“…. E LUI GIOCA…..”
Tre atti di Cesare Giulio Viola
A ELSA MERLINI
PERSONAGGI
GISELLA RAMASIO
GIACOMO RAMASIO
ENRICO NAVARRA
LA SIGNORA RAMASIO, madre di Giacomo
DASY
ARDUINA
CLOTILDE
GIOVANNA
ATTO PRIMO
Il salotto di Casa Ramasìo, Al levarsi della tela la scena è vuota. Poi entrano dalla porta di fondo Gisella ed Enrico Navarra. Enrico reca sulle braccia alcuni corpetti» per bimbi: anche Gisella ha le mani ingombre di cuffiette, scarpettine di lana, magliette. Enrico (impacciato si guarda intorno, poi depone il suo lardellato sopra un mobile)
GISELLA - Non lì, Navarra: qui; Su questa tavola...
ENRICO - Scusi: io non sapevo. (Trasferisce i corpettìni dal mobile sulla tavola).
GISELLA - Lei non sa mai nulla! Ora conti.
ENRICO - Come?
GISELLA - Conti.
ENRICO - Senta,GISELLA: lei sa che io sono un amico devoto e paziente. Ma la prego di ricordarsi che da un'ora non fo che contare. E che lei m'aveva, invece, invitata a prendere un té.
GISELLA - Avrà il tè! Per ora conti.
ENRICO - Si può sapere, tuttavia, se questo è l'ultimo lotto?
GISELLA - Per oggi è l'ultimo.
ENRICO - Sta beaci Dunque: lapis e carta.
GISELLA - (dopo èsserti fornita dì lapis e di carta) Pronti!
ENRICO - (contando) Corpetti: undici.
GISELLA - Debbono essere dodici: è la dozzina della signora Fanelli.
ENRICO - Infatti son dodici! Scarpcttìne di lana rosa con relativi pomponemi del medesimo colore: sei paia. Graziose! Peccato che a una certa età non si possano più portare) Carnicine in lino finissimo...
GISELLA - Non è lino finissimo: la cariti non coniente lussi.
ENRICO - Ventiquattro.
GISELLA - Ma se non le ha guardate neppure,.,
ENRICO - Sono legate e c'è scritto sopra n. 2è : non ho nessuna ragione di smentire la gentile donatrice! Eppoi c'è tutta quest'altra roba che è regolarmente impacchettata... Che la contiamo a fare?
GISELLA - Ho capito: lei è stanco.
ENRICO - No: ma se il fermasse un momento! Se finalmente dopo tanta carità per l'infanzia abbandonata, avesse dieci minuti dì cariti per la « vecchiaia abbandonata ni
GISELLA - Non mi occupo di certa vecchiaia abbandonata!
ENRICO - Lo sappiamol Verrà un giorno in cui mi travestirò da poppante e mi presenterò in casa sua, in braccio a una balia! Allora soltanto…
GISELLA - Lo faccia: ma che sia di carnevale! E ora rimetta tutto a posto: così! E controllerò poi da me! E grafie: è stato molto buono! Bravo Navarra! Ecco: invece di perdere tempo a chiacchierare...
ENRICO - io avrei preferito chiacchierare. Veramente:
GISELLA - Io no! Ora le faccio portare il tè, (Suona il campanello).
ENRICO - Grazie.
GISELLA - E ci riconciglieremo: si segga, prego.
ENRICO - Grazie.
GISELLA - Che ore sono?
ENRICO - Le sei e cinque.
GISELLA - Può darsi che salga dallo studio anche Giacomo: gli ho detto che lei sarebbe venuto a trovarmi nel pomeriggio.
ENRICO - Io l’ho incontrato stamani al Palazzo di Giustìzia.
GISELLA - Lo so: ha molto da fare in questo tempo. Certe «ere ritorna stanco. E io glielo dico: Smettila! riposati! Neppure un giorno di vacanza tutto l'annoi Niente! — Non trova che Giacomo sia invecchiato?
ENRICO - Se lo dice leil
GISELLA - Già : si può dire che non sia stato mai eie* vìne! Ma quand'era studente, era cosi?
ENRICO - Quand'era studente scriveva versi.
GlSELLA - Ahi Beh! E lei?
ENRICO - Io? Mai scrìtto un verso! Quando io tornai, qui, da Buenos Aires, dopo otto anni, io credevo dì trovarlo avviato per il non fiorito sentiero delle lettere. Sì, perché faceva sul serio! E invece esercitava già la professione, con quella fortuna che gli ha consentito di sposare lei,
GISELLA - Giàl Fu il mio povero papa: aveva mola stima di lui. Giacomo, come saprà, era entrato nel suo studio come procuratore. E mio padte gli affidò lo studio e la figlia : le due cose pia care che egli avesse... (Impaziente) Ma questo te"... (Suona una seconda volta il campanella).
ENRICO - Verrà; non s'impazientì, signora GISELLA! Si chiacchierava tanto bene, lo già me n'ero' dimenticato.
GISELLA - Arduina sa che ogni giorno alle sei deve servire il té.
ENRICO - Forse non avita sentito il campanèllo.
GISELLA - Ma ora ài l'ho sentito io! (Si apre la porla) Eccola... (Entra Clotilde col vassoio),
GISELLA - Ma perché l'avete portato voi, Clotilde! È un servizio che spetta ad Arduina, lo sapete...
CLOTILDE - Arduina era di lì che s'è sentita poco bene.
GISELLA - Che ha?
CLOTILDE - Niente di grave, signora. S'era stesa un momento sul letto; poi, quando lei ha suonato, l'i aliata subito: ma io avevo già messo il grembiule e per non perdere tempo.,,
GISELLA - Beh! Per questa volta passi. Grazie» Andate pure. Telefonate al signore, e ditegli che il té è pronto, e che c'è anche il signor Nayarra...
CLOTILDE - Sta bene, signora. (Esce),
GISELLA - (mentre serve il té) Dunque! Dicevamo? Ah! Giacomo! Ma la interessa? Lo vede quasi ogni giorno: lo conosce fin dall'infanzia: e dunque ne sa di lui, forse più di quanto possa saperne io, Dovrei chiederle io tante cosci Ma son certo che anche lei non potrebbe rispondermi. E allora rinuncio.
ENRICO - Che cosa vorrebbe chiedermi?
GISELLA - Per esempio: se Giacomo è stato sempre un «omo cosi chiuso, severo, direi, a volte scontroso! Non vorrei averlo ridotto io cosi.
ENRICO - Lei? Ahi con lei non si diventa scontrosi! Lei, cara amica, ha una grande qualità: cucila di essere una donna lieve... Non oko una donna leggera, sfarfàlieggiante: lievei Che non può pesare sulla vita d'un uomo.
GISELLA - Già: questa è una gentile interpretazione della mia persona! Chissà che molti invece non siano più per la farfalla: leggera, incostante: una donna che fa tante cose si, è vero, utili, ma non si ferma " mai! Ma, pensi, come dev'essere noiosa una donna che non sì ferma mai! Vista cosi, come una cosa staccata da noi, dev'essere ridicola: ossessionante: una trottola col moto perpetuo!
ENRICO - Ma che dice! Lei è una donna piena di vita, di entusiasmi!
GISELLA - No! Debbo estere una gran seccitricc) Certe sere, quando sono già coricata e spengo il lume, e non posso dormire, ricapitolo ad occhi chiusi la mia giornata! È terribile! O^gi, per esempio, uscita alle otto del mattino — corri di qui, corri di lì — ritornata a colazione, riuscita alla una e mezzo, rientrata alle cinque, con l'automobile carica di tutta quella roba che pareva il camion della Rinascente! Un'ora a mettere in croce lei con il lapis alla mano: stasera, dopo prana», via ancora! Infanzia abbandonata; zuppe per i poveri; comitati! Majonfjl -Bridgel Teatri! È una ruota che non » ferma mai! Se ci penso non so perché faccio tutto questo! Chi me lo fa fare? Ahi Stendersi: ripo sarsì : andarsene in campagna a vivere fra le galline!
ENRICO - E perché non te fa? Chi meglio di lei? Non ha figli,..
GISELLA - E che farei in riposo?
ENRICO - Oh Dìò! Farebbe per lo meno una cosa diversa.
GISELLA - Mi anhoierci: ho paura della noia; caro Navarro, E allora, viaI Trottolai E la viti camminai Tanto:
GISELLA - ride di tutto! Non è cosi?
ENRICO - Non sempre.
GISELLA - Ma quasi sempre. Anche in collegio era cosi. E da allora rn'è rimasta questa etichetta. Al punto che se avessi un dolore non so ae leti mio marito* tutti insomma, potreste credermi
Appare Giacomo dalla porta di fondo. È un uomo di quarantacinque anni. Un avvocato eminente: persona serissima.
GIACOMO - Ohi Navarral Oh cara!
GISELLA - Ohi Giacomo! Sei venuto proprio a tempo; mi avviavo a fare un discorso malinconico a Navarca…
GIACOMO - Tu?
GISELLA - (a Natmrra) Ecco) Ha visto? — Puoi stare un po' con noi?
GIACOMO - Pochi minuti: ho giù qualche cliente,
GISELLA - Allora ti preparo subito il té.
GIACOMO - Grazie.
GISELLA - Sei stanco? Hai una facciai
GIACOMO - Tanto lavoro! Troppo lavoro! — lo, poi, mi domando perché tutta questa gente stia ad accapigliarsi dalla mattina alla aerai E «i rivolga proprio a me per essere difesa.
GISELLA - Vorresti che lotte il contrario? Per carità, Giacomo)
GIACOMO - (a Navarro) Ohi Tu hai fatto bene: commercio!
ENRICO - Per la piega che ha preso il commercio, oggi, te lo raccomando!
GISELLA - Sii Ma mi pare che sì debba sentire più direttamente il polso della vita.
ENRICO - Finché la vita non abbia la febbre: allora senti che polso! Ora lo si tiene sa a furia di eccitanti,
GISELLA - Iniezioni di canfora?
ENRICO - Perfettamente: i fallimenti, all'ordine del giorno.
GIACOMO - Gli! Anche questa storia dei fallimenti! Ma per fortuna la gente se n'infischia: e forse ha ragione…
GISELLA - Giacomo!
GIACOMO - Si, capisco: un fallimento doloso, colpirlo a morte. Ma un disgraziato che ha fatto l'impossibile per salvarsi e a un certo punto rotola travolto da quella che si chiama crisi, e non ì pia un fatto personale, ma un fatto universale: voglio vedere perché dovrebbe sentirsi radiato dal mondo! Un tempo ci si tirava il rituale colpo di rivoltella: oggi si seguita ad andare in società, come £c nulla fosse accaduto! E in fondo e giusto: non pagano gli stati e volete che paghino gl'individui,
GISELLA - Ma, Giacomo! Oh, Dio, Giacomo! Tu sei malato! Fatti vedere subito da un dottore, Giacomol
GIACOMO - Lascia andare, cara: sto benissimo! Gli è che io non ragiono mai di queste cose con te; e stasera, cosi, per combinazione...-— Dimmi piuttosto, ma Arduina non è in casa?...
GISELLA - Si, è in casa. Perche?
GIACOMO - Perchè è venuta Clotilde ad aprirmi la porta.
GISELLA - (levandosi di scatto) Ancora? Ma io non capisco! Permetta Navarca...
GIACOMO - Dove vai?
GISELLA - Niente! Torno subito. Voglio vedere! (rapida dalla parla di fondo).
GIACOMO - Che c'è, dunque?
ENRICO - Non so: credo che Arduina si sia sentita poco bene.
Ahi |
Giacomo |
Ma tu? Che |
ENRICO - hai. |
Io? Guai! |
Giacomo |
Dasy?.,, |
Enkico |
Giacomo |
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Oggi l'hai vista? |
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Enrico |
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No. Soa venuto qui, oggi. |
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Giacomo |
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Stasera resti a |
pranzo con noi? |
ENRICO - Sì: come ogni sabato.
GIACOMO - Son le sei : pranziamo alle otto! Ti prego, fa un salto fino a casa di Dasy: trova una scusa qualunque per GISELLA ; poi toma qui.
ENRICO - Figurati! Ma che e accaduto?
GIACOMO - Ciò che può accadere in una di quelle giornate in cui un uomo sente che il suo esiino si definisce. - Nella vita sorto pochissime: due, tre forse! Ebbene, non co, mi pare che oggi, 15 ottobre, sia una di quelle date singolari ; per me, che non sì scordano piai 15 ottobre: fissata 11, come una scadenza: Senti che non puoi scansarlaI Del resto l'ho voluto io: doveva venire.
ENRICO - Mi care che Dasy si fosse gii calmata: ieri stava di ottimo umore.
GIACOMO - Si : poi d'improvviso, oggi alle due, quando, tornando dal Palazzo di Giustizia, sano andato da lei... . È stato come se si tornasse a quindici giorni fai Come se tu, io, per quindici giorni, non avessimo parlato. - Insomma siamo daccapo: e questa volta senza possibilità d'uscita.
ENRICO - Allora vado! Vedrai: la persuaderò io.
GIACOMO - E quando l'avrai persuasa? - Fra due giorni, fra una settimana, torneremo allo stesso punto, Si tratterà di spostare di qualche giorno la datai Ma l'ora, ormai, è lì che scocca! Allora ti viene una voglia pazza di rompere ogni indugio: e fare, finalmente, ciò che si deve fare...
ENRICO - Cioè?
GIACOMO - Tu lo sai, Enrico E GISELLA?
GIACOMO - GISELLA capirà. Capirà che l'ho difesa in me fino all'impossibile, e che messo nella bilancia il dovere che ho verso l'altra e il dovere che ho verso di lei... Del resto ne abbiamo parlato tante volte, è inutile ricominciare.
ENRICO - Tu sai che non siamo d'accordo.
GIACOMO - Già: finché stiamo in questa casal Appena varchi la soglia, appena respiri un po' d'aria libera, allora senti che le idee ti si smontano e cambi registro, caro!
ENRICO - Ah) No, sai! Io voglio bene a Dasy, adoro il piccolo Lilly, ma sai anche che quando penso a tua moglie ignara, e che potrebbe essere colpita e scontare, l'unica torse, un peccato che non è il suo! Eh! Caro, mi ribello! Pochi minuti fa l'aiutavo a mettere ìn ordine tutta questa roba: carnicine, eiiffiette! E a un certo momento ho pensato che tutto questo suo ammendarsi era fatto per i bimbi degli altri! E allora mi ha (atto una grande pietà!
GIACOMO - Anche a me fa pietà: sapessi! Ma come faccio? Come faccio? Io sto sempre, lì lì, per dirglielo...
ENRICO - Ma questa sarebbe un'infamia!
GIACOMO - È un'infamia qui: ma il tacere è un'infamia nella casa dove vive mio figlio! E io sto a passare i miei giorni tra due infamici Essendo, come suol dirsi, uno di quegli uomini che si sogliono chiamare persone per bene. Ah! chiedi un po' in giro, chi l'avvocato GIACOMO Ramasio: una perla; un galantuomo. Con questo po' po' di rospo che gli balla dentro!
ENRICO - Behl Senti, Giacomo: è inutile perdere tempo a definire chi sei tu: sei come tanti altri. Con l'aggiunta d'una coscienza sensibile, il che poi non è una fortuna! Ma, insomma, visto che Dio te l'ha data I L'im-porta'me è sapere che diavolo succede dall'altra parte.
GIACOMO - La solita storia.
ENRICO - Vuol partire?
GIACOMO - Non so. Sai, io ho sempre paura di picchiare un giorno alla sua porta: e che nessuno risponda. È donna che ha sacrificato tutto -per me, lo riconosco: ma, intanto, ha quest'arma terribile nelle mani : Lilly I Se si porta via Lilly, io come faccio?...
ENRICO - Behl Vado. Farò un salto fino a via Reno, Vedrai che riuscirò anche questa volta a calmarla: e una creatura d'oro...
GIACOMO - E questo è il guaio: trovarsi fra due crear ture d'oro! Soffrire di offendere l'una e l'altra: non sapere chi delle due ha ragione: e sapere soltanto che hai torto tu, tu! Ma sapere anche che chi ha più ragione di tutti è Lilly! Lilly! Non ha chiesto di venire al mondo, Lilly!
ENRICO - Su, calmati: GISELLA ritorna. (A GISELLA che rientro dalla porta di fondo) Signora GISELLA, lei mi permetterà di assentirmi un momento: ho dimenticato che alle sette avevo un appuntamento a piazza Colonna. Vado e torno: sarò qui per il pranzo. Arrivederla.
GISELLA - Faccia pure, Navarra, Arrivederla. L'attendiamo.
ENRICO - Addio, Giacomo. (Dopo aver salutato GISELLA e GIACOMO esce),
GISELLA - (appena è uscito Navarra) Ora, poi, parlerai tu ad Arduina.
GIACOMO - Io? Che è accaduto?
GISELLA - Io la denuncio,
GIACOMO - La denunci? Ma che ha fatto?
GISELLA - In casa mia! Delinquente! Si, perché i una delinquente. È roba da codice penale. Chiamala tu: tu sei avvocato, tu sci uomo, sei anche il padrone di casa, e te non vuoi denunciarla... Fuori: fuori di casa miai E Clotilde che le ha tenuto mano, fuori anche Clotilde I Subito; all'istante.
GIACOMO - Io non so di che si tratti, ma mi pare che tu ecceda. Non vorrai sbaraccare tutto il servizio da un momento all'altri». Ricordati che abbiamo Navarra a pranzo staterà.
GISELLA - Navarca mangerà in trattoria...
GIACOMO - Ma dimmi insomma che còsa è accaduto. Hanno rubato? Ti manca qualche cosa?
GISELLA - Peggio! lo non ne posso parlare: ma è una cosa che mi rivolta. Fattela dire da loro.
GIACOMO - (suona il campanello) Va bene: parlerò io; benché tu sappia che di quanto riguarda la casa io preferisca non occuparmi. Ma tu calmati, GISELLA. (Appare Clotilde dalla porta di fondo).
CLOTILDE - Comandi, signore.
GIACOMO - Clotilde! La signora...
CLOTILDE - (cÓMUlta) Io non c'entro, signore: io l'ho semplicemente accompagnata.
GIACOMO - Ma chi ha accompagnato? Dove ha accompagnato?
CLOTILDE - Arduina! Da quella donna: stanottel Potevo lasciarla sola? Io, però, ho aspettato nella strada. (Rompendo a piangere e volgendo le spalle a Giacomo) Io sono una Brava ragazza: io non ho fatto nulla di male!
GISELLA - Lei è una complice: né -più, né meno) Ed io! Ma dove vivete voi? ma queste carnicine le avete cucite voi: Queste cuffiettei Sapete'-che dalla mattina alla «era non fa che parlare dì biberon*, di povere donne che «1 debbono aiutare, di creature che sì salvano! E queste due malvagel Ah! No. Via, via, via! A casa mia: proprio a casa mia... (Si leva ed esce rapida per la porla di fondo).
GIACOMO - Dunque?
CLOTILDE - Io non so niente.
GIACOMO - Chiamatemi Arduina,
CLOTILDE - Parlate con Arduina. Ma io non so niente. Io oggi stessei me ite vado, signore. Credo di avervi servito sempre bene. Ho lavorato per me e per gli altri, in questa casa, e nessuno se né accorto. Forse la signora ha ragione. Ma io me ne vado.
GIACOMO - Chiamatemi Arduìna. E voi tornate qui con lei.
CLOTILDE - Subito, signore. (Esce. Torna subito con Arduina, pallida, che appena si regge in piedi).
GIACOMO - Dunque: a me potete parlare con calmai Che cosa è accaduto, questa notte, Arduina...
ARDUINA - Signore! Noi siamo povera gente. Come facevo, io: io ho bisogno di guadagnarmi il pane! Come mettevo a! mondo, io, una creatura !
GIACOMO - Ah!
ARDUINA - La vergogna, signore! Ho resistito! Ho sperato che Dìo mi chiamasse! Avrei tolto l'incomodo a tutti! Poi, stanotte, mi hanno consigliato di andare da una donna,
GIACOMO - E ehi vi ha consigliato? E chi è questa donna?
ARDUINA - Se dovete denunciarmi, denunciate me. Gli altri non c'entrano.
GIACOMO - Come non c'entrano? C'entrano al punto che se non aveste avuto la loro complicità non vi trovereste in queste condizioni : quindi bisogna dire il nome di chi fa questo mestiere senza scrupoli.
ARDUINA - non lo dico.
GIACOMO - E... il padre?
ARDUINA - IL padre? Il padre è morto, La colpa è mia: la sconto io.
GIACOMO - Siete convinta di aver commesso... una cosa molto grave? Perché è una cosa grave: è un defitto il vostro. Non si toglie una vita da! mondo.
ARDUINA - SI, signore. E sapeste... che pena, che pena, ora!
GIACOMO - Già: ma è troppo tardi! Capisco che e tanto facile capitare nelle mani d'un mascalzone, che voi è probabile leviate di mezzo tanto per evitargli noie. Ma non avete esitato a compromettere Clotilde. E a compromettere anche un po' la casa mia! Son tutte cose che io terrò presenti: ora parlerò io con la signora. Poi decideremo! Clotilde, per il momento provvederete voi a sbrigare, qui, le faccende di casa. Vói da ora non siete pia al nostro servizio. Siete, anche, in condizioni... Vedremo se sarà il caso di chiamare un medico...
ARDUINA - No, signore.
GIACOMO - Si farà ciò che si deve fare. Andate: andate pure.
(Le due cameriere escono).
GIACOMO - (sì reca alla porta di fondo, Apre) GISELLA.
GISELLA - (entrando con un eerto impeto) Che ti ha detto?
GIACOMO - Quello che tu sai di già.
GISELLA - Ti ha detto almeno il nome dì M?
GIACOMO - No, GISELLA.
GISELLA - E tu non te lo sei fatto dire? E non l'hai messa alla porta?
GIACOMO - No, GISELLA.
GISELLA - Vuoi tenertela in casa ?
GIACOMO - Non sol Vorrei che tu ti calmassi. Fra noi chi sta peggio è lei.
GISELLA - Là compatisci, pure? Oh, questo pòi!
GIACOMO - Non compatisco nessuno: e compatisco tutti. È una cosa grave, GISELLA, che non si può decidere così, su due piedi. Capisco che tu abbia per istinto questo senso di rivolta...
GISELLA - E’ il caso più imprevedibile che potesse capitare in casa nostra.
GIACOMO - Sì, e giusto. La casa nostra e un po' la casa del bambini degli altri. Un pupo dì pia non avrebbe: guastato.
GISELLA - (sorpresa) Giacomo.
GIACOMO - Non è così?
GISELLA - Fai dell'ironia?
GIACOMO - Me ne guarderei berte. Dico quello che Ì, no?
GISELLA - Beh! E allora capirai che questa donna non merita un filo di pietà. In questo, sì, non transigo. Per me, è un mostro. Se penso che da tre anni mi prepara da pranzo, non mangio più,
GIACOMO - Anch'io non transigo.
GISELLA - A non capire che bastava parlasse, ed io l'avrei aiutata.
GIACOMO - In che modo?
GISELLA - Come in che modo, Giacomo!
GIACOMO - Già, tu «ci una delle tante signore che salvano le piccole vite umane. Ma quante credi che sieno le donne che, messe nel caso di ARDUINA, si comportino in un modo diverso?
GISELLA - Tutte quelle che hanno una coscienza; ho visto, io, cento casi: donne povere, che non sapevano come dare il latte al loro piccolo, denutrite, ma rispettabili: nel loro errore, rispettabili,
GIACOMO - E anche io ho visto...
GISELLA - Che vuoi vedere tu che «ttì nel tuo studio.
GIACOMO - Nel mio studio: proprio nel mio studio. Da me, invece, venivano quelle come ARDUINA! Ora non più perché ora faccio il civile... Ma prima, quanti casi!
GISELLA - E tu le hai difese?
GIACOMO - Sì: le ho difese. E spesso con convinzione, contro la mia stessa coscienza. Quando vedevo spuntare il problema della vita di un figlio, che non avrà casa, che non potrà essere accudito col calore d'un'assisten-za continua; il figlio che non avrà famiglia, non avrà nome, perche1 il padre non rttà dargli il suo nome, — capita spesso, vero? — e che dal giorno in cui entra — non so — nell'aula d'una scuola, che è il primo affacciarsi nel mondo, é marcato da un contrassegno che lo differenzia, io isola, non nella vita — la vita se n'infischia — ma nel suo intimo, nel suo segreto... Eh! Allora! Certo la legge condanna, ma noi uomini,.,
GISELLA - (che lo ha seguito meravigliata) Cosicché? Insomma ammettiamo che fossi stato per un momento di pazzia, tu: tu avresti consigliato ARDUINA...
GIACOMO - Io? Che c'entro io?
GISELLA - Dico per dire: per metterti di fronte al caso personale. Perché soltanto cosi si può giudicare.
GIACOMO - lo? (Con altro tono) Sentiamo, piuttosto, come ti saresti regolata tu che sei mia moglie, se io avessi messo al mondo un figlio fuori di questa casa...
GISELLA - Che c'entro io?
GIACOMO - Vedi? Ora lo dici tu « che c'entro io». Perché tu guardi il fatto isolato: e non pensi alle catene che sì creano attraverso questi fatti. Il figlio in un momento di pazzia lo confeziono io, con la collaborazione di una ipotetica ARDUINA! Eppoi?
GISELLA -Eppoi ha il diritto di nascere,
GIACOMO - E quando è nato?
GISELLA - Vive.
GIACOMO - Eppoi? Poi, GISELLA, poi? Perché il poi è l'importante.
GISELLA - Eppoi ha sua madre; e giacché l'ha voluto, provvederà sua madre a lui.
GIACOMO - E io?
GISELLA - Tu. Tu hai fatto male a metterlo ai mondo. Tutti e due avete fatto male. Ma ora che c'è, sbrigatevda voi! Getto non avevate il diritto d'impedirgli di nascere...
GIACOMO - Giusto: questo è il punto fondamentale: nascere! Ma nascere è niente.
GISELLA - D'altra parte mi pare che il tuo esempio non calzi giusto.
GIACOMO - Sei tu che l'hai proposto.
GISELLA - Tu, caro Giacomo, col tuo tran-tran di vita, non sei davvero l'uomo che potrebbe correre l'avventura d'un figlio adulterino. Mi viene da ridere, solo a pensarci! Tu, che ogni sera vorresti, andare a letto alle dieci, e se non fosse per me, che non te lo permetto, avresti già issato la papalina sul capo! No, insomma, non può essere un fatto che riguardi personalmente il placido avvocato
GIACOMO - Ramasio. Non ti ci veggo nella pelle del seduttore, che s'ingarbuglia in un guaio dei genere...
GIACOMO - (lenta, con una voce jpenta) E se io... candidato alla papalina... se, io, avessi un mio bambino fuori di casa?
GISELLA - No, Giacomo: non scherziamo...
GIACOMO - Se io soffrissi! Soffrissi, tanto, per questo bimbo: che vive lontano da mei E trascinassi i miei giorni qui; accanto a te; col pensiero sempre lì: sempre lì!
GISELLA - Giacomo! Ma che mi reciti la commedia?
GIACOMO - Non recito la commedia! Se avessi obbedito a quella legge contro la quale ha agito
ARDUINA - : se, apparsa a) mio orizzonte, questa creatura, io avessi accettato ciò che la vita, la morale, Dio vuole...
GISELLA - Giacomo!!
GIACOMO - (deciso) L'ho accettato, GISELLA: l'ho accettatol Prima o dopo avrei dovuto dirtelo, ora lo sai!
GISELLA - Giacomo.
GIACOMO - Ho un bimbo di tre anni. Si chiama Lilly. È il mio bimbo! E ora me lo vogliono portar via...
GISELLA - Ma che dici?
GIACOMO - Sua madre! Lei che forse è la vera padrona di questa creatura. Ma io come faccio, come faccio?...
GISELLA - E io, Giacomo?
GIACOMO - Tu? Non ti chiedo neppure perdono! Non m'importa più di nessuno! Te, la casa, la professione! Le convenienze! Non c'è che un nome*. Lilly.
GISELLA - Ah! Sicché tu da quattro anni, per lo meno.
GIACOMO - Da cinque.
GISELLA - Ahi Da cinque? Megliol Ma sai che sei un bell'ipocrita?
GIACOMO - Lo so: forse posso apparirti anche un ipocrita, Lo sono infatti. Più che un ipocrita, un disonesto: uno sciagurato,
GISELLA - Stop, caro! È inutile che tu ti definisca. È molto comodo dirsi da sé tutto ciò che dovrebbero dirci gli altri. Tu sei un uomo che per cinque anni ha dormito, bevuto, mangiato con me. Un po' triste, al, triste di trovarsi lontano, forse, da) suo amato bene. Un po' cane alla catena: ma zitto, zitto, il caro Giacomone: muto come un pesce,
GIACOMO - Tu credi che mi sia stato molto facile tutto questo? L'ho fatto per te.
GISELLA - Per me? Grazie! Ma bravo: e allora tu sei l'ideale dei mariti! E dove lo trovavo un altro che m'avrebbe servito con tanta cautela? Bene, Giacomo, bene! E chi è questa ninfa Egeria: questa ARDUINA del tuo cuore?...
GIACOMO - Ti prego di non insolentire contro di lei: pigliatela con me: dì contro di me tutto ciò che vuoi.
GISELLA - Ah! Lei non si deve toccare? È vero! E sempre cosi. Sacre; intangibili! Ma, scusa, lei sapeva che tu eri ammogliato?
GIACOMO - Questo non importa...
GISELLA - Come non importa? È importantissimo. Sapeva che tu avevi una casa, una famiglia, una donna per bene con te: unto imbecille da essere una donna per bene, questo sì! E doveva scegliere proprio te fra tanti milioni di uomini che girano per l'Italia?
GIACOMO - Ha scelto me: mi ha voluto bene.
GISELLA - Ti ha voluto bene! E ti ha aperto le braccia. Ora poi ti chiude la porta di casa. E tu vieni a piangere nel mio seno. Ohi Come sei stupido, GIACOMO! Ti confeziona un Lilly; sì fa un'arma tremenda: e ti pone forse l'aut-aut! Non è cosi? Dimmi, Ed io che volevo mettere alla porta ARDUINA! Ma io dovrei abbracciarmela; ARDUINA è una santa!
GIACOMO - Ora diventa una santa, ARDUINA.
GISELLA - Dico cosi per direi Ma ARDUINA è lei sola a piangere il suo peccato. Mentre il peccato d'un altra dovrei piangerlo io.
GIACOMO - Il peccato! Peccato finché non nasce un. bambino! Noi non l'abbiamo avuto un bambino, GISELLA! Sapessi che torto coartine ci ha fatto la vita! Ma la vira è stata buona con me... lo ringrazio la vita perché ha fatto venire al mondo Lilly! Non m'importa come sìa venuto: è venuto: vive, cammina, giocai Ed io non gli posso stare accanto...
GISELLA - Sono » naturalmente che te l'impedisco.
GIACOMO - Non tu; anche tu! Ma non solamente tu.
GISELLA - No: io. Solamente io: con quest'anello... Ma che posso farci se me l'hai messo al dito quest'anello... (Pausa. Con altro tono) Non ti faccio tragedie, Giacomo. Mi par« che sia una cosa di pessimo gusto. Eppoi non so farle. Ma non credere con questo che io non vegga tutta l'enormità di ciò che accade. Sono una donna tradita. E in generale le donne tradite son un po' ridicole. Una donna che non ti ha dato un figlio; e a cui si dice, oggi, se ho ben capito: — Liberami di tei-— Senti, Giaco-ino: saltiamo i ipianri, le ire, i rimproveri che si usano in queMe occasioni, e diciamori quello che ci diremmo fra quindici giorni, quando fossimo giunti, finalmente, dopo esserci strappati 1 capelli, a veder chiaro in noi. Dicono che io sia una donna intelligente, pratica: questo dovrebbe «sere ìl momento per mostrartelo. Siamo due vecchi coniugi, caro Giacomo! E, forse, quando si e due vecchi coniugi come noi, non ci si ama più.
GIACOMO - Non è vero.
GISELLA - Sì: perché soltanto Quando non cì sì ama, capitano delle tegole dì questo genere. È probabile, anche, che tu non mi abbia mai amato.
GIACOMO - Ma si, GISELLA.
GISELLA - E che ne io io? Avrei dovuto provare con un altro uomo per vedere se il tuo amore i il vero amore. Invece io: da! mio povero papa a te! In questo, vedi, non sei stato buono, generoso, come ti pensavo. Perché hai veramente ferita un'innocenti.
GIACOMO - GISELLA!...
GISELLA - Non ti commuovere, per carità, non li commuovere! Ebbene: tante volte, questo vo-lio confessartelo, io mi son detto, veden-oti sempre chiuso, scontènto... — Chissà che GIACOMO non sarebbe più felice con un'altra donna! — Non avrei mai pensato che tu avessi eia saltato il fosso. No, uesto, poi, no. Mi facevo quella doman-a ipotetica. E mi rispondevo: — Ma come potrei 5o liberarlo di me? — (Pausa, fissandolo) Separandomi: è vero?... (Pausa) Ti basta? Ah! Non ti basta? Già; perché tu vorresti dare un nome, il tuo nome, a questo bambino. Sai, non parlo di lei, perché lei l'ho già giudicata, e non m'importa niente di Tei. parlo del bambino. Insomma, dovremmo annullare? E questo, Giacomo, non posso farlo. Sono i miei sentimenti religiosi che non me lo permettono, Tu sei mio marito; e resti mìo marito, E non puoi «ssere il padre d'un bimbo che è nato fuori di questa casa.
GIACOMO - Il muro: il terribile muro! La prigione!
GISELLA - Già: ma anche se ci fosse il divorzio in Italia ti risponderei tale « quale. Son proprio 1a donna che non ti ci voleva, earol Ma sono una donna pronta a fare per te, — si, per te, GIACOMO tutto ciò che possa facilitare la pace dell'anima tua! Fino al limite che tu conosci. Da questo momento tu hai la tua libertà.
GIACOMO - La mia libertà!
GISELLA - Insomma : se credi che io debba allontanarmi da te! So che questo non risolve il problema. Ma che posso farci? C'è un limite anche alla generosità. (Pausa; con altro tono) Se vuoi andare E, questa sera, va! Troveremo una scusa per Navarra. (Suona il campanello. Appare Clotilcb).
CLOTILDE - Comandi signora.
GISELLA - Quando verrà il signor Navarra, gli diCi che siamo dolenti dì non poterlo ricevere, ìl signore è dovuto uscire. Tu esci, è vero? E io mi son messa a letto, con un gran mal di capo.
CLOTILDE - Non pranzano, questa sera?
GISELLA - Preferiamo non pranzare...
CLOTILDE - (rompendo a piangete) Tutto per colpa nostra! Tutto per colpa nostra!
GISELLA - (mentre Clotilde esce) Gii! Tutto per colpa vostra.
CALA LA TELA
ATTO SECONDO
mo cara di Navarra. In prima piano un salotto: poi m ano, e oltre l'arco la stanza da pranzo. Nel salotto, a sinistra una porta: a attira una finestra. Nella stanza da pmn-• sto, in fondo, una porta. Quando s'alza la tela, GWvanna, la carne' riera di Navetta, finisce di mettere in ordì-ne la tavola: ha preparato due posti. Poi ette dalla porta di fondo: rientra in (scena, con alcuni vasi di fiori, che depone sui mobili del salotto. Entra in questo momento disila porta di sinistra del salotto Navarra; reca un pacco di dola.
ENRICO - (dando il pacchetto a Giovani**) Ecco i dolci. Lei ha gii tutto preparato?
GIOVANNA - Sissignore. Anche i fiori...
ENRICO - (guardando i fiorì) Ma perché ha preso dei crisantemi?!
GIOVANNA - Costavano meno, signore.
ENRICO - E che importa? Non c'erano rose?
GIOVANNA - Sissignore.
ENRICO - E «ada a prendere venti rose. Benedetto Iddio: lei mi fa economia proprio al momento meno indiato. Con tutti questi pianti che ci sono in giro, lei mi compra i crisantemi. Ecco: queste son cinquanta lire. Faccia un salto giù dal fioraio: dica che servono a me...
GIOVANNA - Sissignore... (Esce).
ENRICO - (trae dalle tasche alcuni pacchetti dì sigarette: ne colma le scatole che sono sui tavolini: cala la tenda alla finestra. Si guarda intorno soddisfatto. S'ode ìl trillo d'un campanello. Pausa. Il campanello trilla una seconda folta. ENRICO si reca alta porta di fondo) Giovanna! (Ma Gìovànm non risponde. Enrico esce dalla porta di sinistra del salotto. Rientrerà dopo una pausa, con GISELLA, sempre dalla stessa porta).
ENRICO - Mi scusi: la mia cameriera era uscita proprio in Questo momenti Nella casa d'ttao scapolo la servitù non abbonda! Le dirò, anzi, perché era uscita: volevo che al posto dì questi... fiori, lei trovasse delle rose.
GISELLA - Ma questi sono bellissimi...
ENRICO - SI Ma rose: ci vogliono ro»c. Ho l'onore di averla a colazione la prima volta in casa mia, e il crisantemo non mi pare the sia il fiore più adatto ad accogliere una bella «ignora come lei.
GISELLA - Vada per fc rose! Grazie! Ma, caro Navarra, crede davvero che questo sia il momento per buttarsi a fare della galanteria?
ENRICO - Il momento è sempre opportuno. Io mi metto in regola...
GISELLA - Spero che non avrì fatta preparare Una Colazione, diciamo cosi, fuori programma.
ENRICO - Una tota leggera; ma quello che ci vuole. Vuol togliersi il cappello?
GISELLA - No, grazie...
ENRICO - Su via: si tolga il cappello: faccia come «e stesse in casa sua.
GISELLA - E togliamoci il cappello!
GISELLA - (porge il (appetto a Navarra che lo parla in un'altra stanza; toglie dalla borsa specchietto e piumino, si acconcia come fanno tutte le donne. Quando Navarca rientra, guardando l'orologio da polso) Sono le undici, è vero?
ENRICO - Sì, le undici.
GISELLA - Sono venuta un po' troppo presto.
ENRICO - Meglio, signora GISELLA; è un piacere per me.
GISELLA - Gli è che, caro Navarra, avevo già tutto sbrigato nella mattinata, e allora mì son detto: «Vado in anticipo a raggiungere quel caro Navarra. Ero certo di trovarla qui, perché' ho pensato: «Ora Navarra prepara i fiori! —E infatti! — Vigila perché la tavola sta degna dell'ospite. — infatti! — Rifornisce di sigarette le sue scatole.
ENRICO - E infatti... (Porgendo una scatola) Vuole una sigaretta?
GISELLA - Grazici
ENRICO - Un cok-tail?
GISELLA - Una « coda dì gallo », prego.
ENRICO - Uhi Pardon! (Correggendosi) Scusi! Ho qui il mio piccolo bar. (Va al bar, ne trae una bottiglia, versa in due bicchieri la bevanda, offrendo « lepando il bicchiere) E con l'augurio che queste visite si facciano più frequenti…
GISELLA - Non è un augurio perché vorrebbe dire che la mia casa continuerebbe ad andare a rotoli.
ENRICO - Che c'entra.
GISELLA - Potrebbe accadere anche questo, no? Quello dei pasti e davvero il momento in cui più evidentemente si realizzano certe situazioni. Voi uomini, avete la fortuna di potervi sedere a una tavola di ristorante. È un fatto normale. Ma noi? Giacomo, per esempio, penso che abbia, in questo sento, risoluto il suo problema. Io, invece, sono costretta ad andare a pranzo e a colazione dagli amici. Allora ho fatto una piccola Usta fra i più intimi : e passo ogni giorno di casa in casa. Oggi è toccata a lei. A questo si aggiunga che sono senza cuoca, e anche volendo!
ENRICO - Ha mandato via ARDUINA?
GISELLA - Dopo quello che era accaduto! E gli amici, finalmente serviranno a qualche cosa, caro Navarra, anaci carissimo Navarra I
ENRICO - Perché mi chiama «carissimo»?
GISELLA - Le dispiace?
ENRICO - No: ma me lo dice con un tono!
GISELLA - Io chiamo tutti carissimi, onrui. Carissimo lei, carissimo mio marito!
ENRICO - Non partiamo di suo marito! to vorrei che quest'ora che lei passerà qui serva ad allontanarla col pensiero...
GISELLA - Scusi, e te noti parliamo... di die palliamo?
ENRICO - Oh ! Dio! Ci sono tanti argomenti. Sa, io Io faccio per distrarla.
GISELLA - E allora parliamo della « pianta di Roma ».
ENRICO - E perché proprio della pianta di Roma.
GISELLA - In questi giorni, ho molto camminato per le vie di Roma, e mi pare d'avere scoperto la citta. Ah! Roma sì sviluppa con una rapidità meravigliosa.
ENRICO - Certo s'avvia ad essere una grande metro-
GISELLA - Eppoi! Molto intelligente quella ripartizione: dei quartieri! Qui i musicisti, 11 i poeti, 11 gli scienziati... Non so se a tutta questa brava gente faccia piacere ritrovarsi gomito a gomito per l'eternità, ma, insomma, se hanno di scambiarsi qualche idea! Lei invece h» scelto il quartiere dei fiumi: zona alluvionale...
ENRICO - Un quartiere di pace...
GISELLA - Quando piove ci si deve andare in barchetta! — Via Adige! — Strade simpatiche: molti alberi: piccoli giardini! — Via Cli-tunno, Via Dora... Lei sa dov'è Via Reno?
ENRICO - Qui : a due passi : da Via Adige una breve salita e si sbuca a Via Reno.
GISELLA - Già: mi pareva.
ENRICO - Ma perché me lo chiede, signori GISELLA?
GISELLA - Perché, dacché ci conosciamo, m'è parso di averle sentito nominare tutte le strade di Roma, tranne via Reno,
ENRICO - (turbato) È probabile.
GISELLA - (risoluta, con altro tono) Cito Navarra; non è per mostrarle un qualche risentimento: come vede ero invitata a colezione da lei, e ci son venuta. Ma io speravo che, almeno lei, fosse un amico sincero...
ENRICO - (sgomento) Ma che ha fatto, signora GISELLA?
GISELLA - Prima di parlare di ciò che ho fatto io, è bene parlare di ciò che ha fatto lei. Io sono andata due ore fa a Via Reno, e ho anticipato la mia visita a lei perché avevo bisogno urgente di parlarle.
ENRICO - Per dirmi?
GISELLA - Per dirle che nella vita non si tiene un piede in due staffe : non si viene ospiti il giovedì a casa mia, mentre il mercoledì si i pranzato... Lei mi ha capito! In questa storia chi fa la più bella figura, le assicuro...
ENRICO - Sono io) E sta bene! Vuol dire che io le chiedo scusa, e se crede che la mia presenza in casa sua...
GISELLA - No! No! Non volti le cose al tragico! Qui tutti tendono al tragico. E con le tragedie noti si cava un ragno dal buco.
ENRICO - Lei deve pensare che oltre ad essere amico suo, io ero anche amico di Giacomo,
GISELLA - E proprio perché era amico di Giacomo!
ENRICO - Che dovevo fare? Io ho presa una posizione molto netta di fronte a lui: io ho sempre difeso chi irti pareva la più colpita. E’ proprio da lei mi deve giungere,,. E sta bene... Riconosco che dal suo punto di vista... (qnasi scattando) Ma quel benedetto uomo, stava tanto bene a casa sua! Si fosse turata la bocca, almeno! Niente: doveva parlare...
GISELLA - Oh! No: ha fatto bene!
ENRICO - Benissimo: per i risultati! (riprendendosi) Scusi, sa, io non c'entro in queste cose...
GISELLA - Noi c'entra: c'entra. Non ilei che ha fatto da padrino al bambino?
ENRICO - Anche questo le hanno detto?
GISELLA - SI; la cameriera. Mi hanno detto tutto: ora' so tutto.
ENRICO - Senta, signora: lei ha fatto molto male ad andare a Via Reno. Permetta che glielo dica: ha fatto malissimo; se si fosse coti: agliata con me...
GISELLA - Mi avrebbe dissuasa. E, invéce, sola, pensando con la mia testa, ho fatto ciò che dovevo fare. Una vìsita! Decisa, cosi, d'improvviso; in una di quelle pause, quando si spenge la luce, di notte, e si pensa, si pensa,
ENRICO - E ha conosciuto?
GISELLA - No… Non era in casa.
ENRICO - (con un sospiro di sollievo) Meno male.
GISELLA - Ho visto, pere... Sì... Dalla finestra; giocava nel giardino.
ENRICO - '(spontaneo) Gioca sempre nel giardino.
GISELLA - È un bel bimbo.
ENRICO - (c. i.) Bellissimo, (riprendendosi) Oh, scusi, signora.
GISELLA - Perche? Se è bello si puè dire il contrario?
ENRICO - Ma lei, come aveva saputo l'indirizzo,
GISELLA - Mio marito: ormài mi dice tutto. L'unico riserbo molto amichevole l'ha avuto nei suoi riguardi. Lei deve essergli molto grato. Ma in quanto al resto, una fontana!
ENRICO - Questo capita quando non si hanno più i nervi a posto.
GISELLA - O quando non si ha pia la forza dì mentire! Finalmente ora non si mente più per cinque anni ha mentito mio marito, ha men-uto lei: ora si dice la veriti! Costa cara. ma si dice la verità. E le sorprese aumentano ogni giorno! Sa che, oggi, ho scoperto che mio marito è un uomo allegro?
ENRICO - No».
GISELLA - Non si direbbe, ma mio marito è un uomo che sa ridere. In casa mia, come lei sa, non c'è una sua fotografia alle pareti. Lì, pare una mostra del ritratto. E non è luì solo a ridere: ride in gruppo tutta la famigliala, E anche gli amici di famigliai Ciò indica che 11 è un uomo felice! Mi lasci dire; mi giova sapere che 11 (un uomo felice. Se cosi non fosse porterebbe in giro anche 11 quella mutria solenne di cui mi onora dacché ci siamo sposati
ENRICO - Scusi! Ma che cosa è andata a fare, lei, a Via Reno?
GISELLA - (dopo una pausa) Ecco: io sono la moglie di GIACOMO Ramasio, Moglie tradita, ma moglie, non s'esce. Io, forse, non ho reso felice mio marito. Si, gii ho tenuto la ca« in ordine, gli ho procurata una buona cucina, non gli ho fatto debiti con le modiste, con i sarti, con i pellicciai. Cose indiscutibilmente utili, ma che contano poco per la felicità, Non gii ho dato figli...
ENRICO - Non è una colpa, questa.
GISELLA - Ma intanto, quello voleva i figli. Per lui, autodi, diventa una colpa. E allora visto che suo figlio lo fa ridere e lo rende felice, io sono andata a Via Reno, con lo scopo di mettere in chiaro, sopra un terreno pratico, una cena situatone.
ENRICO - No.
GISELLA - Si, si! E poiché non ho avuto il bene di incontrare la madre dei figlio di mìo marito, le ho lasciato un biglietto dandole un appuntamento,
ENRICO - Dove?
GISELLA - In zona neutra: qui: a casa sua.
ENRICO - Signora GISELLA!
(Entra la cameriera dalla parta di sinistra, con le rose)
LA CAMERIERA - Buon giorno, signora. — Ecco le rose, signor Navarca. Dove debbo metterle?
ENRICO - (confuso) Lì: no, qui: dove vuol lei, insomma.
GISELLA - (levandosi e indicando un vaso) Qui : c'è questo bel vaso! Grazie, Navarra.
ENRICO - Prego, signora GISELLA .
(LA CAMERIERA esce col vaso).
GISELLA - Navarra, non si turbi. Pensi che gli altri stanno peggio di lei.
ENRICO - Sì, ma gli altri!
GISELLA - Ma gli altri sono colpevoli, è vero?
ENRICO - Non dico questo.
GISELLA - Ma Snche lei ha qualche piccolo peccato: e, dunque, questa breve ospitalità, mettiamola in cónto riparazioni In fondo si tratta di due care amiche sue. Perché, credo, che anche la... Signorina Dasy sia una sua cara amica.
ENRICO - Non posse* negarlo; a parte la sua situazione è una donna che...
GISELLA - Che lei rispetta... che ammira...
ENRICO - Oh! Dio!
GISELLA - No: mi fa piacere che lei la rispetti e la ammiri... Proprio perché attraverso il suo rispetto e la sua ammirazione è probabile che questa donna senta meno il disagio d'incontrarsi con me, in questa casa. Avrà subito capito che non sono andata a Via Reno per farle la solita scenata della moglie tradita, se le ho dato convegno in -una casa d'un amico, che è anche amico di Giaco-Atto e padrino del bimbo, Lei crede che verrà?
ENRICO - Io vorrei che Son venisse, lo le telefono perché non venga.
GISELLA - (fermandolo) Nò, Navarra! Questo poi no! Fino a questo momento abbiamo parlato, sorridendo, di cose molto serie, GISELLA ride di tutto, è vero? Però non per questo bisogna abusarne. Se fo son giunta alla decisione di parlare con questa donna, vuol dire che ho le mie profonde ragioni. A parte tutto è in ballo la vita d'un bambino, e io sono la Presidentessa della Maternità e Infanzia! Povero Navarra, la prima volta che vengo in casa sua, le faccio ritardare l'ora della colczione.ENRICO Ma non è per la colazione, s'immagini! (Si ode il trillo del campanello)
ENRICO - (disperato) Eccola. Ma ci vuole un bel coraggio anche da parte di,.. Io speravo cric almeno l'altra...
LA CAMERIERA - (sulla porta di sinistra) C'è la signorina Dasy.
ENRICO - Favorisca la signorina Dasy,
(Va verso la porta. Entra Dasy, Si ferma, E molto commossa, ma si domina. Anche GISELLA domina la sua, emozione)
DASY - Buon giorno, Navarra...
ENRICO - Buon giorno, Dasy...
DASY - (a GISELLA)La signora?
GISELLA - Si-
DASY - La signora... è venuta a via Reno, stamani?
GISELLA - Si
DASY - Mi dispiace che non mi abbia trovata. Io volevo telefonarle per dirle che Son pronta ad attenderla a casa; ma poi… Poi, giacche lei col suo biglietto mi aveva indicatomi C parso più doveroso venire qui.
GISELLA - La ringrazia
ENRICO - (che non sa che pesci pigliare:) Sentite, amiche mie: la mìa situazione è difficilissima. Se avessi potuto, io avrei evitato questo incontro, per l'una e per l'altra. Lei me l'ha impedito, signora GISELLA.
GISELLA - È vero...
ENRICO - E allora, giacché avete deciso di incontrarvi qui, vi prego di considerare la mia casa come casa vostra, È l'unico modo di dimostrare all'una e all'altra la mia amicìzia. Ma permettetemi, vi prego, di assentarmi per il tempo in cui dovrete parlare fra voi.
GISELLA - SI, Navarro : e quello che stavamo per chiedervi, È vero, signorina?
ENRICO - E allora! Io vado di là! (Fa per uscire, ma sulla porta s'incontra coN LA CAMERIERA che porta il vaso di rose. Lo prende dalle sue mani un po' bruscamente. Comicamente lo depone sopra un mobile. Esce dalla porla di sinistra)
GISELLA - S'accomodi, prego.
DASY - Grazie.
GISELLA - Dunque! Noi non ci conosciamo.
DASY - No, signora: io la conosco, fc lei che non conosce me. Sa, delle donne che si trovano nelle mie condizioni i difficile che si parli nell'altra casa: mentre, nelle nostre case, l'altra donna è sempre presente. Sicché io so tutto dì lei, e lei non sa nulla di me.
GISELLA - Io «o l'unica cosa che conti, di leil
DASY - Già: ma lei forse ignora come sì è giunti a questa cosa.
GISELLA - Non importa.
DASY - Importa, ma non tema: non voglio affliggerla con la mia storia! È la storia di tante donne. Voglio .dirle subito, però, che io so di aver avuto dei torti verso di lei. E proprio perché sa di aver avuto dei torti, so anche di aver sempre, come potevo, tentato di risparmiare lei e la sua casa.
GISELLA - Ahi Mi (a piacere che lei ne sia convinta...
DASY - Non parrebbe, ma e cosi! Spero che suo marito glie l'abbia detto.
GISELLA - Lasciamo da parte mio marito! Tengo a dirle che tutto ciò che riguarda i suoi rapporti con mio marito è ormai, per me, una cosa superata. Altrimenti non avrei potuto incontrarmi a quattr'occhi con lei. Anche perché, a conti fatti, al passato non sì rimedia. Resta il presente e l'avvenire, e più che del presente è dell'avvenire che io desidero parlarle,
DASY - E cioè?
GISELLA - Di tutto ciò che accade da quattro giorni. E di ciò che potrà accadere in seguito.
DASY - Dica.
GISELLA - Da quattro giorni mio marito è come impazzito.
DASY - Suo marito soffre.
GISELLA - Sì. Soffre. E non soffre per me, né per lei. Se n'infischia dì noi due. Soffre per suo figlio. Io ho visto per la prima volta, suo figlio, stamattina. Sono lieta dì averlo visto, perché è di lui che dobbiamo parlare, se vogliamo alzarci un poco su quelle che sono le nostre piccole miserie personali. Ma parlarne, senza retorica: da donne forti, perché mi accorgo che anche lei è una donna forte. Lei ha avuto la fortuna di mettere al mondo un bambino. Nessuno più di me può capire, oggi, il valore che ha la nascita d'un bimbo. Ma, anche, nessuno più di me può intendere le responsabilità che derivano ai grandi da questa nascita, specialmente se il piccolo viene al mondo nelle condizioni in cui è venuto il suo. Ad onta di tutto, questo bambino, sìa pure di straforo, sta anche nella mìa vita. Ecco perché oso chiederle: - che vuol fare lei di suo figlio?
DASY - Con quale intenzioni lei me lo chiede, e, se permette, con quale diritto?
GISELLA - Nessun diritto, per carità! Con quella involontaria autorità che mi deriva dall'essere la moglie del padre del suo bambino.
DASY - II bambino è mio: gli ho dato il mìo nome.
GISELLA - Sì. Lei ha fatto tutto ciò che doveva fare. Ma in coscienza lei può dire che il bambino è interamente suo? E non è, in parte, anche di mio marito? Senza la collaborazione di mio marito quel bambino sarebbe venuto a) mondo? No: è vero? E allora, i proprietari siete due. Scusi, sa, se uso dei termini un po' troppo concreti. Insomma, ridotto a parole povere, il brevetto l'ha preso lei, ma l'invenzione l'avete fatta in due. Ora quale è, preso il brevetto, il problema più urgente per gl'inventori: quello dì sfruttare l'invenzione, di far fiorire, cioè, nel miglior modo i frutti della loro collaborazione.
DASY - Lei non ha inai avuto un figlio, è vero signora?
GISELLA - Credo che mio mnrìto l'abbia già informata in proposito.
DASY - Ed ecco perché paragona un figlio a un'invenzione.
GISELLA - No, prego... Gli è che solo parlando di brevetti e d'invenzioni, si possono sfiorare certi argomenti sui quali io intendo intrattenerla. Io, forse, le apparirò un po' inumana, io che, si, vivo dalla mattina alla sera tra i bambini, e li curo, e li vigilo, io sarei colei che non dovrebbe sentire in sé viscere materne... Ebbene, passi anche questa, e veniamo al concreto. Lei non mi ha raccontata la sua storia. Non importa- Io voglio darle tutte le attenuanti. Certe imprese si sa come incominciano, non si sa come finiscono. Ma la sua storia, giunta a casa mia, è questa: Lei ha insidiato, senza volerlo forse, una casa do^e si viveva, si, una vita povera d'emozioni, ma una vita d'ordine; lei, dall'uomo che viveva in questa casa ha avuto un figlio che è nato - diciamo le cose col loro vero nome - nel disordine; se le offrissero di fare entrare nell'ordine suo figlio, lei potrebbe rifiutarsi?
DASY - L'ordine che abbisogna a mio figlio, glie l'ho dato io, signora col mìo amore.
GISELLA - Si! fino a questo momento. L'ordine sono le pappine.
DASY - ...le veglie....
GISELLA - Le veglie, le ansie, conosco! Ma domani?
DASY - Domani?
GISELLA - Sì, domani, quando suo figlio crescerà, comincerà ad andare a scuola, è più in là dovrà ingranarsi nella cosi detta vita sociale.
DASY - E pensa lei che io non mi sia preoccupata del suo domani? Ma non nel senso che crede lei. Proprio per il rispetto dell'ordine, un ordine un po' diverso dal suo, perché è l'ordine di quelli che sono fuori della regola, io ho detto a suo marito: -Fino a questo momento, in cui nostro figlio non può ancora farsi una coscienza di ciò che tu sci per lui, tu puoi vivergli accanto: ma il bimbo ss farà presto grande, e non deve sapere che ha un babbo che non può dirgli il tuo nome! Io, si, mi sono potuta macchiare per te: ma per il figlio, la mamma dev'essere pura. E allora ho chiesto al babbo del mio bimbo di andarsene, di non pensare più a noi : di cancellarsi dalla nostra vita! So che è un grande sacrifizio per lui; ma se ci vuol bene, deve farlo.
GISELLA - . Ma perché questo sacrifizio non dovrebbe farlo lei?
DASY - Ma ascolti signora, lei in nome di chi parla? In nome suo o di suo marito?
GISELLA - Perché mi chiede questo?
DASY - Perché questa sua insistenza potrebbe farmi pensare che lei e suo marito si sieno messi d'accordo per togliermi mio figlio.
GISELLA - La prego dì non fraintendermi.
DASY - Lei è d'accordo con lui.
GISELLA - Le ripeto...
DASY - ki e d'accordo con luì! Siamo giunti a questo. lei, suo marito, Navarra. Anche Navarra! E credono perché io sono aiolà e indifesa! Ah) No: hanno sbagliato! Ha sbagliato lei, Navarra, e più di tutti, Già-comol SI, signora, Giacomo! A questo punto sono inutili i giri dì parole; suo marito si chiama Giacomo, ed io lo chiamo come lo chiama lei, Giacomo! E gli ho voluto bene, e gii voglio bene. E proprio perché gli voglio bene, Io libero di me! Definitivamente.
GISELLA - (nervosissime) Che vuol fare, dunque...
DASY - Io ho capito, signora, che qualche cosa di molto grave si preparava per me» quando ho avuto il suo biglietto stamani. E ho già preso tutte le mie precauzioni. So io ciò che dovrò fare. Si rassicuri. Non avrà a dolersi di me. Nessuno avrà a dolersi di me. (Fa per usare). Permetta, signora...
GISELLA - Ma dove va, lei! Lei non capisce niente.
DASY - Io capisco tutto! Capisco che nella sua casa, una casa ricca, col suo papà che gli vuoi bene, con lei che lo terrebbe come una sua creatura, mio figlio vivrebbe una vita, ohi molto più agiata, e più facile, e più serena! Ma se mio figlio un giorno la chiamasse mamma, lei si sentirebbe di volgersi e di rispondergli, sapendo die io sono ancora viva, e cammino ancora pel mondo, sola, senza di lui! Mi dica, aignorai
GISELLA - .Io saprei degnamente prendere il suo posto.
DASY - Non ne dubito. Ma io non lo cedo. Mi perdoni se le ho risposto con troppa rudezza: ne sono umiliata: non volevo! Posso mk che comprendere le sue buone intenzioni; ma non cedo il mio posto. Sono una donna che sa lavorare, che ha sempre lavorato: e un tozzo di pane non mancherà : al mio bambino.
GISELLA - Ma lei crede che la vita sia fatta di solo pane?...
DASY - No: fasi quando ci si deve accontentare del pane! Eppoi! Ce la provvidenza...
GISELLA - E perché non dovrei essere io la rappresentante della provvidenza. Perché la si deve vedere sempre come qualche cosa di vago, di là da venire, questa benedetta provvidenza,
DASY - Può darsi che io non la riconosca in questo momento. Forse commetto un ertore. Spero che mio figlio saprl perdonarmelo! -La saluto, signora, (esce rapida dalla porta di sinistra).
GISELLA - Non ha capito! (va versa Sa porta) Navarrat Navarra!
ENRICO - (entrando). Signora GISELLA! Ma scusi, lei è sola?
GISELLA - Sì, Natanti se n'è andata! Forse ho fatto male a provocare questo incontro.
ENRICO - là glie l'Avevo detto.
GISELLA - Già: perché, fra l'altro, sono dovuta apparire pazza e ridkolal
ENRICO - Ma che cosa le ha detto?
GISELLA - Niente.
ENRICO - Come niente: hanno parlato mezz'ora.
GISELLA - E non le ho detto niente, p«ehé quando le cose che si dicono cascano nel vuoto, è cotnt se non si fosse detto niente. COse inutili per lei: e che cominciano a sembrare inutili anche a me. Eppure mi parevano tanto belle, tanto logiche! Se penso che ero giunta ad abolirmi!
ENRICO - Come?...
GISELLA - Sì, perché io non ho parlato di me, con quella donna: ho parlato di lui: non ho visto che luì, non ho tenuto presente che lui.
ENRICO - Chi lui?
GISELLA - Quella pìccola cosa innocente, che gioca, mentre noi ci azzuffiamo, ci torturiamo.
ENRICO - E’ stata molto generosa, signora.
GISELLA - No: non so. Ho detto quello che sentivo: quello che mi pareva giusto. L'avrò detto male, forse, chissà ! Lo strano t che tutto ciò mi pare ora così cretino: perché non riesco a capire se ho ragione io o ha ragione lei...
ENRICO - Si calmi, signora GISELLA.
GISELLA - Oh! lo sono calma. Mi dispiace per te, caro Navarra, che s'era preparato a una colazione, diciamo cosi.... (Fa un gesto come per dire allegra) ... Mi perdoni, Navarra. Non mi sento: mi lasci andar via.
ENRICO - E dove va, ora. Prenda almetio un bròdo: una tazza di brodo. Ma, insomma, che cosa è accaduto fra voi due.
GISELLA - Le ho chiesto di dare il bambino a suo padre.
ENRICO - Semplicemente questo?
GISELLA - Le pare strano? Le pare impossìbile?
ENRICO - Ma come le è venuta in mente tiha simile idea, signora GISELLA.
GISELLA - E’ un'idea stupida, è vero?
ENRICO - Certo le è stata dettata da un sentimento nobilissimo...
GISELLA - (nervosa) Solo mi secca che mìo maritò possa sapere di questo mio passo: lei è il solo a conoscerlo. La prego dì non parlargliene mai. La prego, anche, di telefonare a quella st gnora perché voglia considerare come non avvenuto il nostro colloquio. Vada, Navarra, la prego.
ENRICO - Vado subito. (Eunuco esce dalla porta dì sinistra. Pausa, GISELLA è sola: nervosissima, ma tenta di ricomporsi).
ENRICO - (rientrando) Non risponde nessuno.
GISELLA - Forse non sarà tornata ancora a casa.
ENRICO - Si, ma in generale-, a quest'ora qualcuno c'è sempre in casa. Vuol dire che ritenteremo più tardi. Ora andiamo a reiezione: via: obbedisca... (Suona ti campanello).
GIOVANNA - (dalla porta di fondo) Comandi?
ENRICO -Può servire...
GIOVANNA - (esce) (cingendo al braccio GISELLA, prima dì avviarsi verso la tavola) Senta, amica mia: ci sono persone al mondo che vivono con l'unico programma di scaricarsi dalle spalle il maggior numero di fardelli che sia loro possibile: queste persone si comportano malissimo, perché, spesso, aggravano il prossimo di pesi che toccherebbero a loro. Ma da questo ad andarseli a cercare col lanternino, i fardelli! Ora, lei, bene o male, ha fatto ciò che le dettava la sua coscienza: è, quindi, in regola coti se stessa: non le pare che questo sia ciò che pia conta?
(con lo slesso tono) Senta, amico mio: lei è stato sempre un egoista, ed ecco perché parla così,,. (S'ode trillare il campanello di casa).
GISELLA -Em reo Mi pare che abbiano suonato. (Entra subito, dalla porta di sinistra GIACOMO Rakasio. È pallido e smarrito).
ENRICO - Oh! Giacomo.
GIACOMO - Buon giorno, Navarra. Addio GISELLA. Ho telefonato a casa: mi tutti detto che tu eri qui a colazione. E allora.ENRICOBene! Vuol dire che starai a colazione con noi?
GIACOMO - No. Grazie, Scusa: il tuo telefono funziona?
ENRICO - Sì. Perché?
GIACOMO - Permetti. (Esce).
GIOVANNA - (entrando) Debbo preparare un posto anche pel signor avvocato?
ENRICO - Non so. Ora vedremo. Vada di là e aspetti a servire. (GIOVANNA esce) Ma che ha Giacomo?
GISELLA - Non so. Mi pare cosi strano.
GIACOMO - (rientrando) Niente. Non risponde. E del resto perchè dovrebbe rispondere.
GISELLA - Ma a chi dovevi telefonare, Giacomo?
GIACOMO - A nessuno.
GISELLA - Ma che e accaduto, Giacomo: parla: hai un'aria...
GIACOMO - Niente! Cine! (Fa per avviarsi verso U porta) Arrivederci: buon appetito.
ENRICO - Ma dove vai? Se sei venuto qui, vuol direi
GIACOMO - (fermandosi sulla soglia dell'ascio) Vuol dire, che... (traendo una lettera dalla tasca) Ecco: leggete. Navarra, leggi. (Dà la lettera a Navarra. A GuuxX) Leggi anche tu: tanto, ormai.
ENRICO - Ma chi ti ha dato questa lettera?
GIACOMO - Il portiere. Ero andato su: avevo suonato alla porta: nessuna rispostaI Poi, in portineria, questa lettera e le chiavi. (Esaltan-dosi) Mi ha rubato il bambino.
ENRICO - Ma non è possibile. Non allarmarti
GIACOMO - Come non è possibile? Un'ora fai Lei, la cameriera, il bambino, e due valigie. Han girato in taxi per via Adige. E non si sono più visti. E non si vedranno più: la lettera è chiara.
ENRICO - Ma si va in questura,
GIACOMO - E in nome di chi vado in questura? Come ti presenti in questura, a chiedere d'un figlio che non è tuo figlio, e d'una signora che può fare ciò che le pare e piace? Chi denunci? Che cosa denunci? Io ero andato da ki, stamani, alle otto: si.
GISELLA - , dico tutto: perdonami se dico tutto. Come ogni giorno! Perché io passavo ogni mattina a vederlo, prima d'andare al lavoro. E stamani lui stava nel suo lettino: lei era calma : ad onta di tutto, lei era calma, Forse meditava la fuga. Perché non l'ho vista mai tanto arrendevole e docile. E m'ero detto: — Sia benedetto Iddio, un momento di tregua I — Da tre giorni, una buferai
GISELLA - (come a te stessa) Lo so...
GIACOMO - Lo sai? Lei sa tutto. Perette io le dico tutto, ormai. Ma «ora a chi mi rivolgo? A chi mi rivolgo, io? L'aveva minacciato tante volte. Ma non aveva avuto il coraggio di farlo. Ora è finita. È un tradimento nero. Ed io dovevo capirlo. Perché io l'avevo sentito che girava per l'aria. Poi, giù, d'un colpo. Non * cosa di oggi: é cosa dì mesi.
GISELLA - Calmati, Giacomo. È probabile che qualcuno possa sapere,
GIACOMO - Che vuoi sapere tu, cara GISELLA, cosi buona, cosi caritatevole con questo vigliacco, che non ha neppure il pudore di tacere, di soffocare qui dentro la sua pena e di morirne : o di ribellarsi, di buttarsi a gridare come un pazzo per le vie.
GISELLA - Questo non sarebbe troppo opportuno.
GIACOMO - Dico per direi Perché non ho neppure il coraggio di far questo. Oh! Beati gli uomini che se ne infischiano, che a costo di rompersi il collo, vanno diritti allo scopo. E tutti giù, a capo chinol E a chi alzi il capo, scudisciate!
GISELLA - Anche questo non mi pare che sia Sempre opportuno...
GIACOMO - È sempre utile. Perché ciò che accade è frutto della mia viltà: di fronte a te, a lei, al bimbo! Di fronte alla vita! Mancanza di coraggioI Esitazione! E c'i invece, chi agisce: chi ruba i bambini, e parte, e scomparel Non importa che gli altri crepino! Che contano gli altri? Che conta il cuore degli altri?
GISELLA - Infatti, mi pare che quella signora non abbia troppo pensato al cuore degli altri.
ENRICO - Anch'io, francamente,
GISELLA - È pur vero che tutti tiriamo l'acqua al proprio mulino. E non pensiamo cne in certi casi bisognerebbe guardare all'unica cosa che dovrebbe essere soprattutto tutelata.
GIACOMO - Lui! Ecco! Lo capisce anche leti D'improvviso Io porta vìa da una casa, dove ha tutte le sue piccole cose: dal suo giardino, perché lui ha un giardino dove gioca tutto il giorno. Dall'aria: dall'aria che è abituato a respirare. E via: sotto un altro cielo: in un'altra casa. Perché, quella, ha preso il treno!
ENRICO - Ma no, Giacomo...
GIACOMO - Ma se c'è scritto « parto » : è una parola che tu la capisci quando sai per dóve si parte. Ma quando non Io sai? Parto: il globo terracqueo! Parigi! Berlino!
ENRICO - £ via, Giacomo! Se e andata « Frascati, è già molto.
GIACOMO - A Frascati? Tu sai che è andata a Frascati?
ENRICO - No: dico per dire!
GIACOMO - E come t'è venuto in mente.
ENRICO - É il primo nome che m'è venuto sotto la lingua! Sai, a Roma, diciamo Frascati, per dire il posto più vicino.
GIACOMO - Tu sai tutto,
ENRICO - Ma io non so niente, caspita!
GIACOMO - Voi due sapete qualche cosa. Voi sapete tutto! E mi vedete soffrire. E tacete. Voi due siete d'accordo con lei; siete tutti d'accordo contro di me.
GISELLA - (uscendo dal suo riserbo: con risolutezza) Noi non siamo d'accordo con nessuno: ma è probabile che la causa di questa fuga, sia io, Giacomo.
GIACOMO - Tu?
GISELLA - Sì: io! Perché io sono andata stamani da quella donna.
GIACOMO - (con svolto) Tu? E come ti sei permessa, tul
ENRICO - Giacomo, ma insomma!
GIACOMO - Insomma, che cosa?
ENRICO - Io no» posso consentire che. in casa mia, tu prenda verso tua moglie un atteggiamento! Tua moglie ha fatto un passo che io non ho approvato, ma per il quale tu ' dovresti...
GISELLA - No, Navarra : ora mi convinco, più ancora, che è un passo falso, se porta a queste conseguenze.
GIACOMO - Allora sei tu che l'hai consigliati.
GISELLA - No: avrai almeno la bontà di credere che io non sarei andata a Via Reno per preparare un ratto.
GIACOMO - Ma che sei andata a fare, tu, fi: come hai avuto il coraggio: e chi ti ha autorizzata. Gisela Tu.
GIACOMO - Io?
GISELLA - Proprio tu! Io ho avuto il coraggio di dite a quella donna eia che non hai avuto il coraggi» di dirle tu! Ho diféso te. Ho difesa la tua fatica di tanti anni. Ho tentato di reggere quel tanto di noi che sta ancora in piedi: la tua casa: il tuo nome: e tutto ciò che ho messo io nella tua casa: d'anima, d'abnegazione, di pazienza, di fede. Perché è- una fatica vivere: è una fatica costruire; farsi tma casal Ed è terribile accorgersi che la casa a nulla vale, se non è fatta per qualche cosa che dovrà un giorno occuparla. Ho sentito questo tuo dolore, Giacomo. E ho voluto portarti tuo figlio nella tua casa, perché potesse godere di ciò che tu gjì hai preparato nel mondo. E quella stupida, non ha capito...
ENRICO - Signora GISELLA!...
GISELLA - Fatemi parlare una buona volta! Ohi caspita! Basta! L'accusata divento io, ora. Eh! Noi Ha creduto che volessi ingannarla? E non ha capito. Se n'è andata? E no» ha capito. E che le date ragione, vuol dite che anche voi non avete capito niente.
GIACOMO - Non avrà capito niente! Non capisco niente, ma so che io ho perduto tu»? per te. (Crudele) E tu perdi me definitivamente. Da questo momento io abbandono la casa, lo studio. Non sono più l'avvocato GIACOMO Ramasio: non sótto più tuo marito. Sono un uomo che, dovesse viaggiare tutto il mondo, non torna se non con suo figlio, qui. (Mentre parla ha raggiunto già la porta, esce dicendo l'ultima battuta).
ENRICO - Giacomo.... (Là segue).
ENRICO - Signora Gisella : in questo momento GIACOMO non domina i suoi nervi.
GISELLA - Sì, Navarra! È cosi Ma forse ha ragione lui. La verità, forse, non è quella che ho detta! Non sono andata per lui : sono andata per me! Perché volevo suo figlio in casa mia, per me. E quella dolina non l'ha ruba» a lui; l'ha rubato a me, E ha fatto benissimo! Non le pare? (Con un filo di voce) Ha fatto benissimo!
CALA LA TELA
ATTO TERZO
La stessa scena del primo atto. Pomeriggio. Quando s'alza la tela Clotilde apre la zona di fondo e dà il passo a Navarra.
CLOTILDE - S'accomodi signor Navarra.
ENRICO - Grazie. Non sa a che ora torna la signora?
CLOTILDE - Ha detto che tornava alle cinque. Ora sono le quattro e mezza. Ma se vuole parlare con la mamma dell'avvocato.
ENRICO - Ah! la mamma dell'avvocato è qui?
CLOTILDE - Sì, signor Navarra.
ENRICO - E allora le dica se posso salutarla.
CLOTILDE - Sùbito, signor Navarra (esce),
(Entra, dopo una pausa, la signora Ramasio: È una donna anziana, grigia di capelli, dall'aspetto cordiale).
SIGNORA RAMASIO - Oh! ENRICO Navarra.
ENRICO - (baciandole le nani) Signora Ramasio. (Fissandola) Quanti anni!
SIGNORA RAMASIO - Dal tempo quando GIACOMO era studente. Sì faccia vedere. Sa che non l'avrei riconosciuto? Era tanto magro allora.
ENRICO - Si: sono un po' ingrassato. E del resto che ci sarei stato a fare al mondo per rimanere com'ero a diciajjctt'aam? Ma spero che anche cosi come sono non sia da buttar via... Lei, però, tale e quale.
SIGNORA RAMASIO - Con tutti i capelli bianchi, e con qualche guaio in più. Sono molto contenta di vederla: si segga. Vuole un caffè?
ENRICO - Grazie. Accettiamo il caffè.
(La Signora Ramasiosuona il campanello; CLOTILDE appare al richiamo).
SIGNORA RAMASIO - Un caffè al signore.
CLOTILDE - Subito! (Esce),
SIGNORA RAMASIO - Qui, non facciamo che bere caffè. Dunque, Navarra?
ENRICO - Tornato quest'oggi: venuto subito qui. Non sapevo di trovar lei.
SIGNORA RAMASIO - Mi telegrafarono, e partii subito.
ENRICO - Fecero bene.
SIGNORA RAMASIO - Sì: fu Giacomo: fu proprio lui.
ENRICO - Capisco. E qui come vanno le cose?
SIGNORA RAMASIO - In apparenza benissimo.
ENRICO - La signora GISELLA?
SIGNORA RAMASIO - Maternità e Infanzia! Voleva dimettersi, ma io stessa le ho imposto... Sa che voleva portarsi qui uo bambino giapponese?
ENRICO - No!
SIGNORA RAMASIO - E son riuscita a dissuaderla soltanto mostrandole come diventano quando si fanno grandi.
ENRICO - E Giacomo?
SIGNORA RAMASIO - Giacomo! (Si commuove) Lei sa che cos'era la nostra vecchia casa: dov'è nato, dov'è cresciuto. Saprà anche che il figlio, in certi momenti, chiama la mamma, perché solo alla mamma può dir tutto. Se non altro son servita a questo. E a far capire e a capire un po' meglio
GISELLA - . Insomma ho fatto da cuscinetto.
ENRICO - Anch'io: non è Una posizione comoda, ma insomma! Io m'ero offerto di rintracciare.
SIGNORA RAMASIO - Lo so: è stato un buon amico, lei!
ENRICO - Ritrovata!... Però ho l'impegno di non rivelare il posto dove si son rifugiati lei e il bambino. L'ho promesso. Quindi perdonerà il mio riserbo.
SIGNORA RAMASIO - Se lei crede che questo sia utile.
ENRICO - È un desiderio di... E forse è anche utile. SI, perché, ormai, tutto dev'essere finito. Sono contento, anzi, dì poterlo dire a lei, prima che a Giacomo, perché per GIACOMO sarà un colpo molto forte. Ma la presenza di sua madre qui, lo persuaderà forse ad accogliere queste decisioni, con virilità, con coraggio.
SIGNORA RAMASIO - Io non conosco quella donna, né il bambino. Anzi per il bambino avevo pensato, ma fra me e me, di raccoglierlo nella mia casa in provincia. Ma se lei mi annuncia...
ENRICO - Sì; taglio setto. E io ho tardato a tornare proprio perché ho voluto persuadermi che questa donna fa sul serto. Io le ho dato la mia amicizia perché, ad onta della sua situazione, la meritava. Questo episodio ultimo conferma quello che è stato sempre il mio pensiero su di lei. Vedesse che cos'è quella donna accanto al suo bambino. Una cosa commovente.
SIGNORA RAMASIO - Del resto ellissi che un giorno non trovi una persona che sappia apprezzarla e voglia sanare questo errore di giovinezza.
ENRICO - Già: lo meriterebbe. Lo merita anzi,
SIGNORA RAMASIO - Oh! Navarro: se un giorno sapessi questo. Che peso dal cuore mi toglierei.
ENRICO - E perché non dovrebbe accadere? Sposano tante vedove. E lei sarebbe come una vedova con un bambino. (Entra
GIACOMO - Ramasio).
ENRICO - (levandoti, e andandogli incontro) Oh! Giacomo!
GIACOMO - Caro Navarra, ben tornato. Buon giorno, mamma. GISELLA non c'è?
SIGNORA RAMASIO - Non è ancora rincasata,
GIACOMO - E allora vuoi lasciarmi solo un momento con Navarra?
SIGNORA RAMASIO - Si, Giacomol Erano cent'anni che non lo vedevo... È un vero amico tuo, Navarra...
GIACOMO - Lo so... Debbo essergli grato di molte cose, è vero?
ENRICO - Che c'entra?
GIACOMO - E specialmente dell'ultima tua prova. Va, mamma, ti chiamerò poi. (La Signora Ramasio esce).
GIACOMO - (offrendo un figaro a Navarra) Fumi?
ENRICO - Grazie.
GIACOMO - Dunque: tornato quest'oggi?
ENRICO - Si. Ero passato dallo studio: tu non c'eri.
GIACOMO - Col treno delle 11,30?
ENRICO - Sì. Linea Milano-Bologna,
GIACOMO - ….Firenze...
ENRICO - Già. Tocca anche Firenze.
GIACOMO - E che tempo fa a Firenze?
ENRICO - Che vuoi ch'io sappia del tempo che fa a Firenze!
GIACOMO - (fissandolo) Suvvia, Navarra.
ENRICO - Ma, scusa, Giacomo, mi paté che tu voglia buttarti a indovinare.
GIACOMO - Nei, caro Navarra : mi è giunto due ore fa, un « espresso » da Firenze, E credo che abbia viaggiato con lo stesso tuo treno. È la stessa DASY, quindi, che ti scioglie dal segreto.
ENRICO - Ah! Ti ha scritto? E che cosa ti ha scritto?
GIACOMO - Tutto! Si: la prima lettera, dopo dieci giorni, ma decisiva. E ha fatto bene. È un ultimo riguardo che mi ha usato. Sono contento di aver saputo da lei direttamente, ciò che forse mi avresti detto tu. Ma di questo parleremo più tardi! Per ora, dimmi come stanno.
ENRICO - Bene.
GIACOMO - Com'è la casa?
ENRICO - Bella; spaziosa, assolata.
GIACOMO - Puoi dirmi it posto? SI, puoi dirmelo, vedi che...
ENRICO - Sui Colli.
GIACOMO - C*è un giardino?
ENRICO - Molto più vasto di quello di Roma.
GIACOMO - Questa è una buona notizia. Debbo riconoscere che la .tua missione è stata eseguita a dovere. Ti ringrazio dì tutte le lettere che mi hai fatte recapitare dalle varie città d'Italia. E di tutte le pietose menzogne che hai inventato per tenermi a bada.
ENRICO - Non ri trattava di tenerti a bada: ma piuttosto di obbedire a una volontà di DASY, per darti, oltre tutto, una relativa calma. Del resto non credere che la mia permanenza a Firenze sia stata inutile. Sono io che ho trovata la casa. Sono io che ho messo tutto a posto, in modo che lei e il bambino, per lo meno, in questo primo momento non si trovassero a disagio.
GIACOMO - E perché ti sei deciso a tornare a Roma, tu?
ENRICO - Perché, taro Giacomo; se io t'avessi scritto — e avrei potuto farlo benissimo — tu forse non avresti interpretato ì miei propositi secondo il mio desiderio.
GIACOMO - Come vuoi che sieno interpretati?
ENRICO - Nel senso più semplice e più umano. Non tanto nei mici riguardi, quanto nei riguardi di DASY. Io ho rintracciata DASY il giorno dopo che son partito da Roma.
GIACOMO - Me l'ha scritto. Sei stato molto buono con lei. Te ne ringrazio.
ENRICO - Mi meraviglio, come DASY, che mi aveva chiesto il più assoluto riserbo, d'improvviso t'abbia poi rivelato il posto del suo rifugio.
GIACOMO - Evidentemente l'ha fatto perché le h parso inutile e infantile nasconderlo. Forse, anche, perché ha creduto che alla tem|)ota dei primi giorni sarebbe sopravvenuta quella calma che deve subentrare in un uomo come me. Come vedi, non ha sbagliato. (Dopo urta pausa) Dunque: tu ti immoleresti all'amicizia.
ENRICO - No, caro Giacomo. Vedi che era necessario che ti parlassi? Non mi «immolo» affatto. Non attribuire ad eroismo le mie decisioni. Vorrei che tu capissi, e considerassi la cosa obiettivamente. È strano che debba parlarne proprio a te, ma è. proprio per il tuo tramite che io ho conosciuto DASY, e che DASY ha avuto agio di conoscermi. Tu sai che io stimo questa donna: l'ho sempre stimata, fe quello che ho detto a tua madre, or è poco.
GIACOMO - Tu hai detto a mia madre!
ENRICO - No: non ho detto niente che riguardi l'argomento di cui parliamo. Io l'ho vista soffrire: ho capito che è ormai tagliata fuori della tua vita, senza possibilità di ritorni, perché in dieci giorni ho avuto modo di controllare che ormai il distacco, per sua volontà e per fatalità di cose, è netto; e tale dev'essere tra te e lei. Voglio bene al suo bimbo; sono scapolo: «ono stanco di vivere solo. E allora ho decìso!
GIACOMO - Cosi, improvvisamente?
ENRICO - E perché dovevo perdere tempo? Io sono un uomo spiccio; un commerciante 1 Noi: o si fa 0 non si fa,
GIACOMO - E Lilly?
ENRICO - L'ho visto nascere : gli ho fati» da padrino, SÌ tratta, in fondo, di abolire un diminutivo. Come vedi, pare una cosa enorme, e invece è una cosa semplice. Si aggiunga che con questa operazione si mette in pace tanta gente.
GIACOMO - Già; tutto ai mette a posto, DASY ha fatto bene a scrivermi! Mi ha dato ti tempo di rimuginarmi, per due ore, prima di vedere te, tutti i problemi che ora tu mi proponi. Dapprima ne son rimasto come sbalordito. Sapessi! Ma poi mi sono accorto che ad ogni mia obiezione veniva fuori una sola risposta : « In fondo, tutto si mette a posto». Si mette a posto DASY: il bimbo: ti metti a posto tu. E
GISELLA - e io, anche noi, eh? E tutto per inerito tuo, perché tu diventi, senza accorgertene, il pendolo stabilizzatore fra noi.
ENRICO - Beh! Chiamami come vuoi; pendoloI Mi fa piacere che tu accolga questa notìzia con una certa sereniti. Io temevo il contrario. Per il resto: l'importante è che io serva a qualche cosa,
GIACOMO - À molte cose! Io, sai, per quanto obiettiv» voglia essere, sono troppo parte in causa: ma son certo che appena mia moglie, mia madre sapranno! E iurte riprenderà la sua corsa su. quel binario che s'era abbandonato, in una direzione diversa da quella che fino ad oggi s'era seguitai Cosll Uno a Sud: l'altro a Nord! E a quando?...
ENRICO - Ahi Non sa
GIACOMO - E lei? Ti vuol bene, dunque?
ENRICO - Qui non si tratta d'amore, si tratta d'una buona intesa. All'età mia, l'amore! L'amore romantico! Io l'ho fatto a dicias-sctt'anni l'amore, Tu te ne sei ricordato troppo tardi, forse,
GIACOMO - Sì: ma io voglio sapere se ti vuol bene.
ENRICO - Nò» so. Sono io che le voglio bene.
GIACOMO - Amala: lo merita.
ENRICO - Ma anche tu, torna a voler bene a GISELLA . Anche GISELLA lo merita.
GIACOMO - Già! Chiamo la mamma. (Affacciandosi d-h porla) Mamma, vieni. Ah! C'è anche GISELLA. Vieti» anche tu GISELLA. Venite. (Entrano la Signora Ramasioe GISELLA).
ENRICO - Buon giorno, signora GISELLA.
GISELLA - Ben tornato, Navarra.
GIACOMO - Ben tornato, si, ben tornato. E’ questa la parola! È partito dieci giorni fa, ed è tornato avendo compiuto un miracolo, di cui dobbiamo essergli tutti grati
ENRICO - Ma, Giacomo!
GIACOMO - Sì! E perché non riconoscerlo? lo prima di tutti! E ci tengo a dirlo davanti a GISELLA, davanti a mia madre I C'era una soluzione soltanto, è lui l'ha trovata! Ora possiamo essere tutti d'accordo e contenti.
ENRICO - Ma scusa: vorresti forse burlarti di me?
GIACOMO - io? Io voglio testimoniarti, a nome mio e di tutti, la gratitudine della famiglia. Che cosa sarebbe accaduto sé tu non fossi intervenuto? Quattro disgraziati: io, GISELLA, l'altra: e più disgraziato di tutti, il piccolo! Immagina che io fossi andato via di casa.... (A GISELLA) Infelice lei: infelice mia madre! Immagina che fossi rimasto qui? Infelice l'altra, infelice il bambino, infelice io : io, infelice sempre, logorato dal rimorso, nell'uno e nell'altro caso,
GISELLA - Ma che cosa avete fatto, Navarra...
GIACOMO - Sposa: Navarra sposa!
GISELLA - Chi sposa!
GIACOMO - E chi vuoi che sposi, Navarra, se sposando riesce a salvarci tutti?
SIGNORA RAMASIO - (cadendo a sedere sopra una poltrona) Ah! Ah! Ah!...
GIACOMO - Che c'è, mamma...
(Si sono tutti protesi verso la Signora Ramasio),
SIGNORA RAMASIO - Niente! Ora posso partire. ora me ne posso andare. Perché quello che ho sofferto io, in quésti giorni! Non ve ne siete accorti; ma quello che ho sofferto, io! Io sono una povera donna: sono vìssuta sempre, laggiù. Io di queste storie non ne avevo mai viste in casa mia. E dicevo: —- Ma è possibile che mio figlio! Eppure, ecco, era possibile! — Ora tutto si mette a posto.
SIGNORA RAMASIO - Ecco la parola! Te l'ha detta, Navarral E la morale è salva, — Non si distrugge una famiglia, e nasce una nuova famigliai — E l'avvocato Ramasio resta l'avvocato Ramasio, dal nome intemerato: un uomo d'ordine: una persona rispettabilel Questo i l'importante! L'importante è che quanto si costruisce non bisogna distruggerlo! È come quando cambi professione, che butti a mare venti, venticinque anni di faticai Prima di rimetterti in careggiata! Eh! Ce ne vuole! Invece, cosi, lì, fermi I Ne ì contenta la mamma: ne i contenta, forse, la moglie.
GISELLA - Io?
SIGNORA RAMASIO - Sì Gisela: perché tutto tornerà come prima.
GISELLA - Come prima, che cosa?
GIACOMO - La vita. La vita, com'era prima. Vedrai! Te lo prometto. Sapro farmi perdonare: da te : da ratti, (Si è fermato un momento, conte preso do un singhiozzo),ENRICO Giacomo
SIGNORA RAMASIO - Scusate. Volete che
resti indifferente a «a colpo cosi grosso di fortuna? Sarei un cinico! Del
resto io sono stato sempre for tunato. Mi hanno invidiato tutti, sempre. Ohi
Quanto mi hanno invidiato quando
sposai te, GISELLA! E avevano ragione. Una Creatura come te! Uno studio
avviato! E gli affari, poi: a gonfie vele. Ed io stavo per gettare dalla
finestra tutto questo be ne. Per chi, poi? Per una donna che, dopo dieci
giorni che s'è: allontanata da me, sposa il mio più caro amico. E per Un
bambino che chiamerà papà lui con la stessa indifferenza con cui avrebbe
chiamato me. Perché, in fondo, che cos'è un bambino? Che ne sappiamo noi? Che
ci riserba per il domani? Illusioni! Lo vestiamo delle nostre illusioni. Poi,
man mano, con gli anni, si spoglia delle vestì che gli abbiamo messo addosso,
ed esce lui, com'è. Com'è? E chi lo sa? Anche tu, mamma, l'hai detto: — chi
avrebbe mai pensato che mìo figlio! ~ Ecco: sono venuto fuori, anche io, come
sono. Per fortuna mentre stavo per annegare eccolo pronto l'uomo che m'acciuffa
per i capelli, e mi trae a riva. Grazie! Grazie! Sigliate, te ne ringrazio,
ENRICO - Certo: in questo primo momento, tu...
SIGNORA RAMASIO - No! Taglio netto! Partiremo, GISELLA. Andremo via subito, stasera. Qui resta la mamma; cosi la casa non sarà abbandonata. Per gli affari di studio, ho quattro procuratori che provvederanno a tutto. E noi partiamo! Un viaggio! C'è bisogno di un viaggio. Con te: si, con te. Deciso. Subito... Tu prepari le valigie. Io vado giù in istudìo, e do gli ordini necessari, E tu, Navarro tu che hai viaggiato tanto, con la fantasia, in questi giorni, scegli tu la città dove dobbiamo andare. In Italia? All'estero? Dove ti pare! No: in Italia: in Sicilia! Chi a nord e chi a sud! Andremo a Taormina: non siamo mai stati insieme in Sicilia. SU a Taormina, Preparate tutto in modo da poter partire questa sera, col primo treno per Napoli, No: niente osservazioni: accogliete questa decisione come una preghiera. Proprio, come una preghiera! (Esce dalla porta di fondo).
SIGNORA RAMASIO - E allora?
ENRICO - Io credo che bisogna approfittare di questo momento, Servirà, se non altro, a distrarlo.
SIGNORA RAMASIO - (a GISELLA) E tu che ne dici?
GISELLA - Io? Ho parlato io? E seguito a tacere. Vuol dire che saranno tre le valigie: la sua, la mia, e la terza valigia sarò io.
SIGNORA RAMASIO - Perché dici questo?
GISELLA - Ma scusa: è una delle tante funzioni che in questi casi ha la moglie in viaggio: una cosa che si porta appresso. Se non dubitassi che alla prima stazione cambia idea e torna indietro, lo pregherei di andar solo.
SIGNORA RAMASIO - Vedi, allora, che la tua compagnia è necessaria. Te ne prego, fallo per me.
GISELLA - Ma si, cara mamma : lo farò per me, per te, per tutti.
SIGNORA RAMASIO - Vedrai.
GISELLA - Che cosa?
SIGNORA RAMASIO - Vedrai che giunti lì! È lui che l'ha proposto. Ha quindi tutta la buona volontà,
GISELLA - E chi lo nega? Qui la buona volontà si spreca : dove ti volti trovi la buona volontà. Uomini di buona volontà da una parte: e donne di buona volontà dall'altra. Perché dovrei proprio io mancare all'appello?
ENRICO - No, signora GISELLA, non è con quest'animo che lei deve... Anche io avrei potuto reagire alle parole un po' ironiche di Giacomo: eppure! In questo momento bisogna aiutarlo.
GISELLA - E aiutiamolo tutti. Soltanto che lei, aiutandolo, si sposa una donna che le piace. È un modo d'aiutarlo anche questo. Ma è un modo — sa, io dico la veritì — che finisce col premiare, chi, in fondo, ì l'origine di tutto questo trambusto. Non le parlo per gelosia, ma per una giustizia superiore.
ENRICO - Se vogliamo parlare di giustizia superiore, quello che faccio io è proprio ciò che si deve fare. Un po' di carità, signora GISELLA!
GISELLA - Sì! Ma sapesse quant'è noioso fare la professione della persona caritatevole, quando la carità non è pio un bisogno spontaneo del cuore, ma un obbligo che ci è imposto dagli altri, sempre. Ci si può anche stancare! No? E a ogni modo, vado da Clotilde a far preparare le valigie... (Esce dalla porta di fondo),
ENRICO - (appena e uscita GISELLA) Ma che vogliono? Io mi domando che vo-glionol Perché, senta signora Ramasio, tanto io quanto lei, siamo due estranei in questa faccenda. Eppure; per poco non siamo noi i colpevoli. Va a fare bene al mondo. Accontenti l'uno e scontenti l'altro. Accontenti tutti e due: e tutti e due sono scontenti. Io perdo la bussola!
SIGNORA RAMASIO - No, Navarra: calmai Questo è il momento in cui possono servire i miei capelli bianchi: lei e a posto! Sarebbe stato strano che lei, per far macere a due amici, avesse sposata una donna che non le piacesse. Lei unisce l'utile al dilettevole.
ENRICO - Anche leil
SIGNORA RAMASIO - No! Voglio dire che la sua decisiotte coincide coti un'opera buona. Ecco tutto. Ma lei deve capire anche che questo fatto ha d'improvviso capovolta tutta una situazione. E prima che Giacomo, e anche GISELLA, ci si abituino! L'idea del viaggio è ottima: quei due hanno bisogno di star soli. Lasciamoli soli, anzi, subito. Io dovevo uscire, quest'oggi, per qualche compera. Usciamo insieme. Mi attenda un momento: vado a mettere il cappello. (Per una breve pausa Navarra è toh). Poi apparirà la Signora Ramasio, sulla porta, eoi cappello, seguita da G issila).
SIGNORA RAMASIO - Io sono pronta,
ENRICO - (bacia le mani a GISELLA e s'avvia alla porta)
SIGNORA RAMASIO - (uscendo) Torno subito, GISELLA.
GISELLA - Sì, mamma. (Escono Navarra e la Signora Ramasio).
(fama. Ora GISELLA è tota. Poi entrerà Clotilde);
CLOTILDE - Devo mettere anche l'abito grigio?
GISELLA - Mettete quello che volete,
CLOTILDE - Staranno molto tempo fuori?
GISELLA - Non so.
CLOTILDE - È la prima volta, dopo cinque anni, che la signora parte con l’avvocato.
GISELLA - Già: dopo cinque anni.
CLOTILDE - Vedrà, signora. Si divertirà!
GISELLA - SI, sii
CLOTILDE - Allora : metto anche un abito da sera, nella cappelliera. Non piglia posto. Perché, lei non voleva, ma senza la cappelliera come fa a viaggiare una signora?
GISELLA - È giusto, bisogna portarsi anche la cappelliera! Ma l'avvocato vuole andare in un paese dove si va senza cappello, sempre. Voi siete stata mai a Caprir...
CLOTILDE - Una volta, signora, quand'ero a servizio dalla Contessa Revelli.
GISELLA - Ebbene a Taormina e lo stesso. Liberi) Come se fosse sempre estate. Liberi! (Entra Giacomo, Ha l'orario ferroviario tra le mani).
GIACOMO - (sulla porla) Ecco fatto, Ma la mamma? E Navarra?
GISELLA - La mamma è uscita per compete; tornerà subito. Navarra ti lascia i suoi saluti.
GIACOMO - E non potevano attendermi?
GISELLA - Evidentemente le rompere erano urgenti, e i saluti pure. Vada, Clotilde, e faccia come vuole, (CLOTILDE esce).
GIACOMO - Allora: bisogna decidere se si vuote andare per via di terra o per via di mare. Per via di mare non si farebbe a tempo a prendere il piroscafo stasera. Si dovrebbe passare una giornata a Napoli. Non so se tu te la senti. Mentre per via di terra si giungerebbe domattina a Messina e si potrebbe subito proseguire per Taormina.
GISELLA - Senza interruzione.
GIACOMO - Già, senza interruzione.
GISELLA - (dopo una paura) Giacomo!
GIACOMO - Si?
GISELLA - Ma chi ce lo fa fare,
GIACOMO - Come?
GISELLA - Chì-ce-lo-fa-fare!
GIACOMO - Ma GISELLA!
GISELLA - Hai proprio denari e tempo da buttare via, tu? Ma, davvero, all'età tua credi attcora ai viaggi?
GIACOMO - Non vorresti più partire?
GISELLA - Non dico Questo. Ti chiedo soltanto: — Giunti a Taormina, che facciamo noi due?
GIACOMO - Oh! Dio! Vedremo! Intanto partiamo,
GISELLA - Partiamo per terra, per mare. Gii, hai dime», ticato che, dacché ci conosciamo, io non ho voluto mai fare un viaggio di mare, perché basta che metta il piftde su una tavola che galleggia, e addio!
GIACOMO - Ahi Gii, «cusami.
GISELLA - No: piccole cose. Ma a parte questo: non si tratta del viaggio: si tratta del punto d'arrivo.
GIACOMO - Non vorresti andare a Taormina?
GISELLA - Ma no, caro: Taormina, Capri, Tangcri, le isole Haiti, il Capo Nord. Parlo del nostro punto d'arrivo. Vedi, Giacomo, dopo dieci giorni, è la prima volta che noi ci parliamo: noi due. Forse è bene approfittare di questo momento.
GIACOMO - Che vuoi dire?
GISELLA - Niente di nuovo! Ma devi ammettermi che se in dieci giorni qualcuno ha fatto tanta strada, da poter combinare perfino un matrimonio, e possibile che qualcun altro abbia camminato anche lui, no? Vogliamo fare i calcoli di questo chilometraggio? Ma, da persone serie, ehe stanno alle misure esatte: insomma, «he si parlano con «incerila.
GIACOMO - Ma io sono sèmpre sincero.
GISELLA - Sì? E perché parti per Taormina?
GIACOMO - Perché ho deciso cosi.
GISELLA - Sei davvero deciso?
GIACOMO - Decisissimo : quando saremo giunti a Taormina,.»
GISELLA - Ma io ci sono già giunta a Taormina. Lascia stare. Tu sei, dunque, deciso a partire. E allora rispondimi, ma dimmi ìa verità: giurami che mi dici la verità.
GIACOMO - Te lo giuro.
GISELLA - Un quarto d'ora fa, quando sei andato nel tuo studio a riscontrare l'orario dei treni quale è la linea che per prima hai controllate»?
GIACOMO - Perché?
GISELLA - Te lo dico io. Tu sai dove sta quella donna?
GIACOMO - Sì: a Firenze, Me l'ha detto Navarro
GISELLA - E tu ti sei fermato alia pagina che poteva indicarti iL primo treno per Firenze.
GIACOMO - Sì. Ho voluto vedere. È vero.
GISELLA - E allora perché parti per l'Italia meridionale?
GIACOMO - Proprio per allontanarmi i! più possibile da Firenze.
GISELLA - Come se non ci fossero treni pronti per il ritorno! E vuoi che io ti accompagni? A qual scopo, quando sono certa che arriviamo di notte, non vediamo neppure l'alba, a Taormina.
GIACOMO - Cosicché tu mi abbandoni? Tu non vuoi aiutarmi?
GISELLA - No: non ti abbandono: ti aiuto anzi. Pero, invece di aiutarti a viaggiare sulla strada ferrata, ti aiuto a viaggiare dentro di te, Giacomo! Ma t inutile fermarsi a tutte k stationrine intermedie, come abbiamo fatto fino ad oggi; ti viaggio, questa volta, deve essere diretto. Sai, Giacomo: certi gesti d'abnegazione valgono quando sì amano le -persone per le quali si compiono. Ma io non ti amo più...
GIACOMO - Tu?
GISELLA - Io! Forse non ti ho mai amato come tu volevi. Ti ho voluto bene a modo mio. Ma ora non ti amo più. È strano: una mattina ci si desta e ci si accorge che non si ama più la persona cui si è dedicata la vita. Molti tirano ad accomodarsi con piccole transazioni, lo no, E colgo quésto momento per dirtelo.
GIACOMO - Il momento più difficile della mia vira,
GISELLA - SI. Ma che non può risolversi, proprio per questo, con il palliativo d'un viaggio. Tu questo viaggio non vuoi farlo. Tu non vuoi partire con me. Come io non voglio partire con te. Tu agisci in un modo e pensi in un altro. Come hai fatto, sempre, in questi cinque anni. Ma in questo tempo dovevi salvare le apparenze, almeno nei miei «guardi. Ora che salvi? Vogliamo seguitare a turlupinarci?..,
GIACOMO - (sconvolto) Ma dove vuoi giungere tu con questo?
GISELLA - Vorrei giungere alla verità, Giacomo. E lo posso proprio perché tu finalmente mi sei un, estraneo. Tu non ami tuo figlio...
GIACOMO - Ti proibisco di parlare,
GISELLA - Gridi? Vuol dire che ho messo il dito sulla piaga.
GIACOMO - (con un grido) GISELLA !
GISELLA - E perché? Ne abbiamo parlato per dieci giorni di seguito, e proprio in questo momento vorresti impedirmelo? Tu non ami tuo Belio! O per lo meno, tu t'illudi che la molta di tutto questo tuo dramma sia tuo figlio.
GIACOMO - Ahi Se non fosse stato per mio figlio.
GISELLA - Forse, a quest'ora, non giocheremmo a carte scoperte? Beh! E tuo figlio è stato un pretesto: un paravento per me, per te, per Navarra,
GIACOMO - Navarra!
GISELLA - Vedi che questo nome ti scotta?
GIACOMO - Navarra è un vigliacco.
GISELLA - "Boa,
GIACOMO - Navarra si conduce come un masnadiere. Come un ladro di strada. E io non posso permettere! Perché è una cosa morale che una donna sposi un uomo che non ama?
GISELLA - Non l'ama, è vero?
GIACOMO - Non l'ama: non può amarlo.
GISELLA - Non arba che te, è vero?
GIACOMO - Sì : non ama che me.
GISELLA - E vuoi andare a Taormina? Invece tu vai a Firenze. E sbaracchi tutto. E’ quello che vuoi fare, non è vero?
GIACOMO - (sedendo su una poltrona, t coprendoti il folto eoa le mani) É quello che debbo fare…..
GISELLA - Fallo! Non te l'impedisce nessuno: io meno di tutti. Ecco: siamo giunti al punto di arrivo. Tu non ami che lei : noi» vuoi che lei, non sai rinunziare a lei! E poiché io non ti amo più, tu te ne andrai con lei! E anche col tuo bambino che i la stessa cosa, perché è nato dalla carne sua. In fondo, il bambino ci è «die a tutti : a te che potrai giustificare il tuo passo, dicendo; — Come facevo? Mi era nato un figlio! E in questi casi, il padre deve seguite il figlio! — A me che potrò dire: — Gli era nato un. bambino: la sua famiglia era quella. Ed io ho fatto che lui andasse verso la sua: famigliai —- E ci salveremo, d'accordo, l'uno e l'altro, agli occhi del mondo...
GIACOMO - GISELLA!
GISELLA - Questo si deve fare! E poiché tutto dipende da me: ceco (Si toglie l'anello dal dito) La mia fede è qui: riprendila. Non so più che farne. Tu sei una bravo avvocato : troverai tu il modo: e ci libereremo l'uno dell'altro, Si vedrà: troveremo delle ragioni che non debbano tradire la nostra coscienzal Né la verità, che è quella che più conta! Non mi rispondere. No, caro! Queste son cose, cui non si risponde. Ti dko, soltanto, che non transigo. E che, ormai, ì cosa fatta. In quanto a tua madre: avrà un nipote; si consolerà. Ma, per ora, bisogna darle l'illusione che tutto seguiti ad andare per il meglio. Sicché tu puoi prendere la tua valigia... E io dirò che mi hai preceduto alla stazione. E tu andrai a Nord, io a Sud. Partirò anch'io: non temere. Conta sulla mia collaborazione. E non piangere: basta con queste lacrime da coccodrillo I Va.
(GIACOMO tsee dopo uà momento di edtastone).
(GISELLA ESCE). (Poi entrerà CLOTILDE).
CLOTILDE - Tutto è pronto, signora.
GISELLA - Grazie, Clotilde. Se avrò bisogno di qualche altra cosa, vuol dire che preparerete un baule e mi raggiungerete.
CLOTILDE - Sì, signora. Allora la signora ha deciso di trattenersi a lungo fuori?
GISELLA - Non so: vedremo.
(CLOTILDE fa per uscire).
GISELLA - Ditemi CLOTILDE: ora è passato qualche tempo, potete dirmelo, Chi era l’uomo che... aveva avuto... con ARDUINA...
CLOTILDE - (dopo una pausa) Eh! Signora! Era un uomo ammogliato!
GISELLA - Ah! Era un uomo ammogliato!
CALA LA TELA