E’ mezzanotte, dottor Schweitzer

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E’ mezzanotte, dottor Schweitzer

di Gilbert Cesbron

(adattamento di R. Lussignoli)

PERSONAGGI

Dottor Alfred Schweitzer

Padre Carlo De Ferrier

Comandante Hervè Lieuvin

Governatore Leblanc

Signorina Maria

bambino nero

L'azione si svolge interamente nell'ufficio dell’ospedale del dottor Schweitzer, nella jungla vicino a Lambaréné (Congo Francese). Agosto 1914. E' notte.

ATTO PRIMO

L’ufficio del dott. Schweitzer è una stanza di costruzione e decorazione rudimentali, illuminata da lampade a petrolio. Sul fondo una porta a vetri dà su una veranda; al di là le tenebre. A destra una seconda porta che si apre sul laboratorio del dott. Schweitzer. Tra la porta di destra e il fondo, il tavolo di lavoro del dottore ingombro di oggetti e di libri, ed una  piccola farmacia armadio.

A sinistra, una biblioteca visibilmente confezionata con scatole di imballaggio. Sedie, stampe, un calendario, una carta dell’Africa. Fissata al muro, sopra la tavola, una pianta con le trenta baracche che formano l’insieme dell’ospedale, e un fucile. In un angolo una palma curiosamente decorata di ghirlande. Quando si alza il sipario Maria è sola in scena; si sente una fuga di Bach suonata al pianoforte. Durante l’atto si sentiranno il canto dei grilli, urla di bestie, rumori e richiami indefiniti e misteriosi. I personaggi dovranno, senza affettazione, far sentire al pubblico la calura che, malgrado la notte, è soffocante. Maria sta sistemando la tavola e riordinando la piccola farmacia. Il brano musicale termina; il dottor Schweitzer entra.

 

ATTO 1° - SCENA 1°

MARIA                Lei ha bisogno di riposare, dottore. Il suo tempo è sacro... ed è passata la

                            mezzanotte...

SCHWEITZER   (sorridendo) Suonare mi rilassa, ed è una maniera per fermare il tempo. (subito

                            si sente un tam-tam da lon­tano. Schweitzer si blocca, presta attenzione al suono

                            e dopo un po’)Bambino...  bambino malato. (il tam-tam tace). Un  bambino

                            malato... ma non ho capito l’inizio del messaggio. Arri­verà sicuramente della

                            gente. (la guarda un momento in silenzio e le dice, con dolcezza) Lei non è felice

                            questa sera... (pausa; bruscamente) Prepariamoci a lavorare! (Maria prende il

                            pacchetto di lettere che aveva posato sullo scrittoio; Schweitzer va verso la ta­

                            vola e prende la caraffa ed un bicchiere) Succo di frutta?

MARIA                No, grazie. (Schweitzer si serve, posa caraffa e bicchiere sullo scrittoio. Maria ha

                            aperto le lettere e ne legge il contenuto). La città di Strasburgo le domanda la

                            data del suo ritorno... (Schweitzer fa’ un gesto vago)e conferma che conserva la

                            sua cat­tedra vacante.

SCHWEITZER   (con forza) Risponda al rettore che non deve farlo... che io non tornerò mai più!

                            (pausa) Che altro, signorina Maria?

MARIA                Il suo editore ha ricevuto nove domande di tra­duzione dei suoi libri su San Paolo;

                            la prega...

SCHWEITZER   (interrompendo vivacemente) Tutto quello che vorrà, ho fiducia in lui. E poi?

MARIA                Sette proposte di concerti d'organo per l’inverno prossimo da dare a... (prende le

                            lettere una a una) Edimburgo... Stoccol­ma... Amsterdam...

SCHWEITZER    (interrompendola)Accetti tutto... abbiamo bisogno di denaro... (si alza e va verso

                            la pianta fissata al muro). Voglio tre baracche in più prima dell’estate del 1915:

                            maternità, piccola chirurgia e alienati.

MARIA                (scorrendo il resto delle lettere) Ecco, per l'appunto, delle offerte, dei regali...

SCHWEITZER    Ah! Che saremmo senza gli amici in Europa!

MARIA                (con irritazione) Dica piuttosto che sarebbero i negri sen­za di noi!

SCHWEITZER   Come le pare. L'importante è che ognuno trovi chi lo aiuta.

MARIA                (duramente) Ci sono quelli che pagano con il denaro e quelli che pagano di

                            persona!

                     

SCHWEITZER    (dolcemente) No, ci sono quelli che hanno la coscienza ela­stica e quelli che

                            sorridono...

MARIA                E' un po' la stessa cosa!

SCHWEITZER   (con vivacità) No, poiché lei non sorride. Su...mi dica, cosa c'è?

MARIA                (si alza e va verso la porta) Sono come la foresta... come l'Africa verso sera...

                            aspetto la tempesta... soffoco...

SCHWEITZER   (le si avvicina) La tempesta è passata: le foglie si sono raddriz­zate, la terra ha

                            bevuto profondamente e ha por­tato un'onda di linfa fino al cuore degli alberi...

MARIA                (a mezza voce) Beati gli alberi.

SCHWEITZER    Domani mattina il sole ricomincerà a torturarli in silenzio. L'Africa assetata

                            soffrirà. Ma lei avrà ritrovato il lavoro e dimenticherà questa notte odiosa.

(Maria si siede di nuovo. Schweitzer l'osserva e si riempie un bicchiere di succo di  frutta, rovesciandone qualche goccia sul pavimento)  Lei è troppo nervosa per questo clima!

MARIA                (sorridente, ma aggressiva) Però lei, dottore, ha rovesciato del succo di frutta!

 

SCHWEITZER    (sorridendo) L'hofatto apposta.

MARIA                E perché? (si alza improvvisamente, di scatto) Ascolti... (dopo qualche momento,

                            confusa) credevo...

SCHWEITZER   Ecco l'Africa! Si crede sempre di sentire qualcosa... è quello che non si sente

                            che è veramente pericoloso. Vada a dormire, signorina Maria.

MARIA                No... questa sera non riuscirei a dormire.

SCHWEITZER   (con un sorriso) Ai bimbi troppo eccitati si raccontano favole per farli addormentare! A lei cosa racconterò? (breve pausa di riflessione) Ecco, il mio primo intervento in terra d’Africa, la sera stessa del nostro arrivo! Il malato era disteso sopra le casse, nel pollaio trasformato in sala operatoria. Mia moglie mi assisteva, tremando.

MARIA                Tremando?

SCHWEITZER   Sì, perché c'erano otto paia d'occhi bianchi che ci circondavano nelle tenebre e

                            seguivano ogni mio gesto: otto guerrieri armati e impennacchiati come galli da

                            combattimento.

MARIA                E l'operazione è riuscita?

SCHWEITZER    (sorridendo) Se non fosse riuscita non sarei qui. Quella sera ho battuto tutti gli

     stregoni della grande fo­resta! Nella notte i tam-tam diffusero la notizia: all'alba

     arrivarono in piroga a sciami, fa­miglie intere. Appena a terra, gridavano il mio

     nuovo soprannome:“N' tchinda”.

MARIA                Che significa “N’tchinda ?”

SCHWEITZER   Colui che taglia bene.

MARIA                (dopo una pausa) A me, che soprannome darebbero?

SCHWEITZER   (sorridendo, ma grave) Chernza Zer...(Maria fa un gesto interrogatore) “Quella

     che non ha ancora scelto”...

MARIA                (con voce un po’ alterata)Conosce anche dei rimedi per l'anima, dottor

                            Schweitzer?

SCHWEITZER    (lentamente) Eccone uno che mi ha preservato sino ad oggi: “Non mi sono mai

     sottomesso alla necessità di essere un uomo ra­gionevole”.

MARIA                (un po’ ironica)E questo le ha dato la felicità?

SCHWEITZER   (dopo un istante) La felicità non esiste.

MARIA                (quasi in un grido) Non posso crederlo!

SCHWEITZER    Verità che si impara, ma che non si insegna!

MARIA                (come sopra) E io invece sono sicura che la felicità esiste!

SCHWEITZER    (imperiosamente) Sì, ma se lei diventa degna di questa felicità, ca­pisce che non

                            Ne ha diritto, che deve assumersi una parte del fardello del dolore umano...

                            allora si abbandona la felicità e si sceglie la gioia...

MARIA                (con forza) Allora è gioia lasciare la moglie e una creatura in Alsazia? Lasciare la

                 cat­tedra all'università, e la certezza di diventare il primo organista d’Europa?

                 Questa, dunque, è la gioia?

SCHWEITZER    (dopo una pausa) Le risponderò: sì, è questa la gioia. (sforzandosi di sorridere)

                Però aggiungo che il compito di una infermiera non è quello di riaprire le ferite.

MARIA                (abbassando la testa) Le chiedo perdono... Ma non si aspetti da me nessun riguardo. Non si vive che una sola volta.

SCHWEITZER   (con dolcezza) E lei giustamente si chiede se qui non sta buttando la sua vita...

                            Si tranquillizzi. Non perdono la vita quelli che si pongono questa domanda.

                            (cambiando tono) Guardi, venga qui a constatare perché ho rovesciato del succo

                            di frutta un momento fa.

MARIA                (che si è avvicinata, ha un gesto di repulsione) Che orrore questa fila di formiche

                            rosse !

SCHWEITZER   (sorridendo) Sono come mucche all'abbeveratoio. Dalla fo­resta hanno sentito lo

zucchero e vengono in buon ordine.

MARIA                E' spaventoso...

SCHWEITZER    O meraviglioso, come una processione...o grottesco, come un'armata.          Questione di gusti... ma non spaventoso. Nulla di ciò che è vivo è spaventoso.             (pausa) Ecco... le tre gocce sono state succhiate e le formiche se ne vanno.    Preferisco questo piuttosto che vederle prendere la strada del pollaio, soffocare le nostre galline tappando loro le narici e divorandole in un attimo!

MARIA                (a mezza voce) Questo paese è troppo inumano.

SCHWEITZER   E' il regno di Damocle! La morte sospesa in ogni luogo, in ogni momento!

                            E questa minaccia agisce come un veleno o come un rimedio, secondo i

                            Temperamenti. (si ferma di scatto). Sente? Qual­cuno si avvicina... (Maria ha uno

                            scatto nervoso) Non si spaventi. Gliel’ho detto, qui il pericolo è ciò che non si

                            sente.

MARIA                (a mezza voce) Io non ho sentito nulla .

SCHWEITZER   (sorridendo) E poi bisogna amare l'inaspettato, “Cherna Zer”. Un giorno, un viso

     s'affaccerà alla porta, un libro cadrà dalle sue mani, ascolterà la parola di uno

     sconosciuto... e ad un tratto la sua vita troverà la sua ragione.

MARIA                Ma via! Una vita che ha valore non deve nulla al caso.

SCHWEITZER   Ogni grande esistenza nasce da un incontro casuale. (mentre finisce la frase la

                            porta si apre, spinta da padre Carlo che porta in collo un piccolo bimbo nego. Il

                            padre ha un viso ascetico invaso da una barba grigiastra. Una  specie di smorfia

                            lo fa sorridere quasi costantemente, come quelli accecati dal sole. Porta una

                            tonaca bianca con sul petto un cuore scar­latto sormontato da una croce: è 

                            l'abito reso ce­lebre da padre de Foucauld)

ATTO 1° - SCENA 2°

MARIA                Padre Carlo!

PADRE CARLO  Lo sapevo che non dormivate!

SCHWEITZER   (avvicinandosi) E' il bimbo malato?

PADRE CARLO  (deponendo il bimbo su una sedia) Quando ho sentito il messaggio: ”Demonio,

     bimbo malato...” sono corso. Si accingevano a sgozzarlo. Lo credevano pazzo.

MARIA                Epilettico?

SCHWEITZER    (che sta esaminando il bimbo) No... crisi nervosa provocata da questo ascesso

     al braccio, che opererò subito. Lo corichi, signorina Maria (facendo un cenno

verso la porta) in quella sala. Un calmante e la pulizia del braccio. Avverta Giuseppe e Bonzo, che mi dovranno assistere. Grazie.

MARIA                Potrei anch'io...

SCHWEITZER   No. Bisognerà bloccare il bimbo senza nessuna tenerezza... (sorridendo) non

                            possocontare su di lei, questa sera... Però, dopo, lei lo consolerà meglio di

                            chiunque altro... (Maria prende il piccolo nero in braccio ed esce dalla porta di

                            destra. Appena uscita Schweitzer parla con veemenza).

SCHWEITZER    (si dirige verso la carta dell'Africa) Eccomi qua, davanti a questa carta dell'Africa.

     Padre Carlo, quando avremo ragione di quest’immenso e selvaggio territorio?

PADRE CARLO  I nostri nipoti, forse. E noi, dai balconi della casa del Padre, vedremo i loro

                            corpi e le loro anime.

SCHWEITZER    (senza allegria, dopo una pausa) Il Governatore Leblanc riderebbe, se ci

                            sentisse. Ed anche il comandante Lieuvin.

PADRE CARLO Non nello stesso modo.

SCHWEITZER    (sorpreso)  Conosce il Comandante?

PADRE CARLO  Da diversi anni, ma non l’ho ancora incontrato qui, in Africa. Già da allora

                            aveva bisogno di un'enorme razione di fatti, decisioni, materiale umano da

                            macinare.

SCHWEITZER    E possedeva già quell’ansia di esser approvato?

PADRE CARLO  (sorridendo) Sì, era una delle sue splendide debolezze.

SCHWEITZER    (lo osserva un momento poi, cambiando tono) Lei dimagrisce, padre Carlo.

PADRE CARLO  (contrariato) Ma no! Gli alberi non dimagriscono.

SCHWEITZER    (dolce ma imperioso) Lei dimagrisce! Mi rincresce parlarle in questo modo, ma

                            temo che lei si sottoponga a delle privazioni e mortificazioni eccessive. Il corpo è

                            un buon compagno di viaggio, padre, lo risparmi.

PADRE CARLO (sorridendo) E' un servo goloso, pigro.

SCHWEITZER    (interrompendolo) Ma fedele fino alla morte! D'altronde, la più grande mortifica-

                            zione sarebbe quella di sa­crificare le sue mortificazioni.

PADRE CARLO  Non mi chieda questo!

SCHWEITZER    Invece sì; andiamo di là, voglio esaminarla.

PADRE CARLO     Non prima del mio piccolo malato!

SCHWEITZER    (dirigendosi verso la destra) Tutto dovrebbe essere pronto (girandosi)

                            Non vada via, padre Carlo! (esce)

Rimasto solo, padre Carlo va fino alla porta di fondo e l'apre. Rimane, immobile, le braccia tese come un crocefisso, bianco sul fondo nero della notte dalla quale si alzano dei rumori. Maria

rientra da destra e l'osserva in silenzio, prima di de­cidersi a parlare.

ATTO 1° - SCENA 3°

MARIA                (con dolcezza, dopo una pausa) Bisogna chiudere quella porta, padre.

PADRE CARLO (si gira e chiudendo i battenti) Per via delle zanzare?

MARIA                Sì.Padre, lei sorride sempre: perché?

PADRE CARLO  E' la mia unica arma; me la lasci!

MARIA                (senza simpatia) Un'arma a doppio taglio.

PADRE CARLO  (tranquillamente) So che questo può irritare; ma l'irritazione può essere salutare.

     Quando l'olio non riesce ad aprire una serratura si adopera l'acido... (silenzio) Lei

     mi ha chiesto perché sorridevo; posso domandarle io perché lei  non sorride più?

MARIA                (bruscamente, con angoscia) Padre, pensa anche lei che non si abbia diritto alla

     felicità?

PADRE CARLO (con lentezza) La felicità passa come un sovrano ad una sfilata. Uno lo aspetta

                           per tanto tempo e poi, ad un tratto, il cuore batte più rapido... eccolo!... troppo

                            tardi...  è già passato. La felicità si fà vedere solo di spalle.

MARIA                (con violenza)  No, no! Durerebbe la felicità, se voi non la cac­ciaste.

PADRE CARLO  Noi?

MARIA                Sì, la gente come lei, come il dottore! Sicuri in an­ticipo che la felicità non si può

    trattenere... che non se ne ha diritto! Un male contagioso la vergogna di essere

     felici. E intanto il tempo passa, inesorabile (pausa). Mi permetta una domanda

     sciocca: si guarda qualche volta allo spec­chio, padre?

PADRE CARLO  (dopo un istante) Tempo fa mi sono trovato faccia a faccia con un vecchio

    sconosciuto. Davanti al suo sguardo in­quieto mi sono chiesto: “Cosa possa fare

     per que­sto vegliardo?” Gli ho teso la mano: ero davanti ad uno specchio.

MARIA                (prendendo uno specchio dal tavolo) Ebbene, io mi guardo in questo specchio

     mat­tina e sera e... (terminando con voce sorda) voglio essere felice... e presto!

PADRE CARLO  (con dolcezza) Qui, non è felice?...

MARIA                (molta calma) No Padre. Le assicuro che si può essere in pace con se stessi, e

                            con gli altri e con il Cielo... e non essere felice... (pausa, poi, con violenza) Io vivo

                            sulla terra! So bene cosa significa amore, amare, scegliere un essere unico e

                            dargli tutta me stessa!

                      

PADRE CARLO  (a mezza voce) E' solo il principio.

MARIA                (con maggior violenza) Ma questo per me è l'unico fine!

PADRE CARLO (con durezza) Allora che cosa fa qui? (Maria sta per rispondere, ma lui la ferma

                            imperiosamente). Aspetti, glielo dirò io. Lei è qui perché fugge da qualcuno, e si

                            ven­dica su se stessa, come fanno tutte le anime nobili... E’ questo amore

                            esclusivo che le manca oggi.

MARIA                (con la voce spezzata) Come lo sa?

PADRE CARLO (intenerito, riprende con dolcezza) Non so nulla del suo passato. Ma lei non sa

     nulla del suo avvenire! Non riservi tutto il suo cuore nell'attesa... lo divida fra

     questa povera gente che ha tanto bisogno di lei.

MARIA                (con amarezza) Non sono venuta per loro.

PADRE CARLO (con durezza) Lei non è venuta per qualche cosa, ma contro qualcuno! Però,

                            lo sappia : nulla di grande si fa mai “contro!”

MARIA                       (di nuovo violenta) Andiamo! Tutta la sua religione è “contro!” Con­tro l’amore, contro la libertà, contro la donna, contro la vita!

PADRE CARLO (costernato) Che eresia! Anche un bambino di sei anni pensa che la vita non è

     che una sequenza d'interdizioni. Lei ha sei anni quando parla così.

MARIA                (meno sicura) Cos'è la perfezione se non la privazione di tutto?

PADRE CARLO Cos'è la perfezione di fronte alla santità? E cos’è la santità se non la sete di tutto?

                            L'orgoglio è pretendere di essere perfetti, non di voler essere santi.

MARIA                (a bruciapelo) Il dott. Schweitzer è un santo?

PADRE CARLO  Dio lo sa... io no... tutto sommato non mi meraviglierebbe...quell’uomo è pieno

                            di amore.

MARIA                (con  amarezza) Davvero? Lo sa che ha lasciato la signora Schweitzer e la sua

                            piccola bambina in Alsazia?

PADRE CARLO (a mezza voce) Non sapevo che amasse fino a questo punto.

MARIA                (con violenza) Dio mi preservi dall'essere amata in questo modo!

PADRE CARLO (con violenza maggiore) Dio?! Ma lei cosa ha avuto da offrirgli di maggior valore,

     fino ad oggi?

MARIA                (lunga pausa, poi, con dolcezza) Perché mi vuole ferire?

PADRE CARLO (a mezza voce) Due ciechi che si battono si infliggono ferite tremende...

(prendendola per un braccio) Ascolti. Chissà che non incontri qui colui che aspetta? E chissà se anche lui non la stia aspettando? (pausa) Le anime solitarie e desolate si danno appuntamento in capo al mondo. (Schweitzer entra. E’ stanco e si asciuga la fronte con un fazzoletto)

ATTO 1° - SCENA 4°

PADRE CARLO  Il bimbo?

SCHWEITZER   Giusto in tempo!

MARIA                Dorme?

SCHWEITZER    Profondamente!... E con un sorriso che mi ripaga di questa giornata. 

MARIA                (va verso la porta)  Vado a vegliarlo.

SCHWEITZER    E' inutile. Bonzo ha sistemato la branda vicino al suo lettino e non lo lascerà un

                           istante. (pausa, con tono scherzoso) E lei, padre Carlo, cerchi di non imbrogliarmi

     con qualche citazione della Bibbia e venga subito con me! Ho detto che la

     visiterò e lo farò subito. Venga, venga... (e lo spinge verso la porta)

PADRE CARLO  (reticente)  Aspetti..

SCHWEITZER    (come sopra) Non ascolto e non aspetto niente! (a Maria) Sta dimagrendo a vista

                           d'occhio.  Venga, padre. (escono assieme).

ATTO 1° - SCENA 5°

Maria, rimasta sola, si avvicina lentamente alla tavola, prende lo specchio e si guarda per un momento, poi scoppia in lacrime. Ad un tratto si raddrizza e si asciuga velocemente gli occhi: ha sentito il rumore di un galoppo che cresce e poi cessa di colpo. La porta si apre e il comandante Lieuvin appare sulla soglia. E’ un bell’uomo, tenuta da cavallerizzo. Sulle spalle una piccola mantella. Mentre chiude la porta si accorge della presenza di Maria. Il suo viso si illumina.

LIEUVIN              Maria! Non speravo di trovarla ancora alzata! Come sta?

MARIA                (abbassando gli occhi) Il dottor Schweitzer sta bene.

LIEUVIN              (guardandola fissa) “Lei” come sta?

MARIA                (alzando lo sguardo) Ma... benissimo.

LIEUVIN              (bruscamente) Questi occhi rossi... stavano piangendo. Posso sapere perché?

MARIA                (impetuosamente) No!

LIEUVIN              (la guarda con dolcezza, poi, a mezza voce) I cuori orgogliosi sono come la

                            povera gente: istintivamente si difendono da quelli che vogliono loro bene.

MARIA                (quasi duramente) E' possibile!

LIEUVIN              (duro) E' possibile, però io non l'ammetto!

MARIA                (con dolcezza) Vuole vedere il dottore, comandante?

LIEUVIN              (quasi timido) E' lui che sono venuto a trovare... ma sono felice di aver incontrato

                            lei. (con dolcezza) Mi chieda piuttosto perché solo oggi le parlo in questo modo.

                            (pausa, poi riprende imperiosamente) Mi ascolti bene: lei conosce il mio passato,

                            il mio carattere. Lei sa quello che le offro, immagina quello che esigo. (Maria fa

                            un gesto) No! Non mi risponda questa sera. Lasci che le mie parole si facciano

                            strada in lei, come i semi nella terra. Aspetterò una sua risposta... io non gliene

                            parlerò più. Sono venuto solo per questo, non ho nulla da dire a Schweitzer...

                            (lunga pausa; Lieuvin guarda Maria, che evita il suo sguardo) Maria, mi dica

                            qualcosa, la prego.

MARIA                (prendendo una delle lampade dice, con sforzo evidente) E’ l’ora dell’ispezione

                            Nel padiglione degli operati (ed esce)

Lieuvin la segue con lo sguardo, senza muoversi. Dopo un istante entra Schweitzer per prendere il suo stetoscopio sul ta­volo.

ATTO 1° - SCENA 6°

SCHWEITZER   (sorridendo) Comandante Lieuvin, quelle luci e quei rumo­ri... era lei dunque.

LIEUVIN              (sorridendo) Ne dubitava?

SCHWEITZER           Sì, aspettavo il signor amministra­tore generale Leblanc... ma non avete la stessa scorta.

LIEUVIN              (con alterigia) Effettivamente, non abbiamo niente in comune.

SCHWEITZER    (dopo un momento) Sarebbe meglio per gli indigeni che i due profili della

                            Francia si rassomigliassero un poco. (dopo un gesto d’impotenza cambia tono e

                            argomento). La signorina Maria l'ha lasciata solo?

LIEUVIN              E' andata a fare l'ispezione al padiglione della chirurgia.

SCHWEITZER    (sorpreso) A quest'ora? (va verso la porta, con lo stetoscopio in mano)

                            Mi perdoni, ma sto esaminando  Padre Carlo...

LIEUVIN              (con gioia) Ferrier è qui!? Finalmente lo rivedrò!

SCHWEITZER    (tornando indietro) Aveva un po' di autorità su di lui, una volta?

LIEUVIN              Autorità no, forse un certo ascendente.

SCHWEITZER   Allora avrò bisogno di lei. (esce).

ATTO 1° - SCENA 7°

Il comandante Lieuvin, rimasto solo, si piazza davanti alla carta dell'Africa ed è così assorto nel suo studio che non sente entrare Leblanc. Al contrario dei personaggi precedenti, eccezionali, Leblanc è un uomo: è l’uomo. Leblanc si avvicina a Lieuvin, resta un poco senza parlare, poi:

LEBLANC           Allora, Lieuvin, quante città nuove? Quanti chilometri di strada e di ferrovia sta

                            costruendo?

LIEUVIN              Mi scusi! Non l'ho sentita entrare. Buonasera, Leblanc.

LEBLANC           Io invece l'ho sentita passare sopra le nostre teste al ponte di legno. Un chiasso

                            infernale!

LIEUVIN              E' venuto col battello? E’ più lungo...

LEBLANC           Sì, ma guardi la carta... è la strada più corta...E poi, non mi piace svegliare una

                            ventina di villaggi...

LIEUVIN              (rettificando, arrogante) Ventisette!

LEBLANC           (continuando) Al galoppo e con le torce.

LIEUVIN              So che il mio...”fasto” non le piace.

LEBLANC           (lentamente, guardandolo in faccia) Bisognerebbe scegliere tra il fasto e la

                            familiarità, tra l'alterigia e la demagogia, e anche fra disprezzare gli uomini politici

                            e cercare di piacere loro! Se lei immagina che si possa servire la repubblica

     maledicendone gli uomini di stato e ignorando i suoi funzionari si sbaglia, Lieuvin!

LIEUVIN              (a mezza voce, ma con violenza) Detesto i politicanti che distruggono una

                            carriera per una chiacchiera d’anticamera. Detesto i mi­litari d’ufficio, che non

                            sono altro che borghesi tra­vestiti! Io sto con la belva, contro il cacciatore.

LEBLANC           (con calma) Lieuvin, qui sono il padrone fino a nuovo ordine. Ascolti, glielo dico

                            senza nessun orgoglio perché sono padrone solo per raggiunta anzianità, ma a

                            cui si deve obbedire. Sono io che faccio costruire, tracciare strade e città, non lei.

LIEUVlN              (con violenza) Allora lo faccia! Qui nulla si muove, fuorché il tempo! Le poche

                            Strade iniziate saranno troppo strette fra cinque anni! Il porto è un abbozzo di

                            quel che occorrerebbe! Vede tutto questo, Leblanc? E’ lei che ordina ciò?

LEBLANC           (dopo una pausa) Per me l’Africa non è ne una vocazione ne un’avventura: è un

     mestiere. Non voglio impegnare la mia anima nella costruzione di una città o

     nella fondazione di un impero. Non mi interessa comparire in una enciclopedia.

LIEUVIN              (dopo una pausa) Lei mi crede così ambizioso?

LEBLANC           No, è ben altra cosa! Lei è un gran soldato, Lieuvin, e mi spaventa... (silenzio; poi

                            Con calma) Mi chiedo perché la la­sciano in questo territorio dopo che ne ha com-­

piuto la pacificazione. Se vogliono lasciarglielo me ne andrò, con vivo disappun-to, ma me ne andrò piuttosto che lavorare con lei! Detesto il tipo di grand'uomo. Fra padre Ferrier, Schweitzer e lei, sono davvero poco fortunato.

LIEUVIN              (sorridendo) Lei vede grandi uomini dappertutto!  Lei ha il cervello epico.

 

LEBLANC           No, è solo istinto di conservazione. L'aria at­torno a voi tre, è irrespirabile. Ferrier

                            è la follia della Croce...  lei la  mania di grandezza... Schweitzer...

LIEUVIN              (interrompendolo) Risparmi almeno il dottore, e ringraziamo il suo equilibrio e la

                            sua efficienza.

LEBLANC           (proseguendo) Schweitzer è l'eroe nazionale protestante..

LIEUVIN              (ironico) Perché? Il protestantesimo è una patria? (cam­biando tono) Onestamen-

                            te, cosa fa lei per Schweitzer?

LEBLANC           Lo tollero... (gesto di Lieuvin) Non dimenticate che il dottore è alsaziano, cioè un

                            soggetto tedesco.

LIEUVIN              (indignato) Leblanc!

LEBLANC           (proseguendo) E che domani potremmo essere in guerra con la Germania...

LIEUVIN              Per liberare l'Alsazia, precisamente!

LEBLANC           Sicuro!

LIEUVIN              (con trasporto) Il dott. Schweitzer è così poco teutonicoche è venuto a stabilirsi

                            qui, nel Congo francese, piut­tosto che in Togo o in Cameroun. (pausa) Cosa ne

                            pensano di lui, a Parigi?

LEBLANC           Non sanno cosa pensarne. La simpatia non è una dote dei politici (silenzio) Io lo

                            aiuto con la possibilità dei miei mezzi, ma senza ordini scritti...

LIEUVIN              (più dolce) Leblanc, perché vuol sembrare più arido di quanto non sia realmente?

LEBLANC           Peggiorarmi io? Cerco solo di non inebriarmi: ne entusiasmo, ne tenerezza. Non

                            accetto denaro falso... soprattutto quando sono io a coniarlo.

LIEUVIN              (dopo uno sguardo verso la porta) Ildottore l'aspettava?

LEBLANC           Sì, per un inventario. I trasporti sono bloccati dalla minaccia di guerra. Schweitzer sta finendo le medicine ed è quasi senza risorse... (pausa. Cam­biando tono e lentamente) Ma non è solo per lui che sono venuto qui.

LIEUVIN              (che ha capito subito) Ah.

LEBLANC           (come sopra) Le ho già detto, Lieuvin: io sono un uomo, sol­tanto un uomo.

LIEUVIN              (dopo una pausa, guardandolo fisso) In questo senso siamo tutti uomini!

LEBLANC           (lo guarda interrogativamente per un attimo, in silenzio, poi con violenza) Maria?

Lo sapevo! (pausa, tono normale) Però, Lieuvin, questo è ba­rare!  Bisogna scegliere: gli eroi vivono soli. Ferrier non scrive più nemmeno alla sua famiglia; Schweitzer ha lasciato moglie e figlia in Europa... lei così fa il doppio gioco.

SCHWEITZER    (entra e si dirige versa Leblanc) Signor amministratore, non l'aspettavo più...

                            (si stringono la mano)  Lieuvin, ho visitato a fon­do padre Carlo. Io lo esorto a

                            curarsi, lui sor­ride.. Cerchi di convincerlo la prego, se ha qual­che ascendente su

                            di lui.  (a Leblanc) Conosce lei una razza più terribile della gente che sorride

                            sempre?

LEBLANC           Quella che non sorride mai.

SCHWEITZER    (sorridendo) La signorina Maria è già pronta per l’inventario, viene? (escono;

                            dopo poco entra padre Carlo)

ATTO 1° - SCENA 8°

LIEUVIN              (con grande sorpresa e gioia) Ferrier!

PADRE CARLO Lieuvin! (si abbracciano a lungo. Silenzio)

LIEUVIN              (lentamente) Sei irriconoscibile! Solo gli occhi sono sempre gli stessi... Ma dov’è

                            il nostro grande Ferrier ?!

PADRE CARLO Mi chiamavate già tutti  padre Ferrier.

LIEUVIN        Il più ricco del corso... e sono sicuro che non pos­siedi niente di più che questo

            saio! (lo guarda) Che cammino hai seguito, per arrivare sin qui?

PADRE CARLO        Ho camminato sulle onde...

LIEUVIN                     Come!?

PADRE CARLO  Ricordi il Vangelo? Quando uno sente distintamente il “Vieni” uscito dalla bocca

di Dio gli basta camminare, senza un’ombra di inquietudine, anche se può                         sembrare una follia.

LIEUVIN         Lo sapevo che saresti andato sino in fondo!  

PADRE CARLO (sorridendo) Dio non pensa alle minuzie... quando uno si impegna per la Sua

                            lotta ci prende come siamo, tutti interi: il buono e il cattivo. Se metti un ceppo al

                       fuoco tutto brucia, anche i vermi che lo divoravano.

LIEUVIN              Non hai dunque trovato un ordine abbastanza mortificante... una Regola

                            sufficientemente dura per te? (padre Carlo fa cenno di no) E’ vero; tu, con la tua

                            legge individuale vivi al margine della Chiesa. Tu, un ufficiale, sei un franco

                            tiratore.

PADRE CARLO (a mezza voce) Il franco tiratore di Dio! (con voce sorda) I miei superiori mi

                       rifiutano la gioia... anzi l'orgoglio di essere un fondatore.

LIEUVIN              Conosco anch'io il supplizio dell’ubbidienza! Ma l'unica vendetta rimane l'azione

                            forsennata... e in questo mi deludi, Ferrier. T'immaginavo evan­gelizzante

contrade intere... innalzare la croce dap­pertutto! (pausa) A conti fatti, Leblanc mi assicura che fra tutti i missionari tu sei quello che conta meno conversioni al suo attivo! (Il padre fa’ un cenno affermativo)E dunque?

PADRE CARLO  Fraternizzo. Non insegno loro nulla, provo che siamo tutti fratelli in Dio!

LIEUVIN        Non otterrai nulla se non ti fai... Leblanc direbbe: temere; io dico: rispettare...

PADRE CARLO  Io dico: amare. Io preparo la terra... altri semineranno... altri ancora

                            mieteranno. Si fa del bene nella misura di ciò che si è, Lieuvin. Devo lavorare

                            ancora alla mia conversione personale prima di pretendere...

LIEUVIN              (interrompendolo con dolcezza)  Vecchio mio, guardati!

PADRE CARLO (ignorandolo, prosegue) La prima fiamma cova adagio, è lunga ad attiz­zare...

                            ma poi, d'un tratto l'incendio dilaga!

LIEUVIN              (dopo un istante,con voce sorda) Non credo. Non credo più, Ferrier! Ho perso la

                            Fede!

                      

PADRE CARLO (con forza) Ingrato! Chi ti ha mostrato la strada !? Chi ti ha dato il primo

                                   impulso?! Chi ti ha dato fame e sete di Giustizia? Chi, se non Cristo?

LIEUVIN        Sì, è Cristo! Ma non credo più, Ferrier: ci sono troppi misteri, troppe esigenze!

PADRE CARLO  Come se tu valessi qualche cosa senza le tue esi­genze. Prodigo, tu hai preso

                            la tua parte di ere­dità e sei partito alla conquista del mondo!  Va pure... Il  Padre

                            ti aspetterà fino all'ultimo istante! (la sua voce si strozza... si sente mancare e

                            deve sedersi... respira a stento)

LIEUVIN              (preoccupato) Cosa c'è, vecchio mio... Su...

PADRE CARLO (con gran fatica) Ho parlato più questa notte che per mesi interi. Sono sfinito!

     E' davvero sciocco...

LIEUVlN        Non curarsi è sciocco... Schweitzer è preoccupato per te.

PADRE CARLO  (alzandosi) Servono uomini duri per questo compito... Schweitzer ed io,

inseparabili e inconciliabili, come l'anima e il corpo. Ogni uomo non rappresenta  che la metà di Cristo! Ogni uomo non raggiunge mai che la metà del suo destino.

LIEUVIN              (dopo un istante) La metà del suo destino, in ogni campo?

PADRE CARLO  (con fermezza) In tutti i campi.

LIEUVIN              (con esitazione) Ferrier, quello che ti chiedo è grave, ascoltami: un uomo come

                            me, può sposarsi?

PADRE CARLO  Da venticinque anni lo sei, Lieuvin. Hai sposato la tua ambizione... e assieme

     guardate crescere i vostri splendidi figli. Case, città, paesi interi!

LIEUVIN              (con violenza) No, intendo una vera famiglia! E veder crescere dei veri figli!

PADRE CARLO  (con grande dolcezza) Temo di no, Lieuvin. Bisogna scegliere...

LIEUVIN             (come sopra) Scegliere significa sacrificare! E se io non lo volessi?

PADRE CARLO  Allora saranno gli eventi che sceglieranno per te! E ti sentirai umiliato.

ATTO 1° - SCENA 9°

LIEUVIN              (a Schweitzer, che rientra in quel momento) Dove sono gli altri?

SCHWEITZER    Stanno terminando l’inventario delle medicine. Ma quello delle finanze è

                           ancora più disastroso!

PADRE CARLO  Allora?

SCHWEITZER    Allora la solita musica. Un giro di conferenze e di concerti d'organo in tutte le

     capitali d’Europa, per tornare con duecento casse di medicinali. Però il signor

                       Leblanc crede che questa volta non ne avrò il tempo!   

PADRE CARLO  La guerra?

SCHWEITZER    Sì, la guerra. (pausa) Comandante, crede lei... (esita a proseguire) che i

                           Tedeschi mobiliteranno gli Alsaziani?

LIEUVIN        Contro la Francia? Ne hanno il diritto.

SCHWEITZER    (pausa) Comandante, qui sono ridotto a vivere solo di sentito dire... posso

                       contare su di lei nel caso che...

LIEUVIN              Domani le manderò una staffetta con notizie esatte. Se i fatti saranno gravi, verrò

                            io stesso domani sera.

PADRE CARLO  E io rimango, Schweitzer, col suo permesso. E' da tanto tempo che ho promesso

                            una visita ai suoi malati.

SCHWEITZER    Perfetto! Così potrò metterla a regime. Lei se ne guarda bene dal prendere le

                           medicine che le ho ordinato! (così dicendo lo trascina verso l’armadio farmacia,

                            da dove dal quale prende fiale e tubetti. Poco dopo entrano Maria, con delle

                            carte in mano, e Leblanc. Lei va verso Schweitzer, lui verso Lieuvin)

ATTO 1° - SCENA 2°

MARIA                (consegnando le carte a Schweitzer) Ecco l’inventario, dottore. (i due esaminano

le carte, mentre padre Carlo guarda con diffidenza le medicine che gli ha dato Schweitzer)

LEBLANC           (a Lieuvin, a mezza voce) Complimenti Lieuvin, lei ha vinto!

LIEUVIN              (a mezza voce, con alterigia) Cosa vuole dire?

LEBLANC           (come sopra) Ho parlato con la signorina Maria. Lei mi ha sopravanzato!

LIEUVIN              (come sopra) Glielo avevo nascosto, forse?

In questo momento si alza un canto indigeno molto triste. Tutti si girano verso la porta.

MARIA                (trasale e chiede con angoscia) Cos'è?

SCHWEITZER    (imperiosamente) Zitti! (ascolta un istante, il coro si fa più preciso)

                            No signorina, non è ciò che lei teme. (spiegando agli altri)  Quando uno dei nostri

     malati muore, la sua famiglia intona una cantilena lugubre. Ma non è questo.

PADRE CARLO  (aprendo la porta)  Questo canto viene dal fiume.

LEBLANC           Delle piroghe a quest'ora?

SCHWEITZER    Se cercano l'ospedale, ci sono le lanterne allo scalo, come al solito.

MARIA                (che è andata a guardare dalla porta) No, Bonzo deve averla dimenticata, questa

                            sera. Vado ad accenderla... (prende una delle lampade e sta per uscire quando)

PADRE CARLO  (fermandola) Aspetti! I vostri ospiti della notte devono fare qualche cosa.

                            Mi lasci almeno questo piccolo lavo­ro. (le prende la lampada dalle mani ed esce.

                            Il canto cesserà poco dopo)

SCHWEITZER    Resterà qui questa notte, Signor Leblanc?

LEBLANC           No, grazie. Me devo andare immediatamente. Domani le farò portare del chinino

            e dell'alcool o meglio, glieli porterò io stesso!

SCHWEITZER    Lei stesso? Non è cosa di tale importanza.

LEBLANC           (guardando Maria) Di grandissima importanza per me! (con un gesto circolare)

     Buona sera! (esce)

SCHWEITZER    L'accompagno. (esce a sua volta. Lieuvin e Ma­ria rimangono soli. Maria si

                            dirige velocemente verso la porta ma Lieuvin la ferma)

LIEUVIN              (con veemenza) Maria! Non voglio che sia Leblanc a farmi conoscere la sua

                            decisione!

MARIA                (nascondendo il viso nelle mani) Ed io voglio un po' di pace! Voglio essere sola,

                       completamente sola.

LIEUVIN              (con dolcezza, dopo una pausa) E’l'azione che porta consiglio, non la notte. A

                            domani sera, Maria.

SCHWEITZER    (rientrando, con la testa girata verso la notte) Ecco padre Carlo che torna.

                            (a Lieuvin, che esce) Posso contare su di lei?

LIEUVIN              Certo! (esce e lo si sente gridare) Buona sera, Ferrier!  (padre Carlo si affaccia

                            sulla porta, un po’ affannato)

PADRE  CARLO Venga, Schweitzer. Ci sono selle uomini nella piroga. Uomini che devono

                            venire da molto lon­tano; non capisco bene il loro dialetto. (silenzio breve) Sono

                            dei veri mostri, Schweitzer.

MARIA            Come?!

PADRE CARLO Sono coperti di tumori enormi... non hanno più forma umana... quella barca,

                                   nella notte, piena di animali dallo sguardo umano è una cosa orrenda.

SCHWEITZER    Domani li opererò tutti e sette.

PADRE CARLO  Tutti e sette, domani?

SCHWEITZER   Non c'è nessuna ragione perché qualcuno di loro soffra un giorno in più degli

                            altri. (ed esce)

MARIA                (con violenza) Dio! Dio! Queste mostruosità, queste sofferenze, questa guerra

                            depongono contro Dio!

PADRE CARLO  (calmo) Un giorno lei avrà dei figli. Soffriranno sotto i suoi occhi per qualche

     malattia, e lei sarà disar­mata; allora la guarderanno come lei sta guardando me

     in questo momento! Cosa risponderà?

MARIA                (come sopra) Che dare vita a una creatura vuole dire essere pazzi quanto Iddio!

PADRE CARLO  “Essere pazzi quanto Dio!”  Sia questa la no­stra preghiera di questa sera.

                        Buona notte, signorina Maria.

MARIA            Dove va a dormire?

PADRE CARLO        (indicando la palma decorata di ghirlande, sorridendo) Qui, ai piedi dell'albero

                            di Natale. (si inginocchia, le spalle al pubblico. Maria prende la lampada che era

     sulla tavola del dottore. Ne rimane una sola che illumina stranamente padre

     Carlo inginoc­chiato. Maria si dirige verso destra)

MARIA                Natale! (stacca il fogliettino dal calendario e legge ad alta voce) 2 Agosto 1914.

                        Natale è lontano....

In questo momento si sente un suono di tam-tam che aumenta sempre più di intensità. Padre Carlo e Maria rimangono immobili ad ascoltare, poi si guar­dano in silenzio. Maria fa un gesto di scon­forto; padre Carlo si fa un gran segno della Croce

CALA IL SIPARIO

ATTO   SECONDO

ATTO 2° - SCENA 1°

Stessa scena, la notte seguente, verso le undici.

MARIA                (girandosi verso Leblanc) Vuole proprio che le risponda?

LEBLANC       No, vorrei sapere perché lei non mi risponde.

MARIA                (con veemenza) Cosa sapete di me, voi tutti?

LIEUVIN              Tutti? Lei sta parlando a me solo, a me che ho fatto cinque ore di boscaglia

                            Anche oggi, per ve­derla.

MARIA                (sorridendo) Supponiamo che io sia egoista!

LEBLANC           (grave) Lo è!

MARIA                (come sopra) Se così fosse, mi pare strano fare cinque ore di boscaglia per...­

                      

LEBLANC           (come sopra, lentamente) Perché le voglio bene così com’è, così come sono io...

MARIA                (con amarezza) Così come crede d’essere! (pausa) Io sono l’unica donna bianca

                            sulla quale lei può posare gli occhi, l’infermiera dal cuore generoso, la donna che

                            ha rinunciato a tutto per venire a curare i negri .

LEBLANC           (dopo un breve silenzio) Lei non è felice. Quelli che com­mettono una grande

                            pazzia provano gioia, o tro­vano la pace. (pausa) Maria, non le chiedo di amarmi,

                            ma solo di risvegliarsi. Lei vive qui come una sonnambula fra grandi statue:

                            Schweitzer, Ferrier, Lieuvin e un mare di corpi infermi. Non sa più cosa sia un es­

                            sere umano! Apra dunque gli occhi!

MARIA                (cercando di scherzare) Eppure tutti affermano che siamo nel punto più umano

                dell'Africa!

LEBLANC           Un posto senza bambini. Lei ama i bambini, Maria... allora stia attenta... i grandi

     uomini non hanno figli. A loro è caro solo quello che rimarrà della loro opera.

     (pausa) La signora Schweitzer e sua figlia non contano nulla a confronto

     dell'ospedale!

MARIA                (gridando) Lei è ingiusto!

LEBLANC       Sì, da un minuto... lei lo è da un anno.

MARIA                (sorridendo) Forse perché non l'amo?

LEBLANC       No, perché lo dice sorridendo.

MARIA            Ascolti...

LEBLANC           (imperiosamente) No, questa sera è lei che deve ascoltarmi! (con dolcezza) E la

     supplico di prendere una decisione questa sera stessa, prima che gli eventi

     precipitino.

MARIA                (lo guarda, timorosa)  La... guerra?

LEBLANC           (con un fiato) Sì.

MARIA            Ma allora, che importanza ha il nostro problema di fronte alla guerra?

LEBLANC           Certo, cos'è un albero di fronte all'incendio... (si­lenzio). Porto con me una busta

                            sigillata da aprire solo in caso di dichiarazione di guerra. Questa bu­sta farà di me

                            un albero vivo o legna da ar­dere.

 

MARIA            E il comandante Lieuvin ha...

LEBLANC           ...anche lui degli ordini segreti? Senza dubbio ma non avranno nessun rapporto

                            Con la sua de­cisione! (silenzio, poi con lentezza) Lei pensa: “Finalmente, una

                            vera rivale: la Guerra! E' così?

MARIA                (ironicamente) Devo dunque diffidare degli eroi?

LEBLANC           Sì, e anche di quelli che li ammirano. Chiamano eroi quelli che accettano di

                            morire al loro posto.(pausa) Maria, vengo ad offrirle una protezione armata.

MARIA                (ironica) Sarà ben accetta!

LEBLANC           Non ne dubito! Troppi amici vi fanno credere di non avere nemici! Schweitzer e il

     padre dimenti­cano che gli stregoni imperavano su questa foresta prima del loro

     arrivo.

MARIA            Chi ?! Quei ridicoli animali piumati?!

LEBLANC           Uccelli da preda che fiutano il sangue non ancora sparso! Ha sentito, tutto il

                            giorno, quei tam-tam e quelle grida ?! La guerra scatena le sue pazzie ancora

                            prima di incominciare.

ATTO 2° - SCENA 2°

Entrano Schweitzer e padre Carlo.

SCHWEITZER    Signor amministratore! La sua presenza qui è rassicurante!

MARIA                (a mezza voce) Non si illuda. (si siede vicino alla scrivania e mette a posto delle

                            carte)

SCHWEITZER    (proseguendo) E' molto faticoso operare per sette ore di seguito al suono

                            incessante d'un tam-tam del quale non si afferra il significato!

LEBLANC           Dicono: “I bianchi sono venuti qui per impedire di batterci, e adesso stanno per

     combat­tere fra loro.

PADRE CARLO (pensieroso) Se dei fanatici attaccassero il Santissimo che custodisco, mi farei

                           ammazzare con gioia.

LEBLANC           (con veemenza) E questo non servirà a nulla! Salvo ad assicurarsi la sua gloria

                            Eterna in paradiso!  E noi rimarremo sulla terra con mucchio di biasimi, eterni

                            anche loro!

PADRE CARLO  (deciso) La nostra morte è l'unica cosa importante che ci appartiene... ce la

                       lasci, dunque!

SCHWEITZER    (sorridendo) La nostra morte appartiene allo Stato, padre Carlo! Quando

                            qualcuno si suicida chiamano i gendarmi, come per un disertore.

LEBLANC           Lo Stato ama le morti utili ma diffida delle morti esemplari. Eppure, non sarebbe

                            meglio mercanteggiare la propria morte? Offrirla come i Cristiani in cambio di tale

                            o tal altra cosa?

PADRE CARLO  Signor Leblanc, lei realizza alla lettera le parole del Vangelo: “A colui che nulla

                            ha, sarà tolto ciò che ha!”  (porta lentamente le mani al petto e respira). Questo

                            soffio, questa vita è veramente tutto ciò che possiedo. Mi lasci, se non

                            sopprimerla, almeno scambiarla!

LEBLANC       Contro quella del dottore, per esempio?

PADRE CARLO  (con semplicità) Certo.  

SCHWEITZER    (con vivacità) Ah no, padre! Non ricominciamo questa discussione! Lei è utile

                           almeno quanto me!

PADRE CARLO  Più facile da sostituire! La Chiesa ab­bonda di pazzi della mia specie, mentre la

                            società non è ricca di pazzi come lei.

LEBLANC           Siete molto cortesi, tutti e due!.. Ma se conservaste la vita, tutti e due, sarebbe       

                            Ancora più semplice. (pausa) Mi fanno ridere i vostri piccoli ba­ratti con il Cielo.

SCHWEITZER    E' cristiano lei, Signor Leblanc?

LEBLANC           Se sono cristiano? (verso padre Carlo) Abba­stanza per capirla, padre, e troppo

                            poco per non spaventarmi di fronte a quella serie di promesse, impegni che

                            rappresentano i rapporti fra ognu­no di voi e Dio... (indicando il cielo) Vestite Dio

                            di collera o di indulgenza secondo le vostre esigenze! (pausa) No, proverei

                            vergogna a giocare con Dio!

SCHWEITZER   C'è del vero in quello che lei dice... Però vorrei dirlo in termini benevoli.

LEBLANC           Io sono per una religione più semplice. Ognuno per sé e Dio per tutti!

PADRE CARLO (con dolcezza) No, ognuno per tutti e Dio per tutti.

LEBLANC           (bruscamente, dopo un silenzio) Bene! E se adesso vi porgessi la prova che Dio

non esiste?!  Che la Bibbia è un'invenzione poetica e che Cristo era un prestigiatore?! Cosa cambierebbe nel vostro modo di vivere?

PADRE CARLO  (subito) Nulla!

SCHWEITZER    (dopo un istante) Nulla!

LEBLANC           Allora non siete onesti.

PADRE CARLO  Anche se fosse stato il mistificatore che lei dice, il solo fatto di essere stato

                           flagellato, condannato, crocefisso, mi basta perché io prenda fra le brac­cia il mio

                           fratello infelice.

LEBLANC           (dopo una lunga pausa) Ancora una volta vi invito a cercare un luogo più sicuro.

                           Dottore, da questa notte il suo ospedale può trovarsi minacciato...

SCHWEITZER    Lei sa bene che solo un protestante è più ostinato di un Alsaziano!

LEBLANC           (fa un gesto di scoraggiamento e si gira verso padre Carlo) In tutti i casi lei,

                            padre, non può rimanere iso­lato: la invito a sostare qui qualche giorno.

PADRE CARLO  Non mi chieda questo!

LEBLANC           Glielo raccomando!

PADRE CARLO  Sono stato abbastanza a lungo  militare per sapere quello che spetta ad uno che

                            abbandona il suo po­sto. Ritornerò lassù questa sera stessa.

LEBLANC            Allora partiamo assieme.

PADRE CARLO  (con esitazione) Ha una scorta?

LEBLANC            Certo!

PADRE CARLO  (dopo un istante) No, Signor Leblanc. Lo sa come mi hanno soprannominato gli

                            indigeni?

MARIA                 (con dolcezza) L'uomo dalle mani aperte...

PADRE CARLO  Non mi vedranno assieme agli uomini bianchi armati.

LEBLANC            Come vuole, padre! In ogni caso, sbarri la porta questa notte. Buona sera,

                            dottore. Buona sera, signorina Maria!

MARIA                L'accompagno. (escono)

ATTO 2° - SCENA 3°

Schweitzer e padre Carlo si guardano un momento in silenzio, poi:

SCHWEITZER   (con voce alterata) Padre, questa volta siamo sull’orlo del­l'abisso!

PADRE CARLO (con calma) Peggio ancora, Schweitzer. Ne ho avuto il presentimento mentre

                           Leblanc parlava. Come una ferita e un sollievo, simile alla sensazione che prova

                            un malato al quale viene tagliato l'asces­so.

SCHWEITZER   (con forza) Padre, non mi dica che gli uomini con iquali sono cresciuto e quelli

                            che sono stati compagni della sua infanzia si stanno ammazzando fra di loro, in

                            que­sto stesso istante che parliamo di Dio!?

PADRE CARLO  Sì, e forse in Suo nome.

SCHWEITZER    (dopo una pausa)  Purché la Francia ne esca vittoriosa.

PADRE CARLO  Soprattutto migliore! (silenzio) Io vado.

SCHWEITZER    (lo ferma, con lentezza) Padre, ha pensato che forse la richiameranno per

                            comandare degli uomini?

PADRE CARLO  Comandare a degli uomini di ucciderne altri? Come non pensarci?

SCHWEITZER    E come rifiutare?

PADRE CARLO (con calma) Sono tranquillo: Dio troverà la soluzione. E senza dubbio, l’ha già

                            trovata.

SCHWEITZER   Attento, padre! Stiamo dando ragione al signor Leblanc con questa nostra mania        di staccare as­segni della banca del Cielo!

PADRE CARLO Il signor Leblanc dimentica una cosa sola: che i nostri assegni non sono mai in

                           bianco. Tutto si paga. Dio solo può dare! E a me darà il modo di cavarmela senza

                           fuggire... (silenzio) Buona notte, Schweitzer. (si dirige verso la porta e si gira)

                           E' penoso la­sciarla stasera! Mi sembra che qualche cosa d'im­portante stia per

     finire.

SCHWEITZER   (con voce alterata) Forse è l'ultimo posto dove un Alsaziano ed un  Francese

                           possono ancora parlare fraternamente... (breve silenzio, poi si sentono rumori

                           abbastanza vicini e che si prolungheranno durante le battute successive)

SCHWEITZER   Sente questo rumore?

PADRE CARLO (aprendo la porta) Sì, e molti altri da questa mattina! (pausa) Non vedo la

                           signorina Maria.

SCHWEITZER    Sarà al reparto chirurgia.

PADRE CARLO  (dopo un silenzio, gravemente) Dica alla signorina Maria che prego... no, che

                            penso a lei, alla sua anima (con una specie di angoscia) Glielo dirà, non è vero?

                            (Schweitzer assente con la testa, il padre fa un  cenno d’addio e esce)

SCHWEITZER    (va a lunghi passi verso la porta, gridando) Ferrier! Ferrier!

PADRE CARLO  (affacciandosi sul la soglia) E' la prima volta che mi chiama col mio no­me     d'uomo!

SCHWEITZER    (commosso) Mi abbracci, padre! (si abbracciano a lungo)

PADRE CARLO (a voce bassa) Addio! (esce. Schweitzer rimane immobile. Dopo poco Maria entra

                            bruscamente dalla parte opposta, affannata. Le prime battute saranno molto              veloci)

ATTO 2° - SCENA 4°

MARIA                (gridando) Dottore!

SCHWEITZER   (girandosi) Eccomi! Questo rumore era da noi, non è vero?

MARIA                Le famiglie della baracca 14 hanno forzato il ma­gazzino delle provviste, rubato          l'olio di palma e la farina di manioca!  (Schweitzer si riprende dalla sorpresa e    corre verso l’uscita; Maria lo ferma con un gesto) E' inutile. Giuseppe, Bonzo e gli        altri hanno ristabilito l'ordine.

SCHWEITZER    Ma che è saltato loro in mente?

 MARIA               Sono spaventati: questi tam-tam continui...  sono convinti che i bianchi faranno

                            chiudere l'ospedale e li abbandoneranno... sono come bambini terrorizzati.

SCHWEITZER    (con amarezza) Ed io un vecchio fanciullo incorreggibile! Ho ri­nunciato alla

                            musica, all'insegnamento, a tutto quel­lo che amavo per arri­vare qui e loro

     rubano le provviste dell'ospedale. (abbassando la voce)  Elena... e tu, mia      creatura...

MARIA                (con forzata durezza) Loro possono vivere senza di lei. Loro sanno sperare. (fa          un cenno verso la porta) Ma per costoro, senza di lei, è la fine!

SCHWEITZER   (cammina avanti e indietro, parlando a se stesso) Abbandonarli ?!Come un

                           disperato ho percorso in piroga tutta la contrada per cercare le foglie di rafia per

                           costruire i tetti.... e la fibra per fissare i puntelli al tetto! E quando tutto è stato

                           ultimato ho ricominciato da capo per ingrandire, perché l'aria del fiume

                            giungesse fino a loro... (abbassando la voce) a questi ladri... Che imbecille!

MARIA                (a mezza voce, di rimprovero) Dottore!

SCHWEITZER    Ed io che già sognavo di ingrandire l’ospedale di questo paese ostile... Paese

                           ladro! Paese criminale, dove un raggio di sole è come la lama di una spada; dove       il pericolo cade dagli alberi, esce dalla terra (facendo il gesto di scacciare una         zanzara) vola nell'aria! (pausa) Paese inumano!

MARIA                (dolcemente) No dottore, non lo è, perché qui ci sono degli uomini.... ed è per

                            loro, non per il paese che lei è venuto qui!

SCHWEITZER    (smette di camminare) Sì, e oggi ricevo la mia ricompensa!

MARIA            Ma lei l'ha già ricevuta cento volte la sua ricompensa! Il primo grido dopo ogni    risveglio d'un malato: ”Non ho più male!”, mentre la mano cerca la sua e non      vuole più lasciarla!

SCHWEITZER    E' vero (pausa; con rancore) Ma perché rubare? (si calma) Perché li difende           

     da me che li amo, mentre lei non li ama?

MARIA                (trasale) Ma le assicuro...

SCHWEITZER    No, non li ama; ed è per questo che il suo impegno è tanto più merite­vole. Ma

                            perché li difende?

MARIA                (con veemenza)  Tanto più meritevole? Ma an­diamo, è soltanto più pietoso!

SCHWEITZER    (imperiosamente) Lei li difende perché io li attacco e perché nulla e nessuno è

mai interamente giusto od ingiusto. Ma che l'abbia voluto o no, formiamo una squadra, signorina Maria; quando io finisco di amare, lei ama al posto mio.

MARIA                (a mezza voce, dandogli le spalle) Amo io forse? E che vuole dire amare?   

Lieuvin appare sulla soglia della porta. Maria ha uno scatto. Lieuvin le im­pone il silenzio posando un dito sulle lab­bra. Schweitzer ad un tratto lo vede e si alza)

ATTO 2° - SCENA 5°

SCHWEITZER    (con angoscia) Dunque?

LIEUVIN        Ci siamo, Schweitzer.

SCHWEITZER    (dopo una pausa) Mai, comandante Lieuvin; mai mi forzeranno a considerare un      uomo come un nemico!

LIEUVIN         Anche se per un suo ordine venisse distrutto l'ospedale?

MARIA                (ancora più dolcemente) Anche se per un suo ordine venisse distrutta Gunsbach,      ed i suoi abitanti uccisi? (Schweitzer reclina la testa senza rispondere)

LIEUVIN              Lei non mi risponde! (pausa) Dall’istante in cui è dichiarata, si scrive:”GUERRA”

                       a lettere maiuscole, e lei non potrà sfuggire, dottore!

SCHWEITZER   Guerra è soprattutto rivincita: quella di un uomo che si vendica della sua

                       mediocrità, della sua sfortuna, della fortuna degli altri...

LIEUVIN              (amaro) Non solo! Del suo padrone, della moglie, della noia di andare alla messa       la domenica,  delle vi­site ai parenti a capodanno! (pausa) Per la gente peggiore,            la guerra è una vendetta, e quando si trovano di fronte alla realtà, che è la morte,             non resta altro che agire da eroe o da vigliacco, secondo il temperamento: o farsi

                            uccidere dagli altri o fucilato dai tuoi.

SCHWEITZER    (a mezza voce) E' ingiusto, comandante!

MARIA                E lei, dottore, sta diventando indulgente.

LIEUVIN             Peggio: complice! La guerra ha trovato in lei il punto debole! La guerra è          ingiustizia, è vio­lenza: contro di lei bisogna essere ingiusti e violenti!

SCHWEITZER    (con fermezza) Mai! Contro nessuno! (silenzio) D'altronde, lei già ha fatto la

                            guerra nel Tonkino, in Ma­rocco, ed anche qui.

LIEUVIN         Sì, ho fatto la guerra, ma con la mano tesa. Un mese di guerra per assicurare     anni di pace. A quelli che sono morti sotto i miei or­dini non ho edificato    monumenti, ma ho dedicato loro le terre conquistate: per ogni croce di legno,            una città intera! Invece la guerra è distru­zione, rovine, lapidi di marmo da una     parte e dall'altra!

MARIA            Gli indigeni conoscono già la notizia?

LIEUVIN              L'hanno saputo insieme a me e prima di Leblanc. (abbassando la voce) La

                            foresta intera sa che la tribù del comandante si batte contro quella del gran     dottore.

SCHWEITZER    (dopo un silenzio) Adesso non si sente più il tam-tam.

MARIA                (citando, a mezza voce)  In Africa, ciò che non si sente è veramente pericoloso.

LIEUVIN              (d'un tratto, inquieto) Dov'è Ferrier?

SCHWEITZER    Ripartito verso il suo eremitaggio.

LIEUVIN         Questa notte?

SCHWEITZER    Un momento fa...

LIEUVIN              Solo? (Schweitzer fa cenno di sì). Che pazzia!

MARIA            Non ha voluto approfittare della scorta del signor Leblanc.

LIEUVIN              (alzando le spalle) Ecco i bei gesti che cominciano! E' davvero la guerra.

MARIA            Padre Carlo è davvero in pericolo?

LIEUVIN              Sì, perché è solo! La guerra scatena prima i vi­gliacchi, gli eroi vengono dopo. (pausa) Ferrier! (con collera ed an­goscia) Non resisto nel saperlo solo questa notte; devo mandare le mie guardie!  No, si sentirebbe umiliato; ci andrò io stesso.

SCHWEITZER    Vado a prendere un po’ di viveri per lui. (esce)

ATTO 2° - SCENA 6°

Maria e Lieuvin si guardano a lungo in silenzio.

LIEUVIN        Aspetto da lei una decisione questa sera stessa!

MARIA           Intanto è lei che ci porta una notizia decisiva.

LIEUVIN        Ma che non cambia nulla.

MARIA           Dipende... mi stavo chiedendo se è una forza o una debolezza parlare oggi come           ieri. (abbassando la voce) Di de­cidere oggi ciò che si voleva decidere ieri.

LIEUVIN              (dopo un silenzio) Se lei mi amasse, Maria; se la sposassi; se domani partissi per      la guerra e rimanessi ucciso, rimpiangerebbe la sua decisione?

MARIA                (selvaggiamente) Non bisogna mai rimpiangere ciò che si è vo­luto! (con rancore)

                            Se la perdessi maledirei il Cielo per sempre!

LIEUVIN              (a mezza voce, commosso) Lei mi ama, Maria.

MARIA                (come sopra) Io non sono cristiana!  Io non so rassegnarmi!

LIEUVIN              (come sopra) Adesso so che lei mi ama, e mi basta! (silenzio) Però scambiare i

                       cristiani per degli agnelli significa conoscere male padre De Ferrier!

MARIA                Forse. (silenzio) Adesso mi dica: questi ordini...

LIEUVIN         Dopo mi dirà la sua decisione?

MARIA            Certo.

LIEUVIN              (prende delle carte dalla tasca) L'ordine che mi è stato dato è singolare e saggio:

                                   che rimanga se la situazione lo esige; che ritorni in Francia a pren­dere un            comando se giudico che la regione è pa­cifica e prospera.

MARIA            Così, lei è padrone di scegliere?

LIEUVIN         Non di scegliere: di giudicare!

MARIA            E... la sua decisione?

LIEUVIN              (serio) La sua, prima.

MARIA           No !

LIEUVIN              (dopo un silenzio) Bene! Credo di conoscere i suoi sentimenti e, in quanto a me,

                                   ho già deciso: rimango.

MARIA                (con calore)  Rimane!

LIEUVIN              (quasi con violenza) Sì! Lassù è avventura, carriera... i galloni... ma io resto!

MARIA                (con dolcezza)  Con la morte nell'anima? (Lieuvin la guarda, esita, poi accenna di     sì, lentamente, con la testa) Allora, perché ri­manere?

LIEUVIN              (con collera) La prego di credere che ho riflettuto a lungo prima di prendere la

                       decisione di non battermi...

MARIA                (gravemente) Ascolti! Tutto quello che può costringerla a partire mi fa orrore!

     Ma detesto ancora di più l'equivoco, il rimpianto, il dover cambiare idea,

     (abbassando la voce) come un infermo che odia la causa del suo male! (pausa)       Ha pensato che non potrà attuare nessuno dei suoi piani se il signor Leblanc si           oppone?

LIEUVIN              (con calma) Tutti i miei piani secondo la mia volontà. Ecco, (estrae una carta             dalla tasca) ecco le lettere.

MARIA            Leblanc ne è già a conoscenza?

LIEUVIN              Ne lui, ne nessun altro. (silenzio)  Crede che mi sarei affezionato a questo      paese, assunto questo compito se non avessi saputo che prima dell'inclemenza   del clima, l'iner­zia degli uffici, la pigrizia dei negri, dovevo vincere anzitutto il     signor Leblanc?

MARIA                (senza sorridere) Si ha sempre bisogno di un nemico!

LIEUVIN         Nemico, no. Il mio opposto direi, il mio gemello tenebroso!

MARIA                (sorridendo) La sua ombra l'aspettava dunque nel posto più torrido della terra ?!

LIEUVIN              (con impazienza) Adesso basta parlare del signor Leblanc! (gravemente) Maria,         conto su di lei per affrontare tut­to ciò al quale rinuncio in questa guerra. Questo è           il mio modo di dirle che l'amo! Ed ora dobbiamo separarci.

MARIA                (vivacemente) Perché?

LIEUVIN         Vado da Ferrier. Ho paura nel saperlo solo... Mi dica dunque che non mi la­scerà            mai.

MARIA                (gli porge la mano con dolcezza)  Il silenzio è da tanto tempo il nostro padrone!           Non ne usciamo ancora! Che sia questo il nostro tempo di fidanzamento, Hervé!

LIEUVIN              (baciandole la mano, al colmo della commozione) La sua bocca per dire questo         nome che nessuno pronuncia mai.

MARIA                (con angoscia) Un istante, un solo istante di felicità.... è dunque troppo? E'     troppo tardi? La macchina della guerra è già in moto! Ecco la prima delle notti       disumane! Quanti uomini sono già morti oggi, Lieuvin?! Il nostro primo momento    di felicità è già macchiato di sangue. La felicità con­siste dunque nel non pensare               agli altri?

LIEUVIN              (cercando di scherzare) Zitta! Cosa direbbe Schweitzer di queste parole?

MARIA            Direbbe che non si ha diritto alla fe­licità...

LIEUVIN         E allora, a che cosa si ha diritto su questa terra? Tutto si ruba!

MARIA                (pensierosa) Tutto si paga.

LIEUVIN              (dopo un silenzio) Prenda questo anello! E' la prima volta che mi lascia.... (le mette l'anello al dito) La sua mano trema Maria, cosa ha?

MARIA                (con voce alterata) Paura! Per la prima volta... paura per due!

E' commosso, sta per prenderla fra le braccia. In questo momento, si apre bruscamente la porta e appare Leblanc: è pallidissimo.

ATTO 2° - SCENA 7°

LEBLANC           (a voce alta) Lieuvin ! Il padre De Ferrier...

LIEUVIN              (con voce tagliente) Ebbene?

LEBLANC       Assassinato!

MARIA                (nascondendo il viso fra le mani)  Dio mio!

LIEUVIN              (come sopra) Quando? Da chi?

LEBLANC       Non ha voluto farsi accompagnare dalla mia scorta. Passando vicino al suo        eremo abbiamo sentito un tumulto... poi uno sparo... Oh, Lieu­vin... il padre era in   ginocchio, legato, la faccia a terra, come addormen­tato.

LIEUVIN         Morto?

LEBLANC       Un colpo alla nuca.

MARIA                (con esitazione) Sfigurato?

LEBLANC       No, sorridente.

LIEUVIN              (addolorato) Ferrier! (secco) Ha visto gli assassini?

LEBLANC       Scappati. Tre dei miei uomini li inseguono nella notte, ma senza molte speranze.

LIEUVIN         Fuggiti verso sud?

LEBLANC       Sì.

LIEUVIN              (con più disperazione che furore) Ah! Leblanc, come ha potuto lasciarlo andar via

                       solo, questa notte!

MARIA            Padre De Ferrier non ha voluto nessuno, a nessun costo!

LIEUVIN              (interrompendola con violenza) Non era padrone della sua persona... e della sua

                                   morte! Lui, lei ed io rappresentiamo la Francia, qui. I suoi assassini vengono dal Sud: dalle colonie tedesche! Hanno scelto lui perché lui era indifeso, e questo          per colpa nostra !

LEBLANC           (con calma) E' un doloroso fatto di cronaca Lieuvin, non ne faccia un delitto   politico.

LIEUVIN              (urlando)  No: è un atto di guerra! Ferrier è il primo morto di questa guerra!

                            (abbassando la voce) Ed era mio compagno, e mio amico.

MARIA                (con veemenza) No, no! In dieci contro uno, e disarmato: è un assassinio! Non

                       catalogate la sua morte in uno dei vostri grandi giuochi: guerra o politica!  E’ un   vero omicidio! (pausa, con voce alterata) Ho ver­gogna di vivere in un mondo      dove un gruppo di persone decidono di assassi­nare il padre De Ferrier!

 

LIEUVIN              (dopo un silenzio, a Leblanc) Qualcuno veglia la salma?

MARIA                (a mezza voce) E' morto: è solo.

LEBLANC       Ho lasciato due soldati... e i negri sempre più nu­merosi, che vanno in silenzio      fino alla sua capanna, costernati ma convinti che il gran dottore bianco lo         risveglierà, come resuscita i suoi ammalati.

LIEUVIN              (si gira bruscamente per nascon­dersi il viso)

MARIA                (dopo un silenzio) Vado ad avvertire il dottor Schweitzer.

LEBLANC           (con dolcezza) Che dolore proverà...

MARIA                (con violenza) Dolore? Dica vergogna, la vergogna di chi so­pravvive. (Lieuvin si       gira e la guarda a lungo. Ma­ria esce)

ATTO 2° - SCENA 8°

LEBLANC           (estrae dalla tasca un libretto che porge a Lieuvin) Stringeva fra le mani questo         libretto di appunti.

LIEUVIN              (lo apre, sfoglia, poi legge) “Vivere come se oggi dovessi morire martire!        (silenzio. Poi ad un tratto si dirige verso la porta)

LEBLANC       Che vuole fare?

LIEUVIN         Salutare il mio amico; rendere a Ferrier gli onori militari.

LEBLANC       Mi conceda cinque minuti! I vivi hanno la pre­cedenza sui morti.

LIEUVIN              (esita, poi)  Sta bene.

LEBLANC       Ha preso conoscenza degli ordini?

LIEUVIN         Dei miei, sì.

LEBLANC       Allora, la sua scelta è fatta?

LIEUVIN              (voltando la testa)  Sì, da pochissimo tempo: io parto.

LEBLANC           (stupefatto)  Lei ?

LIEUVIN         Cosa c'è di strano? E' la guerra, e io sono un militare: parto!

LEBLANC           (violentemente)  Non è il soldato, è il fanciullo che parla in lei! Il monellaccio

                       turbolento che giocava alla guerra!

LIEUVIN        Si sbaglia, Leblanc! Non giocavo ai soldati... giocavo ”al Paese !” Tracciavo        strade o canali, costruivo ponti!

LEBLANC           (come sopra) Allora, perché va via?

LIEUVIN              (dopo averlo guardato in silenzio) E lei, perché mi vuol trattenere?

LEBLANC           (con voce sorda) Non voglio trovarmi a faccia a faccia con Maria.

LIEUVIN              (con amarezza) Finalmente soli.

LEBLANC           (con violenza) Lei sa che è esattamente il contrario! Lei sa che con anime di quella specie gli assenti hanno sempre ragione! (silenzio, poi lentamente)  E poi,    lei sarà obbligato ad obbedire. Obbedire a dei capi meno bravi di lei... e questo le           sarà intollerabile!

LEUVIN          E' l'inazione che mi rode.

LEBLANC       Ma l'azione libera, produttrice è qui, nonostante la guerra, lo sa bene!

LIEUVIN              (conciliante, quasi supplicante) La condurrà lei questa azione!

LEBLANC           (con ironia) Ha fiducia in me? Cosa c'è di così camb­iato dalla notte scorsa?

Mentre pronuncia queste parole, non vista, entra Maria. I due non se ne accorgono; le parole di Leblanc l’hanno turbata e si ferma ad ascoltare senza farsi notare.

LIEUVIN              Tutto! Ero deciso a rimanere (abbas­sando la voce) fino ad un momento fa.

LEBLANC           Fino alla notizia che le ho portato? (Lieuv­in fa cenno di sì) La morte di Ferrier

                                   la  obbliga a restare.

LIEUVIN              (fermandolo con un gesto) Per carità, niente squarci d'eloquenza, Leblanc!

                        So che sarà lassù, in Francia, che potrò sostituire Ferrier, non qui!

LEBLANC       Lo vuole vendicare? Ecco perché le guerre sono sempre così lunghe e mai        decisive!

LIEUVIN              (con dolcezza) Non vendetta, ma come ha detto Maria poco fa, la vergogna di

                       sopravvivere.

MARIA                (si lascia scivolare a terra, disperata, continuando a tenersi nascosta alla loro           vista)

LEBLANC       Il suo posto è qui! Non lasci questa regione, che ora è rimasta così orfana!

                       

LIEUVIN         Le rimane Schweitzer!          

LEBLANC           (con disperazione) No!

LIEUVIN              (stupefatto) Il dottore lascia l'Africa?

LEBLANC           (con evidente sforzo) Il dottore è Alsaziano, cioè suddito tedesco. Sarà arrestato        questa sera, prima di mezzanotte.

MARIA                (si porta le mani al viso)

LIEUVIN              (gridando) Leblanc, lei è pazzo!

LEBLANC           (come un automa, prendendo una carta in tasca) Ecco l'ordine.

LIEUVIN              (fissandolo intensamente) Lei non l'eseguirà, vero?

LEBLANC           (abbassando la testa) Sì.

LIEUVIN              (avvicinandosi) Glielo proibisco!!

LEBLANC                  (lentamente) Ha un contrordine? (lunga pausa) Domani, lei sarà partito. Oggi, qui, è viceré; domani, là, un oscuro capo di battaglione.

LIEUVIN              (con voce sorda) E se rimanessi...

LEBLANC           (guardandolo in faccia) Le trasmetterei quest'ordine da eseguire, Lieuvin, e lei ne

                       risponderebbe.

LIEUVIN              (con impeto) Sa perfettamente che non l'eseguirei!

LEBLANC           (a mezza voce)  Tanto meglio.

LEUVIN               (con violenza)  E alloranon sia ipocrita!

LEBLANC           (fa cenno di no)

LEUVIN               (silenzio; poi, con altro tono)  Pensi a Maria... la disprezzerà.

LEBLANC           Disprezzerà quelli che hanno dato questo ordine. (con calma) Mi disprezzerebbe       se fosse uguale a lei, cosa di cui dubito... la co­nosco meglio di lei poiché non mi    ama! (silenzio) Ma io l'amo abbastanza per affrontare il suo disprezzo.

LIEUVIN        E io ho tanta fiducia in lei da partire!

LEBLANC           (con violenza) Perché tutti voi siete così sicuri di ritornare?!? La morte va bene          per gli altri, non è vero? E quando ritornerete, sfilerete sotto l'arco di trionfo, la           vita sarà un banchetto eterno e, miracolo!, ne lei ne i suoi amori sarete   invecchiati!

LIEUVIN              (con dolcezza) Lei ha ragione. E’ per carità che mi vuole trattenere?

LEBLANC           (con voce sorda) No, glie l'ho già detto! La temo più assente che presente.

LIEUVIN              Basta! La mia decisione è presa e Ferrier mi aspetta! (va verso il fondo poi si gira      e, quasi sup­plichevole) Si prenderà cura di questa regione, Le­blanc?

LEBLANC           (a disagio) Non è ancora l'ora del testamento! (pausa) Maria conosce già la sua

                       decisione?

LIEUVIN         Se ora non l'indovinasse, sarei io a dubitare di lei. Ritornerò domani! Sopportare             lo sguardo del dottor Schweitzer, in questo momento è al di sopra delle mie         forze.

ATTO 2° - SCENA 9°

Rimasto solo, Leblanc rimane immobile, le spalle al pubblico. Poi alza la testa e con un gesto deciso va verso la porta e scopre Maria.

LEBLANC           (bloccandosi) Maria, lei era qui?

MARIA                (con voce sorda) Il comandante Lieuvin partirà, non è vero?

           

LEBLANC           Sì! (Maria rimane impassibile) E lei non dice nulla?! Non lotta nemmeno?!

MARIA                (scuote la testa, poi porge a Leblanc la mano che porta l'anello di Lieuvin)

LERLANC           (guarda, stupito) Il suo anello! (pausa) Ne ha decifrato il sigillo?

MARIA                       (lentamente, guardando l'anello) “La sola gioia di vivere è l'azione”. (pausa) Metterò la mia gioia altrove, come lui, come il dottor Schweitzer, e nessuno potrà rubarmela!

LEBLANC           (con evidente sforzo per parlare seccamente) La gioia del dottor Schweitzer sta        per essergli rubata. Ho l'ordine di farlo arrestare prima della mezzanotte, quale           suddito tedesco!

MARIA                (lo fissa in silenzio, con aria di rimprovero, poi toglie lo sguardo)

LEBLANC       Mi disprezzi pure! E così la mia disperazione sarà completa.

MARIA            Provo solo compassione per lei.

LEBLANC           (sincero) Se chiudono l'ospedale e se non riesce a raggiungere l'Europa subito,         cosa farà?

MARIA                (con dolcezza) Non lo so. Mi lasci prolungare questo istante, in cui non stavo pensando a me stessa.

LEBLANC           (violentemente) Lei pensava a Lieuvin, che nulla le potrà ormai impedire di

                       raggiungere!

MARIA                (come sopra) No, pensavo al dottor Schweitzer.

LEBLANC           (confuso)  Pensi anche a me, che lo devo avvertire. (ed esce)

Riparte un brano di Bach. Maria guarda a lungo l’anello poi, sospirando, si alza e va a sistemare l’armadio dei medicinali. Dopo qualche tempo la musica cessa; rientrano Leblanc e Schweitzer.

ATTO 2° - SCENA 10°

SCHWEITZER    (girandosi verso Leblanc) Prima di mezzanotte, ha detto? (Leblanc fa cenno di

                            sì. Il dottore guarda l’orologio. Sospira. Si­lenzio. D'un tratto, molto adagio)

                                   Signor Le­blanc, che ha in mente di fare per loro?

LEBLANC           (con voce sorda) E' la stessa domanda che mi hanno fatto Lieuvin e la bocca

                            spalancata di padre de Ferrier! (pausa) Tutto quello che potrò.

SCHWEITZER    E' una ben brutta risposta. (silenzio) Certo che la mia assenza complicherà il

                       suo compito, signor Leblanc. Lei non arresta me, lei rimette in libertà la lebbra, la

                       malattia del sonno, la malaria!

LEBLANC       So che la morte guadagnerà terreno.

SCHWEITZER   Il dolore soprattutto, che è un despota più terri­bile della morte!

LEBLANC       I negri lo sentono meno intensamente di noi!

SCHWEITZER   (con veemenza) E' sbagliato, glielo giuro!... E non sapere cosa li aspetta

                            raddoppierà la loro angoscia! (cal­mandosi, forzandosi quasi a sorridere). Mi   creda, si­gnor Leblanc, non hanno più desiderio di morire di quanto ne abbia lei.

LEBLANC           (senza convinzione) Hanno fatto a meno dei dottori per secoli e secoli.

MARIA                (con dolcezza, a Leblanc) Cosa sarebbe accaduto nella sua famiglia se aves­sero      dovuto fare a meno del dottore negli ultimi dieci anni?

SCHWEITZER    (dopo un silenzio) A cosa serve discutere? Dove sono gli avversari? Da una

                       parte noi tre, dall’altra questa de­cisione senza volto. Da un lato l’irresponsabilità,

                        dall'altro degli esseri umani che stanno per morire! Sì, ora è proprio la Guerra!

                            (pausa) Solo il cimitero sarà riconoscibile quando le termiti avranno di­vorato il            mio ospedale, quando la foresta avrà cancellato tutto. (a Leblanc) Signor            Leblanc, c'è una lanterna allo scalo. Essa guida verso l'ospedale quelli che     vengono da lontano. Vuole andare a ritirarla? Tocca a lei spegnere questa                             fiamma!

LEBLANC           (a mezza voce) E' giusto! (esce)

SCHWEITZER    (con un gran gesto circolare) Dio mio, rimetto tutto questo nelle tue mani; io

                           non sono che un uomo! Dovrei accettare questo de­stino e rimettermi a Te in   completa fiducia, ma soffoco di amarezza e di angoscia, perché non sono che un          uomo! (va da Maria) Signorina Ma­ria, so che il co­mandante Lieuvin parte per   l'Europa....

MARIA            E' vero.

SCHWEITZER   (abbracciandola, sorridente) Allora lo raggiungerà presto.

MARIA                (con dolcezza) No.

SCHWEITZER    (sorpreso) Come?!

MARIA                (come sopra)  Rimango all'ospedale.

SCHWEITZER    (commosso) Senza dottore! Come sarà possibile ?!

MARIA                Cercherò con tutte le mie forze di tenere in piedi qualcosa... (in un grido) Non  mi      scoraggi, dottore!!

SCHWEITZER    (prendendole le mani) Maria!

MARIA                (ritirando le mani) E non mi ringrazi.

SCHWEITZER    Maria, lei mi lascia qualcuno a cui pensare... E' l'essenziale!

MARIA                (portando il suo anello alle sue labbra, dice a mezza voce) Sì, l'essenziale!

SCHWEITZER    (dopo un silenzio) Ascolti le ultime parole che ho ricevuto da padre Carlo:

                       “E le dica che penso alla sua anima; mi raccomando, glielo dica questa notte!”

MARIA                (con voce alterata) Di chi parlava?

SCHWEITZER   (lentamente, guardandola) Questo suo cuore, che sento battere, ha già ri­sposto!

                            (Schweitzer, senza aggiungere altro, esce. Maria si porta la mano al cuore e rimane interdetta. Si sente un altro brano di Bach; Maria, lentamente, si volta per          dov’è uscito Schweitzer, poi va a sedersi. Dopo poco entra Leblanc, la lanterna         accesa in mano. I due si guardano a lungo. Maria abbassa la testa, sospira. Si                             alza, va a spegnere la fiamma della lanterna, si avvicina alla porta da dove era          uscito Schweitzer e dice, con voce forte)

MARIA            E’ mezzanotte, dottor Schweitzer.

SIPARIO

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