E do morose

Stampa questo copione

RINO GOBBI

E DO MOROSE

di Rino Gobbi

(Commedia brillante in tre atti, in dialetto padovano)

Personaggi:

PINO              fidanzato (debole di carattere, indeciso)

AGNESE       prima fidanzata (di animo religioso, onesta)

ASSUNTA     madre di Pino (saggia)

LUCIANA     seconda fidanzata (scaltra)

BASILIO        figlio di Anita (falso trasgressivo)

CELESTE      figlia di Anita (suora)

ANITA           madre di Basilio e Celeste (determinata)

TEODORO    padre di Agnese (semplice)

BEPI               cugino di Pino (ingenuo)

GERVASO    cameriere spasimante (sprovveduto)

GREGORIO panettiere spasimante (balbuziente, perspicace)

CLARA          fioraia (claudicante, decisa)

ATTILIO        padre di Bepi, fratello di Assunta (rozzo)

Trama

La storia si svolge in un paesino della campagna veneta. Pino vuole bene ad Agnese, ed è da lei ricambiato; però è anche attratto da Luciana, un’altra giovane del paese che col suo modo di fare spregiudicato tenta di sedurlo. Basilio, un ragazzo che vuole essere trasgressivo, cerca Luciana per dirle che vuole farsi un tatuaggio col nome di lei e dimostrarle così il suo amore. I soldi per il tatuaggio li aveva prelevati dalla cassetta delle offerte per le anime del purgatorio. Suor Celeste, sua sorella, lo rincorre per farsi dare i soldi. Entra anche Anita, la madre dei due, con un’altra cassetta delle offerte, perché Celeste gliela aprisse e consegnasse così i soldi a Basilio in modo che si facesse un tatuaggio più efficace. A questo punto, anche Assunta, la madre di Pino, contribuisce con dei soldi affinché il tatuaggio di Basilio riuscisse bene, in modo che Luciana pensasse a lui e non più a suo figlio Pino. Però Assunta, non convinta del buon esito della iniziativa, fa scrivere a Pino una letteraper Luciana per dirle che non pensi più a lui; se non che, per errore Pino sulla busta scrive "Per Agnese" anziché "Per Luciana". L’incarico di consegnare il messaggio a Luciana viene affidato a Bepi, il cugino sciocco di Pino.

Nel secondo atto entrano in casa di Luciana, uno dopo l’altro, due spasimanti; quando entra Basilio, le mostra il tatuaggio, che però era sparito sotto la pioggia. Naturalmente Luciana non vuole unirsi a Basilio.

Entra Agnese per intimare a Luciana di non andare più a casa di Pino, ne scaturisce una lite e Luciana va a medicarsi la ferita che Agnese le aveva inferto. Proprio in quel momento arriva Bepi per consegnare la lettera di rifiuto. Sulla porta si presenta Agnese; lui, non conoscendo nessuna delle due ragazze, consegna la busta con su scritto “Agnese” proprio ad Agnese, credendo così che Agnese sia la ragazza che Pino vuole lasciare. Dopo aver letto lo scritto, la ragazza si dispera.

Il terzo atto si svolge in un paesino della provincia di Rovigo, a casa di Bepi, dove la zia Assunta e Pino erano stati invitati.Pino, per sicurezza, aveva dato a Bepi due lettere da spedire: una ad Agnese, per dichiararle il suo amore, e l’altra a Luciana in cui dichiarava che doveva lasciarlo in pace. Ma Bepi, avendo letto il contenuto delle lettere e convinto che Pino avesse erroneamente scambiato gli indirizzi sulle buste, le inverte. Così, per la seconda volta Agnese si vide recapitare la notizia che Pino non la vuole più.

Quando Attilio, il padre di Bepi, racconta che in paese aveva visto due ragazze che separatamente cercavano di arrivare a casa sua, Pino capisce che si tratta di Agnese e Luciana e, ancora ignaro del malinteso, manda Bepi con un altro messaggio da consegnare a Luciana, per dirle di tornarsene a casa. Bepi va, ma sempre convinto che sia Agnese la ragazza abbandonata, consegna il biglietto a lei: così per la terza volta Agnese si vede respinta.

Bepi torna in casa e dice che la ragazza non aveva nessuna intenzione di tornare indietro, e che l’uomo che era con lei lo aveva minacciato con un bastone. A questo punto Pino e Assunta, sapendo che l’uomo era Teodoro, il padre di Agnese, si rendono conto dell’equivoco.

Subito entra Luciana; poi arriva Agnese col padre. Pino tenta di spiegare loro l'equivoco, ma inutilmente. Agnese fa per andarsene quando a Pino viene un’idea, la porta in camera da letto e le mostra la fotografia posta sopra il comodino: era quella di Agnese. Allora lei si convince e si abbracciano.

Arriva Anita per picchiare Luciana in quanto era andata là per congiungersi con Pino, disinteressandosi di suo figlio Basilio nonostante i soldi che le aveva dato. Non la perdonerà neanche quando capisce che Luciana non è la fidanzata di Pino, perché a causa sua suo figlio si era ormai “rovinato”. Infatti in quel momento entra Basilio vestito da frate, benedicendo tutti (Celeste, sua sorella suora, lo aveva convinto a farsi frate).

Dalle battute che seguiranno si capisce che Luciana avrebbe bisogno di una persona semplice come fidanzato, un bonaccione da trattare come un figlio: questo ragazzo aveva tutte le caratteristiche di Bepi; e nasce così anche questa seconda unione.

La terza unione avviene tra Assunta e Teodoro, che ora, visto i figli sistemati, pensano anche al loro futuro d’amore.

ATTO PRIMO

Una stanza che dà in cucina con una finestra e una porta

Pino e Agnese seduti sul divano. Assunta in cucina, non vista

Scena prima

PINO, AGNESE, ASSUNTA

AGNESE       Da quanto tempo xe che se conossemo, Pino?

PINO              (la guarda stupito) Perché me lo chiedi, da sempre, no?

AGNESE       Non sta dire bae: non xe da sempre che se conossemo, se fosse da sempre non te parleressi un italian cossì s-cieto.

PINO              Sai che hai ragione, mi ero completamente dimenticato della mia infanzia, dei miei natali…

AGNESE       Cossa c’entra i nadài, adesso? I sarà sta come questi qua del nord.

PINO              Ma cos’hai capito? I natali, le mie origini, il paese natìo.

AGNESE       Te voi dire dove che ti sì nato?

PINO              Intendo proprio questo: il mio paese, laggiù nella Puglia.

AGNESE       (accostandosi) Scolta Pino, posso farte na domanda un poco indiscreta?

PINO              Dimmi pure, tra me e te c’è la più assoluta confidenza.

AGNESE       Voèvo savère come che ga fato el to poro papà a trovasse con to mama chea xe qua del nord. (Assunta si affaccia non vista e sogna i bei tempi andati).

PINO              In treno, in treno si sono conosciuti: lei andava a Roma con una comitiva, e lui tornava da Milano dov’era andato per degli affari. Fu in quell’incontro che fui generato.

AGNESE       (sbalordita) Cossa?! (guardandosi attorno) Voto dire che xe sucesso in treno? (Assunta allarmata).

PINO              Ma no, cos’hai capito? Non hanno fatto niente. Da quell’incontro sono stato generato…

AGNESE       (al pubblico) Ma ora xe vero che basta vardarse nei oci per fare un fioeo.

PINO              Vale a dire che se non si fossero incontrati, io non sarei qui a parlare con te.

AGNESE       E dopo i ga deciso de sistemarse al sud, da to papà…

PINO              Certo, è il maschio che deve provvedere alla sistemazione della femmina.

AGNESE       E ti, sito anche ti un mas-cio?

PINO              Perché, non si vede? Certo che sono un maschio!

AGNESE       E mi cossa soi?

PINO              Una femmina sei.

AGNESE       E perché non te fè anche ti come to papà?

PINO              Non capisco…

AGNESE       Non te provvedi aea me sistemassion?

PINO              (imbarazzato) Lasciamo stare, non è il caso di parlare adesso. Piuttosto, volevi sapere dei miei genitori?

AGNESE       Me bastava savère del loro incontro.

PINO              E della mia infanzia?

AGNESE       Cossa voto che ghe sia da savère,se a dodese ani, dopo che xe morto to papà a te sì vegnù qua con to mama?

PINO              Però la mia infanzia l’ho avuta, come l’avete avuta voi nordiche.

AGNESE       E tì tea ghe vù coe toe sudicie, vero?

PINO              Infatti, così è. Guarda comunque che si chiamano meridionali e io già a undici anni presi la cotta per una ragazzina del mio paese…

AGNESE       (agitata) Varda Pino, xe sa drìo vegnerme ee fumanèe per chea tosa là, me sento xa geòsa.

PINO              Ma suvvia Agnese, era una bambina.

AGNESE       Questo eo go capìo; ma adesso ea xe na dona, e savère che te la intendevi con èa non xe che me piasa tanto. Ma tornèmo aea prima domanda: da quanto tempo xe che se conossèmo?

PINO              Dal tempo della scuola.

AGNESE       E dal tempo dea scòea, cossa xe che non te ghe fato?

PINO              Cosa non ho fatto?... Spiegati meglio Agnese.

AGNESE       Ma dai Pino, te sé benissimo cossa che intendo dire.

PINO              Allora parli del mio lavoro: non penso che fare l’impiegato sia una cosa vergognosa; o ti riferisci alla mia mancata carriera, o ai viaggi al sud che non faccio con te.Forse intendi che non ti ho trattato bene, con dignità, che ti ho mancato di rispetto: forse intendi questo?

AGNESE       Proprio questo xe l’argomento, el rispeto che ghe xe tra tì e mì.

PINO              Ma se non ti ho dato neanche un bacetto finora?

AGNESE       Apunto! Gnanche un basèto! Xe dai tempi dea scòea che non te me dè un baséto.

PINO              Allora uno te l’ho dato.

AGNESE       Sì che te meo ghe dà; ma teo davi a tute, anche a chea smorfiosa dea Luciana… A proposito, spero che non tea vedi pì ea Luciana. Jerimo d’acordo cossì, no? (Pino gira la testa per non rispondere) E vàrdeme nei oci. Non te me dirè per caso che tea ghe vista ancora? Quando ea gheto vista?… Non sarà mia vegnù ancora qua, spero? A casa toa? (agitata) Jerimo d’acordo che se ea vegneva ancora qua, mì garìa fato el finimondo… Dime qualcossa Pino, dime che non xe vero?

PINO              La vedo qualche volta; più che altro è lei che mi cerca.

AGNESE       E tì te resti fermo perché ea te trova prima, vero?

PINO              Ma non facciamo niente di male, sai, proprio niente. Certo che…

AGNESE       Serto che ea te inseminisse, giusto?

PINO              Cerca di capirmi Agnese, sono un uomo anch’io.

AGNESE       E mì non so mia na femena? Sì, però mì non so come èa: non go na vose cossì deicàta che t’incanta. Mì non so na vamp… Ma el mio… el nostro xe amore! Dime che te me voi ben, e dimostrameo! (avvicinandosi con la bocca) Su, dame sto basèto (Pino, titubante fa per darglielo quando entra Assunta, che va a prendere un vassoio dal mobile, senza accorgersi che i giovani si stavano baciando).

Scena seconda

PINO, AGNESE, ASSUNTA

ASSUNTA     Ma deve un basèto, cossa sarà mai, ea fine del mondo? (Gesto di stizza di Agnese, di liberazione di Pino) Anche tì Pino, cossa voto aspetare, de fare i caveji bianchi? Cossa sarà mai un baséto?

AGNESE       Xe queo che digo anche mì. Varda Pino, te ghe da moeàrla ea Luciana se te voi che stemo ancora insieme mì e tì. Te ghe da deciderte. (agitata anche per il mancato bacio) Adesso vago a casa; e varda che quea là noea ga pì da vegnere qua, se no… se no mì vago a casa soa e fasso un massèo! (esce).

Scena terza

PINO, ASSUNTA

ASSUNTA     Ea fa ben fioeo mio. Varda un fià come che te te comporti. Non se poe tratare cossì chea pora tosa… Ma cossa gaea po’ sta Luciana? Ea garà el rosseto soea boca, ea garà un bel petoràe (Pino annuisce), do bee gambe, ea garà un bel fondo schiena: ma tuto qua.

PINO              E ti sembra niente!

ASSUNTA     Basta Pino: non se schersa con ste robe!

PINO              (tra sé) Infatti.

ASSUNTA     Adesso ea xe partìa ancora triste. A proposito de partire, non te ghe ghe gnanche dito che in quo ariva to cugin Bepi e che andemo daèo per do setimane.

PINO              È vero, mi sono proprio dimenticato. Adesso Agnese penserà che io vada via apposta per non vederla. (si sentono dei passi. Assunta guarda dalla finestra) Oh no, proprio éa. Non xe possibie, non xe possibie! Basta parlare del diavoeo e spunta e corna.

PINO              Chi c’è mamma?

ASSUNTA     El diavoeo.

PINO              Ma chi sta arrivando?

ASSUNTA     Ea Luciana xe drio arivare. Me racomando Pino, mì vago deà in cusina, ma ti non sta farte abindoeare ancora da quea, capìo?

PINO              (convinto) Sì mamma, non ti preoccupare; ho capito come stanno le cose: sarò forte. (entra Luciana).

Scena quarta

PINO, LUCIANA

LUCIANA     (prende Pino, incantato da lei, per la mano e lo accompagna sul divano) Seto chi che go visto in strada? Agnese go visto! Xea sta qua? (Pino fa per risponderle) Ma sì chea xe sta qua, come se noeo savesse: quando chea se ga acorto che vegnevo da tì, ea me ga vardà con do oci che pareva chei voesse magnarme… In fin dei conti posso vegnere qua quanto che vojo, vero Pino?

PINO              Sì… sì (Assunta, nascosta, si morde le dita).

LUCIANA     Bè, adesso anssemo stare staltri e pensemo a noantri: cossa dito se na sera de queste andemo in discoteca, ma una de quee coi cubi e le tose de sora che baea quasi nude? Cossa dito, femo per sabo? Cossì anche se vegnemo a casa un poco tardi, el giorno dopo te poi dormire.

PINO              Non penso di essere adatto, sarei un pesce fuor d’acqua.

LUCIANA     No te preocupare, te insegnerò mì a noàre, tì no te ghe da fare altro che anssarte guidare da mì, che de ste robe me ne intendo.

PINO              Non potrei ugualmente…

LUCIANA     E perché? Gheto da stare ancora insieme coea Agnese?

PINO              No, devo andare da mio cugino Bepi, dalle parti di Rovigo. Viene qui oggi, e domani partiamo assieme.

LUCIANA     Cossa veto fare da to cugin?

PINO              Ha una fattoria, e io starei là a fargli un po’ di compagnia finchè mio zio è a Verona per la fiera del bestiame. Sarebbe un’occasione per vivere in campagna, in mezzo alla natura.

LUCIANA     Scolta caro, dove credito de essere tì qua? A New York? Varda Pino che te ghe da pensare anche a mì.

PINO              Se è per questo ci sarebbe anche Agnese, ti sei dimenticata?

LUCIANA     Agnese, quea tosa là, cossì…insignificante! Varda Pino, ea xe sta colpìa dal to parlare: ciò, te sì uno che parla italian, te sì na persona rispetabìe, no?

PINO              Ma io sono rispettabile…

LUCIANA     Fasso ea parte del diavoeo, no te ghe gnancora capìo?…

ASSUNTA     (di nascosto) Eo ghevo dito mì chea jera el diavoeo.

LUCIANA     Ea te vede coi oci dee soe virtù.

PINO              E non sono belle le virtù?

LUCIANA     Sì, chee xe bee, ma ogni tanto bisogna dismentegasse de loro e vivere come che fa i altri.

PINO              È vero…

LUCIANA     Oh finalmente te ghe capìo come chea xe ea situassion.

PINO              È vero che bisogna che mi decida.

LUCIANA     E decidete subito, no!

PINO              Così, su due piedi?

LUCIANA     Se non sbaglio xe un toco che se frequentemo; comunque varda de fare presto, cossì te goderè prima dee delissie dea vita. A proposito, dove xe che sta to cugin Bepi?

PINO              Dalle parti di Rovigo, te l’ho detto.

LUCIANA     Sì, ma dove de preciso, perché mì da chee parte là a conosso na discoteca chea xe ea fine del mondo. No sarà mia Lendinara, per caso?

PINO              No, è un paesino fuori mano, dove la più grande costruzione è proprio la fattoria di mio zio.

LUCIANA     Go capìo, ma dime come chel se ciama sto paeseto.

PINO              Mi sembra si chiami Cavarana…

LUCIANA     Ma no, el se ciama Cavazzana, voto che noeo conossa: a ghe passo davanti tute

le volte che vago a Lendinara, so sta discoteca che te disevo. Ma tì, cossa veto a fare là in meso ae vache; no te sarè el tipo da discoteca, ma gnanca el tipo da stàea. Sta qua che se divertiremo (fa per addossarsi a Pino quando entra Assunta, che li sorvegliava).

Scena quinta

PINO, LUCIANA, ASSUNTA

ASSUNTA     (a Luciana) Ea stàea xe na roba naturàe, piena de paia che vien dai campi e de bestie che noe ga maìssia. Invesse ghe xe altre bestie, che quee sì che xe sporche.

LUCIANA     Ma dai Assunta, eo so sa cossa chea intende, ma ognuno ga el so caratere, e mì stago ben come che so. (A Pino) Allora te decidito de stare conmì?

PINO              Io non so quale sia il vero amore.

LUCIANA     Il vero amore so mì, bauco! (Fa per andarsene, poi ritorna) Visto che te parti, te dago un baso, và.

ASSUNTA     (opponendosi) Anche un baso te voi darghe; ma se no gheo dà gnanche aea Agnese, tì te voi darghe un baso. Almanco questo rispàrmiameo.

LUCIANA     Cossa sarà mai per un baso de comiato. Adesso vago via veramente. (a Pino) E pènsaghe ben! (esce).

Scena sesta

PINO, ASSUNTA

ASSUNTA     Vedito che persona chea xe? Spero che te te gabi reso conto. Quea ea voe soeo divertirse con tì.

PINO              Sì, ma ea xe cossì… cossì atraente; e Agnese ea xe cossì… cossì carina…

ASSUNTA     Te vedo ancora indeciso fioeo mio, comunque sapi che la mama ga sempre razon. (esce Pino. Entra Basilio asciugandosi dalla pioggia, con tanti tatuaggi, tranne che sul braccio sinistro).

Scena settima

ASSUNTA BASILIO

ASSUNTA     Ehi, che modi xei questi! Non se dise permesso?

BASILIO        Permesso?... Chi xe inamorà ga altre robe da pensare che domandare permesso!

ASSUNTA     Vilano che non te sì altro, xe cossì che se se comporta in casa d’altri! Coosa xei chei disegni là?

BASILIO        No i xe disegni, i xe tatuagi.

ASSUNTA     Va ben, i xe tatuagi; ma se poe savère chi che te sì?

BASILIO        Mi chiamano Basilio.

ASSUNTA     Se i te ciama Basilio vorà dire che te sì Basilio.

BASILIO        Sì, so Basilio, un disperà che se trova sul’orlo del precipissio.

ASSUNTA     E non te poderessi fare un passo in pì?... Dime, perché te sì vegnù qua?

BASILIO        Perché xe un toco che la seguo e spesso la go vista vegnere in sta casa.

ASSUNTA     Te me insegui? Varda caro che mì non so el to tipo, e tanto manco tì te sì el me tipo.

BASILIO        Macché èa, mì inseguo na tosa che amo disperatamente.

ASSUNTA     (pensando preoccupata ad Agnese) Te starè scherzando, spero, varda che chea tosa là la xe na tosa per ben, e tì, consà come che te sì, no te ghe da torceghe un cavèio, se no te ghe da fare i conti son so papà, ma anche con mì!

BASILIO        Torceghe un cavèio? Ma mì vojo torghe tuto, proprio tuto, non un soeo cavèio!

ASSUNTA     Go dito torceghe un cavèio, non torgheghe, sito per caso sordo? E adesso sparissi de qua, se no te buto fora!

BASILIO        Vago via soeo se ea me dise chea Luciana non xe qua.          

ASSUNTA     Luciana!... Oh Dio, manco mae! Beh, se xe per èa te dago na man anche mì.

BASILIO        A spoiàrla?

ASSUNTA     Maché spoiàrla, a torghe tuti i cavei che la ga in testa a quea presuntuasa.

BASILIO        Non la xe presuntuosa, ea xe una che ea sa cossa che ea voe,ea me diga se ea se trova qua, perché so passà da èa e ghe jerea ea casa chiusa.

ASSUNTA     Ea casa chiusa?... Oh mio Dio, ea Luciana se ga xa messo in proprio!

BASILIO        Se la casa xe chiusa vol dire che uno ga cessà l’atività, non che el se ga messo in proprio.

ASSUNTA     No, no, èa xe drio versere l’atività. Ghe jera qualche cartèo fora?

BASILIO        Nessun cartèo, soeo che ea porta jera sarà a ciave.

ASSUNTA     A ciave?... Alora ea casa jera sarà?

BASILIO        Sarà, sì, cossa ghe goi dito adesso. Insoma, Luciana xea qua o no?

ASSUNTA     No, per fortuna, ma perché tea serchi cossì disperatamente?

BASILIO        Go da domandarghe con che caratere chea voe che me tatua el so nome sul brasso.

ASSUNTA     Non te ghe altro da fare che tatuarte per tuto el corpo? (squadrandolo) E dopo, con che schei xe che te te farè scrivere el so nome sul brasso, non te me pari un gran lavoratore. (bussano alla porta, Assunta va ad aprire ed entra suor Celeste mentre Basilio sta dicendo la battuta)

BASILIO        Coi soldi piovù dal cielo. (Entra Celeste).        

Scena ottava

ASSUNTA, BASILIO, CELESTE

CELESTE      Quei soldi doveva “andare” in cielo! Li jera quei per le anime del purgatorio, e tì te ghe scassinà ea cassetta dele offerte.

ASSUNTA     (a Celeste) Digo, un fià de educassion quando se entra in casa de altri! Gnanche èa la ga, che ea me pare na suora!

CELESTE      Mì “so” na suora, non “pare”! Purtropo so ea sorèa de sto perdigiorno qua che me ne fa passare de tuti i colori. Ea varda signora, sto bon da gnente ga scassinà ea prima cassetta dele anime del purgatorio che tegnevo in casa, per farse un tatuagio dea Luciana, na tosa chel dise de amare. Mì jero contraria, tanto pì che non savèvo chel garìa rubà i schei (alzando gli occhi al cielo) dele anime del purgatorio.

ASSUNTA     Cossì, per curiosità, come gaea savù che so fradèo jerea qua? Xele sta le anime del purgatorio che ea ga guidà da lassù?

CELESTE      Noea staga torme in giro, mì so qua perché Basilio me gheva dito chel sarìa andà daea Luciana, mì so andà là e la casa jera chiusa.

ASSUNTA     Chiusa?…

CELESTE      Sicuro, chiusa, gaea mai visto na “casa chiusa”?

ASSUNTA     Sinceramente no.

CELESTE      Beh, Basilio me gheva dito chea Luciana vegneva spesso qua, e cossì lo go seguìo per farme dare i soldi prima che li spendesse per il tatuagio. (a Basilio) Gheto capìo! Dame subito i schei dele anime del purgatorio!

ASSUNTA     (riflette) Ma no, la anssa che se fassa el tatuagio. (al pubblico) cossì se Luciana se unirà a Basilio, non la garà pì per la testa el me Pino.

CELESTE      Digo, xea mata!

BASILIO        No, ea xe una che capisse el me problema.

CELESTE      Tasi tì, con chei tatuagi chei me fa ribresso!

ASSUNTA     Ma suvvia, èo el xe jovane, e se dopo l’è anche inamorà…

CELESTE      Ma èa non pensa ale anime del purgatorio?

ASSUNTA     Se le xe là vorà dire che seo ga merità chel posto, cossa poèmo fare noantri?

CELESTE      Pregare, pregare e mandare su soldi… cioè ofrire i soldi ala chiesa perché loroli sconta prima la loro pena. Invesse sto bastardo liga rubà i soldi.

ASSUNTA     La ga dito che so fradèo ga rubà i schei daea prima casseta, ghe né ancora de cassete, e come mai le ga in casa?

CELESTE      Sì, ghe xe ea seconda cassetta, che però la go nascosta ben: le ghevo da portare in ciesa tute do non apena possìbie perché ea canonica jera sarà.

ASSUNTA     Anche ea canonica sarà!

CELESTE      Sì, il prete jera via; ma perché meo domanda?

ASSUNTA     Perché xe mejo chea torna a casa, e sea ga altri fradèi come Basilio, po’ darsi che li trova la cassetta e i ruba i schei anche da quea.

CELESTE      No, per fortuna non go altri fradei, e me papà xe dentro.

ASSUNTA     Alora, visto che so fioeo garà sicuramente ciapà da so papà, essendo dentro ghe xe el perìcoeo che sia èo a trovare la cassetta e rubare i schei in tuta tranquilità.

CELESTE      (facendo il gesto dei pugni incrociati) Me papà xe dentro in presòn! (a Basilio) Dame i schei se te voi che te perdona del to gesto sacrilego!

BASILIO        I schei non tei darò mai, i me serve per il tatuagio, e dopo i xe cossì pochi, non so che tatuaggio ne vegna fora.

CELESTE      Varda che ciamo nostra mare.

BASILIO        Capissito che xe l’ultima risorsa, che se Luciana gnanche col tatuagio me voe, ea me vita non gapì senso.

CELESTE      Mì ciamo ea mama, cossì la te darà èa na bea ramansina. (al telefono, viva voce) Ciao mama, Basilio ga rubà i schei dea cassetta delle anime del purgatorio e nol voe ritornarmeli. Pòito vegnère anche tì qua a convinserlo chel ga da darmeli, che xe pecato rubare, specialmente achee povere anime.

ANITA           (al telefono) Maché pecato d’Egitto! Anssa che i se tegna!

CELESTE      Come, che i se tegna! Li xe quei dele anime del purgatorio!

ANITA           Tanto, un ano in pì o in manco, cossa cambia per loro?

CELESTE      Te sì drio bestemare, mama. Fa presto a vegnere, se no Basilio andrà via coi schei.

ANITA           No, no, tratienilo che arrivo subito. Dove sito, perché so passà daea Luciana e ea casa jera sarà.

CELESTE      (ad Anita) Dove semo qua?

ASSUNTA     In via Roma, al numero 21.

CELESTE      Se trovemo al numero 21 de via Roma.

ANITA           So proprio qua vissin, adesso arivo.

CELESTE      Ma perché te sìsta daea Luciana e adesso te voi vegnere qua?

ANITA           So drio inseguire to fradèo.

ASSUNTA     (tra sé) Basilio insegue Luciana; ea suora insegue Basilio; la mama insegue Basilio e la suora; il padre sarà stà de certo inseguìo dai carabinieri visto che l’è in presòn, insoma la xe proprio na fameia de inseguitori. 

CELESTE      Perché te sì drio inseguirlo anche tì, mama?

ANITA           Teo dirò dopo.

BASILIO        Mì vago via, non posso arivare in ritardo dal tatuatore, e per quanto riguarda el caratere del nome, me farò consigliare da èo.

CELESTE      Aspeta, te ghe da darme indrio i schei! (Basilio esce).

Scena nona

ASSUNTA, CELESTE

CELESTE      Oh mio Dio, i schei xe sparii, per fortuna la seconda cassetaxe al sicuro perché la go sconta ben. (entra Anita di corsa, Assunta e Celeste ammutoliscono vedendola con la cassetta numero 2 in mano).

Scena decima

ASSUNTA, CELESTE, ANITA

ANITA           (a Celeste, disinteressandosi di Assunta) Dove xeo Basilio?

CELESTE      Mama, te ghe trovà ea casseta! Te ghe da dàrmea subito!

ANITA           Fossi mata! Dove xeo Basilio, che go da darghe i schei!

CELESTE      L’è andà via.

ANITA           Xa andà via, con chei pochi schei? Lo go visto versere ea cassetta e ora el se farà un tatuagio da poco.

ASSUNTA     Signora?…

ANITA           Anita, me ciamo Anita, cossa voea?

ASSUNTA     La varda un fià chi che xe qua (facendo segno a se stessa).

ANITA           Beh, ghe xe èa, e alora?

ASSUNTA     Aloramì sarìa ea parona de casa e domandarìa un fià de dignità.

ANITA           La ga razon, ma mì go freta, non posso seguire le convenienze.

ASSUNTA     (al pubblico) Tae quae so fioeo! (Ad Anita) Invesse ea ga da avere un fià de educassion.

ANITA           Educassion un corno! Sàpia che per Basilio mì fasso questo e altro, perché de mama ghe n’è una soea!

ASSUNTA     Una soea?...Anssemo stare, va’.

ANITA           Celeste, dame ea ciave per versere la cassetta, che mì non so brava ascassinarla come che ga fato to fradeo, sbrigate, che go da ragiungerlo prima chel arriva dal tatuatore.

CELESTE      Mì non te dago ea ciave.

ANITA           Capissito che sarà un tatuagio sbiadìo, che Luciana per questo non lo vorà, e èo, disperà come chel xe el farà qualcossa de tragico; go rubà ea seconda cassetta aposta per questo. Insoma, voto versere sta cassetta o no?

CELESTE       (alzando gli occhi al cielo come nello sceneggiato) Che Dio mi aiuti! (Apre la cassetta).

ASSUNTA      (ad Anita) Non se garìa da dire: “Che Dio mi perdoni?”.

ANITA           Cossa voea che ghe diga, se vede che anche in convento le varderà tute le puntate de “Che Dio mi aiuti”. (Celeste scappa fuori dalla vergogna per avere aperto la cassetta).

Scena undicesima

ASSUNTA, ANITA

ANITA (guardando dentro la cassetta) Cossa?! Cossì pochi schei anche qua? Ma quanto spilorci xei i fedèi de me fioea! Anche con questi non so che tatuagione vegnerà fora. De sicuro ea Luciana non vorà stare con èo, go paura che me fioeo vaga a finire mae,go da ragiungerlo subito. (fa per andarsene quando Assunta la blocca pensierosa).

ASSUNTA     Aspeta, ea ga razon, un tatuagio da poco non farà presa su Luciana, ghe ne voe uno che ansa el segno: non soeo el nome, ma anche el viso di Luciana ga da essere stampà sul brasso de Basilio, e per far questo, cara Anita, ghe dago anche mì dei schei. (va in camera e ritorna con una busta. Gliela porge). Ecco, li meta con quei dele anime del purgatorio e cora da Basilio in modo che Luciana la sia più convinta de tòrseo.

ANITA           Sicuramente con un tatuagio cossì, Luciana seinamorerà del me Basilio. E pensare che la jera inamorà de un certo Pino, un povero stupido, sensa nerbo. (Assunta ritira la mano con la busta).

ASSUNTA     Ah, cossì ea pensa?

ANITA           Certo, e non so come Luciana possa esserse invaghìa de uno stupido come quelo là, èa, cossì sveja!

ASSUNTA     Uno stupido che vive qua con mì.

ANITA           Perché el vive qua con èa?

ASSUNTA     Perché se dà il caso chel sia me fioeo.

ANITA           Questo non lo savevo.

ASSUNTA     Lo credo ben.

ANITA           Ghe domando scusa per la gaffe.

ASSUNTA     Va bè, ea perdono. (porge ancora la busta ad Anita).

ANITA           In tuta confidensa… ormai semo amiche, no? Ebene, come cheavede, me fioeo xe inamorà dea Luciana, ma èa la xe un tipo difìsie, e saea cossa che la voeva propore a Basilio? Agnese, na santarelina, tuta casa e ciesa, una de quee insulse che non sa stare al passo coi tempi. Ea se pensa se el me Basilio si sarìa inamorà de na deficiente cossì. (Assunta ritira ancora la busta).

ASSUNTA     Insoma, gàea finìo de denigrare me fioeo e so morosa!

ANITA           So morosa, Agnese?...Anche questo non lo savevo.

ASSUNTA     Ve ben, va ben. (Ridandole la busta) E adesso ea vaga prima che me penta de averla aiutà, e me racomando, che Luciana non sapia che ghe go dà i soldi per so fioeo.

ANITA           D’accordo, coro, dopo vegnerò a riferirghe come chea xe andà.

ASSUNTA     No, no, ghe dago invesse el me numero de telefono perché doman ghemo da andare da me fradèo, in un paesin dae parti de Rovigo.

ANITA           Dove de preciso, perché anche mì go dei parenti da chee parti là.

ASSUNTA     (tra sé) Luciana conosse el paese perché là ghe xe na discoteca; Anita forse conosse el paese perché là ghe abita dei parenti, mì lo conosso perché ghe abita me fradèo, nol ga da essere proprio un paesìn se tuti eo conosse!A Cavazzana, nea pì grande fatoria che ghe xe là.

ANITA           No, a Cavazzana non go nessuno.

ASSUNTA     (dandole il numero di telefono) Me raccomando, ea me telefona per dirme come che la xe andà a finiretra Basilio e la Luciana. (Anita esce).

ASSUNTA     (riflettendo a fondo) Mah, dubito che ea riessa a ragiungere so fiòeo in tempo, e dubito anche che un tatuagio fassa cambiare idea a cheaimpertinente dea Luciana. (bussano alla porta) Chi ghe xe adesso? (va ad aprire. Entra Teodoro).

Scena dodicesima.

ASSUNTA, TEODORO

ASSUNTA     (ossequiosa) Ah, xeo èo Teodoro. Manco mae, na bea presensa dopo quee che xe andà via.

TEODORO    Presense? Quae presense?

ASSUNTA     Altre persone, ma anssemo stare.

TEODORO    Bè, Assunta, ea me Agnese xe vegnù a casa tuta inrabià, e sicome sàvevo chea jera vegnù qua, so partìo per sentire el motivo dea so arabiatura. Ma ea me diga Assunta, c’entra ea Luciana per caso?

ASSUNTA     Anche massa chea ghe c’entra! (guardandolo ammirata) Cossa voeo, semo sempre là, o mejo: no ghe xe nessun dubio che Pino e Agnese se voja ben; ma el fato xe che ghe xe sempre quea de meso. Ma el me creda Teodoro: tuto xe drìo perfinire. Ma el me diga Teodoro, xeo vegnù qua soamènte per sentire dea Agnese, o anche per qualcossa altro?

TEODORO    Per Agnese, s’intende. Per cossa, se no?

ASSUNTA     Vaeà, che i fioi in un modo o un altro i se sistema. Xe noantri invesse, che a na serta età vedemo i problemi pì grandi de quei chei xe. El varda: quando so fioea e me fioeo se mariderà, eo resterà da soeo…

TEODORO    E ea resterà da soea, meo ga dito tante volte Assunta; emì ghe go sempre dito che se prima no go sistemà ea tosa, no posso meterme in testa serte idee.

ASSUNTA     E ora xe question de tempo… Caspita! Jero drìo dismentegarme, come che se ghemo dismentegà coea Agnese, che doman mì e Pino andemo da me fradèo a Rovigo. Gheo diga aea Agnese che andemo via, che noea staga alarmarse se noea vede nessuno a casa, che quando tornemo, Pino el se sarà sicuramente sbarassà dea Luciana.

TEODORO    (ansioso) Ma quanto steo via?

ASSUNTA     (curiosa) Ah, vedo che ghe interessa quanto che stemo via, xe paea Agnese o…

TEODORO    Dèi, cheo so anche massa ben queo chea pensa, ma come che ghe go dito: vojo prima sistemà ea tosa.

ASSUNTA     Do setimane, do setimane stemo via… E nol voe savere dove che andemo?

TEODORO    Da so fradèo, a Rovigo, almanco, ea me ga dito cossì.

ASSUNTA     Sì, ma el posto giusto?

TEODORO    Non me interessa: no go afari da chee parti.

ASSUNTA     Non se sa mai… mì gheo digo eo stesso: andemo a Cavazzana, nea pì grande fatoria che ghe xe là.

TEODORO    Adeso xe mejo che vaga. Gò capìo queo che xe el problema de me fioea, e ea Assunta me dà speranse disendo che Pino deciderà al pì presto… e per el mejo.

ASSUNTA     Da mì el ga tute le speranse chel voe, anche certesse… sel m’intende.

TEODORO    Mì intendo benissimo; ma Assunta, noa vorà mia che se sposèmo… (imbarazzato) prima che se sposa i fioi?

ASSUNTA     Perché no? Da quando in qua i fioi se sposa prima dei genitori?

TEODORO    (imbarazzato) Sì, xe vero… xe giusto: dovarissimo sposarse prima noantri do… Ma, Assunta, cossa me faea dire!… Adesso vago: so massa preocupà per la Agnese. Ea me staga ben Assunta. (esce Teodoro. Entra Pino).

Scena tredicesima

ASSUNTA, PINO

ASSUNTA     Ah, ecote qua, e ora Pino, gheto rifletùo, sito convinto?

PINO              Convinto de cossa?

ASSUNTA     De torte su ea Agnese, no?

PINO              Cossì, de punto in bianco?

ASSUNTA     Adesso basta: xe ani che te te barcameni con ste do tose, decidete paea Agnese, e basta!

PINO              (riflettendo) Sì, hai ragione mamma, sono proprio convinto che Agnese è la donna della mia avita, la mia anima gemella, quella da portare all’altare. (entusiasta) Mamma, sembra una rivelazione! Mamma, mi sento… mi sento diverso… più uomo: amo Agnese! Mamma, amo Agnese! Ah, che liberazione!… Certo, che quando sono con Luciana…

ASSUNTA     Adesso basta Pino, finimoea! Xe in jugo ea to vita, no se poe schersare con ste robe qua. Gheto deciso infine… e ora bisogna andare a dirgheo aea Luciana che no te voi pì sentire parlare de èa.

PINO              Dirglielo? E ti sembra una cosa facile? Glielo dirò quando torno da Rovigo, così mi sarò preparato psicologicamente.

ASSUNTA     Gnanche per sogno! Tì te gheo disi adesso; a anche Agnese bisogna avisare, e subito!

PINO              Sì, così Luciana mi ammazza appena lo sa. E poi bisogna che sia preparato per dirlo ad Agnese: voglio che sia una cosa indimenticabile. Sai cosa farò? Quando saremo dallo zio scriverò una lettera a tutte e due in tutta tranquillità e scriverò che voglio bene a lei, solo a lei.

ASSUNTA     A ea chi?

PINO              Ma ad Agnese, stiamo parlando di Agnese, no?

ASSUNTA     Manco mae. Comunque aea Agnese te poi scriverghe da Rovigo, so d’acordo con tì; ma ea Luciana bisogna che sia subito informà dea toa decisiòn, perché va a finire che dopo, quando che te si via, no te ghe pì el corajo de farlo.

PINO              Sì, forse hai ragione. Come si può fare? Davvero io non ho il coraggio di andare da lei e dirle che voglio bene solo ad Agnese.

ASSUNTA     (dopo un attimo di concentrazione) Se no te ghe el corajo de dìrgheo, te garè el corajo de scriverghe un biglieto.

PINO              E mandarglielo per posta? Non se ne parla: in fin dei conti siamo amici, e mandarglielo per posta non mi sembra tanto dignitoso.

ASSUNTA     E ora pòrtagheo tì, e dopo te vien via.

PINO              Tanto peggio: quella mi trattiene finchè non lo ha letto.

ASSUNTA     Alora ghe vorìa qualcuno de estraneo, col quae ea no poesse ciapàrsea, qualcuno… qualcuno come… (bussano alla porta, entra Bepi) Bepi! Eco chi che ghe voe!

Scena quattordicesima

PINO, ASSUNTA, BEPI

BEPI               (stupito) Ciao Pino. So qua… Ma cossa ghìo da vardarme cossì? No ve ghevo dito che vegnevo?

PINO              Sì, ma non è per quello che ti guardiamo così; forse sei la soluzione del nostro problema.

BEPI               Quaeo problema?

ASSUNTA     A te garissi da consegnare un biglieto.

BEPI               E perché no gheo mandè per posta?

ASSUNTA     Anche tì… Se podevimo mandàrgheo per posta gheo garissimo mandà per posta, non te pare? Se trata de un biglieto de Pino, che te garè da consegnare a na tosa.

BEPI               (rivolto a Pino) A na tosa, da parte toa? Ma chi xea sta tosa?

PINO              È la mia ex fidanzata.

BEPI               Ex fidansata? Perché tea ghe anssà… o xea sta ea ad anssarte?

PINO              No, sono stato io, anzi devo ancora lasciarla.

BEPI               Te ghe ancora da anssarla? E perché te voi mandarghe un biglieto?

PINO              Per lasciarla. Ma lascia che ti spieghi, altrimenti come faccio a dirti quello che devi fare?

BEPI               Ma perché te voi anssarla?

ASSUNTA     Perché ea xe na dona che pensa soeo aea bea vita.

BEPI               Ma ora mea togo su mì, scrivi sul biglieto che te mea passi a mì.

PINO              Non scherzare adesso: se non va bene per me, non va bene neanche per te.

BEPI               Questo bisogna cheo diga mì, quando che la garò vista coi me oci… E ora, adesso te sì sensa tosa?

PINO              No, ce n’è un’altra, alla quale voglio veramente bene.

BEPI               Me pareva che no te fossi el tipo da stare scàpoeo… (ad Assunta) Scolta sia, a go le buee che bròntoea, a vago in cusina a tajarme do fete de salame (va in cucina).

Scena quindicesima

PINO, ASSUNTA

ASSUNTA     Dai, tote un foglieto e scrivi queo che te ghe da scrivere; anssi vago tòteo mì, cossì femo prima. (gli porta foglio e penna e mette la busta sopra un vaso. Pino si accinge a scrivere).

PINO              Ma cosa devo scrivere? Non mi vengono le parole.

ASSUNTA     Ah, fioeo mio, tuto me toca dirte. Scrivi cossì: “Cara Luciana…”

PINO              Ma mamma, non posso chiamarla ancora cara: mettiamo solo "Luciana".

ASSUNTA     Gnanche cossì va ben, prova a metere “Gentilissima”.

PINO              Gentilissima un corno, non è stata affatto gentile, pensandoci bene.

ASSUNTA     Bravo fioeo, cossì se parla! Ora anssemo stare sia gentilissima, sia cara, sia Luciana, non metemo gnente come intestassion: no metèmo el nome soea busta? E ora?…

PINO              Va bene mamma, dammi la nota iniziale che dopo continuo io.

ASSUNTA     Ecco, scrivi cossì: “Dopo l’incontro che abbiamo avuto oggimi si sono schiarate le idee e ho capito finalmente che tu non eri fatta per me”.

PINO              “Chiarite”, mamma, “Chiarite” le idee!

ASSUNTA     Va ben: “Chiarite”.  Eco, continua tì adesso, che queste xe robe toe… che mì go da andare a stirare (esce).

Scena sedicesima

PINO

PINO              (rileggendo le prime righe) “Dopo l’incontro che abbiamo avuto oggimi si sono chiarite le idee e ho capito finalmente che tu non eri fatta per me”. E adesso? (riflette, poi scrive). “E ho capito finalmente che tu non eri fatta per me. Sei troppo diversa dall’altra ragazza che mi sono accorto di amare veramente. E il fatto che anche oggi, come gli altri giorni, tu pretendevi un bacetto da me mi ha fatto capire la nostra diversità di carattere. Io ho bisogno di un amore vero, e non quello che vuoi darmi tu. Andrò con la ragazza con la quale mi trovo a mio agio, perché alla fine, come ti avevo promesso, ho deciso quale di voi due scegliere, e ho scelto lei. Saluti, Pino”. (tra sé) Mi sembra buttata giù bene: in poche parole ho scritto quello che penso. Anche se è corta andrà bene comunque; vorrà dire che quando sarò a Cavazzana le scriverò qualcosa di più lungo e spiegherò meglio il perchè della mia decisione. (entra Assunta).

Scena diciassettesima

PINO, ASSUNTA

ASSUNTA     Speta Pino, pensavo che noantri podèmo mandare Bepi a consegnare el biglieto doman matina, poco prima che partìmo. Se Bepi gheo portasse subito, quea là corerìa qua come na frecia, e sarìa difissie per tì tegnerla a bada. Domatina, prima de partire, anssi quando che semo sa in partensa, Bepi ghe porta el biglieto, e dopo via a tuto gas.

PINO              Ma io ho scritto dell’incontro che c’è stato oggi…

ASSUNTA     E tì te cambi “oggi” in “ieri”, e tuto tornerà a posto (Pino corregge sotto lo sguardo di Assunta).

PINO              E ora mamma, dammi la busta (Assunta gliela porge).

ASSUNTA     Ma te sarè convinto che xe ea Agnese ea to tosa? Agnese… vèdito, anche el nome: Agnese voe dire na tosa per ben. (trasognata) Agnese, che bel nome.

PINO              Sì, Agnese è proprio un bel nome (scrive erroneamente sulla busta "Per Agnese". Chiude la busta e chiama Bepi. Bepi entra).

Scena diciottesima

PINO, ASSUNTA, BEPI

PINO              (a Bepi) Prendi la busta, mi raccomando di non perderla.

BEPI               Eco, mea meto qua nel taschìn interno dea giaca. Ma dime, dove xe che go da andare, che vojo conossere subito sta tosa che te anssi.

PINO              No, abbiamo deciso che tu vada domani a portargliela.

BEPI               Perché doman?

PINO              Perché è meglio così.

BEPI               E mì che voévo vederla in quo sta tosa. Ma dime eo stesso dove chea abita.

PINO              Sai qual è via Stazione?

BEPI               Quea che porta aea stassion? Serto cheo so.

PINO              Allora sai che c’è anche una laterale a destra, proprio poco prima della stazione.

BEPI               Sì, conosso anche quea… Staea per là sta tosa?

PINO              Sì, tu devi andare nell’ultima casa in fondo a sinistra. Quando andrai domani, magari dille chi sei, così la prenderà in modo meno doloroso.

BEPI               Va ben, va ben. Ma varda un fià se go da penare n’altro giorno per conossere ea ex tosa di Pino.


ATTO SECONDO

A casa di Luciana. In soggiorno. Di mattino. Un mazzo di fiori in un angolo; quadri di cavalli alle pareti.

Scena prima

LUCIANA

LUCIANA     (in vestaglia, si sta dando lo smalto alle unghie) Mì me domando come chea xente no fa a capire che la vita bisogna gòdersea. Ea xente ea ga tanti pregiudissi che metà i basterìa. Ea se crea un casìn de problemi perchè ea voe: dei falsi problemi, come che se dise.  Ma cossa speteo ad arivare Gervaso col capucino, a me pare chel sia in ritardo stamatina. Chel poro toso, anche èo come i altri: el me varda, e dopo pare chel vaga in svanimento (bussano alla porta. Entra Gervaso di corsa).

Scena seconda

LUCIANA, GERVASO

GERVASO    (osservando da cima a fondo Luciana) Ecome qua, Luciana.

LUCIANA     Me pare che te sì in ritardo, o sbaglio?

GERVASO    Ea ga razon, ma no xe dipeso sertamente da mì. Xe sta el me paròn, chel me ga mandà prima daea paruchiera e dopo el me ga mandà da èa.

LUCIANA     Ah, cossì fa el to paròn? Se vede chel preferisse qualche dona che xe a fasse i caveji che mì.

GERVASO    Ma mì preferisso èa Luciana. Saea che corsa che go fato per vegnere qua?

LUCIANA     (ironica) Perché el capucino non se rafredasse, vero?

GERVASO    No, el capucino non c’entra.

LUCIANA     Come nol c’entra, vorissito che beva el capucino fredo?

GERVASO    No, per carità, a go corso anche per queo.

LUCIANA     E ora te ghe corso per arivare in tempo?

GERVASO    Sì, anche per arivare in tempo.

LUCIANA     Ma per cossa ancora te ghe corso per arivare qua?

GERVASO    Ma dai, cheo sa anche massa ben perché a go corso, e perché coro tute e matine voentièri da èa.

LUCIANA     No so proprio.

GERVASO    Invesse lo sa: èa noea xe come le altre.

LUCIANA     Perché, cossa goi mì de diferente dae altre?

GERVASO    Non lo so gnanche mì; oppure lo so: xe qualcossa che se vede, ma che non se garìa da vedere.

LUCIANA     Insoma, seto o non seto cossa che mì go de diverso dae altre?

GERVASO    La ga quee robe che… le altre non ga. Ea xe pì dona, pì pratica dele altre, ea ga chel modo de fare che… che me fa perdere ea testa.

LUCIANA     Su, adesso no sta esagerare se no te me meti in imbarasso.

GERVASO    Ea in imbarasso? Noa staga farme ridere. Èa sa ciapare ea vita dal verso giusto, e no ghe xe situassion in cui noea sàpia cavàrsea.

LUCIANA     Bè, adesso me pare che te esageri proprio con sti complimenti.

GERVASO    Niente afato, no li xe mai massa per èa, e mì starìa qua a farghene sempre. Però adesso bisogna che vaga perché el paròn dopo el me crìa. (inchinandosi) Buongiorno Luciana (esce).

LUCIANA     Ma cossa ghe fasso a sti omini. I pare tuti alochi: tuti chei dise che so qua, che so eà, fasendome un mucio de complimenti e (guardando i fiori) portandome fiori.

Scena terza

LUCIANA, GREGORIO (fuori scena)

(Da fuori chiamano “pane, pane!”) E questo xe el secondo!

GREGORIO  (balbettando) Che vegna dentro Luciana?

LUCIANA     A fare cossa?

GREGORIO  A portarte el pan, perché, se no?

LUCIANA     (ironica) Ma con voialtri fornari no ghe xe da fidarse.

GREGORIO  Però el jugo vaea ea candèa, vero?

LUCIANA     Cossa intendito con sto discorso?

GREGORIO  Chel perìcoeo poe essere ben acèto.

LUCIANA     (tra sé) Questo el sarà anche balbo, ma l’è pì svejo dei altri; però mì no ghe so de manco. (ad alta voce) Meti el pan de sora el mureto che dopo vegno tòrmeo.

GREGORIO  Ea xe sempre cossì, tanto te sé che dopo teo porto in casa.

LUCIANA     Stavolta me so apena alsà: so in vestaglia. Meti sto pan sora el mureto e finìmoea!

GREGORIO  Varda che go visto do cagneti corere drio a un gato.

LUCIANA     E ora?…

GREGORIO  E ora, quando che i cani i vede el pan, i anssa stare el gato.

LUCIANA     E i me magna el pan, vero?

GREGORIO  Cossì ea xe.

LUCIANA     E ora mèteo de sora ea coeòna, dove che i cani no ghe riva.

GREGORIO  Ma ghe riva el gato.

LUCIANA     Ma se el gato e l’è pì avanti dei cani!

GREGORIO  E ora… e ora ghe xe el ventesèo, po’ darsi chel pan ca-ca, ca-ca, cada

LUCIANA     (rassegnata) E ora pòrtemeo dentro sto pan.

GREGORIO  (entrando) Tanto ghe voea?

LUCIANA     (spalmandosi un toast) Tea ghe vinta ancora na volta, contento?

GREGORIO  (osservando il pan carrè) Ma… ma… queo no xe el pan da tost che vendemo noantri!

LUCIANA     Questo eo go comprà… anssi meo ga portà staltro fornaro.

GREGORIO  Quando? Ieri?

LUCIANA     Stamattina meo ga portà: a mì me piase magnare ea roba fresca.

GREGORIO  Ma… ma a che ora teo gaeo portà?

LUCIANA     Sempre prima de tì.

GREGORIO  Bè, no te vorè miga dire che l’è vegnù qua quando che te jeri ancora in leto?

LUCIANA     Ghe mancherìa altro! A me jero apena alsà.

GREGORIO  (deglutendo) Apena alsà?!… Ma ora… te jeri mesa nuda?

LUCIANA     Fa tì…

GREGORIO  Ma… ma Luciana, a te voi farme morire de geosìa. (suona il telefono in camera).

LUCIANA     Scolta, adesso te poi anche andare: no me piase miga chea xente senta queo che mì digo al teefono.

GREGORIO  Xeo un altro pretendente?

LUCIANA     E chi voto che me teefona, i vecioti? (va in camera).

GREGORIO  Oh Dio! Ea voe farme proprio diventare mato, perché ea sa quanto chea me piase, e come sea me piase! fFa per uscire col pane, quando entra Clara, claudicante, con un mazzo di fiori in mano).

Scena quarta

GREGORIO, CLARA

GREGORIO  Ciò, no se bussa miga?

CLARA          (altera) No se poe bussare se ea porta non ghe xe.

GREGORIO  Come no ghe xe ea porta?

CLARA          No te vidi chea xe verta?

GREGORIO  Verta ea xe?

CLARA          Sì, verta ea xe! Tì, pitosto, dove sito drio andare con chel sacheto de pan in man?

GREGORIO  A so drio portargheo aea Luciana.

CLARA          E te vè fora dea porta a portargheo aea Luciana? Ma te sì proprio rimbambìo con chea tosa là.

GREGORIO  A te ghe razon, mì go perso ea testa per èa… Ma tì te me pari un poco geosa, o sbaglio? Te sì invidiosa de tuti i pretendenti chea ga… Varda che mì so onorà de essere tra quei.

CLARA          Mì, invidiosa de una che ga come pretendente un mona come ti? Ma ora vol dire che no te me conossi abastansa. (zoppicando) Varda, adesso so cossì, e tosi ghe ne go pochi… chi voto che voja na sota. Ma quando che jero cossì (camminando normale), aeora sì che ghe ne ghevo tanti de tosi.

GREGORIO  Oh, quanti ne gareto vù?

CLARA          Tanti che ti no te poi ganche contarli… vedemo: uno… due… insoma ghe ne ghevo tanti, e basta!

GREGORIO  E ora, perché no te camini normàe e cossì te garè ancora sti tosi che te disi de avere vù?

CLARA          Ea pension deinvaidità?… Val pì na pension che tanti pretendenti baucoti come tì.

GREGORIO  Per mì xe mejo avere un pretendente baucoto, che non averne gnanche uno… Scolta, per chi xei chei fiori là?

CLARA          Scusa, dove sito ti adesso?

GREGORIO  Qua.

CLARA          E mì dove soi?

GREGORIO  Anche tì te si qua, daea Luciana.

CLARA          E ora vorà dire chei fiori xe paea Luciana.

GREGORIO  Che ca… ca… ca…

CLARA          Che cagona chea xe.

GREGORIO  Che ca… cara chea xe ea Luciana; ansseme finire, no?… Ma sito tì che te ghe mandi i fiori a èa?

CLARA          Mì?…Sito drio diventare mato?

GREGORIO  Chi xeo ora queo che ghei manda?

CLARA          Ghe xe el biglieto.

GREGORIO  E no te poi verserlo?

CLARA          No, no posso verserlo, so na fiorista seria mì!

GREGORIO  Xe paea praivassi?

CLARA          Ea praivassi no conta gnente; xe che me fa pecà chei poareti che i ghe manda i fiori; e mì no vojo sofrire per dei rimbambiti come voialtri.

GREGORIO  Adesso Clara no sta ofendere: mì ghe vojo ben aea Luciana, no te poi denigrare cossì el me amore.

CLARA          El to amore paea Luciana? Ma fame ridere, vaeà!

GREGORIO  Ma mì provo amore per tute… (riflettendo) Anche per tì; anssi… ansi…, cossa dito se se metemo insieme?

CLARA          Ti balbo e mì sota? Seto che bea copia che femo? A femo ridere el mondo. Anssa stare vaeà, no sta meterte in testa de ste idee qua conmì.

GREGORIO  (zoppicando) Ma va… varda che… che te sì… sì sota.

CLARA          E ti… ti…no te… te sì mia… acorto che… che te sì… te sì balbo?

GREGORIO  A go tentà, no xe el caso de torme in giro. (Clara poggia i fiori sul tavolo) No ti ghe dè miga in man aea Luciana i fiori?

CLARA          Go vù na grande fortuna nel trovare ea porta verta, no posso adesso rovinarme ea giornata vedendo èa.

GREGORIO  Po… po… po…

CLARA          Scolta, te ghe quarantani e no te sì gnancora bon parlare ben.

GREGORIO  Se so balbo, balbo so.

CLARA          Intendo le paròe volgari: prima ca… ca…, adesso po… po…; dai, su, dime cossa che te voi dire stavolta.

Posso portarghei mì i fiori aea Luciana?

CLARA          (decisa) Vieni via con mì, mona, che quea no xe na dona per tì. (Lo strattona verso l’uscita) E meti xo sto sacheto de pan, o voto portarlo ancora in botega?

GREGORIO  Clara, aspeta un fià, aspeta che almanco ea saùda (Clara lo trascina via. Entra Luciana).

Scena quinta

LUCIANA

LUCIANA     (vedendo i fiori) Ancora fiori, ma alora l’è un vizio! (legge il biglietto e lo getta via annoiata. Bussano alla porta) Chi ghe xe adesso? (entra Basilio).

Scena sesta

LUCIANA, BASILIO

BASILIO        (euforico) Luciana, finalmente te trovo a casa! Te sé el ben che te vojo, che per tì diveterìa mato, che per tì farìa qualsiasi cossa, che per tì…

LUCIANA     Te andaressi fora daea porta e te me anseressi in pace.

BASILIO        No, Luciana, non sta torme in giro, mì te amo, te amo veramente.

LUCIANA     Oh, che frase originale! Seto quanti che dise che me ama veramente!

BASILIO        Ma nessuno teo dimostra come sto fasendo mì adesso.

LUCIANA     Piagnucolando?

BASILIO        No, non piagnucolando, ma portando el to nome sempre con mì.

LUCIANA     Il me nome, cossa dito?

BASILIO        Cossa che digo? Cosa xeo questo? (si tira su la manica della camicia senza guardarsi il braccio).

LUCIANA     Un brasso.

BASILIO        Lo so chel xe un brasso, ma non te vedi gnente?

LUCIANA     Sì, vedo el pelo, le vene, vedo chel xe pulito,senza chei sbrodeghi che te ghe in tuto el corpo.

BASILIO        Ma proprio non te vedi el to nome tatuato soa me pele?

LUCIANA     (Maliziosa) Se eo vedesse, un pensierin per tì eo farìa.

BASILIO        (guardandosi il braccio, meravigliato) Luciana, el to nome xe sparìo! El jera qua e adesso nol ghe xe pì. Oh povero mì, el tatuatore me gheva avertio che i schei jera pochi e che coea piova el podeva andare via.

LUCIANA     Povero sciocco, perché alora non te ghe riparà el brasso daea piova?

BASILIO        Perché… perché voevo mostrare a tuti el to nome, per dire quanto te amo, Luciana.Che disgrassia, cossa farò mì adesso?

LUCIANA     Te starè sensa de mì. (entra Celeste).

Scena settima

LUCIANA, BASILIO, CELESTE

BASILIO        Cossa feto qua?

CELESTE      Jero drio andare in ciesa, ma dopo go pensà: cossa vago a fare in ciesa sensa le cassette delle anime del purgatorio? Cossì so passà dal tatuatore per vedere se nostra mama jera riussìa a darte i schei del’altra cassetta; eèo me ga dito che te jeri apena andà via.

BASILIO        Me mama voeva darme i schei dea seconda cassetta?... Alora la ga trovà. E la voleva darme i schei perché me fasesse un tatuagio più consistente? No, mì non go visto nostra mama! Ah che sfortuna, se almeno ea me ghesse ragiunto dal tatuatore coi schei!

CELESTE      (additando Luciana) Alora, come va con Luciana? Ghe gheto mostrà el tuatuagio? So vegnù qua anche per questo, per vedere se sta tosa ga un fià de compassion per un toso follemente inamorà de èa… (vedendolo piangere) Me sa che de compassion la ne gabia gran poca.

BASILIO        Sì, e mì so disperà: coi soldi che ghevo go poèsto soeo stamparme el tatuagio, e ora l’è sparìo coea piova.  (a Luciana) Luciana, me voto eo stesso?

LUCIANA     (ironica) Senza il me nome tatuato non te vorò mai.

CELESTE      (dispiaciuta, a Basilio) Se te ghessi vardà ben te garessi rubà i schei anche dal’altra cassetta, no?... Oh mio Dio, cossa soi drio dire? Perdoname Signore!

BASILIO        Luciana, sta con mì anche sensa el to nome tatuato, te prego, dime de sì, se no me toca andare a ramengo per il mondo perché non so cossa fare sensa de tì.

LUCIANA     Gnanche per sogno!

CELESTE      Perché non te sì un fià comprensiva con me fradèo, varda come chel xe ridoto!

LUCIANA     No, no e no, chel se meta el cuore in pace!

CELESTE      Su, Basilio, basta piansere, se Luciana proprio non te voe te poodarissi vegnère con mì.

BASILIO        In un convento de suore? Sito mata! Ah, se il tatuagio fosse stà indelebile Luciana me garìa voèsto, vero Luciana?

LUCIANA     Chissà!

BASILIO        Perché, perché i fedeli xe cossì tirchi, perché noi mete gli euro dentro aea cassette invesse che i centesimi?

CELESTE      Caro Basilio, forse i fedeli dà poco perché li sa che i schei xe del diavolo. (entra Anita con la busta dei soldi in mano).

Scena ottava

LUCIANA, BASILIO, CELESTE, ANITA

ANITA           (avendo sentito le ultime parole di Celeste) Toh, i schei delle anime del purgatorio ora li gà rubà el diavolo! Perché te piansi Basilio? A quanto pare Luciana non te voe, ma tì non te podevi spetarme perché te dasesse anche sti schei qua per il tatuagio?

BASILIO        Ghevo da essere in orario dal tatuatore, se no nol me garìa fato gnente.

CELESTE      Mama, dame i schei dea cassetta ora che noi serve pì a Basilio. (senza che Luciana veda e senta) Oh, quanti che li xe! I fedeli xe sta pì generosi con sta cassetta qua.

ANITA           (a Celeste, sempre senza che Luciana veda e senta) Ghe xe anche quei che me ga dà la Assunta, altro chea generosità dei fedeli! (A Basilio) Perché, ma perché non te me ghe aspetà? (a Luciana). Luciana, a ti il danaro interessa?

LUCIANA     Certo che mi interessa.

ANITA           Se te dago dei soldi, poderessito legarte a Basilio?

CELESTE      Quei dele anime del purgatorio?

ANITA           Quai, se no?

CELESTE      No, non te darè i soldi dele anime del purgatorio a na tosa come questa.

ANITA           Tasi tì, che eo fasso pel ben de to fradèo, voto chel se copa? E ora Luciana?

LUCIANA     No.

ANITA           Varda che con sti soldi qua te poderissi comprarte qualche camiseta, dele calse,dei regiseni, dele mutandine… (Celeste si dispera. Basilio si illumina).

LUCIANA     Camisette, calse, reggiseni e mutandine ne go a bisefe, voea che ghe le mostra? 

ANITA           Anche questo me toca sentire!

BASILIO        Sì, mama, fatele mostrare!

ANITA           Tasi, stupido che non te sì altro! Luciana, xea “no” la to ultima paroea?

LUCIANA     Sì, è no!

ANITA           Come sì e no; xea sì o no?

LUCIANA     Sì chea xe no! E adesso andè fora tuti e do!

ANITA           Andemo Basilio, te troverè n’altra tosa, sicuramente mejo de èa. (uscendo con Basilio, senza farsi notare da Luciana, telefona ad Assunta dicendo: “Gnente da fare, Luciana non voe Basilio”).

LUCIANA     (ravvedendosi, rincorre Anita) Quanti soldi xei?

ANITA           (aprendo la busta) Tuti questi!

LUCIANA     Oh quanti! Me li daga, che cambierò sicuramente idea su Basilio. Però adesso andè via! (escono Basilio, Anita e Celeste. Bussano alla porta).Chi ghe xe adesso, n’altro cascamorto? (va ad aprire. Entra Agnese).

Scena nona

LUCIANA, AGNESE

LUCIANA     (davanti alla porta) Tò, varda chi se vede… come mai qua?

AGNESE       (agitata) Posso entrare?

LUCIANA     Uh, che caraterino! Serto che te fasso entrare, visto che te meo domandi cossì.

AGNESE       E cossì xe poco, cossa te gheva dito Pino?

LUCIANA     Gnanche un preliminare, gnente: cossì de boto te scomissi.

AGNESE       No sta fare ea diplomatica che no xe nel to caratere. Dime, cossa che te gheva dito Pino?

LUCIANA     Cossa chel me gheva dito? Dimeo tì: mì non so.

AGNESE       De non andare pì da èo. Te gheveo dito questo, o no?

LUCIANA     Sì, na voltameo gheva dito…

AGNESE       E ora, perché te sì andà anche in quo a casa soa?

LUCIANA     Perché ghe vojo ben, cossa credito, che non sia capasse anche mì de amare?

AGNESE       Su questo no go dubi; ma el ben che te voi tì a Pino, non xe el me ben: mì eo amo veramente.

LUCIANA     Oh, ea signorina “ama” el so Pino; che romantica che te sì. Scolta: a mì Pino me ga dito chel ga da decidere, chel ga da pensarghe prima de dire de sì.

AGNESE       Ea stessa roba mea ga dita anche a mì.

LUCIANA     E ora spetèmo chel sia èo a decidere.

AGNESE       No, gnente afato: eo voe ben a mì e basta.

LUCIANA     E mì alora?

AGNESE       Tì te sì na poco de bon; per tì e l’è come un jugàtoeo, che te voi portare soea via dea perdission.

LUCIANA     Calma coe paroe, che podarìa anche ofenderme.

AGNESE       No sta farme ridere, che quando uno dise ea verità, staltro no garìa da ofenderse.

LUCIANA     E tì ora, cossa sito? Na basabanchi, tuta virtù… Comunque per via del jugàtoeo, Pino l’è abastansa grande per savère decidere da se stesso.

AGNESE       E ora ànsseo decidere.

LUCIANA     E chi dise gnente!

AGNESE       Ma èo no poe decidere se tì te ve là a metere sisània.

LUCIANA     Eco chea parla da preti!Mì vago là finchè vojo, e se prima che no i me manda via, mì andrò sempre là.

AGNESE       Ma no te capissi, bruta sema, chea Assunta noea ga corajo de mandarte fora daea porta.

LUCIANA     E mì ghe vago lo stesso.

AGNESE       (scagliandosi contro) Ah, cossì tea meti, bruta sgualdrina.

LUCIANA     Varda come che te parli, che mì no so na sgualdrina.

AGNESE       Ah no, e cossa sito alora?

LUCIANA     De serto no so na bachetona come tì… e dopo Dio sa cossa che te sarè?

AGNESE       Cossa voto intendere con questo, che mì so come ti?

LUCIANA     Oh, no de serto: tì te sì el sìmboeo dea virtù, dea ilibatessa, no? Dio sa cossa che Pino troverà in tì, cossì insulsa: a te sì come ea poenta sensa sàe, chea fa schifo!

AGNESE       A te ghe superà el limite, tì te fè schifo, bruta vaca. (Si guarda attorno, prende il mattarello e lo dà in testa a Luciana) Ciapa, svergognà che non te sì altro!

LUCIANA     (tastandosi la testa) Ohi, ohi, varda cossa che te me ghe fato? Ma sito mata? Non te credevo cossì vioènta.

AGNESE       Massa poco te go fato, a te meriteressi tanto de pì.

LUCIANA     Noea xe finìa qua! Adesso vago in cusina a butarme de asèo soea bota se no me vien fora el bernòcoeo; ma tì sta qua, che quando che vegno fora te sistemerò mì pae feste (esce).

Scena decima

AGNESE

AGNESE       Forse go esagerà dàndoghe chee bote in testa: un conto xe le paròe e un conto xe i fati, cioè e bote… Ma cossa stago a fare qua? Ea me ga dito che quando chea vien fora daea cusina ea me sistema pae feste… Me convien andare via… Vago, ma speremo chea gàbia capìa ea lession. (fa per uscire quando bussano alla porta. Entra Bepi).

Scena undicesima

AGNESE, BEPI

AGNESE       (sulla porta) Tò, chi xeo eo? N’altro spasimante? (Guarda la busta che ha in mano) Prima i fiori e adesso le letere…

BEPI               Sàea che pensavo de trovarla diversa…

AGNESE       So cossì perchè so agità. Ma chi xeo eo?

BEPI               A so Bepi, el cugin de Pino.

AGNESE       Ah Pino, el me amore! Me gaveva dito me papà che doveva arivare so cugin per andare via con èo. Quando partìo?

BEPI               A semo xa drio partire, i xe là chei me speta a casa… Ma sàea chea pensavo proprio diversa?

AGNESE       A te go dito Bepi che so un poco agità.

BEPI               Come mai?

AGNESE       Per colpa de na tosa che voe portarme via Pino… Ma cossa gheto in man? Ea me pare na letera.

BEPI               La xe per èa

AGNESE       Per mì?

BEPI               Sì, per èa. (Guardando la busta) No xe ea Agnese ea? Qua xe scrito Agnese…

AGNESE       Sì che so ea Agnese; ma come faseveo Pino a savère che jero qua?

BEPI               Ciò, el me ga indicà ben ea casa: ea ultima a sinistra dea strada.

AGNESE       (eccitata) Dame ea letera, che sea xe de Pino ghe xe sicuramente bee notissie.

BEPI               Questo noeo so, comunque ea varda che se ea èa voe, mì so disponìbie.

AGNESE       Cossa dito Bepi? Va ben che te sì el cugin de Pino: ma questa ea xe sfrontatessa.

BEPI               Comunque mì go butà el sasso, non se sa mai.

AGNESE       (fra sé) Ma come gàeo fato Pino a savère che jero qua?...

BEPI               (osservando un quadro di cavalli) Ghe piase i cavài?

AGNESE       (osservando il quadro, sarcastica) Gnanche un fià!

BEPI               Pecà, perché ne go tanti a casa, e se ea se metesse con mì ea podarìa cavalcare daea matina aea sera.

AGNESE       (ritorna a riflettere. Bepi si guarda attorno. Illuminata: fra sè) Ma sì… serto che xe cossì. Ieri ea Luciana garà riferìo a Pino chea go vista entrare a casa soa, e èo se ga ricordà che mì ghevo minacià de andare da èa per fare un massèo. E cossa gàeo fato èo?… Savendo che jero qua per tacare barufa con èa el me ga mandà sta letera piena de amore proprio qua, a casa dea Luciana, in modo che ghea sgnaccasse sul muso e cossì ea garìa tajà ea testa al toro… Mì invesse ghea go soeo spacà ea testa… aea vaca. Però, che perspicacia! El ga savèsto el giorno e perfin l’ora in cui mì sarìa vegnu qua da èa. No garìa mai pensà chel poesse arivare a tanto.

BEPI               (avendo sentito le ultima parole) Infati, non so come chel gabia poèsto arivare a tanto. Comunque ghe so sempre mì.

AGNESE       Ma dai Bepi, che tì te voi schersare (fa per aprire la busta).

BEPI               No, ea speta prima di vèrserla, che mì vago via.

AGNESE       Giusto Bepi, te voi anssarme nea mia intimità.

BEPI               Ea staga come chea voe, però mì vago. Arivederci (Bepi esce).

Scena dodicesima

AGNESE

AGNESE       (eccitata, apre la busta e legge) “Dopo l’incontro che abbiamo avuto oggi mi si sono chiarite le idee e ho capito finalmente che tu non eri fatta per me. Sei troppo diversa dall’altra ragazza che mi sono accorto di amare veramente. E il fatto che anche oggi, come gli altri giorni, tu pretendevi un bacetto da me mi ha fatto capire la nostra diversità di carattere. Io ho bisogno di un amore vero, e non quello che vuoi darmi tu. Andrò con la ragazza con la quale mi trovo a mio agio, perché alla fine, come ti avevo promesso, ho deciso quale di voi due scegliere, e ho scelto lei. Saluti, Pino”.(Disperata) Non poe essere, no poe essere! Impossìbie, el me Pino che me scrive cossì? Non poe, el ga da essere diventà mato! El me Pino, el me Pino! (esce piangendo).

ATTO TERZO

In casa di Bepi. In soggiorno Pino e Bepi giocano a carte. Assunta è in cucina.

Scena prima

PINO, BEPI, ASSUNTA

ASSUNTA     (dalla cucina)Qua no se fa sentire nessuno, dopo chea fadiga che te garè fato per scrivere chee do letere. Ma le gheto scrite davero ste letere che te ghevi promesso ae do tose?

PINO              Certo che le ho scritte, anche se tu non eri presente. (a Bepi) Ma tu le hai spedite, vero?

BEPI               Serto che e go spedìe, voto che sia ebete?

PINO              E come mai Agnese non mi telefona?

BEPI               Te voi che a te teefona? Ma sàea el numero de casa mia?

PINO              Caro Bepi, tu non conosci le ragazze…

BEPI               Te le conosserè tì… per anssare una cossì bona, cossì fràgie, come quea che te ghe anssà.

PINO              Vedo che tu non conosci proprio le ragazze: quella, così fragile? Tu sei ingenuo caro mio se la pensi così. Loro si nascondono sotto forme seducenti per ingannarti.

BEPI               A mì ea me pareva na bona tosa, anche sea jera inrabià.

PINO              Lo credo bene che fosse arrabbiata.

BEPI               Sì, ma tornando al numero de teefono, come faea ea a savère el me numero?

PINO              Guarda, è presto detto: lei conosce il cognome di mia madre, che è sorella di tuo padre, e col cognome può risalire al numero di telefono di questa casa, anche perché non c‘è tanta gente che si chiami col tuo cognome.

BEPI               A semo sòeo noantri che se ciama Speraindio.

PINO              Appunto.

ASSUNTA     (dalla cucina)Pino, vieni a vedere se ti si bon  versere sto vaso de conserva, che mì no so bona: a to zio ghe piase metere via ea conserva, ea mete via anche ben, ma nol sa che bisogna verserla se voèmo magnarla.

PINO              Vengo subito mamma. Guarda Bepi di non guardarmi le carte, perché ho una mano che in quattro e quattr’otto ti vinco il raggio (va in cucina).

Scena seconda

BEPI

BEPI               (al pubblico) Èo xe insemenìo con ste tose: a una ghe voe ben, e l’altra la voe ansàre. E savìo cossa chel ga fato? El ga fato qualcossa de madornàe, che se no ghe fosse stà mì a metere e robe a posto el se trovarìa in una bruta situassion. Xe sucesso questo: quando chel me ga dà le letere da spedire, mì e go lete; imaginève ea me sorpresa quando che go visto che aea Luciana ghe scrivea paròe dure, mentre aea Agnese ghe scriveva paròe d’amore. Mì go subito capìo queo che jera sucesso e me so dito quanto mona xeo cugin: nol gheva invertìo i nomi soe buste! E se no fosse intervegnù mì, le letere sarìa arivà una a casa de staltra. Infati le go invertìe, a go sarà ben le buste, e le go spedìe all’indirisso giusto. Ala fine dea storia salterò fora disendo che so sta mì l’artefice del bon esito dea vicenda. Soi o no soi inteigente. (si siede. Entra Pino).

Scena terza

BEPI, PINO

PINO              Mi hai guardato le carte? Guarda che so che carte avevo. (alza le carte) Su, tocca a te. (Bepi gioca il Tre) Ma c’era ancora il Tre su?

BEPI               Serto chel ghe jera. (al pubblico) Vedìo, ve ghevo dito mì che l’è imbamboeà con chee tose: nol capisse pì gnente. (entra Attilio, poi Assunta).

Scena quarta

BEPI, PINO, ASSUNTA, ATTILIO

ASSUNTA     (abbracciando Attilio) Oh ecote qua, finalmente. E ora, come xea andà in fiera?

ATTILIO        Ben, veramente ben, a so riussìo a vendere quei torèi incancrenii che qua nessuno voèva, so proprio contento. Mì, quando che vago là a me pare de essere a casa mia; anssi, mejo che a casa mia, perché ghe xe cossì tante bestie che te te perdi a forsa de vardarle, e te anusi el profumo dea stàea che me piase tanto.

ASSUNTA     E se sente! Ma adesso te sarè stufo, gheto fame?

ATTILIO        Serto che go fame. (guardando Pino) Ma prima fame abrassare me neòdo, non te me dè gnanche el tempo de saudarlo. (a Pino) E ora, sito riussìo a vegnere da to zio? Ghe ne voeva, eh Pino? Dime, da quanto xe che no te vien qua?

PINO              Sì, è da tanto tempo

BEPI               Ma stavolta l’è vegnù anche pì voentieri perché l’è scampà da na tosa…

ATTILIO        Da na tosa?... (ricordando) A te vorè dire da do tose, perché passando pel paese i me ga dito che ghe jera do tose che sercava come mate de arivare a casa mia, perché le doveva parlare con Pino.

PINO              Ma allora sono Agnese e Luciana! Oh Dio, chi mi salva adesso? Ma erano assieme?

ATTILIO        No che noe jera insieme: una la jera da na parte e l’altra da staltra parte del paese, con un omo.

ASSUNTA     Teodoro, coea Agnese, ah che amore!

ATTILIO        Ma dime, perché te serca?

PINO              Te la spiegherò un’altra volta la storia, comunque sappi che una viene qui per vedermi e abbracciarmi. Ma l’altra viene qui per battermi.

ATTILIO        E perché ea voe darte?

PINO              Eh zio, è una storia lunga che io adesso non ho tempo di raccontartela, perché bisogna che mi nasconda da quella che vuole picchiarmi.

ATTILIO        (altero) Come nasconderte? Qua te sì a casa mia, e no te ghe da nasconderte! Pitosto, quando che ariverà quea cativa, sarò mì cossa che go da fare.

BEPI               Papà, varda che chea tosa che tì te disi cativa no a me pare afato cativa… Ma se Pino dise cossì, vorà dire cheo sarà.

ATTILIO        Ma tì ea gheto vista?

BEPI               Sì chea go vista.

ATTILIO        Poìto racontarmea ti sta storia dee do tose, ora?

BEPI               Ea xe ea stessa storia, e perciò ea xe dea stessa longhessa, e adesso non ghemo tempo. (a Pino) Scolta Pino, no poèmo fare na roba? Ormai, a quanto pare mì so queo dee letere, perché no te scrivi in freta un messajo disendo che qua xe casa de to zio e che èa, quea che secondo tì xe cativa, noea poe entrare. Mì gheo portarìa de corsa e forse ea se fermerà e ea farà un pensierin prima de entrare qua.

ATTILIO        Ma te ghe da fare presto a scriverlo se te voi chea no vegna, perché no poe fare che le sìa xa soa stradeta che porta qua.

ASSUNTA     (a Pino) Bepi ga razon: ciapa el foglio e fa presto a scrivere (Pino scrive).

PINO              “È la terza volta che ti scrivo per dirti che non ti voglio più, ti conviene tornare indietro e metterti il cuore in pace, tanto, non cambierò idea su di te, non l’hai ancora capito? Dimenticami! Ciao, Pino”. (a Bepi) Prendi e corri forte prima che arrivi qui (Bepi parte di corsa. Pino lo richiama) Sai qual è la ragazza, no?

BEPI               Per chi me gheto ciapà, per un scemo? Anche massa che so quaea chea xe: quea dea ultima casa a destra, giusto?

PINO              No, a sinistra! (Bepi esce).

Scena quinta

PINO, ASSUNTA, ATTILIO

ATTILIO        (a Pino) Adesso te me conterè con calma cossa chea xe sta storia.

PINO              Penso sia meglio vederla finita questa storia, in modo che possa raccontartela tuta intera.

ASSUNTA     (tra sé) Teodoro, ghe xe anche Teodoro! (a Pino) Vorà dire chel voe festejare con mì ea vostra union. Che omo! Anche èo come so fioea: tuti sti chiòmetri qua per vegnere a trovarme. (aPino) E tì che te aspetavi la teefonada dea Agnese… Ea xe vegnù de persona invesse: questo xe vero amore!

PINO              Ma è venuta anche Luciana, e quella non per portarmi amore. Io pensavo che tenesse a me in modo superficiale, e non avrei mai pensato che mi inseguisse per punirmi. Comunque se lei torna indietro, Agnese resta, e festeggeremo qua il nostro fidanzamento, vero zio?

ATTILIO        Serto, anssi ne sarò onorato.

ASSUNTA     E mì preparerò dee squisitesse per voaltri do… ma anche per mì e Teodoro.

ATTILIO        Vago a vardarme ea stàea, la me Belina in particoeare: dopo do setimane de assensa capirè ben che senta ea nostalgia. (esce. Entra Bepi).

Scena sesta

PINO, ASSUNTA, BEPI

PINO              Già qui?

BEPI               Sì, seto come chea jera inrabià?… E dopo, apena che ghe go dà el biglieto ea se ga messo a piansere come na disperà, e la ripeteva: “E ora xe vero, a xe proprio vero che Pino nol voe pì vederme.

ASSUNTA     Ma se gàea girà almanco?

BEPI               Machè, mì ghe go anche dito che jera inùtie vegnere qua, che Pino non voeva vederla, ma èa ea me ga dito che ea voeva sentirse dire daea so bocache noea voeva pì.

ASSUNTA     Ma tì non te ghe insistìo perché ritornasse indrio?

BEPI               A no go gnanche provà, perché l’omo che jera conèa el ga tolto su un baston da terra e el meo ga fato sioàre sora ea testa.

PINO              Un uomo?!…

ASSUNTA     Teodoro!…

PINO              Ma Bepi, cos’hai fatto?! Hai dato il biglietto ad Agnese!… (Si accascia sul divano).

BEPI               Aea Agnese, sì, a chi dovevo dàrgheo?

PINO              (disperato) Lo dovevi dare a Luciana!

ASSUNTA     A staltra, a quea cativa. Te gheconsegnà el biglieto aea Agnese, a so morosa!

BEPI               (a Pino) Varda che xe ea Agnese quea che ti te voi anssare, voto che noeo sàpia.

PINO              E vuoi che non lo sappia io!…

BEPI               Varda che ti te ghe anssà ea Agnese, te go dito.

PINO              Ma cosa dici, Bepi? Io ho lasciato Luciana; perché hai consegnato il messaggio ad Agnese?

BEPI               Ma perché xe ea Agnese che ti te ghe anssà, come goi da dirteo? (Pino angosciato).

ASSUNTA     (a Bepi) Come mai secondo tì, xe Agnese ea tosa che Pino non voe pì?

BEPI               Ma perché mì chea volta so andà a casa soa e ea go vista ben in facia, voto che no me ricorda.

PINO              Quella era Luciana…

BEPI               Quea ea jera ea Agnese.

ASSUNTA     Quea ea jera ea Luciana.

BEPI               Ea jera ea Agnese, ea me ga dito che ea xe ea Agnese, e mì ghe go dà el biglieto. (Pino e Assunta si guardano).

ASSUNTA     Sicchè ti te ghe visto ea Agnese a casa dea Luciana?

BEPI               Mì non so se quea ea jera ea casa dea Luciana, mì so che là ghe jera ea Agnese, e chea jera agità.

PINO              Io rinuncio a capire,mi sta scoppiando la testa… E adesso, adesso è Agnese che vuole picchiarmi, con suo padre… Ma se lei vuole bastonarmi, Luciana vuole… (dubbioso) Non capisco una cosa: metti che col primo messaggio ci sia stato un malinteso, di quale genere non lo so, ma le due lettere che ho mandato dopo dovrebbero avere chiarito tutto. Là non potevano esserci stati sbagli: una era indirizzata ad Agnese, alla quale avevo scritto parole d’amore, e l’altra era indirizzata a Luciana, in cui le scrivevo che volevo troncare con lei. Come mai Agnese pensa che voglia lasciarla, dopo aver ricevuto quella bella lettera d’amore per posta? (riflette) Bepi?…

BEPI               So sempre qua.

PINO              Dimmi, le due lettere che ti ho dato, le hai spedite, vero?

BEPI               Serto che e go spedìe.

PINO              E all’indirizzo giusto, vero? (Bepi mortificato) Io ho il presentimento che tu abbia fatto qualcosa con quelle due lettere. Tu eri convinto che Agnese fosse Luciana, e le hai scambiate. Dico giusto, Bepi?

BEPI               Pì che giusto, ma eo go fato a fin de ben, pensavo che te fossi tì a sbagliarte, e voèvo metere le robe a posto.

ASSUNTA     Cossì te le ghe messe a posto proprio ben! (a Pino) Te ghe razon Pino: el fato xe che se ea tosa che te voìvi tegnerte ea xe qua per bastonarte, staltra sarà qua per… (Bussano alla porta).

PINO              Chi sarà?

ASSUNTA     Una dee do, chi voto che sia. Bepi, versi ea porta!

PINO              Ma se fosse Luciana che vuole baciarmi?

ASSUNTA     Semo in tanti qua a tegnerla a bada.

PINO              E se fosse Agnese che vuole picchiarmi?

ASSUNTA     Tegneremo a bada anche èa. Dai, Bepi, versi sta porta!

PINO              No, aspetta, io voglio essere sicuro… (entra Luciana).

Scena settima

ASSUNTA, PINO, BEPI, LUCIANA

LUCIANA     (guardandosi attorno, cercando Pino) Ah, te si qua Pino. Oh, el me Pino. (addossandosi a lui) A me scopia el cuore savère che te me ami. Ti no te sé quanto piassere che me ga fato ricevere chea letera:le pareva paròe scrite da un poeta. Varda Pino, no garìa mai pensà che te fossi cossì sentimentàe (fa per baciarlo. Entra Agnese e Teodoro col bastone).

Scena ottava

ASSUNTA, PINO, BEPI, LUCIANA, AGNESE, TEODORO

ASSUNTA     (amorevolmente chiama) Teodoro! (Teodoro le degna appena di uno sguardo) Qua tira aria bruta, xe mejo che vaga in cusina. (a Bepi) Bepi, andémo con mì che qua per tì tira aria ancora peso (escono).

Scena nona

PINO, LUCIANA, AGNESE, TEODORO

PINO              (scostandosi da Luciana che vuole ancora baciarlo) Luciana, qui c’è un equivoco.

LUCIANA     Come, un equivoco? Cossa dito adesso? E la letera che te me ghe mandà?… Non ea jera miga tua?

PINO              Sì, era mia…

LUCIANA     E ora?… (Si stringe a lui tentando di baciarlo con effusioni).

PINO              Ma non era per te, era per Agnese.

LUCIANA     No sta farme ridere, inventane n’altra de pì bona. Paea Agnese? Ghe jera el me indirisso, ea xe arivà a casa mia… (addossandosi ancora a lui) Ma ànssate acaressare invesse.

PINO              Guarda Luciana che quella lettera era indirizzata ad Agnese.

LUCIANA     Ma ea me xe arivà a mì! Come mai sta roba?… Seto cossa che penso, Pino? Che tì te sì drìo smissiare e carte in tòea perchè te ghe paura de so papà, a te ghe paura chel te daga col bastòn.

PINO              Ma no, credimi Luciana, io voglio bene ad Agnese.

AGNESE       (piangendo) Ma non te credo pì gnanche mì. No posso crederte dopo tre letere che te me ghe fato avere per dirme che non te me voi pì… E adesso te disi che te voi ben a mì. Sì, a jera questo che voevo sentirte dire, ma ora che so che te ghe scrito chee bee paròe là aea Luciana, mì go bisogno quantomanco de na spiegassion.

PINO              Avrei bisogno io di una spiegazione: è vero che tu, quando sono partito per venire qua da mio zio, eri a casa di Luciana?

AGNESE       Quando Bepi me ga consegnà el biglieto? Sì che jero a casa dea Luciana.

PINO              Ma ora è vero, e cosa ci facevi là?

AGNESE       (indicando Luciana) So andà a romperghe ea testa. Comunque questo no ga importansa perché soea busta jera scrito “Per Agnese”, e Agnese so mì… E dopo, ea letera che te me ghe mandà per posta? Anche là ghe xe sta un malinteso? (entra Bepi, lentamente e mortificato).

Scena decima

PINO, LUCIANA, TEODORO, AGNESE, BEPI

BEPI               So sta mì a combinare el maeàn: a go invertìo le letere…

AGNESE       Ah, te ghe invertìo le letere, cossì, per spasso?

BEPI               Non per spasso, perché pensavo de fare un piassere a Pino… Va ben, so pentìo, me dispiase de tuto el casin che go combinà, ma adesso vago ancora in cusìna perché quando so agità me vien na fame… (esce).

Scena undicesima

PINO, LUCIANA, AGNESE, TEODORO

PINO              (ad Agnese, riferendosi a Bepi) Perché  pensava che tu fossi Luciana.

AGNESE       Ma se el me ga consegnà el primo biglieto che su scrito ghe jera el nome Agnese, e meo ga consegnà a mì… Adesso te me disi chel credeva che fosse ea Luciana? No, tuta sta storia non me convinse afato. (trascinando Teodoro) Andiamo via papà. Ciao Pino.

PINO              Non andate via. Lo so che è difficile spiegare: ma come posso dimostrarti che voglio bene a te Agnese?

LUCIANA     (trattenendolo) Ànsea andare, èa e anche so papà; non sta avere paura, ghe so qua mì.

PINO              (divincolandosi) Io voglio bene a lei! Agnese, Agnese, io ti amo!

AGNESE       Ciao Pino, addio Pino!

PINO              (raggiante) Agnese, aspetta!…

TEODORO    No ghe xe gnente da spetare, ormai a ghemo capìo tuto, almanco comportate da omo e disi che te voi ben aea Lucian e non a me fiòea.

PINO              No, aspettate tutti e due, ho la prova del mio amore per Agnese (Agnese e Teodoro si fermano) Agnese, vieni con me in camera da letto!

TEODORO    Ah porco! Ah, sensa pudore, cossa sito diventà?

PINO              Venga anche lei Teodoro. (si lasciano convincere). Venite, venite (spariscono nella camera).

Scena dodicesima

LUCIANA

Dalla camera

PINO              Guardate sopra il comodino!

AGNESE       Oh! Oh Pino! Ah, el me amore! Mì non go paròe… Ma varda un fià, come goi poèsto dubitare de tì, come pòito perdonarme per tute le paròe che te go dito?

(Assunta entra in soggiorno).

Scena tredicesima

LUCIANA, ASSUNTA

Dalla camera

PINO              Cosa ti avevo detto io?

TEODORO    A me pareva impossibie che te fossi cambià in cossì poco tempo, adesso sì che te vedo ben con me fiòea.

ASSUNTA     (dal soggiorno) Se poe savère cossa che fè la dentro?

TEODORO    (dalla camera) Non femo gnente de mae. (uscendo). Ea varda qua Assunta cossa che Pino gheva sora el comodìn: ea fotografia dea Agnese! (Luciana con una smorfiava in cucina. Bepi, che nel frattempo stava uscendo, la segue e spariscono tutti e due).

Scena quattordicesima

TEODORO, ASSUNTA

ASSUNTA     Eo savèvo anche mì che ghe jera ea fotografia dea Agnese in camera soa.

TEODORO    Però noea ga pensà che jera ea prova che Pino voe ben aea Agnese.

ASSUNTA     Sì, èo el ga razon, ma el sa come chea xe: a ghe xe vegnù in mente a Pino perché el ghe voe ben. Ma anche mì, se gavesse avù qualcuno che me voesse ben a garìa trovà el modo de dimostrargheo.

TEODORO    Ghe xe qualche alusion so sto discorso?

ASSUNTA     Alusion? Può darsi: mì so che so de paròea.

TEODORO    Anche mì so de paròea.

ASSUNTA     El sarà de paròea, ma me pare chel gàbia ea memoria corta.

TEODORO    Non xe gnente vero: mì me ricordo ben tuto queo che go fato.

ASSUNTA     E anche queo chel ga dito?

TEODORO    Serto.

ASSUNTA     Anche queo chel ga dito riguardo ai nostri fioi?

TEODORO    Serto.

ASSUNTA     E anche riguardo a noantri do?

TEODORO    Serto.

ASSUNTA     E ora, cossa spèteo a fare el primo passo?

TEODORO    A speto che meo permeta?

ASSUNTA     Ma se so qua che speto!

TEODORO    E ora mì ea abrasso. Cara la mia Assunta (si abbracciano)! Voea che ghe daga un baso?

ASSUNTA     (guardandosi attorno) No… adesso no, a me vergogno. (guardando verso la camera) Ma cossa spètei a vegnere fora chei do là?

TEODORO    Vòea che vaga a ciamarli, Assunta?

ASSUNTA     Ma sì, Teodoro, el vaga (Teodoro va in camera).

Scena quindicesima

ASSUNTA

ASSUNTA     (al pubblico, smaniando) Che omo, che omo! Sento el sangue che boje; mama mia, che ecitassion! (entra Bepi, poi Pino, Agnese e Teodoro).

Scena sedicesima

ASSUNTA, BEPI, PINO, AGNESE, TEODORO

BEPI               Cossa gheto zia? Te sentito mae? Ma che versi xei questi?

ASSUNTA     (eludendo la domanda) Gheto anssà ea Luciana da sòea? Dopo na delusion d’amore? E col corteo sora ea toea?… Non xe el primo caso che sucede, seto.

PINO              Bepi, te ghe da capire anche tì serte cose, altrimenti qua da na comedia vien fora na tragedia!

BEPI               Dito?… Infatti ea xe depressa, noea parla, la me fa pena chea pora tosa.

ASSUNTA     Xe mejo che te vaghi a controeàrla, non se sa mai; e anche tì Agnese.

TEODORO    Vago anche mì.

ASSUNTA     (sempre smaniando) No, Teodoro, èo resta con mì.(Bepi e Agnese escono. Entra di furia Anita con un foglio in mano).

Scena diciassettesima

ASSUNTA, PINO, TEODORO, ANITA

ANITA           Dove xea ea Luciana? Chea sfrontatachea no xe altro! La ga rovinà me fioeo! Rovinà per sempre! Non ghe xe bastà i schei che go rubà ale anime del purgatorio, e gnanche quei che me gheva dà èa perché ea filasse con Basilio! (Pino e Teodoro allibiti). Ea me gheva promesso che ea se sarìa messa insieme con èo e non con Pino. E èa, oltre che essere una… meretrice la xe pura na traditrice; cossa voèvea, che ghe procurasse anche i clienti?

ASSUNTA     Adesso chea ga finìo ea me diga cossa chea fa qua? Noea me gheva telefonà disendo che ea Luciana non voèva pì saverne de Basilio, cossa xea ora sta rabiatura?

ANITA           Sì, xe vero, ea gheva respinto el me Basilio, ma dopo ea se ga ricredùa e la ga acetà i schei dele anime del purgatorio e in pì quei che me ga dà èa perché Basilio se fasesse un bel tatuagio col volto dea Luciana

PINO              (sbigottito) Cossa gheto fato mama?...

ASSUNTA     Lo go fato pel to ben.

PINO              Per il mio bene, un tatuagio diLuciana?...

ASSUNTA     Anssemo perdere.

ANITA           Alora xe questo so fioeo Pino! Tae e quae come che meo jero imaginà.

ASSUNTA     E come se lo jera imaginà, se se poe savère.

ANITA           Non certo svejo come ea Luciana… Ma ea me anssa finire. E ora ea Luciana xe vegnù qua da Pino per stare insieme con èo. (mostrando il foglio ad Assunta) Ea varda, ea varda cossa che Basilio ga trovà tacà aea porta de casa dea Luciana quando che el xe andà a trovarla, ea varda! (lo legge: “Caro Gregorio, caro Gervaso, per qualche giorno non portatemi più il pane e il cappuccino perché vado a Cavazzana dal mio Pino”. Gaea capìo, eo ga scrito anche in poesia; dopo i schei che ghe go dà mì e in più quei che me ga da èa, ea se ga messo eo stesso con l’ebete de so fioeo.

ASSUNTA     Come se permetea de tratare cossì el me Pino, xea per caso diventà mata! El me Pino nol xe un ebete! (sentendo il trambusto Entrano Luciana e Bepi).

Scena diciottesima

ASSUNTA, PINO, TEODORO, ANITA, LUCIANA, BEPI

ANITA           Ècoa finalmente! Ma chi xeo queo? El me pare ancora pì deficiente de so fioeo!

ASSUNTA     Queo xe me neòdo, e se ga da essere un deficiente in sta casa qua, quea la xe èa. Èa xe na deficiente! (si scaglia contro Anita).

TEODORO    Come se permètea de parlare cossì de Bepi. (anche lui si scaglia contro Anita, col bastone. Pino lo lo spinge fuori, seguito da Bepi spaventato. Escono Teodoro e Bepi. Entra Agnese).

Scena diciannovesima

ASSUNTA, PINO, ANITA, LUCIANA, AGNESE

LUCIANA     Stè calmi se podì. Magari el fosse Pino, l’è so cugin. Purtropo Pino voe ben aea Agnese e mì adesso so restà sola.

ANITA           Sola? Non te sì vegnù qua per unirte a Pino?

LUCIANA     Cossì pensavo anche mì, invesse ghe xe sta dele letere che ga ciapà la strada sbaglià, e pensavo che Pino voesse mì e no Agnese. So disperà, sola e disperà, cossa ne sarà de mì?

AGNESE       Xe vero, saveste quanto mae che so sta mì quando pensavo che Pino non me voeva pìù.

LUCIANA     So disperà, soea e disperà, cossa ne sarà de mì?

PINO              Luciana, me dispiase vederte cossì, perché non te te unissi a Basilio?

ANITA           Massa tardi: me fioeo xe rovinà, rovinà per colpa sua (indicando Luciana)!

ASSUNTA     Ma se adesso Luciana xe libera, ea poe…

ANITA           Massa tardi, go dito, Basilio xe rovinà, rovinà per sempre!

ASSUNTA     Ma se poe savère alfine cossa che vol dire rovinà? (Entra Basilio vestito da frate, benedicendo

ANITA           Eco cossa che vol dire rovinà! (Pino e Agnese fuggono perché “annaffiati” dalla benedizione. Entra Celeste)

Scena ventesima

ASSUNTA, ANITA, BASILIO, LUCIANA, CELESTE

CELESTE      Salvà mama, salvà! Mì eo go convinto a indossare il saio e lo go salvà daea disperassion.

ANITA           Come mai sì qua?

CELESTE      Ghe jera el biglieto sora ea tavola che te ghe ansà per Basilio, dove te disevi che te jeri vegnù qua per dare bote aeaLuciana. Mì, questo non lo volèvo mamma, e go seguìo Basilio perché non volevo chel tornasse a pensare a Luciana. Tutti e do ghi da perdonarla.

ANITA           Perdonarla? mai!

ASSUNTA     Gnanche adesso chea xe libera?

ANITA           Libera o non libera ea ga rovinà to fradèo. (si scaglia contro Luciana, ma viene trattenuta da Basilio e Celeste. Assunta li sospinge fuori tutti. Nell’alterco si sfilano il cordone di Basilio e il rosario di Celeste, che cadono per terra senza che se ne accorgano. Assunta raccoglie il cordone e il rosario e li mette dietro a dei soprammobili. Escono Luciana, Anita, Basilio, Celeste. Entra Attilio).

Scena ventunesima

ASSUNTA, ATTILIO

ATTILIO        Che sucede, te vedo preoccupà!

ASSUNTA     Ghe xe sta del trambusto: ghe jera na mare con so fiòeo e so fiòea.

ATTILIO        E alora?

ASSUNTA     La mare xe vegnù qua per darghe bote aea Luciana, perché ea pensava chea fosse inamorà de Pino, dato chea Luciana gheva promesso aea mare che se sarìa inmaorà de Basilio, so fioèo; invesse xe ea Agnese che xe inamorà de Pino, per cui Luciana xe libera e noea xe inamorà de nessuno.

ATTILIO        Non xe che ghe gabia capìo tanto, ma me pare che sta Luciana sia libera, e che anche Basilio xe libero, perché noi poe mèterse insieme?

ASSUNTA     Magari, purtropo Basilio xe un fratelo.

ATTILIO        E l’altra xe na sorela, lo go capìo, ma perché nol poe stare insieme coea Luciana?

ASSUNTA     Schersito? Un fratello con na tosa!

ATTILIO        Ma Luciana non xe so sorèa…

ASSUNTA     Tì non te capissi gnente: el xe un fratelo, uno che porta na veste ligà col cordon.

ATTILIO        Un saio, te voi dire.

ASSUNTA     Sì, finalmente te ghe capìo, el saio che porta i frati.

ATTILIO        Ma seo porta i frati, cossa c’entra èo?

ASSUNTA     Me so sbaglià: no te ghe capìo gnente! Gheto mai sentìo parlare in termini religiosi de sorela e fratelo?

ATTILIO        Sarà na sorèa e un fradèo chei va sempre a messa…

ASSUNTA     No, opure sì, insoma non te voi proprio capire!… (entra Celeste, con le mani giunte). Eco, sì, te ghe razon: questa xe la sorèla che “va” a messa. (entra Basilio benedicendo). E questo xe el fradèo che “dirà” Messa. (entra anche Anita. Tutti e tre cercano qualcosa sopra e dentro i mobili. Entra Pino).

Scena ventiduesima

ASSUNTA, ATTILIO, CELESTE, BASILIO, ANITA, PINO

ATTILIO        Sarì anche fratelo e sorela, ma cossa sio drio fare in casa mia? Mì non vojo ladri qua!

PINO              Ma no zio, noi xe ladri, li se sarà dismentgegà qualcossa, non te vedi che li xe persone onestissime.

ASSUNTA     Beh, adesso non esagerèmo!

PINO              Cossa intendito dire, che li xe veramente dei ladri?

ASSUNTA     Beh, trane la suora, gli altri do qualcossa li ga rubà.

PINO              Rubà cossa?

ASSUNTA     (confondendosi) Li ga rubà le anime del purgatorio che jera in casa loro, che Dio li perdoni.

ATTILIO        Li ga rubà le anime del purgatorio che jera in casa loro? Ma cossa sito drio dire Assunta?

ASSUNTA     Digo che li ga arafà i soldi dele anime del purgatorio, sia il fiòeo che la mama.

ATTILIO        Ah, i soldi! Ma ghe sarà stà el papà in casa, perché nol ga impedìo che li rubasse i schei dele anime del purgatorio?

ASSUNTA     El papà xe in presòn!

ATTILIO        Ah, cossì ea xe! (Ai tre, irritato) Cossa sio drio sercare? (Celeste trova e alza il rosario. Il frate trova e alza il cordone; la madre trova e alza un portafoglio). Ea meta xo subito chel portafoglio! E adesso via, fora da sta casa tuti e tre! (escono Celeste, Basilio e Anita. Entrano Bepi, Agnese, Teodoro e Luciana).

Scena ventitreesima

ASSUNTA, ATTILIO, PINO, BEPI, AGNESE, TEODORO, LUCIANA

ATTILIO        Chi xee ste do tose qua? (ricordandosi) Ah, xee quele che te sercava? Quaea xea quea che te ghe anssà, chea mando subito fora daea porta.

BEPI               Papà, varda che xe tuto a posto, non sta calcare ea man.

ATTILIO        Ma come? Non doveva vegnere qua una per dare bote a Pino?

AGNESE       Jero mì, ma me so sbaglià.

PINO              Sì, xe vero, ea Agnese se jera sbaglià.

ATTILIO        E staltra, se jera sbaglià anche staltra?

LUCIANA     Sì, me so sbaglià anche mì.

PINO              Sì, ea Luciana se ga sbaglià anche èa.

ATTILIO        Come mai le se gà sbaglià tute e do?

ASSUNTA     Perché Pino gheva mandà na letera a Luciana disendo chel jera inamorà dea Agnese, e non de èa; invesse ea letera xe arivà a casa dea Agnese.

BEPI               Noea jera ea casa dea Agnese, ea jera ea casa de…

ASSUNTA     Basta Bepi! Xa xe difissie spiegare sensa tanti detagli, adesso non sta intrometerte anche tì! Dunque, jera la Agnese che se sentiva abandonà. Dopo, Pino, qua da Cavazzana ghe ga mandà do letere ae tose, confermando queo chel gheva scrito prima. Ma le do letere xe arivà ancora aea tosa sbaglià…

ATTILIO        Ancora! Alora el xe un vizio! Come mai le xe arivà aea tose sbaglià?

ASSUNTA     Colpa de Bepi.

ATTILIO        De Bepi?

ASSUNTA     De Bepi, sì, ma ansseme finire. Dopo, quando che te jeri qua anche tì, xe sta mandà un altro messaggio a Luciana

ATTILIO        Anche questo aea tosa sbaglià?

AGNESE       Sì,ancora a mì, savesse quanto male che so sta quando Pino me scriveva che nol me voeva pì.

ATTILIO        Sempre colpa di Bepi?

AGNESE       Purtroppo sì.

ATTILIO        Ma alora me fioeo el xe un… uno che sbaglia sempre!

TEODORO    Insoma, adesso ea storia xe finìa, tuto xe ritrornàal so posto.

ATTILIO        Scommeto che èo xe Teodoro.

TEODORO    Sì, so Teodoro.

ATTILIO        Savì cossa che ve digo, che so contento, perché dopotuto le me pare do bone tose.

BEPI               Xe queo che go sempre dito anche mì. Ma papà, perché te sì cossì agità? Xe per via del portafoglio che li voleva rubarte?

ATTILIO        Anche per queo, ma sopratuto per la Belina. Come mai noea ga fato sporco?

BEPI               Perché se noa magna, noa… (agitando la mano destra).

ATTILIO        Ma tì, perché no te ghe ghe dà da magnare?

BEPI               Anche massa che gheo go dà, el fato xe che se noea vede el so paròn, èa noea magna. E per do setimane el so magnare seo ga fato fora le altre vache.

ATTILIO        Me parea mì che le altre bestie fosse pì passùe. Ma adesso so tornà e te vederè come chea magna con mì… Teodoro, el vegna a vedere come “l’occhio del padrone ingrassa il cavallo”, anche se in sto caso qua ea xe na sorana.

TEODORO    Serto che vegno, coss, Teodoro.

ATTILIO        Cossa sarà per un fià de spussa de staea. El vegna, el vegna Teodoro… ma el meta xo el baston se no le bestie se agita (escono Attilio e Teodoro).

Scena ventiquattresima

ASSUNTA, PINO, BEPI, AGNESE, LUCIANA

PINO              (vedendo Luciana triste) Dai Luciana, dovevi sapere che io volevo bene ad Agnese, che per te provavo solo della simpatia. Siamo da tanto insieme io e lei… Da quando abbiamo frequentato le scuole.

LUCIANA     Anche con mì te ghe fato le scoe insieme.

PINO              Va bene, è vero, ma vedi anche tu che noi siamo fatti uno per l’altra.

AGNESE       Dai Luciana, date corajo, e scusame per tute le paròe che te go dito.

LUCIANA     Ah, quee non conta, a te ne go dite anche mì de paròe.

AGNESE       E la paca in testa?

LUCIANA     Quea mea so merità.

AGNESE       Ascolta, tì no te garissi problemi a trovarte n’altro toso: te sì na bea tosa, chea sa stare a testa alta.

LUCIANA     Qua sta el problema: mì, de quei che conosso no me ne piase gnanche uno. In pratica i xe come mì: i gà ea personaità che go mì, e per questo noi me piase. Me piaseva Pino perché l’è un’anima semplice, uno da cocoeàre, perché me piaserìa fare da mama a un toso che me voesse ben.

PINO              (dopo aver osservato Bepi) Allora non ti importerebbe se questo ragazzo non avesse una grande istruzione?

LUCIANA     Magari, a mì non piase i discorsi che fa i me amici, che i parla tanto profondamente e dopo noi dise gnente.

PINO              Anche se questo ragazzo non fosse di una grande belessa?…

LUCIANA     Non me interessa gnanche ea belessa: se voesse un toso beo meo sceglierìa fra quei che go.

PINO              E se vivesse in mezzo ai campi, magari in una grande fattoria, dove ci sono maiali, vitelli e tanti cavalli?

LUCIANA     Cavai?!… I xe ea me passion! A xe da pìcoea che noi cavalco pì. Ah, mì sarìa sempre a cavalcare i cavài.

PINO              Lo sai che un uomo così esiste, e che non è neanche tanto distante da te?

LUCIANA     Ma sì cheo so, e so anche chi che l’è. (girandosi verso Bepi) L’è Bepi!

AGNESE       Te piaserissio?

LUCIANA     E l’è el me ideàe de omo; serto chel me piaserìa… ma non so se èo… dopo tute chee paroe che ghi dito so de mì…

PINO              Quando si è arrabbiati si butta fuori anche quello che non abbiamo dentro, questo l’ha capito anche Bepi, vero Bepi? (Bepi non risponde perché osserva estasiato Luciana).

LUCIANA     Bepi, me vorissito cossì, come che so?

BEPI               E meo domanda? A ghe dirò sento volte de sì.

AGNESE       Eco, tuto xe a posto.

BEPI               Sarò feicissimo de stare con èa.

AGNESE       Varda Bepi che adesso sì morosi, bisogna che te ghe daghi del tì.

BEPI               Ah sì? Luciana vorìa basarte?

ASSUNTA     Bè, adesso no stemo esagerare, non podì basarve davanti al publico (indicando il pubblico), veo darè fora el baséto.

LUCIANA     (scherzando) Ècoea là, sempre èa che noea voe mai che se basèmo. Invesse mì eo baso (bacia Bepi).

PINO              Allora anch’io bacio Agnese (la bacia).

ASSUNTA     No, Pino, tì no di fronte a tuta sta gente… non te ghe un fià de pudore?

PINO              Cosa conta il pudore quando si ama veramente!

ASSUNTA     E mì?… (Osserva intorno cercando Teodoro) Al diàvoeo el pudore. Teodoro, Teodoro? Dove sito che te vojo basare! (corre a cercarlo).