E’ tornato il padrone

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È TORNATO IL PADRONE

commedia in tre atti

di Fabrizio Dettamanti e Luciano Vezzali

(Titolo originale: “L’è turnàt ol padrù” cod. SIAE: 872054A)

È TORNATO IL PADRONE

(titolo originale “ L’è turnàt ol padrù” cod. SIAE: 872054A)

commedia in tre atti

di Fabrizio Dettamanti e Luciano Vezzali

info@commediedettamanti.it

PERSONAGGI

Emilio

Luisa, domestica

Gianni, suo fratello, domestico

Pierandrea, nipote del padrone

Samanta, fidanzata di Pierandrea

Il ragioniere, commercialista

Jean Louis Merlin, stilista

Giacomo, un povero

Cechino, un altro povero

Annetta, una povera

Pasqualina, un’altra povera

Antonietta, cugina del padrone

La parte di Cechino, che compare solo nel terzo atto, può essere assorbita da

Giacomo con qualche modifica al testo.

Scena unica: Salotto elegante, con due porte (la 1 d’ingresso e la 2 che conduce ad altri locali della casa), una finestra. Arredamento: tavolo, sedie,  eventuali poltrone, una credenza o libreria, tavolino con telefono, quadri alle pareti (un quadro con foto del padrone giovane con la barba).

LA TRAMA

Il signor Emilio, che da giovane ha accumulato una fortuna fabbricando maglioni, manca da casa ormai da ventisette anni. Quando è partito ha affidato la gestione del suo patrimonio a un commercialista e ha lasciato in custodia la sua villa ai domestici Gianni e Luisa. Secondo le disposizioni  ricevute dal loro padrone, Gianni e Luisa forniscono cibo e vestiario ai poveri e la villa è tutta un andirivieni di “barboni”. Proprio a uno di questi barboni, anch’egli di nome Emilio,  il nipote del padrone fa recitare la parte del vero signor Emilio: dunque il padrone è tornato! Il nipote potrà così convincere la fidanzata che lo zio potrà fornirle tutto il denaro necessario per soddisfare i suoi capricci. Anzi, comincerà subito a firmarle un bell’assegno. Ma il “barbone”, che inizialmente sembra un povero sciocco, si rivelerà invece saggio e avveduto e prenderà in mano la situazione come un vero padrone, finchè.....

NOTE SUI PERSONAGGI

EMILIO (il barbone-padrone)

Ha  60-65 anni.  Quando recita la parte del povero parla con leggera balbuzie e con voce alterata.  Appesa alla parete c’è la sua foto da giovane (ma non gli deve rassomigliare troppo).

GIANNI E LUISA (i domestici)

Anziani, 60-70 anni.

PIERANDREA (il nipote del padrone)    

Circa 30 anni

SAMANTA (la fidanzata di Pierandrea)  

Giovane, appariscente, antipatica, indossa abiti eleganti ed eventualmente un cappello vistoso.

IL COMMERCIALISTA

Circa 70 anni, persona in gamba, sicuro di sè

LO STILISTA

Età media, borioso e gesticolante, parla in italiano con una marcata “erre” francese.

I BARBONI

Indossano maglioni con buchi e strappi, gonne e pantaloni con rattoppi e pezze. Pasqualina è timida e insicura, parla lentamente, quasi staccando le sillabe.

ANTONIETTA (cugina del padrone)

60-65 anni

ATTO  PRIMO

Scena prima

(Gianni con una matassa sulle braccia e Luisa che avvolge il gomitolo)

LUISA           Sta’ fermo, che quasi abbiamo finito.

GIANNI         Tu e le tue idee di fare i maglioni a tutti i barboni che ci sono in giro!

LUISA           Porta pazienza, Gianni. Questo sarà l’ultimo.

GIANNI         Anche quell’altro era l’ultimo.

LUISA           Non è colpa mia se è arrivato un nuovo barbone.

GIANNI         E’ solo una settimana che circola da queste parti, non sai neppure come si chiama e tu vuoi fargli il maglione

LUISA                       Mi ha detto che si chiama Emilio, proprio come si chiamava il nostro padrone.

GIANNI         Perché dici “si chiamava”? Non è morto!

LUISA           Ascolta, Gianni, sono due anni che non abbiamo più sue notizie, e lo sai bene che prima scriveva quasi tutti i mesi

GIANNI                    E allora? Si vede che non aveva più voglia di scrivere.

LUISA                       (ironica) Certo! O magari non aveva più i soldi per comperare i francobolli. (seria) No, Gianni, nella sua ultima lettera diceva che aveva sempre la febbre e che non stava bene.

GIANNI         Cosa vuol dire questo? Anch’io ho avuto tante volte l’influenza.

LUISA                       Magari fosse stata influenza! Io invece penso che abbia preso la malaria o qualche altra malattia africana

GIANNI         Ma se è in Bolivia! Come farà a prendere una malattia africana in Bolivia?

LUISA           Guarda che io non sono un dottore!

GIANNI                     Taci, Luisa, per piacere. (cerca di grattarsi il naso)

LUISA           E tu, Gianni, sta’ fermo, per piacere.

GIANNI         Mi prude il naso.

LUISA           Lo gratti dopo.

GIANNI         Ma a me prude adesso.

LUISA           (sbuffa) E va bene, grattalo!

GIANNI         Grazie, signora Luisa! (si gratta il naso)

LUISA           Ma va’ al limbo, tu e il tuo naso!

GIANNI         (dopo aver risistemato la matassa sulle braccia) Luisa…

LUISA           Cosa vuoi ancora?

GIANNI         Quanti ne abbiamo oggi?

LUISA           Diciotto, perché?

GIANNI         Mancano ancora cinque giorni.

LUISA           Ascolta, Gianni, mettiti il cuore in pace, tanto il signor Emilio non torna più.

GIANNI         Ma quando lui è partito… ricordo bene le sue parole… mi ha detto: “La prossima volta che ci vedremo, avremo i capelli grigi, perché ho intenzione di stare via ventisette anni, come gli anni che aveva mia moglie quando è morta”... E’ partito il ventitre di settembre e io lo aspetterò fino al ventitre di settembre, se me lo permetti. Hai capito?

LUISA            Fa’ come vuoi. Io però credevo che dicesse così perché era disperato per aver perso la moglie dopo soli quattro mesi di matrimonio, ed ero convinta che sarebbe tornato a casa dopo una settimana.

GIANNI         Anch’io. Invece lui, come sempre, è stato di parola..

LUISA            Eh sì, era una persona seria il signor Emilio.

Scena seconda

(entra Annetta)

ANNETTA     Permesso?

GIANNI         Ciao, Annetta. Sei già qui stamattina?

ANNETTA     Perché? Ho sbagliato orario?

GIANNI         Sei in anticipo di un quarto d’ora.

ANNETTA     Il fatto è che mi sono alzata prima, perché uno dei miei “colleghi” russava come una sega elettrica e non sono più riuscita a dormire

LUISA            Aspetta che ti vado a prendere il latte. Tu intanto cercami il bandolo di questa matassa. (dà una matassa ad Annetta ed esce 2)

ANNETTA     State facendo un altro maglione?

GIANNI         Sì, come vedi.

ANNETTA     Per chi?

GIANNI         Per un tuo “collega”.

ANNETTA     Ah, ho capito. E’ quello nuovo che si chiama Emilio.

GIANNI         Infatti. Ma tu lo conosci bene?

ANNETTA     No, l’ho visto solo qualche volta all’Opera Pia, dove è venuto a mangiare un piatto di pastasciutta, ma è da poco che circola qui in città. Mi ha detto che prima stava nella zona di Brescia e che dormiva sotto un ponte dell’autostrada.

GIANNI         Sei stata tu a dirgli che poteva venire nella nostra casa?

ANNETTA     No, io non gli ho detto niente, ma una mattina della scorsa settimana mi ha seguito e mi ha vista uscire di qui con il latte e i biscotti

LUISA            (rientra col latte e i biscotti) To’, prendi la tua colazione.

ANNETTA     Grazie! E tu prendi il tuo bandolo. (prende il latte e i biscotti e porge la matassa)

LUISA            Brava, Annetta. (prende la matassa e la ripone)

Scena terza

(entra Giacomo)

GIACOMO    Permesso?               

GIANNI         Guarda che è arrivato un altro cliente!. Ciao, Giacomo.

GIACOMO    C’è rimasto qualcosa anche per me?

LUISA            Certo, ho già preparato anche la tua di colazione. Aspetta un attimo. (esce 2)

GIANNI                     Allora, Giacomo, come va?                                                                                     

GIACOMO    Finchè ci sono in giro persone generose come voi due, va bene.

GIANNI         Non siamo io e mia sorella ad essere generosi, ma il nostro padrone, perchè tutto quello che vi abbiamo dato fino ad oggi lo abbiamo pagato coi soldi del signor  Emilio.

GIACOMO    Certo che il vostro padrone doveva averne di soldi!

GIANNI         Altroché! A trent’anni aveva già messo da parte una fortuna.

GIACOMO    Ha fatto tredici al Totocalcio?

GIANNI         No, no, ha guadagnato tutto col suo lavoro. E’ partito con due operai e quattro macchine in seconda mano e dopo sette o otto mesi ha cominciato a ingrandirsi.

GIACOMO    Che genere di macchine?

GIANNI         Macchine per maglieria. Il signor Emilio faceva maglioni.

ANNETTA     Anche lui come la Luisa?

GIANNI         Quasi. Solo che la Luisa fa un maglione al mese e invece lui è arrivato a produrne quattrocento al giorno.

ANNETTA     Quattrocento?

LUISA            (rientra con un panino imbottito) Certo, aveva alle sue dipendenze ventiquattro persone e i maglioni non li faceva a mano come faccio io. (porge il panino a Giacomo) Tieni, ti va bene pane e mortadella?

GIACOMO    Altro che bene, grazie! Ma adesso la fabbrica di maglioni è ancora in attività?

LUISA            L’azienda prosegue ancora, ma si è trasformata e non confeziona più maglioni. Adesso produce abiti da donna.

GIANNI         E ha pure cambiato nome: adesso si chiama “Atelier di moda femminile”.

GIACOMO    Atelié? Perdinci, che bel nome!

GIANNI         Sì, è stato il nipote del nostro padrone a fare i cambiamenti. Quando ha compiuto venticinque anni, ha assunto la direzione dell’azienda, ma temo che ora gli affari non stiano andando troppo bene.

LUISA            Perché dici questo, Gianni?

GIANNI         Perché da qualche mese il Pierandrea è piuttosto nervoso e continua a incontrarsi col commercialista

LUISA            E’ vero, ma la nostra paga e i soldi per mandare avanti la casa non sono mai mancati. E poi mi sa che il Pierandrea abbia qualche problema con la sua fidanzata.

GIANNI         Bé, allora forse sarà per quello.

Scena quarta

(entra Pierandrea)

PIERAND.     Ciao, Luisa! Ciao, Gianni!

LUISA            Ciao, Pierandrea.

GIANNI         Ciao, come va?

PIERAND.     Sentite… (si ferma e guarda i due barboni) Quei due non potrebbero uscire?

GIANNI         Sì, certo, adesso vanno via. (ai barboni) Vi accompagno alla porta.

ANNETTA     Grazie, conosciamo la strada. (esce 1)

GIACOMO    Grazie a tutti. (esce 1)

GIANNI         (a Pierandrea) C’è qualcosa che non va bene?

PIERAND.     Non solo “qualcosa”. Sono parecchie le cose che non vanno bene.

LUISA            Per esempio?

PIERAND.     Per esempio non riusciamo a sfondare sul mercato coi nostri vestiti. C’è troppa concorrenza.

GIANNI         E dopo?

PIERAND.     E dopo ho bisogno di liquidi, ma quel cretino di un commercialista non vuol lasciarmi prelevare i soldi dalla banca, e la firma ce l’ha solo lui.

LUISA            E tu cosa vuoi fare allora?

PIERAND.     Non lo so neppure io, però stamattina ho dato appuntamento a tre persone qui nella villa... se a voi non fa niente.

LUISA            Ma figurati, Pierandrea. La villa è di tuo zio, non nostra. Ma... ci puoi dire chi verrà qui?

PIERAND.     Sicuro. Prima devo incontrarmi proprio col commercialista per parlare della situazione economica dell’azienda. Poi verrà qui lo stilista Jean Pierre Merlin per presentarmi la collezione di vestiti per la sfilata di Milano.

GIANNI         Saranno pronti i vestiti?

PIERAND.     Voglio sperarlo, la sfilata è domani sera!

GIANNI         Speriamo.

PIERAND.     E verso le dieci verrà qui la mia Samanta per vedere la villa di mio zio, che un giorno diventerà… almeno spero... la mia villa.

GIANNI         E se la Samanta ti sposa, diventerà anche la sua di villa.

PIERAND.     Se mi sposa...

LUISA            Perchè, hai dei dubbi?

PIERAND.     Il fatto è che c’è un altro ragazzo che le fa la corte. E’ pieno di soldi e la copre di regali

GIANNI         Ho capito: voi siete in due e lei non ha ancora deciso chi scegliere.

PIERAND.     Proprio così. E’ per questo che le ho dato appuntamento qui nella villa, così posso farle vedere che anch’io non sono un poveraccio, visto che almeno una bella casa ce l’ho.

LUISA            Però intanto non è ancora tua.

PIERAND.     E’ questo il problema.

Scena quinta

(entra Pasqualina)

PASQUAL.    Permesso?

GIANNI         Ciao, Pasqualina, ti serve qualcosa??

PASQUAL.    (timidamente) Se non disturbo… magari…

GIANNI         Magari che cosa?

LUISA            Smettila, Gianni, lo sai che la Pasqualina è timida e ha difficoltà a chiedere le cose. (a Pasqualina) Ti va bene il solito panino?

PASQUAL.    Sì, ma con dentro la marmellata.

LUISA            Come sempre, Pasqualina. Aspettami qui. (esce 2)

GIANNI         (a Pierandrea) Lo ha già preparato il panino con la marmellata, perché la Pasqualina non manca mai.

PIERAND.     Avete più soldi voi per mantenere questi barboni, che io per far funzionare la mia azienda.

LUISA            (rientra con un panino e un bicchiere di carta) Ecco, Pasqualina. Va bene la marmellata di ciliegie?

PASQUAL.    Sì, grazie, è quella che preferisco.

GIANNI         Ma ieri non avevi detto che la tua preferita era quella di albicocche?

LUISA            Basta, Gianni! (a Pasqualina) E ti ho portato anche un bicchiere di acqua fresca.

PASQUAL.    E’ quella con le bollicine?

LUISA            Certo, Pasqualina, come sempre.

PASQUAL.    (prende il bicchiere) Grazie. Posso andare ora?

LUISA            Come vuoi, noi non ti tratteniamo.

PASQUAL.    Allora vado.

LUISA            Ciao, Pasqualina.

PASQUAL.    Vi saluto tutti. (si avvia, poi si ferma)

LUISA            Che altro c’è?

PASQUAL.    Volevo dire che domani mattina, se non disturbo, verrei qui ancora.

GIANNI         Senti, Pasqualina, quanti anni sono che vieni a prendere la colazione?

PASQUAL.    Quasi cinque..

GIANNI         E quante volte se mancata?

PASQUAL.    Neppure una volta.

GIANNI         E allora non c’è bisogno di dire ogni volta che domani sarai ancora qui.  Hai capito?

PASQUAL.    Sì, ho capito. Ciao. (esce 1 senza richiudere la porta)

PIERAND.     Ascoltate una cosa: quando ci sarà qui la mia fidanzata, però, non vorrei più vedere questo viavai di gente.

GIANNI         Non preoccuparti, Pierandrea, oggi non deve arrivare più nessuno.

PIERAND.     Meno male!

Scena sesta

(entra Emilio)

EMILIO         (parla con leggera balbuzie) Buongiorno a tutti!

GIANNI         Buongiorno!

EMILIO         Non ho chiesto “permesso” perché il cancello era spalancato e anche la porta era aperta.

LUISA            Ma certo, la nostra casa è sempre a vostra disposizione... almeno ancora per qualche giorno

PIERAND.     (a Gianni) Ma... non avevi detto che oggi non doveva arrivare più nessuno??

GIANNI         Sì, ma questo non lo avevo considerato perché è nuovo.

LUISA            Infatti sto preparando un maglione anche per lui. (a Emilio) Fra una settimana sarà pronto, sei contento?

GIANNI         Lui però non è venuto qui per vedere a che punto è il maglione, ma per trovare qualcosa da mettere sotto i denti. (a Emilio) O sbaglio?

EMILIO         No, non sbagli.

PIERAND.     Non avevo dubbi.

LUISA            Cosa vuoi?

EMILIO         Un panino.

LUISA            E basta?

EMILIO         Magari con dentro una fettina di salame.

LUISA            Solo una?

EMILIO         Forse è meglio due..

LUISA            Arrivo subito (esce 2)

PIERAND.     Ma questa è una casa o un ristorante?

GIANNI         Perchè?

PIERAND.     Perchè vengono qui senza domandare permesso, ordinano e vengono serviti. E in più non pagano niente.

GIANNI         Noi stiamo facendo quello che vuole tuo zio. (prende una lettera da un cassetto e legge) “Carissimi Luisa e Gianni........ qui in Bolivia ho trovato tanta povertà...eccetera eccetera.... Perciò desidero che la mia casa...”

PIERAND.     ...Sia aperta a tutti i poveri. Me l’hai già letta dieci volte quella lettera e la conosco a memoria Voi però la state viziando quella gente. (indica Emilio)

LUISA            (rientra e porge a Emilio un panino col salame) Vuoi anche tu un bicchiere di acqua fresca?

EMILIO         Piuttosto che un bicchiere di acqua fresca, meglio un bicchiere di vino caldo.

LUISA            Il vino alle nove di mattina?

EMILIO         Sì, non c’è niente di meglio del vino per far passare la sete.

LUISA            Mi dispiace, ma a quest’ora la bottega del vino è chiusa.

EMILIO         E va bene, non importa. Grazie lo stesso. (si avvia all’uscita)

PIERAND.     Si potrebbe anche salutare.

EMILIO         (si gira) Ah sì, certo… buongiorno! (a Gianni e Luisa) Ma chi è quello?

GIANNI         E’ il nipote del padrone.

EMILIO         Ho capito… Ancora tanti saluti. (esce 1)

PIERAND.     Non si accontentano dell’acqua i vostri clienti. Vogliono il vino, loro!

GIANNI         Difatti non glielo abbiamo dato.

PIERAND.     Se non ci fossi stato io, scommetto che glielo avresti dato.

GIANNI         Ma no, Pierandrea...

Scena setttima

(entra il commercialista)

COMM.          Permèsso?

PIERAND.     Avanti, avanti, ragioniere, non c’è bisogno di chiedere permesso, perchè qui vanno avanti e indietro tutti come vogliono.

COMM.          Infatti ho appena incontrato un poveraccio che usciva con in mano un panino. Ciao, Gianni! Ciao, Luisa!

GIANNI         Buongiorno, ragioniere.

LUISA            Buongiorno.

COMM.          Allora, Pierandrea, che cosa c’è questa volta?

PIERAND.     (guarda Gianni e Luisa) Scusate, vi spiacerebbe… ?

GIANNI         Ma figurati, ce ne andiamo subito.

LUISA            Se vi serve qualcosa, noi siamo di là. (esce 2 con Gianni)

PIERAND.     Io, ragioniere, vorrei saperne di più sulla situazione (indica i soldi sfregando pollice e indice) di mio zio.

COMM.          E cosa vorresti sapere di preciso?

PIERAND.     Vorrei sapere se mio zio ha in giro degli appartamenti… o delle proprietà, e mi piacerebbe capire quanti soldi ha in banca… sempre che ci sia rimasto ancora qualcosa.

COMM           Io posso dirti soltanto che tutto quello che ti serve per far andare avanti l’azienda è a tua disposizione e che i soldi per la sfilata di Milano ci sono.

PIERAND.     Questo me lo aveva già detto, ma io come faccio a programmare le spese dell’azienda se non so quanti soldi posso spendere?

COMM.          Mi spiace, Pierandrea, ma gli ordini che ho ricevuto da tuo zio sono stati chiari: quando avresti compiuto venticinque, anni saresti diventato direttore dell’azienda e così è stato. Per diventare proprietario di qualche cosa, invece, devi aspettare il ventitrè di questo mese.

PIERAND.     Sì, ma mancano solo cinque giorni.

COMM.          Infatti. Se fra cinque giorni tuo zio non sarà tornato, apriremo il testamento e così potrai sapere cosa ti ha lasciato.

PIERAND.     Senta, ragioiere, sono più di due anni che non abbiamo notizie di mio zio e lo sappiamo tutti che non tornerà più

COMM.          Io so soltanto che dobbiamo aspettare fino al giorno ventitrè.

PIERAND.     Ma cinque giorni che cosa cambiano? Io ho bisogno di soldi adesso… subito!

COMM.          Per l’azienda?

PIERAND.     Per me, ragioniere! Ho delle spese urgenti da affrontare per una faccenda molto importante, e non posso aspettare.

COMM.          Io posso darti solo il tuo stipendio di direttore e pagarti le spese dell’azienda. E basta.

PIERAND.     Sì, però i soldi per i barboni ci sono sempre!

COMM.          Certo, come ha detto di fare tuo zio.

PIERAND.     Ho capito, ragioniere, ma io non ho bisogno di molto. Mi basterebbero otto o diecimila euro, ma subito.

COMM.          Mi spiace, Pierandrea, ma lo sai anche tu che non è possibile.

PIERAND.     Pazienza, aspetterò il giorno ventitrè.... E intanto perderò la fidanzata.

COMM.          Ah, allora c’è di mezzo una donna! Per questo ti servono i soldi.

PIERAND.     Si, ragioniere. E quella donna… io non posso perderla!

COMM.          Capisco, sono stato giovane anch’io...  Comunque, se non c’è altro, io toglierei il disturbo.

PIERAND.     Nient’altro.

COMM.          Ti dispiace chiamarmi il Gianni e la Luisa che saluto anche loro?

PIERAND.     Subito. (chiama) Gianni! Luisa!Il ragioniere vuole salutarvi.

(Gianni e Luisa entrano)

COMM.          Sto per andarmene. Arrivederci.

LUISA            Non ha bevuto neppure il caffè. Se si ferma un attimo glielo preparo.

COMM.          Un’altra volta, Luisa, ho una certa fretta.

Scena ottava

(entra Emilio)

EMILIO         Se prepari il caffè, lo bevo io.

LUISA            Non sarai tornato indietro per il caffè!

EMILIO         No, son tornato indietro perché ho finito il salame e mi è restato ancora un pezzo di pane.

LUISA            (in tono di bonario rimprovero) Guarda, Emilio! (esce 2  a prendere il salame)

PIERAND.     Non ne hanno mai abbastanza e pretendono in continuazione... e loro li accontentano sempre!

COMM.          Stanno facendo quello che vuole tuo zio.

PIERAND.     Lo so, lo so. Non c’è bisogno di continuare a dirlo.

LUISA            (rientra con il fondo del salame) To’, prendi, questo è l’ultimo pezzo.

EMILIO         (prende il salame) Grazie... (ironico) e grazie anche al nipote del padrone di casa.

PIERAND.     Fra qualche giorno la musica potrebbe cambiare in questa casa.

EMILIO         Ah, io mi accontento anche della mortadella. Vi saluto. (esce 1)

PIERAND.     (a Gianni e Luisa) Io non ho niente in contrario se i poveri vengono qui a cercare da mangiare, ma voi state esagerando. Quel salame lo avete comperato tre giorni fa ed è già finito.

EMILIO         (rientra) Comunque, se non lo avessi mangiato io, quel salame sarebbe andato a male! (esce 1)

Scena nona

(entra Jean Louis Merlin, lo stilista, e quasi si scontra con Emilio che sta uscendo)

STILISTA      È permesso?

PIERAND.     Avanti, Jean Louis, l’aspettavo. (gli dà la mano)

STILISTA      Per poco non mi scontravo con quel tale che è uscito lasciando dietro sè ..un parfum de...

GIANNI         De salàm!

STILISTA      Exactement, mio caro! (al commercialista) Come sta, ragioniere? (gli dà la mano)

COMM.          (freddamente) Buongiorno.

STILISTA      Immmagino che mi abbiate chiamato per sapere a che punto sono gli abiti per il defilé di Milano.

PIERAND.     Infatti. Manca poco più di un giorno alla sfilata e non ho ancora visto niente.

STILISTA      Come sarebbe a dire “niente”? I disegni dei nuovi modelli glieli ho mostrati dieci giorni fa.

PIERAND.     Sì, io però gli abiti li voglio vedere finiti, non solo disegnati, anche perchè avevo dei dubbi su quei quadrati e quei triangoli messi in certe posizioni…

LUISA            (avanza) Anche a me non erano piaciuti.

STILISTA      (a Luisa) Incompetente! (a Pierandrea) I quadrati e i triangoli, così come i cerchi e i rombi sono il tocco d’arte di questa collezione e vedrete che la “moda geometrica” di Jean Louis Merlin conquisterà il mondo.

GIANNI         (al pubblico) Quello si è montato la testa!

PIERAND.     (guarda il commercialista) Cosa ne dice lei, ragioniere?

COMM.          Ora che siamo in ballo, bisogna ballare. Spero soltanto che riusciamo recuperare i soldi per compensare le spese, che non sono poche, anche perché il signor Merlin costa un po’caro.

STILISTA      Caro ragioniere, i miei capi sono esclusivi.

COMM.          Sì, sì, non ho dubbi.

STILISTA      Comunque domani mattina verrò a mostrarvi i miei capolavori finiti, e sono certo che ne rimarrete incantati.

PIERAND.     E allora domani mattina, come d’accordo, le daremo un acconto.Va bene, ragioniere?

COMM.          Sì, gli preparerò un assegno di quindicimila euro.

STILISTA      Non parliamo di soldi, vi prego. L’arte non va mescolata con il vile denaro... E il saldo entro la fine del mese, vero?

PIERAND.     Sì, come d’accordo.

Scena decima

(entra Emilio)

EMILIO         Posso disturbare?

PIERAND.     (seccato) Che cosa vuoi ancora?

LUISA            Ti serve qualcosa, Emilio?

EMILIO         Volevo soltanto sapere se adesso la bottega del vino è aperta.

GIANNI         No, è ancora chiusa! (lo accompagna fuori prendendolo per un braccio e subito rientra) Guarda se è possibile! (ironicamente) Noi stiamo parlando della “moda geologica” del grande stilista Jean Louis Merlin e lui viene a chiederci il vino!

STILISTA      “Geometrica”, mio caro, non “geologica”. Qui si parla di triangoli, rettangoli, rombi...eccetera eccetera.

GIANNI         Cosa vuole, io non ci ho mai capito niente di quelle cose lì. Quando ‘andavo a scuola, il voto più alto che ho preso in geometria è stato quattro meno meno.

STILISTA      Poco importa. Domani voi tutti potrete vedere la geometria applicata alla moda. Alle dieci di mattina va bene?

PIERAND.     A me va bene. E a lei, ragioniere?

COMM.          Ho delle faccende da sbrigare, ma farò il possibile per esserci anch’io.

STILISTA      Très bien! A domani allora. Arrivederci! (stringe la mano al commercialista).

PIERAND.     L’accompagno al cancello. (esce 1 con lo stilista)

COMM.          (a Gianni) Sbaglio, o a te non piace tanto l’idea della geometria applicata ai vestiti?

GIANNI         E’ lo stilista che non mi piace tanto.

COMM.          Perchè?

GIANNI         Per cominciare si finge francese e invece è di Treviglio. E poi si fa chiamare Jean Luis Merlin, quando tutti sanno che il suo vero nome è Gianluigi Merlini.

COMM.          Vuoi sapere una cosa Gianni?

GIANNI         Cosa?

COMM.          Anche a me non piace.

LUISA            Mi scusi, ragioniere, ma allora perché ha permesso al Pierandrea di affidare la sfilata a quello stupido?

COMM           Il direttore è lui. Io ho soltanto il compito di tenere la contabilità e basta.

GIANNI         Ma se il Pierandrea fa delle scelte sbagliate, l’azienda va a gambe all’aria.

COMM.          Il Pierandrea non è uno sciocco e non farà fallire l’azienda. Solo che è giovane e deve farsi le ossa.

LUISA            Se le romperà tutte le ossa!

COMM.          Può darsi, ma bisogna dargli fiducia, e soprattutto voi dovete incoraggiarlo, perchè lui vi vuol bene e vi considera come se foste i suoi genitori.

GIANNI         E’ vero, lo abbiamo visto nascere.

LUISA            E anche crescere: ha passato tanto tempo con noi!

Scena undicesima

(entra Pierandrea con Samanta)

PIERAND.     (richiama l’attenzione con un colpo di tosse) Posso presentarvi la mia fidanzata?

LUISA            Ma certo, potevi farcela conoscere anche prima.

PIERAND.     Allora... lei si chiama Samanta. (a Samanta) Questo è il commercialista dell’azienda e loro sono il Gianni e la Luisa.

SAMANTA    (dà la mano solo al commercialista) Piacere.

COMM           Lieto di averla conosciuta, però adesso vi lascio perché sono in ritardo. Arrivederci a tutti.

SAMANTA    Arrivederci.

PIERAND.     Noi ci vediamo domani mattina.

GIANNI         Buongiorno, ragioniere.

LUISA            Buongiorno.  

(il commercialista esce 1)

GIANNI         Anche noi adesso ce ne andiamo.

LUISA            Sì, dobbiamo finire di sistemare la cucina. Se ti serve qualcosa, Pierandrea, chiamaci. (esce 2 con Gianni)

SAMANTA    Come mai quella ti da del “tu”?

PIERAND.     Perchè la Luisa e il Gianni mi conoscono da quando ero piccolo e quando ho perso mia madre, che sarebbe poi la sorella di mio zio Emilio, mi hanno tenuto in casa con loro per quasi due anni.

SAMANTA    Comunque è meglio che non ti diano troppa confidenza.

PIERAND.     Sì...sì... Ora però ti farei vedere la casa, se vuoi.

SAMANTA    Non c’è bisogno che io la veda, tanto non è tua.

PIERAND.     Ma mio zio ha promesso di lasciarla a me.

SAMANTA    Ti ha promesso! Promesse... promesse...soltanto promesse! Sono stanca di promesse. Sono già due settimane che mi hai promesso di comperarmi una macchina nuova, ma non ho ancora visto niente di concreto.

PIERAND.     Porta pazienza ancora per qualche giorno, Samanta. Quando ci sarà qui mio zio, potrò comperarti tutto quello che vuoi, ma per ora i soldi li gestisce il commercialista.

SAMANTA    Non sei il direttore dell’azienda, tu?

PIERAND.     Sì.

SAMANTA    E che direttore sei, allora, se il commercialista comanda più di te?

PIERAND.     Ti ho già spiegato com’è la faccenda. Se mi vuoi bene, devi  credermi.

SAMANTA    Certo che ti voglio bene, ma se io chiedo al Ferdinando di comperarmi qualcosa, lui mi accontenta prima ancora che io abbia finito di parlare.

PIERAND.     Ah, certo, è facile per lui fare il grande con i soldi di suo padre.

SAMANTA    Sì, però lui, che non lavora, ha più soldi di te che fai il direttore.

PIERAND.     Ma uno che non lavora che futuro può offrirti? Io, invece, qualcosa da offrirti ce l’ho. Samanta...  la vedi questa casa? Un giorno sarà la nostra casa. (si avvicina alla finestra) E lo vedi quel giardino? Un giorno sarà il nostro giardino.

SAMANTA    Sì, ma quando?

PIERAND.     Di preciso non lo so, però... (prende da un cassetto alcune lettere e le sparge sul tavolo) su queste lettere c’è scritto tutto quello che mio zio ha intenzione di fare non appena torna dalla Bolivia.

SAMANTA    Quelle sono soltanto parole. Il Ferdinando invece mi ha invitato a passare quindici giorni con lui alle Maldive, e se io gli dico di sì, domenica partiamo. Altro che parole!

PIERAND.     E tu avresti il coraggio di farmi una cosa simile?

SAMANTA    Io posso fare quello che voglio senza chiedere il permesso a te!

PIERAND.     E allora va’ a quel paese, tu e il tuo Ferdinando!

SAMANTA    Certo che vado! Ma non a quel paese, io vado alle Maldive! (esce 1 sbattendo la porta)

Scena dodicesima

(entrano Gianni e Luisa)

LUISA            Cos’è successo, Pierandrea? Vi abbiamo sentiti alzare la voce.

PIERAND.     Niente.

GIANNI         Avete litigato?

PIERAND.     Altro che litigato! Io non ce la faccio più. Quella mi fa diventare matto!

GIANNI         Dài...dài, Pierandrea.... l’amore non è bello se non è litigarello. Può succedere di non andare d’accordo.

PIERAND.     Sì, ma lei non ragiona. Mi dice che mi vuol bene, e nello stesso tempo mi fa capire che potrebbe decidere di andarsene col Ferdinando

LUISA            Si chiama Ferdinando l’altro?

PIERAND.     Sì, ma se la Samanta mi lascia  per mettersi con quel lazzarone, io…io mi sparo! (va a sedersi con la testa fra le mani)

GIANNI         Non dire stupidaggini!

LUISA            Su col morale, Pierandrea! Sai cosa mi diceva tuo zio Emilio quando io ero giù di corda?

PIERAND.     Cosa?

LUISA            Mi diceva: forza e coraggio, che dopo april viene maggio. Se fosse qui, ti direbbe la stessa cosa e ti farebbe passare tutto.

PIERAND.     Magari fosse qui! Mi risolverebbe tanti problemi.

Scena tredicesima

(entra Emilio)

EMILIO         Posso entrare? Se non disturbo, naturalmente.

LUISA            Non è il momento ora.

PIERAND.     (arrabbiato) Ma tu, invece di continuare a venire qui per chiedere da mangiare e da bere, perché non vai a lavorare?

EMILIO         Perchè io non sono portato per il lavoro.  Io sono portato per gli affari.

PIERAND.     Ma non raccontare cretinate! (si allontana)

GIANNI         Non saresti conciato in quel modo, se tu sapessi fare gli affari. E comunque per oggi il vino non c’è, hai capito?

EMILIO         Sì, ho capito. Ma io non ero venuto qui per il vino.

GIANNI         Ah sì? E allora cosa volevi?

EMILIO         Una sigaretta.

GIANNI         Una sigaretta? Ma non lo sai, tu, che il fumo fa male?

EMILIO         Certo che lo so. Infatti una volta, mentre ascoltavo la mia radiolina, ho sentito dire che il fumo fa venire brutte malattie ai polmoni e allora io, che stavo fumando una sigaretta, l’ho spenta subito.

 GIANNI        La sigaretta?

EMILIO         No, la radiolina!

GIANNI         Vai fuori subito di qui! (lo spinge fuori) Non ho capito se l’Emilio è scemo o se ci sta prendendo in giro.

PIERAND.     Si chiama Emilio quello?

LUISA            Sì, proprio come tuo zio.

PIERAND.     E... potrebbe somigliare a mio zio?

LUISA            Ma no, Pierandrea, non ci assomiglia per niente.

GIANNI         (indica il quadro) Guarda la sua fotografia!

PIERAND.     Sì, però dopo quasi trent’anni potrebbe essere cambiato... Aspettate un attimo. (esce 1 chiamando) Emilio! Emilio!

LUISA            Cosa avrà intenzione di fare?

GIANNI         Io non ho capito.

LUISA            Neanch’io.

(rientra Pierandrea seguito da Emilio)

PIERAND.     Vieni avanti, di che cosa hai paura?

EMILIO         Non ho paura di niente, solo che non riesco a capire perché prima mi avete cacciato via in malo modo e adesso mi invitate a entrare.

 PIERAND.    Te lo spiego subito. Io vorrei chiederti se ti piacerebbe fare il padrone per qualche giorno.

EMILIO         Il padrone di cosa?

PIERAND.     Il padrone di questa casa e dell’azienda in cui io lavoro.

EMILIO         Non sono mai stato padrone di niente nella mia vita e potrei anche provare. Ma cosa dovrei fare?

PIERAND.     Niente di difficile. Tu stai qui in questa villa a mangiare e dormire e dici a tutti che sei il mio zio tornato dalla Bolivia.

GIANNI         Eh no, Pierandrea, io non sono d’accordo. Questo significa imbrogliare

LUISA            Perchè vorresti fare una cosa simile?

PIERAND.     Per per fare in modo che la Samanta rimanga con me. Se lui (indica Emilio) le dice che io posso disporre dei soldi dell’azienda e che diventerò l’erede delle sue proprietà, lei rinuncerà a partire per le Maldive con quello sfaccendato di Ferdinando.

GIANNI         Già, ma l’imbroglio non può durare a lungo.

PIERAND.     Lo so, ma a me bastano un paio di giorni, poi si vedrà.

GIANNI         Non sono convinto che questa sia una buona soluzione.                                        

PIERAND.     Ascoltami, Gianni, io quella ragazza la devo sposare, hai capito?

GIANNI                     Perchè, te l’ha ordinato il dottore?               

LUISA            Smettila, Gianni! Se si può fare qualcosa per dare una mano al Pierandrea, non possiamo tirarci indietro proprio noi. E poi si tratta solo di due o tre giorni.

GIANNI         E va bene. Se sei d’accordo tu, sono d’accordo anch’io.

PIERAND.     E tu, Emilio, sei d’accordo?

EMILIO         Sì, sì, certo! Però, se sono il padrone di casa, allora posso invitare qui chi voglio io. O no?

PIERAND.     Chi vorresti invitare?

EMILIO         I miei amici barboni.

PIERAND.     Non se ne parla neppure!

EMILIO         E allora niente da fare. Ti saluto. (si gira per uscire)

PIERAND.     No, no, aspetta! Va bene, puoi invitare i tuoi amici, basta che loro non vengano qui quando ti farò parlare con la mia fidanzata (a Gianni e Luisa) Voi avrete del da fare in più per qualche giorno. Portate pazienza.

GIANNI         Solo perché sei tu, Pierandrea.

PIERAND.     (a Emilio) Allora… tu adesso vai a farti una bella doccia e dopo il Gianni ti presta uno dei suoi vestiti, perchè il tuo fa schifo.

GIANNI         Posso dargli uno dei vestiti del signor Emilio, c’è l’armadio pieno.

PIERAND.     Ah sì, meglio ancora. Pensaci tu, allora. Ora io vado all’atelier a sistemare due cose. Ci vediamo più tardi. (esce 1)

LUISA            (a Gianni) Fagli vedere dov’è il bagno, intanto che io vado a scegliere un vestito adatto per lui.

GIANNI         Servito e riverito come un vero padrone. Ha fatto in fretta a far carriera, questo!

EMILIO         Te l’avevo detto che ero portato per gli affari.

GIANNI         Lascia perdere, Emilio! Dammi invece una mano a raccogliere queste  lettere. (indica le lettere sparse sul tavolo)

EMILIO         Eh no, caro mio, le raccogli tu le lettere. Io sono il padrone e adesso devo andare a farmi la doccia. Ciao! (esce 2)

SIPARIO

ATTO  SECONDO

Scena prima

(Gianni e Luisa)

GIANNI         Che giornata ieri!

LUISA            Non me lo dire. Erano anni che non facevo una sfacchinata del genere. Dozzine di piatti da lavare, padelle da pulire, pavimenti da lucidare…

GIANNI         Per forza! L’Emilio non si è accontentato di una scodella di minestra come all’Opera Pia, ma per fare bella figura coi suoi amici ha voluto antipasto, primo, secondo, Svizzera, Capodistria e Montecarlo.

LUISA            E per finire, dopo il caffè, ci hanno svuotato due bottiglie di grappa.

GIANNI         Ha fatto in fretta l’Emilio a imparare a fare il padrone.

LUISA            Deve aver passato una delle giornate più belle della sua vita: si è fatto la doccia, ha provato i vestiti del signor Emilio, è andato a visitare l’azienda, è stato dal parroco e il Pierandrea l’ha portato anche in banca.

GIANNI         E’ vero. Ma che cosa ci saranno andati a fare in banca?

LUISA            Forse il Pierandrea doveva effettuare qualche operazione.

GIANNI         Questo senza dubbio, ma doveva portarsi l’Emilio per effettuare un’operazione in banca? A me questa storia non piace. Sarà meglio che telefoniamo al commercialista.

LUISA            Sì, hai ragione… questa volta!

GIANNI         Come “questa volta”? Vuoi forse dire che le altre volte avevo sempre torto?

LUISA            Non ho detto questo. Solo che tu pensi di aver ragione anche quando hai torto marcio.

GIANNI         Hai voglia di litigare?

LUISA            Io no, sei tu che hai voglia di litigare!

GIANNI         Ma finiscila!

LUISA            Sei tu che la devi finire! E non alzare la voce con me!

Scena seconda

(entra Pierandrea, annunciandosi con un colpetto di tosse)

PIERAND.     Allora non sono soltanto io che litiga con qualcuno.

GIANNI         Ciao, Pierandrea.

LUISA            Mamma mia, che figura abbiamo fatto!

PIERAND.     Ma quale figura? Piuttosto… si è alzato quello là?

GIANNI         Sì, si è alzato, e ha voluto la colazione in camera il padrone!!

LUISA            Anche i suoi amici sono già stati qui a prendere la colazione. Erano tutti euforici per la cena di ieri sera

GIANNI         E la Pasqualina era ancora un po’ brilla.

LUISA            Sì, perché le hano fatto bere la grappa, poveretta! Proprio a lei che non ha mai bevuto neppure un goccio di vino.

PIERAND.     Sono contento che siano già stati qui, perché stamattina la casa deve essere libera..

Deve venire qui lo stilista e, spero, anche qualcun altro.

GIANNI         Aspetti la tua fidanzata?

PIERAND.     Sì, ho messo in giro la voce che mio zio è tornato e di certo la cosa sarà giunta all’orecchio anche a lei. Ma l’Emilio dov’è ora?

LUISA            E’ di là in camera a scrivere non so cosa.

GIANNI         E’ da quando si è alzato che continua a scrivere e e ha quasi riempito un block-notes.

PIERAND.     Gliel’ho dato io il block-notes.

LUISA            Per far che cosa?

PIERAND.     Niente di importante, non preoccupatevi. Io invece volevo dirvi un’altra cosa: ho telefonato al commercialista per raccontargli di quello che ho combinato per far credere alla Samanta che mio zio è tornato a casa.

GIANNI         E lui si è arrabbiato?

PIERAND.     No, si è messo a ridere.

GIANNI         Meno male! Però anche noi ti dobbiamo dire una cosa: l’Emilio ha chiesto di invitare qui i suoi amici a bere il caffè alle dieci.

PIERAND.     E voi cosa gli avete risposto?

GIANNI         Sai com’è...

Scena terza

(entra Emilio, vestito elegantemente, ben pettinato e con block-notes in mano)

EMILIO         Non si può dire di no al padrone.

PIERAND.     Mi sembra che tu te ne stia approfittando.

EMILIO         Il fatto è che a me piace fare il padrone.

PIERAND.     Non montarti la testa però. (guarda la giacca di Emilio, che è macchiata) Ma che cosa hai fatto lì?

EMILIO         Mi sono sbrodolato col caffelatte.

LUISA            (guarda la giacca) Bisognerà portarla in tintoria. Toglitela, che intanto io vado di là a cercartene un’altra. (si avvia alla 2)

GIANNI         Aspetta che ti accompagno.

LUISA            Non ti fidi?

GIANNI         Ma va’ a quel paese! (esce 2 seguito da Luisa)

PIERAND.     Hai fatto le firme?

EMILIO         Sì, guarda! (gli porge il block-notes)

PIERAND.     (sfoglia e si ferma sull’ultima pagina) E la lettera di mio zio?

EMILIO         Eccola! (toglie di tasca una lettera)

PIERAND.     (toglie il foglio dalla busta e confronta le firme) Eh, insomma... ci assomigliano un po’, però la firma di mio zio è più sicura, più decisa. Cerca di non far tremare la penna mentre scrivi.

EMILIO         Io più di così non posso fare, e ho già fatto troppo, perchè a far le firme false si va in galera.

PIERAND.     Te l’ho gia detto che me l’assumo io la responsabilità. Però potresti imitare meglio  la “E” di Emilio. Cos’è quella specie di ghirigori?

EMILIO         Io la “E” la faccio così!

PIERAND.     Ho capito, la faremo andar bene così. (toglie di tasca un libretto di assegni) To’, metti in tasca il libretto degli assegni. Quando verrà qui la Samanta sai già cosa devi fare.

EMILIO         Sì, però se devo fare un assegno alla tua fidanzata, ne faccio uno anche alla chiesa.

PIERAND.     Perché alla chiesa?

EMILIO         Per sentirmi  in pace con la mia coscienza.

PIERAND.     E va bene, basta che non sia un assegno troppo grosso.

EMILIO         Tremila euro, non di più.

PIERAND.     Ma ma tu sei matto! Qui bisogna togliere uno zéro.

EMILIO         D’accordo, allora anche alla tua fidanzata farò l’assegno con uo zero in meno.

PIERAND.     No, no, tu farai quello che dico io.

EMILIO         Chi è il padrone qui?

PIERAND.     Ricordati che domani sera non sarai più mio zio. Però devo riconoscere che sei bravo a recitare la parte del padrone.

EMILIO         Grazie!

PIERAND.     Prego! Adesso io mi assento per una mezz’ora e sarò di ritorno per quando arriverà lo stilista a mostrarmi i vestiti. (si avvia alla 1)

EMILIO         Ciao, nipote.

PIERAND.     Ciao... zio Emilio. (sorride e scuote la testa) Dài, accompagnami al cancello. (esce 1 con Emilio)

Scena quarta

(rientrano Gianni e Luisa con un’altra giacca)

GIANNI         E io torno a dirti che la giacca blù sarebbe stata meglio.

LUISA            Certo, perchè tu vuoi sempre fare il contrario di quello che faccio io. Va bene questa, invece!

GIANNI         Guarda almeno se c’è qualcosa nelle tasche.

LUISA            Cosa vuoi che ci sia nelle tasche? (fruga nelle tasche) Qui c’è una penna.

GIANNI         Hai visto?

LUISA            (toglie una biro a pulsante e la guarda) Ma questa è la penna del Papa!

GIANNI         Fammi vedere! (prende la biro) E’ vero, proprio la penna del Papa! Hai visto dov’era?

LUISA            Il signor Emilio, prima di partire, l’ha cercata dappertutto e poi mi ha detto:”Se la trovi, tienimela da parte per quando ritorno”. Era davvero affezionato a questa biro.

GIANNI         Altro che affezionato! Gliel’avevano portata da Roma i suoi nonni, quando lui’era ancora un ragazzino, e gli avevano raccomandato di trattarla bene, perché quella penna aveva ricevuto la benedizione del Papa in Piazza S.Pietro.

LUISA            Sì, e da allora il signor Emilio ha sempre usato quella penna per fare tutto:  per fare i compiti, per scrivere le cartoline, per firmare gli assegni..

GIANNI         E’ vero, e prima di usarla diceva sempre: “Penna del Papa” e le dava un bacio. (bacia la biro e poi scrive sul palmo della  propria mano) Non scrive più.

LUISA            Lo credo bene, dopo ventisette anni!

GIANNI         Sai cosa faccio adesso? Vado in cartoleria a comperare un cannuccia di ricambio, così quando il signor Emilio torna dalla Bolivia può usarla subito.

LUISA            Smettila, Gianni, non torna più nessuno dalla Bolivia.

GIANNI         (alza la voce) E perché dovrei smetterla? Ti dà fastidio se io voglio avere ancora qualche speranza?

LUISA            Ma perché urli?

Scena quinta

(entra Emilio)

EMILIO         Ssst, zitti voi due!

LUISA            Ah, eccoti! Dove sei stato?

EMILIO         Sono andato a fare un giro a cavallo.

LUISA                       A cavallo? Quale cavallo?

EMILIO         Il cavallo dei pantaloni.

LUISA                       Non dire stupidaggini, non è il momento. Prova invece a metterti questa giacca.

EMILIO         (indossa la giacca) Sì, mi va bene... Ma voi due andate sempre così d’accordo?

GIANNI         Perché?

EMILIO         Perchè è la terza volta che vi sento litigare stamattina.

GIANNI         Ti sbagli. Noi ci vogliamo bene come fratelli

EMILIO         Ah certo! Difatti anche Caino e Abele erano fratelli. Ma... da quanti anni siete sposati voi due?

LUISA            Non siamo marito e moglie noi due. Siamo davvero fratelli.

EMILIO         Ah sì?

GIANNI         Cèrto, la Luisa è mia sorella. Tu pensi che qualcuno avrebbe avuto il coraggio di sposarne una così?

LUISA            E tu allora? Non sei uno zitellone anche tu?

GIANNI         Sì, ma la mia è stata una scelta. Se avessi voluto sposarmi, avrei avuto soltanto l’imbarazzo della scelta.

LUISA            Smettila, Gianni! Lo sanno tutti che c’è stata solo una donna nella tua vita: aveva dieci anni più di te ed era brutta come il peccato.

GIANNI         Infatti l’ho piantata dopo neppure una settimana.

LUISA            No, no, raccontala giusta. (a Emilio) E’ stata lei a piantarlo dopo due anni che stavano insieme.

Scena sesta

(entra il Commercialista)

COMM.          Permesso?

LUISA            Avanti, ragioniere.

GIANNI         Buongiorno.

COMM.          Allora, come sta il padrone?

EMILIO         Non c’è male, sarebbe un peccato lamentarsi.

COMM.          Che bel vestito hai!

GIANNI         Guardi che noi non c’entriamo. E’ stato il Pierandrea che ha messo in piedi questa storia.

COMM.          Lo so, il Pierandrea mi ha già spiegato tutto.

GIANNI         Proprio tutto?

COMM.          Credo di sì, perchè?

GIANNI         Più tardi ho qualcosa da dirle.

EMILIO         Puoi dirglielo subito. Io intanto vado a portare il block-notes nella mia stanza.

(esce 2)

COMM.          Allora, Gianni, cosa c’è?

GIANNI         L’Emilio mi ha detto che ieri pomeriggio è stato in banca insieme al Pierandrea e io sono un po’ preoccupato.

LUISA            Mio fratello teme che il Pierandrea stia combinando qualche pasticcio.

COMM.          Infatti.

LUISA            Infatti cosa?

COMM.          Il direttore mi ha detto che il Pierandrea gli ha presentato quello là come suo zio e poi gli ha fatto ritirare un libretto di assegni.

GIANNI         Hai visto, Luisa, che avevo ragione! Io adesso gli faccio spogliare quel vestito che ha addosso e lo caccio via a pedate nel sedere.

COMM.          No, Gianni, lui non ne ha colpa. E’ il Pierandrea che sta sbagliando. E comunque, per prelevare i soldi serve la firma giusta, e la banca conosce la firma del signor Emilio... quello vero intendo.

GIANNI         Il Pierandrea ha perso la ragione per quella scema là!

LUISA            (in tono di rimprovero) Gianni! Cosa ne sai tu?

GIANNI         Mi gioco l’osso del collo, se non è così!

COMM           Voi state calmi e fate finta di niente, che io sono già d’accordo col direttore della banca sul da farsi.

GIANNI         E va bene, farò finta di niente

Scena settima

(entra Antonietta)

ANTON.         Permesso?

GIANNI         Avanti, signora Antonietta.

ANTON.         Posso salutare mio cugino?

GIANNI         Ma certo!

ANTON.         (si avvicina al commercialista) Ciao, Emilio! Come stai?

GIANNI         Guardi, Antonietta, che quello non è il signor Emilio.

ANTON.         Eppure gli assomiglia proprio.

(rientra Emilio)

LUISA            E’ questo il signor Emilio.

ANTON.         Ciao, Emilio, sono venuta a trovarti... Non mi conosci più? Sono la tua cugina Antonietta.

EMILIO         Ah, ciao Antonietta. (si abbracciano)

ANTON.         Eh, sai, ne è passato del tempo e io sono diventata vecchia. Tu invece sei ancora quello... anche se non hai più la barba e ti sei fatto crescere i capelli. Però gli occhi sono ancora i tuoi.

EMILIO         Infatti non li ho cambiati, sono gli stessi che avevo prima di partire.

ANTON.         E’ solo la voce che non mi sembra più la tua, e poi parli un po’... come dire?... a scatti

EMILIO         Vuoi dire che balbetto?

ANTON.         Sì, un po’. Ma perchè così?

EMILIO         Perchè in Bolivia i fanno tutti così a parlare e io ho imparato da loro.

ANTON.         Davvero?

EMILIO         Certo! Sei mai stata tu in Bolivia?

ANTON.         No, però qui in Italia ci sono in giro un sacco di Boliviani, ma non parlano come dici tu.

EMILIO         Per forza! Quando è un po’ di tempo che sono qui, parlano anche loro come noi... cioè, come voi.

ANTON.         Ah, ecco come stanno le cose, non ci avevo proprio pensato.

COMM.          Scusatemi, ma devo andare all’edicola a prendere il giornale. Torno fra un quarto d’ora.

GIANNI         Vengo anch’io con lei, ragioniere. Devo comperare una cosa in cartoleria.

COMM.          La saluto, signora Antonietta. E’ stato un piacere conoscerla. (esce 1 con Gianni) 

ANTON         (a Luisa) Ma quello chi è?

LUISA                       E’ il commercialista dell’azienda. Chissà quante volte l’ha già visto!

ANTON          Ah, ecco perchè mi sembrava di conoscerlo. (a Emilio) E allora, Emilio? Che cos’hai da raccontarmi?

EMILIO         Niente.

ANTON.        Come niente? Dopo ventisette anni che non ci vediamo più... Cos’hai fatto in Bolivia?

EMILIO          Mah... le solite cose, la solita vita.

ANTON.        Allora sarai contento di essere ritornato a Bergamo.

EMILIO         Altroché, con tutti gli amici che ho!

ANTON.        Quali amici?

Scena ottava

(entrano Giacomo, Annetta e Pasqualina, salutando Emilio in modo chiassoso)

EMILIO         Ciao, ragazzi!

GIACOM       Siamo nuovamente qui.

ANNETTA     E’ pronto il caffè?

EMILIO          Adesso lo faccio preparare. Luisa, metti su un bel caffè per tutti! Lo bevi anche tu, Antonietta?

ANTON.        Sì, volentieri. Ma che bella compagnia!

EMILIO         Hai visto? Questi sono i miei amici.

LUISA                       E io invece sono la serva. (si avvia alla 2)

EMILIO         Ma cosa dici, Luisa? Tu sei la persona più preziosa e più cara di tutta la casa.

LUISA                       Non c’è bisogno di sviolinarmi. Te lo preparo lo stesso il caffè. (esce 2)

EMILIO         Ma siete qui soltanto in tre? Dove sono gli altri?

ANNETTA     La Rosa e la Gemma sono andate in centro con l’autobus.

GIACOM       Il Cechino invece ha il mal di stomaco perchè ieri sera ha mangiato troppo.

ANNETTA     O magari ha bevuto troppo.

EMILIO         E tu Pasqualina? Ti è passata l’ubriacatura?

PASQUAL.    Penso che col caffè mi passerà del tutto.

EMILIO         Bevilo pian pianino però!

PASQUAL.    Sicuro, altrimenti mi va di traverso.

EMILIO         Brava!

Scena nona

(entra Gianni)

GIANNI         Mamma mia, quanta gente!

EMILIO         Sì, però siamo meno di ieri sera.

GIANNI         Ecco, allora potete stare anche di là in cucina. E’ meglio lasciare libero il salotto, perchè sta arrivando il Pierandrea.

ANTON.         Devo andare di là anch’io?

GIANNI         Ah, buongiorno, signora Antonietta! Mi scusi, l’avevo scambiata per una di loro. (indica i barboni) No, lei può rimanere, anzi, deve rimanere, perchè il Pierandrea avrà piacere di salutarla

EMILIO         Anch’io devo rimanere?

GIANNI         Certo, signor padrone.

EMILIO         Peccato, io avrei preferito andare di là con loro.

GIANNI         Non può lasciare qui da sola la sua cugina. (ai barboni) Voi venite con me. (si avvicina alla 2 e fa passare Annetta e Giacomo) Guarda che c’è anche la Pasqualina! Che cosa sei venuta a fare qui?

PASQUAL.    A bere il caffè, se non disturbo.

GIANNI         No, no, figurati. Ma... hai portato i soldi?

PASQUAL.    Per far ché i soldi?

GIANNI         Per pagare il caffè.

PASQUAL.    Ma io non sapevo che dovessimo pagarlo.

GIANNI         E allora non puoi berlo.

LUISA            (si affaccia alla 2) Smettila, Gianni! (a Pasqualina) E tu non dar retta a quello stupido! (prende Pasqualina per un braccio e la trascina oltre la porta)

Scena decima

(entra Pierandrea)

PIERAND.     (a Gianni) Non è ancora arrivato nessuno?

GIANNI         Altro che nessuno!

ANTON.        Sono arrivata io.

PIERAND.     Ah, ciao, Antonietta, non ti avevo visto. (al pubblico) Proprio adesso doveva arrivare!

ANTON.        Sono venuta a salutare l’Emilio. Come l’ho trovato bene!

PIERAND.     Ah sì?

ANTON.        Proprio! E trovo bene pure te. Si vede che ti vanno bene gli affari!.

PIERAND.     Non ti dico come mi vanno bene.

GIANNI         Ehm... Pierandrea, guarda che ci sono di là anche gli amici dell’Emilio.

PIERAND.     A fare che cosa?

GIANNI         A bere il caffè. Te lo avevo detto, no?

PIERAND.     Bisogna farli andar via alla svelta, perchè fra non molto arriverà lo stilista.

GIANNI         Vado a dire che si sbrighino, allora. (esce 2)

Scena undicesima

(entra Samanta)                    

SAMANTA    Permesso?

PIERAND.     Samanta! Vieni avanti! Che sorpresa mi hai fatto!

SAMANTA    Ho sentito dire che tuo zio è tornato.

PIERAND.     Sì, è tornato ieri a mezzogiorno. Ora te lo presento. (a Emilio) Vieni qui, zio, che ti faccio conoscere la mia fidanzata. Lei è la Samanta.

EMILIO         Piacere, signorina. (le dà la mano)

SAMANTA    Piacere.

ANTON.         (si avvicina) E io sono l’Antonietta.

PIERAND.     (seccato) E’ una cugina di mio zio.

SAMANTA    Piacere.

ANTON.         Non mi avevi detto che avevi la fidanzata.

PIERAND.     (al pubblico) Proprio a lei dovevo dirlo!

ANTON.         Quanto è bella! (le accarezza una guancia) Anch’io una volta ero così bella, ma adesso sono diventata vecchia.

LUISA            (si affaccia alla 2) C’è qualcuno che vuol bere un caffè?

PIERAND.     L’Antonietta ha voglia di caffè, e adesso viene di là con voi.

ANTON.         Ma io voglio stare di qui a berlo.

PIERAND.     No, no, di là è meglio, così lo bevi in compagnia. (la spinge fuori dalla 2) Ecco fatto, ora possiamo parlare in pace.

EMILIO         Ho capito... Allora voi due siete fidanzati.

SAMANTA    Sì, signor Emilio.

EMILIO         Ma è una cosa seria o...

SAMANTA    Certo che è seria, abbiamo intenzione di sposarci.

EMILIO         Sono davvero contento. Allora, Pierandrea, a partire da questo mese il tuo stipendio di direttore sarà raddoppiato. E poi vorrei fare un regalo anche alla tua fidanzata.

SAMANTA    Grazie, signor Emilio, ma non è il caso che si disturbi.       

EMILIO         Sì, invece. Ti meriti proprio un bel regalo. C’è qualcosa che ti serve?

PIERAND.     Vedi, zio, quindici giorni fa la Samanta ha distrutto la macchina.

EMILIO         Ah sì? E come ha fatto?

SAMANTA    Sono andata a sbattere contro una pianta, ma non per colpa mia.

EMILIO         E allora di chi è stata la colpa? Della pianta?

SAMANTA    Ma no! Il fatto è che un gatto ha attraversato la strada proprio davanti a me.

EMILIO         Ho capito, e tu sei andata addosso alla pianta per schivare il gatto.

SAMANTA    Più o meno.

EMILIO         Come “più o meno”?

SAMANTA    Perchè il gatto non sono riuscita a schivarlo.

EMILIO         Brava! Così hai centrato il gatto e anche la pianta!

PIERAND.     Purtroppo, zio, è andata così. La Samanta non si è fatta niente, ma la macchina è da buttare e adesso vorrebbe comperarne un’altra.

EMILIO         Va bene, ci penso io. (toglie il libretto degli assegni) Dammi una penna!

PIERAND.     (porge una penna) Tieni, zio!

EMILIO         Quant’è la spesa?

PIERAND.     Non molto. Io penso che dieci o quindicimila euro siano sufficienti.

EMILIO         Costa caro il gatto!... Però non ci sono problemi. Facciamo venti. (a Samanta) Vanno bene ventimila euro?

SAMANTA    Sì, grazie, io penso che basteranno.

EMILIO         (compila un assegno) Questo è quello della Samanta. (ne compila un altro) E questo è quello della chiesa. Glielo consegni tu al parroco, Pierandrea.

PIERAND.     Che importo hai fatto?

EMILIO         Tremila come d’accordo, va bene?

PIERAND.     Sì... sì, diciamo che va bene.

EMILIO         (stacca il primo assegno e lo dà a Samanta) Ecco, questo è per te.

SAMANTA    Grazie! (prende l’assegno e lo ripone subito nella borsetta)

EMILIO         (stacca il secondo assegno) E questo è per il parroco.

PIERAND.     Glielo porto subito. (prende l’assegno e lo controlla, prima di metterlo in tasca)

EMILIO         E riprenditi anche la tua penna. (consegna la penna) Siamo a posto?

PIERAND.     Direi di sì.

SAMANTA    Allora adesso andiamo subito in banca a incassare l’assegno.

PIERAND.     La banca è chiusa oggi, non ti ricordi che c’è lo sciopero dei bancari?

SAMANTA    E’ vero, hai ragione. Allora portami a fare un giro al lago e stasera staremo fuori a cena.

PIERAND.     Stasera no, Samanta, perchè c’è il defilé di moda a Milano e devo andarci anch’io.

SAMANTA    Puoi anche fare a meno di andarci, tanto adesso è arrivato tuo zio. Andrà lui a Milano.

PIERAND.     Sì, però...

SAMANTA    Però niente. Tu verrai con me.

PIERAND.     E va bene, verrò con te.        

SAMANTA    Buongiorno, signor Emilio. E grazie ancora. (si avvia alla 1 con Pierandrea)

Scena dodicesima

(entra il commercialista)

COMM.          Buongiorno, signorina!

SAMANTA    Buongiorno.  

COMM.          Stai uscendo, Pierandrea?

PIERAND.     Sì, perchè?

COMM.          Perchè c’è qui lo stilista. Sta scaricando i vestiti dal furgone. Anzi, bisognerà dargli una mano.

PIERAND.     Ci penso io. (chiama) Gianni!

GIANNI         (entra con Luisa) Sì?

PIERAND.     Vai fuori a dare una mano allo stilista, che deve portar dentro i vestiti.

GIANNI         Subito. (esce 1)

PIERAND.     Senta, ragioniere, io devo proprio andar via. Li guardi lei i vestiti, tanto  ormai bisogna tenerli come sono, non si possono più cambiare.

COMM.          Ma lui è venuto qui apposta per farli vedere a te che sei il direttore.

PIERAND.     Gli dirò di farli vedere a... mio zio Emilio, che è il padrone.

COMM.          Come vuoi.

SAMANTA    Andiamo, Pierandrea, è tardi.

PIERAND.     Adesso andiamo. Ah, un’altra cosa, ragioniere: questa sera a Milano io non ci sarò, tanto ha già pensato a tutto lo stilista.

COMM.          Devo portare anche... tuo zio a Milano?

PIERAND.     Ecco... sì... faccia così. Ora la saluto perchè ho fretta. (esce 1 con Samanta)

LUISA            Ha continuato a dire che la sfilata è così importante per il futuro dell’azienda e adesso non va neppure a vederla. Io non capisco.

COMM.          E’ innamorato e non ragiona più.

EMILIO         Sì, e quella ragazza ha fatto di lui un burattino.

Scena tredicesima

(Gianni e lo stilista portano 3 o 4 manichini vestiti e li dispongono in fondo alla scena in modo che si veda solo la parte anteriore; nella parte posteriore ogni vestito ha un’ampia apertura   - a forma di quadrato o triangolo o rombo o cerchio - che lascia vedere il fondo schiena)

STILISTA      Bonjour... bonjour... (a Emilio) È lei il padrone?

EMILIO         Sì, sono io.

STILISTA      E allora si prepari ad ammirare il prodotto della mia creatività.

EMILIO         Attenda un attimo. Luisa, fai venire qui i miei amici, così vedono pure loro.

LUISA            (va alla 2) Venite qui tutti, vi chiama l’Emilio.

(entrano Antonietta e i barboni)

EMILIO         (allo stilista) Adesso può procedere.

STILISTA      Très bien! Per me il pubblico è adrenalina pura... Allora, ho il piacere di presentarvi la moda geometrica di Jean Pierre Merlin.

(applausi)

EMILIO         A me sembrano vestiti del tutto normali. ‘Dov’è la moda geometrica?

STILISTA      Ora vedrete. Monsieur Gianni, vuole aiutarmi a girare i manichini? (Gianni esegue) Voilà! Guardate, non sono una meraviglia?

EMILIO         Sarebbe una meraviglia far mostrare il sedere alle donne?

STILISTA      Ma no! Questi abiti valorizzano la femminilità della donna. E poi sono leggeri, pratici, comodi...

EMILIO         (al pubblico) Certo che sono “pratici e comodi”, perchè con quei vestiti le donne possono andare al gabinetto senza togliersi le mutande.

STILISTA      Io penso che la donna moderna debba  essere provocante e maliziosa.

EMILIO         Io invece penso un’altra cosa.

STILISTA      Che cosa?

EMILIO         Che lei è uno sporcaccione!

STILISTA      Come si permette?

EMILIO         Prenda la sua roba e vada subito fuori dalle scatole!

STILISTA      La nostra collaborazione è finita!

EMILIO         Meno male!

(lo stilista raccoglie i manichini ed esce 1 tra gli applausi generali)

GIANNI         Bravo, Emilio! Hai fatto bene a cacciarlo via.

LUISA            Ma dico! Come si fa a ideare simili sconcezze!

ANTON.         Che bello, mi sono proprio divertita stamattina!

EMILIO         La prossima volta ti farò pagare il biglietto.

ANTON.         Adesso però devo andare. Ciao, Emilio, verrò ancora a trovarti.

EMILIO         Ciao, cugìna!

ANTON.         Grazie per il caffè e saluti a tutti. (esce 1 salutata da tutti)  

GIANNI         E adesso, ragioniere?

COMM.          Adesso siamo nei guai.

EMILIO         Mi dispiace.

COMM.          Tu non c’entri. La colpa è di quella specie di francese, che ha progettato quei vestiti vergognosi. Beh, pazienza! Telefonerò a Milano per dire che stasera il nostro atelier non sarà presente alla sfilata.

EMILIO         Un momento, ragioniere. Non possiamo farla ugualmente la sfilata?

COMM.          Con quali abiti? Il nostro atelier confeziona abiti classici, ma a Milano è necessario presentare una linea nuova.

EMILIO         E perchè non una linea vecchia?

COMM.          Cosa vorresti dire?

EMILIO         Prova a guardare i vestiti che indossano l’Annetta e la Pasqualina. Come ti sembrano?

COMM.          Sono brutti. Le gonne sono piene di rattoppi e sembrano stracci. I maglioni invece sono belli, ma son pieni di buchi

LUISA            I maglioni sono belli perchè li ho fatti io e quando glieli ho consegnati i buchi non c’erano.

EMILIO         Brava, Luisa. E invece adesso, nelle vetrine delle boutiques sono esposti jeans nuovi pieni di buchi e strappi e coi colori sbiaditi.

LUISA            E’ vero, e costano un mucchio di soldi.

EMILIO         E allora noi, al posto della “moda geometrica” del... Mago Merlino, come si chiama quello là?... possiamo presentare “moda povera di Emilio”.

GIANNI         Non dire cretinate!

COMM.          Non ha tutti i torti invece. L’idea mi sembra buona.

GIANNI         Sta scherzando, ragioniere?

COMM.          No, Gianni, non sto scherzando. La “moda povera di Emilio”... pensa che bella trovata! Però c’è un problema.

EMILIO         Quale problema?

COMM.          Non abbiamo le modelle, e non penso che Jean Louis Merlin  ci vorrà prestare le sue indossatrici

EMILIO         Ragioniere, in mancanza di cavalli faremo trottare gli asini.

COMM.          E cioè?

EMILIO         Le nostre indossatrici saranno l’Annetta, la Pasqualina, la Rosa, la Gemma e tutte le altre della compagnia. Basta tirarle a nuovo con una bella pettinata, un po’ di fondo-tinta, una pitturata di rossetto... e siamo a posto. (alle donne) Voi due siete d’accordo?

ANNETTA     Io sì ma sto già sudando per l’emozione.

PASQUAL.    Io ci devo pensare, perchè non so se....

ANNETTA     Anche lei è d’accordo.

GIACOM.      Non potrei venire anch’io a Milano?

EMILIO         Certo, tu sarai il capo delle indossatrici. Allora, ora voi andate a cercare le vostre amiche e a mezzogiorno ci troviamo qui per fare una riunione. Ditegli di portare gli abiti più malridotti che hanno.

COMM.          Io intanto telefonerò al “salone di bellezza” e prenderò appuntamento per dieci o dodici donne da restaurare.

ANNETTA     Noi possiamo andare adesso?

EMILIO         Certo, ci vediamo a mezzogiorno.

PASQUAL.    Io però non posso venire a fare la sfilata.

EMILIO         Perchè?

PASQUAL.    Perchè non so la strada per andare a Milano.

ANNETTA     Andiamo, Pasqualina! (la prende sotto braccio e la trascina fuori)

SIPARIO

ATTO  TERZO

Scena prima

(Gianni che spolvera e Luisa che sferruzza)

GIANNI         Sono quasi le nove e non si è ancora alzato.

LUISA            Per forza, sono ritornati alle due questa notte.

GIANNI         Il nostro padrone, anche se andava a letto alle tre di mattina, alle sei e mezza era in piedi.

LUISA            Per conto mio può alzarsi anche a mezzogiorno. Quello che invece mi dà fastidio è  che questa notte non ha voluto dirmi niente della sfilata

GIANNI         Dev’essere andata male.

LUISA            Per me non vi hanno neppure partecipato. Quando avranno visto quella squadra di straccioni, avranno detto:”Via di qui! Questo non è un ospizio della Caritas!”.

GIANNI         Ci faranno sapere qualcosa prima di mezzogiorno, spero.

(squilla il telefono)

GIANNI         Pronto! Sì... Riverisco signor parroco. (a Luisa) E’ il parroco. (riprende) No, il signor Emilio adesso non è in casa...... Ah, l’assegno per la chiesa. Allora forse dovrà ringraziare il Pierandrea..... C’era la firma del signor Emilio? Ho capito... e lei lo ha già incassato? Meglio così... Sì, sì, glielo dico io che ha telefonato. Riverisco. (riattacca) Questa è bella!

LUISA            Ho capito male o qualcuno ha falsificato un assegno?

GIANNI         No, Luisa, hai capito bene, e la banca non si è accorta di nulla.

LUISA            Il ragioniere ci aveva detto di non preoccuparci, perchè aveva già parlato lui col direttore della banca.

GIANNI         Così aveva detto ed è per questo che non riesco a capire. Sarà meglio che vada a fare due chiacchiere con l’Emilio. (esce 2)

LUISA            E’ proprio strana la faccenda. Il Pierandrea doveva servirsi di una firma falsa per dare i soldi al parroco?  O è diventato matto, o c’è sotto qualcosa di strano.

GIANNI         (rientra con block-notes e libretto degli assegni) Sta facendo la doccia... il padrone! Però guarda che cosa ho trovato nel cassetto del comodino. (dà il block-notes a Luisa)

LUISA            (sfoglia) Ma qui c’è il nome del nostro padrone ricopiato mille volte!

GIANNI         No, Luisa, è la firma del nostro padrone falsificata mille volte. E ora guarda qui. (mostra il libretto degli assegni) Parroco tremila... Samanta ventimila... hai capito?

LUISA            Brutta deficente! Ma io mi chiedo... il Pierandrea non ha un briciolo di cervello per capire che quella è interessata solo ai suoi soldi?

GIANNI         Se avesse un briciolo di cervello capirebbe anche che sta rischiando di finire in prigione insieme a quello straccione che si sta facendo la doccia.

Scena seconda

(entra Emilio)

EMILIO         Ho finito di fare la doccia. E’ pronto il caffè?

GIANNI         E’ pronta la tua valigia, non il caffè.

EMILIO         Cosa vuoi dire?

GIANNI         Voglio dire che tu adesso prendi i tuoi stracci e vai fuori di qui immediatamente. Passi lunghi e ben distesi, capito?

LUISA            Con tutto quello che il nostro padrone ha fatto per te e per gli altri poveri, tu lo ringrazi in questo modo?

EMILIO         Cosa ho fatto di male?

GIANNI         Ti sei messo d’accordo col Pierandrea per rubargli i soldi.

EMILIO         Per te dare dei soldi alla chiesa significa rubare?

GIANNI         Non parlo dell’assegno che hai dato al parroco, ma dell’assegno che hai dato a quella smorfiosa.

EMILIO         Io non ho nessuna colpa.

GIANNI         E invece sì, perchè sei stato tu a firmare l’assegno.

EMILIO         Io non ho firmato niente.

LUISA            Falso spudorato!!

Scena terza

(entra il commercialista)

COMM.          Cos’è successo?

GIANNI         Guardi qui! (mostra il block-notes e il libretto degli assegni)

LUISA            Provi a indovinare chi è stato a fare quelle firme.

COMM.          Scommetto che è stato lui. (indica Emilio, che si è seduto in poltrona)

LUISA            Proprio così.

GIANNI         (a Emilio) Alzati subito, perchè hai finito di fare il padrone.

COMM.          Calma, Gianni. E’ stato il Pierandrea a dirgli di fare il padrone, e dev’essere il Pierandrea a dirgli di smettere.

GIANNI         Ma è proprio il Pierandrea che gli ha fatto fare gli assegni con la firma falsa!

COMM.          Lo sapevamo già che avrebbe fatto questo, e io vi avevo detto di non preoccuparvi.

GIANNI         Sì, però il parroco è andato a incassare l’assegno e glielo hanno pagato.

COMM.          Non è un problema. Il vostro padrone è sempre stato generoso con la chiesa.

GIANNI         Lo so, ragioniere, ma la Samanta ha in mano un assegno di ventimila euro e la Samanta non è un parroco! E’ per questo che sono preoccupato, ha capito?

COMM.          Io ho capito soltanto che tu non ti fidi di me

GIANNI         Ma no, ragioniere, certo che mi fido di lei. L’ho sempre detto anche a mia sorella: “Per fortuna che il signor Emilio ha affidato la contabilità a una persona così!”. Se non ci fosse lei, ragioniere, io non so come faremmo.

COMM.          Non farli tutti a me i complimenti, tienine un po’ anche per l’Emilio, che ha inventato la “moda povera”.

GIANNI         A proposito, come è andata la sfilata ieri sera?

COMM.          Ho quasi paura a dirlo, ma mi sembra che sia andata bene, anzi, più che bene.

LUISA            Dice davvero?

COMM.          Sì, Luisa, abbiamo preso più applausi noi che tutti gli altri messi insieme.

LUISA            Sono proprio contenta. Ma ... mi racconti qualcosa.

COMM.          Aspettate cinque minuti. Prima vado a comperare il Corriere per vedere che cosa dice della sfilata. Torno subito. (esce 1)

EMILIO         (a Gianni) Non sapevo che tu sapessi suonare il violino.

GIANNI         Il violino? Ma io non so suonare il violino.

EMILIO         Come no? Hai appena finito di fare una sviolinata al ragioniere!

GIANNI         Guarda che le cose che ho detto, io le penso veramente.

LUISA            Non è questione di sviolinate. Senza il ragioniere l’azienda sarebbe già fallita.

Scena quarta

(entra Pierandrea)

PIERAND.     Ciao! (Gianni e Luisa lo guardano senza salutarlo) Non c’è il ragioniere?

LUISA            (fredda) E’ uscito un attimo a comprare il giornale.

PIERAND.     Ah, va bene, perchè mi aveva telefonato di incontrarci qui  per raccontarmi della sfilata, anche se mi ha già anticipato che è andata bene.

GIANNI         Difatti. E tu dov’eri?

PIERAND.     Avevo un impegno. Comunque, se è andata bene, significa che la moda geometrica è piaciuta.

EMILIO         Sì, specialmente a me è piaciuta.

PIERAND.     Però non riesco a capire perchè questa mattina il Jean Louis Merlin mi ha telefonato furibondo e mi ha detto di preparare i suoi soldi, anticipo e saldo, che più tardi sarebbe passato a ritirare l’assegno.

LUISA            Si sarà offeso per non averti visto alla sfilata.

PIERAND.     Può darsi, ma parlerò col ragioniere per capire che cosa è successo. Intanto faccio un salto in banca con la Samanta, che mi sta aspettando in macchina.

GIANNI         Che cosa devi fare in banca con la Samanta?

LUISA            Avrà bisogno di soldi. Andiamo, Gianni. (esce 2 con Gianni)

PIERAND.     (a Emilio) Ma... gli hai detto qualcosa?

EMILIO         Io no.

PIERAND.     Non capisco perchè siano così arrabbiati.

EMILIO         Forse perchè sei andato a spasso con la morosa, anzichè andare alla sfilata.

SAMANTA    (da fuori) Pierandrea! Vuoi sbrigarti?

PIERAND.     Sto arrivando. (a Emilio) Se viene il ragioniere, digli di aspettarmi. (esce 1)

EMILIO         (al pubblico) Ha fretta di andare a riscuotere il mio assegno quella là.

GIANNI         (rientra con Luisa) Ti avviso fin d’ora che se la banca le dà i soldi io ti caccio fuori a pedate.

EMILIO         Mi sembra giusto.

Scena quinta

(entrano Annetta e Pasqualina, ben pettinate, con Giacomo e Cechino, chiedendo permesso e salutando in modo chiassoso)

LUISA            (guarda meravigliata Annetta e Pasqualina) Ma chi sono queste due?

ANNETTA     Ti piaccio pettinata così?

LUISA            Sei proprio tu, Annetta?

ANNETTA     Certo, sono diventata milanese, adesso.

LUISA            E guarda un po’ la Pasqualina come e bella!

PASQUAL.    Questa notte ho dormito col “foulard” sulla testa per non spettinarmi.

GIANNI         Sembri una principessa, Pasqualina. Quasi quasi ti sposerei.

PASQUAL.    Io invece no.

GIANNI         (fingendosi minaccioso) Verrai da me a cercarmi la marmellata!

LUISA            E tu, Cechino? Ti è passato il mal di pancia?

CECHINO     Sicuro! Sono già pronto per una nuova mangiata.

LUISA            E magari per una nuova bevuta.

CECHINO     Quella l’ho già fatta ieri sera a Milano al termine della sfilata. Ho bevuto dodici bicchieri di spumante.

GIACOM       Era champagne, Cechino, non spumante.

CECHINO     Non importa, era buono lo stesso.

GIANNI         Ma cosa c’entrava il Cechino col defilé di moda femminile?

GIACOM       L’ho invitato io che ero il capo della spedizione.

GIANNI         Ah sì? E che cosa lo hai invitato a fare?

GIACOM       Per fare l’allenatore.

GIANNI         L’allenatore? Ma la vostra non era una squadra de football!

GIACOM       Lo so, però il Cechino ha insegnato alle nostre indossatrici come dovevano fare.

CECHINO     Sì, perchè ho visto alla televisione come fanno le modelle per stare col busto eretto.

GIANNI         Come fanno?

CECHINO     Mettono un libro sulla testa e camminano avanti e indietro. (mostra come fanno)

GIACOM       La Annetta, per esempio, camminava con la testa bassa come un caprone e allora ill Cechino le ha detto:”Prova con questo libro”.

ANNETTA     Io però non avevo capito che cosa dovevo fare e gli ho detto:”Cosa me ne faccio di un libro? Sono tanti anni che non leggo più.” Mamma mia, che risate abbiamo fatto!

GIACOM       Solo la Pasqualina non rideva.

CECHINO     Perchè aveva paura.

PASQUAL.    Non è vero che avevo paura. Io non ridevo perchè ero concentrata.

EMILIO         E infatti la Pasqualina è stata la migliore a sfilare.

LUISA            Complimenti, Pasqualina!

PASQUAL.    Grazie.

ANNETTA     La Gemma, invece, appena ha cominciato a camminare sulla passerella, si è inciampata nel tappeto ed è volata a terra lunga e distesa.

LUISA            Poveretta!

ANNETTA     Però quando si è rialzata le hanno fatto un sacco di applausi e gridavano:”Bis! Bis!”

GIANNI         E la Maria? Ha fatto la sfilata pure lei?

ANNETTA     Certo!

GIANNI         Come ha fatto, lei che è zoppa?

PASQUAL.    Non è vero che la Maria è zoppa. Il fatto è che ha una gamba più lunga e una più corta.

GIACOM       Ci ha pensato il Cechino a a farla camminare bene.

GIANNI         Come ha fatto?

CECHINO     Le ho tagliato via il tacco della scarpa sinistra, così le gambe avevano la stessa lunghezza.

GIACOM       Visto che organizzazione?

GIANNI         Ma... non vi hanno deriso?

ANNETTA     Nemmeno per sogno! Anzi, con tutte le belle indossatrici che c’erano, continuavano a fare fotografie a noi e alla fine hanno fatto un sacco di complimenti all’Emilio.

CECHINO     Perchè dicevano che i nostri vestiti erano davvero originali.

GIANNI         E’ l’Emilio che è un po’ originale, non i vestiti.

PASQUAL.    E invece l’Emilio è bravo.

GIACOM       Evviva l’Emilio!

TUTTI             Evviva!

Scena sesta

(entra Pierandrea con l’assegno in mano)

PIERAND.     (infuriato) Dov’è quello là? (si avvicina a Emilio) To’, tieni il tuo assegno! (gli lancia addosso l’assegno) Ma adesso te la faccio pagare! Dirò a tutti che sei un truffatore, che hai fatto finta di essere mio zio e che hai imbrogliato anche me. Delinquente! E poi vado dai carabinieri a denunciarti. (esce 1)

LUISA            (raccoglie l’assegno) Ventimila euro... E’ quello della Samanta. Ma allora la banca non glielo ha pagato.

GIANNI         Fammi vedere. (prende l’assegno) Credo bene che non glielo abbiano pagato, guarda  la firma.

LUISA            (legge) Ma-ra me-o. Al posto della firma c’è scritto “marameo”!

EMILIO         Ve lo avevo detto che io non avevo firmato niente.

GIANNI         Qua la mano, Emilio! (gli stringe la mano) E adesso tutti in cucina, che la Luisa vi prepara la colazione.

LUISA            Certo, quello che volete. E questa mattina, per l’Emilio, apriremo anche la bottega del vino.

PASQUAL.    Io voglio pane e marmellata.

GIANNI         Ah nò, Pasqualina, per te non c’è niente!

PASQUAL.    Perchè niente?

LUISA            Ma tu credi ancora a quello che ti dice il Gianni? Andiamo di là ora. (esce 2 con i barboni)

Scena settima

(entra il commercialista col “Corriere” e “L’Eco”)

COMM.          Sentite cosa dice il Corriere. (apre il Corriere sul tavolo e legge) “Defilé di moda femminile: l’unica vera novità è stata la moda povera di Emilio”. Non male, eh? (apre L’Ecodi Bergamo) Quelli del L’Eco hanno pompato un po’: “La moda bergamasca trionfa a Milano”.

GIANNI         Il bello è che i nostri vestiti non sono costati niente. Per fortuna non abbiamo mandato a Milano gli abiti di quello stupido di un francese.

COMM.          Sì, però quello stupido di un francese, come lo chiami tu, va pagato lo stesso.

GIANNI         Invece di pagarlo, bisognerebbe denunciarlo alla “squadra del buon costume” e farlo rinchiudere!

COMM.          Sono d’accordo con te, però lui il suo lavoro lo ha fatto e non possiamo dirgli semplicemente “grazie e arrivederci”. Quello che gli spetta per contratto glielo dobbiamo dare, anzi, gli preparo subito l’assegno. (toglie di tasca il libretto degli assegni)

GIANNI         Un momento, ragioniere. Glielo facciamo fare all’Emilio l’assegno. (mette sul tavolo il libretto degli assegni usato in precedenza da Emilio) Pensaci tu, Emilio, sai già come devi fare. Io intanto vado di là a vedere i tuoi amici.

EMILIO         (si siede) Mi serve una penna.

GIANNI         Te la do io. (toglie di tasca la “penna del Papa”) Trattala bene, perchè questa è una biro speciale. (si avvia alla 2)

EMILIO         (guarda la biro con meraviglia) Penna del Papa... (bacia la biro e si accinge a scrivere)

GIANNI         (sente le parole di Emilio e si gira in tempo per vederlo baciare la biro)  Che cosa hai detto?

EMILIO         Niente, perchè?

GIANNI         No, no, tu hai detto “penna del Papa”... Come fai a saperlo? E poi l’hai baciata... (mette le mani sulla testa, come per riflettere, poi sembra aver capito) Ma allora... (corre a togliere dalla parete la foto del padrone e la avvicina a Emilio per fare un confronto)

EMILIO         (da questo momento non balbetterà più) Cosa stai facendo, Gianni?

COMM.          Basta, Emilio! Ormai il Gianni ha capito.

GIANNI         (piangendo) Signor padrone... mi scusi... non l’avevo riconosciuto... (si getta in ginocchio ai piedi di Emilio)

EMILIO         Alzati, Gianni. Non fare così.

GIANNI         (si rialza e corre alla 2) Luisa! Luisa! E’ tornato il padrone!

LUISA            (entra guardandosi intorno, poi corre alla 1 e guarda fuori) Ma non c’è nessuno qui. Ragioniere,  temo che mio fratello stia diventando matto. Con tutto quello che è successo in questi due giorni, dev’essere uscito di senno. Povero Gianni!  (si siede prendendo la testa fra le mani) Anch’io non ce la faccio più.

EMILIO         (si avvicina) Luisa... forza e coraggio che dopo april viene maggio.

LUISA            (solleva la testa, poi guarda il commercialista che annuisce, poi si rivolge a Emilio) Ma allora tu... cioè lei...

EMILIO         Sì, Luisa, sono proprio io.

LUISA            (congiunge le mani) Madonna Santa, che grazia che mi hai fatto. Ma io sto male, (si fa aria con la mano) sto male... mi scoppia il cuore...

GIANNI         Hai visto, Luisa? Te lo dicevo che sarebbe tornato! (abbraccia Luisa) E lei, ragioniere, sapeva tutto e non ci ha detto niente!

COMM.          Io ho fatto quello che mi ha detto di fare il vostro padrone.

GIANNI         Però ci ha lasciato credere che fosse morto.

EMILIO         Invece sono ancora vivo e ho voglia di bere un caffè come quello che solo la Luisa sa preparare.

LUISA            Ma certo, vado subito a prepararlo. (esce 2)

Scena ottava

(entra Antonietta)

ANTON.         (adirata) Permesso!

EMILIO         Guarda che c’è la mia cugina. Ciao, Antonietta.

ANTON.         Non mi chiami “cugina” e non si permetta di darmi del “tu”, ha capito? Imbroglione che non è altro! Lo avevo capito subito che lei non era il mio cugino Emilio, perchè non ci assomiglia neppure un po’.

GIANNI         Ma no, signora Antonietta, guardi che è proprio il signor Emilio. Lo chieda anche al ragioniere.

ANTON.         Siete d’accordo anche voi due con lui? Guardate che io ho appena parlato col Pierandrea, che stava andando dai carabinieri a denunciare quell’impostore.

EMILIO         Siediti, Antonietta, che ti spiego tutto.

ANTON.         Non mi servono le vostre spiegazioni. Vi saluto! (esce 1)

COMM.          Sarà meglio che io vada a cercare il Pierandrea, prima che combini qualche pasticcio. Tu, prepara l’assegno per lo stilista. Sono ventimila di acconto, più altri trentamila.

EMILIO         Cinquantamila sono troppi. Gli farò un assegno da venticinquemila, tanto non l’abbiamo neppure usata la sua “moda geometrica”. Che vada a venderla a qualcun altro!

COMM.          Sono d’accordo. Ora però vado. Ci vediamo più tardi. (esce 1)

(suona il telefono)

GIANNI         Pronto!... Riverisco, signor parroco.............. Guardi che io non c’entro, le passo il signor  Emilio. (dà la cornetta a Emilio)

EMILIO         Pronto!... Sì, sono io................. No, io non l’ho presa in giro e non devo chiedere scusa a nessuno.........Va bene, allora se io sono un imbroglione, lei deve restituire alla banca i tremila euro che ha riscosso... Pronto! Pronto, signor parroco! Perchè non parla più? Pronto! (a Gianni) Ha riattaccato.

GIANNI         Per forza,  lo ha toccato nel suo “punto debole”!

Scena nona

(entra lo stilista)

STILISTA      Posso entrare?

GIANNI         Guarda che c’è qui... il geometra! Prego, venga avanti!

STILISTA      Non c’è il signor Pierandrea?

GIANNI         No, non c’è, però se è venuto per riscuotere c’è qui il padrone.

EMILIO         Ecco il suo assegno! (porge l’assegno)

STILISTA      (prende l’assegno e lo guarda) Lei non è il padrone di niente. Lei è un truffatore e questa firma è chiaramente falsa.

EMILIO         Stia attento che io non la pago una seconda volta.

STILISTA      (straccia l’assegno) Tornerò a riscuotere quando qui ci sarà il direttore e lei sarà in galera!

EMILIO         Dovrà aspettare a lungo, allora!.

STILISTA      Imbroglione! Truffatore! (esce 1)

EMILIO         Tu mi sei testimone che io i soldi glieli ho dati e che lui li ha rifiutati.

GIANNI         Certo, signor Emilio.

Scena decima

(entrano dalla 2 Luisa con spumante, e i barboni con bicchieri di carta già riempiti)

GIACOM       (a Emilio) La Luisa ci ha detto che tu sei per davvero il padrone. E’ vero?

EMILIO         Sì, Giacomo, sono il padrone.

GIACOM       Allora noi vorremmo fare un brindisi per festeggiarti.

EMILIO         Avevo proprio voglia di fare una bella bevuta con voi.

(Luisa versa da bere per Emilio e Gianni)

GIACOM       Evviva il padrone!

TUTTI             Evviva! (bevono)

ANNETTA     Ma d’ora in avanti potremo ancora venire qui al mattino a chiedere la colazione?

EMILIO         Potete chiedere quello che volete.

PASQUAL.    Io voglio pane e marmellata.

EMILIO         Certo, Pasqualina.

CECHINO     E ci inviterai ancora una volta a cena?

EMILIO         Non solo una volta. Tante volte.

Scena undicesima

(entrano il commercialista e Pierandrea, che va a sedersi a testa bassa)

COMM.          (a Emilio) Il tuo nipote ti vuole parlare.

EMILIO         Gli hai detto di me?

COMM.          No, di te niente. Abbiamo parlato soltanto della sua fidanzata e della sfilata di Milano.

EMILIO         (si avvicina a Pierandrea) Cos’hai?

PIERAND.     Ho due cose da dirti. Per cominciare volevo farti sapere che, per colpa tua, la mia fidanzata mi ha lasciato per sempre.

EMILIO         Ma se aveva detto che ti voleva sposare!

PIERAND.     Sì, però quando non ha potuto incassare il tuo assegno è andata subito a telefonare  al Ferdinando e adesso sta preparando le valigie per andare alle Maldive con lui.

LUISA            Scusa, Pierandrea, ma forse la tua “morosa” non ti voleva proprio tanto bene.

EMILIO         (ai barboni) Secondo voi la sua morosa gli voleva bene?

TUTTI             No!

EMILIO         Hai visto che lo dicono pure loro?

PIERAND.     (seccamente, alzandosi in piedi) Non mi interessa niente di quello che dicono i tuoi amici barboni. Piuttosto, perchè non balbetti più?

EMILIO         Te lo spiego dopo. Prima voglio sapere qual’è la seconda cosa che mi dovevi dire.

PIERAND.     La seconda cosa è questa: non ti ho denunciato.

EMILIO         Avevi paura di finire anche tu in prigione insieme a me?

PIERAND.     No, ho cambiato idea perchè, grazie alla tua trovata della “moda povera”, questa mattina in azienda abbiamo ricevuto un sacco di ordinazioni e abbiamo lavoro per almeno sette o otto mesi.

EMILIO         Davvero?

PIERAND.     Sì, Emilio, sei stato in gamba e se ci fosse qui mio zio penso che anche lui sarebbe contento di quello che hai fatto.

EMILIO         Pensi che sarebbe contento anche di sapere che tu volevi usare i suoi soldi per fare i regali alla tua fidanzata?

PIERAND.     Sono stato proprio un cretino. Io volevo solo far vedere alla Samanta che mio zio era disposto a darmi tutto ciò che gli chiedevo. Per questo ti ho fatto falsificare la sua firma.

EMILIO         E se la firma del tuo zio non fosse stata falsa?

PIERAND.     Fatta da te, sicuramente era falsa!

COMM.          No, Pierandrea, la firma del tuo zio fatta da lui (indica Emilio) non era falsa.

PIERAND.     Non riesco a capire perchè.

EMILIO         Loro invece hanno capito. (si rivolge ai barboni) Se la firma del suo zio fatta da me non è falsa, vuol dire che io sono.....

TUTTI             Il suo zio!

PIERAND.     Il mio zio? (guarda i presenti con sguardo interrogativo e tutti annuiscono, allora per un attimo si copre il viso con le mani, poi si rivolge a Emilio). Che vergogna! Che vergogna!

Scena dodicesima

(entra Antonietta)

ANTON.        Posso disturbare?

EMILIO         Che ci fa ancora qui la mia cugina?

ANTON.         Scusa, Emilio, mi era sembrato strano che tu fossi un impostore e adesso sono sicura che tu sei proprio il mio cugino

EMILIO         Grazie per la fiducia, ma come fai ad esserne così sicura?

ANTON.         Perchè sono andata dai carabinieri per denunciarti e loro si sono messi a ridere.

COMM.          Loro erano a conoscenza di tutto, perchè li avevo informati io.

ANTON.         Poi hanno spiegato anche a me come stavano effettivamente le cose.

EMILIO         Allora adesso siamo nuovamente cugini?

ANTON.         Certo che siamo cugini, brutto imbroglione!

Scena tredicesima

(entra Samanta, con giornale)

SAMANTA    Permesso? Ciao, Pierandrea. Ho letto sul giornale che il defilé di Milano è sato un trionfo per la tua azienda.

PIERAND.     Ma tu non stavi partendo per le Maldive col Ferdinando?

SAMANTA    No, io non voglio più sentirlo nominare il Ferdinando, perchè ho capito che non mi vuole per niente bene. Pensa che si era già trovata un’altra ragazza da portare in vacanza con lui. Allora io ho deciso di restare sempre con te.  (Pierandrea si allontana di qualche passo e non la guarda, Samanta si avvicina) Non sei contento, Pierandrea?...  Ma perchè non parli?... Non ricordi più quello che mi dicevi?

PIERAND.     (senza voltarsi) Cosa ti dicevo?

SAMANTA    Mi dicevi: “Samanta, la vedi questa casa? Un giorno diventerà la nostra casa”. E poi mi dicevi: “Lo vedi quel giardino? Un giorno sarà il nostro giardino”.... Adesso non mi dici più niente?

PIERAND.     (si gira verso Samanta) Samanta...

SAMANTA    (speranzosa) Sì?

PIERAND.     La vedi quella porta? (indica la porta e poi muove la mano come per dirle “fuori di qui”)

(Samanta sbatte a terra il giornale ed esce 1)

EMILIO         (si avvicina a Pierandrea) Questo è il nipote che volevo io!

(zio e nipote si stringono la mano tra gli applausi dei presenti)

SIPARIO