Edipo a Vienna

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Pietro Favari

EDIPO A VIENNA

Personaggi

SIGMUND FREUD

EDIPO

DONNA nel doppio ruolo di PAULA FICHTL, la governante di Freud, e di GIOCASTA  

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L'azione si svolge nello studio di Freud a Víenna, in Berggasse 19.

In un angolo il celeberrimo divano, ben diverso da quelli che si trovano negli studi degli analisti di oggi: essenziali, anatomici, disegnati da architetti. Quello di Freud era un onesto quanto anonimo divano di fine Ottocento, qualsiasi, largo, coperto da un plaid; insomma un oggetto di cui qualunque psicanalista moderno si vergognerebbe e si affretterebbe a rimuovere dal proprio studio. Piuttosto che una fedeltà al vero studio di Freud, la scenografia dovrebbe evocare anche la tragedia greca e quindi proporre qualche elemento dell'ar­chitettura ellenista come si potrebbero trovare anche in un appartamento borghese in stile neo­classico: sul fondo due colonne che reggono un frontone e incorniciano - come un boccascena - un grande tendaggio che si apre a metà come un sipario per accogliere durante lo spettacolo appa­rizioni, siparietti, numeri musicali. In primo piano naturalmente il divo: il divano, ma anch'es­so in stile neoclassico, forse un'agrippina. Saran­no necessarie anche un paio di sedie.

All'alzarsi del sipario è in scena la Donna, in abiti da cameriera fine secolo: veste nera lunga fino alle caviglie, stivaletti, crestina, grembiule, guanti bianchi, un piumino con cui spolvera la stanza.

Donna: Ah, il buon teatro borghese di una volta! Prevedibile, rassicurante. Per lo più iniziava con una cameriera che spolverava il salotto buono e intanto raccontava l'antefatto.

Proprio come nel­le tragedie greche: giungeva l'eroe e declamava il prologo. Cose grosse: dei irati, fatti di sangue, vendette, epidemie che colpivano intere popola­zioni, per lo meno qualche incesto.

Ahimé! Niente di simile nelle buone commedie borghesi, il prologo è affidato alla servitù che spolvera e intanto racconta che il signore e la signora hanno litigato, oppure che il signore ieri notte non è rientrato a casa, che la signora forse si è fatta l'amante…

Ora vi aspetterete anche da me qualche pettegolezzo di questo genere, e invece no. Malgrado il costume che indosso, sono un perso­naggio di teatro contemporaneo e nei testi che si scrivono oggi di intreccio ce n'è ben poco, figuratevi se c'è addirittura un antefatto da raccontare.

A1 massimo, per dare un senso alla mia presen­za, vi posso indicare l'ambiente dove si svolge l'azione. Sapete, gli scenografi moderni per lo più non amano i salotti, le sale da pranzo, gli studi che i commediografi di una volta si affan­navano a descrivere in lunghe e minuziose didascalie dove magari arrivavano a elencare i tipi di frutta nelle fruttiere a centro tavola, i soprammobili sparsi qua e là, i soggetti dei quadri appesi alle pareti. Gli scenografi di oggi, no. Se possono, inventano quello che loro chia­mano uno “spazio mentale”. (Si guarda intorno) Come questo, che il nostro scenografo, il si­gnor… (Dice il nome dello scenografo dello spettacolo) ha inventato per noi e che rappre­senta lo studio del professor Sigmund Freud a Vienna, in Berggasse 19.

Qualche fotografia rimasta ci descrive uno studio borghese, con quadri e molti libri. Il professore ne era gelosissimo e pretendeva che nessuno li toccasse, tanto che erano coperti da uno spesso strato di polvere, come ricorda Paula Fichtl, la sua fedele governante.

Quello, naturalmente è il celebre divano. (Lo indica) Il professore ci fa sdraiare sopra i suoi pazienti, e poi si fa raccontare i loro problemi, quello che sognano, quello che a loro fa venire in mente una certa parola, se vogliono più bene al papà o alla mamma e in che modo…

Come faccio a sapere tutto ciò? Che diamine! Origlio alla porta, spio dal buco della serratura, se no che cameriera sarei!

Qualche volta è più eccitante che andare al Prater o alla commedia! Certi pazienti del pro­fessore sono proprio interessanti. Mi ricordo di una certa Dora, per esempio…

Ma ecco che arriva il professore!

Entra Freud. Su di lui esiste una vasta documen­tazione fotografica: “Sigmund Freud. Biografia per immagini” a cura di Ernst Freud, Lucie Freud e Ilse Grubrich-Smitis, Einaudi,  Torino 1978.

Il costumista potrà scegliere di vestirlo con una scura ed austera redingote oppure con un più disteso abito chiaro di morbida stoffa inglese con panciotto e catena d'oro.

L'attore che impersonerà Freud sarà debitamente fornito di un grosso sigaro: sono noti i sensi di colpa del padre della psicanalisi nei confronti del fumo, che gli era stato proibito - con scarsi risultati - dal professor Fliess.

Donna: Ben alzato, professore. Ha dormito bene?

Freud: Mica tanto, mia cara. Il mio riposo è stato disturbato da un brutto sogno…

Donna: Che cosa ha sognato, professore?

Freud: Ho sognato che ero morto, ormai da molti anni, e in un teatro un attore, truccato e vestito come me, interpretava la mia parte in un'orrenda farsa…

Donna: (Consulta un libretto) Ventisette, quat­tordici, quarantasei.

Freud: Cosa?

Donna: (Mostra il libretto) La “Smorfia”. La morte significa mestruazioni dolorose alle porte, gioca ventisette; attore denota lacrime, sangue e sudore, gioca quattordici; la farsa annuncia di un ingente patrimonio la scomparsa, gioca quaran­tasei. Quarantacinque se è francese. Era france­se la farsa?

Freud: Ma no. Il sogno si svolgeva in Italia.

Donna: Allora fa quarantasei.

Freud: Ma che sciocchezze vai dicendo… Non è così che si interpretano i sogni. Lascialo dire a me che ho scritto un libro sull'argomento.

Donna: Non sarà certo più autorevole della “Smorfia”, ad ogni sogno corrisponde una spie­gazione e un numero da giocare, più scientifico di così! Se è così bravo, spieghi lei il suo sogno!

Freud: La stranezza di certi sogni - come il mio di questa notte - è in parte il risultato, oltre che di cattiva digestione, della traduzione dei pen­sieri in forme di espressione differenti ed arcai­che, ma in parte anche l'effetto dell'azione di controllo e di critica svolta dalla nostra mente da qualcosa che non cessa del tutto di funziona­re neanche durante il sonno. È lecito supporre che tale censura provenga dalle stesse forze mentali che, allo stato di veglia, reprimono o - come noi diciamo – “rimuovono” gli impulsi inconsci verso 1'esaudimento di un desiderio. (Freud pizzica il sedere della Donna).

Donna: Professore, che fa? Impari a controllare i suoi “impulsi inconsci”!

Freud: (Pensieroso) Forse il sogno di questa notte rivela un mio desiderio latente di fare l'attore…

Donna: Quattordici. L'attore è quattordici, dia retta a me.

Freud e la Donna cantano

L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI

Freud: Se sogni un treno,

del sesso non puoi fare a meno.

Donna: Gioca il nove.

Freud: È più chiaro ancor se piove.

Ritornello

Qualunque cosa ti dica Morfeo:

una suora, una cravatta, un neo,

il discorso è sempre lo stesso,

quel che tu aneli è solo sesso.

Freud: Se sogni il Partenone,

ti piacerebbe zompare sul lettone.

Donna: Gioca il sette.

Freud: Attenta su quale ruota te lo mette.

Ritornello

Freud: Se sogni Lenin,

sei messo proprio male, credi.

Donna: Gioca l'otto.

Freud: Non puoi ancora fare a meno del suc­chiotto.

Ritornello

Freud: Se sogni un fringuello,

la tua pulsione è un gran bordello.

Donna: Gioca il cinquantasette.

Freud: Con frusta, pinze e manette.

Ritornello

Freud: Se sogni la Madonna,

vuoi uscir di casa in minigonna.
  Donna: Gioca il trentasette.

Freud: Ma depilati tutto con le cerette.

Ritornello

Freud: Se sogni un'anguria,

di mamma senti la penuria.

Donna: Gioca zero.

Freud: Sembra cretino, invece è vero!

Ritornello

Freud: Se sogni i piedi,

di infilar le scarpe l'ora non vedi.

Donna: Gioca il cinquantatré.

Freud: Ma se son larghe gusto non c'è.

Ritornello

Freud: Se sogni il pene,

un posto in banca assai ti preme.

Donna: Gioca il trenta.

Freud: Ma alla bancarotta stai attenta.

Ritornello

Freud: Basta con questi numeri. E ora lasciami solo, aspetto una visita importante.

Donna: Si ricordi, professore: ventisette, quat­tordici, quarantasei. Su tutte le ruote.

Freud: Fuori!

La Donna esce. Rimasto solo, Freud passeggia per la stanza: nervoso, emozionato, felice. L'impressione è quella di un uomo che nella sua garçonniere stia aspettando la prima visita di una signora lungamente corteggiata.

Vedremo che non è così. Mentre aspetta potrebbe, con fare furtivo, aspira­re una polverina bianca: cocaina - Freud ne faceva uso a scopo sperimentale - a cui ricorrerà ogni tanto, nei momenti di maggior tensione.

Freud: Mein Gott! Tra poco sarà qui. Credo di essere emozionato. Del resto è sempre così la prima volta. È tutto a posto? Il divano sarà accogliente? Credo proprio dì essere emoziona­to. Dovrei imparare ad avere un controllo mag­giore delle mie pulsioni. Ma che fa? Tarda?

Entra la Donna.

Donna: Un signore chiede di lei. (Esce).

Freud: Eccolo finalmente! Avanti, prego. Si accomodi.

Edipo fa il suo ingresso, alla grande. Il personag­gio si muove con i gesti ampi ed enfatici che un attore trombone userebbe per interpretare quel ruolo.

Altrettanto ampio ed enfatico è il costume: una corona in testa, un grande mantello dorato; l'idea del Potere – sgargiante e luccicante - come po­trebbe essere esibita in un numero musica­le del teatro di ri­vista. In mano ha un lungo bastone e sugli occhi una benda insanguinata.

Durante il loro dia­logo, Freud tenterà a più riprese di far sdraiare Edipo, recal­citrante, sul sofà.

Edipo avanza con lenta dignità regale, finché non inciampa in un pupazzo di gomma, raffigurante Topolino, abbandonato sul pavimento che lo fa cadere con un gran frastuono.

Edipo: (Imprecando e lamen­tandosi) Oìmoi, Oìmoi. O me infelice! In quale luogo mi con­duce il nero destino? O mia sorte dove sei precipitata? Quale ogget­to partorì l'Ade crudele affinché il mio piede caduco, privo della guida degli occhi spalancati nella tenebra, non più offrisse il dovuto sostegno alle membra, facendo­mi cadere al suolo?

(Tocca il pupazzo) Mi pare mostruoso feticcio, amuleto infernale costruito di materia a me ignota.

Freud: (Soccorrendolo) Mi permetta di aiutarla a sollevarsi. Si distenda su questo sofà.

Sono desolato, voglia credermi. Pensare che ho aspet­tato con grande ansia questo incontro!

A farla inciampare è stato un pupazzo di gomma, lei non può vederlo purtroppo, raffigura Mickey Mouse, Topolino, non so se conosce. È un personaggio della letteratura a fumetti, molto popolare presso l'infanzia. Non mi ero accorto che era per terra.

Si potrebbe dire che Edipo invece che a Colono è finito a Disneyland… Edipo a Disneyland!...

(Freud ride. Gesto di stizza di Edipo. Imbarazzo di Freud) Mi scusi…

Topolino deve averlo dimenticato un mio paziente, “l'uo­mo dei topi”. Un caso piuttosto interessante, cre­do suscettibile di sviluppi degni di attenzione.

(In tono un po' pettegolo) Pensi che è afflitto da un sogno ricorrente… Una si­gnora che, diciamo, lui am­mira viene costretta a se­dersi sopra un vaso dove sono contenuti dei topi. È un antico supplizio d'O­riente… E anche il pa­dre... Sì, insomma, so­gna che anche il padre viene costretto a sedersi su quel parti­colare vaso. Una posizione decisa­mente scomoda, se mi è concesso esprimermi così.

Ma io conti­nuo a impor­tunarla con cose che non la interessano, che non la ri­guarda­no…

Vera­me­nte credo che il “caso dell'uomo dei topi” per l'appunto la riguardi, almeno indirettamente.

Edipo: O straniero, le tue parole suona­no ai miei orecchi più oscure dei canti ambigui della Sfinge. Fai che la luce disveli il tuo oracolo tenebroso. Come può il malvagio disseminatore di amuleti funesti al piede, debole per vecchiezza e per dolori antichi, avere rapporto con lo sventurato Edipo?

Quale enigmatico disegno degli dei, oscuri intreccia nessi tra me, tribolato dal Fato, e l'odioso sognatore di supplizi nefandi al padre?

Freud: Vede, l'uomo dei topi è afflitto da quello che io chiamo un “caso di nevrosi ossessiva” - è dominato infatti dall'idea ossessiva dei topi - e l'evento che ha sospinto irresistibilmente nel­l’orbita della nevrosi tutti gli avvenimenti ulte­riori della sua vita è da ravvisare nella rimozione dell'odio infantile verso il padre. L'ostilità per il padre infatti, di cui un tempo è stato vivamente consapevole, gli è ormai da lungo tempo divenu­ta ignota, e per riportarla alla coscienza è necessario superare resistenze violentissime da parte del paziente.

L'ostilità del maschio nei confronti del padre secondo me raggiunge il suo acme tra i tre e i cinque anni, durante la fase fallica, e si accompagna - nella sua forma positiva - ad una voglia amorosa invece nei confronti della madre.

Insomma, per farla breve, il bambino prova desiderio della morte del rivale, rappresentato dal genitore dello stesso sesso, e desiderio sessuale per il genitore di sesso opposto. Nella sua forma negativa, tutto ciò naturalmente si capovolge.

Buio sul divano. Si apre il tendaggio-sipario a rivelare il boudoir di una signora in abito fine Ottocento che si pettina i capelli canticchiando seduta davanti a un tavolino da toilette.

Entra Edipo che si è tolto corona, mantello e sangue dal volto ed ora è in abito da giovin signore della Belle Epoque con tanto di ghette e bastone.

La scena successiva sarà recitata con i ritmi e i toni di una pochade alla maniera di Feydeau.

Donna: (Sobbalzando) Voi qui! Quale impu­denza!

Edipo: Signora! Sin dal primo momento in cui i miei occhi si sono posati su di voi… Io… io… vi amo!

Donna: (Indulgente) Suvvia, non dite così! (So­spira) Lo sapete bene, il nostro sarebbe un amore impossibile. (Solenne) Io amo mio marito e gli sono sempre stata fedele.

Edipo: (Rannuvolato) Vostro marito! Quell'uo­mo, quel tiranno… Io lo odio con tutto il mio cuore. Colui può abbracciarvi, può baciarvi quando vuole. Una volta lo vidi mentre vi baciava e il mio cuore prese a battere furiosa­mente. Può persino… (Esita) congiungersi car­nalmente con voi! (Si appoggia il palmo della mano alla fronte con gesto melodrammatico) Lo odio, quel tiranno che mi sottrae il vostro amore! Vorrei… vorrei vederlo morto! Vorrei ucciderlo con queste mie mani che, per causa sua, non vi possono accarezzare!

Donna: (Scandalizzata) Che dite mai! Non può essere vero amore il vostro, se vi suggerisce simili pensieri nefandi. Pentitevi delle vostre abominevoli intenzioni!

(Più calma) E poi, cosa avrebbe da offrirmi il vostro amore? Un avvenire incerto, pieno di sensi di colpa… E poi, inutile nascondercelo, io sono una donna un po' più… (Esita imbarazza­ta) più matura di voi. La differenza - magari piccola! - di età tra di noi alla lunga si farebbe sentire. Troverete alfine una fanciulla della vo­stra età e ve ne innamorerete, credetemi!

Edipo: Giammai! È proprio questa differenza, come la chiamate, che mi attira in voi. Io vi amo!

(Cade in ginocchio ai piedi della donna) Vi desidero! Desidero il vostro sguardo, desidero le vostre labbra, desidero le vostre mani sulla mia fronte bruciante, desidero… (Esita) il vo­stro grembo!

Freud: (Voce fuori scena) Cara, sei nel tuo boudoir?

Donna: (Soffocando un grido) Cielo! Mio ma­rito!

Edipo: (Rialzandosi precipitosamente) Cielo! Mio padre!

Donna: Presto! Mio marito non deve trovarvi nella mia stanza. Nascondetevi sotto il divano, anche se sarebbe meglio sopra.

Edipo si nasconde sotto il divano. Entra Freud.

Freud: Parlavi con qualcuno, cara?

Donna: (Con finta disinvoltura) Con nessuno, caro.

Freud: Mia cara, volevo parlarti di nostro figlio. Non ti nascondo che negli ultimi tempi il suo comportamento è per me fonte di qualche preoccupazione. Sospetto che nutra qualche ostilità nei miei confronti.

Donna: Sciocchezze. Sai bene che il nostro rampollo sta attraversando un'età difficile.

Freud: Appunto. Sarebbe il tempo dell'uccisio­ne del padre. Mi auguro vivamente che sia consapevole del fatto che si tratta soltanto di una metafora.

Donna: A suo modo è molto affezionato a te.

Freud: Sarà come dici tu… Però stamattina ho trovato questo nel vassoio della prima colazio­ne. (Da una tasca tira fuori un piccolo serpente morto) Fortuna che sono riuscito ad ucciderlo con il coltello per spalmare il burro prima che riuscisse a mordermi. È una specie velenosis­sima.

Donna: Non ti preoccupare, sono ragazzate.

Durante il dialogo tra la Donna e Freud, Edipo sarà uscito da sotto il divano e - non visto - avrà ripetutamente tentato di pugnalare alle spalle Freud, fallendo comicamente.

Freud: Mi auguro che tu abbia ragione, mia cara. Ora debbo lasciarti, i miei pazienti mi aspettano.

Freud esce. Edipo esce dal suo nascondiglio.

Edipo: Lo odio. Oltre a tutto non ha fiducia in me, altrimenti questa mattina a colazione avrebbe bevuto la tisana che gli avevo preparato con le mie mani.

Donna: Siete un ragazzaccio. Promettetemi di non fare più scherzi del genere a vostro padre. Altrimenti rischiate di restare per sempre nella fase anale. E questo sarebbe oltremodo sconve­niente. E ora allontanatevi, da bravo.

Edipo canta

VOLER BENE ALLA MAMMA

Voler bene alla mamma

è la cosa più bella,

è succhiare il latte

dall'apposita mammella.

Ma ormai sono cresciuto

e a trent'anni son nervoso

se la mamma non m’allatta

al suo seno formoso.

Voglio dire che mi piace,

con trasporto e diletto,

di sognare la mamma

stesa sopra il letto.

Io la guardo e l'abbraccio

con trasporto e passione

e lì proprio sul più bello

lei mi dà uno schiaffone

e mi dice “Cretino,

fermiamoci qua,

sono quasi le otto,

sta tornando papà”.

Ritornello

Mamma, mamma, mamma,

tu sei la mamma, tu sei l'amor.

Mamma, mamma, mamma,

il mio cuore si infiamma

solo al tuo odor.

Edipo esce. La Donna canta

Voler bene alla mamma

è la cosa più bella,

è succhiare il latte

dall'apposita mammella.

Esser mamma vuol dire

per tuo figlio soffrire

e lavarlo, accudirlo,

al futuro educarlo.

Ma tuo figlio poi cresce,

vuol le chiavi ed esce.

Temo vada al bordello,

io gli taglio il pisello.

Mi sacrifico e piango,

la notte, sveglia, languo,

ma lui a me vicino rimane…

le altre donne son tutte puttane.

Buio. La Donna esce. La luce illumina il divano. Edipo ha indossato nuovamente tunica e man­tello.

Edipo: (Adirato) E tauta det' anektà pròs toùtou klùein!

Freud: Prego?

Edipo: Quando l'animo mio s'adira, impetuoso sale alle labbra, come lava al vulcano, l'antico mio usuale idioma: il greco.

Volevo dire: Ah! E sopportabile ancora udire parlare costui? E non vai tu alla mala ventura? Quale malvagia divinità ti mette in bocca parole e concetti così nefasti? Quali empietà vai evo­cando? Chi mai udì di figli che amano di amore non lecito la propria madre e odiano di odio violento il proprio padre?

Freud: (Stupito) Mi perdoni, ma le sue personali vicende, a tutti note, e rese celebri per altissima dignità letteraria da autori come Eschilo, Sofo­cle, Euripide, Seneca, Corneille, Voltaire, Von Hofmannsthal, Cocteau, Stravinskij, Gide, Pa­solini - dimentico nessuno? - ah! Testori, per non citare che i più illustri, le sue vicende, dicevo, trasportano nel clima sublime della tra­gedia proprio la situazione che le ho descritto prima: desiderio di morte per il genitore del proprio sesso, desiderio sessuale per il genitore di sesso opposto.

(Professorale) Questa situazio­ne, che ho definito “Kernkomplex”, complesso nucleare, svolge un ruolo fondamentale nella strutturazione della nostra personalità e nell'o­rientamento del desiderio umano. Questo “com­plesso” - mi conceda di usare questo termine, “complesso”, ormai noto e divulgato a tutti i livelli, anche se non mi trova troppo d'accordo per la sua eccessiva genericità e poi, come lei ben saprà, fa piuttosto parte del bagaglio termi­nologico di… (Con mal celato disprezzo) Jung e della scuola psicanalitica di Zurigo - questo “complesso”, dicevo, per noi psicoanalisti costituisce il principale asse di riferimento della psicopatologia, ed è attraverso dì esso che cer­chiamo di determinare, per ciascun tipo patolo­gico, i modi della sua impostazione e della sua risoluzione.

Pensi poi all'importanza, per esem­pio che assume nell'ambito dell'antropologia psicanalitica. La struttura triangolare di questo complesso è stata rintracciata nelle culture più diverse, e non soltanto in quelle dove predomi­na la famiglia di tipo coniugale. Questa sarebbe una dimostrazione dell'universalità del comples­so di Edipo.

La struttura triangolare del complesso di Edipo è alla base di tutto: azioni, coazioni, reazioni, relazioni, associazioni, dissociazioni, identificazioni, rappresentazioni, deformazioni, interpre­tazioni, fissazioni, sublimazioni, frustrazioni, sensazioni, soddisfazioni, castrazioni, percezio­ni, esibizioni, punizioni, posizioni, pulsioni, per­versioni…

Freud si accosta alla tenda-síparío e assume il tono, un po' effeminato, di uno stilista che presenta la propria collezione di moda. Musica in sottofondo. Si apre la tenda-sipario e appare la Donna vestita come le eroine dei fumetti sado­masochisti: bustino di cuoio nero, reggicalze, calze a rete, tacchi a spillo, guanti lunghi e frusta in mano. Cammina avanti e indietro come un'in­dossatrice durante una sfilata.

Freud: “Sapore di Sade”. Modello double face, adatto sia per sadici che per masochisti. O si domina o si é dominati...

Donna: (Legge da una rivista porno con accento dialettale, a scelta dell'attrice, ma tanto in questi casi si finisce sempre per usare il bolognese) A.A.A. Dominatrice esperta cerca schiavetti umili e rispettosi, disposti a strisciare e a farsi calpestare con disprezzo sotto i miei divini piedi­ni e a trasformarsi in cagnolini timorosi e ado­ranti.

Guardaroba disponibile: Venere in pelliccia, tacchi alti, guanto di ferro in mano di velluto, ed è subito seta, misto lino, poliesteri, nylon 90%, programma indumenti delicati, pura lana… ver­gine.

Attrezzeria: catene, collare da cane, collare da giraffa, gatto a nove code, a otto e mezzo, sospensorio, suspense, sospensione a divinis, la sferza sia con voi, fruste, frustini, due frustini al posto di uno, smash, battipanni, battitappeto, aspirapolvere accessoriato, spazzola, racchetta da ping pong, croce di Sant'Andrea, croce rossa. Venere di Norimberga, emisferi di Magdeburgo, ruota di Napoli, cinghie, cinture, bretelle, clisteri, sale inglese, olio di ricino, la dolce Euchessina.

Ruoli in repertorio: istitutrice, maestra di scuo­la, libera docente, ufficiale nazista, generale sudamericano, ayatollah, vigile urbano, guardia di finanza, agente Polfer, nurse, dottoressa, infermiera, paramedica, paracula, mammina, mammona, grande sorella, femme fatale, amaz­zone, segretaria particolare, stenodattilografa.

Vasta esperienza in: massaggio tailandese, gin­nastica svedese, equitazione svizzera, educazio­ne all'inglese, disciplina tedesca, indisciplina italiana, torture dei genitali, torture dei genitori, mummificazioni, infantilismo, adulterio, adulterazioni alimentari, forzata femminilizzazione, forzata maschilizzazione, travestimenti, transessualità, transavanguardia.

Non siate dei frustra­ti, fatevi frustare, piuttosto!

Si chiude la tenda-sipario sulla Donna. Si riapre su Edipo con il costume indossato in precedenza nella pochade e con un paio di occhiali dalle lenti molto spesse.

Freud: “Voyeur”. Modello indicato per chi è dotato di spirito di osservazione.

Si chiude la tenda-sipario su Edipo. Si riapre ancora su Edípo che si è tolto gli occhiali e ha indossato un impermeabile.

Freud: “Exhibition”. Modello di grande svesti­bilità. Da indossare con disinvolta nonchalance.

Edipo volta le spalle al pubblico e si apre l'impermeabile con il gesto degli esibizionisti. Entra la Donna ancora in costume sado-masochista con la frusta in mano. Guarda Edipo e gli fa schioccare la frusta davanti all'impermeabile sbottonato. Urlo di dolore di Edipo. Si chiude la tenda­sipario e si riapre su Edipo che ha indossato un turbante con l'insegna delle forbici aperte, come quello che contraddistingue gli eunuchi.

Freud: “Addio sogni di gloria”. Complesso di castrazione: resistente, adatto a tutti i tipi di personalità. In particolare si combina perfetta­mente con il complesso di Edipo, formando un insieme assai indicato per tutte le circostanze. È disponibile sia in versione maschile che in ver­sione femminile, modello “Invidia penis”.

Esce Edipo ed entra la Donna. Freud e la Donna cantano

PERVERSION

Mi piaci di più

se sei vestita di caucciù,

mi piaci di più

se mi frusti da sotto in su,

per farmi godere

colpiscimi proprio sul sedere,

mi metto in ginocchio

e schiaffami un dito dentro l'occhio.

Ritornello

Senza un momento di relax

fino al climax.

Perversion.

O come godo

se dei miei polsi

fai un bel nodo,

ah, che piacere

un Black & Decker nel sedere,

per dirti il mio amore

nella pentola a vapore

ti infilo una mano

e la faccio bollire piano piano.

Ritornello

I miei tacchi a spillo

l'infilzo tutti nel tuo cervello

e sono giuliva

quando ti sanguina la gengiva,

mi sento più amata

se la tua prognosi è riservata,

non ho alcun rimorso

se ti mando al pronto soccorso.

Buio. La Donna esce. Luce sul divano, dove Edipo ha nuovamente indossato tunica e man­tello.

Freud: (Solenne) Sì, caro amico, perché se lei mi concede questo onore, io avrei deciso di chiama­re il complesso nucleare anche con il suo nome, così nobilmente letterario, in occasione del mio saggio “Uber einen besonderen Typus der Ob­jektwahl beim Manne”, cioè “Su un tipo particolare di scelta oggettuale nell'uomo”. Saggio che verrà pubblicato nello “Jahrbuch fúr psychoanalytische und psychopathologische For­schungen”, una rivistina mica male, agile, inte­ressante, con certe illustrazioni… La conosce? Se le interessa, posso farle ottenere un abbona­mento con lo sconto.

Edipo: In quale vortice di male sono caduto? Aiai, aiai, feu, feu, ei dé ti presbùteron éti kakoù kakòn, tout' elax' Oidìpous…

Chiedo scusa… Ahimè, ahimè! Se esiste male maggiore del male, questo fu dato ad Edipo! Quale dio malefico parla per bocca tua? Non basta che io, con queste mie mani, mi sia trafitto gli occhi? Non basta che io, il molto odiato dagli dei, trascini in esilio queste mie membra a mendicare? Non basta che il nome mio sia maledetto dai tebani tutti?

Ora tu vorresti, o nefando, che il nome mio maledetto fosse anche dai non tebani, dagli stranieri e dalla stirpe dei posteri? E per designare crimini di cui mai Edipo si rese partecipe!

Freud: (Stupito) Continuo a non seguirla. Lei veramente nega di avere ucciso suo padre Laio e di essersi sposato con sua madre Giocasta?

Edipo: Non nego questo che tu dici.

Freud: E allora?

Edipo: Nego invece di aver compiuto queste azioni esecrande per i turpi motivi da te esposti prima e che indegnamente mi attribuisci.

Freud: (Trionfante) Ah! Ora tutto è chiaro. Si tratta di un evidente esempio di rimozione. Lei cerca di respingere, o per lo meno di mantenere relegato nell'inconscio, il ricordo del parricidio e dell'incesto da lei commessi per soddisfare, ap­punto, il suo complesso edipico…

Edipo: O crudele più di ogni crudele, suscitere­sti l'ira in un'anima di pietra. E tu mandi fuori queste parole così sfacciatamente? Ripetere non potrai questa infamia tranquillamente, la luce della verità vera deve fugare le oscure tenebre di cui tu ti ostini ad avvolgere le vicende mie, che recano così dolore. Ordunque, prestami orec­chio che io mi accingo a disvelarti la vera verità, anche se questo rinnovella i miei tormenti come stille di pioggia nera di grandine e di sangue che gravano sull'animo mio…

Freud: (Prende un blocco d'appunti e una mati­ta) Mi scusi se mi permetto di interromperla. Non potrebbe fare uso di un linguaggio… come dire?... più rilassato, più accessibile? Meno auli­co, magari. È un frasario ricco, senza dubbio, poetico anche, ma ritengo che non giovi troppo a un corretto procedimento di psicoterapia analiti­ca. Non la sento abbastanza disteso… E poi le confesso che mi riesce un po' difficile prendere appunti.

Non vorrei sbagliarmi, potrebbe capi­tarmi di fare qualche lapsus… Lapsus freudiano, ovviamente. (Ride) Un lapsus freudiano con il… (Mostra la matita) con il lapis freudiano… Ah, ah!

Edipo tace, severo. Freud si ricompone rapida­mente, imbarazzato.

Freud: Mi voglia scusare. Qualche volta mi capita di lasciarmi trascinare. Sa, mi sono occu­pato anche del motto di spirito, è proprio il titolo di un mio saggio: “Der Witz und seme beziehung zum Unbewussten”. Alle cene della società di psicanalisi lo citiamo sempre per farci due risate…

Allora, potrei pregarla di usare un linguaggio più quotidiano, più… come dire?... più bor­ghese?

Edipo: (In tono meno declamatorio, più collo­quiale) Effettivamente riesce un po' difficile anche a me trovare sempre il termine appropria­to. Ma che vuoi? noblesse oblige, come si dice. I tebani ci tenevano tanto alla facondia, all'eloquio forbito. Secondo loro un re deve parlare sempre invertendo il sostantivo con l'ag­gettivo; deve fare uso di parole rare, ricercate, usare intonazioni enfatiche.

Ogni volta per preparare i discorsi, un affannarsi sul dizionario dei sinonimi a cercare il termine che fosse abbastanza aulico per loro…

Freud: Ottimamente, così va meglio. Ma la prego, non si interrompa. Come risulta anche dai miei appunti, lei stesso ammette di aver commesso parricidio e di aver impalmato la madre.

Edipo: Nego fermamente di averlo fatto per i motivi passionali che tu mi attribuisci e non lo nego certo per un caso di… di… Come la chiami tu quella cosa che fa respingere i ricordi dolo­rosi?

Freud: Rimozione. (In tono didattico) II sogget­to cerca di cancellare - o almeno di confinare nell'inconscio - pensieri, immagini, ricordi le­gati ad una pulsione. La rimozione si attua nei casi in cui il soddisfacimento di una pulsione - atta di per sé a provocare piacere - rischiereb­be di provocare del dispiacere rispetto ad altre esigenze.

Si apre la tenda-sipario sulla Donna, in abito da Carmen Miranda. La Donna e Freud cantano

LA RIMOZION

Delle mie decision

non sono più il padron

da quando ho scoperto

la rimozion, la rimozion.

Se non pago le tasse

e neppure la pigion,

la colpa non è mia

è della rimozion, la rimozion.

A me non serve più

la macumba e il vodoo,

a tutto c'è una soluzion:

la rimozion, la rimozion.

Oh che gioia, o che emozion

tutti i miei problemi

risolvo con

la rimozion, la rimozion.

Se non mi soddisfa

la pulsion, la pulsion,

il mio rimedio è

la rimozion, la rimozion.

Se il sesso

non mi dà più eccitazion

vado a letto con

la rimozion, la rimozion.

Amico, ti consiglio,

non c'è paragon,

prova la sensazion

della rimozion, la rimozion.

Anche nella tua profession,

non far confusion,

risolvi con

la rimozion, la rimozion.

Oh che bella scoperta

oh che invenzion

è questa

rimozion, rimozion.

Se in borsa

cala la tua azion

gioca invece

la rimozion, la rimozion.

Per affrontare

ogni situazion

io ricorro

alla rimozion, la rimozion.

Se col Kamasutra

non ti vien la posizion

prova piuttosto

la rimozion, la rimozion.

Nelle perversion

evita le frustrazion,

pratica invece

la rimozion, la rimozion.

Dal prete non vado più

a far la confession,

da quando ho scoperto

la rimozion, la rimozion.

Non guardo più

di sera la television

preferisco

la rimozion, la rimozion.

Non son riuscito

a fare la rivoluzion

e mi consolo con

la rimozion, la rimozion.

Non ci vuol preparazion

solo gran passion,

è questo il segreto

della rimozion, la rimozion.

Ci ho scritto sopra

anche una canzon

dedicata all'amata

rimozion, rimozion.

Buio. La Donna esce. Luce sul divano.

Freud: Se le può interessare approfondire il concetto di rimozione, potrei imprestarle questo mio saggio, “Bemerkungen úber einen Fall von Zwangneurose”, oppure quest'altro, “Meine Ansichten uber die Rolle der Sexualitàt in der tiologie der Neurosen”, oppure…

Edipo: (Lo interrompe in fretta) Ho capito, ho capito. Nessuna rimozione nel mio caso. Cono­sco, lucidamente, i motivi che mi hanno spinto ad agire come ho agito.

Ho ucciso mio padre, ebbene sì, ma non per i torbidi motivi, psicoanalitici, che mi sono stati attribuiti da te, e prima di te dai tuoi illustri autori di pettegolezzi di “altissima dignità letteraria”.

Ho ucciso mio padre Laio per motivi, diciamo così, politici.

Freud: Politici?

Edipo: Motivi politici, certamente. Io sapevo, allora, quando uccisi Laio, che Mèrope e Pòlibo non erano i miei genitori veri, che Corinto non era la mia patria. Il Messo Corinzio, che mi aveva salvato la vita, mi aveva svelato anche le mie origini vere: che ero il figlio di Giocasta e di Laio, re di Tebe.

Volevo dunque impadronirmi di quanto mi spet­tava, di quanto era mio diritto avere per nascita: il trono di Tebe. Neanche a parlarne di averlo per diritto di successione; per Laio e Giocasta ero morto, abbandonato sul Citerone perché la profezia del figlio che uccide il padre e giace con la madre non si compisse.

L'unica possibilità per me di salire sul trono dei miei avi, di governare la mia patria, era quella - paradossale - di fingermi straniero e ignaro di tutto.

Incontrai Laio sulla strada di Delfo, si stava recando a consultare l'oracolo. Contrariamente a come è stata raccontata poi la storia, sapevo che era lui mio padre. Uccisi lui e insieme i suoi servi perché non restassero testimoni: uno solo riuscì a fuggire, ma l'orrore di quanto aveva veduto e udito gli cucì per sempre le labbra. Prima di uccidere Laio infatti mi ero svelato come suo figlio.

L'evento si compì oggettivamente, senza nessun rancore da parte mia; sei padrone di non creder­mi, ma è andata così. Anzi, dopo, placato dall'aver fatto quanto doveva essere fatto, pro­vai quasi tenerezza, se non pietà, per quel vecchio re che giaceva a terra prono, in una posizione passiva e grottesca, quasi ridicola, privo di vita e insieme di dignità. Come se la dignità non avesse potuto sopravvivere alla perdita della vita, alla perdita del potere. A volte penso che la morte sia capace di una sua ironia, macabra naturalmente. II capo avvezzo alla corona era imbrattato da una poltiglia di polvere, materia cerebrale, sangue. Quel fango che copriva il capo scioccamente canuto, senza saggezza e senza merito, quel fango che celava come una maschera il volto inutilmente ancora arrogante, quel fango era la materia fecondatri­ce della mia nascita al potere.

Il giovane uccide l'anziano per prenderne il posto, è come un atto generativo, una nascita al contrario. E di un atto generativo, anche se sovvertito, conserva la sacralità: il seme si propaga con la vita ma anche con la morte.

Freud: Solo un atto di trasmissione del potere, dunque, neppure un po' di astio verso il padre che aveva dato l'ordine di portare a morire sul Citerone un neonato indifeso?

Edipo: Nessun rancore e nessun astio da parte mia. Commisi il parricidio perché doveva essere commesso, lucidamente e senza emozioni.

Era stato logico allora che mio padre avesse tentato di uccidermi per conservare il potere, come era logico in quel momento che io 1'ucci­dessi per impadronirmi del potere. Il potere genera il potere e si perpetua, si riproduce, distruggendosi.

Questo era il senso dell'oracolo che tanto aveva spaventato i miei genitori, inducendoli a sopprimermi. L'oracolo non aveva fatto altro che spiegare in anticipo quanto era, è, e sarà nella logica del potere.

Tu ravvisi nel mio gesto radici oscure e profonde, come il desiderio incestuoso per la madre; ma cosa c'è di più profondo e radicato, per il nato da una stirpe di potenti, del desiderio - come la chiami tu? - pulsione, mi pare, del potere? Del desiderio di ricongiun­gersi, questo sì, a quel gran ventre generatore che è il potere. Altro che il desiderio, la pulsio­ne, per il ventre vecchio e languido di mia madre Giocasta!

Freud: Tuttavia lei non nega di essersi congiunto alla madre.

Edipo: Al tempo. Non ho mai detto di essermi congiunto con mia madre. Ho ammesso di essere stato suo sposo, invece.

Freud: Non è la stessa cosa?

Edipo: Che ingenuità! Certamente che no. Ho sposato Giocasta, sapendo che era mia madre, soltanto perché le nozze con la regina, vedova di Laio, erano l'ultimo, indispensabile passo da compiere per salire sul trono di Tebe.

II ciclo così era compiuto: attraverso il ventre della madre ero nato alla vita; nuovamente attraverso il ventre della madre, da adulto, nascevo alla vita di re.

Freud: Dunque, il desiderio di possedere la madre c'è stato ed è stato appagato, anche.

Edipo: Le nozze con mia madre per me sono state il mezzo e non il fine del mio desiderio. La passione, la voglia, c'era; ma per il trono. Non per quella donna insieme patetica e fastidiosa con quella sua capacità di infoiarsi ancora, alla sua età, davanti a un maschio tanto più giovane di lei, che avrebbe potuto essere suo figlio, e lo era!

Le nozze sono state celebrate, il congiungimen­to carnale con la madre, che tanto ha impressio­nato e fatto lavorare le menti dei posteri, invece non si è mai compiuto.

Freud: E i figli? Antigone, Ismene, Eteocle e Polinice, come sono nati?

Edipo: Da un mio servo, muto e quindi discreto. Nottetempo lo introducevo nell'alcova buia del­la regina che lo riceveva convinta di accogliere il re. Ignara dell'inganno, come ignara era, d'al­tronde, che il suo giovane sposo altri non era che il figlio mandato a morire appena uscito dal suo ventre.

Irrompe, furiosa, la Donna nel ruolo di Giocasta. Indossa un peplo e un manto regale. La scena successiva sarà recitata come un dramma di Tennessee Williams.

Donna: Ho sentito tutto, sciagurato!

Edipo: Giocasta!... Mamma!... Sei tu?

Donna: Non hai un po' di rispetto per tua madre?... Moglie?... Insomma, per me! Ho sentito che raccontavi i fatti nostri più intimi a questo estraneo.

Edipo: Non è un estraneo qualunque, è uno psicoanalista.

Freud: Permette? (Le bacia la mano) Doktor Sigmund Freud… Molto onorato di fare la sua conoscenza.

Donna: E cosa sarebbe uno psicoanalista?

Freud: I miei colleghi ed io utilizziamo un metodo d'indagine consistente essenzialmente nell' esplicitare il significato inconscio dei di­scorsi, delle azioni, delle produzioni immagina­rie di un soggetto, come sogni, fantasmi, de­liri…

Edipo: È uno che si guadagna la vita ascoltando le cose intime degli altri e le scrive su un taccuino.

Donna: Ah! Ho capito. C'erano anche da noi, a Tebe. Però si chiamavano sicofanti se si faceva­no pagare dalle autorità, ricattatori se si faceva­no pagare dagli interessati per tacere. Un'altra differenza era che i primi dovevamo proteggerli, gli altri, quando li scoprivamo, venivano invece infilati in una botte piena di sassi aguzzi e fatti rotolare giù da una rupe.

Freud: (Scandalizzato) Signora, la prego!

Edipo: Non è proprio così, mamma. Lo psicoana­lista è un tizio che si è specializzato a trasforma­re un infelice nevrotico in un infelice normale.

Donna: (Rivolta a Freud) Allora dovrebbe pro­prio visitare mia figlia Antigone. Non si è più ripresa dal trauma provocato dalla scoperta che suo padre era anche il suo fratellastro e che quindi lei era zia di se stessa.

Freud, Edipo, e la Donna cantano

IL TANGO DELL'INCESTO

Non è una tragedia e neppure un dramma,

se il figlio sposa la sua mamma.

Se il padre s'innamora della figlia

è più felice tutta la famiglia.

Mi stringo al cuore appassionatamente

soltanto chi mi è stretto parente.

La cosa per me più bella

è impalmare mia sorella.

L'amore è più stuzzicarello

se lo fai con tuo fratello.

Mi stringo al cuore appassionatamente

soltanto chi mi è stretto parente.

È tanto cara mia cugina,

me la prendo come concubina.

Lo confesso, il grande amore mio

l'ho provato soltanto con lo zio.

Mi stringo al cuore appassionatamente

soltanto chi mi è stretto parente.

Mi levo certe voglie

solo con la madre di mia moglie.

Non corro dietro ad ogni gonna

bramo solo la mia cara nonna.

La soluzione è certo garantita,

con l'incesto più unita la famiglia sarà.

Mi batte tanto il cuoricino

quando vedo l'adorato nipotino.

Nel cuore provo una gran malia

quando mi bacia la prozia.

La soluzione è certo garantita,

con l'incesto più unita la famiglia sarà.

Se il cugino non è almen di primo grado

con lui a letto proprio non ci vado.

La cosa che sempre ho sognata

è di avere un flirt con mia cognata.

La soluzione è certo garantita,

con 1'incesto più unita la famiglia sarà.

Freud: Capisco. L'incesto è la più traumatica delle trasgressioni, condannata da Dio e dagli uomini senza possibilità di remissione. Inoltre limita il numero dei regali che si ricevono dalle persone care in occasione di feste e compleanni.

Donna: Prenda il mio caso, dottore. Ho scoperto di essere diventata mamma e nonna nello stesso tempo. Nonna… Ancora così giovane!

Edipo: Mamma, alla tua età devi piantarla di continuare a fare la ragazzina e di correre dietro a quelli più giovani di te!

Donna: Non ti permettere di parlare così a tua madre!

Edipo: Ma sono anche tuo marito e una moglie deve portare rispetto al capofamiglia.

Donna: E poi cosa c'è di male se mi piacciono gli uomini giovani? Mi suscitano l'istinto ma­terno...

Edipo: Appunto, mamma! È meglio lasciar per­dere...

Donna: Cosa vuole, professore, mi sono sempre piaciuti gli uomini giovani… È grave secondo lei?

Freud: Direi di no, signora. È piuttosto naturale provare attrazione per soggetti dell'altro sesso di giovane età.

Donna: (Rivolta a Edipo) Hai sentito?

(Rivolta a Freud) Meno male, professore! Temevo che in me ci fosse qualcosa di preoccupante, perfino di torbido…

Freud: Si tranquillizzi, signora. Le confesserò che anche a me non dispiacciono le giovani signorine…

Donna: Davvero, professore?

Freud: (Sognante) Il fascino di una pelle giovane…

Donna: La carne tenera… Ah, come mi piace la carne dei giovani!

Lei come li cucina, professore? Io li lascio dissanguare lentamente e poi li tengo immersi una notte del vino di Samo, ma che sia abbocca­to al punto giusto, altrimenti si inacidiscono…

Freud: (Scandalizzato) Signora, cosa dice mai? La prego di lasciare questa stanza! Oltre a tutto, un corretto procedimento analitico non contem­pla la presenza della madre o della moglie del paziente. Tanto meno se sono la stessa persona.

Donna: (Rivolta a Freud) Professore, non me lo strapazzi, è tanto sensibile!

(Rivolta a Edipo, materna) Sii sincero con il professore. Confidati con lui, sfogarsi a volte è la cosa migliore. E ricorda di cambiarti la benda, che è tutta sporca di sangue.

(Improvvisamente passionale) Addio, mio adorato!

Freud fa uscire la Donna.

Freud: Che famiglia, la vostra!

Edipo: Te lo concedo. Ma ti ripeto che per lo meno 1'incesto non è stato consumato.

Freud: Mein Gott! Così se è vero quel che lei dice, e non ci sono motivi per cui dovrebbe mentire, se è vero tutto ciò, io sono rovinato! Tutta la psicanalisi, tutta la mia costruzione edificata in anni di studi e di esperienze con i pazienti, affidata a milioni di parole scritte nei libri e negli articoli, pronunciate nelle conferen­ze, tutto crolla miseramente.

(Aspira cocaina e si sdraia pesantemente sul divano) Oìmoi, oìmoi, feu, feu! O me infelice! La sua non è una rivelazione, è una catastrofe scientifica, un terremoto accademico!

Edipo: Non posso farci nulla. Il tuo complesso di Edipo fa un uso arbitrario del mio nome, mi riguarda solo in quello, non nella sostanza. Ti diffido dunque dal citarmi nei tuoi libri.

Freud: Non mi rovini, la prego! Non mi smenti­sca! (Supplichevole) Anche lei ne risulterebbe diminuito. La sua fama presso noi posteri è legata indissolubilmente all'“Edipo Re”, all'”E­dipo a Colono”, al complesso di Edipo.

Lei non si appartiene più, appartiene a noi. Ha delle precise responsabilità nei confronti della cultura occidentale. Se lei si tira indietro non ci sarà la psicoanalisi, e neppure 1'antipsichiatria. Non ci saranno gli psicoanalisti, né gli antipsicoanalisti.

(Solenne) E soprattutto senza la psicoanalisi avremo di nuovo la pie­na responsabi1ità delle nostre azio­ni! Non po­tremo più li­berarci di qualunque colpa chiaman­do in causa il complesso di Edipo!

Edipo: Non se ne parla neppure. Se insisti nel tuo insa­no proposito di me­scolarmi alle tue tor­bide e vergognose fantasticherie pseudo­scientifiche, sporgerò querela, chiederò il se­questro delle tue pubbli­cazioni, terrò conferenze stampa per sputtanarti.

Freud: Piano, piano, amico mio. Cosa le fa pensare che me ne resterò tranquillo a guardarla mentre fa scempio di anni di lavoro scientifico, impedendo inoltre la nascita di un'onorata categoria professio­nale, quella degli psicoanalisti?

An­ch'io ho delle responsabilità nei confronti della mia futura categoria. Non le permetterò di farla morire appena nata. Non le permetterò di agire con la psicoanalisi come Laio agì con lei. Si ricordi del monte Citerone!

Edipo: (Riprende il tono declamatorio dell'ini­zio)  Oh tu maledetto! Nato non da umani, ma da stirpe di lupi! Tu osi minacciare Edipo? Cuore intinto nella viltà, usi a tuo vantaggio dell'infer­mità che io stesso mi inflissi per l'odioso ricatto di Creonte. Cieco sono un ben debole avver­sario.

Ma bada a te! Se qualche evento funesto dovesse colpirmi, ci sarà chi potrà vendicare Edipo!

Freud: Sono spiacente di contraddirla. Nessuno è al corrente della sua presenza nel mio studio né, stando così le cose, intendo rendere di dominio pubblico questa sua visita, che pure mi onora profondamente malgrado le no­stre divergenze di opinione.

Le rivelerò, caro amico, che lei è capitato qui, nel mio studio, per un fortuito - quanto fortu­nato non saprei dire - dise­gno del Fato, proprio lui, ancora una volta.

Ricorda 1'”Edipo a Colono”? Ri­corda le parole con cui il Messo descrive la scom­parsa di Edipo?

Entra la Donna con peplo e manto.

Donna: “Non lo spense un fulmine divino, né una tempesta lo rapì venuta dal mare in quel momen­to. Forse gli fu mandata una guida divina per un viag­gio misterio­so; forse la terra pro­fonda si aprì, ma dolce­mente e lo prese sen­za dolore.

Egli scomparve in una calma quasi celeste: uno stupore sovrumano”.

Freud: (Rivolto alla donna) Grazie cara. Ebbene, quella “calma quasi celeste”, quello “stupore sovrumano”, altro non erano se non una falla spazio-temporale. Sa? Quelle cose di cui si legge nei romanzi di fantascienza.

Proprio l'apertura di una di queste falle spazio-­temporali, sarà a causa delle bombolette spray che bucano l'atmosfera, ha permesso che lei, oggi, si trovasse qui, nel mio studio di Vienna, in Berggasse 19. A migliaia di anni e di chilometri dall'epoca e dal luogo in cui è avvenuta la sua sparizione.

Insomma, nessuno sa dove e quando è morto Edipo. Controlli pure nell'”Edipo a Colono”. Ammetterà dunque che ben difficilmente qual­cuno potrà sospettare di qualcosa se io adesso la… elimino!

(Aspira cocaina e da sotto il divano prende un cordone ombelicale) Per caso qui sotto ho trovato questo, lei non può vederlo. È un cordone ombelicale, dimenticato da qualche mio paziente. Mi pare perfetto per quanto intendo fare!

Edipo: Oìmoi, oìmoi, feu, feu!

Freud e Giocasta, dopo una breve lotta, strango­lano Edipo con il cordone ombelicale.

Donna: Figlio, figlio mio!

Freud: Alla buon ora! La scienza ha trionfato! La psicanalisi - e l'associazione degli psicoanalisti - è salva!

Buio. Si riaccende la luce, Freud, Edipo e la Donna cantano

LA PSICOANALISI

Se un uomo sogna di mettersi il rossetto

è perché la mamma non lo ha allattato al petto.

E se una donna vuol farsi crescere la barba

vuol dir che il babbo è quello che le garba.

Chi allo psicoanalista ogni cosa dice

non è più nevrotico, è un normale infelice.

Se giorno e notte hai l'invidia del pene,

non ti angosciare, va certo tutto bene.

Se la vecchia zia sotto al fanale

vuoi sodomizzare, non è anormale.

Chi allo psicoanalista ogni cosa dice

non è più nevrotico, è un normale infelice.

Proprio non ti devi preoccupare

se il babbo vuoi avvelenare.

E se la mamma, sola, vuoi portare a cena

ti consiglio di non darti pena.

Chi allo psicoanalista ogni cosa dice

non è più nevrotico, è un normale infelice.

Se al genitore morsichi la mano,

ti assicuro, non c'è niente di strano.

Se la mamma guardi, ma dalla serratura,

stai tranquillo, non è contro natura.

Chi allo psicoanalista ogni cosa dice

non è più nevrotico, è un normale infelice.

Sapessi che bella sensazione

è uscire la sera con una pulsione.

E che mi dici del complesso d'inferiorità?

Non si porta più, non è una novità.

Chi allo psicoanalista ogni cosa dice

non è più un nevrotico, è un normale infelice.

Se ti sdrai sopra il divano

con il cuore in mano

il saggio professore

assolve ogni tuo errore.

Perché vuoi più bene

alla mamma che al papà

la psicoanalisi te lo spiegherà.

Amo la mamma, odio il papà

il mio problema è tutto qua.

Ma se mi sdraio sopra il sofà

il professore me lo risolverà.

Viva la psicoanalisi che ci toglie le ansietà.

Venite tutti quanti qua,

e sdraiatevi sul sofà!

Venite tutti quanti qua,

e sdraiatevi sul sofà!

SIPARIO