Echelon: il ciclope

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Libertà in dialetto siculo

ECHELON: IL CICLOPE

Il mito di Er: libertà e giustizia

Commedia

in

due atti

di

Giancarlo Buccheri

La commedia “Echelon: il ciclope” con sottotitolo “Il mito di Er: libertà e giustizia” è regolarmente registrata alla S.I.A.E  sezione/qualifica  DOR  posizione N°129648.

 

E-mail: giancarlo.buccheri@tiscalinet.it

Tel. 0923651619

 

Breve sinossi della commedia “Echelon: il ciclope”

Con sottotitolo : “Il mito di Er: libertà e giustizia”

 

La commedia “Echelon:il ciclope”, con sottotitolo: “Il mito di Er: libertà e giustizia” è   una rivisitazione del   “Mito di Er”, riportato nella “Repubblica”  di Platone. Alla fine della sua opera, nel X libro, Platone ci parla del giudizio delle anime, mettendo in evidenza principi di libertà e giustizia. Personaggi principali della commedia sono: Ulisse, Er, Dante e un quarto personaggio “Anima” che con i suoi interventi fa da filo conduttore nei dialoghi. Ulisse personaggio dell’ ”Odissea” di Omero è anche personaggio della “Divina commedia” e del “Mito di Er”. Ulisse rappresenta il viaggio dell’uomo sulla terra, con la sua curiosità, con l’irrefrenabile desiderio di andare sempre più “oltre  nella conoscenza” (Il folle volo) e con la sua proverbiale astuzia. Nella commedia, “Echelon: il ciclope” ,Ulisse  è un uomo che deve fare “di necessità virtù”, un uomo con tanti pregi e nello stesso tempo tanti difetti quale potrebbe essere un uomo qualunque.

Gli “inserimenti” di passi  della “Divina Commedia”  seguono il filo logico del susseguirsi dei dialoghi  tra i personaggi,   “sottolineandoli” . Sono stati utilizzati principalmente i passi in  cui Dante ci parla di “libero arbitrio”  , di “degrado morale”, di attaccamento da parte dell’uomo ai beni materiali, ma non solo. Le tre “fiere” vengono immaginate come una proiezione dell’uomo al cospetto di sé, Freud direbbe “Io, Es; e super Es, che ci in impediscono di “viaggiare”

nell’inconscio (“oltre le colonne D’Ercole”). Er con la sua ingenuità espressa in dialetto siciliano dà alla commedia un tono di ilarità e smitizza le situazioni. La commedia si conclude con alcuni frammenti dell’opera di Platone!

  

Mazara 19/09/2006                                                                                               Giancarlo Buccheri

ECHELON IL CICLOPE

Il mito di Er: libertà e giustizia

In apertura di sipario ci sarà già la scena che viene descritta da Platone nel mito di Er (in la “Repubblica”). Sulla scena ci saranno le anime, che indosseranno delle tuniche bianche o celesti e delle tuniche marrone scuro e logore. Le anime si muoveranno sul palco come se si trovassero in un quadrivio, da una parte e dall’altra del palcoscenico ci saranno delle scale con pochi gradini al cui culmine  “l’ingresso” e “l’uscita”  saranno mascherate da un tulle celeste da una parte,  scuro  dall’altra.  Le anime, in quattro file, procederanno lentamente e  saliranno o scenderanno i pochi gradini . Al centro della scena un trono su  cui sarà seduta Ananke,  da una parte del palcoscenico ci saranno le tre Moire (Atropo, Cloto e Lachesi) e dall’altra ci saranno i giudici delle anime. Altro personaggio in scena è l’araldo divino, che annuncerà di volta in volta i movimenti delle anime.

I giudici, le tre Moire, Ananke, L’araldo Divino entreranno in scena alla fine del secondo atto.

PERSONAGGI:

Er

Anima

Ulisse

Penelope

Anima del futuro Dante

3 anime denigratrici

Atropo

Cloto

Lachesi

Ananke

L’araldo divino

I giudici delle anime

Comparse: anime con la tunica azzurra e anime con la tunica marrone

PRIMO ATTO

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero  ad  Er . Rivolto più a se stesso che ad Er e recita la sua battuta. “O voi che siete in piccioletta barca, desiderosi d’ascoltar, seguiti dietro al mio legno che cantando varca, tornate a riveder li vostri liti. Voi altri pochi che drizzaste il collo per tempo al pan delli angeli, del quale vivesi qui ma non sen vien satollo, metter potete ben per l’alto sale vostro navigio, servando il mio solco. Quel che di Er dell’anime argomenta   è simile a ciò che qui si vede! (Voi lettori,  che con la barchetta della vostra intelligenza naturale dotati di scarsa dottrina, desiderosi di ascoltare il mio canto avete seguito finora la nave del mio ingegno, che ora si spinge nelle più difficili acque della sapienza filosofica e teologica tornate indietro ai lidi in cui avete finora navigato, perché non avendo capacità sufficienti per seguirmi rischiereste di perdervi. Invece voi che fin da giovanetti alzaste la mente alla vera ed eccelsa scienza, che sono il pane degli angeli, del quale   si vive quaggiù sulla terra , ma non si può mai essere sazi, voi sì che potete spingere per il mare profondo il naviglio della vostra intelligenza, mantenendovi sulla scia della nave del mio ingegno. Ciò che Platone dice delle anime nel mito di Er  è quello che voi vedrete.)   (annuendo, si discosta e si allontana  da Er) (Paradiso, canto  II, 1-4 e 10-14, canto IV 49-50)     

Er: Ma unni capità? Ma chistu comu parra, chi è foddri? Vossignoria comu sapi lu me’ nomi? Boh! E cu ci capisci nenti! (Poi si rivolge all’anima che ha davanti nella fila) Scusasse il disturbo, mi potesse dire in che broccolo di posto ci troviamo?

Anima: Broccolo? Spiegatevi meglio, non capisco cosa vogliate dire!

Er: Continentale siete?

Anima: Ma che continentale e continentale, voi, piuttosto, vi esprimete come un barbaro!

Er: Vidissi broccolo, p’ ‘un diri n’autra cosa!Broccolo uguale cavolo, cavolo ugualissimo a minchia! La quale è parola internazionale…internazionalissima. Mi sentu capiri?

Anima: Adessocapisco! Venite dalle colonie sicule! Ditemi, visto che venite dalle colonie sicule, avete conosciuto per caso ……?

Er: Tutti li stessi li continentali, ci pari chi li colonii siculi su granni comu ‘na casaria e chiddri chi ci stannu comu li peri di pitrusinu intra ‘sta casaria, e chi quindi s’avissiru a canusciri tutti tra iddri medesimi. Comunqui No! ‘Un nni lu canusciu! Ora chi vi livà ‘sta curiosità potreste avere la cortesia d’arrispunnimi? Dove “broccolo” nni truvamu?…Iu finu a un momentu fa era in battaglia , come “broccolo” ci sono finito qua?

Anima:  Sciocco, non vedete che qui siamo nel mito di Er? Che spiega come avviene il giudizio delle anime.

Er: Il mito di Er? Ma Er iu sugnu, ‘n persona! Mizzica, lu sapia chi prima o poi qualcunu avissi scrittu qualchi cosa supra di mia, il mio coraggio, i miei nobili natali… di schiatta Panfilia sugnu, non sono certo acqua frisca! Ditemi,  cu l’avissi scrittu questo mito? Se  è lecitu addumannari!  ?

Anima: Platone!  L’ha scritto Platone al termine di una sua famosa opera.

Er: Platuni? Il discepolo di Socrati? Ma propriu …propriu, Platuni lu filosofu?

Anima: Sì, proprio lui!

Er: Mizzicazza….picciotti minn’acchianà ! Famoso diventai …e ora cu mi ferma cchiù…Sono un mito…

Anima:Calmatevi, questo non è il posto giusto per sentirvi qualcuno.. Qui siamo tutti uguali e tutti abbiamo gli stessi diritti e le stesse possibilità!

Er: Tutti uguali? Ma di ‘sta cosa sinn’avissi a teniri cuntu. Perciò, chi veni a diri …iu sugnu ntà lu me’ mitu e non posso aviri mancu un privilegiu?

Anima: Tutti uguali voi che venite dalla colonia sicula, volete accampare sempre privilegi in ogni situazione., ma qui …eh! Qui non avete proprio un bel nulla da accampare!

Er: ‘Un cantati vittoria, pirchì…”a mali estremi, estremi rimedi”. Iu, si mi giranu li cabbasisi , fazzu un comiziu, fondo un partito politico e il gioco è fatto….e, se questo non dovesse bastare, cci mannu un pizzinu a certi amici… dra… nella colonia sicula e iddri …eh… iddri lu sannu chiddru chi hannu a fari.

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er    e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”   (annuendo, si discosta e si allontana dalle due anime) (purgatorio, canto  VI, 76-78)

Er: Voscenza m’havi a perdunari, ma potessi sapiri chistu cu è?

Anima: Per ora lasciate perdere, poi ve lo dico! Per ora vi dirò che potete scordarvi di poter mandare qualsivoglia “pizzinu”, perché da qui usciremo tutti senza poter comunicare niente a nessuno… e il “pizzino”, come lo chiamate voi, saremo noi a riceverlo e  dopo,… dopo dimenticheremo tutto quello che ci sta capitando. Tra poco capirete.

Er: Veterano della situazione siete? Come fate a sapere tutte queste cose? Studiato avete?

Anima: Ma che studiato e studiato!… Sono già stato qui altre volte e so come vanno le cose!

Er: Perdonare mi dovete, ma ora ora mi dicistivu chi dopo essere stati qua  unu si scorda tutti cosi, e a mia lu discursu ‘un mi fila: comu faciti a ricordare? Siete raccomandato? O avete qualche permesso speciale?

Anima: Che raccomandato! Qui le raccomandazioni non esistono e i giudici sono imparziali, qui la giustizia è una sola e non guarda in faccia   nessuno

Er: E chi c’è di straordinariu?Lu capì, lu capì  cà la giustizia è precisamenti  comu supra la terra i.m.p.a.r.z.i.a.l.i ‘un ci su’ né giudici “mancini”, né “destrorsi”. Sono tutti ambidestri…Ogni tantu pi verità…Lassamu perdiri va’…

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er    e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta)  Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?    (annuendo, si discosta e si allontana dalle due anime) (purgatorio, canto XVI, 97)

Er: ….Ma…. mi lu vuliti livari ‘stu pisu e dirimi  cu è ‘st’anima accussì strana?

Anima: Vi ho già detto che per  ora dovete pazientare,poi ve lo dico!

Er:  Va beni …Mi stavate  dicennu di comu faciti a ricordare tuttu chiddru chi succedi, putissi, me medesimo, esseri misu a canuscenza di questo arcano?

Anima: Non dovrei dirvelo, ma se promettete di non parlare con nessuno di quanto vi dirò, vi confiderò il segreto!

Er:  Mizzica un segreto? Avete trovato l’uomo giusto. Lu sapi, vossignoria, come mi chiamavano l’amici a lu paisi? Er acquainbocca! Tranquillo potete stare, tranquillissimo!

Anima: E io proprio di acqua volevo parlarvi! Tra poco sceglieremo la nostra vita futura, poi ci porteranno al fiume Lete e qui dovremo bere ; l’acqua del fiume ci farà dimenticare tutto.

Er: L’avia sintutu nta’ la pubblicità chi ‘st’acqua Leteera bona, ma no finu a ‘stu puntu. Perciò ‘st’acqua  fa scurdari tutti cosi? Mizzica! megghiù du’ vinu jè!

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er    e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) Da questa parte con virtù discende che toglie altrui memoria del peccato; dall’altra d’ogni ben fatto la rende. Quinci Letè; così dall’altro lato Eunoè si chiama; e non adopra se quinci e quindi pria non è gustato: a tutti altri sapori esto è di sopra.          (annuendo, si discosta e si allontana dalle due anime) (purgatorio, canto XXVIII, 127 - 133)

Er: Beddra matri, ancora chistu,… ma chi dissi?   ‘Un nnì capì nenti.

Anima: Lasciate perdere,vi stavo dicendo che, per non dimenticare tutto, basterà che voi non beviate, o meglio che facciate finta di bere. In mezzo a tanta confusione nessuno si accorgerà di niente, e voi potrete ricordare tutto quello che avviene.

Er: Mizzica! Chi cristianu ‘ntelligenti! E ‘stu fattu scoperto da solo lo avete? Oppuru ve lo  ha confidato qualchi autra anima?

Anima: Io, per conto mio l’avevo qualche sospetto, mi chiedevo come mai ci dessero da bere, noi siamo anime e non abbiamo bisogno né di bere, né di mangiare. Poi un’anima che era qua da più di mille anni mi confermò che è l’acqua del Lete a dare l’oblio.

Er: Mille anni? ‘Un ni dunanu né manciari e nemmancu viviri? Ma iu tuttu ‘stu tempu ccà ‘un nni lu possu perdiri e po,’ se devo essere sincero, mi sentu ccà ‘ntà la vucca di lu stomacu un pirtusu. Staju muriennu da’ fami! Mi manciassi un pistuluni   ccù pumaroru, ogghiu, furmaggeddu musciu, sardi salati e arianu, mii… un pezzu di pani di chissu facissi arrivisciri un mortu. Si  ‘nveci di tutta ‘sta paraccata nni dassiru un pezzu di pani cunsatu, autru chi milli anni, ognunu avissi tanta prescia di turnari supra a terra chi ‘un ci fussi bisognu di nuddru giudiziu di li animi.

Anima: Vedo che avete dei gusti piuttosto rustici. Un pezzo di pane così condito   sicuramente vi metterebbe una gran sete e qui si beve solo quando ci sarà detto di farlo, quando ci porteranno al fiume Lete.

Er: Chiuttostu ‘un mi possu fari persuasu , ma l’acqua di ‘stu ciumi Lete di unni nesci ? Va’ ‘stu ciumi comu si forma? Chi fa… chiovi puru ccà ?

Anima: L’acqua si forma dalle lacrime di una grande statua che si trova in una caverna del monte Ida.

Er: E pirchì chianci ‘sta statua?

Anima: Piange per il degrado morale dell’uomo!

Er: Mischina va’ ‘sta statua, sempri a chianciri !

Anima del “futuro” Dante: Dentro dal monte sta dritto un gran veglio che tien volte le spalle inver Damiata e Roma guarda come suo speglio. La sua testa è di fino oro formata, e puro argento son le braccia e il petto, poi è di rame infino alla forcata; da indi in giuso è tutto ferro eletto, salvo che il destro piede è terracotta; e sta ‘n su quel più che ’n su l’altro eretto  

 (Inferno canto XIV 103 – 111)

(Il sogno di Nabuccodonosor interpretato dal profeta Daniele. Si tratta di una  statua rappresentante  un gran Veglio, formata di vari metalli,   l’oro con cui è fatta la testa che rappresenterebbe la rettitudine morale  della prima età dell’uomo. I metalli, scendendo verso il basso, divengono meno preziosi fino al piede destro, che è di terracotta. La statua poggia su questo piede anche se fragile perché rappresenterebbe la chiesa, mentre il piede sinistro di ferro, lo stato. Le forze materiali dello stato non servono a nulla se le coscienze non sono rette dalla forza morale. Le lacrime del Veglio si infiltrano nel terreno di una grotta situata sul monte Ida e formano il fiume Acheronte) 

Er:Vossignoria parra parra…, ma  si si spiegassi un pocu megghiu, iu nnì capissi qualchi cosa!

Anima: Se abbassate la voce, vi spiego io quello che ha detto! La statua è fatta da vari metalli, la testa d’oro rappresenta la correttezza morale, scendendo in basso i metalli perdono di preziosità, fino al piede destro su cui poggia che è di terracotta e rappresenterebbe la chiesa, l’altro piede è in ferro e simboleggia lo stato. La forza dello stato non serve a nulla se le coscienze non sono rette dalla forza morale.

Er: ‘Mpratica chianci pirchì ccì fa mali u peri ! Mischinu va’, (gridando rivolto all’anima di Dante) ci passassi un pocu di pumata.

Anima: Tacete, volete farvi sentire dai giudici a tutti i costi? Se si accorgono dei nostri discorsi, sono capaci di tenerci qui all’infinito. Tanto più che  per loro il concetto di tempo non ha senso, qui il tempo non esiste, qui ci sono anime del passato, del presente e del futuro.

Er: Perdonate la mia ignoranza,  capisciu chi ci su’ anime del passato e del presente, ma  comu ci ponnu essirima’ anime del futuro?

Anima: Sciocco! Ve l’ho già detto: qui il tempo non esiste. Immaginate di essere appena morto, e che la vostra anima sia appena arrivata qui, (Er fa gesti di scongiuro) è inutile che facciate gesti di scongiuro perché è proprio la situazione in cui vi trovate in questo momento! Per me che sono qui da più di mille anni e sono già “andato e venuto” molte volte, voi siete il futuro ed io per voi il passato. Avete compreso?

Er: Sì vabe’ , lu capì, ma ccà a mia mi pari chi manca lu presenti!

Anima: Il presente?… Il presente  sono le anime che sono giunte qui contemporaneamente alla vostra. E poi, anche se non dovrei dirvelo, anche voi siete già “andato e venuto” diverse volte. Ecco, per esempio guardate quell’anima…

Er: Mizzica, che beddra, voi fate tutto il sostenuto, ‘un aviti fami, ‘un aviti siti, però li fimmini li taliati, eccomu li taliati. Caminati cchiù lestu, passamu avanti, emuci vicinu, cu lu sapi, si puru iu ci piaciu, putissi aviri un’avventura celestiali.

Anima: Siete il solito, non capite mai nulla, io non vi stavo indicando quell’anima,  bensì quell’altra!

Er: Ddru masculu cu la varva?…E chi mi nnà fari! Ohè, ma pi ccù mi pigghiastivu? Iu masculu siculu sono! Capisciu che voi greci  della capitale non   andate tanto per il sottile: masculi, fimmini picciriddri… abbasta chi respiranu e si movinu, vannu tutti beni, ma a mia sulu li fimmini mi piacinu!

Anima: Ma cosa avete capito? Io vi dicevo di guardare l’anima di quell’uomo solo per dirvi che quello è Ulisse, il figlio di Laerte e di Anticlea, il padre di Telemaco, insomma il Re di Itaca e marito di Penelope!

Er: Odisseo?  Quell’uom di multiforme ingegno? L’eroe dei due mondi?

Anima: Ma cosa dite?! L’eroe dei due mondi non è ancora arrivato, ma prima o poi arriverà anche lui! E poi perché eroe dei due mondi? Che cosa c’entra con Ulisse questo appellativo?

Er: C’entra.. c’entra. Voi   siete qui da molto tempo e non sapete che Odisseo è diventato un simbolo , mizzica tutti n’hannu parratu.. poeti,  scrittori, drammaturghi…

Anima: Ma certo che lo so, anche se sono qui da molto tempo, chiunque sa che Ulisse è il simbolo dell’Astuzia!

Er: Non solo, non solo …Ulisse,  eroe dell’astuzia e dell’inganno nel passato, è diventato per l’uomo moderno il simbolo della  smania di conoscenza, capace di andare oltre il conosciuto senza paura dell’ignoto. In una parola, il simbolo dell’uomo libero.

Anima: E’ sorprendente quello che mi dite, ho conosciuto Ulisse prima che diventasse Ulisse e vi posso assicurare che era un’anima molto semplice, niente di tutto quello che mi dite.

Er: E chi vuliti, lu tempu passa e unu cu l’età  va maturannu. Certu, a quantu mi diciti, pi esseri jutu e vinutu   tanti voti….   e pi essiri ccà di tuttu ‘stu tempu veru grossa l’avistivu a cumminari . Che cosa avete fatto?  Di quali colpe siete accusato? A mia mi lu putiti diri….

Anima:  Se permettete , questi non sono affari che vi riguardano, comunque per vostra tranquillità sappiate che i miei peccati non sono così gravi altrimenti non avrei la tunica azzurra. I peccatori più incalliti sono quelli che vedete là con le tonache marrone scuro. Quelle sì che sono anime dannate! Alcune di loro sono destinate a stare qui in eterno .

Er: E capisco che non vogliate parlare dei vostri peccatucci, ma di quelli dei monaci ne parlate, …ne parlate eccome. La privacy  è solo per voi, dei monaci ve ne fottete!

Anima: Ma di che monaci andate parlando, quelli non sono affatto monaci! E poi voi come sapete dell’esistenza dei monaci?

Er: Monaci o …sacerdoti del tempio, chi cancia? Allora, che fate, smentite? Avete paura dei monaci? I monaci vi intimoriscono?

Anima: Vi ho già detto che quelli non sono monaci!

Er: Scusate, ma non avete parlato di tonache marroni  scure?  E quindi avete parlato di tonache di monaco, o sbaglio? E le tonache di monaco chi se le mette? Chi se le mette? Non vorrete negare l’evidenza?   Le indossano i monaci . E quindi quelli sono monaci. Il discorso non fa una piega, negate se potete!

Anima: La piega ve la farei io qui in mezzo agli occhi con una randellata!

Er: Siamo alle minacce? Lei non sa chi sono io! Se continua a infastidirmi chiamo in aiuto i monaci!

Anima: Imbecille! Quelli sono tiranni, altro che monaci! Sono condannati a rimanere qui per l’eternità. Quando cercano di uscire, le altre anime dannate li tirano indietro e si sente un pauroso boato!

Er: Siete stato voi a parlare di monaci e adesso tirate fuori i tiranni. Allora qui   monaci non ce ne sono? Non è possibile, con tutto quello che hanno “combinato”, altro che tiranni. I tiranni al confronto diventano innocui. I monaci di sicuro sono dietro i tiranni, sono loro che li tirano indietro. Poveri tirannucci, mi fanno pena .

(Nello stesso momento un’anima con la tonaca marrone cerca di  venire fuori dalla tenda scura dove si presuppone ci siano le anime dannate, ma diverse braccia non le consentono di uscire,  la tirano indietro e si sente un pauroso boato)

Anima: “Diavolo  d’un Barbariccia “ (Barbariccia è il capo del drappello di diavoli che dà il segnale di partenza ai suoi sottoposti con una sonora scorreggia)

 

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er    e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) “Ed egli avea del cul fatto trombetta!”. (annuendo, si discosta e si allontana dalle due anime) (Inferno, canto XXI, 139)

Er: (cerca di interloquire con l’anima di Dante non ottenendo però alcuna risposta) A vossignoria ‘stu tronu (tuono) trombetta ccì parsi? Autru chi trummetta, chistu trummuni jè!

Anima: Se non fosse che c’è il rischio di essere punito con altri mille anni di pena, vi prenderei a calci nel di dietro!

Er: Non potete…vi siete scordato che siamo anime e che quindi non c’è il di dietro. E poi calmatevi, se continuate così, vi prenderà un colpo, e non vorrei avervi sulla coscienza.

Anima: Ma che colpo e colpo, noi siamo già morti non potrebbe accadermi niente di peggio oltre a dover avere a che fare con uno come voi. Se proprio volete che ve lo dica, mi fate pena, ogni volta che sono “tornato” qua,  ritrovarvi  e   sentirvi fare quella sciocca domanda…: dove broccolo mi trovo?…Come broccolo sono arrivato qui? Non ne potevo più, per questo vi ho confidato le mie supposizioni.   Sappiate che oltre me ci sono altri che sono a conoscenza dei poteri dell’acqua del fiume Lete. Quello di cui volevate sapere , per esempio, che di tanto in tanto si avvicina con un’aria stralunata, lo sapete chi è?

Er: E cu fussi? Quali? Chiddru cu dru nasu chi pari un pappaaddru, chi allavanca paroli a la scicchigna? Chiddru chi ora… ora  parrau di culu chi fa comu ‘na trummetta? (facendo con la bocca un pernacchio)

Anima: Sì, proprio lui,  mi ha confidato che al momento della “scelta”   sceglierà di diventare un famoso scrittore, anzi a suo dire “il sommo poeta” per eccellenza. Anche lui è a conoscenza del nostro segreto, e mi ha confidato di avere preso un bel po’ di appunti  su come vanno le cose qui,  per poi poter scrivere la sua …aspetta, come l’ha chiamata? Ah sì , l’ha chiamata “commedia”! Da quando è qui è diventato amico di Ulisse, non fanno altro che chiacchierare

Er: Mi piacissi di canuscilu, così come mi piacerebbe conoscere Odisseo. Mi putissi fari fari un autografo e mi lu sarvassi pi quannu ritornu supra la terra. Emuci a ‘rrivari, jemu jemu.

Anima: Ulisse,vorrei presentarti un amico! Si tratta del famoso Er, di schiatta Panfilia, l’eroe di questo mito, un po’ è come se fosse il padrone di casa di questi luoghi!

Er:  Nenti! Nenti, io al confronto di vossignoria non sono niente, perciò voi siete il famoso Odisseo? Mizzicazza, é un grande onore pi mia canuscivi!

Ulisse: Siculo siete?

Er: Mizzicazza! Mancu du’ paroli ci dissi e già s’addunau chi sugnu siculo. E’ propriu veru chi l’astuzia non è acqua!

Ulisse: Per carità, in questo caso l’astuzia non c’entra  per niente!  Dovete sapere  che ho molto viaggiato e che  quando numi avversi mi fecero approdare  là nella vostra isola, nell’insenatura dove vivono i ciclopi,  per farmi capire dovetti imparare in fretta la vostra lingua.

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) ”Voi che vivete ogne cagion recate pur suso al cielo, pur come se tutto movesse  seco di necessitade”        (annuendo, si discosta e si allontana dalle tre anime) (Voi che vivete ancora la vita mortale, attribuite ogni causa al cielo, proprio come se il moto dei cieli traesse necessariamente  con sé ogni cosa che accade quaggiù) (Purgatorio, canto XVI, 67-69)

Er: A mia ‘un mi pari veru….perciò  Ulisse…  cu mi l’avia a diri chi vinennu ccà avissi canusciutu il famoso Odisseo!

Ulisse:  . Ebbene sì! Io sono proprio Ulisse, figlio di Laerte   e di Anticlea . Odisseo padre di Telemaco e consorte di Penelope, regina di Itaca, famosa… “tessitrice.” Sono convinto che mi chiederete che diavolo ci faccia qui! Sono come voi in attesa della scelta della nuova vita! Tra poco chi verrà giudicato ”pronto” per tornare sulla terra, potrà scegliere tra le varie opportunità .

Più in là, da una parte del palcoscenico ci sarà un gruppetto di anime che denigreranno alcuni dei comportamenti di Ulisse, i dialoghi proseguiranno ,comunque, come se queste anime non parlassero.

Anime denigratici: (anima denigr. N°1)  Pensa di essere figlio di Laerte, ma non sa che sua madre  proprio qualche giorno prima del matrimonio, tradì Laerte con Sisifo.  (Anima denigr. N° 2)  Ulisse è proprio figlio di Sisifo. (anima denigr. N°3) Del resto Sisifo   insieme ad Autolico, padre di Anticlea, erano i più astuti ladri e furfanti della Grecia 

Er: Eccellentissima vostra maestà, mi piacessi di sapiri non tanto chi ci faciti qua, ma comu ci finistivu.? Di morte naturale siete arrivato qua, o qualcunu v’aiutà a veniri ccà prima di lu tempu?

Ulisse: Purtroppo fu mio figlio a“darmi una mano”,ma lui, poverino, non sapeva che iofossisuopadre!

Er: Telemaco? Ma veramenti io la storia del vostro ritorno a Itaca la ‘ntisi e non mi risulta che vostro figlio Telemaco abbia osato “levare” la sua mano contro di voi.

Ulisse: No! Non Telemaco fu a levare la mano contro di me, ma Telegono!

Anima: Nessuno di noi era al corrente che aveste un altro figlio.

Ulisse: Per la verità nemmeno io ne ero al corrente! Secondo quanto mi aveva detto  l’oracolo, sapevo solo che sarei morto per mano di mio figlio.

Er: Mischinu, Telemaco ‘sà quantu colliri si pigghià quannu l’oracolo ci dissi chi a ammazzari Ulissi avissi statu il medesimo figghiu.

Ulisse: Sì! La cosa lo sconvolse al punto che si allontanò da Itaca per non farvi più ritorno.

Er: E ‘stu Telegono di dunni satà fora?  (Tradizione risalente a Eugammone VI  sec. A.C.)

Ulisse: Telegono è il figlio che mi fu dato dalla maga Circe, ma di cui io non seppi mai nulla!

Er: Mizzicazza, avete copulato con la maga Circe? Deve essere stata un’avventura magica…. Lo sapevo che Circe trasformava gli uomini in porci,   deve essere stata una cosa ‘nimalesca.  Buttana di la miseria, ma pirchì a mia ‘sti cosi ‘un mi capitanu ma’?

Anima: Siete sempre il solito, ma smettetela di dire queste stupidaggini! Piuttosto, invece sarebbe bello sapere qualcosa sulla guerra di Troia da chi in prima persona vi ha combattuto e addirittura è stato l’artefice della vittoria Achea!

Ulisse: La storia è lunga, sappiate, innanzitutto, che tutte le mie azioni …le nostre azioni sono dettate dalla necessità (Ananke) e, se devo essere sincero, io per questa maledettissima guerra di Troia non volevo partire  …arrivai persino a fingermi pazzo pur di non partire. Mi feci trovare ad arare la spiaggia e a seminare sale sulle rive di Itaca, ma per la buona sorte di mio figlio fui costretto a partire. Che posso dirvi,  se gli dei avevano deciso che io dovevo partire non potevo certo andare contro il loro volere; e una volta in ballo uno deve “ballare”.

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) “Se così fosse, in voi fora distrutto libero arbitrio, e non fora giustizia per ben letizia e per male aver lutto…Lume v’è dato a bene e malizia e libero voler!” 

(Se così fosse, resterebbe in voi distrutto il libero arbitrio e non sarebbe giusto avere come premio del bene il gaudio celeste e come punizione del male il pianto e il dolore eterno.) (annuendo si discosta e si allontana dalle tre anime)  (Purgatorio, canto XVI, 70 -71- 75 )

 Er: Autru chi ballari! vossignoria, a iddri facistivu ballari. Ma l’idea du’ cavaddru comu vi vinni?

Anime denigratrici: (N° 1)Il solito conta balle  adesso  dirà che l’idea del cavallo venne a lui, ma tutti sanno che fu Prilide ad avere l’idea del cavallo di Troia, ispirato in sogno da  Atena. (Anima denigr.N° 2) E lui se ne arrogò presso gli Achei il merito!

Ulisse: Cosa volete che vi dica, ero stufo di tutto quel sangue e per molto tempo mi arrovellai!

Er: V’a…soccu facistivu?

Ulisse: Mi spirniciai va! ‘U capistivu?

Anima:  Perdonatelo,   lo sapete no  che viene dalla colonia sicula?

Er: E batti a coppi cu ‘sta camurria di la colonia sicula! Ma chi vi pari chi pirchì vegnu di la colonia sicula sugnu ‘gnoranti? Livativillu di la testa pirchì jù in qualità di siculo a tutti ‘nsacchetta mi mettu.

Ulisse: L’unico modo per vincere questa guerra era quello di poter penetrare nella città con l’inganno e aprirne le porte! E l’idea di un’offerta votiva agli dei di un cavallo di legno che  propiziasse il viaggio di ritorno mi venne da un sogno che feci alcuni giorni prima: sognai che Penelope a Itaca era insidiata dai Proci che la costringevano a rapporti con la violenza, da questi rapporti nasceva un fanciullo deforme (Pan)  con caratteri caprini e   nel sogno fuggivo inorridito,  mentre fuggivo io stesso fui trasformato in cavallo da Minerva! (Elio Donato IV Sec.) (Nanos nome etrusco di Odisseo con significato di errabondo o anche  di cavallo)

Anima: Questo più che un sogno è un incubo, però fu provvidenziale!

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) Lo mondo èben così tutto diserto d’ogni virtude e di malizia gravido e coverto.  (annuendo, si discosta e si allontana dalle tre anime)  (purgatorio, canto XVI, 58)

Er: Certu chi voscenza ccù l’Ade già autri voti cci ha avutu a chi fari, tanticchia ha statu all’aldilà, tanticchia all’aldiquà,  ormai veterano della situazione jè.

Ulisse: La stessa Circe mi indicò il sistema per sapere come poter tornare a Itaca, visto che gli dei mi erano avversi!  Mi recai nell’Ade per interrogare l’indovino Tiresia!

Er: E chi c’era bisognu di iri nta l’Ade ! Nuautri supra la terra puru l’avemu l’indovini c’è lu magu Otelma chi liggiutu a lu contrariu signifia Amleto, chiddru di: “essere o non essere e chi schifiu essere”? 

Anima: Sciocco, altro che Otelma,  nel passato Tiresia fu il più grande veggente!

Er : Cu c’è?  Chi arrivaugenti?

Anima: Il solito ignorante!

Er: Ma chi ignoranti e ignoranti, ‘u dicicistivu vuatri v’è gente e io il ‘taliano lu capisciu e comu!

Anima:  Io ho detto veggente e  non v’è gente. Veggente vuol dire colui che  è in grado di sapere prima quello che accadrà poi!

Ulisse: Seguendo le indicazioni di Circe armammo la nave, vi caricammo le vittime da sacrificare e salpammo verso il paese dei morti. Giungemmo ai confini dell’oceano, dove abitano i Cimmeri, popoli misteriosi che vivono sotto una perpetua notte.

Er: E com’era ‘stu paisi di li Cimmeri? Comu chistu ccà du’ mitu di Er?

Ulisse: Cosa volete che vi dica, ognuno il regno dei morti lo immagina come può! Comunque qui nel mito di Er, posso dire che mi trovo molto meglio, lì l’atmosfera era più cupa e poi ci andai da vivo e vi posso assicurare che fu un’esperienza sconvolgente!

Er: Vi cacastivu di ’ncooddru?  ‘Un ci possu cridiri, voi siete sempre stato nell’immaginario astuto e coraggioso!

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta)      “Temer si dee di solo quelle cose / c’hanno potenza di fare altrui male / de l’altre no chè non son paurose!” (Inferno, canto II, 88-90) (annuendo si discosta e si allontana dalle tre anime)

Ulisse: No non mi spaventai, se questo è quello che volete dire, ma vedere l’ombra di mia madre fu per me  un grande dolore! Vedere gli eroi della guerra di Troia ridotti a miserabili ombre per la  vana ricerca della gloria,  vedere quegli uomini possenti, all’apparenza immortali, mendicare il sangue delle vittime sacrificali, mi riempì il cuore di tristezza! Quanto più dolce sarebbe stata, per tutti noi, una vita serena in seno alla famiglia, una vecchiaia rallegrata di nuove nascite e una morte nel talamo della propria casa!     

Anima: Non crucciarti, forse tra poco ritorneremo in vitae, se l’esperienza vissuta nellanostravitaprecedente ci sarà stata d’insegnamento, sapremo ben orientare le nostre scelte.

Er: E Achille lu viristivu? Mischinu un semidiu comu a iddru iri a moriri a dra manera.

Ulisse: Sì! Anche laggiù era circondato di rispetto e da reverenza, ma crucciato sdegnava gli onori. Meglio, mi disse, mi gioverebbe essere un bifolco e vivere ancora, che essere onorato in mezzo ai morti! Quando tutte le ombre si furono dileguate, risalii sulla nave e ritornai verso le case di Circe con l’amarezza di non aver potuto abbracciare mia madre, tre volte provai ad abbracciarla e tre volte la sua ombra mi uscì fuor dalle braccia!

Anime denigratrici: (Anima denigr. N° 1) Perché non racconta anche la storia di  Palamede  che, con i suoi loschi inganni, fece condannare a morire lapidato ingiustamente? (Anima denigr.N° 2) Sicuramente l’avrà visto là nell’Ade, e di sicuro non gli avrà detto niente di garbato!

Anima: E il vate? Cosa ti disse il vate?

Er: Il Water…? Biii pirchì all’autru munnu parranu puru li cessi?

Anima: Ma che cessi e cessi, vate e non water vuol dire  indovino!

Er: E pirchì un parrati chiaru ?

Ulisse: Tiresia mi rivelò che il mio ritorno in patria era osteggiato da un nume a me nemico, Nettuno era sdegnato per l’occhio di Polifemo a cui spensi il lume.

Er: Ihh…Chi carattirazzu ‘stu ciclopi, p’un lumi astutatu fari tuttu ‘stu fracassu. Si ci avissuru astutatu un lampiuni ch’avissi fattu?

Anima: Siete sempre il solito ignorante, Polifemo aveva un solo occhio e dopo aver divorato  alcuni dei compagni di Ulisse si addormentò ubriaco. Nel sonno Ulisse e i suoi compagni l’accecarono…il “lume” rappresenta la luce dell’unico occhio del ciclope!

Ulisse: Quando vidi il Ciclope divorare i miei compagni pensai che per tutti noi fosse finita, poi mi venne l’idea di accecarlo, ma ciò che ci salvò fu l’idea di non dire il mio vero nome al ciclope.   Gli dissi che mi chiamavo  “Nessuno”, ma se devo dire la verità fu il ciclope stesso  ubriaco com’era a non capire bene il mio nome!

Anime denigratrici: (anima denigratrice N° 1) Il ciclope non capì il suo nome perché la paura gli attanagliava la gola.  (Anima denigr.N° 2)  Non fu capace di pronunziare nemmeno il suo nome.                      (Anima denigr.N° 3) Storpiò il suo nome in Oudis che in greco significa nessuno.

Er: Bonu facistivu a annurvallu,    comu si dici “occhio per occhio”… V’aviavu a fari manciari tutti di ddru mostru? Certu chi ‘st’avvintura cu ‘u ciclopi sconvolgente deve essere stata! Mancu ‘sta vota vi scantastivu, maestà?

Ulisse: Certamente, fu un’esperienza sconvolgente, ma non ebbi tempo di avere paura, mi arrovellavo, mi spirniciava va’, per trovare un’idea che ci potesse dare il modo di salvarci  dalle fauci….

Er: Puru li fauci avia lu ciclopu?

Anima: Intervenite sempre per dire corbellerie, le fauci di cui parla Ulisse non hanno niente a che vedere con lo strumento che serve per la mietitura. Si sta parlando di “bocca” del ciclope che con il suo comportamento amimalesco ricorda la bocca di un predatore.

ER: Chi sacciu? M’avia parutu chi puru li ciclopi eranu comu a chiddri di “fauci e marteddru”…Avanti populu…Ahh…Fauci ….Vucca …Pi cchistu dicinu chi si mancianu li picciriddi.

Anima: Ma cosa farneticate? Queste sono cose di cui noi non possiamo essere a conoscenza!

Er: Questo lo dice vossignoria, io modestia a parte qui mi feci un amico, che dice di essere l’anima di Calcante, l’indovino chi fu alla corti di Menelao! E iddu  stesso medesimo mi confidò chi tra milli e milli anni ci sarà un popolo cu la bannera di la fauci e un popolo ccù la bannera ccù li stiddi…mezzu precisu c’è la democrazia, chi po’ è chiddra chi a li nostri tempi fici fora a Socrati!

 Anima: E voi credete alle storie inventate da un simile cialtrone?

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) Libertà vo’ cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta. (annuendo si discosta e si allontana dalle tre anime)

Er: Eccomu si ci criu..! ‘Un sulu chistu, ma Calcanti mi dissi puru chi tra milli e milli anni ci sarà la tele…’unmarriordu!

Anima: Tele ‘un mi riordu? E che cosa sarebbe quest’altra cavolata!

Er: Avete presente il “mito della caverna”? Sempre dell’eccellentissimu Platuni!

Anima: Sì! Ne ho sentito parlare!  Se non sbaglio, è quello dei cittadini tenuti in catene fin da bambini, in una caverna,  che scambiano le immagini che si proiettano sul fondo della caverna per realtà!

Er: Si propriu chiddru…E ‘sta tele…tele.

Anima: Si, ho capito! Visto che proietta immagini, probabilmente si chiamerà tele visore!

Er: Mizzicazza, ma lu sapiti chi siti veru ‘ntelligenti! Propriu televisori è lu so’ nomi e ‘un sulu si po’ taliari, ma …Ma puru sona e canta, chi unu di davanti ‘un ci si po’ livari

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta)   ªªIo son ££ cantava ªªio son dolce serena, che’ marinari in mezzo al mar dismago; tanto son di piacere a sentir piena! Io volsi Ulisse del suo cammin vago al canto mio; e qual meco si ausa, rado sen parte; sì tutto l’appago!££(Cantava: “Io sono la dolce sirena che affascino e svio i marinai in mezzo al mare, tanto sono piena di piacere che diffondo e comunico a chi mi sente!” Io attrassi al mio canto Ulisse , sebbene desideroso di proseguire il suo cammino; e chi si abitua alla mia compagnia, raramente se ne riparte tanto riesco ad appagarlo tutto quanto!”)(purgatorio, canto XIX, 22-24) (annuendo si discosta e si allontana dalle tre anime)

Ulisse: Già proprio come le sirene che incontrai  nel mio viaggio di ritorno da Itaca! Per impedire che i miei uomini subissero il nefasto influsso del loro canto tappai loro, su consiglio di Circe,  le orecchie con la cera. Io però volli ascoltare il loro canto e per non lasciarmi coinvolgere nelle mie azioni dal loro canto ammaliatore, mi feci legare all’albero maestro! Poi le correnti ci spinsero verso l’arcipelago dove regnava Eolo!

Er: Eolo? Unu di’ setti nani?

Anima : Ma che sette nani e sette nani! Eolo è il dio dei venti!

Er: Vinti? Ma quali vinti, di chistu sugnu sicuru, li nani eranu setti!

Anima: Non avete ancora capito che qui non si parla affatto di nani. Eolo è il dio dei venti. E venti in questo caso non è un numero, ma corrisponde a tramontana…libeccio…chiddri chi sciuscianu va’. (Facendo la simulazione del soffiare del vento)

Ulisse: Eolo fu molto ospitale e ci donò un otre dove erano racchiusi tutti i venti tranne quelli favorevoli al nostro viaggio!

Anime denigratrici: Certo che fu ospitale e generoso! Eolo è  padre di Sisifo e quindi nonno di Ulisse!

Ulisse: Sarebbe filato tutto liscio e saremmo rientrati in patria se avessimo ascoltato il  consiglio di Eolo e miei uomini non avessero aperto l’otre pensando che contenesse oro! La tempesta si scatenò e fummo spinti nuovamente indietro. Questa volta però Eolo non volle più aiutarci!

 

Anima del “futuro” Dante: O insensata cura de’ mortali quanto son difettivi sillogismi quei che ti fanno in basso batter l’ali.  (Paradiso canto XI, 1-3)    ( O stolti desideri dei mortali, quanto son difettosi quei ragionamenti che vi fanno starnazzare con le ali terra terra e volgere ai beni mondani.)

Anima: Poh! Disse Giove: incolperà l’uom dunque sempre gli dei? Quando a se stesso i mali fabbrica, de’ suoi mali a noi dà carco, e la stoltezza sua chiama destino! (“Il concilio degli dei”, “Odissea”, Omero)

Er: Ma chi vi successi …? Vi sintiti mali?  ‘Unn’haiu caputu ‘st’ultima battuta!

Anima: No! Non mi sento affatto male, stavo riflettendo ad alta voce!

Er: Ancora però nenti ci avete detto, a confronto di chiddru chi è tutta la storia del vostro ritorno in patria! Calipso…Nausica…Li Proci…

Ulisse: Nausica è la principessa che tutti sognano di incontrare. Bella, disinvolta, nel fiore degli anni, piena di grazia e di umanità. Quanto pudore, quanta saggezza, quanta femminilità; per qualche istante la mia smania di ritornare a Itaca fu messa a dura prova! Ma come tradire l’affetto per una moglie virtuosa come Penelope, lasciata giovanissima dopo pochi anni di matrimonio ad accudire il piccolo Telemaco e gli interessi della reggia!

Er:  ‘Na beddra  “figghia” comu Nausica, fu un peccatu lassalla iri, vostra maestà s’avissi pututu maritari cu iddra  e abbannunari l’idea di turnari a Itaca!  ‘U bellu telegramma a Penelope…Cara Penelope …impossibilitato ..ritorno …causa: …pirchì  persi la strata…! Firmato Ulissi…e bonanotti a li sunatura!

Anima: Siete il solito, ma non avete sentimenti? Per chiunque risulta impossibile resistere al richiamo della propria terra!  Ricordo che in una delle mie vite passate ero un emigrante, ma quando sopraggiunse la vecchiaia sentii irresistibile il bisogno di ritornare alla mia terra! Nessuno vuol morire in terra straniera!

Er: Ihh..quantu stori ccù ‘sta terra natia. Vi stati scurdannu chi Nausica oltre chi beddra è puru ricca. V’avissivu pututu passari la vicchiaia cu ‘na mugghieri beddra, ricca e china di sentimentu. V’avissivu pututu passari tutti li piaciri di la vita.

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta)            

Frate lo mondo è cieco e tu vien ben da lui.   ( purgatorio, canto XVI, 64) Però, se ‘l mondo presente disvia in voi è la cagione, in voi si cheggia; e io te ne sarò or vera spia   (purgatorio, canto XVI, 82)  Di picciol bene in pria sente sapore; quivi s’inganna , e dietro ad esso corre, se guida o fren non torce suo amore.   (perciò se il mondo presente è fuori strada, la causa è in voi, e io ti sarò verace rivelatore di questo. Dapprima l’anima sente il sapore dei beni limitati della terra e , se la guida dell’autorità o il freno della legge non indirizza al vero bene il suo amore cade in inganno e corre dietro ad essi)    (purgatorio, canto XVI, 91)

Er:Viatri tutti mi parrati   di giustizia, di correttezza e onestà…ma iu   tutti ‘sti cosi supra la terra ‘un nnì l’haiu vistu ma’! Aviti propriu raggiuni!  La genti senti sulu lu sapuri di li picciuli..  comu dissi ora ora ‘stu cristianu…picciol bene

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta)   

Per che la gente, che sua guida vede pur a quel ben fedire  ond’ella è ghiotta, di quel si pasce, e più oltre non chiede. Ben puoi veder che la mala condotta è la cagion che ‘l mondo ha fatto reo, e non natura che ‘n voi sia corrotta.   (purgatorio, canto XVI, 100 –106) (La gente che vede la sua guida dirigersi a quei beni mondani di cui essa stessa è tanto avida, si pasce soltanto di tali beni e non chiede di essere condotta oltre, ai beni spirituali. Puoi quindi ben vedere come il malgoverno sia la causa che ha reso il mondo colpevole, e non già la natura umana che sia in voi corrotta dall’influsso degli astri)

Fine primo atto

Sipario

SECONDO ATTO

Er: Taliati…sta arrivannu ‘na ‘nfurnata di animi frischi frischi! Mizzica! Un saccu di fimmini ccì su’ ! Taliati a chiddra, puru la scupa si purtò!

Ulisse: Ma quella è Penelope e che ci fa qua con quella scopa?

Er: Vostra maestà dovrebbe saperlo…lu dicistivu ora ora chi Penelope è la donna più virtuosa chi esisti a lu munnu!

Ulisse: Sì, ma qui non ha bisogno certo di ramazzare.

Er: E vossignoria chi nnì sapi, ‘un po’ essiri chi ccì voli fari avvidiri a li giudici di l’animi di quantu è assistimata?!

Ulisse: Guardate, sta chiacchierando con quelle tre anime antipatiche che durante la nostra conversazione non facevano altro che ascoltare, mugugnando commenti! Vedendola, non posso fare a meno di intenerirmi qui nel profondo del cuore!

Anima del “futuro” Dante: Tanto gentile e tanto onesta pare…..la donna mia quand’ella altrui saluta…

Er: Pi carità, onesta… sarà onesta, gentili… sarà gentili, ma a mia mi pari chi Penelopi è tanticchieddra addimurata, comu vi potti lu cori lassari a Nausica…a Circi…a Calipsu pi ‘na racchiuna di chista?…Puru li baffi havi !

Anima: Ne abbiamo già parlato e poi potevate evitare di fare questo commento di fronte a Ulisse!

Er: Perdonate se fui indelicato, ma iu sugnu fattu accussì, quannu ‘na cosa l’ha diri ‘un mi possu teniri.

Anima:  Anche a costo di fare una tale gaffe?

Er: Gaffe? E cu è ‘sta tali gaffe?

Anima: Gaffe …insomma… come dire…Questo qui pro quo.

Er: Comu dicistivu? Qui, quo, qua?

Anima: Oltre che scemo pure sordo siete? Ho detto qui pro quo che significa  dire…una cosa al posto di un altra…al momento sbagliato… Dire una cosa che può causare imbarazzo alla persona a cui la dite!

Er: Imbarazzu di stommaco?

Anima: Ma cosa avete capito? Scemo io che sto a perdere il mio tempo con voi.

Er: (rivolto a Ulisse)Mi scusasse maestà, se sono stato indelicato.

Ulisse: Non crucciatevi per quanto avete detto. Ho capito che per voi dire quello che pensate è un bisogno irrefrenabile…è nella vostra natura….siete un istintivo!

Er: Sì, lu sacciu, a lu paisi mi lu dicianu tutti chi sugnu distintivu!

Ulisse: Piuttosto speriamo che l’anima di Penelope si ricordi di me. Da quando è arrivata nei suoi occhi  ho potuto vedere una strana luce, non il solito sguardo pieno d’amore che era solita avere!

 Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta)  Quando Lachèsis non ha più del lino, solvesi dalla carne, ed in virtude ne porta seco e l’umano e ‘l divino: l’altre potenze tutte quante mute; memoria, intelligenza e volontade  (Quando la parca Lachesi ha finito di filare il filo della vita, l’anima si scioglie dal corpo e conserva in potenza le inferiori facoltà vegetative e sensitive e quelle intellettive, ricevute da Dio)   (purgatorio, canto XXV, 79 –81)

Penelope:(rivolta ad Ulisse) Sospesa di stupor sono, ed un sol detto formar non valgo, una dimanda sola  , sappiano solo i Numi quant’io vorrei mirarti in faccia. Ma se sei Ulisse e della tua casa ricordi le fattezze,  disvelami  l’architettura delle maritali stanze.

Ulisse: Bella d’oliva rigogliosa pianta sorgea nel mio cortile,i rami larga, e grossa molto,dicolonna in guisa. Io di commesse pietre ad essa intorno mi architettai la maritale stanza! Così il sostegno mi fec’ io del letto, l’intarsiai d’oro, d’avorio e d’argento!

Penelope: (abbraccia Ulisse In lacrime) Ah! Tu con me non t’adirare, Ulisse, che in ogni evento ti mostrasti sempre degli uomini il più saggio. Alla sventura condannavanci i Numi, a cui non piacque che de’ verdi godesse anni fioriti l’uno appo l’altro, e quindi a poco a poco l’un vedesse imbiancar dell’altro il crine. Ma, se il mirarti e l’abbracciarti un punto per me non fu, tu non montare in ira.

Ulisse: Penelope!

Penelope: Ulisse!

Er: Vostra maestà scusasse se interrompo il vostro idilliaco incontro! Mi piacessi di sapiri comu mai la vostra rispettabilissima sposa si purtau ccà la scupa .!?

Anima: Siete sempre il solito rompiscatole, ma non potevate tacere ancora un po’ lasciando che Ulisse e Penelope si riabbracciassero!

Er: Pirchì già ‘un s’abbrazzaru ? Ancora avia a durari ‘sta sceneggiata…? (facendo loro il “verso”, in falsetto…) Ulissi…Penolopi…Penelopi…Ulissi.

Penelope: Chi è costui che osa rivolgersi a te in modo così poco ortodosso?

Ulisse: Perdonalo, è un sempliciotto che viene dalle colonie sicule!

Er: Ma chi sempiciottu e sempliciottu! Permettesse che mi presenti, Er sugnu, di schiatta Panfilia e chistu, si vossignoria lu voli propriu sapiri, è lu me’ mitu! Il padrone di casa qui sono!

Penelope: Bene, se siete il padrone di casa  dovreste sapere che per noi greci essere ospitali è un dovere  i r r i n u n c i a b i l e! Noi non faremmo mai nulla per indispettire un ospite!

Er: Ca quali indispettiri… iu ospitali sugnu, ospitalissimu!

Penelope: Comunque visto che  proprio volete sapere perché ho portato la scopa…è presto detto…e vi dirò la verità, del resto penso che  qui nessuno possa raccontare fandonie!

Ulisse: Per la verità la cosa incuriosisce pure me, mai mi sarei sognato di rivederti qui e per di più con una scopa per le mani!

Penelope: Prima che io arrivassi qui….

Er: ‘Mpratica prima di moriri, no?

Penelope: Siate cortese, non interrompetemi!

Er: E ccu la sta disturbannu?…Parrassi …parrassi.

Penelope: Bene… mi erano giunte voci che il mio rispettabilissimo consorte, nel suo vagabondare durante il viaggio di ritorno a Itaca, ha disseminato sua prole nelle isole  in cui trovò rifugio… Mi parlarono di  maghe, dee, e principesse che a lungo si concessero a lui.

Er:  Scusasse l’interruzione, ma più che disseminato …aviavu a diri inseminato! E po’ ‘n’autra cosa…ma ‘sta Itaca…è precisa  a lu me paisi, unu un po’ fari ‘na cosa di chissa chi subitu tutti lu sannu e po’, pi eccessu di bontà, ci la vannu a cuntanu al rispettivo consorti!

Penelope: Bene…visto che la cosa fu da me saputa dopo la tua morte (rivolta ad Ulisse) e, trovandomi io stessa a dover venire in questi luoghi, mi dissi se non era il caso dare una spolverata al   regale fondo schiena  del mio rispettabilissimo consorte! 

Ulisse: Ma come puoi pensare una cosa simile!…Mai! Nemmeno col pensiero ti tradii!

Penelope: Mentitore!…Fedifrago! Come puoi mentire? Ti ricordo che   fra poco ci sarà il giudizio delle anime, ti conviene confessare le tue colpe, se non vuoi allungare la tua permanenza qui!

Er: Ora capisciu pirchì cci stastivu tantu a turnari a Itaca, ccù ‘na mugghieri comu a chissa…autru chi turnari, avissivu fattu megghiu a ristari ddà, ‘ntà   terra di’ Feaci, ccù Nausica.

Ulisse: Fatevi gli affari vostri, tacete!

Er:  Ma chi tacete e tacete! …Oppuru ddà cu Calipsu chi v’avissi fattu immortali, oppuru ddà cu la maga Cicce chi trasforma l’omini in porci.

Anima del “futuro” Dante: Ond’hanno sì mutata lor natura,   che par che Circe li avesse in pastura. In brutti porci, più degni di galle che d’altro cibo fatto in uman uso.

(Purgatorio canto XIV,  40 – 43 – 44)

Anima: Avreste agito con più sensatezza se vi foste fatto gli affari vostri!

Penelope: A quanto pare qui tutti sanno gli affari nostri! Solo io sono rimasta sempre all’oscuro di tutto. Con questa (agitando la scopa) avrei voluto punirti, ma  adesso comprendo che sarebbe poco regale da parte mia un simile comportamento!

Er: Maestà, perdonatelo (rivolto a Penelope)…lu sapiti o no che l’uomo non è di legno? Ccù tutti dri beddri fimmini Ulissi chi avia a fari….sulu taliari?

Penelope: So bene che l’uomo non è di legno ….ma il manico di questa scopa sì!  …Toglietevi di mezzo se non volete  saggiarne la sua consistenza. Se mi avessero messo al corrente  prima  di tutti i tuoi tradimenti mi sarei accompagnata con un  Procio al giorno!

Er: Comu si dici: un procio al giorno leva Asclepio di tornu!

Penelope: Tacete voi! Ho pensato una punizione più  adatta! …Quando sceglieremo una nuova vita, farai in modo di scegliere la vita di un comune cittadino…basta con i viaggi; ed io cercherò di fare lo stesso, mi è bastato una volta essere regina.     Cercheremo di ritrovarci nello stesso posto per poter vivere finalmente un’intera vita insieme…. Così adesso ritorno al mio posto tra le anime, tra poco sceglieremo e non vorrei essere ultima a poter scegliere.    

Ulisse: Penelope perdonami! Se tu mi avessi visto sulla spiaggia dell’isola di  Calipso piangere disperato per la nostalgia di te …di nostro figlio……di Itaca…..Per te ho rinunziato all’amore di Calipso, all’immortalità!

Penelope: Certo che hai rinunziato all’immortalità! Penso che tu ne avessi sgomento, che cosa avresti potuto fare...viaggiare all’infinito? (fa un cenno di saluto ad Ulisse e si allontana)

Er: Tanto gentili e tantu onesta pari….mizzica maestà, Penelopi “pari” onesta e gentili, ma è ‘u beddru spicchiu. ju vi consigliassi di fujrivinni a la scicchigna….senza pinsarici mancu un momentu.

Ulisse: No! Penso che Penelope abbia ragione,  mentre ero in viaggio avevo nostalgia della mia terra, mi struggevo per il desiderio di ritornare! Sceglierò una vita più normale, una vita senza pericoli e avventure!

Er: E cu vi dici chi po’ quannu avrete una vita normale non vi struggerete per la nostalgia dei viaggi, per il desiderio di andare incontro all’ignoto?

Anima del “futuro” Dante:    Considerate la vostra semenza: fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtude e conoscenza.

(Inferno, canto XXVI , 118 – 121)

Er: Avi raggiuni ‘stu pappaaddru di Danti. Voi, maestà, non siete fatto per una vita tranquilla…siete il  potritipo dell’uomo moderno.

Anima: Potritipo? Forse volevate dire prototipo? Pezzo di ignorante che non siete altro!

Er: Prototipo…potritipo… chi cancia? Ulisse è l’uomo giusto per viaggiare alla ricerca di cose nuove ..alla ricerca della giustizia e della libertà. Pi esempiu si ci fussi ‘n’autru ciclopu d’annurvari…cu lu putissi annurvari se non Ulisse?! Ccì cuntassivu quattru minchiati, lu facissivu viviri finu a ‘mbriacarisi e po  ‘n’autru bellu travu arroventatu e il gioco sarebbe fatto!

Anima: E’ inutile ormai, di ciclopi non ne esistono più! Si sono tutti estinti!

Er: Chistu lu dici vossia! Iu inveci sacciu chi c’è n’autru ciclopu …ma no un ciclopu qualsiasi…un ciclopu tecnologico… Un ciclopu chi ‘un si chiama Polifemu…chi è cchiù granni assa’ di Polifemu..un ciclopu chi controlla  drà, supra la terra,  tutti l’omini… chi unu un po’ fari un piritu chi iddru lu sapi…e quinci tutti l’omini caminanu abbuttati. Lu nomu di ‘stu ciclopu è Echelon ed è chiù terribilu di un mostru terribilu .

(Echelon è il sistema di controllo satellitare che è in ascolto di tutte le comunicazioni, il cosìddetto “grande fratello”)

Anima: E…questa notizia chi ve l’avrebbe data?    L’indovino Calcante? Non fidatevi di lui, gli indovini sono tutti uguali …tirano ad indovinare!

Ulisse: In questo caso devo contraddirvi, Calcante è iscritto all’albo degli indovini e già più volte

previde cose che poi si verificarono veramente. Vi posso garantire che professionalmente è uno dei migliori indovini!

Anima: E dove albergherebbe questo ciclope di nome Echelon?

Er: Addrabbanna di li colonni d’Ercoli! Ddà, dunni lu mari addiventa “infinito”!

Anima: Nessuno è mai andato oltre le colonne d’Ercole, se qualcuno si è avventurato in quei mari non è mai tornato per raccontarlo!

Er: Bonu, aviti raggiuni, Nessuno andrà oltre le colonne d’Ercole… ma nuautri ccà  avemu a Nessuno…Oudis …Odisseo e vi possu assicurari chi Oudis ci va ..ccì va eccomu , veru Maestà?

Ulisse: Certo un viaggio al di là delle colonne d’Ercole è una cosa stimolante…e francamente parlando inter nos …un’intera vita insieme a Penelope da tranquillo cittadino non è molto allettante come sorte da scegliere.     

Anime denigratrici: Guardatelo sta per ordire un nuovo inganno, sta per partire contro un nuovo ciclope, anche questa volta tradirà la fiducia di Penelope! Anche questa volta sarà “nessuno”

Ulisse: (rivolto alle tre anime denigratrici)

 Ebbene sì, io sono “nessuno”, ma voi, voi chi siete ? Men che niente!

 Anima del “futuro” Dante:  Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di loro, ma guarda e passa.

Er: Raggiuni havi Danti…futtitivinni di ‘sti figghi di b…bona matri .Maestà iu sugnu prontu! Mizzicazza partiri ccù Ulissi pi ‘n’avventura di chissa fussi un veru onuri.

Ulisse: E voi, Anima, sareste disposto a dividere con noi questa nuova avventura?

Anima: Per dirla come il nostro amico Er…mizzicazza!  Un viaggio al di là delle colonned’Ercoleè come   compiere un viaggio nell’inconscio! Sarò felice di essere della “partita”.

Er: E soccu è ‘st’inconsciu?

Ulisse: L’inconscio è ciò che non si conosce   intorno a noi, ma è anche il nostro mondo interiore!

      

Anima del “futuro” Dante:(Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta)    Tre “fiere” mi sbarravano  lo passo,  a compiere lo viaggio in me stesso (annuendo si discosta e si allontana dalle tre anime) 

Er: Comu? Vinn’istivu a la fera? E chi fera era? La fera del ponente? O la fera del levante?

Anima: Ma cosa dite?! Da più di duemila anni ci giunge un messaggio a cui noi non diamo alcun ascolto!

Er: Messaggio? Comu chiddru chi ‘u naufragu metti ‘nta  buttigghia?

Ulisse: In un certo senso sì, ma non è scritto in un “pizzino”. Siete stato mai a Delfi?

Er: Sì, ci fu! E chi c’è di straordinariu?

Ulisse: Avrete notato che sul frontone del tempio di Apollo c’è un’iscrizione!

Er: Sì, ma un mi riordu tantu bonu, la liggì un saccu di voti, ma ora comu ora……

Anima: Oltre che stupido anche superficiale, ma non c’è da meravigliarsi, quasi tutti si comportano in modo stupido e superficiale! La gente quando è in mezzo alla gente si comporta in modo stupido e superficiale. Tutti assumono l’atteggiamento come se fossero “qualcuno”, dimenticando o fingendo di dimenticare, che  tutti, chi più chi meno, siamo “oudis”, siamo nessuno! E tanto più “oudis” siamo, tanto più grande è la  nostra tracotanza!  Mi viene il voltastomaco a veder i loro comportamenti!

Er: Sì , ma ancora ‘non mi avete detto chi c’è scrittu  na’ lu tempiu di Delfi…’u sapi che cos’è ora chi mi mittistivu ‘sta puci ‘nta l’oricchia divento nervoso, se non me lo dite! Buttana di la miseria haiu un “lapis”, un vuoto ccà ‘nta lu ciriveddru e non riesco a ricordare!

Anima: Non c’era bisogno che me lo diceste, mi ero già accorto del vuoto che avete nel cervello!

Er: Ohè, ma chi faciti…. offendete?

Anima: No, vi stavo solo dicendo la verità!

Er: Ah va be’, ora ci semu!

Ulisse: “Conosci te stesso” è l’iscrizione che c’è sul tempio:

Er: E chi ci voli?!…Perché vossignoria non conosce sé stesso? Si mittissi davanti ‘u specchiu e si dicissi taliannusi: permette che mi presenti io sono l’anima tal dei tali, e il gioco è fatto!

Anima: Sì, ma dimenticate le fiere, non è così facile uscire dai condizionamenti che per secoli hanno mortificato le nostre coscienze!

Anima del “futuro” Dante:(Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) Purgatorio canto XX  , 10 Maledetta sie tu, antica lupa, che più di tutte l’altre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa! (sii maledetta, tu antica lupa della cupidigia, che più di tutti gli altri vizi fai preda e strage per la tua fame abissale e senza fine.)

Anima: Guardate, i giudici delle anime stanno prendendo posto, tra poco alcuni di noi potranno tornare sulla terra e vivere una nuova vita. 

Ulisse: Mi raccomando, visto che ormai è tutto deciso, cercate di non avere ripensamenti al momento della “scelta”.

Araldo divino: Parole della vergine Lachesi, sorella di Ananke. Anime dall’effimera esistenza corporea, incomincia per voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a nuova   morte.

Non sarà un demone (daimon) a scegliere voi, ma sarete voi a scegliere il demone. Il primo che la sorte designi scelga per primo la vita cui sarà poi irrevocabilmente legato. La virtù non ha padrone; secondo che la onori o la spregi, ciascuno ne avrà più o meno. La responsabilità è di chi sceglie, il dio non è responsabile . (Subito dopo vengono lanciati  verso le anime un gran numero di “pizzini” sui quali è riportato il numero di successione secondo cui le anime avranno precedenza di scelta)

Er: Ma chi dissi? Prendere il numero come al supermercato dobbiamo? E’ comu ‘na specie di tombola? Mii!.. Ju fortunatu sugnu !…E si fazzu quaterna o cinquina chi m’attocca?

Anima: Ma che quaterna e cinquina del cavolo, ci sarà consentito di scegliere un solo numero!

 Dovremo, in ordine, scegliere un nuovo daimon!

Er: Daimon? E chi è ‘stu daimon?

Anima: Il daimon è il nostro spirito interiore, quello spirito che animerà tutte le nostre decisioni, le nostre passioni, ma che nello stesso tempo, non interverrà mai da solo nel determinare le nostre azioni, sarà anche la nostra mente a decidere.

Er: Insomma una specie di “consigliori”.

Anima: Sì, è il consigliori che vive dentro di noi…il nostro “io” che i sacerdoti del tempio hanno demonizzato, mortificando le   pulsioni   “creatrici” come se fossero istinti bestiali

Er: Miih… veru… Daimon ….Demoniu e lu demoniu havi sempri l’aspettu d’un capruni comu chiddru di li satiri!

Anima: Bravo, questo è uno degli aspetti…per meglio dire delle dimensioni che caratterizzano un uomo. Vedo che non siete del tutto scemo!

Er: No…quali tuttu scemu?  Forsi tanticcheddra, ma tuttu no!

Anima: Passione e irrazionalità, e tutti gli altri impulsi irrefrenabili che vanno al di là del bene e del male! O come avete detto voi, il mondo dionisiaco…quello dei satiri.

Er: E po’ quali fussiru l’autri dimensioni?

Anima: La coscienza morale, i limiti e le regole che ci vengono inculcate fin da bambini.

Er: Comu dicistivu? In..cul..cate… e chi veni a diri?

Anima: Chi vennu dati ..va’…La religione…la razionalità…la giustizia ..in una parola il mondo apollineo.

Er: Iu tra religgioni e razionalità ‘un cci viu propriu nenti in comuni!

Anima. In questo forse devo darvi ragione!

Er: E la terza “fiera” quali fussi?

Anima: La terza dimensione cerca di tenere a bada le altre due, fa da bilancia per equilibrare i nostri comportamenti. Superare questi ostacoli è un po’ come  superare le colonne d’Ercole. Al di là delle quali si apre un oceano infinito a noi sconosciuto. Un mondo difficile da esplorare pieno di pericoli, un oceano in cui puoi finalmente “incontrare”  te stesso, il mare del tutto e del nulla   in cui

è  dolce  abbandonarsi!

Er: Pi chistu si chiama Pa…pa..cificu?

Anima: Dovete per forza dire delle stupidaggini? Il pacifico è da tutt’altra parte!

Er: Va beni, lassamu perdiri tutti ‘sti discursa “annacquati”, pirchì ccì vulissi addumannari a Ulissi un’altra cosa chi mi veni in menti e chi di la testa ‘un mi la possu livari!

Ulisse: Dite pure senza “tema”.

Er: Tema? E chi veni a diri?

Anima: Siamo alle solite, “l’ignoranza è castigo di Dio” . Ulisse voleva dirvi di parlare senza timore.

Er: Veramentia mia mi risulta chi  “la vicchiaiaè castigu di Diu”, no l’ignoranza! Comunqui ‘gnuranza pi ‘gnuranza vulia sapiri di Ulissi chi nni pensa di ‘sta cosa.

Ulisse: Parlate  dunque!

 Er: Eccellentisima vostra maestà, parrannu parrannu iu mi fici lu cuntu di tutte le vostre avventure e livannuci a Nausica chi ‘un fu ‘na prova di superari, a mia comu cuntu mi torna dudici precisu ..precisu, comu li fatichi di Erculi

( 1Lestrigoni, 2 Circe, 3 Calipso, 4 Polifemo, 5 Lotofagi, 6 Scilla e Cariddi, 7 Le sirene, 8 I Ciconi, 9 Il regno dei morti, 10 le vacche del dio Sole, 11 Eolo, 12 I Proci)

Ulisse: Se lo dite voi, devo crederci, del resto visto che per  Ercole le  fatiche furono dodici, non vedo perché per me avrebbero dovuto essere in numero diverso.

Er: Vede, maestà,  c’è genti chi si passa lu tempu a spirniciarisi supra l’antichi miti, circannu di trovare spiegazioni e messaggi nascosti dentro questi miti.

Anima: E quali sarebbero le conclusioni di questa gente?

Er: Si vi lu dicu, dovete promettere chi poi non vi mettete a ridere e a diri chi sugnu lu solitu ‘nchiappastaddri!

Ulisse: Parlate pure in tutta tranquillità “Nessuno” vi dirà nulla di offensivo.

Er: Vossignoria joca cu li paroli; Nessuno siete voi, ma l’autri?…L’autri su’ sempri pronti a denigrari comu l’animi di dri figghi di b..ona matri , comunqui essennu chi iu di tutti ‘st’animi denigratrici mi nnì futtu, vi dirò quello che ho sentito.

Anima: Avete finito per incuriosire pure me, anche perché adesso che ci penso il numero dodici si ritrova in modo impressionante in tutto ciò che ci circonda.

Er: Già, le costellazioni, li misi dell’anno, l’apostoli, ma chissi ancora a li nostri tempi non sono stati “inventati” e tanti autri …li dudici cavalieri…

Ulisse: Dunque?

Er: Dunque, sembrerebbe che chiddru chi è al centro di ogni avventura, quannu ci sono dodici prove da superare, è lu Suli. Lu suli chi duna vita, ma chi la può puru livari. Voi, maestà, alla fine delle vostre peripezie, ammazzati con le frecce li Proci… pi qualcuno le frecce sono i raggi del Sole e i Proci sono l’umanità. Il vostro viaggio negli inferi corrisponde al periodo invernale…alla morte e quando tornate in patria si salvano solo le persone “giuste” e si ha una rinascita.

Anima: E voi credete a simili stupidaggini?  Ulisse uccise i Proci perché la libertà spesso deve essere bagnata dal sangue degli uomini ingiusti. Lasciate perdere queste storie,  non hanno alcun fondamento logico.

Er: Avete ragione queste sono solo fantasie, ma a volte si sentono discursa chi unu non sa se crederci o no, ma chi vuliti,  la fantasia n’aiuta a viviri la vita

Ulisse: Adessotacete, vediamo di raccogliere la “sorte” che abbiamo deciso!

Araldo divino: (detto ciò aveva scagliato al di sopra di tutti i convenuti le sorti e ciascuno raccoglieva quella che gli era caduta vicino. Chi l’aveva raccolta vedeva chiaramente il numero da lui sorteggiato.  Subito dopo  l’araldo  aveva deposto per terra davanti a loro i vari tipi di vita) Questi che deporrò davanti a voi sono  vari tipi di vita, sono in numero di gran lunga maggiore al numero delle vostre anime. Non v’è però una gerarchia di anime,perché la vostra anima  diventerà     diversa a seconda della vita che sceglierete.   Tutto è mescolato insieme: ricchezza e povertà o malattie e salute; e v’è anche una forma intermedia tra questi estremi.

Tutte le anime raccolgono da terra i numeri di successione.

Er: (rivolto ad Anima) A tia chi numeru ti capitau?

Anima: Il tredici!

Er: Mi… veru furtunatu fustivu…facistivu tridici.  

Araldo divino:Anche chi si presenta ultimo, purché scelga con senno e viva con regola, può disporre di una vita amabile, non cattiva. Il primo cerchi di scegliere con cura e l’ultimo non si scoraggi.

Er: Mizzicazza, ma ora chi stannu facennu? Vossignoria chi già ha statu ccà autri voti volessi mettirimi a canuscenza di tuttu chiddru chi succedi?

Anima:  Guardate, adesso l’araldo guiderà  le anime   da Cloto, a confermare, sotto la sua mano e sotto il giro del fuso, il destino che hanno scelto  dopo il sorteggio. Poi  la condurrà alla trama tessuta da Atropo rendendo inalterabile il destino una volta filato. Di lì, senza volgersi,  ciascuno  si recherà sotto  il trono di Ananke. Dopoché tutte le anime che hanno scelto le rispettive vite, si presenteranno a Lachesi nell’ordine stabilito dalla sorte. A ciascuno Lachesi darà come compagno il demone prescelto, perché gli sia guardiano durante la  vita e adempia il destino da lui scelto. Infine le anime saranno portate al fiume Lete dove bevendo dimenticheranno tutto ciò che qui è avvenuto.

 Anima del “futuro” Dante: Letè vedrai, ma fuor di questa fossa, là dove vanno l’anime a lavarsi quando la colpa pentuta è rimossa.  (Inferno canto XIV 136)

Er: Beddra matri puru animi d’armali cii su’  e puru ogni forma di vita umana.

Anima: Ci sono tra esse tirannidi, quali durature, quali interrotte a metà e concludentisi in povertà, esilio e miseria. Ci sono pure vite di uomini celebri o per l’aspetto esteriore, per la bellezza, per il  vigore fisico in genere e per l’attività agonistica, o per la nascita e le virtù di antenati; e vite di gente oscura da questi punti di vista .

Ulisse:  Qui  appare tutto il pericolo per l’uomo  e per questo ciascuno di noi deve stare estremamente attento e cercare  di   avere la   capacità e la scienza di discernere la vita onesta e la vita trista e di scegliere sempre e dovunque la migliore di quelle che gli sono possibili:   calcolando quali effetti hanno sulla virtù della vita tutte le cose che   abbiamo visto, considerate insieme o separatamente, sapere che cosa produca la bellezza mescolata a povertà   o la  ricchezza,      quale effetto producano con la loro reciproca mescolanza la nascita nobile e ignobile, la vita privata e i pubblici uffici, la forza e la debolezza, la facilità e la difficoltà d’apprendere, e ogni altra simile qualità connaturata all’anima o successivamente acquisita.

Anima: Così, tirando le conclusioni di tutto questo, potremo, guardando la natura dell’anima, scegliere una vita peggiore   o una vita migliore, chiamando peggiore quella che la condurrà a farsi più ingiusta, migliore quella che la condurrà a farsi più giusta.  .

 

Araldo divino: Se mi darete ascolto e penserete che l’anima è immortale, che può soffrire ogni male e godere ogni bene, sempre vi terrete alla via che porta in alto e coltiverete in ogni modo la giustizia insieme con l’intelligenza, per essere amici a voi stessi e agli dei, sia finché   resterete qui, sia quando riporterete i premi della giustizia, come chi vince nei giochi raccoglie in giro il suo premio,  per vivere felici nel mondo e nel millenario cammino che avete qui visto. 

Anima del “futuro” Dante: (Si avvicina soprappensiero al gruppo formato dalle anime di Er, Ulisse e Anima. Rivolto più a se stesso che al gruppetto di anime, recita la sua battuta) Voi altri pochi che drizzaste il collo, non vi stupite de lo verbo osceno  , ‘l pasto condir per pascer lo volgo!

         

 

FINE

 CHIUDE SIPARIO

                                                                                                         Di

                                                                                                                Giancarlo Buccheri

La commedia “Echelon, il ciclope” con sottotitolo “Il mito di Er: Libertà e giustizia” è regolarmente registrata alla S.I.A.E.  Sezione/qualifica D.O.R posizione N°129648.        e-mail.   giancarlo.buccheri@tiscalinet.it  Tel 0923651619