Ecco la sposa! …

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ECCO LA SPOSA

ECCO LA SPOSA!…

Commedia     in     due     tempi    di

RAY COONEY e JOHN CHAPMAN

Traduzione di

Maria Teresa Petruzzi


PERSONAGGI:

                                      URSULA  WESTERBY

                                      JUDY  WESTERBY

                                     

                                      DR. GERALD  DRIMMOND

                                      TIMOTHY  WESTERBY

                                      BILL  SHORTER

                                      DAPHNE  DRIMMOND

                                      POLLY  PERKINS

                                      CHARLES  BABCOCK

                   L’azione si svolge nella casa londinese dei Westerby.

                   Tempo: presente.


PRIMO ATTO

L’azione si svolge nel salotto sito al primo piano di un edificio di Kensington, arredato modernamente ma con eleganza e gusto.

Quasi tutta la parete di destra è occupata da due ampie finestre. Oltre a queste, una porta immette nello studio.

In fondo al centro una doppia porta conduce nell’ingresso, a sinistra un’altra porta comunica con la sala da pranzo.

Attraverso le finestre aperte si vede la sommità di una tenda a strisce bianche e rosse.

Sono le 11 del mattino di una giornata estiva.

Il sipario si alza su una scena vuota.

Dopo qualche istante sentiamo:

URSULA   - (Fuori scena) Preferirei che nessuno spostasse nulla.

JUDY         - (Fuori scena) Oh, santo cielo!

                             (Entra Ursula Westerby, in vestaglia; è sulla quarantina, attraente. Judy la segue, con il proprio abito da sposa: è sui vent’anni, niente di speciale. Ha ancora i bigodini in testa, e indossa una lunga sottoveste, facente parte dell’abito da sposa)

URSULA   - Vorrei sapere chi ha preso quel maledetto cesto da lavoro… (si guarda intorno)

JUDY         - Forse la nonna. Adesso calmati, ci vorrà un secolo prima che le macchine siano qui.

URSULA   - Parola mia, questa è la peggiore mattina della mia vita!

JUDY         - E’ solamente un pezzetto d’orlo, in fondo, dalla parte di dietro dell’abito.

URSULA   - Non si tratta di questo. E’ quello che mi hai detto in camera, che mi ha proprio sconvolta.

JUDY         - Vuoi dire, che Nicholas ed io siamo stati a letto insieme?

URSULA   - Appunto.

JUDY         - E allora, perché me l’hai chiesto?

URSULA   - Perché speravo che mi dicessi di no.

JUDY         - Ma che male c’è?

URSULA   - Non ci sarà più molto mistero, stasera.

JUDY         - Non preoccuparti, preferisco avere un buon giallo, piuttosto che un mistero ogni tanto.

URSULA   -Vai a vedere in sala da pranzo. (continua a cercare il cestino da lavoro nella stanza) E in ogni caso, non deludere tuo padre. Lui, è ancora convinto che sei una bambina.

JUDY         - (Fuori) Povero vecchio papy!

URSULA   - Se immaginasse che non sei più – beh, che tu e Nicholas siete – insomma, credo che gli verrebbe un colpo. Riesce a mala pena a sopportare le preoccupazioni d’affari, il peso e il soffio al cuore. E’ lì?

JUDY         - Non mi pare. (rientra) Non vorrai dirmi che tu e papà non vi siete sbaciucchiati un po’, prima di sposarvi.

URSULA   - Certo, ma non abbiamo fatto altro. Forse è nello studio. Tuo padre aveva delle idee molto precise, sul sesso. (apre la porta) Diceva che era come andare in bicicletta. (va nello studio)

JUDY         - (Esamina l’abito da sposa) Certo che devi aver avuto dei problemi seri.

URSULA   - (Fuori) Trovato. (rientra con il cestino da lavoro)

JUDY         - Continua, che cosa voleva dire?

URSULA   - Non ricordo più. (chiude la porta) Credo che volesse dire più o meno che non  si deve imparare a pedalare prima di aver comprato una bicicletta.

JUDY         - Tu prova a dirgli che Nicholas ed io abbiamo già fatto le prove generali, così stasera non se la squaglierà.

URSULA   - Andiamo, adesso vestiti. Sta per tornare, sai?

                            (Ursula aiuta Judy a infilare l’abito da sposa)

JUDY         - Chi - papà? No, non l’ho visto.

URSULA   - E’ un bel po’ che è uscito per prendere quel bouquet. E’ andato solamente dietro l’angolo.

JUDY         - Mica vola!

URSULA   - E’ tipico di tuo padre, lascia che faccia tutto io, diceva, manderò la segretaria a ordinare tutto. Tutto sarà consegnato qui, compreso il bouquet per la sposa.

JUDY         - Se n’è dimenticato, ecco tutto.

URSULA   - Se non avessi sollevato la questione, a colazione, avremmo finito per cogliere i mazzetti di fiori al cimitero!

JUDY         - Ha avuto molto lavoro. La pubblicità è un lavoro che fa diventare matti.

URSULA   - E’ così distratto, da qualche tempo, non mi meraviglierei che fosse andato in ufficio, invece che dal fioraio.

JUDY         -Non capisco; matrimonio in chiesa, coro, quattrocento invitati, un addobbo che non finisce più in giardino, pranzo al Savoy…  Sinceramente, Nicholas ed io avremmo preferito il matrimonio civile.

URSULA   - (Infilando l’ago) Se tuo padre sapesse che cosa siete stati capaci di combinare, vi avrebbe fatto sposare al mare.

                            (Dall’ingresso arriva il Dr. Gerald Drimmond, in camicia, gilet e pantaloni di un abito da passeggio, non riesce ad allacciare il bottoncino del colletto. Ha superato i sessanta, conserva traccia di antiche buone maniere, ma ora è un po’ svagato e lievemente sordo. Quando se ne ricordano, gli altri alzano il tono di voce, nel parlare con lui)

GERALD   - Qualcuno ha una mano libera?

JUDY         - Tra un minuto, nonno.

GERALD   - No, no, è solo questo maledetto bottone…

URSULA   - (Alza gli occhi da dietro Judy, mentre cuce) Non lo vedi che abbiamo da fare?

GERALD   - Per la verità, non vi vedo affatto.

URSULA   - Tra un minuto sono da te. Spendi un patrimonio per un abito da sposa, e ti restano i pezzi in mano!

GERALD   - Oh – beh, mi sembra molto bello. Sembri un quadro, Judy.

JUDY         - Grazie.

GERALD   - Proprio fortunato quel ragazzo – Roger.

JUDY         - Nicholas.

GERALD   - Già – (osservando i bigodini di lei) Non so che cosa dirà il Vicario - della tua acconciatura…

JUDY         - (Ridacchiando) Nonno!

GERALD   - C’è molta agitazione in giardino, stamattina.

URSULA   - Sono quelli del Savoy che portano l’occorrente per il pranzo.

GERALD   - Fantastico. Li ho presi per invitati. Gli ho offerto lo champagne.

URSULA   - Non preoccuparti, Timothy non è ancora rientrato con i fiori, vero?

GERALD   - Quali fiori?

URSULA   - Per la sposa, e i fiori per l’occhiello di voi uomini.

GERALD   - Oh, non credo proprio che ce la farò a trafficare anche con il fiore all’occhiello, oltre che con il bottoncino del colletto.

URSULA   - Se Timothy ci fa fare tardi, stamattina…

JUDY         - Non temere. Non hai ancora finito?

URSULA   - No, cara, stai ferma.

GERALD   - A proposito, nessuno ha ancora visto Timothy, stamattina.

URSULA   - E’ appunto quello che ti ho chiesto, poco fa.

GERALD   - Ah sì? E quando?

URSULA   - Un istante fa.

GERALD   - Sei sicura?

URSULA   - Certo.

GERALD   - Non mi sembra.

URSULA   - Ho detto: “E’ ritornato con i fiori?”

GERALD   - Ah sì?

URSULA e JUDY - (Insieme) Sì.

GERALD   - Ed io, che cosa ho risposto?

URSULA   - Non importa.

GERALD   - Che cafone! Volevo chiedergli di quei calzini neri.

URSULA   - Cos’hanno che non va?

(Gerald solleva i risvolti dei pantaloni e mostra che è senza calzini)

                   Ma sei senza!

GERALD   - Lo so. Daphne ha dimenticato di metterli in valigia. Timothy ha detto che sarebbe uscito, stamattina, e ne avrebbe comprato un paio.

JUDY         - Non avresti dovuto disturbare papà, stamattina.

GERALD   - Non dimenticherò mai quella volta che ero testimone al matrimonio di Patty Barnsley. No, un momento, come si chiamava lui e qual era il posto…

URSULA   - Papà! Perché non ti fai aiutare dalla mamma.

GERALD   - No, non mi pare che lei lo abbia mai conosciuto.

JUDY         - Col colletto, voleva dire.

GERALD   - Per carità, Daphne è nei guai peggio di me. Sta cercando di entrare nell’armatura.

JUDY         - Avete dormito bene?

GERALD   - Sì, grazie. Io dormo sempre bene nei letti altrui. Sempre stato così. (ridacchia) Piuttosto, mi preoccupo per tua nonna. Non vedrà l’ora di tornare a Bournemouth, immagino che due notti fuori di casa siano al di là delle sue possibilità.

                            (Ursula ha finito di cucire l’orlo di Judy)

URSULA   - Ecco fatto. (A Judy) E adesso sbrigati, cara e non metterti troppa lacca sui capelli.

JUDY         - No.

URSULA   - Fra poco verrò ad aiutarti col velo.

JUDY         - O.K.

URSULA   - E se fossi in te mi toglierei un po’ di quel mascara. Ti colerà giù, quando piangerai.

JUDY         - Oh, mamma, non piangerò.

URSULA   - Piangerai sicuramente, cara, piangiamo tutte!

GERALD   - Proprio così. Hai mai osservato il rituale in queste occasioni? Piangono alle nozze e ridono ai funerali. Piuttosto, hai qualcosa di usato e qualcosa di bleu?

JUDY         - Sì, mammina mi ha dato il suo velo di nozze, e ho preso un fazzoletto bleu.

GERALD   - Dunque è tutto pronto per quando Nigel ti porterà via lungo la navata.

JUDY         - Nicholas.

GERALD   - (Intrigato) Mai sentita un’usanza simile.

JUDY         - Oh, nonno! (esce)

URSULA   - Andiamo, papa, vediamo di risolvere i tuoi guai.

GERALD   - Mettono sempre troppo amido, in queste cose.

URSULA   - (Provandogli il colletto) Non prendertela con la lavanderia; hai messo su un bel po’ di peso.

                            (Mentre Ursula gli toglie il colletto, squilla il telefono)

                   Ti dispiace rispondere?

                            (Mentre lui risponde Ursula va a prendere le forbicine nel cesto da lavoro per allargare l’asola)

GERALD   - (Al telefono) Pronto, qui… Il signor Westerby, no, non è in casa, posso esserle utile?… No, appunto, non andrà in ufficio, oggi, sua figlia si sposa.

URSULA   - Chi è?

GERALD   - (A Ursula) Una telefonata d’affari per Timothy.

URSULA   - Digli di chiamarlo in ufficio, domani.

GERALD   - (Al telefono) Le dispiace chiamare in ufficio, domani?

URSULA   - Il nome.

GERALD   - (Al telefono) Il suo nome è Timothy Westerby.

URSULA   - No – il suo nome.

GERALD   - (A Ursula) Ah, sì. (al telefono) Chi parla, prego?… Ah, (a Ursula) Un certo signor Barrington Perkins-Reggiseni

URSULA   - Chi?

GERALD   - Beh, ha detto così… Barrington Per… Aspetta che me lo faccio ripetere. (al telefono) Le dispiace ripetere, per favore? (a Ursula) E’ il signor Barrington della Perkins Reggiseni

                            (Ursula porge il colletto a Gerald e prende il ricevitore)

URSULA   - Pronto, signor Barrington, sono la signora Westerby, dirò a mio marito che ha telefonato… sì, lo so che è importante. Tim lavora per questa campagna giorno e notte… Sì, capisco che il tempo è denaro, non ne dubito, ma oggi si sposa sua figlia, e onestamente non credo che ventiquattr’ore in più manderanno a rotoli – insomma, nuoceranno alla sua ditta… Sì, perfetto farò in modo che la chiami, comunque, ma non si meravigli se sentirà la voce del Vicario, in sottofondo. (mette giù il telefono) Esagerato! Nella pubblicità, è sempre questione di vita o di morte!

GERALD   - (Calmo) Io, come dottore, non ho mai avuto di questi problemi. Che cosa farai, ora che non avrai più Judy?

URSULA   - Mi ritirerò.

GERALD   - Come sarebbe?

URSULA   - Con garbo, naturalmente. Comincerò col passare qualche settimana a letto.

GERALD   - E Tim?

URSULA   - Tim?

GERALD   - Quel tipo che ti dà i soldi, ogni settimana.

URSULA   - L’assenza di Judy non farà nessuna differenza per lui. E’ - completamente preso dagli affari.

GERALD   - Accidenti.

URSULA   - Gli ci vorrà una settimana buona perché si renda conto che Judy non c’è più. Io sono ancora a letto, e lui fa colazione da solo.

DAPHNE   - (Fuori) Gerald! Dove sei?

URSULA   - E’ qui, mamma.

                            (Entra Daphne Drimmond. Ha superato i sessanta, è autori-tària e nel pieno possesso di tutte le sue facoltà. Indossa una vestaglia molto allegra e civettuola ed è molto bene pettinata, sotto la cuffietta tutta pizzi)

DAPHNE   - Oh, Gerald! Ma che diavolo stai facendo?

URSULA   - Stiamo sistemando il suo colletto, mamma, è tutto a posto.

DAPHNE   - (A Gerald) Ma eravamo d’accordo che mi avresti aiutato.

GERALD   - Che cosa?

DAPHNE   - (Sussurrando) Con il mio indumento intimo.

GERALD   - Il tuo cosa?

DAPHNE   - Il busto.

GERALD   - (A Ursula, ridacchiando) Oh, già, se sentite un tintinnio, in chiesa, è l’incontro tra il mio colletto e il suo busto.

DAPHNE   - Gerald! (A Ursula) Hai uno spillo, Ursula? Mi serve per il vaporizzatore.

URSULA   - Uno spillo? I fiori non sono ancora arrivati!

DAPHNE   - Cosa? Timothy non è ancora rientrato?

URSULA   - Tornerà, non preoccuparti.

DAPHNE   - Figurati! Andiamo, Gerald, sbrigati con quel bottone, altrimenti non arriveremo mai a San Barnaba.

GERALD   - San cosa?

DAPHNE   - La chiesa.

                            (Durante il dialogo che segue, Daphne e Ursula cercano di fissare il colletto a Gerald)

GERALD   - Oh, a proposito di questo colletto…

DAPHNE   -Non pensare al colletto. Ti serve solo un aiuto. (A Ursula) Te l’avevo detto di non mandar fuori tuo marito, stamattina. Ci farà far tardi, lo so.

URSULA   - Impossibile. Solleva il collo, papà.

DAPHNE   - Scommetto che i Babcock arriveranno puntualmente, e vengono da Sydney.

GERALD   - Sydney? E chi è?

DAPHNE   - I genitori dello sposo, australiani. (poi a Ursula) Gli hai già parlato, dopo il loro arrivo?

URSULA   - Non ancora. Non li aspettavamo fino a ieri sera molto tardi. Tim li ha prenotati al Claridge.

DAPHNE   - Ah sì. Speriamo che abbia fatto le cose meglio di quanto abbia fatto ordinando i fiori.

GERALD   - Attenzione, quello che stai cercando di infilare nell’asola è il mio pomo d’Adamo.

URSULA   - Scusa.

DAPHNE   - Ingoia, è tutto a posto. (poi a Ursula) Avresti dovuto controllare con la signora Babcock.

URSULA   - Che cosa?

                            (Ursula e Daphne posano sigaretta e cioccolato sui piatti sul tavolo)

DAPHNE   - Quello che intende indossare. Non vogliamo stonature.

URSULA   - E’ molto difficile controllare con qualcuno che non conosci neppure, e che vive all’altro capo della terra.

DAPHNE   - Spero solo che non sia lilla, ecco.

URSULA   - E poi, ci sono state cose ben più importanti, come organizzare il coro, la musica, il ricevimento e quattrocento invitati.

GERALD   - Tu e Tim avete bisogno proprio di una vacanza, qualche cosa di romantico, una specie di seconda luna di miele.

URSULA   - Sono passati, per noi, i tempi del romanticismo.

GERALD   - Impossibile.

URSULA   - Siamo sposati da più di vent’anni.

GERALD   - Tua madre ed io siamo sposati da più di quarant’anni, eppure siamo ancora…

DAPHNE   - (Svelta) Gerald! (corre ad aiutarlo)

GERALD   - Scusami, cara. (a Ursula) Comunque, è quello che abbiamo fatto quando ti sei sposata tu, vero, Daphne?

DAPHNE   - Sì, caro.

GERALD   - Ottenni una supplenza, dopo la pratica. Un tipo simpatico, il dottor – ehm… dottore non so che, baffi e capelli grigi, o era sua moglie?

DAPHNE   - Il dottor Saunders.

GERALD   - Molto simpatico – comunque, tu eri appena sposata e tua madre ed io partimmo per una seconda luna di miele. Due meravigliose settimane a Montecarlo, a nuotare, andare in barca e giocare – fuori di questo mondo.

DAPHNE   - Confondi le vacanze. Quando si sposò Ursula, andammo in crociera alle Canarie.

GERALD   - Ah sì?

DAPHNE   - Già. Non sono neppure mai stata con te in vacanza a Montecarlo. Ci andasti da solo.

GERALD   - Per questo mi ero divertito tanto.

DAPHNE   - Oooh! (squilla il telefono)

GERALD   - (A Ursula) Vuoi che risponda?

URSULA   - No. Portalo via, mamma.

DAPHNE   - Portarlo via?

DAPHNE   - (Esce con Gerald e Ursula risponde al telefono)

URSULA   - (Al telefono) 0343… Non c’è, può chiamarlo in ufficio, domat-tina… Oh, mi scusi, signor Babcock! Benvenuto a Londra. Come sta? Ha visto che bella giornata abbiamo scelto? Sono sicura che il vostro Nicholas è nervoso, come la nostra Judy. E’ un così caro ragazzo, gli vogliamo molto bene, e lui ci ha detto tutto di lei e della signora Babcock. Come è andato il viaggio… Orribile?… spaventoso. Oh, santo cielo. Beh, se vivete in Australia… (ride, poi, svelta) – niente, sono sicura che è un magnifico paese, ma adesso siete qui, sani e salvi al Claridges. Oh, non siete al Claridges… Ma pensavo che Timothy avesse prenotato per voi al… Oh, quanto mi dispiace. Così dove siete finiti…Oh, beh, certe parti di Notting Hill Gate sono molto simpatici… non dove siete voi, eh?, no…

                             (Entra Timothy, l’aria agitata, un po’ affannato, è sui quaranta, di bell’aspetto, anche se un po’ nevrotico. E’ ben vestito, ma in modo ordinario. Porta sotto il braccio una grossa scatola piena di fiori e bouquets, e sotto l’altro una sagoma in legno grandezza naturale di una “ragazzina” 1920, ma senza testa)

TIMOTHY         - Ciao, cara. Scusa se sono in ritardo. Senti, sono dovuto andare in ufficio, ho dovuto fare questa cosa. Ho avuto un’idea sensazionale.

URSULA   - Taci! E’ il signor Babcock.

TIMOTHY         - Oh, santo cielo, dai qua. Tieni questo… sì, e anche questa. Grazie, cara. (posa il tutto tra le mani di Ursula e prende il telefono. Al telefono) Finalmente ho maturato l’idea esatta di una ragazza che non indossa reggiseno, e le dirò perché.

URSULA   - (Cercando di richiamare la sua attenzione) Caro…

TIMOTHY         - (Insistendo) Va bene nelle riviste, ma in televisione no, non trova?

URSULA   - E’ il signor Babcock.

TIMOTHY         - La mia maggiore preoccupazione è l’immagine del vostro reggiseno, e così ho deciso per uno stile 1920.

URSULA   - Timothy, è il signor Babcock!

TIMOTHY         - (A Ursula) Lo so. Il direttore della Perkins-Reggiseni.

URSULA   - No, il padre dello sposo, l’Australiano di Sydney.

TIMOTHY         - (Colpito) Oh, mio Dio. (poi, allegro, al telefono) Mi scusi, amico.

                            (Ursula posa scatole di fiori e silhouette)

TIMOTHY         - (Al telefono) Dunque, che cosa posso fare per lei, in questo meraviglioso giorno, signor Babcock?… Fiori? Sono al Claridges… Lei non è al Claridges? … Bene, e dov’è?… Prego, quale albergo?… Ma come mai?… Già, proprio un maledetto equivoco. Sono terribilmente spiacente, lei crederà che il suo con suocero è un perfetto idiota. (ridacchia) … Oh… Beh, li metto in un taxi e li mando alla Chiesa. Auguri, amico. (mette giù il telefono) Non lo so, ma certe persone sono nate per lottare.

URSULA   - Non preoccuparti, caro, non è importante.

TIMOTHY         - (Indicando il telefono) Non ce lo perdonerà mai. Dodicimila miglia di viaggio per assistere al matrimonio di suo figlio e grazie a me è rimasto bloccato al Deposito Preziosi di Paddington Station.

URSULA   - Bevi qualcosa e distenditi.

TIMOTHY         - No, meglio di no – è l’ora della pasticca. (prende un flaconcino dalla tasca e ne tira fuori una pasticca)

URSULA   - Quale – quella energetica o quella sedativa?

TIMOTHY         - Credo che questa sia quella calmante.

URSULA   - Allora prendila e cerca di calmarti, caro.

TIMOTHY         - Calmarmi, con tutto quel che c’è da fare? Hai visto il giardino? (chiamando fuori dalla finestra) Ehi lei! Sì, dico a lei… Non tra i gerani, per favore. Cosa? Oh, è il giardiniere, che sta finendo di annaffiare. (a Ursula) E lo sai che cosa ha fatto, adesso, quello stupido direttore d’albergo?

URSULA   - Non capisco perché ti agiti tanto.

TIMOTHY         - Gli ho ordinato espressamente quell’ottimo caviale danese, poco caro, a 30 penny il barattolo – e sai che cosa ha portato? Due tonnellate di caviale russo a quindici l’oncia.

URSULA   - Papà ha ragione, abbiamo bisogno di una bella lunga vacanza.

TIMOTHY         - (Prende la pasticca) Con il tempo che mi ci vorrà per pagare le spese di questo matrimonio, saremo fortunati se potremo fare una gita di un giorno a Brighton.

URSULA   - Possiamo organizzare una quindicina di giorni da qualche parte.

TIMOTHY         - Tesoro, sarebbe meraviglioso, se riuscissi a trovare il tempo. (beve un bicchiere d’acqua)

URSULA   - E’ quello che ci vuole, una seconda luna di miele. Sarebbe meraviglioso!

TIMOTHY         - Lo so, sempre che ricordi quel che ho fatto nella prima.

URSULA   - Hai bisogno di un’interruzione. Bill potrà fare senza di te per un po’.

TIMOTHY         - Sì, sono stato un po’ – ehm – mi capisci – ultimamente.

URSULA   - Non metterti in agitazione per la tua salute, un’altra volta.

TIMOTHY         - No, certo, credo che tutte queste pasticche facciano bene. Sto benissimo. (prende la sagoma di legno) Questa è la campagne della Perkins-Reggiseni. Vuol dire molto, per la ditta. Ora dimmi, che te ne pare? (solleva la figura)

URSULA   - Vuoi dire, a parte il fatto che mi fa venire un complesso di inferiorità?

TIMOTHY         - Sì – no. (eccitato) Voglio dire, non ti fa venire voglia di correre a comprare un reggiseno Perkins?

URSULA   - Non saprei, caro – perché non lo mettiamo ai voti, al San Barnaba?

                            (Dall’ingresso entra Bill Shorter. E’ di bell’aspetto e slanciato con i suoi quaranta anni. Indossa un abito da mattina di ottimo taglio, e porta una bottiglia di champagne aperta e quello che rimane di una tartina al caviale)

BILL          - Salve, Ursula, cara. Dio, la sposa dovrà faticare non poco per apparire più bella di te.

URSULA   - Grazie, Bill.

BILL          - (A Tim) Salve, socio.

TIMOTHY         - Salve.

BILL          - (Sollevando la bottiglia) L’ho presa dal cameriere, giù in basso. Non potevi fare qualcosa di meglio?

TIMOTHY         - Prego?

BILL          - A proposito, quel caviale danese economico non è male. Lo distingui a mala pena da quello vero.

TIMOTHY         - E’ quello vero. (Bill porta la tartina alla bocca) Ecco che altri cinque penny sono partiti.

BILL          - Non fai niente per cambiarlo?

TIMOTHY         - Sono dovuto andare in ufficio. E’ stata un’altra di quelle mattine!

BILL          - Quali mattine? (comincia a versare due bicchieri di champagne)

URSULA   - Una di quelle mattine che tu non immagini neppure, Bill. Quanti clienti ti hanno telefonato a casa, stamattina?

BILL          - Nessuno. Se mi chiamano a casa, dico semplicemente che sto seducendo la mia segretaria.

URSULA   - Non mi meraviglierei.

BILL          - Non mi chiamano a casa, quando lo faranno te lo dirò.

TIMOTHY         - Non lo chiamano neppure in ufficio, lui.

URSULA   - Questo mi sembra molto poco gentile. Siete soci pari grado, no?

BILL          - Già, ma io lavoro dalle undici alle tre.

TIMOTHY         - E quella è appunto l’ora in cui fa colazione.

URSULA   - (A Bill) Non hai sentito i reggiseni Perkins, stamattina, vero?

BILL          - No, non mi stanno bene. (va col bicchiere verso Ursula)

URSULA   - Beh, non si fanno scrupolo di disturbare il mio Timothy il giorno delle nozze di sua figlia.

TIMOTHY         - La Perkins-Reggiseni?

BILL          - (Porgendole un bicchiere di champagne) Coraggio, amica mia, non prendertela. Lascia le preoccupazioni a Timothy.

TIMOTHY         - (A Ursula) Non vuoi mica dire che ha telefonato la Perkins, vero?

URSULA   - Sì.

TIMOTHY         - Ascolta, Bill, dobbiamo escogitare qualcosa per quella campagna, altrimenti perdiamo l’acconto.

BILL          - Non pensarci, oggi.

TIMOTHY         - Ascolta, ho avuto un’idea che mi sembra favolosa. Dai solamente un’occhiata a questa.

BILL          - (Interrompendolo) Prendi un altro bicchiere.

TIMOTHY         - Non posso, non lega con la pasticca.

BILL          - Come vuoi. (porge il bicchiere a Ursula) Cin-cin.

URSULA   - Cin-cin.

TIMOTHY         - Credo che l’unico modo di vendere i reggiseni Perkins sia…

                            (Bevono mentre Gerald si affaccia sulla porta)

GERALD   - Ursula, avresti mica un paio di pinze?

URSULA   - Non voglio che si lavori, oggi, grazie.

GERALD   - E’ per il busto di tua madre. Non riusciamo ancora a infilarla dentro quel coso.

URSULA   - Va bene, penserò io a lei, appena fatto con Judy. (mentre va) Bill, mandalo a cambiarsi, per favore.

GERALD   - (Vede Timothy con la sagoma) Fate una bella coppia, sapete?

URSULA   - (Spinge fuori Gerald ed esce a sua volta)

TIMOTHY         - Vedi, la bellezza della ragazza 1920 è che proprio allora fu inventato il reggiseno. Sento che ci sono, Bill. Non si può rappresentare una ragazza Perkins con un buffo cappellino, la bocca a cuore, boa di struzzo, camicetta tutta pizzi, collanine e via di seguito…

BILL          - Immagino che una ragazzina 1920 potrebbe essere una trovata.

TIMOTHY         - (Eccitato) Hai detto ragazzina?

BILL          Sì.

TIMOTHY         - Ecco, ci sono! Ragazzina! “Perkins toglie il sonno alle ragazzine”. Li chiamo subito. (va al telefono)

BILL          - Chiami chi?

TIMOTHY         - Perkins.

BILL          - Non fare lo sciocco. Vai a vestirti. Tra mezz’ora tu e la sposa dovete uscire per andare a San Barnaba.

TIMOTHY         - Se faccio presto a vestirmi, potremmo fare un salto da Perkins, strada facendo. La mia ragazzina Perkins. E’ fantastico.

BILL          - Gli uffici della Perkins sono in Regent Street.

TIMOTHY         - E’ solo una piccola deviazione.

BILL          - Deviazione?

TIMOTHY         - E poi abbiamo l’autista, perciò non abbiamo il problema del posteggio. (di colpo) I calzini!

BILL          - Prego?

TIMOTHY         - Mi sono ricordato solamente ora che andando dal fioraio dovevo comperare un paio di calzini per Gerald.

BILL          - Non è importante.

TIMOTHY         - Oh, e i fiori!

BILL          - Sono qui, tranquillizzati!

TIMOTHY         - No, quelli sono i nostri, ne devo prendere degli altri per il signore e la signora Babcock al Claridge.

BILL          - Calmati.

TIMOTHY         - No, aspetta! Non sono al Claridges, avevo dimenticato di prenotarli.

BILL          - E dove stanno?

TIMOTHY         - Ho dimenticato anche quello. Chiamerò il Claridge e glielo chiederò – no – chiamo prima Perkins e parlerò con il signor – ehm – accidenti, come si chiama, Compton, Bradman…

BILL          - Barrington.

TIMOTHY         - Proprio lui. E gli dirò che lo prelevo a Regent Street…

BILL          - Prelevarlo?

TIMOTHY         - Sì, così in macchina, mentre andiamo in chiesa, posso spiegargli la faccenda di Perkins che toglie il sonno alle ragazzine.

BILL          - (Cercando di calmarlo) Timothy…

TIMOTHY         - (Eccitato) E’ un’idea fantastica, Bill. Non mi meraviglierei che avesse un successo maggiore di Bisto Kids. Mi sembra già di vederla su tutte le riviste, su tutti i manifesti, su e giù per gli ascensori, e se riusciamo a mandarla in televisione, potremmo farla cantare e ballare (canta) “Perkins, non vorresti con me…” –

BILL          - Suvvia, Tim…

                            (Timothy continua a cantare e ballare il Charleston. Mentre si trova vicino alla porta, entra Gerald e Timothy viene preso alla testa dalla porta. Barcolla con una espressione attonita sul volto, e crolla. Gerald non si rende conto di nulla, e tende la mano)

GERALD   - Ah, signor Shorter, notizie dei miei calzini? (vede Timothy) Chi è?

BILL          - E’ Timothy. Credo che l’eccitazione sia eccessiva, per lui. (a Timothy) Tutto bene, amico?

TIMOTHY         - Sto benino.

BILL          - Sta benino.

GERALD   - La testa tra le ginocchia, fa bene.

BILL          - Senta, procuri qualche panno freddo.

GERALD   - Panno, sì. (si guarda i pantaloni) Grigi o bianchi?

BILL          - Come sono, sono.

GERALD   - Non dimentichi di chiedergli dei miei calzini, mi raccomando.

BILL          - D’accordo.

                            (Gerald esce. Bill sbatte la porta)

                   Coraggio, Tim. Alzati. Pasticca o no, ti porto un brandy. Come ti senti?

                   (Va al carrello degli aperitivi e versa un brandy. Ritorna al divano)

TIMOTHY         - Sto bene.

                            (Si alza. Contemporaneamente, “Polly Perkins” si alza con lui da dietro il divano. N.B.: l’attrice che recita la parte di Polly è stata nascosta dietro il divano dall’inizio della com-media. Polly ha circa 22 anni, ed è vestita in tutto come una ragazzina del 1920, compresi capelli corti e trucco. E’ com-pletamente estroversa, molto vivace e maledettamente carina. Durante le seguenti battute di Bill, Timothy per caso vede Polly in piedi accanto a lui, e si sforza di realizzare chi essa sia, e come mai si trovi qui, mentre Polly gli lancia un sorriso smagliante)

BILL          - Oh, bene. Sapevo che avrei dovuto occuparmi della sposa, e magari della madre della sposa, e possibilmente anche dello sposo, ma speravo che almeno il padre della sposa fosse in grado di stare in piedi. Ti consiglierei di smetterla di preoccuparti dei calzini di Gerald, dei fiori dei Babcock e dei reggiseni di Perkins, e di concentrarti su te stesso per prepararti ad andare in chiesa.

(Intanto Timothy è andato verso Bill. Questi gli porge da bere)

                   Ecco qua.

TIMOTHY         - (Prende il bicchiere) No, grazie, Bill, da quanto tempo è qui?

BILL          - Eh?

TIMOTHY         - La – ehm – la ragazza.

BILL          - La ragazza?

TIMOTHY         - (Cominciando a preoccuparsi) Sì, quella con la camicetta di pizzo, il boa di struzzo – e il cappellino – ehm – insomma, la ragazza.

BILL          - Quale ragazza?

                            (Per pochi secondi, anche se la sua espressione non lo dà a vedere, la sua mente è in subbuglio mentre cerca di mettere a fuoco le implicazioni della risposta di Bill. Finalmente prende il brandy)

TIMOTHY         - Hai detto, scusa?

BILL          - Ho detto quale ragazza.

TIMOTHY         - Già. Hai detto proprio così. Come sarebbe a dire, quale ragazza?

BILL          - Quello che dico: quale ragazza?

TIMOTHY         - Quella ragazza lì, con quel buffo cappellino e le collanine e i pizzi – la mia ragazzina Perkins.

BILL          - La ragazzina Perkins?

                            (Timothy guarda Polly, che sorride dietro le spalle di Bill)

TIMOTHY         - (Pensando che Bill stia scherzando) Andiamo, Bill – smettila di fare il buffone.

BILL          - Io?

                            (Timothy guarda Polly e fa il tentativo di toccarle il braccio, e si rassicura che è reale)

TIMOTHY         - (Ridacchiando) Adesso piantala di gironzolare.

BILL          - Perché l’hai fatto?

TIMOTHY         - Che cosa?

BILL          - Hai preso… (mima il gesto di pizzicare l’aria)

TIMOTHY         - (Ancora ridacchiando) Certo. (pizzica il braccio di lei)

BILL          - L’hai fatto di nuovo.

TIMOTHY         - (Sempre ridacchiando) Lo so.

BILL          - Mi vuoi toccare la gamba?

TIMOTHY         - (con un sorriso) No, le tocco il braccio.

BILL          - Senti, Tim, basta con le buffonate, non c’è tempo da perdere.

TIMOTHY         - E’ molto buffo, Bill, ma spiegami solamente come hai fatto a  farla entrare.

BILL          - Lo scherzo è bello quando dura poco.

TIMOTHY         - Basta così, Bill. (a Polly) Ti prego di scusarlo.

BILL          - Dì un po’, hai preso una piccola botta in testa!

TIMOTHY         - (A Polly) Mi dispiace.

BILL          - Anche a me! Cominci a preoccuparmi, Timothy.

                            (Durante la seconda parte della battuta di Bill, Polly gli si avvicina e balla il charleston intorno a lui)

                   Voglio dire, se non è uno scherzo, è molto preoccupante. Ammetti di avere scherzato, e non parliamone più.

TIMOTHY         - (A Polly) Smettila.

BILL          - No.

TIMOTHY         - Parlavo con lei.

BILL          - Senti, piantala, o chiamo Ursula.

TIMOTHY         - (Agitato) No, per favore.

BILL          -Allora rientra in te.

TIMOTHY         - (A Polly) Vuoi smetterla di andare in su e in giù.

BILL          - Non sto andando in su e in giù!

TIMOTHY         - Non ce l’ho con te! (apre la porta dello studio) Ti dispiace aspettarmi qui dentro un momento?

BILL          - Eccome! Bada, Timothy, chiamo Ursula.

TIMOTHY         - Ma la vedi, non è vero che la vedi?

BILL          - Non vedo niente.

TIMOTHY         - Sta ballando intorno a te.

BILL          - Cosa, il Charleston?!

TIMOTHY         - Ma la vedi.

BILL          - Questo è troppo!

                            (Si precipita fuori in ingresso)

POLLY      - Un tipo semplicemente splendido!

TIMOTHY         - E’ un altro dei suoi scherzi maledettamente stupidi, vero? Scommetto che l’avete organizzato voi due insieme.

POLLY      - No.

TIMOTHY         - E allora, da dove vieni?

POLLY      - (Allegra) Non lo so.

TIMOTHY         - Non vieni dall’Ufficio Ricerche di Mercato, vero?

POLLY      - Che roba è?

TIMOTHY         - Andiamo, qualcuno deve averti mandato qui per impersonare la mia ragazzina Perkins.

POLLY      - Ragazzina Perkins?

TIMOTHY         - Sei vestita proprio così.

POLLY      - Non lo so.

                            (Comincia a cantare e ballare “The black bottom”)

TIMOTHY         - Grazie, signorina Perkins, molto carina. Passa in ufficio la settimana prossima.

                            (Lei continua a cantare e ballare)

                   Smettila, ora. Non so che cosa hai in mente…

POLLY      - Oh, adoro quell’aria severa.

TIMOTHY         - O chi ti ha mandata…

POLLY      - Neanch’io. Non è fantastico?

TIMOTHY         - No, niente affatto. Hai scelto una mattina assolutamente impossibile, signorina Perkins. A proposito – ehm – come ti chiami?

POLLY      - Golly, non so.

TIMOTHY         - Non lo sai?!

POLLY      - No. E tu?

TIMOTHY         - E’ incredibile!

POLLY      - No, non dirmelo, lascia che indovini. George.

TIMOTHY         - George?

POLLY      - No -  Jack? Ralph?

TIMOTHY         - Timothy.

POLLY      - Oh, mi piace da matti.

TIMOTHY         - Oh, è molto comune.

POLLY      - E’ meraviglioso.

TIMOTHY         - Timothy Westerby.

POLLY      - (Estatica) Oh!

TIMOTHY         - (Modestamente) Non credo una parola...

POLLY      - (Assaporandolo) Timothy Westerby…

TIMOTHY         - Veramente avrei anche un secondo nome…

POLLY      - Non può essere super come Timothy.

TIMOTHY         - No, infatti. E’ Royston.

POLLY      - (Eccitata) Oh, delizioso! Timothy Royston Westerby. Lieto di conoscerti, Timothy…

TIMOTHY         - (Stringendole la mano, cautamente) Piacere mio, signorina Perkins.

                            (Entra Gerald con un paio di pantaloni. Va diretto verso Polly, che ovviamente non vede e parla a Timothy che sta in piedi dall’altro lato di lei)

GERALD   - Salve, vecchio mio. Eccoti i panni, non ho trovato che questi bianchi. Hai preso i calzini?

                            (Per qualche secondo Timothy cerca di avere la conferma del fatto che Polly è visibile solamente per lui)

                   (Con tono più alto) Ho detto: hai preso i calzini?

POLLY      - Ehi, ma non mi vede!

GERALD   - (Dopo una pausa) Insomma, li hai presi o no?

POLLY      - Temo proprio di no, vecchio mio. (a Timothy) E non mi sente neanche.

GERALD   - (Gridando) Insomma, sì o no?

TIMOTHY         - (Debolmente) No.

GERALD   - Oh. Be’, mi serve sempre un paio di calze nere.

TIMOTHY         - Sì, lo so. (si piega verso la spalla destra di Polly)

GERALD   - Sicché non li hai proprio presi?

TIMOTHY         - No. Ho trovato qualcos’altro.

GERALD   - Bleu scuro?

TIMOTHY         - Io – io – per la verità non ho preso nessun calzino.

                            (Si curva sulla spalla sinistra di Polly)

GERALD   - Devi aver preso un brutto colpo.

POLLY      - Che tipo buffo!

TIMOTHY         - No, è terribile.

GERALD   - Oh, scusami. Devi aver preso una corrente d’aria.

                            (Timothy spinge Gerald da un lato)

TIMOTHY         - Gerald… (passando davanti a Polly) Scusami.

GERALD   - (Credendo che le scuse siano rivolte a lui) Di niente.

TIMOTHY         - Che cos’è, quando uno continua a vedere una ragazza che nessun altro vede?

GERALD   - Adulterio.

TIMOTHY         - No. Voglio dire, uno che continua a parlare con qualcuno che apparentemente non esiste. Che cos’è?

GERALD  - Follia.     

TIMOTHY         - (Ride nervosamente) Follia! (strappa i pantaloni in due, poi indica verso Polly)  Gerald, che cosa vedi, qua?

GERALD   - La sedia, vuoi dire?

                            (Polly gli fa un breve cenno di saluto)

TIMOTHY         - Non vedi niente? Sai, come un cenno di saluto?

GERALD   - E’ qualcosa che ha a che fare con i miei calzini?

TIMOTHY         - Oh, Signore! (a Polly) Non ti permetterò di rovinare il giorno delle nozze di mia figlia!

GERALD   - Accidenti, voglio solamente un paio di calze!

TIMOTHY         - Un momento!

                            (Timothy va verso la porta dello studio, l’apre e fa un gesto a Polly perché entri. Lei esegue, ed egli chiude la porta)

GERALD   - Che cosa straordinaria!

TIMOTHY         - Eh?

GERALD   - Non ho mai visto nessuno fare cose simili.

TIMOTHY         - Quali cose?

GERALD   - Beh, non so se posso. Ehm…

                            (Gerald imita i gesti che ha visto compiere da Tim)

TIMOTHY         - (Cercando di agire sfacciatamente) Esatto, infatti è così.

GERALD   - Che cos’è? Un semaforo?

TIMOTHY         - No. Ho aperto la porta – per far entrare un po’ d’aria. (comincia a sospingere Gerald verso la porta dell’ingresso)

GERALD   - Oh, aria fresca. (una pausa) E che cosa significava tutto quel gesticolare? (salutando con la mano)

TIMOTHY         - Oh, quello era per far circolare l’aria.

(Apparentemente soddisfatto, Gerald riprende ad andare verso l’ingresso)

GERALD   - Ah, ho capito.

                            (Timothy chiude le due porte alle spalle di Gerald, corre alla porta dello studio, l’apre e si trascina dietro Polly)

TIMOTHY         - Ed ora vieni fuori di qui, signorina Perkins, o come accidenti ti chiami.

                            (Polly esce danzando, afferra il braccio di Timothy e danza intorno a lui cantando “tea for two”)

                   (Protestando) No, no, smettila, devo andare a un matrimonio… ti prego, signorina…

                            (La doppia porta si apre ed entra Daphne)

                   (Vedendola) Oh, mio Dio!

                            (Rapidamente riconduce Polly danzante verso la porta dello studio, ve la scaraventa dentro, e chiude immediatamente la porta. Continua a ballare ma volteggiando e vedendo la faccia attonita di Daphne cerca di squagliarsela attraverso la finestra)

DAPHNE   - Timothy! Torna indietro. Che diavolo stai facendo?

TIMOTHY         - (Voltandosi) Sto collaudando questi nuovi pantaloni. Senti un po’, hai visto niente, quando sei entrata qui, poco fa?

DAPHNE   - Eccome!

TIMOTHY         - Oh, grazie a Dio. Credevo che Bill stesse combinando uno dei suoi stupidi scherzi, e che Gerald fosse d’accordo con lui. Che cosa hai visto?

DAPHNE   - Semplicemente che sei stupido come al solito.

                            (Imita il ballo di Tim)

TIMOTHY         - Tutto qui?… Oh mio Dio… (si allontana)

DAPHNE   - Timothy, non sei ancora vestito.

TIMOTHY         - (Nervosamente) No. Ho dovuto ritirare i fiori dal fioraio.

DAPHNE   - Cosa?

TIMOTHY         - Voglio dire i fiori. (prende la scatola di fiori)

DAPHNE   - Oh, bene. Hai preso anche il mio profumo?

TIMOTHY         - Sì – ehm – prenditi il tuo.

DAPHNE   - (Scegliendone uno) Bello, questo.

TIMOTHY         - (Recuperandolo) Questo è della sposa.

DAPHNE   - Oh! (Fa per prenderne un altro)

TIMOTHY         - Quello è per la damigella della sposa. (lo riposa)

                            (Daphne ne prende un terzo)

                   (Levandoglielo dalle mani) Quello è per la madre della sposa. Il tuo è in fondo alla scatola, con quelli degli altri invitati.

DAPHNE   - Invitati? (gelida) Grazie tante. (prende una piccola rosa, subito si sfoglia tra le sue mani)

TIMOTHY         - Mi dispiace, Daphne, ma è quanto di meglio sono riuscito a trovare, con così poco preavviso. (guardando il fiore sfogliato) Fai quel che dice Percy Thrower – parlagli.

DAPHNE   - Tra un po’ senti che cosa dico – a te.

TIMOTHY         - (Affidandole la scatola) Ti dispiacerebbe tirar fuori gli altri?

DAPHNE   - Ero venuta a prendere il cestino da lavoro.

TIMOTHY         - (Dandoglielo) Ottima idea, il cestino da lavoro, perfetto. Così avrai qualcosa da fare, perché questi servizi di nozze vanno un po’ per le lunghe, non trovi?

DAPHNE   - (Va verso l’ingresso, seguita da Timothy)

TIMOTHY         - (Sollevando di nuovo la rosa sul suo stelo) E non prendertela per questo. Se gli dài un po’ da bere, si tira subito su.

DAPHNE   - (A denti stretti) Gli ci vuole almeno un doppio brandy!

                            (Esce e Timothy chiude la porta alle sue spalle)

TIMOTHY         - Già… bene, ci vedremo tra poco, allora.

                            (Corre alla porta dello studio e fa cenno a Polly di uscire, nel far ciò, entra Gerald dall’ingresso che tiene furtivamente un paio di calzini da golf, ognuno dei quali arrotolato su una mano, nel vederlo, Timothy sbatte la giacca sulla porta)

GERALD   - Fai ancora circolare l’aria, eh?

TIMOTHY         - (Chiudendo di colpo la porta) Sì, devo tenerla in movimento, altrimenti ristagna negli angoli.

GERALD   - A proposito, mi ero sbagliato. Daphne aveva messo i calzini nella valigia. (lascia andare i calzini per la punta) Che te ne pare?

TIMOTHY         - No, non direi. Non con l’abito da mattino, Gerald.

GERALD   - Forse hai ragione.

(Ursula e Bill entrano dall’ingresso. Ursula ha cambiato abito)

URSULA   - Timothy, ti rendi conto che tra mezz’ora arriveranno le macchine?

TIMOTHY         - (Agitato) Sì, non preoccuparti. Sarò pronto. Come sta la nostra – la nostra – come sta…?

URSULA   - Judy?

TIMOTHY         - Sì, lei. Come sta?

URSULA   - Lei sta bene. E tu?

TIMOTHY         - (Con il gesto di Polly) Oh, io sto splendidamente, splendidamente.

URSULA   - Splendidamente?

TIMOTHY         - Voglio dire, benissimo.

URSULA   - Sei sicuro, caro? Bill dice che ti sei comportato in modo molto strano.

TIMOTHY         - Sciocchezze.

BILL          - Avanti, ammetterai che eri fuori di te, aprivi e sbattevi porte.

TIMOTHY         - Mai fatto cose del genere.

BILL          - Te lo assicuro, Ursula, faceva (mima i gesti di Timothy)

GERALD   - Dio santo, ce n’è un altro! (A Ursula) Ma che cosa sono, questi due, una coppia di automi?

BILL          - L’ha notato anche lei, no?

GERALD   - Sì, proprio poco fa, vicino alla porta dello studio.

BILL          - Te l’ho detto. (va alla porta dello studio) E’ andato dritto verso la porta dello studio, l’ha aperta e ha detto…

                            (Apre la porta e Polly entra allegramente)

TIMOTHY         - Fuori!

GERALD   - (Coprendosi le orecchie) Mio Dio!

URSULA   - Caro, non c’è alcun bisogno di gridare!

TIMOTHY         - Non gridavo, ho detto semplicemente “fuori”.

URSULA   - Ma l’hai detto a Bill.

TIMOTHY         - (Riflettendo, follemente) Ah sì? Beh, è giusto. Viene sempre in casa mia, ad aprire e sbattere le porte, e non posso tollerarlo.

URSULA   - Timothy!

TIMOTHY         - E voglio che se ne vada.

BILL          - Che ospitalità!

URSULA   - Ma è il tuo più vecchio amico.

TIMOTHY         - Già, e ne ho abbastanza, adesso. Sono vent’anni che va e viene da casa mia, servendosi del mio whisky e pizzicando il tuo sedere.

URSULA   - Timothy!

BILL          - Accidenti!

                            (Insieme)

TIMOTHY         - Non negarlo.

POLLY      - Oh, adoro quest’aria feroce.

TIMOTHY         - (Sorridendole) Davvero? (poi immediatamente, agli altri) Ho detto qualcosa?

         (Gli altri lo osservano sconcertati)

BILL          - Credo che sarebbe meglio metterlo a letto.

URSULA   - Il giorno del matrimonio di Judy?

BILL          - Solo per un po’.

POLLY      - Che buffo.

TIMOTHY         - Non lo è affatto, questo. (in fretta, agli altri) Voglio dire, non possiamo.

URSULA   - Possiamo?

TIMOTHY         - Sì, noi. Tu ed io, cara. Non possiamo metterci a letto. E’ la luna di miele di nostra figlia, non la nostra.

URSULA   - (Cercando di calmarlo) Timothy, caro…

TIMOTHY         - Che direbbe mai, Judy? Direbbe che siamo due scostumati.

GERALD   - No, se non lo sanno.

URSULA   - (Sospingendolo verso la porta) Papà, per favore, vai a dare un’occhiata nei cassetti di Timothy.

GERALD   - Veramente volevo un paio di calzini. (Esce)

TIMOTHY         - (Indaffarato) Bene. Ed ora, se la smettete di gironzolarmi intorno, vado a cambiarmi.

POLLY      - (Seguendolo) Vengo ad aiutarti.

TIMOTHY         - (Si ferma) No. (Agli altri) Nessuno può aiutarmi. Non ho bisogno di aiuto.

BILL          - Va bene, va bene.

TIMOTHY         - Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Vado su da solo. (a Polly) E tu non venirmi dietro. (a Ursula) E tu non venirmi dietro. Ritornerò quando sarò vestito.

POLLY      - Aspetterò.

TIMOTHY         - Benissimo. (va verso l’ingresso)

POLLY      - (Intona una versione tutta sua di “My Blue Heaven”, cantando e ballando intorno a Ursula) (Cantando) “Io, moglieta e tu – siam felici nel mio cielo blu”…

                            (Timothy si ferma in apprensione presso la porta, poi ritorna verso Ursula)

TIMOTHY         - (Con un cenno a Polly)  Smettila!

URSULA   - Insomma, vuoi andare?

TIMOTHY         - Sì, sì, vado…

                            (Preoccupato per la danza di Polly, cerca di attirarne l’attenzione, gesticolando in modo da farle capire che deve ritirarsi nello studio, ma lei rifiuta, e sorride maliziosamente)

BILL          - Oddio, ricominciamo.

TIMOTHY         - A pensarci meglio, credo che mi cambierò qui.

URSULA   - In salotto?

TIMOTHY         - Sì, è meglio. E non voglio che stiate lì a guardarmi.

BILL          - Deve essere uscito di senno.

URSULA   - Speriamo di no!

TIMOTHY         - (A Ursula) Portami solo il vestito, e poi aspettami fuori.

URSULA   - Non c’è bisogno che mi parli con quel tono. Hai scelto una bella giornata per cominciare a dare ordini!

TIMOTHY         - Non ti piace il mio tono autoritario, vero?

POLLY      - (Al suo orecchio) A me sì.

TIMOTHY         - Sì, lo so che ti piace. (A Ursula) Ma a te, no.

BILL          - E’ partito.

TIMOTHY         - Sono cosa?

BILL          - Non è stato più se stesso, da quando ha preso la botta in testa.

URSULA   - Una botta in testa? (A Tim) Caro, non mi hai detto niente.

TIMOTHY         - (A Ursula) Portami il vestito!

URSULA   - Agli ordini!

TIMOTHY         - E portati via il fantasma, pizzicatore di sederi.

URSULA   - (Svelta) Andiamo, Bill.

                            (Bill e Ursula escono nell’ingresso)

TIMOTHY         - (Andando verso Polly) Vattene, per piacere.

                            (Bill si riaffaccia)

BILL          - (Gridando) Sto andando! (esce di nuovo)

TIMOTHY         - (Calmo) Vattene, per favore.

POLLY      - Dove?

TIMOTHY         - Da dove sei venuta.

POLLY      - Cioè?

TIMOTHY         - Non lo so! Ti ho trovata qui. Il fatto è che non puoi rimanere qui. Devo andare in chiesa per il matrimonio di mia figlia, tra quarantacinque minuti.

POLLY      - Fantastico! Verrò con te.

TIMOTHY         - L’idea non mi sorride affatto.

POLLY      - Oooh, sono grigi, vero?

TIMOTHY         - Prego?

POLLY      - I tuoi occhi. Credevo che fossero azzurri. (Pausa) No – cambiano colore, secondo la luce.

TIMOTHY         - Ah, sì?

POLLY      - (Improvvisamente) Ehi, e i miei, di che colore sono?

TIMOTHY         - Non lo so.

POLLY      - Guardali, per favore.

                            (Lui si piega per guardarle gli occhi da vicino)

TIMOTHY         - Beh, questo è castano – e quest’altro, pure. Sono tutti e due castani.

POLLY      - (Deliziata) Che divertente, scoprirsi l’un l’altro!

TIMOTHY         - In circostanze diverse, forse, ma oggi proprio no, grazie.

                            (Polly accosta il suo volto a quello di lui)

POLLY      - Vuoi dire che non l’hai mai provato prima?

TIMOTHY         - Non vorrei sembrare scortese, ma onestamente, devo dire di no.

                            (Polly si avvicina ancor più)

POLLY      - Oh, mi sento tutta rimescolare, a starti così vicino. Non ti fa lo stesso effetto?

TIMOTHY         - No, credo proprio di no, e poi ho il matrimonio di Judy e il ricevimento, e come padre della sposa, devo tenere un discorsetto.

                            (Prende un foglietto di carta dalla tasca interna)

                   Non l’ho ancora finito, e non sono bravo in queste cose, di solito. Perciò, allontanati, signorina Perkins e – e – e…

                            (Polly ora lo bacia, prima con calma, poi con crescente passione. Quando finalmente prende fiato, il volto di Timothy ha assunto un’espressione di stupita felicità)

TIMOTHY         - Fantastico!

                            (Bill rientra portando l’abito da mattina di Timothy)

BILL          - Ecco qua, e per l’amor del cielo, sbrigati.

TIMOTHY         - (Ancora preso dall’effetto del bacio) Fantastico.

BILL          - (Guardando il vestito) Visto uno, visti tutti.

TIMOTHY         - Oh, come bacia…

BILL          - (Apprensivo, lo scruta) Che cosa?

TIMOTHY         - Favolosa.

BILL          - (Dandogli un buffetto sulla guancia) Andiamo, vecchio mio.

TIMOTHY         - (Realizzando) Oh, salve Bill.

BILL          - Ti senti bene?

TIMOTHY         - Meravigliosamente, fantasticamente, proprio fantasticamente bene.

BILL          - Dio sia lodato!

TIMOTHY         - (Si volta verso Polly) E anche la signorina Perkins.

BILL          - Oh, per l’amor di Dio! Non vorrai ricominciare!

TIMOTHY         - Suvvia, Bill, è qui.

BILL          - Dove?

TIMOTHY         - E’ qui in piedi. (a Polly) Sei qui, vero?

                   (Polly annuisce)

                   Lo vedi! Che cosa ti dicevo?

BILL          - Io non ho sentito niente.

TIMOTHY         - Lo credo bene, ha fatto solo un cenno col capo.

                            (Polly lo bacia sull’orecchio, e gli fa il solletico)

BILL          - Ascolta, Tim, se continui così, ti portano via,

TIMOTHY         - (A Polly) Oh, finalmente l’ho provato!

BILL          - Provato cosa?

TIMOTHY         - Senti, Bill…

BILL          - Sentimi tu, invece, e dì a Polly Perkins di farsi mordicchiare il suo orecchio.

POLLY      - Oh, mi piace.

BILL          - (Incalzando) Ma ti rendi conto che hai rovinato tutta la mattina delle nozze di tua figlia…

TIMOTHY         - (A Bill) Taci, la signorina Perkins sta parlando.

BILL          - (Sarcasticamente) Oh, chiedo scusa!

POLLY      - Mi piace…

TIMOTHY         - Che cos’è che ti piace?

POLLY      - Quel nome, Polly.

TIMOTHY         - (A Bill) Lo senti?

BILL          - No.

TIMOTHY         - Le piace.

BILL          - Che cosa?

TIMOTHY         - Polly.

BILL          - Oh, bene. E adesso stammi a sentire, hai già sconvolto Ursula, gridando come hai fatto, perciò, ti scongiuro, vestiti prima di complicare le cose.

TIMOTHY         - Bill, non so come spiegartelo, ma mi è capitata una cosa straordinaria. Lo so, che né tu né gli altri la vedete, mentre io sì, e che questo è un po’ insolito…

BILL          - Chiamalo un po’!

TIMOTHY         - “Ma esistono molte cose in cielo e sulla terra, Orazio”…

BILL          - (Si guarda attorno) Orazio?

TIMOTHY         - Voglio dire che credevo che esistesse solo nella mia immaginazione, fino a che non mi ha baciato.

BILL          - Oh, vedo che hai fatto progressi.

(Entra Daphne, alle loro spalle. E’ vestita ed ha l’aria arrabbiata)

TIMOTHY         - Ti assicuro, Bill, che ho ricevuto parecchi baci, in vita mia, ma che questo mi ha mandato in paradiso.

DAPHNE   - (Sussulta, convinta che Timothy alluda a Bill)

TIMOTHY         - Ti assicuro, Bill, ne sono ancora sconvolto.

DAPHNE   - Timothy!

POLLY      - Uuuh, guardate, quel cappello è uno schianto!

                            (Timothy e Bill sussultano, Timothy afferra Polly e la spinge verso la sala da pranzo)

TIMOTHY         - (Si guarda attorno) Oh, Daphne, sei vestita. Ce l’hai fatta ad entrare nel coso… (mima il busto)

DAPHNE   - (Offesa) Quale coso?

TMOTHY  - (Cambiando argomento) Il cappello. Ti sta molto bene. Bill ed io stavamo giusto…

DAPHNE   - Veramente non so che cosa facevate, tu e Bill… Non so se avete be-uto o che cosa, ma faresti meglio ad andare di sopra e consolare Ursula.

BILL          - Ottima idea.

DAPHNE   - E a proposito, ti dispiacerebbe informare il direttore del Savoy che io non sono la signora Smollett, defunta; non ho dimenticato la mia uniforme; e non sono qui per fare l’inserviente.

                            (Squilla il telefono. Timothy risponde)

TIMOTHY         - Pronto… Oh, è lei, signor Babcock. Tutto bene, dalle parti sue? (ride) Bene, bene…

BILL          - Che cosa dice?

TIMOTHY         - (Con la mano sul microfono) Dice, dove diavolo sono i maledetti fiori. (al telefono) Stavo appunto per mandarle qualcuno, quando è arrivata Polly…

BILL          - (Afferra il ricevitore) Pronto, signor Babcock, sono Bill Shorter, il socio di Tim… Polly?… Ah? Oh, certo, Polly è la nuova gattina…

DAPHNE   - (Si guarda attorno) Gattina?

BILL          - Un regalo di nozze del dr. Drimmond e signora.

DAPHNE   - Un regalo di nozze, nostro?

BILL          - Non c’è problema per i fiori, le manderemo i nostri. Sì, Tim si è ricordato di prendere i nostri. (ride, poi, agli altri) Lui non ride affatto. (al telefono) Li metteremo in un taxi e li manderemo direttamente in chiesa. Sì. Arrivederci.

DAPHNE   - Cos’è questa storia del gatto che ti avremmo regalato?

TIMOTHY         - Prima di tutto: dobbiamo mandare i fiori alla chiesa.

                            (Timothy sta per staccare i fiori dall’abito di Daphne, quando entrano Ursula e Judy. Sono completamente vestite per le nozze)

DAPHNE   - (Opponendosi) Ma è proprio necessario?

JUDY         - (Entrando) Santo cielo, mammina, non è poi una cosa seria!

URSULA   - Beh, mi ha insultata.

JUDY         - Sono sicura che gli dispiace. (a Timothy) Vero che ti dispiace, papà?

TIMOTHY         - Sì, il signor Babcock non me lo perdonerà mai.

URSULA   - (Mentre Tim le toglie i fiori) Ma che diavolo fai, adesso?

TIMOTHY         - Recupero i fiori.

BILL          - Manderemo i nostri a Babcock.

URSULA   - Cosa?

BILL          - Non è il giorno adatto per offendere i vostro neo-parenti-milionari.

TIMOTHY         - (Va verso Judy, con i fiori che ha rapidamente recuperato) Questo è per Nicholas, questo per la signora Babcock, e questo per il signor Babcock (sfila una rosa dal bouquet di Judy)

JUDY         - (Protestando) Ma papà!

TIMOTHY         - Non fare l’egoista, cara, ne hai tanti!

BILL          - E gli altri fiori, dove sono?

URSULA   - In ingresso.

BILL          - Bene. Li metto insieme e li metto tutti in un taxi. Tim, tu vai a vestirti, devi andare in chiesa.

                            (Bill si avvia)

DAPHNE   - Credevo che fosse una lavatrice.

                            (Bill si ferma e tutti si voltano a guardarla)

                   Deve essere stata di Gerald, l’idea di regalar loro un gatto.

URSULA   - Un gatto?

BILL          - Oh, Dio!

TIMOTHY         - Bill, credo che sarà meglio raccontar loro di Polly.

URSULA e JUDY - (Insieme) Polly?

BILL          - Già, Polly è la nuova gattina. (pieno di speranza a Timothy) Non l’abbiamo perduta, vero?

TIMOTHY         - No, l’ho messa in – ehm – (fa un cenno verso la sala da pranzo) con gli altri regali.

JUDY         - Ma dico, papà, che cosa ti prende?

TIMOTHY         - E’ che ho un grosso problema.

URSULA   - E non ti curi neppure di dire che tua figlia è splendida, eh?

TIMOTHY         - No – voglio dire, splendida. Non ho mai visto prima quel vestito, vero?

URSULA   - Ma che cosa possiamo fargli?

BILL          - Cambiarlo. Coraggio, Ursula, dammi una mano. (sbottona l’abito di Tim)

                            (Durante il dialogo che segue lo spogliano e lo rivestono con l’abito da cerimonia)

TIMOTHY         - E Polly?

BILL          - Starà benone. Le lasceremo un gomitolo di lana e una ciotola di latte.

                            (Gerald entra completamente vestito, tenendo sollevati i pantaloni per mostrare i calzini celesti)

GERALD   - E’ tutto quel che ho trovato, credo. Credete che gli altri se ne accorgeranno?

DAPHNE   - Eccome! Vai a cambiarteli.

GERALD   - Sì, cara. Ciao… salve! Perché lo state scartando?

BILL          - Non si preoccupi. Judy, tu occupati di questo. Io vado a radunare i fiori, e lei li metterà in un taxi.

GERALD   - Fiori? Taxi? Che cosa?

BILL          - Andrà da Babcock.

                            (Bill esce. Gerald fa per seguirlo, poi si ferma)

GERALD   - E dove?

DAPHNE   - Che tipo impossibile! (forte) il signor Babcock, in chiesa.

GERALD   - E’ il Vicario?

JUDY         - E’ il padre di Nicholas.

GERALD   - Ah, lui!

DAPHNE   - E vorrei sapere quand’è che hai cambiato idea a proposito della lavatrice.

GERALD   - (Attonito) Che cosa?

DAPHNE   - E spero che i nostri regali stiano bene, là dentro.

GERALD   - I nostri regali? Là dentro?

                            (Va in sala da pranzo e aprendo la porta guarda dentro)

TIMOTHY         - No! Alt! Gerald! Non entrare…

                            (Timothy che sta fra Ursula e Judy fa un passo e inciampa nei pantaloni quando entra Polly. Timothy in fretta si tira su i pantaloni davanti a Polly)

                   - Chiedo scusa, davvero, mi dispiace molto.

URSULA   - Non c’è bisogno che ti mortifichi così, caro, la mamma ha già visto altre volte le tue gambe.

TIMOTHY         - Lo so, ma Polly, no.

DAPHNE   - (Guarda verso la sala da pranzo) Polly?

GERALD   - (Guardando anche lui) Polly?

                            (Entra Bill con la scatola di fiori)

BILL          - Lei esca con questi, signore, le troveremo un taxi.

GERALD   - (Prende la scatola) Molto imprudente, sapete, molto imprudente.

BILL          - Che cosa?

GERALD   - Un gatto e un pappagallo, finiranno per sbranarsi.

                            (Esce con Bill)

BILL          - (Uscendo) Un pappagallo?

TIMOTHY         - (Trafficando con i suoi abiti, sussurra a Polly) Sarà meglio che tu venga con me in chiesa.

URSULA   - Certo che vengo con te.

TIMOTHY         - Bene, sto solamente controllando, tutto qua. (Sussurra a Polly) Così potrò parlarti tranquillamente.

DAPHNE   - Che cosa?

TIMOTHY         - (Ancora sussurrando) Ho detto che non posso parlare tranquillamente.

DAPHNE   - (A Ursula) Ma che cos’ha, quest’uomo?

URSULA   - Non lo so, mamma. Dammi la sua giacca, Judy.

POLLY      - Purché possa sedermi vicino a te.

TIMOTHY         - Sì, mi piacerebbe.

DAPHNE   - Che cosa ti piacerebbe?

TIMOTHY         - (A Daphne) Mi piacerebbe sedermi vicino a te.

DAPHNE   - Sederti vicino a me?

TIMOTHY         - Sì, in chiesa. Così potrei tenerti le mani.

DAPHNE   - Adesso sono sicura che è proprio partito!

URSULA   - Andiamo, caro, mettiti le scarpe.

                            (Entra Bill)

BILL          - Sbrigati, per l’amor del cielo. Le macchine saranno qui a minuti.

DAPHNE   - Ci fermeremo nel parco e prenderemo qualche fiore per noi da qualche parte, in Knightsbridge.

URSULA   - Va bene.

POLLY      - Coglieteli nel Parco.

TIMOTHY         - (Ridendo) Coglierli nel Parco…

                            (Smette di ridere, nel vedere che gli altri lo osservano)

TIMOTHY         - Era Polly.

BIILL         - (Cercando di prenderla sullo scherzo) Oh, ci risiamo con quel dannato gatto?

DAPHNE   - Avrei giurato che era una lavatrice.

URSULA   - Senti, caro, non potremmo riparlare di Polly dopo il matrimonio?

TIMOTHY         - No, potrebbe essersene andata, allora.

DAPHNE   - Quand’è così, mettile il sale sulla coda.

TIMOTHY         - (A Bill) No, Bill, deve venire con me, altrimenti si arrabbierà.

POLLY      - Ooooh, grazie!

URSULA   - (Contemporaneamente a Polly) Se non vieni via subito, non verrai per niente.

                            (Polly lo bacia, mentre Judy prende da parte Ursula)

DAPHNE   - Avresti dovuto parlargli così, vent’anni fa.

JUDY         - Mammina, per favore, è un giorno molto emozionante per papà…

TIMOTHY         - (Reduce dal bacio) Oh, che bacio!

                            (Le donne si voltano e vedono Bill in piedi accanto a Timothy. Bill cerca di risolvere la situazione, con Tim che gli si aggrappa per sostenersi)

TIMOTHY         - Sono ancora sottosopra, Bill.

BILL          - Andiamo.

TIMOTHY         - Ma dove mi porti?

BILL          - A San Barnaba.

TIMOTHY         - No, Bill, non posso lasciare Polly.

BILL          - Devi.

TIMOTHY         - E se poi deve andare?

DAPHNE   - Apri una finestra e metti giù qualche giornale.

POLLY      - Giornale?

                            (Timothy va verso Polly)

TIMOTHY         - Ti dispiacerebbe aspettarmi un momento?

DAPHNE   - No, nel modo più assoluto.

TIMOTHY         - Non dico a te! (spinge Polly in sala da pranzo, gesticolando verso di lei, per tenerla calma e sbatte la porta)

URSULA   - (A Bill) Che cosa sta facendo?

TIMOTHY         - (Ridacchiando) Apro una finestra e metto giù qualche giornale. (vedendo le loro facce) E’ inutile, Bill, devo dirglielo.

BILL          -(Disperato) No, per favore, non farlo.

TIMOTHY         - E’ meglio. Ursula capirà.

BILL          - Non capirà.

TIMOTHY         - Ma sì.

BILL          - Ti dico di no.

TIMOTHY         - Forse sì.

BILL          - No.

URSULA   - Mettimi alla prova!

TIMOTHY         - (A Bill) Lo vedi, vuole che la metta alla prova.

BILL          - E va bene, prova.

TIMOTHY         - Sì, ci proverò. Ascolta, lo so che mi prenderai per matto, chiunque mi prenderebbe per matto. Bill pensa che io lo sia, e (a Daphne) quanto a te, so come la pensi. Non chiedermi di spiegarti, perché non potrei. Non è mai successa una cosa simile, a nessuno. E dapprima non ero sicuro che stesse capitando proprio a me, ma è così.

BILL          - Coraggio, te la cavi bene.

JUDY         - Che c’è, papà?

URSULA   - C’è che mancano cinque minuti a mezzogiorno, ecco che cosa c’è.

TIMOTHY         - Scusami, cara. Non avrei scelto io questo giorno, ma è stato il giorno che ha scelto lei, è difficile dire che cosa è venuto prima. E’ un po’ come la storia dell’uovo e della gallina.

                            (Tutti lo osservano)

BILL          - Vai avanti, figliolo.

(Va a versare un bicchiere per Daphne, e glielo porge, poi uno per Judy e per Ursula)

URSULA   - Caro, chi è che ti ha scelto?

TIMOTHY         - Polly.

DAPHNE   - Il gatto?

TIMOTHY         - No! Non quella Polly, la mia Polly.

JUDY         - La tua Polly…

TIMOTHY         - Sì, una ragazza.

URSULA   - Vorresti dire che hai una relazione?

TIMOTHY         - No – sì – no. Beh, dipende da quello che intendi per relazione.

DAPHNE   - Te l’avevo detto, vent’anni fa, non dovevi fidarti.

URSULA   - Da quanto tempo va avanti?

TIMOTHY         - (Guarda l’orologio) Da un quarto d’ora.

URSULA   - Un quarto d’ora?

BILL          - Non temere, il peggio deve ancora venire.

(Porge i bicchieri a Ursula e a Judy)

TIMOTHY         - Vedi, l’ho conosciuta stamattina.

URSULA   - Stamattina.

TIMOTHY         - Esatto.

JUDY         - Dove?

TIMOTHY         - Dietro il divano.

DAPHNE   - Il divano?

TIMOTHY         - Non c’è stato nessun problema, fino a quando non mi ha baciato.

URSULA   - (Brevemente) Ma bene!

DAPHNE   - (A Ursula, da parte) Te lo dicevo – gli occhi troppo ravvicinati.

TIMOTHY         - Ho tentato di mandarla via, ma dopo che mi ha baciato non sono più riuscito a controllarmi.

DAPHNE   - (A Bill) L’avevo messa in guardia, io.

JUDY         - Prima di tutto, che cosa ci faceva, dietro il divano?

TIMOTHY         - Oh, questo è il punto, vedi. Questa ragazza ha qualcosa di insolito.

BILL          - Cerca di stringere.

TIMOTHY         - Per una qualche inspiegabile ragione, solamente io riesco a vederla.

                            (Un altro silenzio attonito)

TIMOTHY         - La cosa strana è che stavo appunto dicendo a Bill della mia idea di togliere il sonno alle ragazzine, e un momento dopo lei era lì, con un cappellino, i capelli corti, un boa di struzzo, catenine, tutto insieme…

URSULA   - (Gentilmente) Via, Timothy, caro…

BILL          - Stava bene, poi ha battuto la testa contro la porta…

DAPHNE   - Oh! (posa il bicchiere)

URSULA   - Ascolta, chiamiamo il dottore.

TIMOTHY         - Il dottore?

URSULA   - Ti darà un sedativo. Sei troppo affaticato. Il lavoro, il matrimonio,  il signor Babcock, la Perkins-Reggiseni – il direttore del restaurant.

TIMOTHY         - Non mi serve nessun dottore.

BILL          - Te l’avevo detto di stare tranquillo.

URSULA   - Hai preso un colpo alla testa e adesso hai delle allucinazioni.

TIMOTHY         - Non è che la vedo solamente, la sento anche.

DAPHNE   - Ma guarda!

URSULA   - Per favore, mamma! (a Timothy) E’ colpa di tutte quelle pasticche che prendi.

DAPHNE   - Sciocchezze! E’ una vera e propria allucinazione. Gerald una volta aveva un paziente che era stato morso al capo da un cavallo. Per le quarantotto ore che seguirono non fece che parlarne con Lady Godiva.

BILL          - Ma si riprese, poi?

DAPHNE   - Oh, sta benone. Dirige una scuola presso Coventry.

                            (Gerald entra dall’ingresso, sempre con la scatola di fiori)

GERALD   - Non ho capito bene, Daphne. Quale gatto?

DAPHNE   - Eh?

GERALD   - Quando sono uscito, poco fa, qualcuno diceva cose strane a proposito di un gatto.

BILL          - Se fosse rimasto, sarebbe stato meglio.

DAPHNE   - Non ti sei ancora liberato di quei fiori, caro?

GERALD   - Stavo per farlo, poi ho ricordato che qualcuno ha detto qualcosa a proposito di un gatto. Eppure avrei giurato che era una lavatrice.

BILL          - Oh, non ricominciate!

DAPHNE   - Sentite, andiamo tutti in chiesa, non pensiamo più a questa Polly.

GERALD   - Sì. Polly.

DAPHNE   - Il gatto.

GERALD   - Oh, è un gatto. Credevo che fosse un pappagallo.

DAPHNE   - Gerald, per favore, vai a mettere quei fiori in un taxi.

GERALD   - Non serve più il taxi.

DAPHNE   - Perché no?

GERALD   - Le macchine sono arrivate da cinque minuti.

DAPHNE   - Oh, Ursula, guarda che ora è.

URSULA   - Bene, andiamo in chiesa. Dobbiamo solamente decidere chi resterà qui con Timothy in attesa che arrivi il dottore.

TIMOTHY         - Il dottore?

URSULA   - Via, chi si può lasciare a guardia di lui? Tu, Judy farai bene ad andare in chiesa, altrimenti fai brutta figura. (a Bill) Tu, Bill, sei forse il più indicato per rimanere, perché tanto nessuno si accorgerà della tua assenza.

BILL          - Grazie tante!

JUDY         - Non posso andare senza papà!

URSULA   - Lo so che non è la soluzione ideale.

BILL          - Penseranno che si è voluto liberare di Judy.

JUDY         - Appunto.

URSULA   - (A Judy) Non preoccuparti, deve esserci qualcuno qua che può liberarsi di te.

DAPHNE   - Io credo che sarebbe meglio se ci liberassimo di tuo padre.

URSULA   - Perché non aspetti in macchina, mentre decidiamo?

                            (Ursula manda Judy fuori della stanza, poi ritorna)

BILL          - Potrebbe prendere un calmante e vedere il dottore dopo il ricevimento. Non si può fare un matrimonio senza il padre della sposa.

TIMOTHY         - Voglio andare, e so che Polly sarà contenta.

URSULA   - (Prende una decisione) E va bene. d’accordo. Se le piace, portala.

TIMOTHY         - Grazie, cara. (va ad aprire la porta della sala da pranzo e chiama) Polly.

URSULA   - Papà?

GERALD   - (Entrando) Eccomi.

URSULA   - Prendi una delle macchine e porta i fiori a San Barnaba.

GERALD   - San Barnaba. Va bene.

(Nota Timothy che gesticola per far entrare Polly)

GERALD   - (A Timothy) Vedo che sta ancora dirigendo il traffico.

(Gerald esce mentre Polly entra dalla sala da pranzo)

TIMOTHY         - Polly, dunque, hai già conosciuto Bill Shorter, il mio socio. Questa è mia moglie Ursula e questa è mia suocera, la signora Drimmond.

POLLY      - (A Ursula) Piacere. (si siede accanto a Daphne sul divano) Piacere.

                            (Una pausa)

BILL          - (Da parte, a Ursula) Fai finta di stringere la sua mano.

URSULA   - (Stringendo la mano nel vuoto) Piacere.

TIMOTHY         - No, cara, non è lì.

URSULA   - Ah, e dov’è, allora?

TIMOTHY         - Sta seduta vicino a Daphe.

DAPHNE   - (Salta su) Ahh!

URSULA   - Mamma!

TIMOTHY         - Polly, è tutto sistemato, puoi venire con noi in chiesa.

POLLY      - Oh, delizioso!

                            (Gli getta le braccia al collo e lo bacia. Sul volto di lui si disegna la solita aria imbambolata)

BILL          - Rieccolo, credo che sia di nuovo sconvolto. (Squilla il telefono. Bill prende il ricevitore e lo passa a Timothy) E’ per te.

TIMOTHY         - (Al telefono) Pronto, qui sconvolti. Voglio dire, parla Timothy Westerby. – Oh, salve signor Babcock, non si preoccupi per i fiori, perché mio suocero li sta portando – prego? – Oh! (agli altri) dice che non gliene frega niente dei fiori, vuol sapere dove diavolo siamo noi.

BILL          - Questa sì che è una domanda azzeccata.

POLLY      - Che espressioni.

TIMOTHY         - Chiedo scusa, Polly – voglio dire, signor Babcock.

(Bill prende svelto il ricevitore)

BILL          - Pronto, signore, sono ancora Bill Shorter – no, no, non la sta chiamando Polly, era sempre quel maledetto gatto – (agli altri) Vuol sapere di che diavolo sto parlando.

URSULA   - (Gli prende il ricevitore dalle mani) Salve, Charles, parla Ursula. Abbiamo scelto una bella giornata, eh? … sì, c’è stato un piccolo contrattempo. Pare che Timothy si sia quasi rotto una gamba.

DAPHNE   - Ursula! (Afferra il ricevitore)

TIMOTHY         - Quasi rotto una gamba?

BILL          - Calmati!

DAPHNE   - (Al telefono) Pronto, sono la signora Drimmond. Senta, appena lei e Nicholas arrivate in chiesa… (la risposta urlata dall’altro capo del telefono costringe Daphne ad allontanare il ricevitore dall’orecchio) Accidenti! (agli altri) Sono già in chiesa, sta telefonando dalla sacrestia. (al telefono) – No, credo proprio che Ursula avesse ragione, è proprio una brutta frattura…

TIMOTHY         - Una brutta…?

BILL          - Taci!

DAPHNE   - (Al telefono) Sì, una frattura tripla.

TIMOTHY         - Tripla?

DAPHNE   - (A Timothy, perentoria) Taci! (poi, svelta, al telefono) No, non dicevo a lei, signor Babcock. Che cos’è successo? (tutti sorridono) Sì, stava salendo in una delle macchine quando è scivolato… Quel maledetto gatto? Si, molto grazioso. Che buffo, eppure avrei giurato che era una lavatrice! (ancora una osservazione urlata dall’altro capo del filo) Deve essere una parolaccia australiana! (chiude)

                            (Judy entra col velo e col bouquet)

JUDY         - Qualcuno sa in quale macchina devo salire?

URSULA   - Gli autisti lo sapranno di sicuro.

JUDY         - Dicono che credevano di saperlo, ma nonno ha cominciato a organizzare lui le cose.

URSULA   - Non ha importanza in quale macchina sali, tanto vanno tutte a San Barnaba.

JUDY         - Non ne sono sicura. Nonno continua a chiamarla dr. Barnados.

URSULA   - Andiamo, mamma, e anche tu, Bill.

BILL          - Judy, tu tienti forte a tuo padre e fallo salire nella seconda macchina.

JUDY         - (Deliziata) Oh, finalmente, vieni!

TIMOTHY         - Certo che vengo!

JUDY         - Che bello!

TIMOTHY         - E anche Polly.

JUDY         - Polly?

TIMOTHY         - Già, non la conosci ancora, vero?

BILL          - (Interrompendolo) Falla salire in macchina.

TIMOTHY         - Buona idea, Bill.

JUDY         - Vuoi dire che viene con noi?

URSULA   - Sì.

JUDY         - Non ho intenzione di percorrere la navata con papà e la ragazza dei suoi sogni.

URSULA   - Ti prego, cara, non fare la difficile.

POLLY      - Non ti preoccupare, ci siederemo in fondo alla chiesa.

TIMOTHY         - Ecco. L’avete sentita!

TUTTI       - No.

TIMOTHY         - Polly dice che lei ed io possiamo sederci in fondo alla chiesa.

JUDY         - Credevo che saresti stato davanti, con me e con il vicario.

BILL          - Sai che ti dico – la metteremo insieme alle damigelle.

TIMOTHY         - (Offeso) Metterla con le damigelle!

POLLY      - Oh, non eccitarti, Timothy Royston!

                            (Durante le battute che seguono, Daphne e Judy osservano Timothy che ha l’aria di chi conduce una conversazione da solo)

TIMOTHY         - Non ti apprezzano, Polly.

POLLY      - Beh, non deve essere facile, per loro.

TIMOTHY         - Che ragazza dolce, cara e comprensiva, sei – (agli altri) Avete mai visto una ragazza così? No, voi no. E’ semplicemente meravigliosa, così innocente e pura. (a Ursula) E’ proprio come la nostra Judy.

                            (Judy si volta)

                   E dopo la funzione ritorna qui per il ricevimento.

POLLY      - (Deliziata) Oh, tienimi da parte il succo di prugna.

TIMOTHY         - (All’improvviso ridendo) Oh, tenerle da parte il succo di prugna. Ci terrà allegri. Questo viaggio verso la chiesa, Judy, promette bene!

         (Judy scoppia a piangere e corre via dalla stanza)

BILL          - Beh, ecco la sposa!

DAPHNE   - Guarda che cosa hai combinato!

POLLY      - Mi dispiace, Timothy.

TIMOTHY         - Lascia stare, Polly, non è colpa tua.

DAPHNE   - Certo che non è colpa mia.

TIMOTHY         - Non dico a te. Polly stava dicendo…

URSULA   - Non puoi farla stare tranquilla un momento, quella ragazza?

TIMOTHY         - Stava dicendo che le dispiace.

URSULA   - (Guardando nella direzione sbagliata) Beh, che non lo ripeta…

TIMOTHY         - Non è il modo di parlare a un’ospite.

URSULA   - Non l’ho invitata io.

TIMOTHY         - Non ha importanza chi l’ha invitata, è in casa nostra. Andiamo, Polly, prendiamo Judy e andiamo.

URSULA   - Sarà meglio che lasci fare a Bill.

TIMOTHY         - No, spetta a suo padre.

BILL          - Beh, lascia la tua Polly Perkins qui con me.

TIMOTHY         - Non ci penso neanche. Se cerchi un sedere da pizzicare, c’è quello di Daphne. (Esce con Polly)

DAPHNE   - Che cosa?

BILL          - Non preoccuparti, Ursula, ci penso io.

URSULA   - (Porge a Bill gli abiti che avevano tolto a Tim) Ti dispiace metterli nella stanza di Timothy?

BILL          - Bene.

DAPHNE   - Sono frequenti queste cose nella famiglia di tuo marito?

URSULA   - Non mi pare.

DAPHNE   - Com’erano suo padre e sua madre?

BILL          - Normali – assolutamente normali.

                            (Esce con gli abiti)

DAPHNE   - Oh, se Judy avesse detto “sì” tre minuti fa!

URSULA   - Dio mio!

                            (Gerald entra sempre con i fiori in mano)

GERALD   - Ma non venite via?

URSULA   - Santo cielo, non sei ancora andato?

GERALD   - Sono alle prese con quegli autisti.

URSULA   - Ma tu dovresti essere in chiesa!

GERALD   - E’ quello che dicono anche loro. Hanno un funerale questo pomeriggio.

URSULA   - Il signor Babcock sta ancora aspettando.

DAPHNE   - Gli verrà un collasso.

GERALD   - (Alludendo ai calzini) Lo credo. Però non sono poi tanto male.

DAPHNE   - Sono quarant’anni che lo sopporto!

GERALD   - Vuoi che me li cambi?

URSULA e DAPHNE – (Insieme) No.

GERALD   - Bene. Timothy dovrebbe guidare il corteo. A proposito, dov’è?

URSULA   - Verrà tra poco.

DAPHNE   - O magari per niente.

GERALD   - (Fermandosi) Per niente? Accidenti, è il padre di Judy!

DAPHNE   - Ha avuto una crisi.

GERALD   - (Fraintendendola) Non potremmo prenderlo con noi?

DAPHNE   - Gerald, prendi una delle macchine e vai. Qualcuno deve pur rappresentare questa famiglia al matrimonio, e Dio ci aiuti, sembra che questo qualcuno debba essere proprio tu. (lo spinge verso l’ingresso)

URSULA   - Dobbiamo far venire un dottore, appena finito.

DAPHNE   - Già.

GERALD   - Che cosa?

DAPHNE   - Ci sarà bisogno di un dottore.

GERALD   - Oh! (si avvia, si ferma, si volta) Io sono un dottore.

URSULA e DAPHNE – (Insieme) Fuori!

                            (Gerald fa per uscire quando entra Timothy)

TIMOTHY         - E’ inutile. Non posso farci nulla.

GERALD   - Prendi una…

URSULA e DAPHNE - (Insieme) Fuori!

                            (Gerald esce. Timothy vorrebbe seguirlo, ma viene trattenuto)

DAPHNE   - No, non tu, Tim. Dov’è  Ursula?

TIMOTHY         - In camera sua, con una crisi isterica. Va bene. Bill sta cercando di calmarla e di farla scendere.

DAPHNE   - Fortuna che questo avrebbe dovuto essere il giorno più felice della sua vita!

TIMOTHY         - Devo dire che Polly voleva solamente essere gentile…

URSULA   - Mi farai il piacere di dire a Polly di tenere chiuso il suo grazioso becco… (girando a vuoto per la stanza) Se lei non fosse capitata oggi, ragazza mia…

TIMOTHY         - Cara…

URSULA   - (Ignorandolo) Nostra figlia sarebbe stata…

TIMOTHY         - Cara, non è qui.

URSULA   - (Cambiando direzione) Nostra figlia sarebbe stata felicemente…

TIMOTHY         - Ti prego, cara. Non è neppure lì. E’ fuori, in ingresso, che ci aspetta.

DAPHNE   - Non sarebbe successo niente di tutto questo, se non fosse stato per la tua maledetta Polly.

TIMOTHY         - Adesso non sei affatto gentile. Lei non sapeva che era una giornata così importante.

URSULA   - Non dire che non lo sapeva. Lo sapeva, eccome!

DAPHNE   - Non agitarti, Ursula.

URSULA   - Bella trovata, baciarti davanti a me e fare chissà che cosa dietro il divano!

TIMOTHY         - Non ha fatto niente, salvo sconvolgermi un po’, quando l’ho baciata.

URSULA   - Non sapevo che le ragazze ti trovassero così irresistibile.

TIMOTHY         - Perché non dovrebbero trovarmi irresistibile?

DAPHNE   - Posso dare io qualche spiegazione.

TIMOTHY         - Tu stattene zitta. (A Ursula) Tu mi trovati irresistibile, una volta.

URSULA   - Sì, vent’anni fa.

TIMOTHY         - E quella fu l’ultima volta che mi guardasti bene. Di che colore sono i miei occhi?

URSULA   - Oh, non essere ridicolo.

TIMOTHY         - Avanti! (chiude gli occhi) Di che colore?

URSULA   - Azzurri, mi sembra.

TIMOTHY         - Ti sembra solamente.

URSULA   - Sì, azzurri.

TIMOTHY         - Ma non hai trovato niente di insolito, nei miei occhi?

DAPHNE   - Troppo ravvicinati.

                            (Timothy apre gli occhi e guarda Daphne minacciosamente)

TIMOTHY         - Secondo la luce, cambiano dall’azzurro al grigio. Polly l’ha notato immediatamente, come il mio sorriso. Per non parlare della mia aria autoritaria.

URSULA   - Sinceramente, non c’è limite per la vanità!

DAPHNE   - Ursula ha avuto troppo da fare per mandare avanti la casa e tirar su Judy per accorgersi che i tuoi occhi cambiavano colore o della tua aria autoritaria.

                            (Timothy la guarda)

TIMOTHY         - Questo è il punto. Avrebbe dovuto fare in modo da non essere troppo occupata. (indicando verso l’ingresso) Là fuori c’è una meravigliosa ragazza che ha riconosciuto a prima vista le mie piccole qualità nascoste.

URSULA   - Evidente. Mi abbandoni per una piccola ragazzina che ti lusinga…

TIMOTHY         - (Interrompendola) Una sgualdrinella?

URSULA   - Non è così, forse?

DAPHNE   - Non te la prendere, Ursula. Quella ragazza esiste solamente nella sua fantasia.

URSULA   - Già, ed è una sporcacciona.

TIMOTHY         - Polly non è una sgualdrina. E’ una ragazza molto estroversa meravigliosamente dotata.

DAPHNE   - Non è il dottore che ti serve, Ursula, è il divorzio!

TIMOTHY         - E quel che più conta, adora Royston.

DAPHNE   - Quand’è così, prima ci torna, da lui, meglio è.

TIMOTHY         - E’ il mio secondo nome. Quando pronuncia Timothy Royston Westerby, sembra che dica “Gran Gengis Khan”.

URSULA   - Beh, rimarrà un po’ delusa, quando scoprirà che il Gran Gengis Khan non “canta”.

TIMOTHY         - Grazie tante. Grazie davvero. Dobbiamo dunque mettere in piazza tutta la nostra vita coniugale, eh? Bene, sarai servita. (indica Daphne) Hai il Giudice dalla tua.

DAPHNE   - Oh!

                            (Entra Bill)

BILL          - Inutile, non vuole ascoltarmi neppure.

DAPHNE   - Stupida!

BILL          - Si è chiusa dentro a chiave e rifiuta di uscire.

DAPHNE   - Che matrimonio!

URSULA   - Non credi che il Vicario verrebbe qui, vero?

DAPHNE   - No davvero. Vai e cerca di convincerla ad uscire, Ursula.

BILL          - Perdi tempo. Vuole parlare solamente con Tim.

TIMOTHY         - Sarà meglio che vada su io – povera piccola.

DAPHNE   - Povera piccola? La ragazza dà i numeri. (guarda Timothy) E non ha certo preso dalla nostra famiglia.

TIMOTHY         - (A Ursula) Faresti bene a ricordarmi che tua madre sa essere gentile. L’ho dimenticato.

URSULA   - Non c’è bisogno che sia villano con Daphne.

TIMOTHY         - Lei è stata villana con me, e anche tu.

URSULA   - Io no. Sono semplicemente sconvolta dal modo in cui questa ragazza sembra averti conquistato.

TIMOTHY         - Mi hai attaccato sul piano personale.

URSULA   - No.

TIMOTHY         - Sì. (A Bill) E’ così, Bill. Ha detto che il mio Gengis non “canta”.

URSULA   - Beh, non è poi così lontano dal vero, questo.

TIMOTHY         - Lo vedi? (A Daphne) Il giudice Jeffery ha già messo il copricapo nero. Tua figlia vuole dire solamente che una volta, ogni morte di papa, io rientro a casa emotivamente e fisicamente esausto. A questo punto vorrei che le chiedeste perché questo coincide con l’unica notte dell’anno in cui lei decide di buttare la camicia da notte dalla finestra e di dondolare appesa al lampadario.

URSULA   - Uh! Come esageri!

BILL          - Sali da Judy, piuttosto.

                            (Spinge Tim verso la porta mentre Gerald si precipita dentro. E’ senza fiato)

GERALD   - (A Timothy) Ah, la tua macchina c’è.

TIMOTHY         - Sì, grazie. (esce, poi si volta) Quale macchina?

DAPHNE   - Fuori!

(Esce. Gerald entra)

BILL          - Senta un po’, amico mio, come mai è di nuovo qui?

GERALD   - (Ansante) Il vicario – vicario – vicario…

DAPHNE   - Smettila di ripetere, caro.

GERALD   - Babcock – Babcock…

DAPHNE   - Gerald!

GERALD   - Le cose si mettono male in sacrestia.

DAPHNE   - Insomma, che succede, Gerald?

GERALD   - Il signor Babcock e il vicario. In sacrestia.

URSULA   - Ho capito, ma che cosa hanno fatto?

GERALD   - Mi dispiace dirlo, ma per la verità ha perduto la pazienza.

URSULA   - Chi, il vicario?

GERALD   - No, il signor Babcock. E dovevate sentire che frasario!

BILL          - Babcock?

GERALD   - No, il Vicario. Vedete, il mio arrivo non ha convinto molto Babcock. E’ parso piuttosto sconvolto quando tre limousine sono arrivate e sono scese solamente con i fiori.

DAPHNE   - Ma perché diavolo hai preso tre macchine?

GERALD   - Non sono stato io. Io sono salito sulla prima e le altre due ci sono venute dietro.

BILL          - Sì, ma perché?

GERALD   - E’ quel che gli ho chiesto quando siamo arrivati alla chiesa. Evidentemente hanno scambiato il mio viaggio per un segnale che li invitava a partire. Comunque trovo che il Babcock si è comportato molto male, prendendosela col Vicario. Si è precipitato in Sacrestia e l’ha afferrato per la tonaca

                            (Tutti lo guardano)

BILL          - Non mi stupisce che abbia usato un frasario sconveniente.

                            (Gerald ridacchia)

GERALD   - Oh, forse per questo si è arrabbiato. L’ho chiamato Babcock.

(Squilla il telefono. Bill, Ursula e Daphne si scambiano un’occhiata nervosa, nessuno di loro vuole avere a che fare con Babcock)

BILL          - Di nuovo lui!

GERALD   - Non mi fa paura.

(Va a prendere il ricevitore)

DAPHNE   - No! (Lo respinge indietro)

GERALD   - (Stupito) Perché fai così?

DAPHNE   - Hai già combinato abbastanza pasticci.

GERALD   - Sistemerò tutto, non aver paura. (Va al telefono) Statemi a sentire. (solleva il ricevitore) Pronto, qui è il dr. Drimmond. Prima di tutto desidero scusarmi per averla chiamata Babcock, signor Tonaca. E in secondo luogo…

BILL          - Per l’amor del cielo, non passi al secondo luogo.

                            (Gli strappa il telefono dalle mani e parla senza fare pausa)

 Pronto, Babcock, parla Shorter. Capisco benissimo quello che prova. Quel Vicario riesce a far imbestialire chiunque. Ma è proprio quel suo atteggiamento da “io sono più santo di te” che mi… - prego? – (a Ursula) E’ il vicario in persona.

                            (Le porge il telefono)

URSULA   - (Dolcemente) Buongiorno, vicario, mi trova per caso. Stavo appunto salendo in macchina… quale matrimonio? Oh, il matrimonio, sì, stiamo arrivando tutti – saremmo già lì se lei non ci avesse richiamati indietro per rispondere al telefono. – Oh, dica all’organista tra tre minuti al massimo. (copre il microfono con la mano) dice che ha già suonato due volte il pezzo. (al telefono) Va bene, Vicario, a presto.

                            (Entra Timothy con Polly. E’ molto sconvolto ed agitato)

BILL          - L’hai spuntata?

TIMOTHY         - No!

URSULA   - Beh, ha telefonato il vicario, proprio adesso, e ci aspetta entro tre minuti.

TIMOTHY         - Richiamalo di nuovo, e digli che tua figlia ha deciso di non andare affatto in chiesa, oggi.

URSULA   - Cosa?

DAPHNE ) - Non ci credo.

       (                    (insieme)

BILL        ) - Andiamo bene!

TIMOTHY         - Ha detto: o matrimonio civile, o niente.

GERALD   - Che cosa ha detto?

URSULA   - Immagino che tu e Polly sarete soddisfatti.

TIMOTHY         - Non si tratta di Polly e Timothy – si tratta di Judy e di Verginità.

GERALD   - Santa Trinità! Credevo che fosse San Barnaba.

TIMOTHY         - Dice che non si sposa in chiesa, in bianco, perché sarebbe tutta un’ipocrisia.

DAPHNE   - Sciocchezze! Tutte le spose si vestono di bianco.

TIMOTHY         - Non quando la sposa è già stata sedotta dallo sposo.

GERALD   - Perché non ci sbrighiamo. Sono alquanto preoccupato a sapere il Vicario solo con il signor Tonaca.

DAPHNE   - Il matrimonio è andato all’aria. Non hai sentito?

GERALD   - Oh?! Che peccato. (si guarda il vestito) Chissà se c’è qualche corsa a Ascot o da qualche altra parte.

                            (Va a riempirsi il bicchiere di champagne)

TIMOTHY         - Bella roba, per un padre, scoprire certe cose il giorno delle nozze di sua figlia. La credevo pura.

BILL          - Beh, deve essere lo shock.

                            (Polly ride e si siede per terra, al centro, e osserva tutti)

TIMOTHY         - Polly, per favore. C’è poco da ridere.

BILL          - Meno male che qualcuno se ne rende conto.

TIMOTHY         - (Va verso Bill) Non hai mai avuto una figlia, tu.

BILL          - Buon Dio, non è poi tanto grave.

TIMOTHY         - Non è grave?! Non ha ancora vent’anni, e già non è più vergine.

GERALD   - Non è colpa mia!

DAPHNE   - Gerald!

                            (Timothy va verso Ursula inciampando contro Polly. Gerald reagisce come se niente fosse)

TIMOTHY         - Un matrimonio civile è l’unico adatto per quei due.

DAPHNE   - Come fai a far entrare quattrocento persone in un ufficio di Stato Civile?

                            (Timothy torna da Daphne, inciampando su Polly. Gerald sussulta di nuovo)

TIMOTHY         - Beh, non importa. Tanto ne conoscevo a mala pena diciassette.

DAPHNE   - Deve sposarsi oggi.

TIMOTHY         - Oh, per caso è incinta?

DAPHNE   - Hai speso la bellezza di 3.000 sterline per questo matrimonio. Che cosa farai con il ricevimento, i fotografi, lo champagne, i camerieri…

BILL          - Può andare tutto avanti. Le ultime persone di cui si sentirà la mancanza saranno gli sposi.

URSULA   - Gliel’avevo detto, di non dirti niente.

                            (Timothy torna verso Ursula, inciampando in Polly. Gerald trova questo passo molto divertente)

TIMOTHY         - Oh! Dunque l’avevi avvertita di non dirmi niente. Ma non avevi avvertito me, eh? Dunque sapevi tutto, vero?

URSULA   - Sì, e sapevo anche come l’avresti presa.

TIMOTHY         - Cioè? (si mette le mani sui fianchi)

URSULA   - Ti saresti messo a gridare con le mani sui fianchi.

TIMOTHY         - (Gridando) Non sto gridando, e non ho le mani sui… (Smette di gridare e toglie le mani dai fianchi) Oh!

BILL          - Senti, Tim, penso che ci siano cose più importanti…

                            (Timothy va verso Bill, inciampando sul Polly, con Gerald che si unisce a lui e muove i passi all’unisono)

TIMOTHY         - (Alterandosi) Oh, certo, forse tutto questo non ha importanza per un uomo abietto come te…

BILL          - (Gentile) Grazie.

                            (Timothy va verso Ursula ma questa volta non deve scavalcare Polly, perché questa ha ritirato le gambe. Gerald fa per eseguire il saltino, ma rimane deluso nel vedere che Timothy non lo fa)

TIMOTHY         - (A Ursula) Ma si dà il caso che io abbia dei principi antiquati, Ursula, e prima te ne renderai conto…

                            (Gerald lo interrompe battendogli sulla spalla)

GERALD   - Aspetta, non hai fatto ol-là. (Mima il saltino)

TIMOTHY         - (Non capisce) Che cosa?

GERALD   - Op-là.

                            (Ripete la mossa e Timothy decide di ignorarlo)

TIMOTHY         - (A Gerald, indicando il bicchiere nella sua mano) Se fossi in te, lascerei perdere quella roba. Senti, Ursula, ho dei principi molto antiquati…

URSULA   - Ecco che ricominci a gridare e…

TIMOTHY         - Non sto gri… (si ferma di nuovo e si toglie le mani dai fianchi. Poi a Polly) Lo vedi con chi ho a che fare. Hai mai visto una famiglia simile?

POLLY      - Non mi sembrano tanto male.

TIMOTHY         - (Continuando) No, certo. Le persone non si comportavano così, nel 1920.

GERALD   - (Intrigato) Ma con chi sta parlando?

DAPHNE e URSULA – (Insieme) Polly!

GERALD   - (Si guarda attorno, per terra) Oh; pas, pas, pas…

DAPHNE   - Andiamocene! Questa è una gabbia di matti.

                            (Spinge fuori Gerald ed escono)

TIMOTHY         - (A Polly) Vedi bene che razza di donne ho intorno a me. Mia suocera è un drago, mia moglie va con tutti eccetto che con suo marito e mia figlia è una ninfomane.

BILL          - Non direi che una piccola esperienza pre-matrimoniale sia…

TIMOTHY         - Piccola? Se mi ha appena detto…

URSULA   - Gliel’avevo detto di non farlo.

TIMOTHY         - Non l’avrebbero fatto più spesso, se fossero stati costretti da una catena di produzione.

URSULA   - Beh, meglio tardi che mai. Nicholas se la sposa.

TIMOTHY         - Se credi che rimarrò in chiesa mentre il vicario benedice questo vile seduttore.

POLLY      - Suvvia, calmati adesso, Timothy Royston.

TIMOTHY         - Tu non puoi capire i sentimenti di un padre, Polly.

BILL          - E’ di nuovo fuori di sé.

TIMOTHY         - (A Polly) I giovani non si comportano così nel 1920, vero?

POLLY      - Non lo so.

TIMOTHY         - No, certamente. Una ragazza veniva innalzata su un piedistallo, allora, e ammirata e basta. I cavalieri arrivavano in cilindro e abito da cerimonia, e ballavano tutta la notte da Romano. Li hai visti, tutti quei musicals di Hollywood, no?

BILL          - I musicals di Hollywood?

TIMOTHY         - Sì, quelli con Fred Astaire e Ginger Rogers. L’unica cosa che Fred demoliva era l’arredamento.

URSULA   - Ma non siamo più nel 1920.

TIMOTHY         - Tanto peggio, perché una ragazza era veramente corteggiata, allora, al chiarore di luci tenui e a suon di musica e di violini, con chaperons e champagne. Ti assicuro, Bill, una ragazza allora era come una dea.

URSULA   - Già… ma con i piedi saldi sulla terra.

TIMOTHY         - Forse è meglio che fai compagnia a Polly, mentre vado a cambiarmi.

URSULA   - Ti sei già cambiato.

TIMOTHY         - Cambiarmi di nuovo, voglio dire. Niente mi convincerà ad andare avanti con questo matrimonio, ormai.

URSULA e BILL – (Insieme) Oh, Timothy! – Per l’amor del cielo!

TIMOTHY         - No. Ho deciso. (indica Polly) Questa deliziosa giovane creatura mi ha fatto scoprire in che sordida società viviamo oggi.

                            (Va verso l’ingresso, mentre Gerald apre la porta)

GERALD   - Ursula, dov’è…

                            (Nell’aprire la porta, colpisce Timothy alla testa, e questi crolla sulla sedia. Bill e Ursula corrono verso di lui)

                   (Fregandosi le mani) Sai, dovreste fissare questa porta. Continua a sbattere. (di colpo vede Tim) Chi è?

URSULA   - (Dando qualche colpetto sulla guancia di Tim) Timothy!

GERALD   - Poveraccio. (va verso Ursula) Forse, si è stancato, con tutti quei saltini. (si allontana, con un saltino)

BILL          - (A Tim) Come ti senti, amico mio?

GERALD   - A proposito, giù c’è il signor Alcocks. L’ho lasciato in ingresso. (si toglie il soprabito e lo posa sul divano)

BILL          - Alcocks?

GERALD   - Il padre di Nicholas.

BILL e URSULA – Il signor Babcock, vorrai dire!

GERALD   - Più o meno così.

TIMOTHY         - (Riprendendosi) Oh, ehm…

URSULA   - Stai bene?

TIMOTHY         - (Rialzandosi) Oh, sì. (vede Ursula) Come va? Mi fa piacere rivederti. Con molto piacere. Chiedo scusa, ma dovrai rinfrescarmi la memoria…

URSULA   - Rinfrescarti la memoria?

TIMOTHY         - Sì, conosco la tua faccia, ma non so attribuirti un nome.

BILL          - (Tentando) Via, via, piano piano…

TIMOTHY         - (Voltandosi) Ah, salve. Lei deve essere il direttore del restaurant.

BILL          - Il direttore del restaurant…

TIMOTHY         - (Guardandosi attorno) Molto gentile da parte sua renderci omaggio così. Devo dire che avete fatto tutte le cose per bene. Che ne dici del Savoy, Polly?

BILL          - Il Savoy?

POLLY      - E’ super.

TIMOTHY         - (Ridacchiando) Super! (vede Gerald) Ah, facchino. Alla Reception c’è il nostro bagaglio. Le dispiace prenderlo e portarlo nell’appartamento matrimoniale?

                            (Porge a Gerald una banconota da 1 sterlina, Gerald esce, intrigato, guardando il denaro)

                   (Voltandosi a Bill) So che non è compito suo, ma non potrebbe portare la macchina in garage?

BILL          - La macchina?

TIMOTHY         - Non può sbagliarsi, è l’ultimo modello della Rolls.

BILL          - Proprio l’ultimo?

TIMOTHY         - Sì, del 1926.

URSULA e BILL – (Insieme) 1926!

TIMOTHY         - (Voltandosi verso Polly) Allora, se  sei pronta, firmo il Registro e porto la mia sposa in camera da letto.

                            (Bill e Ursula si aggrappano l’uno all’altra, mentre entra Daphne)

DAPHNE   - Ursula, noi donne non dobbiamo transigere…

TIMOTHY         - La Regina Mary! (si inginocchia) Maestà!

DAPHNE   - Aaaah! (si volta e fugge via)

CALA IL SIPARIO

ATTO SECONDO

Stessa scena – L’azione è continua.

BILL          - (Lentamente) Hai detto portare la sposina in camera da letto?

TIMOTHY         - Questa è una gran bella idea, vecchio mio, davvero.

URSULA   - Timothy.

TIMOTHY         - (Si guarda intorno) Timothy?

URSULA   - Non credi che sarebbe meglio…

TIMOTHY         - (Interrompendola) Mi permetta prima di tutto di presentarmi. Royston Westerby.

URSULA   - Royston?

TIMOTHY         - Sì. (Le prende la mano e la bacia) Molto lieto, madame. E’ molto tempo che alloggia al Savoy?

URSULA   - Sono appena arrivata.

TIMOTHY         - Eppure sono sicuro che ci siamo già incontrati altrove. Non è stato da Romano, martedì scorso?

URSULA   - (Lo guarda esterrefatta) Prego?

TIMOTHY         - Bunty Pinkerton, 21. (a Polly) Meraviglioso, vero?

POLLY      - Straordinario.

BILL          - (Sforzandosi di essere calmo) Di sotto c’è il signor Babcock.

TIMOTHY         - (Eccitato) Babcock? Forse quel Babcock?

URSULA e BILL – (Insieme) Già! Proprio lui. E’ qui.

TIMOTHY         - Babcock, il milionario di Hollywood? Il magnate del cinema? Ci considera i Fred Astaire e Ginger Rogers inglesi. (canta) “Non danzerò – non chiedermelo”…

BILL          - No, non lo farò.

TIMOTHY         - Il signor Babcock ci ha visti al Tivoli nelle “Follie” del 1926. (assume un’altra posa)

URSULA   - Il signor Babcock è qui per il matrimonio.

TIMOTHY         - Beh, s’è deciso tardi. Ci siamo sposati stamattina a San Barnaba.

URSULA   - Hai detto “ci”…

TIMOTHY         - (Interrompendola) Un momento. Tu eri la ragazza in Principe di Galles al baraccone di Tubby Carrington?

URSULA   - No, non mi sembra.

TIMOTHY         - Bene. Dunque, come ho detto nella lettera…

BILL          - Quale lettera?

TIMOTHY         - Quando ho ordinato il tuo vestito da sposa.

BILL          - Oh, quella lettera.

TIMOTHY         - Abbiamo appunto intenzione di stare qui un paio di giorni, prima di partire per la luna di miele nel sud della Francia. (a Ursula) Per quanto, se continua a fare questo tempo, potremmo annullare Montecarlo e passare qui la luna di miele.

URSULA   - Mi sembra un’idea eccellente.

TIMOTHY         - (A Bill) Se mi fa vedere il menu, la sposina ed io potremmo pranzare sulla Terrazza.

BILL          - Benissimo, signore.

POLLY      - Non si potrebbe pranzare in camera, Royston?

TIMOTHY         - Questa è un’idea ancora migliore, bambola. (a Bill) Può provvedere?

BILL          - Non ho ben capito quello che ha detto la signora.

TIMOTHY         - Pranzeremo in camera.

URSULA   - Ah, sì.

TIMOTHY         - Io e la mia pulcinotta.

URSULA   - Beh, tu e la tua pulcinotta, non è possibile.

TIMOTHY         - Prego?

BILL          - Oggi non c’è servizio di camera.

TIMOTHY         - Che scocciatura, questi scioperi generali del cavolo! (a Polly) Beh, anche un pranzetto sulla terrazza non è male, bambola. (poi a Bill) E poi, nel pomeriggio, faremo una puntata sul fiume.

BILL          - Fiume?Quale fiume?

TIMOTHY         - Sul Tamigi.

BILL          - (A Ursula) Tamigi?

TIMOTHY         - E’ previsto dal programma nuziale.

BILL          - Ah,sì?

TIMOTHY         - E’ indicato nei vostri depliants.

BILL          - (A Ursula) Beh, se l’abbiamo messo nei dépliants…

TIMOTHY         - (A Ursula) Mi dica, c’è stata?

URSULA   - No, ma sono sempre pronta…

                            (Gerald irrompe dall’ingresso)

GERALD   - Non vuole andarsene.

TIMOTHY         - (A Gerald) Ah, facchino, è qui. Non dimentichi di prendere quei bagagli e di portarli nell’appartamento nuziale. (porge un’altra banconota da una sterlina a Gerald)

GERALD   - (Inchinandosi) No, signore. Grazie, signore.

BILL          - Dov’è Babcock?

GERALD   - Giù in ingresso. (indica Tim) Vuol parlare con il signore.

TIMOTHY         - Vuol vedere me? (incomincia a cantare e ballare “top hat, putting on my top hat”) Lo riceverò subito.

URSULA   - (Arrestandolo) No!

TIMOTHY         - Hai ragione. Non bisogna apparire troppo frettolosi.

URSULA   - (A Bill) Bill, portalo via da qui, attraverso la cucina.

TIMOTHY         - La cucina? Divi del nostro calibro non possono filarsela attraverso la cucina.

BILL          - E’ il modo migliore per eludere i fans.

                            (Bill sospinge Timothy verso la sala da pranzo)

TIMOTHY         - (All’improvviso) Per Giorgio, ci sono!

BILL          - Oh, Dio!

TIMOTHY         - (A Ursula) Lei è Lady Barrington Perkins!

URSULA   - Cosa?

TIMOTHY         - Lei è Lady Barrington Perkins.

URSULA   - Dice?

BILL          - Sì.

                            (Spinge fuori Timothy. Timothy torna indietro per prendere Polly, che saltellando esce per la sala da pranzo. Tim la segue trillando e saltellando)

GERALD   - (Molto intrigato) Beh, ha fatto parecchie stranezze, oggi, ma questa passa i limiti. (mima quello che ha visto fare da Tim, ma inciampa e cade)

URSULA   - Bill, vai a prendere scalpello e martello e cerca di aprire la porta di Judy.

BILL          - Ho già sentito parlare di matrimoni a fucilate, ma questo è ridicolo.

                            (Bill va in ingresso e Timothy rientra dalla sala da pranzo. Porge a Gerald una banconota da una sterlina)

TIMOTHY         - I bagagli – all’appartamento nuziale, per favore.

                            (Esce in sala da pranzo lasciando uno Gerald perplesso)

GERALD   - Sissignore. Grazie infinite, signore. (prendendo la banconota) Vi dispiacerebbe dirmi, qualcuno…

URSULA   - No, non possono. Dove hai nascosto esattamente il signor Babcock?

GERALD   - Giù, in ingresso, e non si muoverà finché non avrà visto Timothy.

URSULA   - Oh, mio Dio!

GERALD   - E sembra anche molto su di giri. Forse Timothy potrebbe rabbonirlo con qualche buffonata. (ripete i saltelli)

URSULA   - No. Tu resta a bada della fortezza con il signor Babcock, ed io cercherò di dare una mano a Bill con Judy. La trascinerò qui, dovessi farla a pezzi.

BABCOCK         - (Fuori) Signor Westerby? Signor Westerby!

URSULA   - E’ il signor Babcock?

BABCOCK         -  (Fuori) Signor Westerby, dove diavolo s’è cacciato?

GERALD   - E’ il signor Babcock, proprio lui. (si infila la giacca)

                            (Entra Charles Babcock dal centro. E’ un imponente uomo sulla cinquantina, abbronzato, e parla con un forte accento australiano. Indossa un abito da cerimonia e cappello a cilindro. Si sforza di controllarsi)

BABCOCK         - Sto cercando il signor Westerby.

URSULA   - (Allegramente) Lei deve essere il signor Babcock; il signor Babcock, padre. Si accomodi, signor Babcock. Molto lieta – io sono Ursula Westerby.

BABCOCK         - Oh, sono lieto di fare la sua conoscenza. Ma come mai non siete ancora in chiesa?

URSULA   - Prima di tutto le cose più importanti. (a Gerald) Offri un po’ di campagne al signor Babcock, papà.

GERALD   - Lo champagne arriva, signore. (va ad aprire una delle bottiglie di champagne)

URSULA   - (A Babcock) Straordinario, proprio straordinario. Sa una cosa, è proprio come me l’ero immaginato, solamente più giovane.

BABCOCK         - Signora, fuori della chiesa, c’è il caos!

URSULA   - (Vivacemente) Già. (sospingendolo verso il divano) E adesso si sieda, e stia comodo come se fosse a casa sua, solamente non dimentichi che le macchine sono qui, e perciò non perdiamo tempo in chiacchiere.

BABCOCK         - (Esasperato) Senta, stanno già arrivando gli invitati al matrimonio successivo.

URSULA   - E non si preoccupi per Judy. (in fretta) Non ce n’è assolutamente bisogno. E’ assolutamente ehm – beh, emozionata non è la parola esatta – è decisamente sconvolta, vero papà?

GERALD   - Eh? Che hai detto?

URSULA   - Ho detto che Judy è assolutamente sconvolta.

GERALD   - Oh, sì. Non vuole uscire.

                            (Ursula ride allegramente)

URSULA   - Non vuole uscire a ammetterlo. Ma noi la conosciamo, la conosciamo benissimo. Non così bene come il suo Nicholas, naturalmente – (di colpo si ferma, realizzando il significato di ciò che ha detto) Adesso lei si chiederà come mai Judy non è esattamente – ehm – precisamente – completamente – al cento per cento – pronta.

BABCOCK         - Giustissimo.

URSULA   - Già. Tutto andava liscio e puntuale come un orologio, solamente un piccolo inconveniente con una scucitura all’orlo del vestito – ma lei sa come sono i vestiti, oggigiorno. Forse il filo che usano. Dunque, dov’ero rimasta?

BABCOCK         - Che tutto andava liscio e puntuale come un orologio.

URSULA   - Quando Timothy ha avuto quel disgraziato incidente, che se non sbaglio le ho accennato quando ha telefonato.

BABCOCK         - (Annuisce)

GERALD   - (Avvicinandosi con lo champagne) Se non sbaglio lei ha telefonato più di una volta, vero, signore?

BABCOCK         - Tre maledette volte.

GERALD   - Già, proprio tre maledette volte.

URSULA   - E’ proprio una scarogna, per Timothy, eh? Rompersi l’osso del collo proprio il giorno del matrimonio di sua figlia!

                            (Babcock ha un’espressione incredula)

Una gamba. Era sul punto di uscire con Judy, e in effetti stavano già per avviarsi alle scale, quando ha inciampato…

BABCOCK         - …in un gatto, un certo Polly.

GERALD  - Veramente, una gatta, signore.

BABCOCK         - (A Ursula) E sua madre credeva che fosse una lavatrice.

URSULA   - Già.

BABCOCK         - Ha anche parlato di una tripla frattura.

URSULA   - Già. Se l’è rotta in tre punti. E quando dico tre punti, non vuol dire che è caduto tre volte.

                            (Babcock scuote la testa)

                   Voglio dire che se l’è rotta in tre…

BABCOCK         - … in tre maledetti punti.

URSULA   - Appunto.

BABCOCK         - Signora Westerby, vorrei vedere suo marito.

URSULA   - (Nervosamente) Vederlo?

BABCOCK         - Sì. Vorrei sapere se questo matrimonio si farà.

URSULA   - Ma certo che si farà!

BABCOCK         - E allora, vorrei cinque minuti di serena conversazione con suo - marito.

URSULA   - E’ quello che vorremmo tutti.

BABCOCK         - Si spieghi.

URSULA   - Voglio dire, il signor Westerby è andato a St. Thomas.

BABCOCK         - St. Thomas? Non mi meraviglio. E’ andato alla chiesa sbagliata. Noi siamo tutti a San Barnaba.

URSULA   - No, no, no, St. Thomas è un ospedale.

BABCOCK         - Il signor Westerby è in ospedale?

URSULA   - (Riflettendo) Ehm – come ha detto?

BABCOCK         - Ho detto: il signor Westerby è all’ospedale?

GERALD   - Se parla di Timothy, era qui un istante fa.

URSULA   - Oh, sì, certo. Che stupida. Ho dimenticato. (a Babcock) Ma tutto bendato.

BABCOCK         - Tutto…

URSULA   - (Rapidamente) Bendato.

GERALD   - Dunque, posso vederlo.

URSULA   - Vedere chi?

BABCOCK         - Suo marito.

URSULA   - Ehm – no. Adesso è di sopra e si sta riposando. Avevo dimenticato.

BABCOCK         - A quanto vedo, non ha molta memoria, signora Westerby.

URSULA   - Sa com’è, è una giornata di quelle!…

BABCOCK         - Beh, andrò di sopra a salutarlo.

URSULA   - No! Farò scendere lui. (esitando) Se ci metto un po’, è perché probabilmente non trovo la stampella.

BABCOCK         - Beh, cerchi di trovarla presto, perché non me ne andrò di qui finché non avrò visto suo marito e la sposa.

URSULA   - (Raggiunge la porta) Tra due minuti, al massimo. Ehm – (poi allegramente) Non è che le piacerebbe andare avanti, con mio padre, vero?

BABCOCK         - E’ escluso.

URSULA   - No. Che sciocca, ha ragione, meglio andare tutti insieme, no?

BABCOCK         - Giustissimo.

URSULA   - Già, questa è una grande e unita famiglia.

                            (Ride allegramente ed esce)

GERALD   - Non so proprio cos’abbia da ridere tanto. A proposito, voglio scusarmi per chiamarla Babcock, signor Alcock. Non so come mai insisto. Voglio dire, non è che abbia mai conosciuto qualcuno che si chiamasse Babcock. Posso versargliene un altro goccino?

BABCOCK         - No. Un bel goccione.

GERALD   - (Prende lo champagne) Il goccione arriva, signore. Voglio dire, non è un nome sciocco? (versa lo champagne) Babcock, eh? Mi fa venire in mente, a scuola avevamo un ragazzo che si chiamava Haddock. Lo chiamavamo muso di pesce. (tossicchia, poi si ferma) No, mi sbaglio, quello era Salmone. Beh, alla salute!

BABCOK  - (Scialbamente) Alla salute.

                            (Bevono)

GERALD   - I nomi a volte sono buffi, signor Pollock.

                            (Si siede a fianco di Babcock, e incidentalmente gli schiaccia il cappello a cilindro. Babcock chiude gli occhi angosciato, ma Gerald, incurante di quel che ha combinato, continua senza riguardi)

                   - Non è mai stato il mio forte, sa? Anche quando esercitavo, non chiamavo mai i pazienti col loro nome. Ricordo che una volta c’era in infermeria una certa signora Shufflebothom. Ora, un nome simile non è facile da dimenticare, no? Beh, lei era là, seduta in infermeria, e io le dissi…

BABCOCK- Le dispiacerebbe alzarsi?

GERALD   - No, non quello. Le dissi…

BABCOCK         - (Sforzandosi ancora di controllare la sua rabbia) Si è seduto sul mio cappello.

GERALD   - No, niente del genere. Seduto sul mio cappello, ma dico! No, dissi… (di colpo) Oh! (salta su) Oh, mi dispiace. Le chiedo scusa…

                            (Si alza e prende il cappello schiacciato. Mentre Babcock e lui lo guardano, si sente un gran baccano provenire dal piano di sopra)

BABCOCK - Che diavolo è?

                            (Entra Daphne)

DAPHNE   - Gerald, vieni un po’. Credo che Ursula stia per uccidere… (di colpo vede Babcock) Oh! (corre da Babcock) Lei deve essere il signor Babcock. Non sembra quasi un matrimonio, eh? Il sole canta, gli uccelli brillano… (vede il cappello tra le mani di Gerald) Che gli è successo?

GERALD   - Devo essermici seduto sopra.

DAPHNE   - (arrabbiata) Oh, Gerald, sei uno sbadato! (Gli strappa il cappello dalle mani) Ma insomma! (In un tentativo di stenderlo, lo sfonda con la mano) Guarda che ho fatto, per colpa tua. Dovrai far senza, adesso.

GERALD   - Non è il mio – è il suo!

DAPHNE   - (Senza fiato) Oh! (poi dolcemente a Babcock) Gliene daremo subito un altro. (a Gerald) Gerald! (poi sussurrando) Devi aiutare a sfilare la porta, corri!

GERALD   - (A Babcock) Mi ricordi di dirle quello che dissi a quella donna in infermeria.

DAPHNE   - Quale donna?

BABCOCK         - La signora Wagglebotham.

GERALD   - Mi pareva che fosse Shufflebotham.

DAPHNE   - Gerald! Vuoi venire? Stanno aspettando te.

                            (Lo spinge in ingresso. Escono, con Daphne che lancia a Babcock uno smagliante sorriso prima di chiudersi la porta alle spalle. Babcock è sconvolto, scuote la testa, guarda lo champagne e decide che un bel whisky e soda è preferibile. Va a versarsene. Volge le spalle alla sala da pranzo quando entra Timothy. Timothy, senza vedere Babcock, si guarda intorno alla ricerca del direttore. Finalmente vede Babcock)

TIMOTHY         - Salve.

                            (Babcock che sta schizzando la soda nel whisky, sussulta e si schizza indosso la soda)

                   Spiacente.

BABCOCK         - Perfetto. Adesso l’opera di devastazione è completa.

TIMOTHY         - (Asciugandolo) Sono molto mortificato, mi scusi.

BABCOCK         - Non importa, non importa.

TIMOTHY         - Si trattiene?

BABCOCK         - Non più del necessario.

TIMOTHY         - Ma guarda. Non è molto soddisfatto del servizio, dunque?

BABCOCK         - Il servizio? Non mi pare che ce ne sia. Immagino che lei sia un ospite, vero?

TIMOTHY         - Sono appena arrivato. Veramente cercavo il personale.

BABCOCK         - Non troverà nessun personale. L’unico personale che ci vuole, è di quelli col camice bianco.

TIMOTHY         - Beh, se non c’è nessun cameriere in giro, mi servirò da me, giusto?

BABCOCK         - Si accomodi.

                            (Timothy si versa un whisky)

TIMOTHY         - E’ tutta colpa di quel maledetto sciopero generale, sa?

BABCOCK         - Sapevo che era una cosa seria, ma non sapevo che fosse generale.

TIMOTHY         - Oh, sì, ed ora si è esteso a tutto il paese. La notizia si è sparsa via radio, sa, ieri sera.

BABCOCK         - Via – ehm – che radio?

TIMOTHY         - La radio. Ce l’abbiamo, sa?

BABCOCK         - Ah sì.

TIMOTHY         - Certo. Si è saputo proprio mentre giocherellavamo coi baffi del gatto.

BABCOCK         - Quel gatto maledetto è ancora in giro.

TIMOTHY         - Io non me ne preoccuperei troppo, perché il signor Baldwin metterà presto le cose a posto.

BABCOCK         - Il signor chi?

TIMOTHY         - Chi?! Ma il nostro Primo Ministro!

BABCOCK         - Ah, sì?

TIMOTHY         - Già. E lavora sodo. (Leva il bicchiere) Alla salute di Stanley Baldwin.

BABCOCK         - (Levando a sua volta il bicchiere) A Stanley Baldwin! Ho già sentito di fuori classe che emergono, ma questo, da dove viene?

TIMOTHY         - Oh, se ne sente parlare già da qualche anno. Alla saute!

BABCOCK         - Alla salute!

TIMOTHY         - Badi bene, io penso che il paese farebbe cosa saggia a richiamare Lloyd Gorge.

                            (Babcock cerca di vederci chiaro)

BABCOCK         - (Debolmente)     Ah, sì?

TIMOTHY         - Certo. E’ il tipo adatto per la diplomazia armata. Non ha sentito parlare molto del Kaiser, ultimamente, vero?

BABCOCH         - (dopo una pausa) Potrei avere ancora un po’ di soda, per favore?

TIMOTHY         - (portandogli il sifone) Ma certo. Se non c’è nessuno, bisogna fare da soli, vero signor… ehm –

BABCOCK         - Babcock.

TIMOTHY         - Babcock?!

                            (Inavvertitamente schizza la soda direttamente nel bicchiere di Babcock, il contenuto gli schizza addosso)

BABCOCK         - (offeso) Ma che cosa sta facendo?

TIMOTHY         - Le chiedo scusa. (asciugandolo) Sinceramente.

BABCOCK         - (Prende il fazzoletto) Va bene. Faccio io.

TIMOTHY         - E’ davvero il signor Babcock?

BABCOCK         - Sì, e comincio a desiderare di non esserlo.      

TIMOTHY         - E’ semplicemente splendido! (versa di nuovo la soda)

BABCOCK         - (Retrocedendo) Le dispiace posare quel coso?

(Timothy posa il sifone)

TIMOTHY         - Non si ricorda di me, signor Babcock?

BABCOCK         - Non mi sembra.

TIMOTHY         - Le “Follie”.

BABCOCK         - Le cosa?

TIMOTHY         - Vuol vedere il mio “Black Bottom”?

BABCOCK         - Chiedo scusa…?!

                            (Timothy decide di aiutare la sua memoria movendo qualche passo di danza e cantando “The Black Bottom”. Babcock fa qualche passo verso la porta)

TIMOTHY         - (Fermandosi) Ecco fatto.

BABCOCK         - Grazie, molto divertente.

TIMOTHY         - Lei non ricorda ancora?

BABCOCK         - No, proprio no. E se vuole scusarmi, credo che andrò a scambiare due parole…

TIMOTHY         - (Fermandolo) Tivoli!

BABCOCK         - Prego?

TIMOTHY         - Mi ha visto al Tivoli. Deve riconoscermi.

BABCOCK         - Vorrei poterla aiutare, ma non posso.

TIMOTHY         - Certo, adesso non sono truccato.

BABCOCK         - Saggia decisione.

(Babcock sta cercando una via di scampo)

TIMOTHY         - Signor Babcock, io sono la sua alternativa a Fred! (Si atteggia)

BABCOCK         - Prego?

TIMOTHY         - E voglio mostrarle la mia coniglietta.

BABCOCK         - No, grazie.

TIMOTHY         - C’è qualcuno qui, che potrebbe essere un’altra Ginger.

BABCOCK         - Grazie dell’informazione.

TIMOTHY         - (Apre la porta della sala da pranzo) Vieni avanti, dolcezza.

(Entra Polly e balla attorno a Babcock, il quale ovviamente non la vede. Lei canta “I want to be happy”)

Che gliene pare?

BABCOCK - (Guardandosi attorno) Chi? (Polly balla il tip tap)

TIMOTHY         - (Indicando i piedi di lei) L’altra metà del numero.

BABCOCK         - (Guardando per terra) Cos’è, un’idea di spettacolo?

TIMOTHY         - (Ridendo) La smetta di scherzare, signor Babcock. Guardi piuttosto alle possibilità. Che cos’ha, Ginger, che questa figliola non ha?

BABCOCK         - Non saprei. (retrocede verso l’ingresso)

                            (Polly smette di ballare e cantare. Timothy applaude)

TIMOTHY         - Deliziosa, cara. (a Babcock) Ehi, dove va?

BABCOCK         - Sono già in ritardo per un impegno molto importante.

TIMOTHY         - Non ha ancora visto che cosa sappiamo fare insieme.

BABCOCK         - No, grazie.

TIMOTHY         - Abbiamo avuto un gran colpo negli affari.

BABCOCK         - Felice per voi.

                            (Timothy e Polly cantano e ballano “Over my shoulder”. Babcock in punta di piedi cerca di filarsela, ma entra Ursula)

URSULA   - (Allegramente) Ecco qua, quasi pronti. Judy sarà qui a momenti. (a Timothy) Ma che cosa fai qui?

TIMOTHY         - (Sempre ballando) Un’audizione per il signor Babcock.

URSULA   - (Ride allegra) Oh, deliziosa. (a Babcock) Non è delizioso? (apprensiva, a Tim) E Polly?

TIMOTHY         - Sì, c’è anche lei.

BABCOCK         - Ma chi è questo tipo?

URSULA   - (Una pausa – poi decisa) Non so.

TIMOTHY         - (A Ursula) Siccome non sono truccato, non mi riconosce. (Poi fiero, a Babcock) Royston Westerby.

BABCOCK         - Westerby? Vuol dire che questo tipo è un parente?

TIMOTHY         - E questa è la mia nuova mogliettina, Polly Perkins.

                            (Lui e Polly cominciano a cantare e ballare “Heaven, I’m in heaven”)

BABCOCK         - Credevo che avesse detto che non lo conosceva.

URSULA   - Non sapevo che fosse qui. E’ un cugino.

BABCOCK         - Cugino?

URSULA   - Di mio marito.

BABCOCK         - Dio Onnipotente!

URSULA   - Oh, sta bene. E’ stato allontanato due volte.

                            (Tim e Polly continuano a ballare per Babcock)

BABCOCK         - E sta per arrivare la terza.

URSULA   - Oh, è abbastanza innocuo. Non lo frequentiamo molto.

BABCOCK         - Lo credo bene. Di dov’è?

URSULA   - Basingstoke.

BABCOCK         - Basingstoke?

URSULA   - Nell’Hants.

BABCOCK         - Ne so come prima.

URSULA   - Non lontano dall’Hampshire.

BABCOCK         - L’anno scorso abbiamo avuto un caso analogo, nel Queensland.

URSULA   - Oh, davvero?

BABCOCK         - Aveva bevuto un insetticida.

(Timothy e Polly ballano al centro, poi lei va verso sinistra e Timothy si esibisce in un assolo, al centro)

                   Ci sono molte pecore, a Basingstoke?

URSULA   - Non molte, no.

BABCOCK         - (Osservando Tim) Beh, deve esserselo preso da qualche parte.

TIMOTHY         - (Senza successo tenta uno scambio. Indicando Polly) Non è deliziosa, signor Babcock?

BABCOCK         - (Va dove era prima Polly) E questa sua fissazione femminile?

URSULA   - Femminile, cosa?

BABCOCK         - Quella che secondo lui balla con lui – assomiglia troppo a Ginger.

URSULA   - Oh, gliene ha parlato?

BABCOCK         - Spero che la malattia del cugino Royston non si estenda alla famiglia.

URSULA   - Oh, santo cielo, no. E da parte della mia famiglia siamo sani come pesci.

                            (Gerald si affaccia dall’ingresso)

GERALD   - Siamo tutti liberi, adesso.

URSULA   - Perfetto. (a Babcock) La porta, c’è stato un piccolo contrattempo con la porta.

BABCOCK         - Capito.

                            (Timothy e Polly hanno smesso di ballare)

TIMOTHY         - E il contratto, signor Babcock?

BABCOCK         - Contratto?

TIMOTHY         - Per il suo nuovo musical di Hollywood.

URSULA   - Per favore, un’altra volta!

TIMOTHY         - Sì, un’altra maledetta volta!

POLLY      - Oh, che frasario!

TIMOTHY         - Mi è scappata, Polly.

BABCOCK         - Se potessi, l’affogherei, quella maledetta Polly.

TIMOTHY         - (A Polly) Meglio che aspetti fuori, mentre discuto le clausole.

POLLY      - Okay, Royston. Ciaooo! (svolazza via)

TIMOTHY         - A dopo. Ciaooo!

(Lei esce in ingresso. Timothy la segue con gli occhi)

GERALD   - Arriva…

                            (Entra Judy con Daphne)

DAPHNE   - La nonna ha risolto tutto, e la nostra sposina è pronta per partire.

TIMOTHY         - (A Judy) Dio santo, che coincidenza. Mi sono sposato solo stamattina.

JUDY         - Tu cosa?

URSULA   - (Cercando di intervenire) Un momento, Royston.

TIMOTHY         - (A Judy) Sì, Royston Westerby. (Le stringe la mano) Sono lieto di fare la sua conoscenza. Dirò al facchino di portare su il suo bagaglio.

                            (Lei scoppia a piangere e corre fuori)

BABCOCK         - Era la sposa?

URSULA   - Sì, è la mia piccola Judy.

TIMOTHY         - Dio santo, non sapevo che lei fosse la madre della sposa, Lady Barrington!

BABCOCK - Lady Barrington!

URSULA   - Il mio nome da ragazza, ho perduto il titolo quando mi sono sposata.

                            (Daphne, che da quando è entrata non ha capito nulla, di colpo lancia un grido e comincia a pestare i piedi come una bambina capricciosa)

DAPHNE   - Ahhh!

GERALD   - Cos’hai vecchia mia, il busto?

DAPHNE   - (Sussultando) Ahhh!

BABCOCK         - Accidenti!

URSULA   - Mamma, ti prego…

                            (Daphne piagnucola)

GERALD   - E’ urgente. Vado su a prenderla e la porto giù.

TIMOTHY         - (A Ursula) Forse è meglio sorvegliare che questo facchino non si prenda troppa confidenza.

DAPHNE   - Ahhh!

                            (Daphne, Gerald e Timothy escono)

BABCOCK         - Pfiuu!

URSULA   - Spero che la signora Babcock non stia in pensiero per lei, signor Babcock.

BABCOCK         - Non si preoccupi per la signora Babcock, sono io che mi preoccupo per me.

URSULA   - Già, siamo tutti così ansiosi di conoscerla.

BABCOCK         - C’è solo una persona che muoio dalla voglia di conoscere, ed è il signor Westerby.

URSULA   - Già.

BABCOCK         - E non alludo a quel curioso cugino Royston.

URSULA   - No.

BABCOCK         - Perciò, senza riguardo per la sua stampella e le sue bende, vado a trovarlo, di sopra.

URSULA   - Preferirei proprio tanto, tanto, di no.

BABCOCK         - Senta bene, se non parlo, e subito, con suo marito, mando tutto all’aria!

URSULA   - Oh, no!

BABCOCK         - Sì, e lo farò. Non voglio che mio figlio sposi una famiglia di pazzi. Deve esserci una persona con la testa a posto, in questa casa, e mi auguro che sia suo marito.

                            (Entra Bill)

BILL          - Non aver paura, Ursula, tutto è a posto. Judy è…

URSULA   - (Interrompendolo) Lupus in fabula.

BILL          - (Senza capire) Eh?

URSULA   - Salve, caro. (Lo bacia a lungo e lo prende per un braccio)

BILL          - (Confuso) Oh, salve. (Ursula indica Babcock, sussurrando il suo nome) Oh, lei deve essere il signor Babcock. (Gli stringe la mano)

BABCOCK         - Sì, e sono lieto di conoscerla.

BILL          - Molto lieto.

BABCOCK         - E la stampella?

BILL          - (Pausa) Prego? (imbarazzato, gira altrove lo sguardo)

BABCOCK         - Credevo che fosse bendato.

                            (Bill senza capire guarda Ursula)

URSULA   - Anch’io, signor Babcock. Ma è proprio da lui. Deciso a superare tutte le avversità. Questo è il mio Timothy.

BILL          - Ah?

URSULA   - Mio marito, Timothy Westerby.

                            (Lo afferra per un braccio)

BILL          - Posso riuscire a entrare? (va verso l’ingresso)

BABCOCK         - Buona idea. Meglio tenerla in movimento.

BILL          - Che cosa?

BABCOCK         - La sua frattura.

BILL          - (Voltandosi) Oh, quella! (scuote la gamba) Deve essere andata a posto.

BABCOCK - Mi pare che lei superi abbastanza bene le triple fratture, signor Westerby – o posso chiamarla Tim?

BILL          - Beh, ehm – (a Ursula) Può?

URSULA   - (Decisa) Ma certo che può.

BABCOCK         - Ascolti, ora, devo solo farle una domanda, e sarà meglio che lei risponda con più buon senso di suo cugino.

BILL          - Cugino?

URSULA   - Ha conosciuto il tuo cugino matto, Royston.

BILL          - Oh, ebbene?

BABCOCK         - Non sapeva che era qui?

BILL          - No.

BABCOCK         - E’ fuggito, lo immaginavo.

BILL          - (A Ursula) Fammi capire. Quando dici che mio cugino matto è - qui…

URSULA   - Voglio dire Royston e Polly.

BILL          - Ah, quel matto là.

BABCOCK         - Ma quanti cugini matti ha?

BILL          - Solamente Royston. E’ solo un pochino eccentrico, ecco tutto.

BABCOCK         - Bene, voglio solo sapere cosa intendete fare, sua figlia e lei.

BILL          - Mia figlia ed io?

URSULA   - Parla di Judy.

BILL          - So benissimo chi è mia figlia.

BABCOCK         - Siete già in ritardo di un quarto d’ora. A questo punto, o venite via, oppure mia moglie ed io prendiamo il primo aereo per Sidney.

URSULA   - Non vorremmo mai una cosa simile, non è vero, caro?

BILL          - No, certamente, cara.

                            (Entra Judy con Daphne e Gerald)

DAPHNE   - Ursula, gli autisti vogliono saper se c’è un motivo per aspettare.

URSULA   - Certo che c’è. Siete pronte, ora, tu e Judy?

DAPHNE   - Pronte. Gerald ci ha dato una delle sue medicine. Molto efficace.

BABCOCK         - Salve, Judy. Spero che stavolta resterai qui quanto basta per permettermi di presentarmi.

JUDY         - Si, mi dispiace, signor Babcock. Adesso sto bene.

BABCOCK         - Bene. Bene. adesso capisco Nicholas.

JUDY         - Grazie.

BABCOCK         - Dunque, adesso andiamo tutti in chiesa?

URSULA   - Ottima idea. Lei vada avanti.

BABCOCK         - No, voglio assicurarmi che Judy e suo padre salgano in macchina.

JUDY         - Vuoi dire che viene anche papà?

BABCOCK         - Sì, si è ripreso molto bene.

JUDY         - Oh, meraviglioso!

DAPHNE   - Già, è un sollievo.

JUDY         - Sa, è una delle ragioni per cui ero così triste.

URSULA   - Certo, cara. Adesso, tu ed io andremo insieme di sotto.

BABCOCK         - No, no, Judy va con suo padre.

URSULA   - Credo che sarebbe più prudente se venisse con me.

BILL          - Sono d’accordo.

DAPHNE   - Ma che dici, Ursula, la sposa va sempre con il padre.

BABCOCK         - Giustissimo. (A Bill) Signor Westerby, prenda il braccio di sua figlia.

(Avvicina il braccio di Judy a quello di Bill. Judy guarda Bill che cerca di sfoderare un sorriso naturale)

Ecco fatto. Grazie a Dio, ci siamo. Come ha detto lei, signora Westerby, è solo una grande e unita famiglia.

                            (Il volto di Judy si increspa, mentre lei comincia a piangere e fugge via)

URSULA   - Judy!

BABCOCK         - Che altro c’è?

URSULA   - E’ troppo felice!

DAPHNE   - (Intrigata) Temo di non capire.

BILL          - Non si preoccupi, è in buona compagnia.

                            (Si sente Timothy che chiama, fuori scena)

TIMOTHY         - (Chiamando) Polly? Polly?

BABCOCK         - Riecco quel matto di Royston. Tenetelo fuori di qui.

                            (Timothy entra dall’ingresso con Polly. Cantano eballano “my blue heaven”. Babcock disperato si siede mentre Bill e Ursula cercano di calmarlo con un drink)

TIMOTHY         - “A turn to the right, a little white light, will lead you to my blue heaven”.

GERALD   - Ehi, quella la conosco!

                            (Comincia a cantare e ballare con Timothy)

                   (Cantando) “You’ll see a smiling face, a fireplace, a cosy room”.

TIMOTHY, POLLY e GERALD – (Insieme) “A little nest that

                                                        Nestles where the roses bloom”

TIMOTHY         - “Solo Polly ed io”

GERALD   - E… due, e… tre… “E con Daphne fanno tre”.

TIMOTHY, POLLY e GERALD – (Insieme) “We’re happy in my blue heaven”

                            (Posa finale)

GERALD   -  Roba di prim’ordine! Non ne scrivono più, di canzoni così, oggi.

DAPHNE   - Siediti, Gerald.

GERALD   - Chiudi il becco, Daphne.

                            (Daphne rimane senza fiato)

BILL          - Nessuno beve qualcosa?

(Timothy e Polly incominciano a cantare e ballare “California here I come” parallelamente al dialogo che segue)                                                                                      

BABCOCK         - Vado a telefonare alla               T & P    - California here I come…

                   chiesa…

URSULA   - Perché?                           T & P    - Right back where I started

                                                                           from…

BABCOCK         - Per dire al mio Nicholas                            

Di squagliarsela finché è                           … Where bowers have flowers

                   in tempo…

DAPHNE   - Cerchi di vedere il lato                            That blom in the spring

                   positivo, signor Babcock.

TIMOTHY         - Gran finale in arrivo,                     At dawning, each morning

                   signor Babcock!

BABCOCK         - Adesso sono io che rinvio             Birdies sing and everything…

                   le nozze.

DAPHNE   - Non si può – abbiamo 400            A sun-kissed miss said

                   invitati che aspettano in chiesa.                ‘don’t be late’,

BABCOCK         - Io mi preoccuperei.                        That’s why I can hardly

                   Forse sono tutti                               wait,

                   falsi come voi.                                 Open up that Golden Gate

                                                                           California here I come

TIMOTHY         - (Cantando) Oh, aprite le                (Polly esce danzando e

                   porte d’oro…                                  Thimothy si volta)

                   (A Ursula) Lady Barrington…

                   (A Babcock) Signor Babcock…

                   (A Bill) Direttore dell’hotel…

                   (A Gerald) Stanley Baldwin…

                   (A Daphne) Regina Mary…

                   California… eccomi a te!…

(Fa una uscita imprevista e senza volere esce per la finestra aperta, sull’insegna che è al di là, e crolla. Rumore di cocci, di bicchieri in frantumi, gente che grida e un generale caos. Un silenzio attonito, per un istante, e tutti si precipitano a vedere che cosa è successo. Tutti, eccetto Babcock, che si siede e piange)

DAPHNE   - E’ cascato dalla finestra. Ha distrutto tutto.

BILL          - Questo è il colmo.

                            (Babcock piange)

URSULA   - Andate a vedere se sta bene, io telefono per un dottore.

                            (Bill corre fuori)

DAPHNE   - Timothy! Stai bene? Timothy! (corre fuori)

URSULA   - (Arrabbiata) Coraggio, signor Babcock!

GERALD   - (Ride) Oh, mica male, però io penso che sia ancor meglio quel piccolo saltino.

(Gerald esce facendo il saltino su ciò che non c’è. Ursula sta formando un numero telefonico)

BABCOCK         - (Lacrimoso) E’ un brutto sogno. Ditemi che è un brutto sogno.

                            (Timothy entra dalla sala da pranzo col bicchiere di champagne. E’ allegro, presente a se stesso e completamente sobrio)

URSULA   - Caro, stai bene?

TIMOTHY         - Sì, sto bene. Stavo appunto parlando con il direttore del rinfresco e  a quanto pare siamo in ritardo col ruolino di marcia.

                            (Ursula posa il telefono)

URSULA   - Adesso vai a riposarti un pochino, cugino Royston.

                            (Durante le battute che seguono viene a Ursula il sospetto che Timothy sia tornato normale)

TIMOTHY         - Prego?

BABCOCK         - Lady Barrington dice di coricarsi un po’, cugino Royston.

TIMOTHY         - Lady chi?

BABCOCK         - Barrington.

TIMOTHY         - (Volgendosi a Babcock) E questo chi è?

BABCOCK         - O meglio ancora, se ne torni a Basingstoke.

TIMOTHY         - Basingstoke?

BABCOCK         - Hants!

TIMOTHY         - Eh?

BABCOCK         - Hants, vicino a Hampshire.

TIMOTHY         - (A Babcock) Fa parte dei camerieri?

(Babcock scoppia di nuovo a piangere)

                   Ma che è successo? Qualcuno ha pestato la torta?

                            (Babcock continua a singhiozzare)

                   (A Ursula) Vieni, cara. Dobbiamo muoverci, altrimenti il signor Babcock penserà che è successo qualcosa.

                            (Babcock singhiozza di nuovo)

URSULA   - (A Timothy) Un momento. Io credo che tu sei normale.

BABCOCK         - Normale! (Si lamenta)

TIMOTHY         - Ma gli abbiamo dato forse un assegno falso o che cosa?

URSULA   - La tua Polly è andata?

TIMOTHY         - Poliandata? Che roba è?

URSULA   - Sì. E’ fantastico.

TIMOTHY         - Credo che oggi sia stata una giornataccia per te!

BABCOCK         - Per lei?! (geme)

TIMOTHY         - Ho sentito dire che si piange ai matrimoni, ma questo è ridicolo. Voglio dire, se fa parte della squadra, che vada in giardino a fare qualcosa! La tenda è caduta!

URSULA   - (In fretta a Timothy) Quello è il signor “B”!

TIMOTHY         - (A Babcock) Signor Barrington! Signor Barrington della Perkins Reggiseni. (gli stringe energicamente la mano) Salve, mi scusi, non le ho telefonato stamattina.

BABCOCK         - Stia lontano da me.

TIMOTHY         - E’ tutto sotto controllo.

BABCOCK         - Bene, bene.

TIMOTHY         - Ho trovato la risposta adatta per il suo problema di reggiseno.

BABCOCK         - Il mio cosa?

TIMOTHY         - Perkins toglierà il sonno alle sue ragazzine.

BABCOCK         - Signora Westerby, non è forse l’ora di dargli una compressa o qualcosa?

URSULA   - Sì.

TIMOTHY         - No, non voglio pasticche. Non ne voglio più. Mi sento un’altra - persona.

BABCOCK - Questo deve essere il suo guaio.

TIMOTHY         - La ragazzina Perkins sarà sugli autobus, nella metropolitana, su e giù per le scale…

BABCOCK         - Che monotonia

URSULA   - Non credo proprio che questo interessi al signor Babcock, caro.

TIMOTHY         - Perché no – il suo reggiseno farà il giro del mondo.

URSULA   - Il signor Babcock non a niente a che vedere con i reggiseni.

TIMOTHY         - Lo so. Io parlo del signor Barring…

URSULA   - (Indicandolo) Il signor Babcock…

TIMOTHY         - (Realizzando) Signor Babcock! (Lo abbraccia) … Santo cielo! Lei è tutto bagnato, signor Babcock. E’ arrivato a nuoto dall’Australia? E’ proprio il signor Babcock?

BABCOCK         - Dio solo sa chi sono. (Si siede)

TIMOTHY         - (Stringendogli energicamente la mano) Signor Babcock, molto lieto, sono così lieto di fare finalmente la sua conoscenza. Davvero. - (ride) Deve aver pensato che fossi un idiota.

BABCOCK         - (A Ursula) Si aspetta che gli risponda?

TIMOTHY         - Lo so, sa, perché è così sconvolto.

BABCOCK         - Davvero?

TIMOTHY         - Oh, sì. Nicholas è il suo unico figlio. Avete fatto tanta strada per vedervi attorno gente così strana…

URSULA   - Non è questo che prova il signor Babcock.

BABCOCK         - Ha maledettamente ragione.

TIMOTHY         - Ma si ricordi bene questo: lei non perde un figlio, ma acquista una nuova intera famiglia.

BABCOCK         - (Geme e corre a sedersi, con la testa tra le mani, lontano da Timothy. Entra Gerald, seguito da Bill)

BILL          - E’ una cosa straordinaria. Non riusciamo a trovarlo in nessuna parte – Oh, sei qui. Dovresti essere a letto.

TIMOTHY         - In letto?

BILL          - (Indica Gerald) Il facchino ti accompagnerà di sopra.

(Gerald allunga la mano per l’ormai abituale mancia)

GERALD   - Sì, signore, grazie signore.

                            (Timothy guarda Gerald, senza capire)

BILL          - Andiamo, vieni su.

BABCOCK         - Sì, e porti Polly, Fred e Ginger con sé. (Timothy guarda Babcock)

TIMOTHY         - (Intrigato) Polly, Fred e Ginger?

BILL          - (Tagliando corto) Ti spiegherò dopo. Vieni su, ora.

TIMOTHY         - Ma io devo…

BILL          - Ascolta, finché io sono il direttore di questo albergo, gli ordini, li dò io.

TIMOTHY         - Albergo? (Timothy guarda Ursula)

URSULA   - Chiariremo tutto dopo la cerimonia.

BABCOCK         - No, signora Westerby, non so come sono coinvolto in questa gabbia di matti, ma se devo diventare pazzo, voglio almeno sapere come.

GERALD   - Non si preoccupi.

BABCOCK         - Non preoccuparmi?!

GERALD   - Lasci fare agli altri, loro sanno la strada.

BABCOCK         - Voglio una spiegazione, dovessi morire.

URSULA   - Oh, posso spiegare io.

BABCOCK         - Signora, ne ho abbastanza delle sue spiegazioni. Le dispiacerebbe starsene tranquilla un momento?

URSULA   - Sì, è che sono un po’…

BABCOCK         - Per favore! Voglio parlare con suo marito.

TIMOTHY         - Avanti.

                            (Si fanno avanti entrambi)

BILL          - Buona idea.

BABCOCK         - (Arrabbiato, a Timothy) Non è a lei che voglio parlare, voglio discutere la cosa con lui.

TIMOTHY         - Ma lui è Bassotto.

BABCOCK         - Che c’entra la statura?

TIMOTHY         - (Ride) Che c’entra la statura! Carina, questa, mi piace!

BABCOCK         - Qualcuno potrebbe portare fuori il cugino Royston?

TIMOTHY         - Chi è il cugino Royston?

BABCOCK         - Se ne vada a Basingstoke.

TIMOTHY         - Ma perché continua a parlare di Basingstoke?

GERALD   - Ah, signor Basingstoke, credevo che fosse Babcock.

                            (Stringe la mano di Babcock)

TIMOTHY         - Sentite, scusate se vi interrompo. Lei vada nella prima macchina, ed io la seguirò con la sposa, Gerald, tu vai e prendi su Daphne.

GERALD   - D’accordo, ma non voglio perdermi niente. Fammi sapere se ti butti giù dal tetto. (Gerald esce)

TIMOTHY         - (A Babcock) Deve scusarlo, Gerald, è un po’ eccentrico.

BABCOCK         - Lui, eccentrico?

BILL          - (A Tim) Ehi, un momento. Mi sembri normale.

BABCOCK         - Anche a me.

TIMOTHY         - Certo che sono normale. Non mi sono mai sentito meglio in tutta la mia vita. Sono al settimo cielo. In un certo senso, mi sento liberato.

BABCOCK         - Lo sapevo.

TIMOTHY         - Perché no? Ho tutto quello che un uomo possa desiderare, e soprattutto te, cara. (Bacia a lungo Ursula. Babcock guarda Bill)

BILL          - Siamo una famiglia molto unita.

TIMOTHY         - (A Ursula) E non ci saranno solo i ragazzi, stasera, in luna di miele. (la bacia di nuovo)

BABCOCK         - (A Bill) Le dirò, l’infedeltà, a Sydney, non esiste.

BILL          - Credo che dovremmo dirlo al signor Babcock.

BABCOCK         - Dire che cosa?

URSULA   - Dopo le nozze, Bill.

BABCOCK         - Sentite, se c’è qualcosa che dovete dirmi voglio che…

URSULA   - Esatto.

BILL          - Io sono Bill.

BABCOCK         - Credevo che suo marito si chiamasse Tim.

TIMOTHY         - Infatti.

BABCOCK         - Vuol tacere. (a Bill) Lei si chiama Tim Westerby o Bill Westerby?

BILL          - Nessuno dei due.

BABCOCK         - (Stupito) Cosa?

TIMOTHY         - Gliel’ho detto che è Bassotto.

BABCOCK         - Silenzio!

URSULA   - Carlo caro, ho il piacere di dirle che questo (indica Timothy) è mio marito.

BABCOCK         - (Guarda lentamente Timothy) Lei è sposata con il cugino matto Royston?

URSULA   - Sì.

TIMOTHY         - Ma chi è il cugino matto…

BILL          - (In fretta) Ti spiegherò poi.

RSULA      - Bene, ora andiamo – dopo di lei, Charles. (lo spinge fuori)

BABCOCK         - Oh no! Già non mi andava che fosse sposata con costui (indica Bill) Ma non voglio assolutamente che i miei nipoti vengano su come questo matto (indica Timothy)

TIMOTHY         - Matto?

BABCOCK         - Sì, matto. Mando tutto all’aria. Vado subito a riprendere mio figlio Nicholas in chiesa…

URSULA   - Charles, la prego. (lo trattiene)

                            (Squilla il telefono, Bill prende il ricevitore)

BILL          - (Al telefono) 0343… (poi a Babcock) E’ per lei.

BABCOCK         - (Si precipita al telefono) Mi dia quel telefono! (al telefono) Nicholas, sono tuo padre. Non farmi domande, ma prenditi tua madre, il Vicario, e squagliatevela per la porta laterale… Avete già lasciato la chiesa? (agli altri) Non è mica scemo! (di nuovo al telefono) Buon per te, Nick, te la sei cavata a tempo. C’è tua madre con te?… Solo Judy. Judy chi?… Westerby?!

URSULA   - Judy?!

TIMOTHY         - Dove sono? Ma doveva andare in chiesa con me!

BABCOCK         - E’ andata con Nicholas, dove?… All’ufficio di stato civile.

URSULA   - Vuoi dire che se la sono filata?

BABCOCK         - Già. (al telefono) Arrivo subito! (sbatte giù il telefono e si volta verso Timothy) Spero solo di arrivare prima che pronuncino le parole “nessuna giusta causa o impedimento”! (Esce)

BILL          - Non mi dispiace di averlo perduto come parente.

TIMOTHY         - Bill, sii bravo e va a vedere il Vicario e tutti gli invitati e dì loro che c’è stato un piccolo contrattempo.

BILL          - Oh, grazie. Che cosa faranno, loro? Marceranno tutti e quattrocento attraverso Kensington fino all’ufficio di Stato Civile?

TIMOTHY         - No, portali qui e offrigli da bere. Tanto quanto basta per trattenerli una mezz’ora. (Bill esce)

TIMOTHY         - Che ne diresti di bere qualcosa.

URSULA   - (Prendendo il proprio cappello e quello di lui) Non abbiamo tempo, adesso, dobbiamo correre all’Ufficio di Stato Civile e poi tornare qui e…

TIMOTHY         - Riposati. (Le bacia il collo) Se continui di questo passo, ti verrà un esaurimento nervoso. (Le bacia l’orecchio, e prende il cappello)

URSULA   - Non sei preoccupato per il discorso?

TIMOTHY         - Non sono più preoccupato per nulla. (La bacia sulla bocca)

URSULA   - (Turbata) Oh, caro.

TIMOTHY         - Che c’è?

URSULA   - Mi sento tutta barcollante.

TIMOTHY         - Meglio un altro. (La bacia di nuovo; dopo un istante lei si stacca)

URSULA   - Ehi, hai fatto esperienza con Polly.

TIMOTHY         - Polly?

URSULA   - (Sorridendo) Te lo dirò a letto, stasera.

                            (Ursula lo bacia. Entrano Gerald e Daphne)

DAPHNE   - Ursula… (Si ferma nel vedere che si stanno baciando) Ma che - stanno facendo?

GERALD   - Andiamo, Daphne, non puoi essere così smemorata.

DAPHNE   - (Va verso Ursula) Ursula, potremmo finalmente andare in chiesa?

TIMOTHY         - No, c’è stato un piccolo cambiamento di programma. E’ l’Ufficio - di Stato Civile.

DAPHNE   - Cosa?

URSULA   - Si sono sposati là.

DAPHNE   - Gerald ed io non andiamo davvero all’Ufficio di Stato Civile.

GERALD   - (Accanto a lei) Dobbiamo andarci.

DAPHNE   - Andiamo in chiesa.

GERALD   - Ma gli sposi non ci saranno!

DAPHNE   - Non importa. Ho comprato questo completo per San Barnaba e San Barnaba lo vedrà!

(Gerald e Daphne escono.Ursula e Timothy ridono, si baciano, ed escono, a braccetto, per seguirli fuori)

CALA IL SIPARIO