dovete saper baciare! E quelle lunghe dita intorno alla mia gola... Mi par di sentirle... Serpi vive che mi bevono il sangue...

Brigadin                        - (scostandosi irresistibilmente) Signora... sono confuso... Voi direte che... sono un imbecille... Ma io penso che... (Scattando) Insomma, non è mica onesto quello che 6tate per fare. Avete detto che avete un marito.

Graziella                        - (indifferente) Oh, mio marito! Mio ma­rito è a caccia. Poi, sapete, non sono innamorata di lui. E' un uomo così freddo. Tutto imbevuto di prati­cità. Probabilmente mi tradisce, anche. Ma non me ne importa niente. Mi piacete voi! (Fa un gesto di mi­naccia sopra lo zucchetto di lui ma lo trasforma subito in carezza) Quando parlate io vedo un cielo pieno di stelle. Tante stelle azzurre, bellissime... i vostri cieli caldi d'Oriente!... (Supplichevole) Baciatemi...

Brigadin                        - (la bacia livido; rabbiosamente; vorrebbe picchiarla) Toh!...

Graziella                        - (estasiata) Che impeto, che fuoco! Pre­potenza, passione, dominio: c'è tutto. Magnifico!

Bricadin                        - (fra sé, disperato) Che donna, che donna! Chi l'avrebbe detto! Una viziosa!...

Graziella                        - Oh, rapitemi! Perché non mi portate con voi, lontano lontano?...

Bricadin                        - E vostro marito?

Graziella                        - Non parlatemi di lui, vi prego. Lo detesto.

Bricadin                        - (fra sé) Mi detesta!...

Graziella                        - Un uomo senza fantasia. Piatto: banale. Voi invece siete l'immagine vivente di tutti i miei sogni di fanciulla. (Con dispetto) Lui va a caccia; a caccia di fagiani e mi lascia sola per notti intere! Quando è qui passa intere giornate in mezzo alle ci­fre, al danaro. E io invece adoro la poesia. Viaggiare, sognare... Portatemi nel vostro paese! Ci sono tanti ciliegi fioriti, non è vero, laggiù?

Bricadin                        - Ah, sì!... Duroni...

Graziella                        - Chissà che incanto! E dei piccoli la­ghetti?...

Bricadin                        - Laghetti... sì... Tanti...

Graziella                        - Li vedo. Pupille celesti cadute dal cielo. Voi mi suonerete il « samisan»...

Briganin                        - (cupo) ... Cosa vi suonerò?

Graziella                        - (quieta, incantata) Il « samisan ». Lo strumento...

Bricadin                        - Ah!

Graziella                        - Io vi ascolterò e poi ubriaca di musica vi cadrò nelle braccia.

Bricadin                        - (che non ne può più) Benissimo! E poi vostro marito vi pescherà e vi coprirà d'insulti e ve ne darà tante, ma tante! E farà benissimo perché quello che è giusto è giusto e io non potrei dargli torto.

Graziella                        - Voi mi difenderete!

Bricadin                        - (dominandosi) Ah, già; vi difenderò. Sì... certo... sicuro... naturalmente...

Graziella                        - (alzandosi) Ora vi lascio. I miei amici mi aspettano giù. Mi accompagneranno a casa, ma io li manderò via presto. E aspetterò voi. Fra un'ora. Va bene?...

Bricadin                        - Ma vostro marito?...

Graziella                        - Auffa! Perché insistete tanto a ricor­darmi mio marito?...

Bricadin                        - (con rimprovero) Ma avete pure un ma­rito, signora!

Graziella                        - E cosa importa! E' a caccia, ve l'ho detto. Poi, del resto, se anche lo sapesse!... Ora non amo che voi, non m'importa che di voi. Vi guardo... Mi piacete!... L'Asia!... L'Asia!...

Bricadin                        - E' un paese come un altro, vi assicuro. Ma se vi montate la testa così per un cinese dove va a finire la solidarietà bianca? S'intende che io sono felicissimo... Ma voglio dire che... esagerate, ecco!

Graziella                        - (carezzevole, gli impone di tacere posan­dogli una mano sulle labbra) Sss! Come siete onesto! La vostra anima profonda!... Vi capisco: disprezzate le facili avventure e volete essere ben certo del mio cuore. Vi umiliate. (Con slancio enfatico) Ebbene vi amo, vi amo! O mio uomo d'Oriente!

Bricadin                        - (fra se) E' inutile! Le piace l'Oriente! Non mi ero mai accorto.

 Graziella                       - (fatale) Addio! Conterò i minuti. E sarò bella, sarò dolce! Cercherò di non farvi rimpian­gere le vostre donnine lontane. A fra poco! Abito in via dei Castagni al numero due.

Bricadin                        - (inebetito) Lo so... (Correggendosi su­bito) A fra poco. (E' proprio uno straccio).

Graziella                        - (sulla porta, lo rimira un'ultima volta, si bea di lui, torcendosi appassionata) Oh!... Adesso capisco che cos'è il pericolo giallo!...

Bricadin                        - E dai! E' una fissazione!...

Fine del terzo tempo

QUARTO TEMPO

 (Un salottino al buio. Mezz'ora dopo. Due porte a sinistra, la comune a destra. Un apparecchio telefonico su un tavolino. All'alzarsi del sipario sono in scena Graziella, Daubry, Kitty e Bonnat. Kitty in piedi accanto a Bonnat sdraiato in una poltrona, gli parla vi­bratamente. Bonnat si sta fregando una guancia; deve aver preso un altro schiaffo).

Kitty                             - Miserabile! Tradirmi così!... Ma che cosa ti mancava, eh?, che cosa ti mancava? Non avevi tutto da me? Rispondi: avanti; rispondi!

Bonnat                          - Cuoricino mio, io ti amo.

Graziella                        - (intervenendo) E' inutile che tu insista. Come puoi pretendere di farlo ragionare? E' rinton­tito. (Domani gli sarà passata la sbornia e vedrai: tutto si accomoderà.

Daubry                          - (superiore) Ma certo! Fra due amanti gli schiaffi finiscono quasi sempre in una cerimonia nu­ziale.

Kitty                             - (fuori di se) Dio, che rabbia! Lo sbra­nerei; lo farei a pezzettini. Vederlo in questo stato, io che credevo che fosse un uomo unico al mondo. Come si è stupide! Quante illusioni inutili! (Irritata a Gra­ziella) Già, fai presto tu a dire! E' facile consolare gli altri! Perché tu hai un marito fedele, innamorato! Ma se tu fossi nei miei panni! Vorrei vederti!

Graziella                        - Hai ragione! Infatti quando la chiro­mante mi ha detto che mio marito... Ho passato delle ore terribili. Ma poi, vedi, ci si ragiona su, si capi-scono tante cose e...

Kitty                             - Parole! Perché tu sei salita in quell'ap­partamento e hai visto che tuo marito non c'era. Avrei voluto vedere cosa avresti combinato se...

Graziella                        - (con un sorriso un po' triste) Già.»

Bonnat                          - (querulo, fa sentire la sua voce) Non si potrebbe andare a dormire? Io casco dal sonno!...

Kitty                             - (volgendosi inviperita) A dormire?... Ma sentitelo! Ha la coscienza tranquilla, lui! Io sono qui a mangiarmi l'anima e lui vuole andare a dormire!

Bonnat                          - Se potessi sdraiarmi!... Sono così scomodo su questa poltrona!... Un bel materasso... (Sbadiglia generosamente) Aah!...

Kitty                             - Alzati, imbecille! Ti porterò a casa, sì. Fa­remo i conti a casa. Dopo non mi vedrai più, ma mi ricorderai per un pezzo, te lo dico io.

Bonnat                          - (fregandosi la guancia) Ma io ti ricordo già, tesoro mio. Sei tutta la mia felicità.

Graziella                        - (a Kitty) Telefonami domattina. Credo che avrò qualche cosa d'importante da dirti. Sai, non sono così tranquilla come credi tu.

Kitty                             - Non capisco...

Graziella                        - A domani, a domani. Ti dirò tutto. (l’accompagna, poi porge la mano a Daubry) Buona notte anche a voi, Daubry. Ci rivedremo domani al Circolo.

Daubry                          - Se permettete, vorrei fermarmi un mo­mento ancora.

Graziella                        - Non ne vedo la ragione.

Daubry                          - Devo parlarvi. Di una cosa urgente.

Bonnat                          - (andandosene barcollando per conto suo con un gesto largo di saluto) Buona notte alla bella com­pagnia e felice riposo... (Si dirige alla comune).

Kitty                             - (seguendolo precipitosamente) Addio, Graziella. Ti telefonerò. (Esce con Bonnat; c'è un mo­mento di freddo fra i due che restano, poi Daubry rompe il ghiaccio; scherzoso).

Daubry                          - Non guardatemi con quell'aria spaventata! Non ho nessuna intenzione di mangiarvi.

Graziella                        - Scherzi a parte, Daubry; vi sarei grata se voleste andarvene.

Daubry                          - E' tutto quello che avete da dirmi? Non siete cortese... Se sapeste quanto ho sognato questo mo­mento. Sono felice!

Graziella                        - (fredda) E io non lo sono assolutamente. Torno a pregarvi di andarvene.

Daubry                          - (come se non l’avesse neppure udita) Non volete togliervi il mantello?

Graziella                        - (secca) No. Fa freddo.

Daubry                          - Eppure la notte è così tepida. Sembra quasi estate. (Con uno slancio) Oh, cara! (Fa per baciarla).

Graziella                        - Basta, insomma. Non capite che vi de­testo?

Daubry                          - Curiose le donne! Mi siete venuta a cer­care, avete voluto pranzare con me, ballare con me. Siete stata deliziosa tutta la sera, infuriata contro vo­stro marito, piena di sacro sdegno, e adesso vi ribel­late, avete le crisi di coscienza. Non importa. Me lo direte voi quando avrete lo stato d'animo adatto... (Si siede da padrone in una poltrona, accende una siga­retta).

Graziella                        - Credete davvero ch'io possa diventare la vostra amante?

Daubry                          - E non è per questo, forse, che siete ve­nuta a cercarmi?

Graziella                        - Ma no!... Ma sì!... Insomma cercate di capire, Daubry.

Daubry                          - Io capisco perfettamente. Capisco tutto. Quando ho avuto la vostra lettera... (Finge di cercar­sela in tasca) Non importa... La ricordo parola per parola... Tenevo banco al Circolo con parecchie migliaia di franchi di posta. Io avevo un otto e avevo dato una figura tanto a destra che a sinistra. Dunque, gua­dagno sicuro...

Graziella                        - (che capisce l’antifona) Ah, ecco: gua­dagno sicuro...

Daubry                          - Capirete: un otto e due figure! E credevo che non ci potesse essere al mondo una felicità più grande. Tanto più che mi trovo in una situazione cri­tica... potrei dire anzi in una situazione catastrofica e quella vincita, quel danaro che stava sicuramente per entrarmi in tasca mi avrebbe fatto molto comodo...

Graziella                        - Capisco.

Daubry                          - Eppure appena ricevuta la vostra lettera, ho sentito che tutto quel danaro non era niente, as­solutamente niente. Ho capito che c'erano delle felicità ancora più grandi e ho passato banco, immediatamente, senza nemmeno realizzare quel colpo.

Graziella                        - (ironica) La vostra passione è veramente travolgente...

Daubry                          - Avete detto bene: travolgente. Io vi amo, vi amo.

Graziella                        - Allora, se mi amate, provatemelo: an­datevene.

Daubry                          - (duramente) E’ per dirmi questo che mi avete lasciato rimanere qui?

Graziella                        - Veramente qui ci siete voluto restare voi, ad ogni costo.

Daubry                          - Capirete, dopo la vostra lettera... Era per lo meno nel mio diritto.

Graziella                        - Ma non vi rendete conto che quando vi ho scritto quel biglietto ero pazza? Credevo che mio marito m'ingannasse... Volevo sorprenderlo con voi in quella casa e poi diventare la vostra amante. Ma per disperazione, intendiamoci bene; come avrei ingoiato un tubetto di « Veronal » o mi sarei asfissiata col ru­binetto del gas. Perché l'amore non c'entra, qui, e nem­meno il desiderio.

Daubry                          - (tranquillo) Sì, sì, io capisco tutto, ve l'ho detto.

Graziella                        - Perciò quelle parole, quel biglietto non contano più. (Vedendolo fumare distratto) Ma, dico, voi: non mi sentite?

Daubry                          - Altroché. Continuate pure.

Graziella                        - Ve ne prego, insomma. Andatevene, vi supplico.

Daubry                          - (strafottente, facendo un segno di diniego con l'indice) In giovinezza io ho letto Bourget. Co­nosco la psicologia femminile. Non sarei uscito da quella porta che voi direste: che imbecille!

Graziella                        - Oh, vi prometto di no. Se non è che per questo vi giuro che non lo dirò. Ma andatevene. Mio marito può tornare da un moménto all'altro. (Sincera) Non posso spiegarvi, ma ho le mie buone ragioni per credere che sarà qui presto, anzi.

Daubry                          - Con questi trucchi non mi prendete, mia bella amica. Vostro marito è a caccia, dunque...

Graziella                        - Sentite: ho avuto una giornata terri­bile, sono stanca, depressa, e la vostra compagnia non mi dà nessuna gioia. Se però non volete proprio andar, vene, me ne andrò io. (Fa l'atto di incamminarsi verso la porta di destra).

Daubry                          - Via, non facciamo sciocchezze. Vi ubbi­dirò. Rimaniamo ancora qualche minuto soltanto; il tempo di fumare una sigaretta. (A un gesto di Gra­ziella) Non temete, non temete. Soltanto come due buo­ni amici. (Graziella rassegnata si siede sospirando) Ecco: e allora per suggellare la nostra amicizia vi farò una confidenza molto delicata... Vi ho parlato prima del momento critico che sto attraversando. Ebbene, se pò teste... Da innamorato non avrei osato dirvelo, ma da amico... S'intende che io restituirò al più presto.»

Graziella                        - (di colpo scoppia a ridere. Un ridere ec­cessivo, nervoso).

Daubry                          - (perplesso e seccato) Ridete? Trovo che non ci sia niente di comico in tutto questo.

Graziella                        - Oh, sì, scusate, ma è proprio tutto da ridere, invece. Se penso che avrei potuto tradire mio marito con voi! Vi assicuro che stanotte ho capito molte cose. E ho un tale rimorso nel cuore.

Daubry                          - Non fraintendetemi, vi prego.

Graziella                        - No, no, è tutto chiarissimo. Io mi sono compromessa, e vi ho mandato una lettera che voi con­servate preziosamente perché vi dà il diritto di ricat­tarmi.

Daubry                          - Ma vi ripeto che avete frainteso.

Graziella                        - Ad ogni modo siccome io non ho da­naro e non ne ho mai avuto...

Daubry                          - Ma si tratterebbe di un prestito soltanto. Non dovrebbe riuscirvi troppo difficile trovare... Vi sarò grato eternamente... (Dalla comune a destra, $i ode un rumore).

Graziella                        - (imponendogli silenzio) Sss! Ci dev'es­sere qualcuno...

Daubry                          - (con apprensione) Vostro marito?

Graziella                        - Sì. Certamente lui. (Con rabbia e or­gasmo) Ve l'avevo detto. Mi mettete in un bel pasticcio adesso!

cciamof..

Graziella                        - Entrate là... Nascondetevi...

Daubry                          - (fra se, irritato) Non me ne va bene una, stasera.

Graziella                        - Via, via... Presto... (Lo spinge fuori della porta di sinistra in secondo piano e chiude l’uscio. Da destra entra Brigadin in cacciatora, fucile a tracolla e carniera. Ha un’aria torva, preoccupata. Graziella gli va incontro con uno slancio di tenerezza) Caro! Come mai di ritorno a quest'ora? Ma non eri andato a Gisors?

Brigadin                        - (funebre) Andato e tornato.

Graziella                        - Niente fagiani?

Brigadin                        - No. Non abbiamo sparato neanche un colpo di fucile. Appena sceso dall'automobile mi hanno detto che Bobinard s'era fratturato un polso. Pare che sta­mattina scendendo in fretta le scale sia scivolato. Gli hanno ingessato la caviglia.

Graziella                        - Mi hai detto il polso, prima.

Brigadin                        - No, che polso! La caviglia. Il polso del piede. Allora, tu capisci, non ho perso tempo; sono risalito in macchina ed eccomi qui.

Graziella                        - Come sono felice di vederti, caro! Sa­pessi come ti ho pensato oggi.

Brigadin                        - (ironico) Ah sì, eh? Ma guarda! Che novità sono queste? In due anni di matrimonio non mi hai certo abituato a così tenere effusioni. Quasi quasi dovrei pensare che me l'hai fatta o che stai per farmela.

 Graziella                       - (fingendo meraviglia) Farti che cosa?

Brigadin                        - (asciutto) Niente, niente. So io... (La guarda sospettosamente) Cosa c'è? Aspetti qualcuno?

Graziella                        - (c. s.) No. Perché ?

Brigadin                        - Così... Mi pareva. Tutta elegante, tutta animata. Hai l'aria di aspettare qualcuno.

Graziella                        - Ti ho detto di no. Saresti per casa geloso?

Brigadin                        - (sbottando) E se anche lo fossi ne avrei tutto il diritto!

Graziella                        - Ma sì, ma sì, non scaldarti!

Brigadin                        - Sono o non sono tuo marito in fin dei conti? Sono stufo di essere il tuo zimbello. Basta, ti dico! Sono due anni che gonfio, che gonfio. E adesso, paf! Scoppio. E' ora di finirla. Due anni che viviamo insieme e sei peggio d'una estranea per me. Non ti conosco. Non ti capisco. Non so nemmeno che cosa ti piace: se preferisci la Francia, la Norvegia o la Cina.

Graziella                        - Ah, l'Oriente, l'Oriente! Adoro l'Oriente»

Bricadin                        - (fuori di sé) Ecco;. l'Oriente! Maledi­zione! E si vive degli anni con una moglie senza nem­meno sospettare che senta così pericolosamente il fa­scino dell'Oriente!

Graziella                        - Non ti capisco. Non c'è niente di male, dopo tutto.

Brigadin                        - (sarcastico e furente) Ah, non c'è niente di male, eh? E hai il coraggio di?... Non so chi mi tenga... (Con uno sforzo enorme si domina).

Graziella                        - Parola d'onore, sei diventato matto.

Brigadin                        - Matto, matto sì! Ma ti garantisco che se mi accorgessi di tanto così... Basta!... (Impetuosamente va verso la porta di sinistra in secondo piano).

Graziella                        - (trattenendolo precipitosamente) Dove vai?

Brigadin                        - (in malo modo) A bere dell'acqua. Ho sete.

Graziella                        - (subito in orgasmo) Sta qui. Siediti. Sarai stanco. Ci penso io. Tanto c'è di là Nini che mi sta preparando la camera. (Socchiudendo la porta di sinistra) Nini, passatemi la bottiglia dell'acqua, per favore. (Si sente di dentro rumore di vasellame smosso Brigadin si è seduto nervosamente e tormenta sopra­pensiero la cinghia del fucile. Graziella gli porge bic­chiere e bottiglia) Tieni, caro.

Brigadin                        - (sempre seguendo il filo dei suoi pensieri) Guarda se si deve vivere con una donna; una moglie che... (Intanto parlando ha preso il bicchiere in mano, ma distrattamente ha bevuto alla bottiglia, poi ha versato dell'acqua nel fazzoletto, si è bagnato la fronte con lo bottiglia e ha rimesso il fazzoletto fradicio in tasca).

Graziella                        - Ma cosa fai? Dove hai la testa? Hai messo il fazzoletto bagnato in tasca.

Brigadin                        - Ah, già! Ho fatto confusione.

Graziella                        - (guardandolo con tenerezza) Sei stanco. Lavori troppo, tesoro. Casa e ufficio. Ufficio e casa...

Brigadin                        - Infatti, esagero. Hai ragione.

Graziella                        - D'ora innanzi mi preoccuperò molto di te. Ti costringerò a distrarti, a riposare. Ah! Adesso che mi ricordo... Mi pare, passando poco fa, di aver visto un telegramma per te sul vassoio della corrispondenza.

Brigadin                        - Ah, sì? Vado a prenderlo. (Via dalla co­mune).

Graziella                        - (ne approfitta per aprire a Daubry) Venite, presto. (Indicandogli la porta di sinistra in primo piano) Potete uscire di qui. E' la stanza di mio marito. Traversate la camera e il gabinetto da bagno, poi entrate nel corridoio... (Ma non riesce a finire le istruzioni; si sente un rumore di passi, è Brigadin che ritorna) E' qui...

Daubry                          - Ancora?

Graziella                        - Entrate là. (Lo spinge nella porta di si­nistra in primo piano) Ma non muovetevi. Non è pru­dente. La casa è grande e non sapreste trovare la via di uscita...

Daubry                          - (che non ne ha nessuna voglia) Ma -

Graziella                        - Spicciatevi, dunque. (Chiude la porta. Rientra Brigadin. Ha un telegramma in mano, aperto. Graziella nervosa) Che cos'è? Ancora un telegramma del­la zia?

Brigadin                        - Sì. (Leggendo) «Mi raccomando che sia maschio. Zia Amelia ». (Buttandolo sul tavolo) Ma che barba! E' noiosa, alla fine, questa vecchia!

Graziella                        - Perché ? Io la trovo commovente, povera donna. Ci adora. Si preoccupa di noi. Alla sua età, avere un nipotino... dev'essere una gran gioia.

Brigadin                        - (di malumore com'è, torna a scaldarsi) Ma io non ho nessuna voglia di fare la macchina riprodut­trice su ordinazione.

Graziella                        - Come sei sgarbato, Francesco! E che modo brutale di esprimerti. Ma che cos'hai stasera? Non si sa da che parte prenderti!

Brigadin                        - (sotto pressione) Che cos'ho?... E mi do­mandi anche che cos'ho?...

Graziella                        - (categorica, guardandolo dritto negli occhi) Sì. Che cos'hai? Avanti.

Brigadin                        - (che non può scoprire le sue batterie) Ho che... Che ho sbagliato la mia vita con te; ecco che cosa ho! Quando ti ho sposata ero pieno di sogni, mi pareva di essere in paradiso... Alla mia età! Proprio ridicolo! E adesso sono un povero uomo finito. Ho la schiena rot­ta, come un gatto che è finito sotto i denti di un bull-dog.

Graziella                        - Ma non vedo perché ?

Brigadin                        - Eh, lo vedo io il perché! ... Due anni di tenerezza, di pazienza, di fedeltàE sempre la speranza che un giorno tu a forza di respingermi ti saresti accorta che... che non meritavo di essere trattato così, ecco. E che un uomo capace di sopportare quello che ho sopportato io con te, è un uomo che vuol bene, che vuole veramente bene. Ma no, tutte illusioni! Sei peggiorata di giorno in giorno. Ormai ho l'impressione che il nostro matrimonio sia come un vaso che è andato in pezzi. Difficile riag­giustarlo. La tua giovinezza... la mia maturità... E' troppo giusto. Io pretendevo delle felicità assurde.

Graziella                        - Ma davvero che sei strano, stasera! Non ti ho mai sentito parlare così.

Brigadin                        - Sai... viene sempre un momento che si vede chiaro, a forza di ragionare. Capisco anche che per te ci sarebbe voluto un uomo diverso. Più estroso, più pittoresco di me. Infatti hai detto poco fa che adori l'Oriente. Ora siamo giusti, se c'è un tipo che non ha proprio niente di orientale sono io...

Graziella                        - (leggera) Ma cosa c'entra questo?

iBrigadin                       - (gravido d'intenzione) Eh, c'entra!... E come se c'entra! (Sbottando) Le donne hanno l'abitudine dell'ipocrisia; ma viene sempre il momento in cui si rivelano per quello che sono.

Graziella                        - Io non ti ho mai mentito. Tu piuttosto!

Brigadin                        - (fuori di sé, balbettando per la collera) Io?... Graziella, non... non... non farmi parlare, sai! Gra­ziella non cimentarmi! Guarda: lo dico per il tuo bene. Non farmi aprir bocca perché salta la casa.

Graziella                        - Allora vorresti dire che io?...

Brigadin                        - Sì. Che tu sei... (sta per prorompere; con uno sforzo supremo si tappa la bocca con un colpo violento della mano e si avvia a grandi passi verso l’uscio di sinistra in primo piano).

Graziella                        - (con subita apprensione, lo insegue, lo trat­tiene) Dove vai?

Brigadin                        - A prendere un fazzoletto. Sarò libero, no, di andare a prendere un fazzoletto? Questo è fradicio. (Accenna a quello che ha tratto dal taschino) Ho un mal di testa. Mi par d'essere in pallone! (Gesto significativo per dire che ha il cervello in convulsione).

Graziella                        - (trattenendolo) Non preoccuparti. C'è di là Nini che fa la tua stanza. Me lo faccio dare subito.

Brigadin                        - (senza sospetto) Ma quando la smetterà di girare per le stanze, quella!

Graziella                        - (corre alla porta, la socchiude) Nini, un fazzoletto. Nell'armadio... vicino a voi... Presto...

Brigadin                        - (sempre irritato) Ma faccio più presto io, abbi pazienza. So subito dove mettere le mani.

Graziella                        - (ritraendo prontamente la mano dalla porta socchiusa) No, non disturbarti. Eccolo qua. (Gli dà il fazzoletto).

Brigadin                        - (scontroso) Grazie. (Se lo ficca nel ta­schino e si spiaccica sulla fronte quello bagnato).

Graziella                        - Dicevi dunque che io sono?...

Brigadin                        - Lascia andare, lascia andare. Guarda, è meglio che ce ne andiamo a dormire adesso. Riprende­remo questo discorso domani, con più calma. (Accenna ad avviarsi ancora alla porta di sinistra in primo piano).

Graziella                        - (per impedirglielo, lo afferra per un brac­cio) Niente affatto. Voglio che tu mi spieghi.

Brigadin                        - Sono io che vorrei delle spiegazioni da te.

Graziella                        - Avanti. Parla.

Brigadin                        - Eh, se potessi farlo!

Graziella                        - Chi te lo proibisce?

Brigadin                        - (girando la posizione) Non credere però che tollererei di essere il tuo burattino. Perché se sa­pessi domani che tu... Ah, perdio! Te lo darei io l'O­riente!

Graziella                        - Cosa c'entra l'Oriente? Non capisco perché batti sempre su questo chiodo!

Brigadin                        - Batto su quel che mi pare e piace. Perché il padrone qui sono io, in fin dei conti! E sono stufo di farmi tirare per il naso da una smorfiosa come te. Un cervellino da passero. Una scimunita che passa il suo tempo a giocare a ponte e a prendere lezioni di ballo.

Graziella                        - (dall'indignazione, dallo stupore e dall’an­goscia non sa parlare, poi finalmente scoppia) Ah! E questo è tutto quello che hai da dirmi rientrando alla una di notte e trovando qui tua moglie sola, piena d'amo­re per te, semivestita...

Brigadin                        - Non sei mica semivestita per me, cara. Lo sei stata fino adesso per gli amici con cui sarai andata a pranzo e a ballare. Se mai io godo le briciole del ban­chetto.

Graziella                        - Ma sentitelo! Sei di una sfacciataggine, di una crudeltà fenomenale... (Breve pausa) Tu mi rim-proveri di non adorarti, vero? Ma di chi la colpa? Se tu volevi questo bisognava prima di tutto... (Qualcosa nella stanza dove Daubry è nascosto cade con un fracasso d'inferno. Graziella spaventata si mette la mano sul cuo­re) Oh, Dio!...

Bricadin                        - (accennando ad entrare nella stanza) Cosa è successo! Quella bestia mi rompe tutto.

Graziella                        - (trattenendolo) Niente, niente, caro. Avrà fatto cadere qualcosa. E' talmente sbadata quella ragazza!

Bricadin                        - Poi guarda se è l'ora di far le camere, questa. Non c'è ordine, non c'è disciplina, non c'è buon senso in questa casa!

Graziella                        - Sì, hai ragione; bisognerà che la licenzi. Non ne posso più di averla fra i piedi. (Si avvicina pron­tamente alla porta e con rabbia) Nini, state attenta. Non muovetevi, stupida. Vi ho detto di star ferma.

Bricadin                        - Dunque sentiamo. Bisognava prima di tutto... che cosa? Cosa bisognava fare per arrivare ad essere amati da te?

Graziella                        - Bisognava... Ebbene sì... bisognava sapere innamorarmi...

Bricadin                        - Ah?...

Graziella                        - Se volevi che i tuoi baci mi fossero gra­diti non dovevi far sempre quegli orribili occhi stra­lunati...

Bricadin                        - Ma...

Graziella                        - Quegli occhi torbidi, viziosi... Li dete­stavo... Non so perché mi veniva sempre fatto di pensare a tutte le donnacce con le quali dovevi essere stato prima di sposarmi. Quel tuo modo di baciarmi era lubrico... senza poesia, senza luce...

Bricadin                        - E' una fissazione. Sei ridicola. Ma non ci sono mica dei matti nella tua famiglia? Poi vediamo; come sono, questi occhi... Dov'è la lubricità?... Com'è che ti guardavo?... Vediamo...

Graziella                        - Così, toh! ((Eseguisce).

Bricadin                        - Be', non sono mica poi tanto brutti.

Graziella                        - Quando li faccio io! Ma quando li fai tu... Lascivi, indecenti.

Bricadin                        - Ma poi, dico, sei proprio sicura che io faccio?...

Graziella                        - Vuoi vedere? Baciami.

Bricadin                        - Baciarti?

Graziella                        - Sì. Hai paura?

Bricadin                        - No, no! Tutt'altro! Figurati! (La baciai).

Graziella                        - Oh, guarda: non li fai più!

Brigadin                        - Ma poi, quand'anche fosse vero, non sa­rebbe mica una buona ragione per... Santo Dio!... Ma allora dove andrebbe a finire la continuazione della specie?

Graziella                        - Scusa... prova ancora...

Bricadin                        - Adesso abusi... \(la bacia).

Graziella                        - (come fra sé) Eh, non li fai più, non c'è che dire! E come bacia bene, la canaglia! (Respingendolo ad un tratto violentemente) Quando penso che sono state magari delle donnacce che ti hanno insegnato... ti caverei gli occhi!

Bricadin                        - Scusa: prima te la prendevi perché baciavo male, adesso te la prendi perché bacio bene. Mettiamoci d'accordo, cara.

Graziella                        - (d'un tratto, chiamandolo dolcemente) Sì... baciami ancora.

Bricadin                        - (la bacia appassionatamente, poi trionfante) Eh? Cosa ne dici?

Graziella                        - (emozionata) Dico... dico che... Oh, che stupida! Ma se mi baciavi così il primo giorno non si sarebbe mai parlato di cameratismo... Mai!... Mai!... (Av­vinghiandosi a lui) Francesco, ti adoro! Francesco, ba­ciami ancora! Non lasciamoci più...

Daubry                          - (dalla porta di sinistra, che si spalanca all'im­provviso, entra furioso) Ah no! Sentite poi... Diamoci degli schiaffi, prendiamoci a pedate, fate quello che vo­lete, ma io là dentro da mezz'ora coi nervi tesi e voi qui a... a... a... Io torno al Circolo a giuocare e me ne infischia. Pensare che vincevo diecimila franchi. Sarebbe stato molto meglio che non mi fossi mai mosso.

Bricadin                        - (sdegnato e sorpreso) Chi è quell'uomo? E come mai era lì, era là... ((accenna alle due stanze) era qui?

Graziella                        - (tranquilla, trionfante) Era qui per poter andare a raccontare a tutto il Circolo che da cinque mi­nuti io adoro mio marito.

Bricadin                        - Ah, troppo comodo! Se credi che la prenda così alla leggera! ... Cos'è? Un orientale anche lui?

Graziella                        - Ma no! Francese. Parigino puro sangue.

Bricadin                        - Meno male!

Daubry                          - (sdegnato) Signora, queste cose non si fanno.

Bricadin                        - Proprio quello che pensavo anch'io.

Daubry                          - E ricordatelo. Non si gioca così con la pas­sione di un uomo. Potrebbe essere pericoloso. (Fa per allontanarsi sdegnato).

Bricadin                        - Ehi, ehi, giovanotto! Dimenticate che ci sono anch'io. (Piantandosi davanti a lui) Credete che vi lascerò uscire così?

Daubry                          - (prudente) Non esageriamo, signore. Non ci sono gli estremi dell'affronto.

Bricadin                        - Ma come? E credete proprio che trovare un giovinastro chiuso nella stanza di mia moglie, anzi nella mia, sia una cosa da nulla, un fatto di ordinaria amministrazione?

Daubry                          - (con dignità offesa) Prego, signore. Io non sono un giovinastro. Sono uno scultore rispettabilissimo.

Bricadin                        - Non vorrei un busto da voi neanche dopo morto. '(Afferrando Graziella per un polso e tirandola davanti a se) Voglio sapere che cos'era venuto a fare quell'uomo in casa mia all'una di notte!

Graziella                        - Francesco... Quando una donna si crede offesa nei suoi sentimenti più sacri...

Bricadin                        - Che sacri d'Egitto!

Graziella                        - (divincolandosi) Ma lasciami! Non strin­gere così; mi fai .male. Non vorrai picchiarmi, spero.

Bricadin                        - Avrei dovuto bastonarti dal primo giorno del nostro matrimonio. Ormai è tardi.

Daubry                          - (intervenendo nella disputa con un tono fra limite e malizioso) Prego, signore, ve lo dirò io perché sono qui. Uscendo poco fa da una certa casa dove la signora credeva di sorprendervi con un'amante...

Bricadin                        - (sogguardando un attimo verso la moglie, con disprezzo) Un'amante? Io?... La mia vita è un filo a piombo. (Controscena di Graziella, Brigadin su­bito a Daubry) Allora?...

Daubry                          - Allora l'ho accompagnata a casa perché vo­levo persuadere la signora... Volevo farle un mezzo busto, ecco...

Brigadin                        - Il mezzo busto a lei e le corna intere a me, vero?

Daubry                          - (dignitoso) Vi prego...

Brigadin                        - (gridando)! E io vi prego di levarvi dai piedi subito. (Altro tono) No; un momento. Che cosa avete rotto di là?

Daubry                          - (umile) Nel buio... ho rovesciato un tavolo... C'erano sopra dei gingilli... Ma non ho rotto niente...

Brigadin                        - Meno male. E adesso filate prima che io... (fa un gesto vago con la carabina).

Daubry                          - Volentieri. Non chiedo di meglio. Ho pas­sato qualche minuto là dentro che... (Lo so io!... (A Gra­ziella) E se domani poteste farmi avere quel piccolo an­ticipo... Credo che a vostro marito interesserà riavere quella lettera... (S'inchina in fretta) Signora!... (Poi s'in­china anche a Brigadin, che afferra il fucile. Daubry se la dà a gambe levate).

Brigadin                        - (incupendosi) Cos'è questa storia della lettera?

Craziella                        - (trepidante)             Sai... gli avevo mandato un biglietto al Circolo stasera per... passare la sera con lui... volevo vendicarmi...

Brigadin                        - (con amarezza) Ah, bel sistema per vendi­carsi! Hm!... Capaci di tutto, le donne! (Pausa borbot­tando con amarezza) Domani manderò dei quattrini a quel mascalzone. Gliela comprerò. Arriverò anche a que­sto per te. (Accennando alla porta di sinistra) Ma, dico, non ci sarà mica qualcun altro là dentro?

Graziella                        - (commossa) Francesco... Può darsi che io sia una stupida, un'oca... Ma non devi credere che sia una donna leggera.

Brigadin                        - (furente) Ah no, eh? E hai il coraggio di... Bene; e allora, giacché ci siamo, carte in tavola. Dopo sarà quel che sarà, ma bisogna che mi levi questo peso dallo stomaco se no mi viene un accidente. Sai chi era il cinese al quale tu un'ora fa hai dato appunta­mento e che fra poco dovrebbe essere qui in casa mia a completare la tastiera delle tue sensazioni?

Graziella                        - (tranquilla, con un sorriso) Tu. Eri tu.

Brigadin                        - (fulminato, si lascia cadere su una sedia; poi balbetta) Ma allora?...

Graziella                        - (teneramente) Che sciocco! E credevi che non ti avessi riconosciuto? Ma se ho fatto apposta! Tutta una commedia per ingelosirti, per farti soffrire. Volevo che tu passassi le pene d'inferno che avevo passato io.

Bri:;adin                        - Tu sapevi? Mi avevi riconosciuto?...

Graziella                        - Subito. (Carezzandogli il capo) Che ra­gazzo! E credevi davvero che quella truccatura?... Che un paio di baffi e uno zucchetto potessero ingannare tua moglie?...

Brigadin                        - (che l-a gioia esalta via via e gli rompe la voce) E tutto quello che hai fatto, l'hai fatto perché sapevi che ero io?... Perché , se no, con quel cinese tu... niente?...

Graziella                        - Ma naturale!

 Brigadin                       - (folle di contentezza, le afferra le mani, gliele bacia impetuosamente) Cara, cara! Come sono fe­lice! Ah, che liberazione! Mi pareva di avere l'Oriente tutto qui... sullo stomaco. (Bruscamente s'interrompe, ag­grotta la fronte e balza in piedi) Però, ti sei sempre coni, portata come una donna leggera, questa è la verità.

Graziella                        - E tu? E tu, allora? Cosa dovrei dire di te? in quella casa, concialo in quella maniera!...

Brigadin                        - (pronto) Capirai... la mia posizione so­ciale... Io sono un uomo influente... Non volevo che mi si riconoscesse...

Graziella                        - Vergogna! Un uomo come te abbassarsi...

Brigadin                        - Io... io ero nel mio diritto, ecco tutto. Quando un uomo è valido e in buona salute come me, sente il bisogno di tanto in tanto di stringersi fra le braccia una bella donnina; e se la sua donnina lo re­spinge, come facevi tu con me, l'uomo, se è maschio, ha tutto il diritto di andare fuori 'del bosco a fare la legna.

Graziella                        - (pare che i ferri tornino a scaldarsi) Eh, già, sicuro! Le solite prepotenze degli uomini! I diritti speciali!

Brigadin                        - (con autorità, alzando la voce) Una donna per bene, una moglie seria, non pretende d'instaurare nel matrimonio dei regimi bizzarri. Si fa la buona moglie e basta, perdio! (Batte con violenza un pugno sulla ta­vola e si trova sotto la mano il telegramma; lo prende) Cos'è? Ah, il telegramma!... (Riprende) Ti garantisco che è già una faccenda difficile per una donna; non c'è bisogno di complicarla.

Graziella                        - - E tu perché non me li hai fatti prima questi discorsi? Perché non ti sei imposto come fai adesso? A una donna piace sentirsi guidata, dominata.

Brigadin                        - (con un vocione energico) Va bene. Adesso è finita e io cambio metodo. Basta coi camerati, colle cure dimagranti, colle lezioni di ballo e con gli eterni salotti di ponte. Hai la scelta: o con me come voglio io, o senza di me come vuoi tu.

Graziella                        - (amorosa) Farò quello che vuoi.

Brigadin                        - (felice) Matrimonio all'antica, allora?

Graziella                        - Sì: matrimonio all'antica.

Brigadin                        - (riassumendo il suo tono autoritario) Mi farai anche il piacere di buttar via quell'odioso botti­glione di olio di paraffina. Non lo voglio più vedere a tavola. E di far dire alla cuoca che pesce in bianco, in questa casa, non se ne mangerà più finché io campo. (Con un respiro di sollievo) Ooh! Mi sono levato anche quest'altro pesce dallo stomaco.

Graziella                        - ((con trepidazione appassionata) Fran­cesco! Ti voglio tanto bene...

Brigadin                        - (felice) Davvero?... Allora ci si abbraccia sul serio stavolta?...

Graziella                        - (con trasporto) Sì... Proprio da marito e moglie.

Brigadin                        - (aprendo le braccia) Cara!

Graziella                        - (sorridendogli felice) Caro!

Brigadin                        - (sciogliendosi dall'abbraccio) Aspetta. Qual­cuno ha detto: « Dividi la tua gioia con chi ti ama e l'accrescerai ».

Graziella                        - Non è mica un proverbio cinese?

Brigadin                        - No, macché! (Di scatto alza il ricevitore del telefono) Pronto?... Telegrammi notte?... Signorina, un telegramma urgente, per favore. (Pausa, poi detta piano) Amelia Brigadin - Clermont.

Graziella                        - (sottovoce) Un tele­gramma alla zia?

Bricadin                        - (sorridendo, afferma col capo) « Vi garantiamo questa volta urgente e volonterosa confezione ere­de. Punto. Preparate corredino. Fran­cesco Graziella ». (Pausa). Come?... Ah, mi fate gli auguri? Graditissimi. signorina. Molto gentile. E ricordate il nostro indirizzo: siete invitata an­che voi al battesimo... (Pausa). Fra nove mesi, sì... Buona notte. (Depone il ricevitore e felice alla moglie mi­nacciandola teneramente) E ricor­dati: dev'essere maschio.

Graziella                        - (trepida) Sì... Ma an­che una bambina però...

Brigadin                        - A quella ci penseremo dopo. (All'orecchio) Sai... ho dei grandi progetti...

Graziella                        - (vivamente, con incanto) Due bambini?...

Bricadin                        - (con gesto generoso) No! Tanti! Un giardino d'infanzia.

FINE