E la Gilda la resta sempar in pe’

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“LA GILDA”

“…E LA GILDA? LA RESTA SEMPAR IN PE’!”

PERSONAGGI:

GILDA

TEODORO

CESARINO

LISETTA

Esterno del bar Italia, vecchia osteria di un paesino di montagna. Quattro tavolini e adeguate sedie; entrata del locale sul fondo in centro alla scena. All’apertura del sipario, seduto in prima fila Teodoro, cinquantenne ex contrabbandiere, il quale, terminato (ormai da anni) il periodo favorevole dell’attività illegale, vive alla giornata sbarcando il lunario con piccoli lavoretti, espedienti e scroccherìe varie passando la maggior parte del proprio tempo all’osteria o nella  piazza del paese, oppure nei prati e nei boschi per raccogliere funghi e castagne (che venderà ai villeggianti), seminare trappole per uccelli e ghiri, pescare di frodo nella valle sottostante al paese e fare bastoni artigianali che cercherà di piazzare alla festa del Patrono locale.

TEO              (intento a tagliarsi le unghie. Chiama aumentando il volume)  Gilda…Gilda…Oh, Gilda!

GILDA          (fuori scena) a rivi!

TEO               (sempre a voce alta) portum un bianchìn

GILDA          (c.s.) quand a gh’ù teemp

TEO               (tra sé a volume normale) chissà cussè che l’agavarà de fa

  GILDA          (forte da fuori scena) guarda che t’ù sentii, neh! Mì a gh’ù sempar de fa! summ minga una lazzarona cume tì, veh!

TEO               (tra sé, con volume basso) bestia de una dona. La gh’à quatar urecc e quatar öcc

GILDA          (entrando con un bicchiere di vino bianco. Gilda è un personaggio sanguigno e deciso dal sorriso inesistente ma saggia, furba, sinceramente schietta e molto decisa) cussè che te dii?

TEO               (intimorito) mì?...nagòtt

GILDA          sta ateent cumè che ta parlat e…e anca a quel che ta pensat, perché mì a sum minga chì a famm tö in giir

TEO               ma chi l’à parlaa?

GILDA          tì! L’è un mees che ta disat che ta ma pagat ul cüünt e a vedi nagòtt

 

TEO               dumàn…                                                                                                                1

GILDA        sì, dumàn! Sempar dumàn. Ma pö, l’è necessari beef ul bianchìn anca ala matina?

TEO              per l’aperitiif

GILDA         sì, ta manca anca de fa l’aperitiif che ‘l ta fa vegnì fàmm

TEO              a gh’ù a cà un bel tocch de maanz

GILDA         ma va!? Alura a te pagaa ul macelaar

TEO             ù cataa una vintena de üsèi cunt l’archètt e ga i ù vendüü e dumàn ga porti là un puu de fuung

GILDA         bravu! Ta sa impàtatt via cun tütt e a mì ta ma lassat chì cun la gambeta alzada

TEO             sta quièta, st’ànn l’è bona per i fuung. Stamattina n’ù truvaa un chilu e mezz e…

GILDA         e indua ìnn?

TEO             ga i ù daa a l’Angiulìn frütiröö per impatà ul cüünt

GILDA         e mì?

TEO             incöö e dumàn matinaa a vuu ancamò, i vendi ala Lüzia e ta paghi

GILDA        i solit bàll! Cià, adèss dàmm una man a pelà i patati

TEO             cussè!?

GILDA        sùmm dréé a sbrinà ul frigo e sgürà i padèll e vöri fa i patati fritt che a mesdì a gh’ù chì trii uperari de l’ENEL a mangià. Ti ta ma pelat i patati e mì a ta segni minga ul bianchìn (esce)

TEO              alura ta ma na deet un altar…che satanàss! Sa po’ minga nanca bèèf un aperitiif in paas…ga mancavan anca i patati

GILDA        (rientra con un sacchetto di patate, un coltello e lo scolapasta) Ecu, pelai e pö metai deent chì (posa tutto sul tavolino)

TEO               (esegue) vardee che fin! Ul Teodoro che ‘l pela i patati…

GILDA           l’è minga un disunuur. Il lavoro nobilita…e tu non sei mai stato “nobilitato” perché te mai lavuraa

TEO               e ta vurereet minga che a cuminci a cinquant’ànn

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GILDA          ta duvevat pensacch prima; minga mangià fö tütt quèll che te guadagnaa. Sta in giir a fa ul ganivèll, cun machin “spider”, fularìn al còll, giacch de pèll, tütt i siir al “night club”, entreneuse, risturaant e champagne                                                                                 

TEO              bei tempi!

                    

GILDA         e i bei tempi sono finiti, caro mio! E il contrabbando è solo un caro ricordo

TEO             quand s’è giuvin a sa pensa minga al futuro

GILDA         ti! Perché i altar i danéé i ànn metüü via, ànn metüü sü una quai atività, ànn cumpraa cà, alberghi. Guarda ul me poru Duaard, l’era un pistola, a numinal cume viif, ma almèn un strasc de usteria l’à metüda sü

TEO             e mì, invece, me li sono goduti

GILDA         e adèss pela i patati!

TEO       …e pö, ul poor Duard a ‘l gh’era una dona…vüna cume tì che l’aveva indrizzaa…mì, invece…

GILDA          …tì invece a ta serat tropp fö de cò

TEO               ma se tì ta ma davat fidücia, a sarium…

GILDA          …a sarium in mezz ala strada tütt e düü. Cià, va avanti a pelà che l’è mej

TEO               mì e tì avrium faa una coppia che a ‘l spacava ul muund, cunt ul me cervèll e i to brasc

GILDA           propi un bèl cervèll de galina…cià, lassum andà de là a finì in cüsina 

TEO                dopu portum chì un altar bianchìn…

GILDA          quand te finii de pelà i patati…anzi, dopu tajai a rundell

TEO               anca!?

GILDA          per quèll che ta gh’èèt de fa

TEO              ma la Lisetta indua l’è?

GILDA          perché?

TEO               la po’ minga pelai lee i patati

GILDA          la mia tusa la gh’à de stüdià

TEO               l’è sempar dréé a stüdià; ma quand l’è che la finìss?                                        3

GILDA             ga mancan ancamò un puu de esàm e pö la sarà veterinaria

 

TEO                  esàm de cussè?

GILDA         del saang e de l’urina! Cussè che ta vörat savènn tì di esàm! La ga de finì l’università, no!

TEO               e pö, cussè che la fa?

GILDA          la narà fö di bàll de stu paees

TEO              ma la po’ minga andà avanti cunt l’usteria?

GILDA          ceert! Stà chì tütt ul dì per trii bicéér de vìn e guardà quatar ciucatéé che giügan a scopa. Uramai stu paees  l’è diventaa un cimiteri

TEO              d’estaa gh’è sempar un quai vilegiaant

GILDA         e d’invernu paar de vèss in Siberia. Su, su, vann avanti a pelà e muchela de dì stüpidaat che mì a vuu de là (esce)

TEO               e dopu portum un bianchìn…(intona una canzoncina) e pela le patate…e pela le patate…pela le patate per fa i gnocch!...

CESARINO      (entra. E’ un giovane con capelli lunghi, educato, timido, dall’aria “cittadina”)  Buongiorno… (si siede al tavolino accanto di Teodoro)

TEO                buongiorno (lo osserva mentre continua nel suo “lavoro”)…ma lüü, ma paar de avèll già vist

CESARINO     è facile…è un po’ di tempo che sono quì…o meglio…che vado avanti e indietro

TEO                  avanti e indréé!? De induè?

CESARINO       da Milano

TEO                   ah, l’è milanees…l’è chì in vilegiatüra?

CESARINO       anche…ma lei è il cuoco

TEO                   aiuto…aiuto cuoco…ma mì a ‘l vedi spèss di paart del lavatoj

CESARINO       sono lì di casa

TEO                   ma và!

CESARINO       in quella casa con il sasso a vista                                                                4

TEO                  quela del poor Purfiri

 

CESARINO      già. Era mio padre

                                                                                                 

TEO                  ul tò poor pà!? Oh porcu sciampìn, ta sèèt ul fiöö del poor Purfiri?

CESARINO      sì. Lo conosceva?

TEO               cunussevi!? Ma l’era un me amisùn. Prima che a ‘l nàss a Milàn serum insema dala matina ala sira…e anca de nocc…quand sa “lavorava”

CESARINO        lavorava!? Di notte?

TEO                    cert! andavum a sfrusà

 

CESARINO        sfrusà? Cosa significa?

TEO                    purtà bricòll…cuntrabaand

 

CESARINO        il mio papà? contrabbandiere!?

TEO                 porca bestia! E ta duvevat cumè che ‘l rempegava su per i bosch. A mì e a lüü a ga n’era pooch che ga stavan dréé

CESARINO         a me non ha mai detto niente…

TEO                    (tra sé)  ma sa che ù dii un quaicòss de tropp

CESARINO        ma mio padre aveva una negozio di alimentari a Milano e poi faceva anche l’immobiliarista

TEO                     sì, sì…ceert

CESARINO        ma mi racconti, cosa faceva quì?

TEO                 ma nagòtt… a ‘l lavorava…l’era ul garzùn de macelleria…dal poor Gusto…

E cumè che ta sa ciamat?

CESARINO        Cesare

TEO                    e mi summ ul Teodoro, detto Teo

CESARINO        mi scusi, signor Teo, vada avanti a raccontare di mio padre

TEO                    cussè vött che ta cünti sü…l’era un bravu òmm

CESARINO        ma faceva il contrabbandiere?

TEO                   e alura? Chì, andavumm tütt a sfrusà. L’era un mestéé cume un altar        5

CESARINO        anche il mio papà       

                                                                             

TEO                     beh…sì…ma pooch, neh!

                                                                      

CESARINO        mi racconti. Vorrei sapere qualcosa di lui quand’era giovane

TEO                 cussè vött che ta cünti, cara ul me fiöö…l’era un bravu òmm…a ‘l lavorava…e pö, l’è partii per Milàn…chì a sa vedevum dumà d’estaa, quand a ‘l vegniva a fa i feri…

CESARINO        venivo anch’io. E con la mia mamma mi lasciava tutta l’estate

TEO                 ma regordi…ti a ta serat piscinìn…e la tua pora mama, che bela dona…e l’è morta inscì giuvina

CESARINO         già! Avevo undici anni

TEO                     e l’era di part de Cremona, ma paar

CESARINO         sì. E dopo la sua morte, mio padre mi ha mandato dai miei zii

TEO                     e alura, ta steet a Cremona?

CESARINO         no. Quando mi sono iscritto all’università sono tornato a Milano

TEO                     e adèss?

CESARINO          adesso che mi manca poco alla laurea, vorrei stabilirmi qui

TEO                      cussè!? In stu paes de bìss. Ta ma parat màtt

CESARINO         ma qui si sta bene, è tranquillo. Io con il mio bel cane

TEO                    e ta stariat chì departì, cunt ul càn?

CESARINO         perché no!? Io sono abituato a starmene solo

TEO                 ma ta seet giuvìn. Ta gh’èèt de good la vita. Cun tütt quèll che gh’è giò a Milàn

CESARINO          a me piace la tranquillità…mi piacerebbe trovarmi una brava ragazza e starmene qui, lontano dalla frenesia ed il caos della metropoli

TEO                  chi ta capìss l’è bravu

CESARINO       vede, anche se non traspare, io ho un po’ il sistema nervoso scosso, a volte mi ronzano le orecchie, perdo la pazienza e mi innervosisco terribilmente…poi…poi ho un piccolo vizio al cuore con continue palpitazioni

TEO                bestia, cumè che ta séét cunciaa!                                                                      6

CESARINO       per questo la vita di città non fa al mio caso…ma signor Teo…               

TEO                  lassa peerd ul sciuur e dàmm del tì, che urmai sèmm paesàn                             

CESARINO      va bene…Teo. Ma dimmi una cosa…la Lisetta…

TEO                  la Lisetta!? La tusa dela Gilda?   

 

CESARINO       sì. Ma che tipo è?

TEO                  hué, te già metüü i öcc süla Lisetta?

CESARINO       ma no, domandavo così…

TEO                   ma sì, l’è un puu intrunada ma l’è una brava tusa

 

CESARINO       cosa significa “intrunada”?

TEO               che l’è un puu, cume dì, indurmentada…nel senso che l’è sempar in cà a stüdià, la va mai in giir, la parla pooch…ma cumè ta feet a cunussela?

CESARINO       così, per caso, alla sagra del formaggio, era lì con dei ragazzi del paese e ci siamo conosciuti e poi ci siamo incontrati un paio di volte in paese

TEO                   e alura ta sariat chì per facch ul fiil?

 

CESARINO        ma no…passavo da queste parti e…

TEO                    hué, guarda che sùmm vecc del mestee, neh!

 

CESARINO        e poi volevo scusarmi

TEO                    de cussè?

 

CESARINO       l’altro giorno, eravamo là, sul sagrato con altri amici e parlavamo di calcio…io tengo al Milan e lei alla Juventus, così, una parola tira l’altra e lei ha cominciato a dire che il Milan è una squadra di brocchi e compera tutte le partite… 

TEO                  cussè na sa de balùn quela lì…e tì?

CESARINO      ed io le ho detto che il Del Piero non vale niente e gli Agnelli hanno sempre pagato gli arbitri 

TEO                  e alura?

CESARINO      si è incavolata ed è andata via…però adesso, vorrei scusarmi

TEO                  ma paar che l’è de là, dopu la ciamùm                                                          

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CESARINO       (contraendosi) e…e se la vegn chi?                                                                 

TEO                   se la vegn chi ta ga parlat

 

CESARINO       ah, sì! E cussé che ga disi?

TEO                   se ta ‘l séét minga tì…

CESARINO     (con un leggero tic nervoso) ecco…adesso mi cominciano a tremare le labbra…ed ho un tic alla palpebra destra…

TEO                    ma sta calmu, fiöö

CESARINO       ma il mio punto debole è il sonno. Appena sono a letto e comincio ad addormentarmi, nel fianco sinistro ho un sussulto e poi un contraccolpo nella spalla e nella testa…salto in piedi, come impazzito, faccio qualche passo e mi corico di nuovo…ma appena comincio ad addormentarmi, al fianco ho un altro sussulto! E così una ventina di volte

TEO                oh, cara Madona! Forse a ta gh’éét resùn a vegnì via da Milàn

GILDA           (entra) alura, te finii de pelà sti patati?

TEO                sì, a summ dréé a tajai

GILDA           (vede di spalle Cesarino)  buon giorno signorina, ci porto qualcosa di bere?

 

CESARINO     (si volta timidamente imbarazzato) si, grazie

GILDA           oh, bestia, l’è un òmm!

CESARINO    potrei avere un caffè?      

                                                                            

GILDA          u’ nemò de pizzà la machina

TEO               Inn i vundas uur e se ta speciat a pizzala

GILDA          per chi? I primm cafè i fuu dopu disnaa e tegni lì la machina pizza per fa cussè?

TEO              allora mi dia un bicchiere di latte

GILDA          latte!? E chi l’è che a beef ul latt, chì?

TEO               cià, porta düü bianchìn e mucala lì

CESARINO     ma io non bevo vino al mattino

TEO               se ta vörat vegnì chì de cà a ta devat abituàss                                                    

GILDA          (sorpresa)  chì…de cà!?                                                                                 8

TEO                 certo! Ul giuvinòtt a ‘l gh’à in prugrama de stabilìss chì  

                              

GILDA          oh, poor fiöö! Ma l’è sicüür de stà bèn? (sottovoce a Teo) per mì l’è un puu esaürii

CESARINO       a me piacerebbe

 

TEO                   ma ta ‘l séét minga chi l’è?

GILDA             no!

TEO                  l’è ul fiöö del poru Purfiri

GILDA             ma no!

TEO                 eh, sì

 

GILDA            e cussè che ta fèèt chì?

CESARINO     vorrei stabilirmi qui

GILDA            diman pü! Ma giò per Milàn ta stee minga bèn?

CESARINO      preferisco…preferisco la tranquillità della provincia

 

TEO                ti, Gilda, guarda che stu giuvinòtt l’era chì per cercà la Lisetta

GILDA           la Lisetta!?

TEO               …e sembra che ci sia del tenero

 

CESARINO     (imbarazzato) ma no…cosa dici…

GILDA            no, no, anca se gh’è del tenar a fa nagòtt…urmai sii pü fiulètt

TEO                chissà che nasca qualcosa

CESARINO     ma…per la verità…

GILDA          (cambiando palesemente atteggiamento) adèss a pizzi la machina del cafè, neh! Tra tra un puu a ta porti ul caferìn e pö a guardi in cà se gh’ù un puu de latt

CESARINO      …non è il caso…

GILDA           l’è ‘l caas, l’è ‘l caas! Preocupàss minga

TEO               e a mì, ta ma ‘l portat ul bianchìn o no!?

9

GILDA          dopu ta portaruu ul bianchìn anca a tì…(prende le patate) e allora, ci devo mandare qui la Lisetta?

 

CESARINO       ma…magari sta studiando

GILDA           macché stüdià, l’è là a sgranà i fasöö…adesso ce la mando. Anzi, ce la chiamo subito…(chiamando fuori scena) Lisetta! Lisetta...(forte) Lisetta, ta séét sturna?

LISETTA         (dall’interno) cosa c’è?

GILDA            vieni un momento a fare servizio ai tavoli che c’è gente

LISETTA         (dall’interno) sto sgranando i fagioli

GILDA             e lassa stà sti fasöö e vegn chì, porcu sciampìn!

LISETTA         (entra. Giovane carina ma un po’ trasandata con occhiali spessi) cosa c’è?

GILDA              (strattonandola gli mostra Cesarino che è di spalle) c’è un cliente che vuole il caffè (indicandole di avvicinarsi)

LISETTA          e portacelo tu, no!?

GILDA              io ce lo devo fare, tu vai a pulire i tavolini che c’hanno su la polvere (le da lo straccio) e poi pulisci i portaceneri (la spinge verso Cesarino ed esce)

 

TEO                   Lisetta, gh’è minga in giir ul giurnaal?

LISETTA           è dentro 

TEO                   cià, lassum andà a töll  (esce)                                                             

 

CESARINO         (a Lisetta) ciao

LISETTA           (pulisce i tavolini)   ciao

CESARINO         come va?

 

LISETTA            la và…e il tuo cane?

CESARINO          è a casa…ma io…io volevo chiederti scusa per l’altro giorno

LISETTA             per cosa?

CESARINO          per quando ti sei arrabbiata…

LISETTA            stupidaggini…capirai cosa m’importa della Juventus e del Del Piero

CESARINO        anche a me proprio del Milan non me ne frega niente                       10

LISETTA           e allora perché ti sei scaldato tanto?

 

CESARINO         forse ero un po’ troppo nervoso…qualche problemino…

LISETTA            ma non vai più a Milano?

CESARINO         vorrei stabilirmi qui

LISETTA            a fare?

CESARINO         a studiare e seguire un po’ gli interessi di famiglia

LISETTA            e le attività di Milano?

CESARINO        beh, le attività del mio povero padre sono…diciamo sistemate…le seguono altre persone

LISETTA           e qui? Che interessi hai?

CESARINO       i terreni. Sto risalendo con il tecnico comunale su tutti i terreni di famiglia

LISETTA           ce ne sono molti?

CESARINO    parecchi. Ma valgono una cicca. Tutti terreni agricoli ereditati dai nonni, dagli zii, da mio padre e dai quali puoi realizzare ben poco. Per esempio il prato della “Quadra”, quello che confina con il bosco della “Pietra grande”, è un magnifico terreno assolato ma non vale proprio niente e mi sembra che il bosco della “Pietra grande” sia di tua madre

LISETTA        già…ma sei sicuro che il prato della “Quadra” sia tuo?

CESARINO    certo che è mio…

LISETTA        ma questa è bella! Guarda che anche il prato della “Quadra” è nostro

CESARINO    “nostro” di chi?

LISETTA        mio e della mia mamma

CESARINO     nossignori! Egregia Lisetta, la “Quadra” è mia

LISETTA         che novità. E come fa ad essere tuo?

CESARINO      come fa!? io sto parlando del prato della “Quadra” che entra a cuneo nel vostro bosco della “Pietra grande” vicino alla bolla dell’”Altavalle”

LISETTA         sì, sì, proprio quello…è nostro

CESARINO        ti sbagli, cara Lisetta, è mio

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LISETTA          (sempre più rigida) non chiamarmi “cara Lisetta” e siamo seri. Da quando è diventato tuo?                                                                                                                            

CESARINO        fin da quando mi ricordo e mi ha detto mio padre, è sempre stato nostro

LISETTA            questa è proprio grossa!

CESARINO         i documenti parlano chiaro, egregia Lisetta. E’ vero, un tempo il prato della “Quadra” è stato in contestazione; ma adesso è mio. Mi spiego: la nonna di una mia zia diede questo prato in usufrutto gratuito ai nonni di tuo padre, il quale, per circa quarant’anni ne hanno usufruito e quindi abituato a considerarlo loro

LISETTA           non è vero. I miei bisnonni ritenevano le terre fino alla bolla dell’”Altavalle” di loro proprietà quindi la “Quadra” è nostra. Non capisco cosa ci sia da discutere! E’ persino seccante

CESARINO        ti mostrerò i documenti!

LISETTA           (sempre più alterata)  scherzi o vuoi prendermi in giro…fantastico! Possediamo questa terra da cento anni, e un bel giorno vengono a dirci che non è nostra. Non che mi importi di quel prato. E’ un terreno che non vale duemila euro, ma quel che mi indigna è l’ingiustizia, e l’ingiustizia io non la posso soffrire…

CESARINO         ma scoltami! I nonni di tuo padre lavoravano quella terra anche per la nonna di mia zia e, la nonna di mia zia, per fare cosa gradita…

LISETTA            (c.s.) nonni, nonna, zia…non ci capisco un accidente! Il prato è nostro, punto e basta.

CESARINO        (anche lui alterandosi gradualmente accentuando dei tic nervosi) no, è mio!

LISETTA           puoi parlare per due giorni di seguito ma non mi convincerai. Quel che è tuo non lo voglio, e quel che è mio me lo voglio tenere…arrangiati!

CESARINO       non mi interessa, ma è una questione di principio. Potrei benissimo regalartelo

LISETTA           sono io che posso regalartelo a te, perché è mio. E io che ti credevo un possibile buon amico, un bravo ragazzo…e invece ci tratta come degli zingari…non ci si comporta così! E’ un affronto

CESARINO        allora io sarei un usurpatore? Io non mi sono mai appropriato delle cose altrui e non permetto a nessuno di farmi simili accuse…il prato della “Quadra” è mio!

LISETTA                non è vero, è nostro.

CESARINO            è mio!

LISETTA             non è vero e te lo dimostrerò. Domani stesso manderò il Teo a falciarlo    12

CESARINO           e io lo caccerò a pedate

 

LISETTA               cosa?

CESARINO           (si porta una mano al cuore) la “Quadra” è mia! Chiaro? Mia!

LISETTA              e non gridare tanto! Puoi gridare quanto vuoi a casa tua, ma qui siamo in casa mia

CESARINO           se non fosse per questa tremenda palpitazione al cuore e il sangue non mi battesse alle tempie, parlerei in un altro modo (grida) il prato della “Quadra” è mio!

LISETTA                è nostro!

CESARINO            è mio!

LISETTA                è nostro!

CESARINO            è mio!

GILDA                    (entra con Teo)  cussè che gh’è de vusà?

LISETTA               mamma, spiega, per favore, a questo signore a chi appartiene il prato della “Quadra”: a noi o a lui?

GILDA                   ma la  “Quadra” l’è nossa!

CESARINO           che mi faccia il piacere, come fa ad essere vostra? La nonna di mia zia diete il prato in usufrutto gratuito ai nonni del suo povero marito i quali, hanno usufruito della terra per molti anni e si sono abituati a considerarla loro proprietà ma…

GILDA                   ma…ma…un bel cornu! I noni del me òmm pagavan minga ul fìtt perché a gh’era una cuntestaziùn ma adèss la sànn tütt che l’è nòss. A ‘l vöör dì che te minga vist la mappa

CESARINO         io le dimostrerò che è mio

GILDA                 cara gioia bella! Non  ci riuscirai

CESARINO         lo dimostrerò!

GILDA                 ta podat vusà quantu ta vörat, bello mio! Ma ta dimostrat un bel nagòtt. Quèll che l’è tò a ‘l vöri minga, ma quèll che l’è me a ‘l lassi minga scapà. Anzi,m cara ul me fiöö, piutost de lassatal a tì, a  ‘l regali al Teo

TEO                     brava, brava!

CESARINO        che diritto ha di regalare una proprietà altrui?

13

GILDA               quèll a ‘l decidi mì! E ti, giuvinòtt, sbassa l’aria e la vuus e regordàss che cun mì a sa parla minga cun stu tono! Mì, podi vèss la tua mama 

                                             

CESARINO         vorrebbe farmi passare per un pistola e non dovrei perdere la pazienza?

GILDA                 sent cumè ‘l sa ringalüzzìss, il signorino

CESARINO                  ne ho il diritto! Lei è un’usurpatrice!

GILDA                 cussè!? Cussè che te dìì?

LISETTA              Teo, va subito a falciare il prato

GILDA                  ripeti cos’è che mi hai detto

CESARINO          usurpatrice!

GILDA                  e cussè che vöör dì?

CESARINO          chi s’appropria della cosa altrui

LISETTA              il prato è nostro e non cediamo

GILDA                  non cediamo!

CESARINO          lo vedremo! Vi dimostrerò in tribunale che è mio

GILDA                 in tribünaal!? Ta podat fa causa fin che ta vöörat! Mì a va cunossi, sii tütt i stèss. Il sangue non mente, caro mio. Cumè ul tò pà e i to noni, gent rugnusa, che gh’ànn la rabbia nel sangue

CESARINO         che non offenda la mia famiglia. Tutta gente onesta e nessuno è mai finito in tribunale come vostro zio per ricettazione

GILDA                tüta la tua famiglia a gh’ànn la tara dela pazzia

LISETTA            tutti pazzi, tutti, tutti!

GILDA                ul tò nonu l’era un ciucatéé, e la tua zia, la sua surèla l’era scapada de cà cun vün del circo

CESARINO         e léé, l’è una menagramo, la disàn tütt che la porta rogna

GILDA                e la tua nona che l’à circüii ul prevòst e ga purtava via tütt, anca i danéé che tiravan sü per la Gésa

CESARINO       (si porta una mano al cuore) ahì! Ho un sussulto al fianco…una fitta alla testa…Oddio! Datemi dell’acqua…

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GILDA                e ‘l tò pà che ‘l pensava dumò a giügà a caart e mangià cumè un purcèll!

 

LISETTA            e sua madre, pettegola come poche!

CESARINO       non sento più la gamba sinistra…siete perfide…oh, il cuore…mi balla la vista…dove sono…non sento più il braccio…mi si contorcono i nervi…

GILDA              sü, sü, fa minga tanti scènn

LISETTA           sei un essere velenoso, ipocrita, un mascalzone

CESARINO       oh, il mio povero cuore…dov’è la strada…mi sembra di morire…voglio andarmene…la gamba non mi obbedisce più…mi manca il respiro… (se ne va barcollando)

GILDA             e mètt pü pè in cà mia!

LISETTA          e facci pure causa! La vedremo

TEO                  oh, poor fiöö, l’è la manera de tratàll?

GILDA              che ‘l vaga al diavul!

LISETTA          e mì che credevi a ‘l füss un bravu fiöö

GILDA              pelandrùn! E stu abort dela natüra, cavejàtt cunt’ul cervèll de galina a ‘l gh’à ul curacc de vegnì chi cun certi pretéés

LISETTA           che pretese?

GILDA               de fatt ul fiil

LISETTA           di farmi il filo?

TEO                   certo! Ma l’à dii a mì che ‘l gh’à una certa simpatia per tì…

GILDA               e pensa che ‘l vureria stabilìss chì de cà

TEO                   già…l’à dii che ga piaseria truvà una brava tusa, spusàss e viif chì

LISETTA           e perché non me lo avete detto prima?

GILDA               gh’èmm minga nanca avuu ul teemp

LISETTA            Teo, fammi un piacere…vai a chiamarlo

TEO                     chiamarlo!?

LISETTA            sì, fammi questo favore…digli di venire qui

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GILDA                ma tì, a ta séét dréé a da fö de màtt?

 

LISETTA            (piagnucolando)  non si meritava questo trattamento

GILDA             questachì l’è tüta squinternada…ta ga nèèt dii de tütt i culuur e adèss ta ‘l ciamat indréé?

LISETTA            tu sei stata!

GILDA               mì!? L’è roba de màtt. Adèss l’è culpa mia

LISETTA           (isterica) Teo, per favore vai a chiamarlo!

TEO                    van a capì i dònn! Menu maa che ma summ mai spusaa. Beh, mì vuu a cà e intaant a cerchi da mandàll chì (esce)

GILDA              ma che intenziùn ta gh’avriat?

LISETTA          anche a me è simpatico…

GILDA             ciùla! Se quii simpatich ta i tratatt inscì, chissà qui altar

LISETTA          è l’unica persona un po’ civile che c’è in questo paese

GILDA             e pö a ‘l stüdia

LISETTA          è anche un ragazzo educato

GILDA             se pö, l’è anca inamuraa de tì, l’è la volta bona che andrii fö di bàll da stu paees de lüff

LISETTA           ma ha detto che vorrebbe stabilirsi quì

GILDA               dacch minga a reta. Stà chì a fa? ta ‘l séét minga i danéé che ‘l gh’à quèll lì?

Una barca. Ul so pà l’è moort e ‘l gh’à lassaa negozi, cà e imprees a Milàn. Sa ciapuff la “laura” tütt e düü e andarii giò a fa i sciuri. Minga la vita de poor strepenaa, chì. Uramai chì, a sèmm ala cana del gas…la gent l’è sempar püsséé a bulèta a nanca i pooch vilegiant che vegnan sü a stàn a cà a guardà la televisiùn che l’è a gratis…i nòss clieent ìnn quasi moort tütt e quii quatar ghèj che l’à lassaa ul tò pà, uramai ìnn finii…

LISETTA          (guardando fuori scena) ecco, ecco, sta arrivando

GILDA              adèss rangiass, mì a vuu de là (esce)

CESARINO       che terribile palpitazione…la gamba è di piombo…sento dei sussulti al fianco

LISETTA          mi devi scusare, Cesarino, forse abbiamo un po’ ecceduto…ma se ci penso bene, il prato della “Quadra” è proprio tuo…

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CESARINO        come mi batte il cuore…il prato è mio…adesso mi ha preso un tic a tutti e due gli occhi…                                                                                                                        

LISETTA           il prato e tuo…su, siediti…avevamo torto

 

CESARINO      per me è una questione di principio…non mi importa la terra, ma il principio! 

LISETTA           è vero, il principio…ma…ma parliamo d’altro

CESARINO       tanto più che ho le prove. La nonna di mia zia concesse ai nonni di…

LISETTA          non parliamone più…ma come mai sei solo, sei sempre in giro con il tuo bel cane

CESARINO       il mio Gastone?  poverino, ieri è uscito dal cancello ed è ritornato che zoppicava

LISETTA             che peccato! Come mai?

CESARINO       non saprei…avrà una slogatura o forse è stato morsicato da un altro cane. E’ il più bel cane che ci sia, per non parlare di quel che è costato a mio padre che andava a caccia

LISETTA          quanto l’ha  pagato?

CESARINO       ottocento euro

LISETTA           troppo! Per me l’ha pagato troppo

CESARINO       invece per me è stato un affare. E’ un cane meraviglioso

LISETTA           ma il mio Melchiorre l’hai visto?

CESARINO       certo, l’avevi l’altro giorno al sagrato della Chiesa

LISETTA          ed è poco bello?

CESARINO      sì, certo…è un bel cane

LISETTA         e pensa che l’abbiamo pagato solo duecento euro

CESARINO     un buon affare

LISETTA        ed è certamente meglio del tuo Gastone

CESARINO     il Melchiorre meglio del mio Gastone!? (ride) questa è bella! Melchiorre meglio di Gastone…ma cosa stai dicendo?

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LISETTA        certo che è meglio! E’ vero che Melchiorre è giovane e deve ancora farsi, ma per proporzioni e scioltezza non lo batte nessuno. E questo te lo posso dire perché facendo veterinaria, di qualcosa me ne intendo                                                                                      

CESARINO      io non faccio veterinaria ma  i cani sono la mia passione e, se guardi bene, il tuo Melchiorre è corto di mandibola, e un cane corto di mandibola ha sempre poca presa      

LISETTA        corto di mandibola? E’ la prima volta che lo sento

CESARINO    ti assicuro che ha la mascella inferiore più corta di quella superiore

LISETTA        perché, hai preso le misure

CESARINO    non è necessario. Si vede a vista d’occhio

LISETTA        innanzitutto, il nostro Melchiorre è di pura razza, è un setter inglese

CESARINO     anche il mio è di pura razza, è uno spinone

LISETTA         il mio ha un pelo folto ed è figlio di campioni, mentre il tuo Gastone è spelacchiato, vecchio e brutto come il peccato

CESARINO       è vecchio ma non lo cambierei con cinque dei tuoi Melchiorre…ma è possibile? Il mio Gastone sì che è un cane, altro che il tuo Melchiorre che fa ridere solo a parlarne e non vale più di cento euro

LISETTA         ma a te piace fare il bastian contrario. Prima racconti che la “Quadra” è tua e adesso che il Gastone è meglio del Melchiorre. Non mi piace quando una persona pensa una cosa e ne dice un’altra. Tu lo sai benissimo che il mio Melchiorre è meglio di quello stupido di Gastone. Perché allora dire il contrario?

CESARINO     o tu mi prendi per un ignorante oppure per un imbecille. Lo vuoi capire che il tuo Melchiorre è corto di mandibola?

LISETTA           non è vero!

CESARINO       invece sì!

LISETTA           (grida)  non è vero!

CESARINO        perché grida, signorina?

LISETTA           perché dici delle cretinate! E’ pazzesco! Il tuo Gastone sarebbe ora che andasse all’altro mondo

CESARINO       scusa, ma non posso continuare a discutere, ho la tachicardia…

LISETTA           presuntuoso! Credi ci conoscere i cani e non ne capisci niente

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CESARINO       ti prego, stai zitta…il cuore mi scoppia…(grida) stai zitta!

 

LISETTA          non starò zitta finché non riconoscerai che il mio Melchiorre è meglio del tuo Gastone

CESARINO       cento volte peggio! Che crepi il tuo Melchiorre! Ha, le tempie…gli occhi…la spalla…il braccio                                                                                                                     

LISETTA          quel cretino di Gastone non ha bisogno di crepare perché è già quasi crepato!

CESARINO       stai zitta! Ho il cuore che mi si spacca

LISETTA          no, non starò zitta!

GILDA              cussè che gh’è ancamò!?

LISETTA           mamma, tu  lo conosci il cane di questo signore?

GILDA              sì, a l’era quel che andava a cacia ul so poor pà

LISETTA          ecco, e dì sinceramente, è migliore il nostro Melchiorre o il suo

CESARINO      signora Gilda, la prego, mi dica una cosa sola: il suo Melchiorre ha la mandibola corta? Si o no?

GILDA              adèss a staruu minga lì a guardach la madibula di càn. Mì suu che l’è ul püsséé bel càn del paees

CESARINO         ma il mio Gastone è migliore

GILDA                 sta quièt, sta quièt e metela minga giò düra. Ul tò l’è un bel càn, a disi minga, però l’è un puu spelaa a ma paar che ‘l gh’abbia anca ul müüs un puu scüsciaa

CESARINO        scusate, ma ho la palpitazione…la gamba non me la sento più…non ce la faccio

GILDA            ma che razza d’un òmm a ta séét? Cunt tùtt ‘sti palpitaziùn che ta gh’èèt saria mej che ta stassat a cà tua piutòst de ‘ndà in giir a litigà cun tütt

CESARINO      l’è léé, l’è léé…che litiga con tutti e porta rogna

GILDA             porti rogna mì?

CESARINO      sì, per quello non viene più qui nessuno nel suo bar

GILDA             brütt muciuus d’un sbarbatèll!

CESARINO      vecchia bacucca!                                                                                        

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GILDA             varda che adèss a vuu a ciapà ul sc’iòpp del me òmm e ta imbalini cumè una perniis! Baluurd!                                                                                                               

CESARINO      lo sanno tutti, che…oh, il mio cuore…lo sanno tutti che lei picchiava anche il suo povero marito…la gamba…le tempie…

GILDA                crepa!

 

CESARINO         la vista…non ci vedo più…

 

GILDA                mucala de fa tanti scènn

CESARINO         ecco, ecco, ecco…mi è scoppiato il cuore! Non mi sento più la spalla attaccata…dov’è la mia spalla? Muoio…un dottore…(s’accascia sulla sedia e sviene)

GILDA             narigiàtt d’un balurd 

LISETTA         guarda che razza d’uomo…sembra uno smidollato…su, smettila di fare scene e vattene a casa a dar da mangiare al tuo Gastone…hué, ma questo sta male veramente…(lo scuote) è morto…

GILDA             dì minga stüpidaat…(lo tocca) bestia, cume l’è frecc

LISETTA         (scrollandolo) Cesarino…Cesarino…ma cosa abbiamo fatto….e morto! Vai a chiamare un medico…

GILDA             (anche lei preoccupata) e indua a vuu a ciamàll?

LISETTA          telefona, no! Santo cielo, è morto…Cesarino                                                

GILDA            diamoci prima un grappino, magari a ‘l sa sveglia (entra ed esce con la grappa bevendone un po’ dalla bottiglia) toh, tieni…bevi un po’ di questa medicina…

LISETTA         (in preda alla disperazione) non da proprio segni di vita…

GILDA             (facendogli trangugiare la grappa) su, su, bééf…ecu, ma paar che ‘l respira

CESARINO      la mia vista…è tutta nebbia…dove sono?

GILDA              su, Cesarino, c’è qui la tua sposa…svegliati…che anca léé a la ta vöör ben

CESARINO      chi parla?

GILDA              sono io…la tua mamma

CESARINO      (semincosciente) la mamma?...ma la mia mamma è morta…

GILDA             no, io sono quell’altra mamma…quella nuova

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LISETTA          ma cosa stai dicendo?

 

GILDA             su bevi ancora un po’ di medicina (gli da ancora grappa)

CESARINO     (c.s.) cosa è successo? Chi c’è qui?...

GILDA             c’è qui la tua Lisetta che ti vuole parlare

 

LISETTA         è vivo!

CESARINO     (risvegliandosi lentamente)  Lisetta…dove sei?

LISETTA          sono qui, Cesarino

CESARINO      (c.s.) io…ti voglio bene

LISETTA          anche tu mi piaci

GILDA              ma alura sii düü scemi! Cussè che continuate a litigare?

LISETTA         (gli da un tenero bacio sulla fronte) riprenditi Cesarino

CESARINO      oh, Lisetta…ora sto meglio

GILDA              ecu, bravi! Adèss cerchéé de fa la paas e parleman pü

LISETTA          facciamo la pace, Cesarino?

 

CESARINO       sì, cara…sono...sono felice

LISETTA          anch’io

GILDA              meno male

LISETTA          però, Cesarino, vuoi ammettere che il mio Melchiorre è meglio del tuo Gastone?

CESARINO          questo è da dimostrare…

GILDA                 se vi avanti ancamò, ciapi ‘sta butiglia e va la spachi süla crapa!

FINE PRIMO ATTO

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SECONDO ATTO

Questo atto rappresenta un sogno di Gilda quindi la scena potrà essere vuota con alcuni elementi necessari ad identificare  le situazioni necessarie aiutandosi con effetti di luce.

Un commento musicale introdurrà una voce fuori campo.

VOCE           passano i giorni, ul Cesarin e la Lisetta, tra una liit e l’altra stànn sempar insema ma sa vööran bèn e la nossa Gilda la tira avanti cunt ul solit tran-tran ma, quèll che gh’à dii l’altar dì ul futuro genero rièss minga a digerìll. “menagramo”! già l’aveva sentida in giir ‘sta vuus e quèla l’era la conferma che propi léé, a sa diseva, che la purtava rogna. A ga pensava sü tütt ul dì e anca de nott.Cumè stasira, per esempi. L’à mangiaa un piàtt de nervìtt e scigòll cunt una slèpa de gurgunzöla e, inscì, l’à passaa tüta la nòtt a pirlàs in del lètt e insugnass tütt quèll che vedaremm insema.

Commento musicale. Entra Teo quasi irriconoscibile con parrucca da magistrato con un soprabito. Ha con se una gabbietta molto piccola nella quale sta un canarino. S’avvicina ad una gabbia più grande appesa alla parete.

TEO               ecco…su, su entra…bravo…così…adesso stai tranquilla e fai una bella dormitina…ora ti metto un drappo nero sulla gabbia così nessuno ti darà fastidio (copre la gabbia con un drappo nero)…bene, mettiamoci al lavoro…(toglie il soprabito ed indossa una toga da giudice e si siede dietro una scrivania) ed accingiamoci ad amministrare la giustizia di questi piccoli e feroci esseri umani…(prende un fascicolo e legge) Gilda Poletti…oh, povero me! Bella rogna…(chiama al telefono) signorina, venga un attimo…(riappende e scartabella il fascicolo) anche sta povera disgraziata…ma che cosa le sarà saltato in mente…

LISETTA        (entra vestita da segretaria, anche lei quasi irriconoscibile)  eccomi signor giudice

TEO                   non c’è ancora nessuno in sala d’aspetto?

LISETTA          no, signor giudice

TEO                  ma che ore sono?

LISETTA          le nove e cinque

TEO                  e quella si permette di arrivare in ritardo anche dal giudice ispettore

LISETTA          se permette, posso chiederle chi?

TEO                  la Gilda, Gilda Poletti

LISETTA        (fa un salto all’indietro facendo le corna) per l’amur de Dio, che la nomina minga, sciur giudice

TEO                 (iritato da un pugno sulla scrivania) Basta, perdio! Ti proibisco di manifestare, davanti a me, la tua bestialità a danno di una povera disperata                                             

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LISETTA         che mi scusi, sciur giudice, ma mì ga ‘l disevi per ul so bèn                        

TEO                 ancora continui!

LISETTA         beh, a parli per…ma…

TEO                 niente ma! Appena arriva me la mandi quì

LISETTA         sarà fatto. Ce la mando quì appena arriva

CESARINO     (anche lui con una toga d’avvocato ed, anche lui come Teo, truccato con parrucca, occhiali, eventuali baffi e barbe) ciao, giudice, l’è permèss?

TEO                 oh, caro avvocato! Prego, prego, accomodati

CESARINO     (si dirige presso la gabbia)…tutto bene?

TEO                 per adesso, sì…signorina vada pure

LISETTA         sì…e quando arriva la…la…

TEO                 (seccato) sì, sì, la faccia entrare

LISETTA          allora vado (esce)

CESARINO      ma ta ‘l séét che ta séé un bèl fenomeno. Sempar in giir cunt ul canarìn nela gabbièta…indua l’è?

TEO                  eccola lì

CESARINO      uramai in giir a ta ciaman ul “giudice canarino”

TEO                  meno male che non mi chiamano il “giudice uccello”

CESARINO      ma l’è diventada propi una mania

TEO                  mi stupisce che tu non capisca cosa possa significare per me

CESARINO      cert che ‘l capissi, ma vedètt in giir per la strada cunt una gabiètta in man, l’è minga taant nurmaal

TEO                  è l’unico ricordo della mia povera mamma e non sono capace di staccarmene. E’ un anno che è morta e tu sai cos’era per me…e quell’uccellino, oramai è la mia unica compagnia…io ci parlo, certo, fischio e lui mi risponde. Io non so cosa gli dico, ma lui, se mi risponde significa che capisce e trova un senso nei suoni che gli faccio

CESARINO         irriducibile romantico e sognatore

TEO                   ora lasciami perché mi si prospetta una giornata piuttosto impegnativa          23

CESARINO       che prucèss ta devat preparà?                                                                        

TEO                   un processo iniquo, perché include la più spietata ingiustizia contro alla quale una povera donna tenta disperatamente di ribellarsi, senza nessuna probabilità di scampo.

CESARINO         ma che prucèss a l’è?

TEO                     quello intentato dalla Gilda Poletti

CESARINO        (con un balzo fa scongiuri d’ogni genere) oh, cara Madona, toca fèrr

TEO                     ecco, vedi? Proprio tu e quelli come te dovranno rendere giustizia a questa povera donna

CESARINO          macché giustizia! L’è una mata, l’è föra de cò

TEO                      è una povera disgraziata

CESARINO         sarà anca una povera disgraziata ma l’è sempar mata! L’à perfina querelaa per difamaziùn ul fiöö del sindich e l’Assessuur Bianchini

TEO                      certo! Perché li ha visti a fare scongiuri al suo passaggio

CESARINO          che diffamazione! Tütt a sànn che la mena rogna, anca dumò a numinala

TEO                     smettila di dire stupidaggini

LISETTA             (entra)  scusi, signor giudice

TEO                      sì?

LISETTA             è arrivata la signora…la signora…

TEO                      chi?

LISETTA            …la signora che aspettava…

TEO                     (rigido) e come si chiama?

LISETTA            (piangente) ma ‘l regordi pü

CESARINO         l’è léé?

LISETTA             (c.s.)  sì!

CESARINO        beh, mi a vuu fö di bàll…anzi passi fö da l’altra porta, posso?

TEO                    (seccato) fa pure

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CESARINO        alura, ciau e bona furtüna (esce)

 

 TEO                  (a Lisetta) allora, cosa aspetti a far passare la signora?

LISETTA          subito, signor giudice (esce)

TEO                  (tra se) che mondo meschino

GILDA          (entra vestita di nero con occhiali e cappellaccio neri) eccomi qui, sciur giudice

TEO                  (la osserva)  ma come si è conciata

GILDA              perché, cussè che va minga bén? Summ minga elegante? Ul negar l’è ul culuur de l’eleganza

TEO                mi faccia il piacere! Già lei conosce la nomina che ha, in questo modo peggiora la situazione

GILDA            l’è la mia divisa. La divisa dei portasfiga o portarogna, come preferisce

TEO                non dica sciocchezze

GILDA           alura lüü a ‘l ga creed minga?

TEO                no, assolutamente no!

GILDA           ci conviene crederci, caro il mio giudice

TEO                lasciamo perdere e si sieda…(squilla il telefono) sì?...ma non era alle nove e trenta? Già, ha ragione…lo faccia accomodare nella sala attesa che vengo subito…(riappende) ecco, vede? Lei è arrivata in ritardo ed ora c’è il presidente dell’unione industriali con il quale avevo appuntamento alle nove e trenta e…

GILDA           se ìl vöör a vuu via e vegni un altar dì

TEO                no, no, stia pure qui. Vado a sbrigarmi con il presidente e torno quì

GILDA           l’è minga culpa mia se ù faa tardi. Ul giallo-bus che ù ciapaa l’à sbüsaa una goma

TEO              il giallo-bus?

GILDA         già! E anca lì a m’ànn da la culpa a mìù

TEO              sì, sì, mi lasci qualche minuto e torno (esce)

GILDA         bestia d’un òmm, a ‘l vöör minga creed…ma ‘l sa incorgerà…intaant lassum tirà giò un puu de medisina…(estrae dalla borsetta un portaliquori tascabile e tracanna qualche

sorso) bona…grappa di vinaccia veneta…l’ünich rimedi per tirà sü la capèla del                   25

stomich…(vede la gabbia coperta dal tessuto nero) se l’è quel catafalco? (s’avvicina e scosta il tessuto) oh, che bèl canarìn…cìp…cìp…cumè che ta sa ciamat?...oh, poor uselìn, sempar chì in gabbia…ma ‘l gh’à minga giò de acqua…chissà che sèèt? (estrae la bottiglietta e ne versa un po’ nell’apposito contenitore) toh, bevan un gòtt e ta vedareet che a ‘l ta farà cantà…porcu sciampìn cumè che ‘l ga piaas…ne vuoi un altro goccino? Toh, ciapa, fànn una pèll…

TEO               (rientra)  ecco fatto! (la vede vicina alla gabbia) che fa?

GILDA          ù sentii a cifulà a ù guardaa deent ala gabia

TEO               sì, è il mio canarino

GILDA           bel, l’è propi bèll

TEO               se lo giochi al lotto

GILDA          ul canarìn?

TEO                ma no, il simbolo. La cabala, identifica nel canarino il numero 39

GILDA          già! Cun la sfiga che gh’ù mì, ma mancaria de giügà anca al lòtt

TEO               sulla ruota della mia città d’origine, Torino

GILDA           a gh’ù nanca i danéé per giügà al lòtt

TEO                beh, veniamo a noi…dunque, signora Gilda…(confidenziale e rassicurante le mette una mano sulle spalle accompagnandola a sedersi) ora facciamoci quattro chiacchere

GILDA            (scostandosi) che ‘l ma tuca minga! A ‘l vöör diventà cieco?

TEO                 la smetta di dire sciocchezze e s’accomodi

GILDA             ah, sì! A ‘l ga creed minga? Non ci crede che io porto rogna?

TEO                 volete che vi dica di sì? Allora le dirò che ci credo, va bene? (si siede)

GILDA             no! Lei ci deve credere sul serio, convinto! E gh’à de dimustràll a fa stu prucèss

TEO                  sarà un po’ difficile

GILDA             (alzandosi) alura a vuu a cà

TEO                  su, su, non faccia scene e si risieda

GILDA           e lüü che ‘l ma faga minga girà i santissim perché l’è dréé a giügà cunt ul fööch

26

TEO                la smetta, signora Poletti                                                                            

GILDA           “signora Poletti” un bèll nagòtt! Lüü, per minga passà guai, quand a ga summ mì, a ‘l gh’à de tucàss

TEO                io non mi tocco un bel niente

GILDA            che ‘l sa tuca, che ‘l sa tuca, ga ‘l disi mì

TEO                non mi seccate! Che si sieda e cerchiamo d’intenderci

GILDA           gh’è pooch de intendasi. Che ‘l faga stu prucèss e parleman pü

TEO               (aprendo il fascicolo) dunque, lei accusa due persone perché la credono una iettatrice

GILDA          iettatrice!? Mì a getti nagòtt. Mì a porti rogna

TEO               appunto! Iettatrice sarebbe come dire menagramo, porta sfortuna…

GILDA          giusto!

                                                                                                                

TEO               …e nello stesso tempo, lei si presenta davanti a me  vestita in quel modo affinché io creda veramente che lei porti disgrazia

GILDA           esattamente!

TEO                ma non le sembra una contraddizione?

GILDA           per mì, sciür giüdàs, lüü a ‘l capìss un bèl nagòtt. Ma se l’ànn faa stüdià per cussè?

TEO               e perché non capirei niente?

GILDA          ce lo spiego subito. E ci dimostro anche che, non solo a ‘l capìss nagòtt ma anche che lüü, l’è un me nemiis

TEO                io!?

GILDA            sissignore! Ma lüü a ‘l sa che ul fiöö del sindich e l’assessùùr, a gh’ànn cume avucàtt ul Curbèla?

TEO                sì, lo so

GILDA            e la sa che mì, la Gilda Poletti a sùmm andada da l’avucàtt Curbèla a dacch tütt i prööv che mì a porti rogna? Ci ho dato il nome e l’indirizzo di tutte le mie vittime. La Serughetti; che dopu avèmm salüdaa l’à vist ul so gàtt a nà sota una machina…spatasciaa cumè una cutizza. Ul Pepìn Canèla che, quand a ‘l sìè metüü a riid perché sümm sbrisigada sül

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giàzz, a gh’è burlaa fö la dencèra e un càn ga l’à purtada via…o la Tilda macelara, che quand

a sùmm vegnüda föra dala sua butega e ai me spàll la faceva i corni, dopu ciinq minùt a gh’è vegnüü un corto circuito e gh’è saltaa tütt i cèll frigurifer e l’insegna esterna a l’è andada in fööch e, se ‘l vöör a vuu avanti ancamò per un pezz

TEO               e lei è andata a raccontare tutto all’avvocato della controparte?

GILDA           esattamente! Cara ul me giüdàs!

TEO               ma in questo modo da ragione alle persone che lei ha denunciato

GILDA           ga l’ù già dii che lüü a ‘l capìss un cazzu…

TEO                (ripendendola) ma Gilda|

GILDA          se ma tüca fa se ‘l capìss nagòtt? Mì ù purtaa tütt i prööv perché vööri ul ricunuscimeent dela mia putenza. Ciuè, vööri che sia riconosciuto ufficialmente la mia terribile potenza. Sarà ul me capitaal

TEO                non capisco

 

GILDA            a ‘l veed, mì uramai summ sül lastrich, a buleta sparada. La geent la vegn pü nela mia usteria perché, disan a meni gràmm, la mia tusa la pö minga nà fö de cà perché tütt la scascigan via cumè un gàtt negar, la geent apena la ma veed la scantona e mì a sùù pü cumè sbarcà ul lünari

TEO               e cosa avrebbe in mente?

GILDA            che ‘l ma disa un puu; per fa ul giüdàss, anca se la fa maa, che ‘l ma disa, l’à minga duvüü stüdià e ciapàss una laurea?

TEO                  sì

GILDA           e dunca!? Ancamì a vööri la mia patente. La patente de “menagràmm”. Cun tanto de bòll legaal  e carta intestada dela Repüblica italiana

TEO                e poi, cosa ne farà?

GILDA            cusè che ‘n farùù!? Ma lüü alura a l’è propi deficiente! A faruu i biglietìn de visita e narùù in giir dala matina ala sira. Sarà la mia professione

TEO                 che professione?

GILDA             la “portarogna”!

TEO                  e cosa ci guadagnerà?

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GILDA             cosa guadagnerò!? Adesso ce lo spiego. Intaant, cume ‘l ma veed ma vestissi in ‘sta manera…tüta in negar, ugiaa negar, guaant negar. A stremissi dumà a vedèmm…e apena lüü a ‘l ma darà la patente, entro in azione

TEO                   come?

GILDA               ecu, lüü ma la dumanda perché anca lüü l’è un me nemiis

TEO                   io? Ma le pare?

GILDA               certo, lüü! Perché a ìl sa ustina a minga creed ala mia putenza! Per furtüna a ga credan i altar, tütt a ga credan! Vu giò a Campiùn, al Casinò, ma piazzi lì e ma meti de dréé a chi giüga…tütt a farànn sveelt a dàmm la bonamàn per famm nà via…ma meterùù a runzà cumè un muscòn interna a tütt i negozi, i risturaant, i supermercaa…la vuus la fa sveel a girà. Un dì davanti a una butega e l’altar dì, davanti a un’altra…là gh’è una giuieleria? Ma pianti lì, davanti ala vedrina, inscì (si mette sull’attenti rigida)…e ma meti a squadrà la geent inscì…ma chi l’è che a ‘l gh’à ul curagg de entrà a cumprà un quajcòss o guardà la vedrina? Vegnerà fö ul padrùn e ‘l ma piazzerà lì un quaj dèès euro per famm andà via o spustàmm davanti ala butega del so cuncureent. Capisce? Sarà una specie de tassa che adèss mi a pretenderuu

TEO                 non dica più sciocchezze!

GILDA            a ‘l va avanti a minga credach? Che ‘l sera sü la finestra, a ‘l seent minga che veent gh’è scià?

TEO                 vento!? (una folata di vento fa cadere la gabbia) oh, santo cielo, la gabbia!

GILDA             cas ci dicevo?

TEO                (corre verso la gabbia disperato) il canarino! Il mio canarino! Oh, Dio! È morto…è morto…

GILDA              macché, moort! A ‘l sarà ciòcch!

TEO                   il vento…la finestra…il canarino…

GILDA             macché vento! Summ stada mì. Summ mì che porti rogna e lüü a ‘l ga credeva minga…(s’avvicina con la bottiglietta della grappa) che ìl pröva a dacch un puu de grapa, magari al rinvegn

TEO                 s’allontani menagramo, s’allontani

GILDA             l’à vist? Adèss, a ‘l ma dà la patente? Voglio la patente…la patente…

Commento musicale sfumano le luci. Sulla scena vengono posizionate due tombe. Circondata da un’irreale luce blu illuminata da lumini accesi riappare Gilda.

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GILDA             bestia che scüür…cià, andèmm a ciapà un puu d’aria…vardéé chì indua summ

capitada…ancamì, la Gilda! A credum de vèss eterni e invece, cume tütt, a sa trövum chì…mah…(si siede su una tomba) riscaldiamoci un po’…(prende la solita bottiglietta e beve) un po’ di spirito…e adèss summ ancamì uno spirito…anzi, “spiritosa”…l’è propi vera che la vita l’è ligada a un fiil…ga dèmm tanta importanza, sa sentum eterni, stèmm lì a litigà per nagòtt, cercumm de fregàss vünn cun l’altar e pö, zacchéte! In un mumeent a finissum chì…basta una scemada, una cumbinaziùn…e pensà che mì sùmm chì per culpa de un limùn…già, basta un limùn per lassach la pèll…(rivolgendosi alla tomba accanto) sì, cara ul me marchese, per colpa de un limùn…quela sira a gh’eri preparaa un menù de sciùri…un succulento “fegato di vitellone” ala piastra…un puu d’oli, saa e limùn…pranzo da regina…ma guardi nel frigo e, porcabestia! Gh’è minga ul limùn. Vuu dala Cesira a cercagall e quela, disperada püsséé de mi, la ma presenta un mezz limùn già scüsciaa e tütt negar. Alura a vùù dala Cuncètta…(imitando una meridionale) “mi dispiace ma l’ultimo ce l’ho spremuto l’altro giorno  sulle sardine del mio Carmelo”. Pussibil che in stu paèès gh’è minga in giir un limùn?

Alura ù tiraa sü la biciclèta e ma summ inviada per andà in cuperativa a töll. A rivi in cuperativa, tiri sü ul me limùn e turni indréé ma, apena rivi sül stradùn, porcabestia! A sbrisighi süla gera propi quand gh’è scià un alefaant sü quatar rööd che ‘l ma sbàtt giò nela riva…seri dréé a vulà in ciél e guardavi giò…tanta geent che la cureva, che la vusava, che la sa meteva i man nei cavej…cussè che m’è vegnüü in meent de mangià ul fegato de videlùn. Pudevi famm una bela fritada, una minestra de riis, düü ööf in cereghìn…bastava che la Cesira o la Cuncètta a gh’avessan in cà un limùn…ma l’è ul destìn…ul bèll a l’è che gh’è vegnii föra, a vedi giò visìn a mì, ul limùn nel pràà…gh’è rivada la Cuncètta disperada: “la conosco, l’è la Gilda, la mmia viccina…oh povera donna, cossì ‘bbona”…pö, nela cunfüsiùn, l’à tiraa sü ul limùn, l’à metüü in sacocia e l’è andada a cà e intaant ù sentii che la diceva: “il limone della morta…è il 60, domani ce lo ‘ggioco al lotto”

CESARINO      (scaturisce dalla tomba di fianco. E’ vestito con un frac, bombetta, monocolo parrucca bianca, barba e baffi) e tu chi sei?

GILDA               mì, la Gilda

CESARINO        di che blasone sei?

GILDA               de cussè?

CESARINO       di che casata, qual è la tua nobile stirpe?

GILDA               mì sùmm dei Poletti

CESARINO       non conosco nessuna famiglia nobile con quel patronimico

GILDA               patronimico!? Cussè che ‘l vöör dì?

CESARINO       cognome

GILDA             a ‘l süü minga cussè che podi facch

CESARINO      la tua stirpe, la tua genìa, le tue origini quali sono?

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GILDA                 cerca de parlà cumè ta mangiat perché mì a capissi 

CESARINO          tu e i tuoi avi sulla madre terra quale professione conducevate?

GILDA                 conducevamo un’osteria

CESARINO          un’osteria? Un’osteria! E cosa fai qui?

GILDA                quèll che ‘l fa lüü

CESARINO         giovinotta! Vorrei sapere, vile carogna, con quale ardire e come avete osato di farvi seppellire, per mia vergogna, accanto a me, che sono blasonato!

GILDA               prima de tütt, carogna ta saréét tì e tütt quii cume tì, e pö l’è minga culpa mia. L’è stada la mia tusa a metùmm chì. Ma lüü, indua l’è?

CESARINO         (indicando) questa è la mia tomba

GILDA                 e alura se la ta piaas minga, fatela spustà

CESARINO         ma non sai chi sono io?

GILDA                 no!

CESARINO         io sono il marchese Adalfonso Ildebrando Maria Scottini dei marchesi della Brughiera

GILDA                 bestia! Chissà che fadiga la tua mama a ciamàt

CESARINO         come ti permetti questa confidenza

GILDA                 oh! Se ta ma déét del tì, ancamì ciapi la confidenza

CESARINO          la casta è casta e va rispettata. La tua salma andava, sì, inumata; ma nella spazzatura, non accanto a me

GILDA                 adèss a ta dùù una tarelada che ta vedàt

CESARINO          non posso sopportare il tuo linguaggio e la tua vicinanza puzzolente. Quindi cercate un fosso tra i vostri pari tra la vostra gente

GILDA                questchì l’è mort in un manicomi…(tra sé) sarà mej dacch un puu de corda…cara sciüür marchéés ‘Fonso, Marlon Brando della Scarpata…che ‘l veda, mì se podessi a cambiaria sübit ul post ma cumè faccio a purtà via la tumba, la pesa…e pö, cun quèll che l’è custada?

CESARINO           e cosa aspetti? Turpe malcreata che l’ira sopraggiunga! Se non fossi stato un titolato, avrei già dato sfogo alla violenza!

31

GILDA                 adèss mucala perché ma incazzi e la pazienza la perdi mì. Cussè ta credat de vèss? Tì a ta séét moort cume sùmm morta mì. E chì, caro mio, sèmm tütt i stèss                 

CESARINO           plebea! Come ti permetti paragonarti a me che ebbi natali illustri e nobilissimi?

GILDA                     oh, cò de ravanèll! Ta vöratt capila che chì sèmm tütt i stèss!? La moort, l’è una livèla, la ga mètt tütt a pàn e pessìtt! Vegn a fa un giir cun mì e ta i trövat lì tütt nela stessa cundiziùn; i bùn, i catiif, i ladar, i sciuri e i poor disgraziaa passan tüti, e disi tüti, ul Natal, la Pasqua e l’Epifania nela stessa manera. Perciò, stàmm a sentì…fa minga ul blagörr, ul baüscia, suporta anca tì i altar. I pagliasciaat che ta féét tì, i a fànn dumà i viif e lassai fa…s’ancurgerànn anca luur…nùmm urmai fèmm part de un altar muund. Uramai, (indicando la tomba) questa l’è la nossa cà…la tumba…e la tumba l’è ul numar sedàss

CESARINO          cosa significa?

GILDA                 significa…significa, cara ul me marchéés…

Commento musicale. Il tempo di togliere le tombe e riappare Gilda sulla scena illuminata vestita con il solito abito. Naturalmente i cambi di scena devono essere molto semplici e veloci. Per esempio, sia la scena del cimitero e quella dello studio del giudice potranno avere come fondale un telone nero che  potrà essere tolto scoprendo la scenografia iniziale. L’abito nero di Gilda sarà un pezzo unico che potrà togliere in un attimo. Gilda sistema i tavolini esterni del bar

GILDA                 bestia, che nott! Gh’ù chì ancamò sül stomich i nervìtt e scigùll che ù mangiaa ieer sira. Che incubo…ul giüdàss…ul canarìn…ul cimiteri…per quindàss dì a mangerùù dumò pastina in brööd…

TEO                   (entra con un pacchetto)   ciau Gilda. Ta ma déét un bianchìn?

GILDA               già chì cunt ul bianchìn ala matina bonura?

TEO                    ìnn i déés uur…come aperitivo

GILDA               a füria de bianchìn a ta crepàt

TEO                    ù  cumpràà un bèl pesciöö de purcèll e un pùù de luganega e a mesdì ma fuu una bèla rustisciada

GILDA              parla minga de mangià che ma vegn de trasü

TEO                  ta ma parat un puu nervusa

GILDA              altar che nervusa. U’ passaa una nòtt!

TEO                 cun chì?

GILDA             cunt ul marchéés                                                                                          32

TEO                  ma và!?

 

GILDA             mucala, rimbambii! Ma sùmm insugnada tüta la nòtt…piena de incumbi      

TEO                  cünta sü

GILDA           tropa longa, tropa longa…bestia cume stu maa…(di nascosto tracanna dalla solita bottiglietta un po’ di grappa) forse la ma fa digerì

TEO                 beev un bel bianchìn anca tì e ta passa tütt

GILDA            ga mancheria anca quèll…ul bianchìn ala matina

LISETTA        (entra)  ciao mamma, ciao Teo

GILDA            ciau…(fa un piccolo rutto) Hué, la fa propi digerì!

TEO                 cussè?

GILDA            la medisina che ù tiraa giò

TEO                hué, Lisetta, portum un bianchìn perché la tua mama ma paar che incöö la sia minga taant a post

LISETTA        (a Gilda) cos’hai

GILDA            ù passaa una nott d’infernu

LISETTA        hai sognato qualcosa di brutto?

GILDA            altar che brutto! Dumò moort

TEO                 a slunga la vita

GILDA            prima un giüdàss…(a Teo) a ‘l gh’era la tua facia. Un deficiente de vün che a ‘l nava in giir cun un canarìn

TEO                 un giüdàss cunt un canarìn

GILDA            che l’è moort

TEO                 ul giüdàss?

GILDA            no, ul canarìn. L’è moort ciocch…l’à bevüü la grapa

LISETTA         un canarino che beve la grappa?

GILDA             ga l’avevi dada mì…canarino…trentanove

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LISETTA         canarino…trentanove?

TEO                  ‘sta chì la da i nümeer

GILDA             a Turìn

 

LISETTA         a Torino!?

GILDA          sì, ma l’à dii ul giüdàss! Pö a sùmm stada scüsciada da camion…e quela disgraziada dela Cuncètta la m’à rübaa perfina ul limùn…

TEO                  oh, pora dòna! La Cuncètta teruna?

GILDA             propi léé! Ladra de limùn…ul sessanta…l’à dii che la giügava ul sessanta…

LISETTA         ma questa sta delirando

TEO                 va a ciamà ul dutuur

GILDA           …e sùmm finida nela tumba. Visìn  quel maltrainsèma del marchéés Alfonso, Marlon Brando della Bruga…quel facia de scemu…l’era tütt ul tò Cesarino…

LISETTA         cosa c’entra il Cesarino

GILDA             l’era lüü, ta disi…sedàss! La tumba l’è sedàss!

LISETTA         (avvicinandosi) mamma, vuoi che chiami qualcuno?

GILDA             tiràss sü de dòss! Ta capissat minga che m’ànn daa i nümar?

LISETTA          chi?

GILDA             i moort! I morti saranno la vita, la resurrezione!

TEO                  la straparla!

GILDA             (a Lisetta) indué che ta véét?

LISETTA         oggi è giorno di mercato a San Fedele (la località potrebbe modificarsi in un una cittadina vicina al luogo della rappresentazione teatrale)…devo trovarmi alle undici con Cesarino e andiamo insieme

GILDA              bene! Toh, ciapa! ciapa cinquanta euro e giügai. Ta véét dal tabachìn e ta i giügat tütt. (le da una banconota)

LISETTA         cinquanta euro!?

GILDA             ìnn i ultim che podumm speend stu méés

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LISETTA         e li devo giocare tutti?                                                                                 

GILDA             certo! Süla röda de Turìn ta giügat tri numer sècch…toh, scrivai giò…(le da un foglio e una penna) scriiv…trentanöv…trentanove…(Lisetta annota) sessanta…e sedàss…sedici…tütt süla röda de Turìn, capii?

LISETTA         sì, certo, ho capito

GILDA             ma racumandi, guarda che l’è l’ültim dì

LISETTA         stai tranquilla. Allora io vado, ciao (si salutano a soggetto ed esce)

GILDA             se va bèn ‘stu colpo, sèmm a post

TEO                 magari! Adèss ta ma ‘l déét stu bianchìn o no?

GILDA            e quand l’è che ta ma paghet ul cüünt?

TEO                toh, adèss ta duu un acünt…(estrae dei soldi) ù ciapaa una vintena de passer cun l’archètt e ga i ù vendüü ala Marisa Barbisuna

GILDA             anche il bracconaggio

TEO                  cun tütt i üsèi che gh’è in giir a becà in di oort a fù un piasé a ciapànn un puu

GILDA             cià, quantu ta ma déét

TEO                  toh, déés euro

GILDA             bela fadiga! Ta gh’éét de daman centquaranta

TEO                  ma sì, ta i darùù…pö, ta ga n’éét pü bisogn, cun tütt i danéé che ta vinceréét al lòtt

GILDA             porta minga rogna

TEO                 e se ta i vinceréét del bùn, cussé che ta faréét?

GILDA            sistemi l’usteria e la diventerà ul püsséé bèll “ristorante tipico” della valle

TEO                mì a vegni a fa ul cööch

GILDA            sì, inscì a crèpànn intussicaa tütt i clieent

TEO                alura a fuu ul cameriéér

GILDA            cun la canèta de vedar che ta gh’éét

TEO                alura a fuu ul cliéént                                                                                   35

GILDA            cun tütt i danéé che ta gh’éét a ta ma féét falì in quatar méés                   

TEO                 e alura cussé che fuu?

GILDA             un bèll nagòtt! Che mèn da sa mövatt, mèn ta féét dispresi e dànn

TEO                 ma perché sa metumm minga insèma?   

                                                      

GILDA             ancamò, ta ma la menàtt! Insèma a fa cussè?

TEO                 tì a ta séét departì e mì deparmì, insèma sèmm in düü

GILDA          ma che bravu, ta séét bon anca de cüntà. E quand a sèmm in düü, cussè che fèmm?

TEO                 cumpagnia

GILDA            già, sa fèmm compagnia e ma toca mantegnìtt

TEO                 ma mì ta dùù una màn a tirà avanti la baraca

GILDA            gh’è la mia tusa

TEO                ma quèla la andarà fö di bàll, prima o pö. La sa spuserà cunt ul Cesarino e naràn a Milàn. Cun tütt i danéé che ‘l gh’à quèll lì a meterànn sü un quaicòss e ta i vedat pü

GILDA               almèn luur a starànn bèn

TEO                  e perché a ta ga dumandat minga al Cesarino un puu de danéé per fa fö ul risturaant?

GILDA            Hué! Guarda che sùmm minga cume tì, neh! la Gilda non chiede niente a nessuno. A ‘l gh’à i danéé e sa i goderà cun la mia tusa

TEO                    e ti a ta resteréét chì a menàss i diit

GILDA           già! E ta ma restat chì tì, che tra un puu a ta saréét vecc e rimbambii, inscì ma toca sta chì a cambiàt ul pannolone e rüzzat in caruzzèla

TEO               guarda che ta séét minga pö inscì giuvina anca tì, però

GILDA           lassa peerd che mì a ma rangi. La Gilda la resta sempar in pè!

TEO                anzi, se ta vinciat al lòtt, ta ‘l séét cussè che fèmm?

GILDA           oh! Se vinci mì al lòtt, cussè ta c’entrat tì?

TEO               mì a sùmm sempar staa l’uomo più fedele a tì e t’ù sempar vurüü bèn

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GILDA           fedele ai me bianchìn e perché t’ù sempar faa credit                                

TEO                ma se ta vinciat a verdum una bela usteria tipica a Milàn, specializzaa in pulenta vuncia, rustisciada, paradèll e cutizza

GILDA           parluman minga de Milàn

TEO                perché, a ta piaas minga sta in città?

GILDA           mì, dala mia muntagna a vuu minga via

TEO                ma ta ‘l séé che vita a gh’è giò                                                                       

GILDA            l’ù cunussüda e l’è staa asséé

TEO                quand?

GILDA            prima de spusàmm. Ta sa regordàtt minga quand sùmm andada giò séés méés?

 

TEO               ah, già! Quand ta serat andada a fa le bambinara in quèla famiglia che vegnivan sü chì in vacanza d’estaa…i Roda

GILDA           bravu! A n’ù vist de tütt i culuur che dumò a pensàcch a ma vegn de piaang…quèla volta del giardìn zulogich…la goccia che l’à faa trabucà ul vaas…

TEO               cussè che l’è?

GILDA          ul vaas?

TEO               ma no! Ul giardìn lo…logich

GILDA           zulogich! Il zoo. Quèll pien de besti

TEO                 e cussè che t’è capitaa?

GILDA          un dì, quela pelandrona dela miéé del Roda, che senz’altru la doveva incuntràss cun ul so muruus…

TEO               ma l’era minga spusada?

GILDA          sì, ma a Milàn, in quii ambiéént a sa üsa inscì…insomma la ma dìss: (imitando) “Gilda, oggi c’ho da fare dalla sarta e dal parrucchiere e portami fuori l’Osvaldo”

TEO             chi l’è l’Osvaldo?

GILDA         ul fiöö, no! Un rimbambii viziaa che ta veniva vöja de spacàcch la crapa ogni ciinq minùt…”lo porti al giardino zoologico”. “e in che gabbia ma tuca metàll” a gh’ù

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dumandaa?...”non fare la spiritosa e portalo perché ce l’ho promesso”…e quéll mustriciàtull l’à cuminciàà a frignà: (imitandolo) “sì, sì, voglio andare allo zoo, allo zoo!”…ciapa su, ul bagaj e via al zoo. Apena a rivum deent, cussè che ga capita?                                                

TEO              cussè?

GILDA         ‘stu deficiente a ‘l gh’èra scià una bala de pezza che la mulava nanca quand a ‘l nava in lett o ‘l nava al cèss: beh, sta bala, la gh’è minga burlada déént in d’una gabbia che gh’era scrivüü: “tigre”? La bala la finìss in mezz ai sbarr e la rotula in mèzz ala gabbia…”e adèss?”. Cume previst, quela frigna l’à cuminciaa a ürla, sbatàss per tera, sgambetà: “la mia palla,  la mia palla!”…”bravu bamba! Perché l’hai fatta borlare dentro, adesso ti arangi!” apriti cielo! Pareva che ghe strepassan via un brasc, a ‘l caregnava püssé de un asilu cunt i uregiuni…”voglio la mia palla!”…”ma te ne compro una più grande…” - “no! Voglio la mia!

Adesso!”…insomma, a ‘l vureva propi quela lì. Intaant a riva un vegètt che ‘l ma dìss: “oh, poor piscinìn! Cussè che a ‘l gh’à fàà?” - “Mì, niente! Ci è caduta dentro la palla nella gabbia” - “oh, poor trapulòtt! E perché non va mica dentro a prendercela?” - “denter nela gabbia dela tigre?” – “ma la veed no che la gabbia l’è vöja” – “ah, sì!? E da che paart a sa entra? – “de dréé, gh’è un cancalètt. Mì e ‘l sùù perché a vegni sempar chì”.  Hué, quela frigna là a ‘l frignava sempar püsséé foort, quell lì che ‘l ma guardava cume se füss una torturatrice e inscì, a vuu de dréé, verdi ul cancelètt e vuu déént. Sùmm dréé a tirà sü la bala…a riva minga la tigre che l’era nel so casutèll a durmì…”e adèss cussè che fuu?” a ga dumandi a quel’interdètt de föra . E lüü a ìl ma dìss: “che la sa preoccupa minga, tant la tigre la mangia ai quatr’uur e adèss in apena i trii” - “va bèn, ma c’è l’ora legale”…intant la tigre la taca a rugnà e a guardàmm cunt düü öcc che ma vegn i brividi dumà a pensacch…e quèll scemu de föra che ‘l vusava: “prenda la palla, prenda la palla”…

                                                                     

TEO                e ta l’èèt ciapada?

GILDA          altar che la palla! Davanti i öcc ù cuminciaa a vedé tanti bàll che ma giravan sura la crapa…pö una nebbia…i gaamb che tremavan e infìn sùmm scarligada pertera…

TEO               e la tigre?

GILDA          la tigre l’ù pü vista. Ma sum svegliada in infermeria…a gh’eri inturna dutuur, infermeer, vigil, puliziòtt e ‘l guardiàn del zoo…pensa che ala fìn m’ànn daa anca la mülta per molestia agli animali

TEO                bela aventüra! E pö, cussè che te faa?

GILDA          sùmm andada a cà, di Martinei, ù tiraa sü la mia roba e sùmm vegnüda a cà mia.

Ma prima de vegnì via a g’ù daa un cazzòtt a quela frigna che ga gira ancamò la crapa adèss.

FINE SECONDO ATTO

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TERZO ATTO

Solito esterno dell’osteria. In scena Teo, con sul tavolino accanto il solito bicchiere di bianco, è intento a modellare un bastone artigianale con un coltellino. Entra Gilda.

GILDA              adèss, t’è purtaa chì anca la butega artigianale?

TEO                   sùmm dréé a rifinì un bastùn

GILDA              ma ta vedat minga che ta ma spurcàt tütt per tera?

TEO                  dopu nèti sü mì

GILDA             sempar inscì! Dopu ta ma lassat chì un stabièll di purcèj e ta véét via. Va là, va là sül mürètt a fa stii trujaad

TEO                 trujaad!? Varda che queste sono opere d’arte artigianali. Incöö, a gh’è pü nessün che fànn ‘sti bastùn. St’ànn a n’ù vendüü una trentena

GILDA              e alura pagum ul cüünt

TEO                   sempar a dumandà danéé

GILDA              per forza, a ta pagat mai

TEO                  pagà e murì, a gh’è sempar teemp

GILDA              bèl, filosofo!

TEO                  certo! Bisogna prendere la vita come viene e campare senza scalmanàss taant.

Vivere alla giornata

GILDA             supratütt süla pèll di altar. L’è da quand a ta cunossi che te mai lavuraa…cercà fuung, mètt giò tràpull per üsèi, fa bastùn e cestìn cunt i ciclamini, andà in giir per oort a rubà verdüra e früta…

TEO                l’arte dela sopravvivenza!

GILDA           ta séét propi un bèl artista. Cià, adèss và sü in cuperativa a tömm un chilu de pànn, un pachètt de zücurr, vün de saa grossa e séés ööf

TEO                 dàmm i danéé

GILDA            bravu, inscì ta cumprat un butigliùn de vìn e ta sparissat. Ta féét segnà sül me cüünt. Pö, dumàn matina vegn chì prest a dàmm una man che sistemum la cantina

TEO               ecu, pö  a disàt che lavuri minga! Quantu lavurà ù faa per tì?

GILDA          t’ù sempar pagaa                                                                                              39

TEO              scalati! Scalati dal conto

GILDA          se no i ciapi pü!

TEO              l’è rivaa ul giurnaal?

GILDA         gh’è nemò de rivà la pustina

TEO              a st’ura?

GILDA         la sarà malada. Anzi, va sü anca ala posta a vedé e ritirall tì

TEO              vardéé quanti ròbb a ma toca fa

GILDA         cerca de minga ciapà l’esaurimeent! Sü, sü, va fö di bàll che a neti sü

TEO             (si alza) va beh! Andèmm…(beve l’ultimo sorso di vino. Mostrando il bastone) adèss a ‘l finissi e ta ‘l vendi

GILDA         e mì a ta ‘l spachi süla crapa…vàn, gabulista che ta séét minga altar

TEO               alura, pàn…un pachét de sàà grossa, vün de zücur e…

GILDA          ööf! Séés ööf…

TEO               ööf…pàn e zücur…sperèmm de regurdàss (esce lasciando il bastone appoggiato alla parete) guarda che ma la roban minga, neh!

GILDA          a ‘l sa regorda nanca dal naas ala buca! quell lì a ‘l riverà giò cunt una quaj trujada…(pulisce con la scopa) vardéé, vardéé o gent che stabièll a ‘l ma pianta chì!

POSTINO        (entra dalla parte opposta dalla quale è uscito Teo e si ferma sull’attenti con il giornale in mano. Gilda non lo vede e continua a scopare)

GILDA              (si volta all’improvviso e trova il postino che le porge con un sorriso il giornale) bestia che stremizzi! Ma lüü, chi l’è?

POSTINO           (indicando il berretto con dei versetti)

GILDA                  ul pustìn?

POSTINO           (annuisce)

GILDA                Oh, cara Madona! Da indua a ‘l salta föra? (prendendo il giornale) l’è mio?

POSTINO           (c.s.)

GILDA               ma la postina non c’è?

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POSTINO          (fa segno negativo)                                                                                     

GILDA              l’è malada?

POSTINO     (il postino essendo muto risponderà sempre con gesti mimici e monosillabi stentati facendo intendere di sì)

GILDA             ma l’è minga bùn de parlà?

POSTINO         (scrolla il capo)

GILDA          no!? ma alura, l’è müt? (il postino non comprende, quindi Gilda alza il volume) ma lei, è muto?

POSTINO        (annuisce)

GILDA             oh, poor òmm…ma l’è anca sturnu?

POSTINO        (non capisce)

GILDA            (cercando di farsi capire) L’è anche sordo? 

POSTINO        (indica “abbastanza”)

GILDA          ma vardèè che geent a ga mandan chì! Anca ul pustìn sordo-muto…a ‘l bééf un bicéér de vìn? (più forte articolando) beve un bicéér de vino?

POSTINO       (entusiasta annuisce) 

GILDA            figüremass! Ce lo vado a prendere…che paèès disgraziaa, a vàn a cercài föra per mandagai chì… (esce. Il postino si siede ed appoggia il plico della posta su un  tavolino. Gilda rientra)  hueila! A ‘l s’è già sistemaa…ma guarda che ul vìn ta ‘l duu dumà imcöö, neh! Cerca minga de ciapàll per vizi…ecco…(versa) alla salute…

POSTINO        (beve e, con un largo sorriso, ringrazia mostrando una dentatura molto rada)

GILDA             bestia che denc! Ma lüü, cume ‘l fa a mangià?

POSTINO        (la guarda interrogativo)

GILDA        (aumenta il volume aiutandosi con la mimica )…dico, come fa a cagnare la carne?

POSTINO          (mima che si alimenta con un cucchiaio)

GILDA            cussè che ta mangiat dumò minestra? Ma perché non ci metti una dentiera… (allo sguardo interrogativo del postino si aiuterà ancora con i gesti ) mettici una dencèra

POSTINO        (indicando che è costosa e lui non ne ha la possibilità economica)              41       

GILDA           ta gh’éét resòn! Cun tütt quii ladar de dentisti che a gh’è in giir. Ma almèn, metela finta…ù dii de metela finta

POSTINO          (non intende)

GILDA               adèss, ta la duu mì…aspetta un momento…(entra nel locale)

POSTINO         (la segue con lo sguardo dimostrando la propria incomprensione e sorseggia il vino)

GILDA             (rientra con una dentiera di plastica tipo “dracula”) ecu, l’ù üsada al vegliùn de carnevaal l’ànn passaa…(gliela porge al postino) toh! Metela sü

POSTINO          (perplesso se la mette)

GILDA            ecu, guarda cume ta stéét bèn! Ta podat dacch via una limada ai düü denc püsséé loong e l’è perfetta

POSTINO          (la guarda incredulo)

GILDA              piutost che vèss senza deenc l’è mej quela lì…la ta fa püsséé giuvìn…quanti anni c’hai?

POSTINO          (non intende)

GILDA              (mimando e articolando) tu…quanti anni c’hai?

POSTINO          (indica cinquantadue)

GILDA              ecco! Con quei denti ne dimostri quaranta…tu…quaranta anni…

POSTINO          (sorride contento)

GILDA              e adèss, lassa chì ul giurnaal e vàn a lavurà…(mimando) menare le tolle perché devo fare le pulizie

POSTINO          (capisce, si alza e le rende i denti di plastica)

GILDA               no, no, tienili. Te li regalo

POSTINO          (tutto contento ringrazia, beve l’ultimo sorso, saluta ed esce)

GILDA               ciau, neh! Altar che serà sü, cun ‘sti clieent chì e quel’altar che ‘l paga mai…(prende il giornale e sulla prima pagina a grossi caratteri legge. Basita strabuzza gli occhi. S’accascia su una sedia) “colpo grosso nella nostra provincia”!...oh, bestia!..(le manca il respiro) ingente vincita al lotto!...duecentosettantamila euro…oh, geent, mì a möri…(con fatica legge) un terno secco sulla ruota di…di Torino…Turìn!...ha premiato una giocata con i

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numeri…se…sedici...la tumba…trenta…trentanove...ul canarìn e sessanta…ul limùn…no, l’è minga vera…sùmm dréé a insugnàmm ancamò…(prende la bottiglietta della grappa e ne trangugia parecchi sorsi) ul me poor Duaard l’à guardaa giò…sùmm sciura…(chiama) Lisetta! Lisetta, vegn…vegn chì…(urla) Lisetta, indove sei?

LISETTA           (da fuori)  sono qui

GILDA               vegn chì, tusa! Vegn dala tua mama

LISETTA           (entra) cosa c’è?

GILDA              cosa, c’è?  Cara la mia tusa l’è finida la rèla…la tua mama l’è diventada “ricca”…c’avremo soldi a palate

LISETTA          cos’è successo?

GILDA              ul lòtt! Finalmeent la furtüna la si è ricordata di noi

LISETTA          perché?

GILDA              gh’èmm finii de netà pavimeent, pelà patati e sgürà piàtt, c’avremo i cuochi e verderemo un ristorante di lusso…tì ta ciapereet la “laura” e ti metteremo su un ambulatorio di veterinaria e pö c’avrai una bella dote senza stà süi spàll del tò marì…cumprum la machina, vestii de lusso e anche le lenti a contatto e inscì a ta bütàtt via i ugiaa…

LISETTA          vuoi spiegarti meglio?

GILDA              ma ta capissat minga? Ho fatto centro con i numeri al lotto

LISETTA         quali numeri?

GILDA         come quali numeri? Quelli che ti ho dato di giocare l’alter dì quand ta séét andada al mercaa

LISETTA          ah, quelli…

GILDA              t’ù minga daa cinquanta euro per giügà trii numer sü Turìn?

LISETTA          ah, sì…cinquanta euro…

GILDA              dàmm la ricevüda…induè che l’è?

LISETTA          la ricevuta?...sì…ma non so…

GILDA             (cominciando ad allarmarsi) indove l’hai mettuta?

LISETTA          …non so…

GILDA             come “non so”!? indua ta l’éét metüda?                                                        43

LISETTA          veramente…

GILDA              veramente, cussè? Ta l’avaréét minga perdüda?

LISETTA          no…no non l’ho persa

GILDA              menu maa! E indove l’è?

LISETTA          non l’ho persa…non l’ho persa…perché non l’ho mai avuta

GILDA              non…non……non l’hai mai avuta!?

LISETTA         …no!

GILDA             non vorrai dirmi che non l’hai giocata!?

LISETTA         (con enorme difficoltà) …sì, non l’ho giocata!

GILDA             non l’hai giocata! (crolla sulla sedia) no…l’è minga vera…(estrae la bottiglietta e beve fino all’ultimo goccio) podi minga credach…(scrollando la bottiglietta) gh’è finii anca la grapa…(sconfitta) gh’è tütt finii…sono una donna sepolta viva…a bulèta cume prima…tüta colpa de ‘sta disgraziada…figlia degna del tò pà…ciucatéé…l’ànn sempar dii che i fiöö di alculizzaa ìnn baluurd…e mì credevi…credevi d’avech scià una brava tusa…(riprendendosi di scatto l’assale come una belva rincorrendola tra i tavolini urlando) cussè che te faa cunt i me cinquanta euro?...vegn chì disgraziada che ta speli viva…vegn chì che ta mazzi…

LISETTA        (fuggendo terrorizzata) ma fermati…calmati…

GILDA             calmàss!? A ta spiümi cumè una galina, falsa e ladra che ta séét minga altar! Vegn chì, fàtt ciapà che ta strapi i cavej pelandrona…

LISETTA         …non è colpa mia…

GILDA             no, l’è colpa mia! U’ tiraa fö de boca cinquanta euro per giügaj e tì a ta ma i spendàtt per i tò vizi…

LISETTA          macché vizi! Per necessità…

GILDA              ta la fuu vedé mì la necessità! Ta i fuu speend tütt a l’uspedàà…(esausta si accascia su una sedia) delinquenta…ta ma féét vegnì l’infarto…ta ma portat ala tumba…ma manca ul fiàà…

LISETTA         (con prudenza cerca d’avvicinarsi) …non stai bene?...vuoi una camomilla…

GILDA             (porgendo la bottiglietta vuota) portum la butiglia dela grapa…assassina…

LISETTA         (entrando a prenderle la bottiglia) ma ti farà più male…ti eccita…

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GILDA             mi farà dimenticare…dimenticà de avècch una tusa disgraziata cume tì…e mì, che ma sentivi de già sciura…cunt ul lavapiàtt…ul cööch…i cameriéér…

LISETTA         (entra con la bottiglia della grappa, un bicchiere d’acqua ed una scatola di pastiglie)  toh, prendi questa pastiglia con un po’ d’acqua che ti farà bene

GILDA               cussè che l’è?

LISETTA           un calmante

GILDA               ti, veterinaria! Se l’è, un calmante per i vacch e i cavaj?

LISETTA         non dire sciocchezze…toh, prendilo con un po’ d’acqua (le porge il bicchiere)

GILDA              l’acqua la ma fa vegnì i sbrüsuur de stomich…(prende la pastiglia bevendo la grappa a canna)

LISETTA           ma sei pazza! Le medicine con l’alcool fanno male

GILDA               mai quantu peerd duseentsettantamila euro…disgraziata! (con un sussulto) ma sa po’ savé cussé che te faa cunt i me cinquanta euro?

LISETTA               li ho spesi…

GILDA                 indove!? Ma ta ‘l séét che cun quii danéé lì, a sa sistemavum per tüta la vita?

LISETTA           si, lo so…ma non pensavo…

GILDA               ti a ta devat minga pensà! Tì a ta séét cumè ul tò poor pà, che ogni volta che a ‘l pensava un quajcòss a ‘l sbagliava tütt…pudevum vèss autonome, senza cercà nagòtt a nessün…invece adèss, a sèmm cumè prima…mì, chì a bulèta sparata e tì, per forza ta duvaréét fàss mantegnì dal tò futuro marito…che magari un dumàn a ‘l podarà rinfaciàtt tütt…

LISETTA           non credo

GILDA              sì, non credo! Ta i cunossat minga i omànn. Quand ta mantegnan a sa sentan sempar in diritto de cumandà…beh, nela disgrazia, gh’è almèn quel por fiöö che ta gh’èt scià.

Almèn lüü a ‘l gh’avarà minga problemi de danéé…

LISETTA             speriamo

GILDA               come speriamo? Cun tüta la roba che ‘l gh’à in giir e l’à ereditaa…ma, ala fìn, ta vöràt dìmm perché te minga giügaa i mè nümar?

LISETTA           ecco, vedi…siamo andati al mercato…

GILDA               e t’avaréét cumpraa una quaj  vacada de vestii

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LISETTA            no. Abbiamo girato senza comperare nulla…guardavamo le bancarelle…e poi, alla una, siamo andati al ristorante…al “caminetto”

GILDA                 bestia! Caar cumè ul fooch

LISETTA             già! Pensa, due primi, un secondo e caffè, quarantotto euro

GILDA                 e pö sa lamentàn quand mì a fuu pagà déés euro prìmm, segund e furmacc. Chissà cume ‘l s’è incazza ul Cesarino

LISETTA            abbastanza…ma il fatto è che ho pagato io

GILDA                cumè che t’éét pagaa tì?

LISETTA             sì, ho pagato io

GILDA                cunt i me cinquanta euro?

LISETTA             già!

GILDA                e perché l’à minga pagaa lü?

LISETTA             non aveva i soldi

GILDA                a ‘l pudeva pagà cun la carta de credit o ul “banco di màtt”

LISETTA            non li ha

GILDA                i à dimenticaa a cà?

LISETTA             no, non li ha proprio

GILDA                cumè, inscì sciuur a ‘l và in giir senza danéé?

LISETTA            mamma…vedi, non so come dire…ma…ma il Cesarino non ha niente

GILDA                come, Non c’ha niente?

LISETTA            è più a bolletta di noi

GILDA                (attonita, disperata) cussè!? L’è a bulèta?

LISETTA             già!

GILDA                ma…ma indua ìnn i cà, i negozi, i atività del so veciu?

LISETTA           fallito! Suo padre era fallito

GILDA                oh, pora mì! Lè saltaa pel’aria anca lüü                                             46

LISETTA           povero ragazzo…mi ha raccontato tutto

GILDA               cussè che a ‘l t’à cüntaa sü?

LISETTA          mentre lui era in un convitto a studiare, suo padre era solo a Milano e si era messo con una cubana…una di trent’anni più giovane…

GILDA                l’ù sempar dii che l’era un balandràn

LISETTA          bella vita, investimenti sbagliati, rilassamento nel lavoro, poi una lunga malattia, così è arrivato alla bancarotta

GILDA                l’à rott perfina la banca?

LISETTA             bancarotta! Fallimento. E’ morto pieno di debiti e gli è rimasta solo la casa qui in paese…per questo Cesarino si è stabilito qui

GILDA              e l’à pensaa de tacà sü ul capèll a cà mia

LISETTA          ma no. E’ un ragazzo che ha bisogno di affetto, di amicizia

GILDA             …e de danéé! L’à truvaa propi quii giüst

LISETTA         ma noi ci vogliamo bene

GILDA             già! Mangerémm pane e “bene”

LISETTA          ma mamma…

GILDA              mamma, mamma un cornu! Ma ta capissat minga che sèmm ruvinaa? Sèmm chì in trii che gh’èmm de sta in pè cun quatar cafè, ciinq bicèèr de vìn e un quai disperaa che vegn chì a mangià ogni taant

LISETTA         tutto si risolverà, vedrai

GILDA              mì a l’avevi già risoolt! E tì, disgraziada, te bütaa via una furtüna per nà a mangià dal “caminetto”…ta ma féét vegnì l’ulcera…(beve dalla bottiglia)

LISETTA         smettila di bere, ti farà male

GILDA             l’è la moort püssé dulza…ga mancava anca ul Cesarino…piugiàtt de un maltrainsèma…e inscì ga i ù chì in sül göbb tütt…(prende il giornale) ma indua l’è che ànn giügaa la schedina…(legge meglio l’articolo) nella nostra provincia…un fortunato giocatore…duecentosettantamila euro…bestia che maa de stumich…ecu…la scheda è stata giocata ad Argegno…(altra località distante una ventina di chilometri da San Fedele) ecu, un quaivün de Argegn che ‘l s’è insugnaa cume mì…e un quaivün che a ‘l gh’à minga una tusa deficiente cume mì…

LISETTA          è il destino                                                                                                      47

GILDA             altar che intestino…l’è la rogna! L’era la prima volta nela vita che per ciinq minüt a ma sùmm sentida sciura…ma l’è propi vera; quand sa nàss disgraziaa a sa möör disgraziaa

LISETTA         (vede fuori scena Cesarino)  mamma, sta arrivando Cesarino

GILDA             ecu, inscì sèmm propi in trìì, come le tre “disgrazie”

CESARINO      ciao Lisetta, buongiorno signora

GILDA              propi una bela signora! Signora a s’eri déés minüt fa

LISETTA          (avvicinandosi a Cesarino drammatica) Cesarino, non sai cos’è successo?

CESARINO      cos’è successo?

LISETTA           abbiamo perso duecentosettantamila euro

CESARINO       come “perso duecentosettantamila euro”?

LISETTA          l’altro giorno, quando siamo andati a mangiare al “Caminetto” ed ho pagato il conto di cinquanta euro con la mancia…

GILDA              (a parte) anca la mancia la gh’à lassaa, la baüsciuna!

CESARINO       sì,  ed allora?

LISETTA          quei soldi, me li aveva dati mia madre per giocarli al lotto

CESARINO       non me lo avevi detto

LISETTA          sì, ma non pensavo…

CESARINO       a cosa non pensavi

LISETTA           che proprio quei numeri sarebbero usciti

CESARINO        usciti!?

GILDA                (con veemenza) sì, trii numar! Sedàss, trentanööf e sessanta! Duseentsetanta mila euro! Püsséé de mèzz miliard de liir, te capii!

CESARINO        (rimane esterrefatto iniziando con un tic alle labbra poi con degli strani movimenti nervosi alle braccia) mezzo…mezzo miliardo di lire…

LISETTA              cosa c’è? Cesarino non stai bene…

GILDA                  adèss a ‘l comincia cunt i so scèn…a ga vegn la crisi

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CESARINO        (cade su una sedia, gli si irrigidiscono le gambe e trema) due…duecen…duecentosettantamila…euro…

GILDA             (incalzando spietata) sì! E tütt per düü piàtt de pasta e una bistèca

LISETTA         (premurosa) non fare così, Cesarino…cosa ti succede?

CESARINO       (toccandosi il petto) la tachicardia…ho il cuor in gola…mi manca il respiro...

GILDA              altar che ul respiro! Ta mancherà anca la pagnotta, adèss!

CESARINO      dell’acqua…datemi ell’acqua…

LISETTA          subito! Vado a prendertela (esce)

GILDA              intaant tira giò un puu de sta roba che ta farà bèn (gli da la bottiglia della grappa aiutandolo a bere) ecu, bravu, giò un fiàà

CESARINO       (nel delirio) buona l’acqua…

GILDA               altro che buona! E’ di sorgente

LISETTA       (rientra con l’acqua) ecco, ecco Cesarino…(a Gilda) ma gli hai dato la grappa?

GILDA             un goccio, perché?

LISETTA         gli fa male! E’ astemio

GILDA             ga fa maa a minga bervela

LISETTA         su, su Cesarino…riprenditi (gli fa bere dell’acqua)

CESARINO      no…no...quell’altra

GILDA              te vist che ‘l vöör la mia?

CESARINO      (riprendendosi lentamente) miliardi…milioni…euro…tutto al ristorante…

GILDA             danéé bütaa nel cèss! In tütt i sensi…

CESARINO      (c.s. a Lisetta) perché non me lo avevi detto?

LISETTA          cosa?

CESARINO      che i soldi erano per il lotto

LISETTA         pensavo che ti avrebbe fatto piacere svagarsi al ristorante con me

CESARINO     ma hai tradito tua madre                                                                               49

GILDA             bravu! Digàll là. traditrice!

CESARINO     avremmo risolto tutti i nostri problemi

GILDA            e anca i me!

CESARINO     (si riprende rivolgendosi a Lisetta) è proprio vero che non bisogna fidarsi delle donne…tu sei come tutte le altre

LISETTA         (risentita) questo è il ringraziamento per aver avuto un pensiero gentile nei tuoi confronti! E’ proprio vero che non meriti niente

CESARINO        tu, non meriti! Io non volevo venire al ristorante

GILDA                ecu, giusto! Pudevùff andà in pizzeria, speend vint euro e i altar trenta andà a giügai al lòtt

LISETTA             tu sei come tuo padre. incosciente che ha sperperato tutto e alla fine si è trovato sul lastrico. E ho già detto tutto a mia madre. Che sei uno spiantato senza niente

GILDA                  già, mi ha detto tutto

CESARINO         (irritandosi) lascia stare mio padre e pensa al tuo che era un ubriacone

GILDA                 ti lassa stà ul mè òmm perché a ta spachi la butiglia süla crapa

LISETTA             e tu taglia i capelli perché ho vergogna ad andare in giro insieme. Sembri una donna ed io la tua amante 

CESARINO         dovrei vergognarmi io! Portarti in giro con quegli occhialoni che sembri la cieca di Sorrento

LISETTA             e tu!? Che al ristorante metti in bocca il coltello e ti stuzzichi i denti con la bocca spalancata?

CESARINO          meglio che mettersi le dita nel naso

GILDA                  (a parte) a ‘l sarà un bèl matrimoni! 

LISETTA              basta! Non voglio più vederti

GILDA                  brava!

CESARINO          bene! E così resterai zitella per tutta la vita

GILDA                  mej zitela che murì de fàmm!

LISETTA              e vorrei proprio vedere chi prenderà te

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CESARINO           (alzandosi) io me ne vado

LISETTA              vattene! E non farti più vedere    

                                                                

CESARINO           certo! E non venire a cercarmi (s’avvia all’uscita)

LISETTA               piuttosto morta!

CESARINO            (fermandosi) guarda che io me ne vado davvero…

LISETTA               e chi ti trattiene?

CESARINO           (facendo un passo verso l’uscita e rifermandosi) e poi non tornerò più…

LISETTA               che liberazione!

CESARINO            allora vado…e non lamentarti, se non mi vedrai più

LISETTA               sarai tu a lamentarti

GILDA                  sü, sü, fèmm minga tanti scènn…(a Cesarino) cià, vegn chì e cerchèmm de rasunà un puu

CESARINO           no!

GILDA                  su, fiöö…vialtar sa vööruff bèn. L’è che gh’ìì ul carater un puu…cume dì…un puu bastrücch…sìì düü crapuni. E pö, se gh’è un quajvün che ga dev’èss incazzaa sùmm mì

CESARINO         sì, ma è colpa sua (indicando Lisetta) se non sono stati giocati i numeri

GILDA                 no, l’è colpa tua

CESARINO         mia!?

GILDA                 ceert! Se ti a ta gh’èrat i danéé de pagà ul risturaant, léé la vanzava i mè per giügai al lòtt

LISETTA             ecco! E’ giusto!

GILDA                 (a Cesarino) cià! Vegn chì a setàss giò a ‘stu tavul de buletari e cerchèmm de ragiunà…(a Lisetta) e ti setàss giò lì (indica una sedia)

CESARINO         (sedendosi vicino a Lisetta) va beh! Cerchiamo di ragionare

LISETTA             (compie un timido tentativo di scostarsi) sta in là!

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GILDA                 sü, fa minga taant la malmustusa, neh! Aluura, fiöö…visto che i nostri sogni sono miseramente crollati, cerchèmm de urganizzass un puu…dunca…mì, urmai duvaruu rassegnàm a restà chì in ‘sta betula e tirà avanti cun quii quatar vegètt e vujà vin finché scampi…addio sogni de risturaant cun la servitü…ma uramai, sùmm vegia…beh, “vegia”…non più giovanissima…e gh’èmm de pensà a vialtar. Prima cosa, gli studi

CESARINO       come potremo continuare l’università?

GILDA              eh, già! Prima ga n’avevi vüna e adèss ga n’ù scià düü…fiöö, vendumm i terén. Anca se l’è tera agricola un quajcòss a ‘l salterà fö. A vendumm föra tütt e chi s’è visto s’è visto…tant per tirà sü un puu de danéé per pagà i stüdi… pö, quand avrii ciapaa la “laura” un quaj lavurà a ‘l salterà föra

TEO               (entra con la spesa)  ecu! Ul pàn, ul zücur e i ööf… (li appoggia sul tavolino) e sü ala posta a gh’era nessun. Sa veed che la pustina l’è in giir a fa i cunsegn

GILDA           l’è malada

TEO                alura ul giurnal de incöö a ‘l riva dumàn

GILDA           no, l’è rivaa

TEO               chi l’è che ta l’à purtaa?

GILDA          ul pustìn de riserva. “Colgate con gardol”

TEO               cumè che ‘l sa ciama?

GILDA          cussè vött che ‘n s’appia mì? (vede la spesa) e la sàà grossa, indua l’è?

TEO               porca bestia, ma sùmm minga regurdaa

GILDA          che crapa de ravanèll! Ma parva de savèll…

TEO               (vedendo i due giovani mogi e pensierosi) se gh’è! Gh’è moort ul gàtt?

GILDA          magari fùss dumò moort ul gàtt

TEO               a gh’ànn düü facc de füneraal

GILDA          gh’è stada una buzzada

TEO               ancamò! Ma paar che litigan un puu de spèss

LISETTA        non sono affari tuoi!

GILDA           (a Lisetta) tì, bèca! Rispuund minga ala géént inscì, neh!

TEO                la sarà un puu nervosa…cià, portum un bèl bianchìn  e sa ‘n parla pü             52

GILDA             (a Lisetta) portacch un bianchìn al Teo e porta de là la spesa

LISETTA          va bene! (esegue ed esce)

TEO                   alura, Cesarino, cume la và?

CESARINO       (accompagnandosi da brevi scatti del viso risponde seccamente) così, così!

TEO                   hué, a ‘l paar nervusètt anca lüü

GILDA               altar che nervuus…l’è roba de da fö de màtt

TEO                    ma cussè che gh’è sucedüü?

GILDA               (gli porge il giornale) tòh, leeng chì!

TEO                   (prende il giornale e legge)  “Rosa Bazzi e Olindo annegano nei debiti”! (a discrezione si potrebbero enunciare fatti di cronaca o mondanità attuali)

GILDA               cussè!? (legge) “Rosa Bazzi e Olindo negano gli addebiti” ignuraant! Leeng püsséé in bàss

TEO                    “Fabrizio Frizzi soffre per le emorroidi”!

GILDA                ma induè che ta lengiatt?

TEO                    la prima pagina, no!?

GILDA                (indicando) leeng lì!

TEO                    “colpo grosso nella nostra provincia”

GILDA                ecu! Vann avanti

TEO                    “incidente…

GILDA                 incidente!? (guarda) ingente!

TEO                      e cussè che ‘l vöör dì?

GILDA                 a ‘l vurerà dì “tantu”, “gròss”…

TEO                    …”incente vincita al lotto…duecento…duecentosattanta mila euro”…e chi l’è che i à vinciüü?

GILDA               mì!

TEO                    tì!? Ma de bùn?

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GILDA              sì…(rientra Lisetta con il bicchiere di vino) se quela disgraziata lì la ma giügava la schedina

TEO                  cumè, a capissi minga

GILDA            l’altar dì, a gh’ù daa cinquanta euro de giügà al lòtt a San Fedéé cunt i nümar che ma sùmm insugnada…

TEO                 e alura?

GILDA          e alura, piutòst de giügaj, a l’è andada a mangià al risturaant cun quèll disgraziaa lì (indicando Cesarino)

TEO                  e alura ta ciapàt nagòtt?

GILDA              l’ù ciapaa sül gròpp!

TEO                  ma…ma la schedina, indua l’è stada giügada?

GILDA              giò ad Argegn

TEO                  Argegn!? ma…ma…ma alura…e i nümar?

GILDA              i nümar eran tütt quii che ù dii mì

TEO                  sedàss, trentanööf e sessanta…

GILDA              cume ta féét a savèll?

TEO                  ma quand a ta gh’èèt dii ala Lisetta de giügai, a seri chì ancamì

GILDA              ha, già! Ma rigordi

TEO                  (con emozione crescente) …alura…alura sùmm mì!

GILDA             (tutti improvvisamente si risvegliano guardando Teo) cumè ta séét tì?

TEO                  già! Quand a te cüntaa sü la storia di sogn e di nümar, mì ma i sùmm regurdaa e i ù giügaa

GILDA              e indua l’è la ricevüda?

TEO                  (cercando nelle tasche) ma ‘l suu minga…duvaria aveghela chì in giir…ma indué che l’ù metüda?

GILDA               ma l’è stada giügada a Argegn

TEO                 giusta quèll dì, quand a sùmm andaa via de chì, sü in piaza ù truvaa l’Angiulìn che cunt ul camion a ‘l nava giò a Argegn per ul trasloch dela sua tusa                                   54

GILDA              e alura?

TEO                …alura a ‘l m’à dumandaa se andavi insema a iutàll. Inscì, a sèmm partii. Ala sira, quand gh’èmm finii a ‘l m’à daa vutanta euro. Sèmm andàà dal tabachìn a bevan un bicéér e, quand ù vist che gh’era ul barachìn del lòtt, a ta ma séét vegnüda in méént e ù giügaa cinquanta euro…

GILDA             (veemente) e indua l’è la ricevüda? 

TEO                 (sempre cercando nelle tasche) a riessi minga a truvala…

GILDA             ta l’avaréét minga perdüda…

LISETTA          (incalzante) cercala bene nelle tasche

CESARINO      (c.s.)  l’avrai messa in qualche cassetto a casa


TEO                 (estraendo il portafoglio  e scruta nei vari settori) e sì che ga l’avevi in giir…

GILDA             (gli prende il portafoglio e cerca con frenesia) fa vedé...varda che casòtt…(estrae dei foglietti che butta sul tavolino) cussè che l’è sta roba…tütt föj senza danéé…(tra le varie cose trova una piccola fotografia)

TEO                   l’è la futugrafia dela mia pora mama 

GILDA            (buttandola sul tavolino con gli altri pezzi di carta) anca la pora mama…e la ricevüda indua l’è? 

LISETTA           ma non si può essere così smemorati

CESARINO       (a Teo) ma dove ce l’hai la testa?

GILDA              (svuotando il portafoglio e rigirandolo) gh’è nagòtt…’stu senza cò l’avarà perdüü anca la ricevüda

TEO                  un mumeent!

GILDA             (tutti si bloccano) se gh’è?

TEO                  ul petin…(estrae un piccolo pettine con la custodia) ma paar de avela metüda déént chì…(introduce il dito e toglie il tagliando) eccola!

GILDA              (gliala strappa dalle mani) fa vedé…sì, l’è léé! (legge) sedàss, trentanööf, sessanta…(esulta) siamo ricchi! (esultano a soggetto anche Lisetta e Cesarino)

TEO                (li guarda ed esclama forte) ma oh! (tutti si bloccano guardandolo) ma vardéé che  la vincita l’è mia, neh! (pausa) fina pröva contraria al lòtt l’ù giügaa mì

GILDA           ma i nümar ta i ù daa mì                                                                                   55

TEO                  ma se i giügavi minga mì, a serum cumè prima

GILDA              sì, va beh…ma…ma l’è cume se füssum in famiglia

                                     

TEO                  che famiglia? Mì a gh’ù nessüna famiglia

GILDA             cumè! Adèss ta sa mangiàtt tütt i paròll

TEO                  che paròll?

GILDA             cume, che paròll? Ta sa regordàt minga quand ta disevat. ”perché sa metùmm minga insèma?”…”mì ta sùmm sempar staa fedele” e “t’ù sempar vurüü beèn” è!? Ta sa regordàt già pü?

TEO                e tì, cussè che ta ma rispundevàt? “la Gilda la sa rangia sempar. La Gilda la resta sempar in pè!”…”non c’ò voglia di portarti in giro in caruzzèla e cambiàt i pannoloni”…ta sa regordàt?…gh’è passaa pooch dì

GILDA            ma ìnn ròbb che sa disann inscì, taant per dì un quajcòss

TEO                 ah! Perché adèss ta i pensat pü?

GILDA             le idee si cambiano come il vento!

TEO                 comincia a dàmm indréé la mia ricevüda…

GILDA            (porgendola) e cosa ne farai?

TEO                 (se la prende) beh, vist l’andazzo…pudarèmm mètt a post ‘sta betula…farèmm un bèl risturaant...e sü de sura fèmm fö un apartameent per mì…va ben?

GILDA             beh, se ta pagat tütt tì, per mì a l va bèn

TEO                 e i fiöö, i mandumm a Milàn inscì a finissan de stüdià e farann la loro vita…va ben?

GILDA              …se ta ga pensat tì, per mì a ‘l va bèn

TEO                  e pö, magari, un dumàn, sa spuserèmm anca nümm…va ben?

GILDA              se propi ta insistètt, va bèn

TEO                   bene, affare fatto! E stasera, andèmm tütt al caminetto a fàss una bela mangiada per festegià

LISETTA             bene, viva il Teo!

CESARINO         Teo, sei un grande!

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GILDA               alura andèmm a vestìss per la festa

TEO                    sì, però…

GILDA               però, cussè?

TEO               se andèmm al Caminetto a mangià, a ta duvaréét pagà tì, perché mì sùmm a bulèta sparada

GILDA               cumincium propi cunt ul pè giüst!

TEO                    preocupàss minga che ta i daruu indréé cun gli interessi

GILDA              sperèmm! Intaant, dàmm indréé quela ricevüda perché lassala in màn a tì l’è facil che la vaga a fàss benedì (prende la ricevuta)

TEO                    toh! Ù bèl e capii che chì a ma tucherà fa ancamò ul cavaliere servente

GILDA                ceert! Perché sta insema ala Gilda l’è sempar un piasè  e…(rivolgendosi al pubblico) cume l’à pagaa tüta sta bela gèènt per sta in mia compagnia, ta duvaréét pagà anca tì nela speranza che luur abian passaa una bela serada e tì ta passereet una buona vecchiaia. Ma regurdevàss tütt che la Gilda, po’ burlà giò ul muund, ma la “resta sempar in pè”!

 

FINE

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