E PENSARE CHE C'ERA IL PENSIERO
di Giorgio Gaber
L'attore recita il monologo introduttivo:
LA SEDIA DA SPOSTARE
a) Prima voce b) Seconda voce
a)
Secondo me quella sedia lì va spostata.
b) Anche secondo me quella sedia lì va spostata.
a)Facile dirlo quando l'han detto gli altri.
b)Se è per questo sono anni che lo dico e nessuno mi ascolta.
a) Da una approfondita analisi storica e sociologica viene fuori che quella
sedia pesa dai nove ai dieci chili.
b) Non sono d'accordo. Dai sondaggi il 2% degli intervistati dice che pesa dai
cinque ai sei chili, il 3% dai sei ai sette chili, il 95% non lo so e non me ne
frega niente. Basta che la spostiate.
a) Secondo me per spostarla ci vorrebbe qualcuno che la prendesse delicatamente
per la spalliera e la mettesse da un'altra parte.
b) Eccesso di garantismo. Al punto in cui siamo è assolutamente necessario
prenderla in qualsiasi modo. Anche a calci.
a) A calci? Ma questo è profondamente antidemocratico e anticostituzionale.
b) Se è così cambiamo la Costituzione
a) Non è una cosa che si può fare da un giorno all'altro. Nel frattempo
propongo di indire un referendum.
b) Non si troveranno mai 500.000 firme per spostare una sedia.
a) E allora non c'è scelta: elezioni anticipate.
b) No, le elezioni oggi no. Sarebbe troppo grave per il Paese. Forse domani.
a) Rimane il problema urgente della sedia da spostare.
b) Su questo sono d’accordo. Può essere un punto di incontro.
a) Parliamone.
b) Parliamone.
L'attore canta "Mi fa male il mondo", "Questi nostri tempi" e "Isteria amica mia"
L’EQUAZIONE
E
quando fuori dalla tua finestra il cielo si fa più grigio...
e quando dentro ai tuoi pensieri si insinua un senso di amarezza...
e quando avverti una crescente mancanza di energia...
e quando ti senti profondamente solo...
ecco, quello è il giorno dell'appuntamento col tuo bilancio sentimentale.
Generalmente non è un bel giorno. E non tanto perché il cielo si fa un po' più
grigio... quanto perché tu ti fai un po' più schifo.
Ma se si fallisce sempre, ci sarà un motivo! Dov'è che si sbaglia? Colpa mia...
colpa tua... No, a queste cose non ci credo. L'errore dev'essere 'prima'. Non
una cosa recente. Probabilmente da bambino: un errore che ha influenzato tutta
la mia vita affettiva; forse il famoso Edipo, forse "mamma c'è n'è una sola".
Anche troppa, oppure nonni, fratelli, zii... insomma, figure, fotografie
dell'infanzia che rimangono dentro di noi per tutta la vita.
Sì, un errore innocente, impercettibile, che poi col tempo si è ripetuto,
ingigantito, fino a diventare gravissimo, irreparabile.
Già, ma perché l'errore si ingigantisce? Dev'essere un po' come quando a scuola
facevamo le equazioni algebriche. Cioè, tu fai uno sbaglietto, una svista, un
più o un meno, chi lo sa... E che poi te lo porti dietro e nella riga sotto
cominci già a vedere degli strani numeri. Va be', dici tanto poi si semplifica.
E poi numeri ancora più grossi, brutti, sgraziati anche. E poi addirittura
enormi, incontenibili, schifosi.
E alla fine: X uguale quattrocentosettantaduemilioniduecentosettantaquattromilatrecentosessantatre fratto radicequadrata di ottantasettemilioniduecentodiciassettemilatrecentoquattro.
E
ora prova un po' a semplificare!
Non c'è niente da fare. La matematica deve avere una sua estetica: X = 2.
Bello!
La semplicità.
Forse, per fare bene un'equazione è sufficiente avere delle buone basi. Ma per
fare una storia d'amore vera e duratura è necessario essere capaci di scrostare
quella vernice indelebile con cui abbiamo dipinto i nostri sentimenti.
L'attore canta "Se io sapessi" e "L'abitudine"
L’EQUILIBRIO
Il
mondo è una palla rotonda leggermente schiacciata ai poli. Ed essendo palla che
fa? Rotola. E’ chiaro: che la terra si muova non è una novità. L'ha detto
qualcuno che tra l'altro deve essere anche finito in galera. Sì, ma ultimamente
sta succedendo un fenomeno strano. Molto strano. Si sente. Si sente che si
muove. Si ha proprio come la sensazione che il terreno sia alquanto malfermo.
Sì, è un movimento direi sismico, continuo. Ondulatorio o sussultorio? Va bé,
non andiamo nel difficile. Insomma si fa fatica a stare in piedi. Manca proprio
l'equilibrio.
All'inizio credevo che fosse un fatto mio, personale. Ero un po' preoccupato.
Poi guardandomi più attentamente in giro mi sono accorto che la gente non è
perfettamente in asse. Sono tutti un po' traballanti. Tutto un'umanità che
sbanda, dondola, slitta, cerca di stare in piedi in qualsiasi modo. Riuscire a
stare in piedi su un terreno instabile, insicuro, non è cosa facile. Ma dopo un
po’ ce la si fa.
Certo non si può pretendere che uno concentrato com'è per stare in piedi possa
occuparsi degli altri, del mondo. Insomma, possa pensare. Ma a parte questo, la
gente non ci fa neanche molto caso. Ma sì, l'uomo si abitua a tutto. Ognuno ha
il suo traballio; chi a destra, chi a sinistra... il centro non c'è più. La
gente si incontra per la strada, normale, si saluta, le solite frasi di
circostanza:
"Come va, signora?"
"Insomma, ci si barcamena"
"Eh, beata Lei signora che ci ha il culo basso!"
Dopo un po' si riesce anche a darsi la mano. Tac! Centrata!
"Vuole un caffè? Già mischiato".
Ma sì, basta abituarsi. Basta non cercare punti fermi che tanto non ci sono.
Dopo un po' diventa tutto come prima. Per forza: l'abitudine è il surrogato
della normalità. Gli amori continuano a nascere teneri e traballanti. Anche gli
amplessi sono meno faticosi. Basta sintonizzarsi con il dondolio e tutto va da
se. La riproduzione della specie è salva.
Alcuni poi non so se più incoscienti, più spensierati o non so cosa, non si
sono proprio accorti di nulla; stanno benissimo. Per forza, l'ignoranza è il
surrogato della felicità.
L'attore canta "Un uomo e una donna"
IO COME PERSONA
MUSICALE:
In un tempo di rassegnata decadenza
serpeggia la paura nascosta dall'indifferenza.
In un tempo così caotico e corrotto
in cui da un giorno all'altro ci può succedere di tutto.
In un tempo dove milioni di persone
si massacrano fra loro e non sappiamo la ragione.
In un tempo tremendo in ogni parte del mondo.
In un tempo dove il mito occidentale
nel momento in cui stravince è nella crisi più totale.
In un tempo che è forse peggio di una guerra
dove gli ordigni nucleari pian piano invadono la terra.
In un tempo sempre più ostile allo straniero
dove pian piano tutti i popoli stanno premendo sull'impero.
In un tempo tremendo in ogni parte del mondo.
In un tempo dove tutto ti sovrasta
e qualsiasi decisione passa sopra la tua testa.
In un tempo dove il nostro contributo
la nostra vera colpa è, solamente un voto.
In un tempo che non ti lascia via d'uscita
dove il destino o qualcuno ha nelle mani la tua vita.
Ma
io come persona
io come persona
io come persona completamente fuori dalla scena
io come donna o uomo
che non avverte più nessun richiamo
io che non capisco
e che non riesco a valutare e a credere
io confuso e vuoto
e rassegnato a non schierarmi mai
a non schierarmi mai, a non schierarmi mai.
MONOLOGO:
In un tempo tremendo piano piano ti allontani dal mondo, ma con fatica, senza
arroganza, come un uomo sconfitto che riesce a vivere solo rifugiandosi nel suo
piccolo mondo. Ma la salvezza personale non basta a nessuno. E la sconfitta è
proprio quella di avere ancora la voglia di fare qualcosa e di sapere con
chiarezza che non puoi fare niente.
E’ lì che si muore, fuori e dentro di noi.
Sei come un individuo innocuo, senza giudizi e senza idee. Un individuo sempre
più smarrito e più impotente, un uomo al termine del mondo, ai confini del più
niente.
MUSICALE:
Ma io ci sono, io ci sono
io come persona ci sono, io come persona ci sono ancora
io coi miei sentimenti ci sono, io coi miei sentimenti ci sono ancora
io con la mia rabbia ci sono, io con la mia rabbia ci sono ancora
io come donna o uomo ci sono, io come donna o uomo ci sono ancora.
io ci sono, io ci sono
io come persona ci sono, io come persona ci sono
io come persona ci sono, io come persona ci sono ci sono, ci sono, ci sono.
L'attore canta "Canzone della non appartenenza"
SOGNO IN DUE TEMPI
Non
si capisce perché quasi sempre i sogni, proprio nel momento in cui, come
specchi fedeli dell'anima, stanno per svelare al soggetto i suoi intendimenti
nascosti, si interrompono.
Ero lì, in una specie di zattera... chi lo sa, forse un naufragio... Insomma,
sono lì su un relitto di un metro per un metro e mezzo circa, e, stranamente
tranquillo in mezzo all'oceano, galleggio.
Chi sa cosa vorrà dire... Va be', vedremo poi. Per la verità avevo già sognato
di essere su una zattera con una dozzina di donne stupende... nude. Ma lì il
significato mi sembra chiaro.
Ora sono qui da solo, ho il mio giusto spazio vitale, mi sono organizzato bene,
il pesce non manca, l'acqua figuriamoci... i servizi non sono un problema... ho
anche un robusto bastone che mi serve da remo.
Non è un sogno angoscioso, ma cosa vorrà dire? Fuga, ritiro, solitudine,
probabilmente desiderio di sfuggire la vita esterna che ci preme da ogni parte.
Si diventa filosofi, nei sogni.
Oddio, cosa vedo? Fine della filosofia. No, non può essere una testa. Forse una
boa. Non so per cosa fare il tifo. La boa fa meno compagnia, ma è più
rassicurante.
No, no... si muove, si muove. Mi sembra di vedere gli spruzzi. Non è possibile
che sia un pesce. Qualcosa che annaspa, sprofonda, riappare, lotta
disperatamente con le onde.
(con enfasi decrescente) t un uomo, è un uomo, è un uomo, è un uomo, è un uomo!
E ora che faccio. La zattera è un monoposto, ne sono sicuro. Per il pesce non
ci sarebbe problema, ma la zattera in due non credo che tenga.
(al naufrago) "Non tiene!"
Macché, non mi sente. Sarà a cento metri. Che faccio? Ma come 'che faccio'...
Sono sempre stato per la fratellanza, per l'ospitalità, per l'accoglienza. Ho lottato
tutta la vita per questi principi. Sì, ma non mi ero mai trovato... Quali
principi? Questa è la fine. Qui in due non la scampiamo. E lui avanza, fende le
onde. Madonna, come fende! Sarà a settanta metri, cinquanta, trenta...
Quasi quasi gli preparo un dentice. E se non gli piace il pesce ? Se gli piace
solo la carne? Certo, io devo pensare a me, alla mia sopravvivenza: mors tua
vita mea. Oddio... non dovrò mica ucciderlo?
Ma che dico, sto delirando! Lo devo salvare. Poi in qualche modo ci arrangeremo,
fraternamente, ci sentiremo vicini. Per forza, non c'è spazio... stretti,
uniti, corpo a corpo...
Guarda come nuota... è una bestia! E no... io lo denuncio. Lo ammazzo. Ormai
sarà dieci metri. Mi fa dei gesti, mi saluta... mi sorride, lo schifoso. Ma no,
poveraccio, per lui rappresento la salvezza, la vita. Che faccio? Dio, che
faccio?
Potrei prendere il bastone, potrei allungarglielo per aiutarlo a salire...
Potrei darglielo con violenza sulla testa. Siamo al gran finale del dramma. Il
dubbio mi corrode. L'interrogativo morale mi divora. Devo decidere. L'uomo è a
cinque metri, quattro, tre...
Ecco, prendo il bastone e...
E a questo punto mi sono svegliato. Maledizione! Non saprò mai se nel mio
intimo prevale il senso umanitario dell'accoglienza o la grande paura della
minaccia. Devo saperlo, devo saperlo, non posso restare in questo dubbio
morale, devo sapere come finisce questo sogno!
Cerco di riaddormentarmi, mi concentro... sì, mi abbandono. Qualche volta
funziona.
Ecco, ecco... sì, l'acqua, l'oceano, le onde... un uomo su una zattera... un
altro che nuota, annaspa, arranca disperato, sento il cuore che mi scoppia.
Oddio... sono io... sono io che nuoto. Ma che è successo? Non è giusto, non è
giusto! Io ero quell'altro. Mi piaceva di più stare sulla zattera. Ora
affogo... Aiuto, Aiuto... che paura... Aiuto! Meno eroico, anche... non
importa. Ma quali dubbi morali... Ho le idee chiarissime, io. Sono per
l'accoglienza!
Ecco, l'ultimo sforzo, sono a cinque metri dalla zattera, quattro, tre... Alzo
la testa verso il mio salvatore... Eccomi!
PUMMM! Che botta.
A questo punto mi sono svegliato di nuovo. Non voglio sapere altro. Mi basta
così. Speriamo che non sia un sogno ricorrente.
L'attore canta "Destra sinistra" e "Quando sarò capace di amare"
MI FA MALE IL MONDO
MUSICALE:
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo...
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo...
e non riesco a trovar le parole
per chiarire a me stesso
e anche al mondo
cos'è che fa male...
MONOLGO:
Mi fa male... essere lasciato da una donna... non sempre.
Mi fa male l'amico che mi spiega perché mi ha lasciato.
Mi fanno male quelli che credono di essere il centro del mondo e non sanno che
il centro del mondo sono io.
Mi fa male... quando mi guardo allo specchio.
Mi fa male anche quando mi dicono che mia figlia mi assomiglia molto
fisicamente. Mi fa male per lei.
Mi fanno male quelli che sanno tutto... e prima o poi te lo dicono.
Mi fanno male gli uomini esageratamente educati, formali, distaccati. Ma mi
fanno più male quelli che per essere autentici ti ruttano in faccia.
Mi fa male essere così delicato, e non solo di salute.
Mi fa male più che altro il fatto che basta che mi faccia male un dente... che
non mi fa più male il mondo.
Mi fanno male gli architetti, gli avvocati, i commercialisti!
Mi fa male l'IVA, le trattenute, il 740, mamma mia come mi fa male il 740!
Mi fanno male le marche da bollo, gli sportelli, gli uffici, le code. Mi fa
male quando perdo la patente e gli amici mi dicono 'condoglianze'. E i
funzionari... sì, quando vai lì e non alzano nemmeno la testa. E poi quando la
alzano s'incazzano, certo, perché gli fai perdere tempo. Ti trattano male,
giustamente, siamo noi che sbagliamo, perché l'ufficio è sempre un altro, un
altro ancora, e poi le segretarie, i vicedirettori, i direttori, i direttori
generali... Mi fa male l'apparato, la sua mentalità, la sua arroganza, la sua
idiozia!
Come sono delicato!
Mi fa male il futuro dell'Italia, dell'Europa, del mondo.
Mi fa male l'immanente destino del pianeta Terra minacciato dal grande buco
nell'ozono, dall'effetto serra, e da tutte quelle tragedie che a dir la
verità... però... al momento... poi... non mi fanno mica tanto male.
Mi fanno male gli spot.
Non mi fa male la pubblicità in sé.
Mi fanno male, Dio bono, i culi nudi, le tette, le cosce, e tutti quei figoni
sprecati per il Campari Soda.
Mi fanno male i fax, i telefonini, i computers, e la realtà virtuale... anche
se non so cos'è.
Mi fa male l'ignoranza, sia quella di andata che quella di ritorno.
Mi fa male la carta stampata, gli editori... tutti.
Mi fa male che qualsiasi deficiente scriva un libro. E poi firma la copertina,
e poi entra in classifica: I', 2', 3'... Borges 37'!
Mi fanno male le edicole. I giornali, le riviste coi loro inserti: un regalino,
un opuscolo, una cassetta, un gioco di società, un cappuccino e una brioches.
Mi fanno male quelli che comprano tutti i giornali.
Non mi fa male la libertà di stampa. Mi fa male la stampa.
Mi fa male che qualcuno creda ancora che i giornalisti si occupino di informare
la gente.
I giornalisti, che vergogna! "L'etica professionale", "il
sacrosanto diritto all'informazione ". Cosa mettiamo oggi in prima pagina.
Ma sì, i morti della Bosnia. è un po' che non ne parla nessuno! Tutto, tutto
così, mica scelgono le notizie più importanti, no, quelle che funzionano, che
rendono di più... Certo, per le loro carriere, per i loro meschini tornaconto,
i loro padroni, padroncini... Mi fanno male le loro facce presuntuose e
spudorate. Mi fa male che possano scrivere liberamente e indisturbati tutte le
stronzate che vogliono! E’ questa libertà di stampa che mi fa vomitare.
Come sono delicato!
Mi fa male chi crede che ci sia ancora qualcuno che pensa agli altri.
Mi fanno male quelli che dicono che gli uomini sono tutti uguali.
Mi fanno male anche quelli che dicono che il pesce più grosso mangia quello più
piccolo. Mi farebbe bene metterli nella vaschetta delle balene.
Mi fa male la grande industria, la media industria mi fa malino, la piccola non
mi fa niente.
Mi fa male non capire perché, a parità di industriali stramiliardari, un
operaio tedesco guadagna 2.800.000 al mese ed uno italiano 1.400.000. Ma per
l'altro 1.400.000 dov'è che va a finire?
Mi fanno male i ladri, sia quelli privati che quelli di Stato. Mi fa bene
quando li prendono, li arrestano, quando viene fuori tutto quello che sapevamo.
Dopo un po' però mi annoio.
Mi fa male che l'Italia, cioè noi, cioè io abbiamo due milioni di miliardi di
debito. Questo lo sappiamo tutti. Lo sentiamo ripetere continuamente. Sta
cambiando la nostra vita per questo debito che abbiamo.
Ma con chi ce l'abbiamo? A chi li dobbiamo questi soldi?
Questo non si sa. Questo non ce lo dicono. Perché se li dobbiamo a qualcuno che
non conta... va bé, gli abbiamo tirato un pacco ed è finita lì. Ma se li
dobbiamo a qualcuno che conta... due milioni di miliardi! Prepariamoci a pagare
in natura.
Mi fa male accendere la televisione. Mi fa male stare lì davanti, e non
riuscire a spegnerla, vedere fino a che punto... non c'è fondo, non c'è fondo!
La gente che telefona, gli sponsor, i giochini demenziali, i presentatori che
ridono. E poi le dentiere, gli assorbenti, preservativi, i Gabibbi, gli
spiritosi, gli imbecilli, tutti belli spigliati, spregiudicati, completamente a
loro agio... che si infilano le dita negli orecchi e si grattano i coglìoni.
Sì, mi fanno male tutti questi geniali opinionisti... che litigano, si
insultano, gridano, sempre più trasgressivi... questi coraggiosi leccaculi
travestiti da ribelli!
Mi fa male che 'tutto', sia volgarità.
Mi fa male che si parli fino alla nausea di quante reti... una a te, una a
me.... pubbliche, private... e poi le commissioni, i regolamenti, il garante...
senza parlare mai di quella valanga di merda che ogni giorno mi entra in casa!
Che poi io sono anche delicato, l'ho già detto!
Mi fa male la violenza. Mi fa male la sopraffazione, la prepotenze,
l'ingiustizia.
A dire la verità mi fa male anche la giustizia. Un paese che ha una giustizia
come la nostra non sarà mai un paese civile. Una giustizia che fa talmente
schifo che se una volta per caso i magistrati fanno il loro normale dovere
diventano tutti Giuseppe Garibaldi...
Mi fanno male anche i pentiti. Che dopo aver ammazzato uomini donne e bambini
fanno l'atto di dolore... tre Pater Ave e Gloria e chi s'è visto s'è visto.
Mi fa male la Sicilia. Magari mi facesse male solo la Sicilia. Mi fa male anche
la Lombardia, la Toscana, il Veneto. Roma!
Mi fa male che 'tutto' sia mafia.
Mi fa male non capire perché animali della stessa razza si ammazzino tra loro.
Mi fa male chi muore in Jugoslavia. Mi fa male chi muore in Somalia, in
Armenia, in Ruanda, in Palestina. Mi fa male chi muore.
Mi fa male chi dice che gli fa male chi muore e fa finta di niente sul traffico
delle armi che è uno dei pilastri su cui si basa il benessere dell'Occidente.
Mi fa male la mafia bianca, quella dei dottori, delle medicine, degli ospedali,
dei professori.
Mi fa male chi specula sulla vita della gente. Sì, quelle brave persone che
approfittano della debolezza del malato, dei suoi familiari. E ti fanno fare le
analisi, anche se non ne hai bisogno. E ti mandano dall'amico specialista,
tutti d'accordo, uno scambio, un giro d'affari, una grande abbuffata di
pazienti. Sì, quegli avvoltoi che si buttano sui moribondi per tirargli fuori
gli ultimi spiccioli, i chirurghi dal taglio facile e redditizio... sì, quelli
che tagliano tutto, tutto.. gambe, braccia... e quando non ne hanno
abbastanza... testicoli, seni, ovaie, uteri interi! Che gliene importa di un
utero in più o in meno!
Certo, mi fa male il cancro. Ma mi fa più male che il cancro sia il più grosso
affare economico del secolo.
Mi fa male chi crede che ci sia ancora qualcuno che pensa agli altri.
Mi fa male qualsiasi tipo di potere, quello conosciuto, ma anche quello
sconosciuto, sotterraneo, che poi è il vero potere. Mi fanno male le
oscillazioni e i rovesci misteriosi dell'alta finanza. Più che male mi fanno
paura, perché mi sento nel buio, non vedo le facce. Nessuno ne parla, nessuno
sa niente: sono gli intoccabili. Personaggi misteriosi e oscuri che tirano le
fila di un meccanismo invisibile, talmente al di sopra di noi da farci sentire
legittimamente esclusi. E’ lì, in chissà quali magici e ovattati saloni che a
voce bassa e con modi raffinati si decidono le sorti del nostro mondo: dalle
guerre di liberazione, ai grandi monopoli, dalle crisi economiche, alle cadute
dei muri, ai massacri più efferati.
Mi fa male quando mi portano il certificato elettorale.
Mi fa male la democrazia, questa democrazia che è l'unica che conosco.
Mi fa male la prima repubblica, la seconda, la terza, la quarta.
Mi fanno male i politici, più che altro tutti, sempre più viscidi, sempre più
brutti. Mi fanno male gli imbecilli, i ruffiani. E come sono vicini a noi
elettori, come ci ringraziano, come ci amano. Ma sì, io vorrei anche dei
bacini, dei morsi sul collo... certo, per capire bene che lo sto prendendo nel
culo. Tutti, tutti, l'abbiamo sempre preso nel culo... da quelli di prima, da
quelli di ora, da tutti quelli che fanno il mestiere della politica.
E mi fa male che ci sia qualcuno che crede ancora che 'loro' facciano qualcosa
per noi, per le nostre famiglie, per il nostro futuro. No, non c'è una scelta,
neanche una, non c'è una scelta politica che sia fatta pensando a cosa serve al
Paese. No, solo quello che conviene al gruppo, al partito... Per contare di
più, per avere più potere. Certo, lo fanno solo per se stessi, per il loro
schifosissimo interesse personale. Tutti, tutti, nessuno escluso. Farebbero
qualsiasi cosa, venderebbero i colleghi, gli amici, i figli. Cambierebbero
colore, nome, nazionalità, darebbero delle coltellate ai compagni di partito
pur di fottergli il posto. Non c'è più niente che assomigli al coraggio,
all'esilio, alla galera. C'è solo l'egoismo incontrollato, la smania di
affermarsi, il potere, il denaro, l'avidità più schifosa.
E voi credete ancora che contino le idee? Ma quali idee...
La cosa che mi fa più male è vedere i nostri figli con la stanchezza anticipata
di ciò che non troveranno.
E mi fa ancora più male sentire che la colpa è anche nostra. Sì, abbiamo
lasciato in eredità forse un normale benessere, ma non abbiamo potuto
lasciare... quello che abbiamo dimenticato di combattere e quello che abbiamo
dimenticato di sognare per noi e per gli altri.
Una sconfitta definitiva? No, non credo proprio. Se è vero che questa è la nostra
realtà, guardarla in faccia non può far male a nessuno. Basta non farsi
prendere dalla stupidità dello sconforto. E’ la non consapevolezza che crea
malesseri nascosti e uccide per delega. Se un uomo conosce con chiarezza il suo
male, qualsiasi esso sia, ha anche la forza per combatterlo.
Bisogna assolutamente trovare il coraggio di abbandonare i nostri meschini
egoismi e cercare un nuovo slancio collettivo magari scaturito proprio dalle
cose che ci fanno male, dalle insofferenza comuni, dal nostro rifiuto. Perché
un uomo solo che grida il suo no, è un pazzo. Milioni di uomini che gridano lo
stesso no, avrebbero la possibilità di cambiare veramente il mondo.
MUSICALE:
Mi fa male il mondo,
mi fa male il mondo...
Mi fa male il mondo,
mi fa male il mondo...
Mi
fa bene comunque credere
che la fiducia non sia mai scomparsa
e che d'un tratto ci svegli un bel sogno
e rinasca il bisogno di una vita diversa.
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo...
Mi
fa bene comunque illudermi
che la risposta sia un rifiuto vero
che lo sfogo dell'intolleranza
prenda consistenza e ridiventi un coro.
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo...
Ma
la rabbia che portiamo addosso
è la prova che non siamo annientati
da un destino così disumano
che non possiamo lasciar ai figli e ai nipoti.
Mi
fa male il mondo, mi fa male il mondo...
Mi fa male il mondo, mi fa male il mondo...
Mi
fa bene soltanto l'idea
che si trovi una nuova utopia
litigando col mondo.
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