Edoardo II

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CHRISOPHER MARLOWE

EDOARDO   II

Tragedia in versi in

5  ATTI

Traduzione di Alberto Valles Poli

PERSONAGGI

RE EDOARDO SECONDO

IL PRINCIPE EDOARDO, suo figlio, poi Re Edoardo Terzo

EDMONDO, conte di KENT, fratello del Re Edoardo Secondo

GAVESTON

L'ARCIVESCOVO DI CANTERBURY

IL VESCOVO DI COVENTRY

IL VESCOVO DI WINCHESTER

GUY, Conte di WARWICK

LANCASTER

PEMBROKE

ARUNDEL

LEICESTER

BERKELEY

IL VECCHIO MORTIMER

IL GIOVANE MORTIMER, suo nipote

IL VECCHIO SPENCER

IL GIOVANE SPENCER, suo figlio

BALDOCK

BEAUMONT

TRUSSEL

GURNEY

MATREVIS

LIGHTBORN

SIR GIOVANNI DI HAINAULT

LEVUNE

RICE AP HOWEL

IL SINDACO DI BRISTOW

L'ABATE

MONACI

UN ARALDO

Lords, tre Poveri, James, un Mietitore, il Campione, Messaggeri Soldati e Uomini del Seguito

LA REGINA ISABELLA, moglie del Re Edoardo Se­condo

LA NIPOTE DEL RE EDOARDO SECONDO, figlia del Duca di Gloucester

Signore

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA Una strada di Londra.

Entra GAVESTON, leggendo una lettera.

GAVESTON  "Mio padre è morto. Vieni, Gaveston, a dividere il regno col tuo amico più          caro”. Oh, come queste parole mi saziano di delizia! Quale beatitudine più grande può       toccare a Gaveston che vivere per essere il favorito di un re! Ecco­mi, dolce principe!     Queste tue amorose parole sarebbero state capaci di spingermi a nuoto dalla Francia, e           farmi arrivare boccheggiante sulla spiaggia, come Leandro, purché tu sorridessi, e mi             prendessi fra le tue braccia. La vista di Londra ai miei occhi d'esule è come l'Elisio a       un'anima ap­pena giunta: non che io ami la città e la sua gen­te, ma perché essa accoglie        in sé chi mi è tanto caro, il re, sul cui petto mi lascino morire, e il mondo seguiti pure a rimanermi nemico. Che bi­sogno ha il popolo artico d'amar la luce delle stel­le, se il sole            splende per lui la notte e il giorno? È finita coi vili inchini davanti ai pari pieni di             superbia Non piegherò più il ginocchio che davan­ti al re. Quanto alla moltitudine, che     non è che brace ricoperta dalla cenere della sua povertà, tanti, preferisco far la corte al       vento, che mi balena sulle labbra e vola via.

           

Entrano tre Poveri

            E questi ora? Chi sono?

POVERI          Gente che desidera servire vostra signoria.

GAVESTON  Cosa sai fare tu?

PRIMO POVERO     So andare a cavallo.

GAVESTON             Ma io non ho cavalli. (Al secondo) Tu cosa sei?

SECONDO POVERO          Un viaggiatore.

GAVESTON             Fammi vedere... Andresti proprio be­ne per servirmi a tavola, e       raccontarmi bugie all’’ora di pranzo; e siccome il tuo modo di parlare mi piace, ti            prenderò. (Al terzo) E cosa sei tu?

TERZO POVERO     Un soldato, che ha servito con­tro gli scozzesi.

GAVESTON             Bene, ci sono gli ospedali per gente come voi. Io non ho guerre. Perciò,                            signore, pote­te andarvene.

TERZO POVERO     Addio, e t'auguro di morire per mano di un soldato, visto che vorresti       ricompen­sarli con l'ospedale.

GAVESTON (a parte) Sì, sì, queste sue parole mi commuovono come se un'oca volesse             divertirsi a fare il porcospino, e mi scagliasse contro le sue penne, pensando di          trafiggermi il petto. Pure non costa nulla rivolgersi alla gente con belle parole; e io li       lusingherò, per farli vivere nella speranza. Sapete che sono arrivato proprio ora dalla    Fran­cia, e senza che abbia ancor visto il re mio signo­re. Se le cose mi vanno bene, vi        piglierò tutti con me.

POVERI           Ringraziamo vostra signoria.

GAVESTON   Ho alcune faccende da sbrigare: la­sciatemi solo.

POVERI           Aspetteremo qui intorno alla corte.

GAVESTON   Va bene. (I Poveri escono.) Questa non è gente per me. Io ho bisogno di poeti   spen­sieratamente allegri di uomini di spirito sim­patici, di musici che toccando una corda      riescano a tirare il docile re dove mi piace di più. Musica e poesia sono le sue delizie;   perciò di notte mi pro­curerò maschere italiane, conversazioni dolci, com­medie e           spettacoli piacevoli; e di giorno, quando andrà fuori a passeggio, i miei paggi si    vestiran­no da ninfe delle selve: e i miei uomini, come sa­tiri al pascolo nei prati,             balleranno coi loro piedi di capra un'antica danza rustica. Qualche volta un leggiadro   fanciullo, travestito da Diana, si ba­gnerà in una sorgente coi capelli che indorano le      acque nel loro fluire, con piccole corone di perle attorno alle braccia ignude, e un ramo    d'olivo fra le mani fresche per nasconderci quelle parti che gli uomini godono a vedere.            E lì vicino, uno in fi­gura di Atteone, spiando attraverso un boschetto, sarà trasformato            dalla dea adirata, e correndo nel­le sembianze d'un cervo, abbattuto da una muta dì cani            latranti, farà le viste di morire... Cose come queste piacciono straordinariamente a sua        mae­stà. Ma ecco che vengono dal Parlamento il re mio signore e i nobili. Mi metterò in             disparte. (Si ritira.)

Entrano RE EDOARDO, LANCASTER, IL VECCHIO MORTIMER, IL GIOVANE MORTIMER, KENT, WAR- WICK, PEMBROKE e uomini del Seguito.

RE EDOARDO         Lancaster!

LANCASTER           Mio signore?

GAVESTON  (a parte)  Questo conte di Lancaster proprio lo detesto.

RE EDOARDO         Non mi volete concedere questo? (A parte) Farò quello che voglio, a loro dispetto; e a questi due Mortimer, che m'attraversano così la strada, farò capire che sono        offeso.

IL VECCHIO MORTIMER               Se amate noi, mio si­gnore, dovete odiare Gaveston.

GAVESTON (a parte)          Questo Mortimer misera­bile! Voglio vederlo morto.

IL GIOVANE MORTIMER    II Conte mio zio, qui, ed io stesso, avevamo giurato a vostro      padre, quando morì, che costui non sarebbe mai più rien­trato nel regno; e sappiate,        signore, che prima di spezzare il mio giuramento, questa spada mia, che dovrebbe        colpire i vostri nemici, dormirà dentro il fodero quando ne avrai bisogno. Marci sotto le            tue bandiere chi vuole, perché Mortimer attacche­rà le sue armi a un chiodo.

GAVESTON  (in disparte)    Mori Dieu!

RE EDOARDO         Bene, Mortimer, ti farò pentire di queste parole. Ti par giusto contraddire             il tuo re? E guardi perfino con le ciglia aggrottate, ambi­zioso Lancaster? La spada ti   spianerà le rughe! sulla fronte, e ti spezzerà quelle ginocchia che so­no diventate ora così            rigide. Gaveston io l'avrò; e v'accorgerete che pericolo sia mettervi contro  al vostro re.

GAVESTON (in disparte)     Ben detto, Ned!

LANCASTER           Mio signore, perché provocate così i vostri pari, che naturalmente vi          amerebbero e vi onorerebbero, se non fosse per quell'ignobile e volgare Gaveston? Quattro contee io ho, oltre Lan­caster. Derby, Salisbury, Lincoln, Leicester. Le venderò     per pagarci i miei soldati, prima che Ga­veston rimanga nel regno. E dunque, se è di già     venuto, cacciatelo via subito.

KENT      Baroni e conti, il vostro orgoglio m'ha am­mutolito; ma tuttavia parlerò, e molto           chiara­mente, spero. Io ricordo bene, quand'era ancor vi­vo mio padre, che Lord Percy del        Nord, profonda­mente alterato, osò affrontare Mowbray davanti al re; e per questo, se   sua altezza non gli avesse voluto un gran bene, ci avrebbe rimesso la testa. Eppure           quello spirito intrepido di Percy fu cal­mato da un suo sguardo, e lui e Mowbray si             trovarono riconciliati. Voi invece osate sfidare il re tenendogli testa faccia a faccia.         Vendica questo affronto, fratello, e fa che quelle loro teste predi­chino in cima a un palo,   a pagare la colpa della lingua.

WARWICK               Oh, le nostre teste!

RE EDOARDO         Certo, le vostre; e per questo vorrei che cedeste alla mia volontà.

WARWICK               Frena la collera, nobile Mortimer.

IL GIOVANE MORTIMER                        Non posso, e non vo­glio. Devo parlare. Spero che le nostre            mani, cu­gino, sapranno ripararci le teste, e spezzeranno quella che vi spinge a     minacciarci così. Venite, zio, lasciamo qui questo re che ha il cervello ma­lato, e d'ora in            avanti trattiamo solo con la spada snudata.

IL VECCHIO MORTIMER              Nel Wiltshire ci sono abbastanza uomini per salvarci la testa.

WARWICK        E in tutta la contea di Warwick lo ab­bandoneranno per seguir la mia causa.

LANCASTER     E anche su a Nord Lancaster ha molti amici. Addio, signore; e cambiate pure                         idea, se non volete vedere il trono, dove dovreste star seduto, galleggiare sul sangue, o            scagliata contro la tua testa pazza di lussuria quella adulatrice del tuo ignobile favorito.            (Escono tutti, eccetto Re Edoardo, Kent, Gaveston e le persone del Seguito.)

RE EDOARDO         Non riesco più a sopportare que­ste minacce altezzose. Io sono un re, e mi             devo sentir dettare legge? Fratello, spiega in campo le mie insegne: affronterò deciso i           baroni e i conti, e vivrò con Gaveston, oppure morirò.

GAVESTON    Non posso rimanere più a lungo lon­tano dal mio signore.

RE EDOARDO         Che? Gaveston! Benvenuto! Non ba­ciarmi la mano. Abbracciami,             Gaveston, come faccio io con te. Perché dovresti inginocchiarti? Non sai tu chi sono io?    Il tuo amico, un altro te stesso, un altro Gaveston. Nemmeno Ila fu pian­to da Ercole più      di quanto non ho fatto io dopo il tuo esilio.

GAVESTON    E da quando io me n'ero andato via di qui non c'è stata anima d'inferno che      abbia sof­ferto più tormenti del povero Gaveston.

RE EDOARDO         Lo so. Fratello, dà il benvenuto in patria al mio amico. Ora lascia pure       che quei tra­ditori dei Mortimer cospirino, e con loro quel­l’arrogante conte di Lancaster.             Io ho quel che vo­levo, perché ora godo della tua vista; e il mare inghiottirà la mia terra        prima di sostenere la na­ve che ti debba portare via di qui. Io ti creo ora Lord Gran     Ciambellano, Segretario in capo dello Stato e di me stesso, conte di Cornovaglia, re e             signore di Man.

GAVESTON      Mio signore, questi titoli vanno mol­to al di là del mio merito.

KENT              II minore di questi, fratello, sarebbe larga­mente sufficiente per uno nato più       nobile di Ga­veston.

RE EDOARDO       Fratello, basta, perché queste paro­le non posso sopportarle. (A Gaveston) I             tuoi me­riti, dolce amico, sono assai più in alto dei miei doni: per eguagliarli, perciò,    ricevi anche il mio cuore. E se per questa dignità tu dovessi essere invidiato, te ne darò          delle altre, perché soltanto per onorarti Edoardo è felice del suo potere di re. Hai paura           per la tua persona? Ebbene, avrai una guardia personale. Ti occorre oro? Vai a prender­            lo dal mio tesoro. Vorresti essere amato o temu­to? Pigliati il mio sigillo, assolvi o             condanna, e comanda a nostro nome tutto quel che l'animo tuo gradisce, o piace alla tua          fantasia.

GAVESTON     Mi basterà godere del vostro amore; e finché l'ho mi Sentirò grande come        Cesare a ca­vallo per le strade di Roma, con i re prigionieri dietro il carro trionfale.

Entra il VESCOVO DI COVENTRY

RE EDOARDO         Dove se ne va così di corsa il mio signore di Coventry?

VESCOVO DI COVENTRY   A celebrare le esequie di vostro padre. Ma quel malvagio di       Gaveston è ritornato?

RE EDOARDO       Sì, prete, ed è qui vivo per pigliar­si vendetta di te, che sei stato l'unica        causa del suo esilio.

GAVESTON             Proprio così; e se non fosse per reve­renza a codeste vesti, non ti     muoveresti neppure più di un passo.

VESCOVO DI COVENTRY   Feci solo quello che èra mio dovere fare. Nulla di più. E a meno            che tu non ti sia corretto, Gaveston, come allora ti scatenai cóntro il Parlamento, così    tornerò a fare oggi, e tu dovrai riandartene in Francia.

GAVESTON    Con tutto il vostro rispetto, dovete perdonarmi.

RE EDOARDO   Togligli di capo la sua mitra d'oro, strappagli la stola, e battezzalo un'altra      volta in un rigagnolo.

KENT                  Ah, fratello, non gli mettere le mani addos­so! Se ne lamentérà con Roma.

GAVESTON     Se ne lamenti magari con l'inferno! Mi vendicherò di lui per avermi cacciato in             esilio.

RE EDOARDO   No, risparmiagli la vita, e impadro­nisciti invece dei suoi beni. Sii tu Lord        Vescovo, pigliati le sue rendite, e fatti servire da lui come cappellano. Te lo do,            eccotelo, fanne quello che vuoi.

GAVESTON     In prigione andrà, e ci morirà in catene.

RE EDOARDO    Sì, alla Torre, alla Flotta , o dove vuoi tu.

VESCOVO DI COVENTRY      Per quest'offesa, sii maledetto da Dio!

RE EDOARDO         Chi è là? Portate questo prete alla Torre.

VESCOVO DI COVENTRY           Ma è proprio vero ?

RE EDOARDO    Ma intanto, Gaveston, su, corri a prender possesso della sua casa e dei suoi   beni. Vieni via con me, avrai a disposizione la mia guardia, per sistemare tutto come va          e riportarti indietro salvo.

 GAVESTON                Cosa ci farebbe un prete in una casa così bella? Una prigione s'adatta meglio    alla sua santità.  (Escono.)

SCENA SECONDA

Presso il palazzo del Re.

Entrano da un lato, IL GIOVANE e IL VECCHIO MORTIMER, e dall'altro, WARWICK e LANCASTER.

WARWICK      È vero, il vescovo è nella Torre, e il suo corpo e i suoi beni affidati a Gaveston.

LANCASTER    E che, si userà tirannia alla Chiesa? Ah, re scellerato! Maledetto Gaveston!      Questo suolo, corrotto dai loro passi, sarà prima del tempo il loro sepolcro, o il mio.

IL GIOVANE MORTIMER    Bene, lasciate pure che quel francese vanesio gli faccia buona guardia. Se li il suo petto non è a prova di spada, morirà.

IL VECCHIO MORTIMER                        E come? Perché il con­te di Lancaster si mostra abbattuto?

IL GIOVANE MORTIMER                        E perché Guy di Warwick è di malumore?

LANCASTER           Quel furfante di Gaveston è stato fatto conte.

IL VECCHIO MORTIMER             Conte!

WARWICK    Sì, e anche Lord Ciambellano del re­gno, e perfino Segretario, e signore di Man.

IL VECCHIO MORTIMER       Non possiamo e non vogliamo sopportare una cosa simile.

IL GIOVANE MORTIMER      Perché non ci muovia­mo subito di qui per assoldare uomini?

LANCASTER          "Mio signore di Cornovaglia", ora, ad ogni parola. E felice quell'uomo a     cui egli con­cede un'occhiata benevola, per essersi levato il cappello. Così, sotto braccio,     vedremo camminare luì e il re; e anzi, meglio ancora, una guardia per­sonale è al     servizio di sua signoria e tutta la cor­te comincia ad adularlo.

WARWICK     Così, tutto piegato sulla spalla del re, accenna saluti, e schernisce e irride a         quelli che passano.

IL VECCHIO MORTIMER    E non ci sarà nessuno che si leverà offeso contro questo miserabile?

LANCASTER           Ha fatto venir nausea a tutti, ma nessuno osa dire una parola.

IL GIOVANE MORTIMER               Ah, questo rivela la lo­ro bassezza, Lancaster! Se tutti i conti e i   baroni la pensassero come me, noi ce la faremmo a strap­parlo dal petto del re, e ad             impiccare alla porta della corte quel villano, che gonfio del veleno di una presunzione    ambiziosa, sarà la rovina del re­gno e di tutti noi.

WARWICK               Ecco, arriva sua grazia il Lord di Can­terbury.

LANCASTER                      Dall'aspetto appare molto offeso.

Entra  L’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY, con uno del Seguito.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY   Prima gli fu­rono strappati di dosso e lacerati i paramenti sa­cri; poi gli misero le mani addosso con violenza; alla fine fu imprigionato,      e i suoi beni usurpati. Bisogna avvertire di questo il Papa. Sù, prendi un cavallo.           (L'uomo del Seguito esce.)

 LANCASTER          Mio signore, prenderete le armi contro il re?

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY       C'è bisogno che lo faccia io? Dio stesso si leva in    armi, quando vien fatta violenza alla Chiesa.

IL GIOVANE MORTIMER    Allora vi unirete a noi, che siamo i suoi pari, per far bandire o     decapi­tare questo Gaveston?

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY       E che altro, si­gnori miei? È cosa che mi riguarda da            vicino. Ha nelle sue mani il Vescovado di Coventry.

Entra la REGINA ISABELLA

GIOVANE MORTIMER     Signora, dove va così in fretta vostra maestà?

REGINA ISABELLA     Nel profondo della foresta, nobile Mortimer, per viverci nel dolore e in uno sconforto colmo di sventure; perché il re mio si­gnore ora non mi guarda        nemmeno più, perduto solamente dal folle amore per Gaveston. Gli dà dei buffetti- sulle         guance, gli si attacca al collo, gli sor' ride sul viso e gli sussurra paroline agli orecchi; e come arrivo io subito si rannuvola, e par che voglia dire: "Vai dove vuoi, non vedi che    ho Ga­veston?"

IL VECCHIO MORTIMER                  Non è strano che sia stregato in questo modo?

IL GIOVANE MORTIMER       Signora, tornate di nuo­vo alla corte: noi questo francese astuto           e se­duttore riusciremo ad esiliarlo, o piuttosto ci ri­metteremo noi la vita. Però, prima   che quel gior­no arrivi, il re perderà la sua corona; perché noi abbiamo il potere, e anche           il coraggio, per avere una vendetta piena.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY    Tuttavia, però, non alzate le vostre spade sul re.

LANCASTER      No, ma leveremo di mezzo Gaveston.

WARWICK         E non c'è altro mezzo che la guerra, altrimenti rimarrà sempre qui.

REGINA ISABELLA     Allora lasciatelo restare; per­ché prima che il mio signore venga            schiacciato da una guerra civile preferisco soffrire una vita d'af­fanni, e che lui si goda il         suo favorito.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY Signori, per ri­solvere bene tutto quanto, vogliatemi       ascoltare. Noi e gli altri, che siamo i suoi consiglieri, ci ra­duneremo, e col consenso di             tutti ratificheremo di nostro pugno e coi nostri sigilli la decisione di bandirlo.

LANCASTER         Quel che noi ratificheremo il re lo annullerà.

IL GIOVANE MORTIMER               Allora noi potremo legalmente voltarci contro di lui.

WARWICK     Ma ditemi, signore, dove sarà questa riunione?     

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY    Al New Temple .

IL GIOVANE MORTIMER                  D'accordo.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY Io intanto vi prego di passare tutti a Lambeth, e            rimanere là con me.

LANCASTER        Venite, allora. Andiamo.

IL GIOVANE MORTIMER     Signora, addio.

REGINA ISABELLA     Addio, dolce Mortimer; e, se '' mi volete bene, rinunziate a levar le     armi contro, il re.

IL GIOVANE MORTIMER     Sì, se serviranno solo parole. Se no dovrò farlo. (Escono.)

SCENA TERZA

Una via di Londra.

EntranoGAVESTON e KENT.

GAVESTON       Edmondo, il potente principe di Lancaster, che ha più contee di quante possa             portarne un asino, e i due Mortimer, entrambi uomini eccellenti, si sono diretti a          Lambeth con Guy di Warwick, quel cavaliere formidabile. E là restino.

SCENA QUARTA

Il New Tempie

Entrano LANCASTER, WARWICK, PEMBROKE, IL

VECCHIO MORTIMER, IL GIOVANE MORTIMER, ARCIVESCOVO DI CANTERBURY, e gente del Seguito.

LANCASTER Ecco qui formulato l'ordine per l'esi­lio di Gaveston. Si compiaccia vostra signoria di firmare col suo nome.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY   Date il foglio. (Egli firma, ed altrettanto fanno gli        altri dopo di lui.)

LANCASTER    Presto, presto, mio signore; aspetto con impazienza di firmare anch'io.

WARWICK       Ma io sono ancora più impaziente di vederlo al bando di qui.

IL GIOVANE MORTIMER    II nome di Mortimer farà paura al re, a meno che egli non sia     trasfor­mato in un altro da quel volgare contadino.

Entrano RE EDOARDO, GAVESTON e KENT.

RE EDOARDO         Cosa c'è, siete offesi che Gaveston sisieda qui? È quello che a noi piace,   ed è quello che vogliamo.

LANCASTER           Vostra grazia fa bene a tenerselo così accanto perché in nessun altro          posto il nuo­vo conte starebbe tanto al sicuro.

IL VECCHIO MORTIMER     Quale uomo che sia na­to nobile può sopportare una vista simile?           Quarti mala conveniunt! Guardate con che occhio sprez­zante ci guarda questo bifolco!

PEMBROKE    Possono dei regali leoni fare le moi­ne alle formiche che strisciano per terra?

WARWICK      Vassallo ignobile, che, come Fetonte, aspiri a guidare il carro del sole!

IL GIOVANE MORTIMER     La loro caduta è im­minente, le loro forze sono a terra: noi non   vo­gliamo essere provocati e guardati così dall'alto in basso.

RE EDOARDO         Le mani addosso a quel traditore di Mortimer!

IL VECCHIO MORTIMER   Le mani addosso a quel traditore di Gaveston!

KENT                                 Questa è l'ubbidienza che dovete al re?

WARWICK            Li sappiamo i nostri doveri: lui sappia chi sono i suoi pari.

RE EDOARDO      Dove volete portarlo? Fermatevi, o sarà la vostra morte.

VECCHIO MORTIMER       Non siamo traditori. E basta con le minacce.

AVESTON       No, minacce no, mio signore, ma pa­gali a domicilio, come va. Fossi io il re...

IL GIOVANE MORTIMER     Tu, vilissimo indivi­duo! Cosa cianci di re, tu che per nascita sei            a ma­lapena gentiluomo?

RE EDOARDO         Fosse pure un contadino, dato che è il mio favorito, farò piegare la            schiena davanti a lui al più arrogante di voi.

LANCASTER     Mio signore, non potete umiliarci co­sì. Finitela, vi dico, con questo odioso      Gaveston!

IL VECCHIO MORTIMER      E anche con il conte di Kent, che sta dalla sua parte. (Uomini   del Segui­to portano via Gaveston e Kent.)

RE EDOARDO       Su, dunque, alzate quelle mani vio­lente sul vostro re. Qui, Mortimer, siediti           tu sul trono di Edoardo. Warwick e Lancaster, portate via la .mia corona. Ci fu mai un    re che fosse tiran­neggiato come me in questo modo?

LANCASTER    Imparate allora a governarci meglio, e con noi il regno.

IL GIOVANE MORTIMER    Quel che noi abbiamo fatto, col sangue del nostro cuore lo         sosterremo.

WARWICK          Pensate che potremo sopportare l'ar­roganza di questo villan rifatto?

RE EDOARDO     La collera e una rabbia furiosa mi fermano le parole.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY     Perché vi agi­tate così? Siate paziente, mio signore, e             vedete quello che noi vostri consiglieri abbiamo stabilito.

IL GIOVANE MORTIMER               Signori, ora dobbiamo essere tutti risoluti e avere quel che           vogliamo, o perderci la vita.

RE EDOARDO         Vi siete adunati per questo, pari arroganti e sfacciatissimi? Prima che il     mio dol­ce Gaveston sia separato da me, quest'isola gal­leggerà sull'oceano, e andrà alla deriva fino alle spiagge più remote dell'India.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY      Voi sapete che io sono legato del Papa; per mostrare            la vostra fedeltà a Roma, firmate, come abbiamo fatto noi, per il suo esilio.

IL GIOVANE MORTIMER     Anatema su lui, se ri­fiuta. Così noi potremo deporlo ed eleggere           un altro re.

RE EDOARDO    Ecco, a questo si mira! Pure io non mi arrenderò. Scagliatemi anatemi,           deponete­mi, fate quel che sapete fare di peggio.

LANCASTER                Non tardate dunque, mio signore, e fatelo anzi subito.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY      Ricordati come è stato oltraggiato il vescovo.           Bandisci perciò co­stui che ne fu la causa, o io sciolgo immedia­tamente questi Lords dal        giuramento di fedeltà che ti debbono.

RE EDOARDO (a parte)    Non mi giova minaccia­re. Debbo usare buone parole. Il legato del   Papa sarà obbedito... Mio signore, sarete voi il Cancel­liere del Regno: tu, Lancaster, il    Grande Ammira­glio della Flotta; il giovane Mortimer e suo zio saranno conti; e voi,        Lord Warwick, Presidente del Nord; e tu del Galles. Se questo non vi soddi­sfa ancora,         spezzate questa monarchia in vari re­gni, e dividetela fra di voi in parti uguali, ma che io

            abbia almeno un cantuccio, o un angolino, do­ve mi possa godere il mio diletto     Gaveston.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY    Niente ci fa­rà cambiare idea. Siamo decisi, ormai.

LANCASTER      Sù, sù, firmate.

IL GIOVANE MORTIMER    Ma come potete voler bene ad uno che tutto il mondo odia in    questo modo?

RE EDOARDO    Perché lui ama me più di tutto il mondo. Ah, soltanto uomini rozzi e con       l'animo di selvaggi potrebbero volere la rovina del mio Gaveston! Voi che siete di       nobile stirpe dovreste avere pietà di lui.

WARWICK     E voi che siete di stirpe principesca dovreste strapparvelo d'attorno. Vergogna! Fir­mate, e fate partire quel mascalzone.

IL VECCHIO MORTIMER                Fategli far presto, mio signore.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY    Siete voi con­tento di bandirlo dal regno?

RE EDOARDO    Vedo che devo farlo, perciò sono contento. Invece che con l'inchiostro lo      scriverò con le mie lacrime. (Firma.)

IL GIOVANE MORTIMER               II re è malato d'amo­re per il suo favorito.

RE EDOARDO         È fatto. Ed ora, staccati e cadi, ma­no maledetta!

LANCASTER           Datemelo. Lo farò annunciare per le strade.

IL GIOVANE MORTIMER                 Io provvederò a farlo' rispedir via subito.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY      Ora il mio cuo­re è in pace.

WARWICK      E così il mio.

PEMBROKE    Questa sarà una buona notizia per la gente del popolo.

VECCHIO MORTIMER    La sia o no, egli non si fermerà più qui. (Escono tutti, eccetto Re      Edoardo.)

RE EDOARDO         Come si precipitano a bandire co­lui che amo! Non si muoverebbero così, se fosse per farmi un po' di bene. Perché un re deve essere soggetto a un prete? Roma    superba, che nutri servi così imperiosi, con le fiamme supersti­ziose dei tuoi ceri, che          splendono nelle tue chiese anticristiane, io darò fuoco ai tuoi edifici in rovina, e          costringerò le torri papali a baciare giù in basso la terra. Coi preti sgozzati farò gonfiare   le acque del Tevere, e alzarsi più in alto le rive coi loro sepolcri! E in quanto ai pari, che           spalleggia­no così il clero, se io sono re, non uno di loro ' vivrà.

Rientra GAVESTON.

GAVESTON    Mio signore, sento mormorare dappertutto che io sono bandito e che devo         abbandonare questo paese.

RE EDOARDO         È vero, dolce Gaveston... Oh, fosse falso! Il legato del Papa vuole che     sia così, e tu devi partire, o io sarò deposto. Ma io seguiterò a regnare per vendicarmi di       loro; e perciò, amico I dolce, sopporta questo con pazienza. Vai a vivere dove vuoi. Io ti   manderò oro abbastanza; e non starai lontano a lungo: o, se vi starai, io verrò da te.   Il mio amore non s'indebolirà mai.

KAVESTON             Ogni mia speranza s'è mutata in questo inferno di dolore?

RE EDOARDO         Non straziarmi con codeste parole che mi trafiggono il cuore. Tu sei          bandito da que­sto paese, ma io da me stesso.

GAVESTON       L'andar via di qui, non è questo che1 addolora il povero Gaveston; ma è         l'abbandonare voi, nei cui sguardi colmi di grazia resta la bea­titudine di Gaveston,     perché in nessun altro luogo lui cerca la felicità.

RE  EDOARDO       E solo questo tormenta la mia ani­ma sventurata; che, lo voglia o no io, tu   devi par­tire. Sii governatore d'Irlanda al mio posto, e di­mora laggiù finché la fortuna        non ti richiami in patria. Ecco, prendi il mio ritratto e fammi porta­re il tuo con me. (Si     scambiano i ritratti.) Oh po­tessi tenerti qui con me, come tengo questo, come sarei       felice! Ma ora sono l'essere più infelice.

GAVESTON         È qualcosa avere la pietà di un re.

RE EDOARDO    Tu non te ne andrai di qui. Io ti nasconderò, Gaveston.

GAVESTON        Mi troveranno, e ne avrei una pena maggiore.

RE EDOARDO     Parole dolci, e il discorrere fra noi, fanno il nostro dolore più grande: perciò,            ancora un muto abbraccio, e separiamoci: oh, Gaveston, rimani. Non posso lasciarti così.

GAVESTON      A ogni sguardo, mio signore, cade giù una lacrima: poiché me ne devo andare,            non rin­novate il mio affanno.

RE EDOARDO         Poco è il tempo che hai per rima­nere, e dunque concedimi di guardarti      fino a sa­ziarmi. Ma vieni, amico dolce, ti accompagnerò per un pezzo.

GAVESTON   I pari aggrotteranno la fronte.

RE EDOARDO     Non m'importa della loro rabbia. Vieni, andiamo. Oh, potessimo tornare già indie­tro, così come ce ne andiamo.

Entra la REGINA ISABELLA.

REGINA ISABELLA          Dove va il mio signore?

RE EDOARDO         Non venirmi accanto con le carezze, meretrice francese. Vattene via.

REGINA ISABELLA    E a chi dovrei far carezze, se non a mio marito?

GAVESTON     A Mortimer, regina indegna, con cui... Ma non dico di più... Giudicate voi il     resto, mio signore.

REGINA ISABELLA   Se dici questo, Gaveston, mi fai torto. Non ti basta di aver corrotto il   mio signore, e far da ruffiano alle sue voglie? Devi anche mettere così in mezzo il mio   onore?

GAVESTON             Non intendo questo, vostra grazia mi perdoni.

RE EDOARDO         Sei troppo in confidenza con quel Mortimer, ed è colpa tua se Gaveston   viene esiliato. Ma vorrei che tu mi riconciliassi coi pari, o tu non sarai mai più            riconciliata con me.

EGINA ISABELLA     Vostra altezza sa che questo non è in mio potere.

RE EDOARDO            E vattene allora! non toccarmi... Vieni, Gaveston.

REGINA ISABELLA (a Gaveston)    Miserabile, sei tu che m'hai rubato il mio signore.

GAVESTON             Signora, siete voi che m'avete rubato il mio.

RE EDOARDO         Non le parlare. Lasciala languire e struggersi.

REGINA ISABELLA          Quando mai, mio signore, ho meritato queste parole? Sian testimoni queste la­crime, che Isabella versa, sia testimone questo cuo­re, che si spezza,     sospirando per te, guanto il mio signore sia caro alla povera Isabella!

RE EDOARDO         E sia testimonio il Cielo quanto tu sei cara a me! E ora piangi; perché        fintanto che il mio Gaveston non sia richiamato, stai certa che non mi comparirai più davanti agli occhi. (Esco­no Re Edoardo e Gaveston.)

REGINA ISABELLA          O regina sventurata e afflit­ta! Oh, se quando lasciai la dolce          Francia e m'im­barcai per venire quaggiù, Circe incantatrice, cam­minando sulle onde,      m'avesse cambiato in un'al­tra! O se il giorno delle nozze la coppa d'Imene fosse stata    piena di veleno! O se con quelle brac­cia, che mi si strinsero al collo, fossi rimasta             soffocata, e non fossi vissuta per vedere il re mio si­gnore abbandonarmi così! Frenetica   come Giuno­ne riempirò la terra con la lamentazione paurosa dei miei sospiri e dei miei     pianti; perché Giove non s'innamorò come un pazzo di Ganimede come ha fatto lui per            questo maledetto Gaveston. Ma questo lo esaspererà ancora di più nella sua rabbia. Io           devo supplicarlo, devo parlargli con dolcezza, e trovare un mezzo per far tornare qui             Gaveston. E lui continuerà a impazzire per Gaveston, e cosi io sarò sempre una    disgraziata.

Rientrano  LANCASTER, WARWICK, PEMBROKE, IL VECCHIO e IL GIOVANE           MORTIMER.

LANCASTER                       Guardate, la sorella del re di Francia e seduta là a torcersi le mani, e a       battersi il petto!

WARWICK               Il re, temo, l'ha maltrattata.

PEMBROKE                         È un cuore duro quello che ingiuria una santa come lei.

GIOVANE MORTIMER       Piange certo per cau­sa di Gaveston.

IL VECCHIO MORTIMER    Perché? Se n'è andato.

IL GIOVANE MORTIMER              Signora, come sta vostra grazia?                

REGINA ISABELLA          Ah, Mortimer, ora l'odio del re è scoppiato; m'ha confessato          che non m'ama.

IL GIOVANE MORTIMER              Allora rendetegli la pa­riglia, signora, e non amatelo neanche voi.

REGINA ISABELLA          No, piuttosto morirò mille vol­te. Eppure so di amarlo invano. Lui non mi amerà mai.

LANCASTER           Non abbiate timore, signora. Ora che il suo favorito se n'è andato, il suo   capriccio folle lo lascerà presto.

REGINA ISABELLA          Oh, mai Lancaster! M'ha im­posto di supplicarvi tutti per il suo       richiamo. Que­sto vuole il mio signore, e questo io devo fare al­trimenti io sarò bandita          dalla presenza di sua al­tezza.

LANCASTER           Per il suo richiamo, signora! No tornerà più indietro finché il mare non      ributti sul­la spiaggia il suo corpo annegato.

WARWICK   E per contemplare uno spettacolo co­sì delicato, non c'è nessuno qui che non         farebbe correre il proprio cavallo fino ad ammazzarlo?

IL GIOVANE MORTIMER                 Dunque, signora, vor­reste che noi lo richiamassimo in patria?

REGINA ISABELLA          SI, Mortimer, perché fintan­to che non gli sia restituito, il re in        collera m'ha bandito dalla corte; e perciò siccome tu mi ami e hai per me della    tenerezza, sii tu il mio avvocato davanti a questi pari.

IL GIOVANE MORTIMER                        Come, mi vorreste a pregare per Gaveston?

IL VECCHIO MORTIMER                        Preghi per lui chi vuole, io sono deciso.

LANCASTER           E così io, mio signore. Dissuadete la regina.

REGINA ISABELLA          Oh, Lancaster, fategli dissua­dere il re, invece! Perché è contro la   mia volon­tà che lui ritornerebbe.

WARWICK   Allora non parlate per lui. Lasciate che quel villano se ne vada.

REGINA ISABELLA          Ma è per me che parlo, e non per lui.

PEMBROKE                         Gioverà il non parlare; e perciò basta.

IL GIOVANE MORTIMER                        Bella regina, rinunziante a buttar l'amo a un pesce che,        quando fosse ac­chiappato, colpirebbe a morte chi l'ha preso; e in­tendo quella vile           torpedine, Gaveston, che ora, spero, galleggia sui mari d'Irlanda.

REGINA ISABELLA          Dolce Mortimer, siediti un momento qui vicino a me, e io ti dirò    ragioni d'un peso tale che tu subito sottoscriverai per il suo richiamo.

GIOVANE MORTIMER     È impossibile. Ma dite­mi il vostro pensiero.

REGINA ISABELLA          Ecco, così... Ma nessuno deve udirci, fuori di noi. (Lei e     Mortimer parlano in disparte).

LANCASTER           Signori, se la regina convince Mor­timer, rimarrete voi decisi, e solidali      con me?

IL VECCHIO MORTIMER                        Io no, contro mio nipote.

PEMBROKE                         Non temete, le parole della regina non possono cambiarlo.

WARWICK               No? Ma guardate bene con che fervore difende la sua causa!

LANCASTER           E guardate come i suoi occhi dica­no di no senza nessun calore.

WARWICK               Lei sorride. Per la mia vita, ora l'ani­mo di lui è cambiato!

LANCASTER           Perderò piuttosto la sua amicizia, io, prima d'esser d'accordo.

GIOVANE MORTIMER     Bene, deve esser neces­sariamente così. Miei signori, che io aborra quel vile Gaveston spero che le vostre onorabili perso­ne non lo mettano in dubbio.      Perciò, se io difendo la causa di questo richiamo non è per amor suo ma per il nostro   interesse, e anzi nell'interesse del regno, e del re.

LANCASTER           Vergogna, Mortimer, non ti disonorare! Non è vero che fu bene bandirlo?            E come può essere vero allora che sia un bene richiamar­lo? Ragioni simili farebbero     diventare bianco il nero, e giorno la notte più buia.

IL GIOVANE MORTIMER                        Mio Lord Lancaster, considerate il motivo.

LANCASTER           Nessun motivo può far veri i con­trari.

REGINA ISABELLA          Eppure, mio buon signore, potete ascoltare il motivo.

WARWICK   Qualsiasi cosa dica non conta niente. Siamo decisi.

IL GIOVANE MORTIMER                        Non desiderate che Gaveston venga ammazzato?

PEMBROKE                         Vorrei che lo fosse già.

IL GIOVANE MORTIMER                        E allora, signori miei, lasciatemi parlare.

IL VECCHIO MORTIMER                        Ma nipote, non ti met­tere a fare il sofista.

IL GIOVANE MORTIMER            Quello che mi spinge a insistere è uno zelo molto vivo di    correggere il re e fare il bene del nostro paese. Non sapete che Gaveston ha in mano       tanto oro da potersi procu­rare in Irlanda amici tali da far fronte al più po­tente di tutti    noi? E se egli vivrà e sarà amato, sarà duro per noi lavorare alla sua rovina.

WARWICK   Notate soltanto questo, Lord Lan­caster.

IL GIOVANE MORTIMER               Ma se fosse qui, dete­stato com'è, come sarebbe facile indurre     qualche miserabile individuo a gratificare sua signoria con un pugnale; e nessuno non       solo non biasimerà l'as­ino, ma anzi lo loderà per questa impresa coraggiosa, e nelle        cronache si registrerà il suo nome per aver purgato il regno da una tale piaga!

PEMBROKE                         Dice la verità.

LANCASTER           Beh, ma perché questo non s'è fatto prima?

IL GIOVANE MORTIMER                        Perché, signori miei, non ci s'è pensato. E anzi, quando       saprà che sta «In noi bandirlo, e poi anche richiamarlo in patria, questo gli farà   abbassare la bandiera della sua ar­roganza, e avrà paura ad offendere il più meschino   dei nobili.

VECCHIO MORTIMER      E se non si comporte­rà così, nipote?

GIOVANE MORTIMER     Allora ci leveremo in armi con qualche pretesto, perché,      comunque noi la mettiamo, è tradimento levarsi contro il re. Co­lsi avremo dalla nostra     parte il popolo che, per amor di suo padre tiene per il re, ma non può sopportare che un           fungo venuto su in una notte, co­m'è questo mio signor di Cornovaglia, debba cal­pestare        noi della nobiltà. E quando la gente comu­ne e i nobili si uniscono, non è il re che potrà    fare da scudo a Gaveston; e noi lo butteremo giù dalla fortezza più salda. Miei signori,   se a far questo dovessi essere fiacco, consideratemi un servo vol­are come Gaveston.

LANCASTER           A questa condizione Lancaster acconsente.

WARWICK               E anch’io e Pembroke.

VECCHIO MORTIMER      Anch'io.

IL GIOVANE MORTIMER                        In ciò io mi considero grandemente favorito, e Mortimer    resterà ai vo­stri comandi.

REGINA ISABELLA          E quando Isabella dovesse di­menticare questo favore, lasciatela    pure vivere ab­bandonata e disperata. Ma ecco, vedete, il mio si­gnore il re, dopo avere    accompagnato sulla sua strada il conte di Cornovaglia, ora è ritornato, e in un momento         

            opportuno. Queste notizie lo fa­ranno molto contento. Eppure non quanto me. Io l'amo    più di quel che lui non ami Gaveston. Oh se mi amasse soltanto la metà! Sarei beata tre         volte.

Rientra RE EDOARDO, lamentandosi.

RE EDOARDO         È partito, e per la sua partenza sono così disperato. Nessun dolore mi        toccò mai il cuo­re così da vicino, come ora la mancanza del mio dolce Gaveston; e se            tutte le rendite della mia co­rona potessero riportarmelo indietro, le cederei li­beramente             ai nemici di lui, e son sicuro che ci guadagnerei, avendoci comprato un così caro amico.

REGINA ISABELLA          Sentite come ritorna sempre sul suo favorito!

RE EDOARDO         II mio cuore è come un'incudine sotto i colpi del dolore, che ci batte         sopra coi mar­telli dei ciclopi, e quel rumore mi fa dar di volta al cervello smarrito, e mi   rende pazzo per il mio Gaveston. Oh, se qualche pallida Furia si fosse al­zata su           dall'inferno, e m'avesse colpito a morte col mio scettro di re, quando fui obbligato a      lasciare il mio Gaveston!

LANCASTER           Diable, come le chiamate voi que­ste smanie?

REGINA ISABELLA          Mio grazioso signore, vengo a darvi una notizia.

RE EDOARDO         Che avete avuto un convegno col vostro Mortimer?

REGINA ISABELLA          Che Gaveston, mio signore, sarà richiamato.

RE EDOARDO         Richiamato! Notizia troppo dolce per essere vera.

REGINA ISABELLA          Ma mi amerete se la trove­rete proprio vera?

RE EDOARDO         Se fosse vera, cosa non farebbe Edoardo?

REGINA ISABELLA          Per Gaveston, ma non per Isabella.

RE EDOARDO         Per te, bella regina, se ami Gave­ston. T'appenderò al collo una lingua        d'oro, se hai saputo pregare con un successo così grande.

REGINA ISABELLA          Non voglio appesi altri gioiel­li attorno al collo all'infuori di            questi, mio si­gnore; e non fatemi avere ricchezze più grandi di quelle che io possa           ottenere da questo ricco teso­ro. Oh, come un bacio ridà vita alla povera Isa­bella!

RE EDOARDO         Prenditi un'altra volta la mia ma­no, e questo sia un secondo matrimonio    fra te e me.

REGINA ISABELLA          E possa riuscire più felice del primo! Mio gentile signore, rivolgi    una buona parola a questi nobili leali che son qui in attesa di uno sguardo benevolo, e in         ginocchio salutano vostra maestà.

RE EDOARDO         Coraggioso Lancaster, abbraccia il tuo re; e come gli spessi vapori             scompaiono da­vanti al sole, così anche l'odio davanti al sorriso del tuo re. E vivi con me           da compagno.

LANCASTER           Questo saluto mi riempie il cuore di gioia.

RE EDOARDO         Warwick sarà il mio principale con­sigliere: questi capelli d'argento             orneranno la mia corte più delle sete sfarzose o dei ricchi ricami. E rimproverami, dolce       Warwick, se vado fuori strada.

WARWICK   Uccidetemi, signore, se dovessi offendere vostra grazia.

RE EDOARDO         Nelle solennità trionfali e nelle ma­nifestazioni pubbliche Pembroke           porterà la spada davanti al re.

PEMBROKE E con questa spada Pembroke com­batterà per voi.

RE EDOARDO         Ma perché il giovane Mortimer se ne sta in disparte? Tu sarai il      comandante della nostra flotta reale; e se questo importante ufficio non ti soddisfa, io         qui ti nomino Lord Maresciallo del regno.

IL GIOVANE MORTIMER                        Mio signore, sarò per i vostri nemici un maresciallo tale       che l'Inghil­terra starà in pace e voi al sicuro.

RE EDOARDO   E in quanto a voi, Lord Mortimer di Chirke, le cui grandi imprese nella           nostra guer­ra contro lo straniero non meritano un posto co­mune né una piccola ricompensa, siate il generale delle truppe che sono state raccolte e ora sono pronte per            attaccare gli scozzesi.

IL VECCHIO MORTIMER                In questo vostra grazia m'ha onorato altamente, perché con         la mia naturalaguerra s'accorda magnificamente.

REGINA ISABELLA     Ora il re d'Inghilterra è ric­reo e felice, avendo ritrovato l'amore           dei suoi pari famosi.

RE EDOARDO Sì, Isabella, il mio cuore non fu ';mai così leggero... Segretario della corona,     spedi­sci subito il nostro ordine per Gaveston, in Irlanda!

Entra BEAUMONT

Beaumont, vola rapido come Iride, e come Mer­curio, il messaggero di Giove.

BEAUMONT            Sarà fatto, mio grazioso signore. (Esce)

RE EDOARDO         Lord Mortimer, vi lasciamo al vostro incarico. Ora rientriamo e      festeggiamo regalmente quest'avvenimento. In attesa che il nostro amico il conte di            Cornovaglia ritorni, organizze­remo una giostra e un torneo generale; e poi si celebrerà             solennemente il suo matrimonio. Perché non sapete che l'ho fidanzato con nostra nipote        l'erede del conte di Gloucester?

LANCASTER           Abbiamo saputo di questa notizia, mio signore.

RE  EDOARDO   Quel giorno, se non per lui, alme­no per un riguardo a me che nel torneo  sarò            lo sfidante, non risparmiate sulle spese; ripagheremo il vostro amore.

WARWICK     In questo, e in ogni altra cosa, vostra altezza ci comandi pure.

RE EDOARDO         Grazie, nobile Warwick. Vieni, en­triamo e facciamo festa. (Escono tutti    eccetto il vecchio e il giovane Mortimer.)

IL VECCHIO MORTIMER                Nipote, debbo partire per la Scozia. Tu resta qui. Smetti ora di    opporti al re. Vedi che per natura è mite e tranquillo, e dato che l'animo suo è così preso           di Gaveston, non ti opporre e lasciagli fare quel che vuole. I re più potenti hanno avuto i loro favoriti. Il grande Ales­sandro amò Efestione, Ercole conquistatore pian­se per Ila, e           per Patroclo languì il fiero Achille. E non solo i re, ma anche uomini pieni di saggez­za.        Il romano Tullio amò Ottavio, il grave Socra­te lo sfrenato Alcibiade. Lascia perciò che    sua gra­zia, la cui giovinezza è docile e promette tutto quel che possiamo desiderare, si   goda liberamente quel conte vanesio dalla testa vuota; perché gli anni più maturi lo       svezzeranno da trastulli di questo genere.

IL GIOVANE MORTIMER     Zio, non mi addolora il suo pazzo umore; ma m'indigno di         questo, che uno nato così in basso divenga tanto insolente con il favore del suo re, e si   metta a far baldoria col tesoro del regno, mentre i soldati si ammutinano perché manca             la paga. Va in giro portandosi die­tro la rendita di un Lord, e come un altro Mida si   pavoneggia a corte con volgarissimi ignobili indivi­dui alle calcagna, che fanno tal            mostra di livree pompose e fantastiche da sembrare che sia appar­so Proteo, il dio dalle        mille forme. Non ho mai visto un gonzo così vispo e impertinente: porta un mantello corto all'italiana, col cappuccio tutto pieno di perle, e sul suo berretto toscano un     gioiello che vale più della corona. Mentre gli altri camminano da basso, lui e il re, da       una finestra, rido­no d'uomini come noi, e si beffano della gente del nostro seguito, e scherzano sul nostro abbigliamen­to. È questo, zio, che mi fa perdere la pazienza.

IL VECCHIO MORTIMER                Ma vedi, nipote, che ora il re è cambiato.

IL GIOVANE MORTIMER               Allora son cambiato anch'io, e vivrò per servirlo. Ma fino a che   avrò una spada, una mano, un cuore, non mi arrenderò a un simile villano rifatto. Sapete    quale sia il mio pensiero. Venite, zio, andiamo. (Escono.)

ATTO secondo

SCENA PRIMA

Una sala nel palazzo del conte di Gloucester. Entrano IL GIOVANE SPENCER e BALDOCK

BALDOCK    Spencer, dato che il nostro signore il conte di Gloucester è morto, quale dei         nobili pen­si tu di servire ora?

IL GIOVANE SPENCER    Né Mortimer né nessu­no della sua parte, perché il re e lui sono       nemici. Baldock, impara questo da me: un signore fazioso difficilmente farà bene a se         stesso, e moltomenoa noi. Ma chi ha il favore del re può con una paro­la farci avanzare        nella vita. Il liberale conte di Cornovaglia è l'uomo dalla cui buona stella di­pende la          speranza di Spencer.

BALDOCK    E allora intendete di farvi suo seguace?

IL GIOVANE SPENCER    No, suo compagno, per­ché mi ama assai, e una volta m'avrebbe      preferi­to e presentato al re.

BALDOCK    Ma ora è al bando; e c'è da sperare poco su di lui.

IL GIOVANE SPENCER    Sì, per il momento. Ma vedremo come andrà a finire, Baldock. Un            mio amico m'ha riferito in segreto che è stato richiamato e che hanno mandato qualcuno       per farlo tor­nare; e proprio ora è arrivato un corriere da corte con lettere del re alla   nostra signora! E mentre lei le leggeva, sorrideva; il che mi fa pensare che c'entri il suo        amante Gaveston.

BALDOCK    È assai probabile; perché, da quando è t stato esiliato lei non è più uscita di casa e non s'è nemmeno più vista. Ma io avevo pensato che il fidanzamento fosse stato rotto,         e che il suo bando i l'avesse fatta cambiar parere.

IL GIOVANE SPENCER    II primo amore della no­stra signora non è vacillante. La mia vita    contro la tua che essa avrà Gaveston.

BALDOCK    Allora spero che potrò essere presen­tato al re per mezzo di lei, avendole   insegnato a leggere fin da quando era una bambina.

IL GIOVANE SPENCER    Ma ora, Baldock, devi metter da parte il letterato, e imparare che a            cor­te ci si sta da gentiluomo. Non è con una gabbana nera e un colletto striminzito, o     con un mantello col cappuccio di velluto rivestito davanti di seta, e odorando tutto il            

            giorno un mazzolino di fiori, o tenendo un fazzoletto in mano, o pronunziando un lungo             ringraziamento in fin di tavola, o pie­gando le gambe davanti a un nobile o guardando in             giù, con le palpebre socchiuse, e dicendo: "Certo, se piace a vostro onore," non è con            queste cose che si possono ottenere favori dai grandi. Voi do­vete essere superbo,           audace, allegro, risoluto, e di quando in quando, se l'occasione lo porta, dar via anche    delle pugnalate.

BALDOCK    Spencer, tu sai che io odio queste scioc­chezze che sono pure formalità, e che le    uso solo per ipocrisia. Il mio vecchio signore, finché stette al mondo, era così preciso       che avrebbe trovato da ridire sui miei bottoni, e fossero anche stati come capocchie di           spillo si sarebbe messo a brontolare che eran troppo grossi. Questo mi fece diventare nel       vestire proprio simile a un curato, benché den­tro parecchio dissoluto e capace d'ogni       specie di scelleratezze. Non sono uno di questi pedanti co­muni, io, che non riescono a    parlare senza un propterea quod.

IL GIOVANE SPENCER    Però sei uno di quelli che dicono quandoquidem, e hanno un dono            spe­ciale inventar parole.

BALDOCK    Basta con queste buffonate. Ecco la mia signora.

Entra la NIPOTE di Re Edoardo.

NIPOTE         II dolore per il suo esilio non è stato co­sì grande com'è ora la gioia per il suo        ritorno in patria. Questa lettera è arrivata dal mio dolce Gaveston. Ma che bisogno hai,       amore, di scusarti co­sì? Lo so che non potevi venire a trovarmi. (Leg­ge.) "Non starò           lontano da te a lungo, dovessi morire." Si capisce di qui tutto l'amore del mio si­gnore.         (Legge). "Quando io sono lontano da te, la morte m'entra in cuore!" (Si mette la lettera             in seno). Ma stai qui, dove Gaveston dormirà. E ora la lettera del mio signore il re. Egli   vuole che io mi rechi a corte per incontrare là il mio amico Ga­veston. Perché sto qui ad aspettare, quando lui mi parla così del giorno delle mie nozze? Ma chi c'è? Baldock!      Bada che la mia carrozza sia pronta. Devo partire.

BALDOCK    Sarà fatto, signora.

NIPOTE         E mi venga subito incontro allo steccato del parco. (Esce Baldock.) Spencer,       rimani tu, e fammi compagnia, perché ho liete notizie da darti. Il mio signor di            Cornovaglia sta per ritornare, e sarà a corte presto come noi.

IL GIOVANE SPENCER    Sapevo che il re l'avreb­be riavuto presto a casa.

NIPOTE         Se tutto va bene, come spero, il tuo servi­zio, Spencer, avrà la considerazione che             merita.

IL GIOVANE SPENCER    Ringrazio umilmente vo­stra signoria.

NIPOTE         Vieni, fammi strada. Non vedo l'ora d'es­sere là. (Escono).

SCENA SECONDA

 Davanti al castello di Tynemouth.

Entrano il RE EDOARDO, la REGINA ISABELLA,

LANCASTER, IL GIOVANE MORTIMER, WARWICK, PEMBROKE, KENT,

 e gente del Seguito.

RE  EDOARDO        II vento è buono. Mi meraviglio di questo ritardo. Ho paura che sia           naufragato.

REGINA ISABELLA          Guardate, Lancaster, com'è eccitato, e come corre sempre con la    mente al suo favorito!

LANCASTER           Mio signore...

RE EDOARDO         Che c'è? Che notizie? Gaveston è arrivato?

IL GIOVANE MORTIMER Sempre con Gaveston! Cos'ha in mente vostra grazia? Avete         faccende ben più gravi a cui pensare: il re di Francia ha messo piede in Normandia.

RE EDOARDO         Bazzecole! Lo cacceremo quando ne avremo voglia. Dimmi piuttosto,      quale sarà la tua impresa nel trionfo solenne che abbiamo de­cretato?

IL GIOVANE MORTIMER                Una impresa comune, mio signore, non vale la pena di parlarne.

RE EDOARDO         Ti prego, fammela conoscere.

IL GIOVANE MORTIMER                Se lo desiderate proprio tanto, ecco qui. Un cedro molto alto,    tutto in fiore, con in cima ai rami posate aquile reali, e su per la corteccia s'arrampica un             bruco, e arriva fino al ramo più alto di tutti. Il motto: "Aeque tandem".

RE EDOARDO         E la vostra, mio Lord Lancaster, qual è?

LANCASTER           Mio signore, la mia è più umile di quella di Mortimer. Plinio riferisce che c'è un pesce volante che tutti gli altri pesci odiano mor­talmente, e per questo, quand'è  

            inseguito, s'alza in aria: ma non appena è sù, c'è un uccello che lo ghermisce. Questo        pesce, mio signore, è quello che io porto; e il motto questo: "Undique mors est!

KENT                         Superbo Mortimer, ignobile Lancaster! È questo l'amore che portate al vostro      

            sovrano? A parole siete capaci di far mostra d'amicizia, e su­gli scudi rivelate a chiare       note tutto il rancore del vostro animo? Come lo chiamate voi questo se non       diffamazione segreta contro il conte di Cornovaglia e mio fratello?

REGINA ISABELLA          Dolce sposo, state tranquil­lò, tutti, vi amano.

RE EDOARDO         Non mi amano quelli che odiano il mio Gaveston. Io sono quel cedro;       non scuote­temi troppo. E voi le aquile; noti vi levate mai troppo in alto, io ho artigli che    vi tirerebbero giù, e quel bruco griderà Aeque tandem al pari più su­perbo di Britannia. E     benché tu lo paragoni ad un pesce volante e gli minacci morte sia che s'in­nalzi o cada,    non c'è il più smisurato mostro ma­rino, né la più sozza arpia, che riusciranno a      ingoiarlo.

IL GIOVANE MORTIMER (a parte) Se mentre è ancora assente lo favorisce così, cosa farà     quando sarà qui presente?

LANCASTER           È quello che vedremo. Guarda, sua signoria sta arrivando ora!

Entra GAVESTON

RE EDOARDO         Mio Gaveston! Benvenuto a Tynemouth! Benvenuto dal tuo amico! La    tua assen­za m'ha fatto languire e m'ha consumato; perché, come gli amanti della bella          Danae quando lei fu chiusa in una torre di rame, la desideravano ancora di più, e          diventarono furiosi, così è succes­so a me: e ora la vista di te m'è straordinariamen­te più           dolce di quel che non fosse stata amara e penosa al cuore rotto dai singhiozzi la tua             parten­za di qui.

GAVESTON     Dolce signore e re, le vostre parole anticipano le mie; ma ho ancora parole in    serbo per esprimere la mia gioia. Il pastore, morso dalla rabbia pungente dell'inverno,   non è più in festa a vedere i colori della primavera di quel che non sia io a rimirare         vostra maestà.

RE EDOARDO         Nessuno di voi vuol salutare il mio Gaveston?

LANCASTER           Salutarlo! Sì... Benvenuto, Lord Ciam­bellano.

IL GIOVANE MORTIMER                        Sia benvenuto il buon conte di Cornovaglia!

WARWICK               Benvenuto, Lord Governatore dell'Iso­la di Man!

PEMBROKE                         Benvenuto, signor Segretario!

KENT                                    Fratello, li senti?

RE EDOARDO         Questi conti e baroni mi tratteran­no sempre così?

GAVESTON             Mio signore, non posso sopportare queste ingiurie.

REGINA ISABELLA  (a parte)  Ahimè, povera anima, quando costoro cominciano

            a offendere.

RE EDOARDO         Ributtagliele in gola. Ne sono ga­rante io.

GAVESTON             Vili, stupidi conti, che vi gloriate del­la vostra nascita, andate a

            sedervi in casa, a man­giare i buoi dei vostri vassalli; e non venite qui a

            sbeffeggiare Gaveston, perché i suoi pensieri su­blimi non hanno mai strisciato

            così in basso da poter permettersi      un'occhiata a gente come voi.

LANCASTER                       E pure io mi degno lo stesso di far questo per voi.  (Tira fuori la spada

            e cerca di col­pire Gaveston.)

RE EDOARDO         Tradimento! Tradimento! Dov'è il traditore?

PEMBROKE                         Qui, o re! Qui!

RE EDOARDO         Portate via Gaveston. Lo vogliono assassinare.

GAVESTON             La tua vita pagherà questa sporca azione.

IL GIOVANE MORTIMER    La tua, miserabile!, a meno che non fallisca il colpo.

            (Ferisce Gaveston.)

REGINA ISABELLA          Ah, furioso Mortimer, cosa hai fatto?

IL GIOVANE MORTIMER                 Non più di quello di cui risponderei, anche se

            rimanesse ucciso. (Esce Ga­veston con alcuni del Seguito.)

RE EDOARDO         Sì, più di quello di cui puoi rispon­dere, anche se resta vivo.

            Pagherete cara tutti e due quest'azione sediziosa. Via dalla mia presen­za!

            E non v'avvicinate alla corte.

IL GIOVANE MORTIMER                        Non voglio essere esclu­so dalla corte per Gaveston.

LANCASTER           Lo tireremo per le orecchie fin sul ceppo.

RE EDOARDO         Badate piuttosto alle vostre teste. La sua è abbastanza al sicuro.

WARWICK '                         Badate voi alla vostra corona, se spal­leggiate lui così.

KENT                                    Warwick, le tue parole s'adattano davvero male alla tua età.

RE EDOARDO         No, cospirano tutti quanti per ostacolarmi così: ma finché vivo pesterò

            io quelle lo­ro teste che pensano di pestare me giù in basso con quegli sguardi altezzosi.   Vieni, Edmondo, an­diamo a far leve d'uomini. Ci vuole una guerra per abbattere la      superbia di questi baroni.     (Esco­no Re Edoardo, la Regina Isabella e Kent.)

WARWICK      Ritiriamoci nei nostri castelli, perché il re è infuriato.

IL GIOVANE MORTIMER                Resti pure infuriato, e possa morire con la sua rabbia!

LANCASTER           Cugino, non ci può essere più ac­cordo fra noi e lui, ormai. Vuole

             farci piegare con la forza delle armi; e qui riuniti dobbiamo perciò dichiarare

             solennemente che agiremo contro Gaveston fino a che non sia morto.

IL GIOVANE MORTIMER                  Per il cielo, quel mi­serabile vigliacco non vivrà!

WARWICK               Avrò il suo sangue, o morirò cercan­dolo.

PEMBROKE                         Pembroke fa lo stesso giuramento.

LANCASTER           E così fa Lancaster. Ora mandiamo i nostri araldi a sfidare

            il re; e facciamo in modo che il popolo s'impegni a buttarlo giù.

            Entra un MESSAGGERO.

IL GIOVANE MORTIMER                        Lettere! Da parte di chi?

MESSAGGERO        Dalla Scozia, mio signore. (Conse­gna delle lettere a Mortimer.)

LANCASTER           Bene, che c'è di nuovo, cugino? Co­me stanno tutti i nostri amici?

IL GIOVANE MORTIMER                 Mio zio l'han preso pri­gioniero gli scozzesi.

LANCASTER           Noi lo riscatteremo, amico. Sta' di buon animo.

IL GIOVANE MORTIMER     Hanno stabilito il ri­scatto in cinquemila sterline. Chi dovrebbe sbor­sare il denaro fuori del re, visto che è stato fat­to prigioniero in una guerra sua?    Andrò dal re.

LANCASTER       Vai, cugino, e io ti accompagnerò.

WARWICK           Intanto io e Lord Pembroke andremo qui a Newcastle, a raccogliere truppe.

IL GIOVANE MORTIMER                        All'opera, dunque, e noi vi seguiremo.

LANCASTER           Siate risoluti e soprattutto segreti.

WARWICK               Ve lo garantisco.   (Esce con Pembroke.)

IL GIOVANE MORTIMER       Cugino, se non vorrà riscattarlo, gli urlerò nelle orecchie con   un fra­casso che nessun suddito ha fatto mai col suo re.

LANCASTER           Son contento. E io farò la mia par­te. Ehi! Chi è là?

            Entra una GUARDIA.

IL GIOVANE MORTIMER                    Ecco, per Dio, una guar­dia come questa è proprio quello che ci vuole.

LANCASTER           Facci strada.

GUARDIA    Dove vogliono andare le loro signorie?

IL GIOVANE MORTIMER                        Dove mai se non dal re?

GUARDIA                Sua altezza ha dato disposizione per re­stare solo.

LANCASTER           Bene, ci può stare. Ma noi voglia­mo parlargli.

GUARDIA                Non potete entrare, mio signore.

IL GIOVANE MORTIMER                        Non possiamo?

            Rientrano il RE EDOARDO e KENT.

RE EDOARDO         Che c'è ora? Cos'è questo chias­so? Chi abbiamo là? Ah, siete voi?

            (Fa per an­darsene.)

IL GIOVANE MORTIMER                        No, restate, mio signo­re. Vengo a portarvi delle notizie.      Mio zio è sta­to preso prigioniero degli scozzesi.

RE EDOARDO          Allora riscattatelo.

LANCASTER                       È stato ad una guerra vostra. Dovre­ste riscattarlo voi.

IL GIOVANE MORTIMER                        E lo riscatterete, op­pure...

KENT                         Che, Mortimer, non vorrete minacciarlo!

RE EDOARDO         Calmatevi. Avrete il Gran Sigil­lo * reale per raccoglier fondi per lui in     tutto quanto il regno.

LANCASTER           II vostro favorito Gaveston vi ha in­segnato questo.

IL GIOVANE MORTIMER                        Mio signore, la fami­glia dei Mortimer non è così povera, e se voles­se vendere le sue terre, potrebbe assoldare tanti uomini da farvi scoppiare di             rabbia. Noi non stia­mo mai a piatire, e usiamo invece preghiere di questa fatta.

RE EDOARDO         Devo essere sempre perseguitato così?

IL GIOVANE MORTIMER                        No, ora che voi siete qui solo vi chiarirò il mio pensiero.

LANCASTER           E anch'io; e poi, mio signore, addio.

IL GIOVANE MORTIMER                        I trionfi vani, le ma­scherate, gli spettacoli lascivi, e i regali fatti con prodigalità a Gaveston, han ridotto il tuo tesoro all'asciutto e te fiacco. Il popolo, esasperato, è di malumore e mormora.

LANCASTER           Guardati dalle ribellioni, bada che puoi essere deposto. Le tue       guarnigioni le han buttate fuori dalla Francia, e, mutilate e lacere, giacciono    lamentandosi davanti alle porte. Il fazioso O'Neill, con una folla di tangheri irlan­desi,   scorrazza senza controllo in territorio ingle­se; dentro le mura di York Gli scozzesi            vanno a spasso e, senza trovar resistenza, portan via un ricco bottino.

IL GIOVANE MORTIMER                        I superbi danesi domi­nano gli stretti, mentre le tue

            navi galleggiano in porto sguarnite.

LANCASTER               Quale principe straniero ti manda più ambasciatori?

IL GIOVANE MORTIMER         Chi ti ama se non un crocchio di adulatori?

LANCASTER           La tua gentile regina, unica! sorella del Valois, si lamenta che l'hai

            lasciata del tutto disperata.

IL GIOVANE MORTIMER      La tua corte è nuda, priva com'è di coloro che nel mondo fanno           appa­rire un re glorioso, i pari intendo, che tu dovresti amare caramente. Per la strada      gettano contro di te dei libelli, si fanno ballate e strofette sulla tua rovina.

LANCASTER           La gente ai confini del Nord, veden­dosi le case bruciate, le mogli e i         bambini tru­cidati, corre su e giù senza meta maledicendo il tuo nome e quello di        Gaveston.

IL GIOVANE MORTIMER       Quando scendesti tu in campo con le bandiere spiegate?          soltanto una volta; e allora i tuoi soldati marciarono come com­medianti, coi vèstiti         sgargianti, senza armature, e tu inzaccherato d'oro, cavalcavi ridendo in mez­zo agli altri,            facendo cenni col capo e scuotendo il cimiero pieno di lustrini, da cui pendevano giù            come etichette i regali delle donne.

LANCASTER       E da questo venne che gli scozze­si beffardi, a grande scorno dell'Inghilterra, fece­ro questa ballala :

Ragazze d'Inghilterra, potete lamentarvi con dolore

perché gli amanti voi perdeste a Bannocksbourn

con un ahi e un ahò!

Che cosa mai s'immagina il re inglese?

d'aver sì presto vinto lo scozzese

con un rombelò?

IL GIOVANE MORTIMER    Wigmore piglierà il volo per poter liberare mio zio.

LANCASTER      E quando quello se ne sarà anda­to, le nostre spade se ne procureranno degli   altri. Se siete adirato, vendicatevi come potete: ma badate che dopo ci vedrete con le     nostre in­segne spiegate.  (Esce con Mortimer)

RE EDOARDO         II mio cuore gonfio d'una rabbia enorme si spezza: quante volte sono        stato tor­mentato da questi pari, e non oso vendicarmi, perché la loro potenza è grande!            Ma un leone si spaventerà per il canto di questi galletti? Edoar­do, spalanca i tuoi artigli         e che il sangue delle loro vite spenga la sete della tua furia. Se sarò crudele e diventerò         un tiranno possono dir gra­zie a se stessi, ora, e se ne pentiranno troppo tardi.

KENT                         Mio signore, vedo che il vostro amore per Gaveston sarà la rovina del regno

            e anche la vo­stra, perché ora i nobili sono eccitati dall'ira e minacciano la guerra. Perciò, fratello, mettilo al bando una volta per sempre.

RE EDOARDO         Sei anche tu un nemico del mio Gaveston?

KENT                         Sì; e mi rammarico di averlo favorito.

RE EDOARDO         Traditore, vattene via!, a piagnu­colare con Mortimer.

KENT                         Lo farò, piuttosto che stare con Gaveston.

RE EDOARDO         Via dai miei occhi, e non mi dar più fastidio!

KENT                         Non c'è da meravigliarsi che tu disprezzi i tuoi nobili pari quando io, tuo fratello,             sono scac­ciato così.

RE EDOARDO Via! Via!(Esce Kent) Povero Ga­veston, non hai più altri amici che me!            Facciano quello che gli pare, noi vivremo qui a Tynemouth; e basta che io possa            camminare con lui attorno alle mura, cosa m'importa anche se i con­ti ci stringono in un            assedio? Ecco che arriva quella che è la causa di tutti questi disaccordi.

Entrano la REGINA ISABELLA, con la NIPOTE del Re Edoardo, due SIGNORE, GAVESTON, BALDOCK e IL. GIOVANE SPENCER.

REGINA ISABELLA          Mio signore, pare che i con­ti si siano levati in armi.

RE EDOARDO                    Sì, e si crede anche voi li favo­riate .

REGINA ISABELLA          Davvero sospettate sempre co­sì di me senza ragione.

NIPOTE                     Dolce zio, parlate con più gentilezza alla regina.

GAVESTON             Mio signore, fingete con lei. Parlatele dolcemente.

RE EDOARDO         Perdonami, cara; avevo dimentica­to me stesso.

REGINA ISABELLA          II vostro perdono è subito ot­tenuto da Isabella.

RE EDOARDO         II giovane Mortimer è diventato co­sì coraggioso che ha osato gridarmi in             faccia mi­nacce di guerre civili.

GAVESTON             Perché non lo chiudete nella Torre?

RE EDOARDO         Non oso, perché il popolo lo ama molto.

GAVESTON             Bene, allora lo faremo fuori in se­greto.

RE EDOARDO         Dio volesse che lui e Lancaster aves­sero fatto tutti e due una gran bevuta             con una cio­tola di veleno alla salute l'uno dell'altro! Ma ba­sta con loro, e ditemi chi sono       questi due.   (Accen­na a Spencer e Baldock)

NIPOTE         Due del seguito di mio padre, quando vi­veva. Piaccia a vostra grazia di prenderli            ora con sé.

RE EDOARDO         Dimmi, dove sei nato? Che armi porti nello stemma?

BALDOCK               Mi chiamo Baldock, e la mia nobiltà l'ho avuta da Oxford,

            non dall'araldica,

RE EDOARDO         Tanto più adatto alle mie necessi­tà allora, Baldock.

BALDOCK               Ringrazio umilmente vostra maestà.

RE EDOARDO         Questo tu lo conosci, Gaveston?    (Indicando Spencer)

GAVESTON             Sì, mio signore. Si chiama Spencer. È di buona famiglia. Permettetegli      per amor mio di servir vostra grazia; troverete difficilmente un uo­mo di maggior merito.

RE EDOARDO         E allora Spencer, per amor suo, sii al mio servizio; ti favorirò ben presto    d'un titolo più alto.

IL GIOVANE SPENCER    Nessun titolo maggiore può capitarmi che godere i favori di           vostra maestà.

RE EDOARDO         Nipote,questo giorno sarà la tua festa di nozze. E pensa, Gaveston, che io ti amo molto, se ti sposo con mia nipote, l'unica ere­de dei conte di Gloucester,           recentemente defunto.

GAVESTON             So, mio signore, che molti mi avranno sullo stomaco, ma io non mi cura    né del loro amore né del loro odio.

RE EDOARDO         Questi baroni dalla testa dura non mi metteranno alcun limite; e chi           decido di favo­rire sarà grande. Venite, andiamo. E quando il ma­trimonio sarà finito, addosso ai ribelli e ai loro complici!      (Escono)

SCENA TERZA

Nei pressi del castello di Tynemouth.

Entrano LANCASTER, IL GIOVANE MORTIMER, WARWICK, PEMBROKE, KENT

e altri.

KENT      Miei signori, per l'amore che porto a que­sta terra nativa, vengo ad unirmi a voi, e        lascio il re. E in questa vostra contesa, e a vantaggio del regno, sarò il primo a rischiare      la vita.

LANCASTER           Ho paura che siate stato mandato da noi machiavellicamente, per scavarci            sotto fa­cendo mostra d'amarci.

WARWICK      È vostro fratello; perciò abbiamo ragio­ne di pensare al peggio, e di dubitare      della vostra ribellione.

KENT         II mio onore sarà il pegno della verità delle mie intenzioni. E se questo non vi          basta, signori, addio.

IL GIOVANE MORTIMER       Resta, Edmondo. Mai un Plantageneto fu falso nella sua         parola; e per­ciò noi ci fidiamo.

PEMBROKE                         Ma qual è la ragione per cui ora l'avre­ste lasciato?

KENT                                     L'ho detto al conte di Lancaster.

LANCASTER           E questo basta. Ora, signori miei, sappiate questo, che Gaveston è             arrivato in segre­to, e qui a Tynemouth se la gode col re. Scaliamo le mura con questi      nostri seguaci, e sorprendiamo­li all'improvviso, mentre non se l'aspettano.

IL GIOVANE MORTIMER                        Io darò l'assalto.

WARWICK               E io ti seguirò.

IL GIOVANE MORTIMER                        Questa insegna lacera dei miei antenati, che spazzò la         spiaggia deserta di quel Mar Morto da cui prendemmo il nome di Mortimer, la porterò      fino in cima alle mura di questo castello. Tamburi, battete l'allarme, fateli saltare su dai        loro divertimenti osceni, e suonate a morto a gran voce per Gaveston!

LANCASTER  Nessuno osi toccare il re; ma nes­suno risparmi Gaveston né i suoi amici.             (Escono)

SCENA QUARTA

Nel castello di Tynemouth.

Entrano, separatamente, il RE EDOARDO e IL GIOVA­NE SPENCER.

RE EDOARDO         Oh, dimmi, Spencer, dov'è Gaveston?

IL GIOVANE SPENCER    Ho paura che sia stato ucciso, mio grazioso signore.

RE EDOARDO         No, eccolo che viene. E ora che spo­glino pure, e che ammazzino.

Entrano la REGINA ISABELLA, la NIPOTE del Re Edoardo, GAVESTON e alcuni NOBILI.

RE EDOARDO         Fuggite, miei signori, fuggite, i con­ti son padroni del castello. Pigliate le   navi, e an­date a Scarborough. Spencer e io ce ne andremo dalla parte di terra.

GAVESTON             Oh, restate, mio signore. A voi non faranno niente di male.

RE EDOARDO         Non voglio fidarmi di loro. Gaveston, vai!

GAVESTON             Addio, mio signore.

RE EDOARDO         Signore, addio.

NIPOTE                     Addio, zio diletto, fino a che non ci ritro­veremo.

RE EDOARDO         Addio, dolce Gaveston; e addio, ni­pote.

REGINA ISABELLA     E neanche un addio alla po­vera Isabella, la tua regina?

RE EDOARDO              Sì, sì, per amore di Mortimer, il vo­stro amante.

REGINA ISABELLA   II Cielo può testimoniarlo, io non amo che voi. (Escono tutti eccetto      la regina Isabella.)  Così si stacca dai miei abbracci. Oh, se riuscissero le mie braccia a             serrare stretta que­st' isola in modo da poterla tirare a me dove vo­lessi! E se queste             lacrime, che mi gocciolano da­gli occhi, avessero la forza di ammorbidire il suo cuore di   pietra. E quando l'avessi con me non ci potessimo mai più dividere!

Entrano LANCASTER, WARWICK, IL GIOVANE MORTIMER e altri. Suoni d'allarme, di dentro.

LANCASTER                       Non capisco come abbia fatto a fug­gire.

IL GIOVANE MORTIMER                        Chi c'è? La regina!

REGINA ISABELLA          Sì, Mortimer, questa regina infelice il cui cuore consunto gli           intimi sospiri hanno distrutto, e che ha il corpo logorato dal piangere continuo. Queste             mani si sono stancate a cercar di strappare il mio signore da Gaveston, dal malvagio     Gaveston. E tutto invano. Perché quando io gli parlo con dolcezza lui si gira da un'altra            parte, e sorride al suo favorito.

IL GIOVANE MORTIMER            Cessate di lamentarvi, e diteci dov’è  il re.

REGINA ISABELLA          Cosa vorreste dal re? È lui che cercate?

LANCASTER           No, signora, ma il maledetto Gave­ston. Lontano sia dal pensiero di           Lancaster usar violenza al suo sovrano' Noi vorremmo soltanto sbarazzare il reame da      Gaveston. Diteci dove si trova, e morirà.

REGINA ISABELLA     È andato per mare a Scarborough: inseguitelo subito e non riuscirà a   scapparvi. Il re lo ha lasciato, e il suo seguito è piccolo.

WARWICK   Non perdiamo tempo, caro Lancaster. Mettiamoci in marcia.

IL GIOVANE MORTIMER                  Come può essere che lui e il re si sian divisi?

REGINA ISABELLA          Perché così il vostro eserci­to, prendendo vie diverse, verrebbe ad essere mol­to ridotto di potenza, e con le forze che egli inten­de ora raccogliere sarebbe facilmente eliminato. Perciò andate, subito.

IL GIOVANE MORTIMER                Qui nel fiume è ormeg­giato un piccolo vascello fiammingo.        Saliamo tutti a bordo e inseguiamolo a tutta forza.

LANCASTER           II vento che porta lui lontano di qui gonfierà anche le nostre vele. Su, su,             a bordo! Non c'è che un'ora di viaggio.

IL GIOVANE MORTIMER               Signora, voi rimanete qui nel castello.

REGINA ISABELLA             No, Mortimer. Andrò dal re mio signore.

IL GIOVANE MORTIMER    No, piuttosto venite con noi a Scarborough.

REGINA ISABELLA          Sapete che il re è così sospet­toso che se viene a sapere che io ho    soltanto par­lato con voi, il mio onore sarà messo in dubbio; e perciò, nobile Mortimer, andate via subito.

IL GIOVANE MORTIMER                        Signora, non posso re­stare a rispondervi: ma pensate a        Mortimer come lui si merita.   (Escono tutti eccetto la Regina Isa­bella.)

REGINA ISABELLA    Così bene hai meritato, dol­ce Mortimer, che Isabella potrebbe vivere   con te per sempre. Invano io cerco amore dalle mani di Edoardo, che ha gli occhi fìssi           su nessun altro che Gaveston. Eppure voglio insistere ancora una volta con le preghiere.    E se rimarrà un estraneo, senza curarsi delle mie parole, io e mio figlio ce ne andremo in          Francia, e là ci lamenteremo col re mio fratello di come Gaveston m'abbia rubato il suo             amore. Eppure spero ancora che le mie pene finiscano, e Gaveston sia ucciso in questo    bene­detto giorno. (Esce.)

SCENA QUINTA

In aperta campagna.

Entra GAVESTON, inseguito.

GAVESTON             Son riuscito a scapparvi dalle mani, signori gagliardi, e alle vostre minacce, agli al­larmi, ai vostri inseguimenti feroci; e benché divi­so dagli occhi di re            Edoardo pure è qui vivo Pierce di Gaveston, e non l'avete acchiappato, e respi­ra, e ha la             speranza (malgrado tutte le vostre barbe di ribelli che reclutate contro il vostro re) di    rivedere ancora il suo reale sovrano.

Entrano WARWICK, LANCASTER, PEMBROKE, IL GIOVANE MORTIMER, SOLDATI, JAMES e altri del Seguito di Pembroke.

WARWICK   Addosso, soldati! Strappategli le armi!

IL GIOVANE MORTIMER Tu, arrogante disturbatore della pace del tuo paese, corruttore del             tuo re, causa di queste risse, adulatore vigliacco, arrendi­ti! e se non fosse vergogna,      vergogna e disonore per il nome di un soldato, cadresti qui, sulla punta della mia spada,    a rivoltarti nel tuo sangue.

LANCASTER           Mostro d'uomo, che come quella sgualdrina greca trascinasti nelle armi e in guer­re sanguinose tanti cavalieri valorosi, non cerca­re più ormai, miserabile, altra        fortuna che la mor­te! Re Edoardo non è qui a farti da scudo.

WARWICK   Lancaster, cosa stai a parlare con que­sto schiavo? Avanti, soldati, portatelo via    di qui; perché, sulla mia spada, la sua testa cadrà. Gaveston, un breve avvertimento      servirà al caso tuo: è per la causa del nostro paese che noi qui severa­mente faremo        giustizia della tua persona. Impicca­telo ad un ramo.

GAVESTON             Mio signore...

WARWICK               Soldati, portatelo via... Soltanto perché sei stato il favorito di un re, avrai             questo grande onore dalle nostre mani.

GAVESTON             Vi ringrazio tutti, miei signori. E mi accorgo che tagliar la testa è una        cosa e impicca­re è un'altra, ma che in fondo è sempre morte.

           

Entra ARUNDEL

LANCASTER           Che c'è ora, Lord Arundel?

ARUNDEL                Miei signori, re Edoardo manda me a salutare voi tutti.

WARWICK               Arundel, riferisci il tuo messaggio.

ARUNDEL                Sua Maestà, saputo che avete preso Gaveston, vi supplica per mio mezzo di poter soltanto vederlo prima di morire; perché, dice, e vi dà la sua parola, sa che morire deve; e che se sarete tanto compiacenti con sua grazia, egli sarà memore della      cortesia.

WARWICK      E allora?

GAVESTON    Grande Edoardo, come il tuo nome ridà vita al povero Gaveston!

WARWICK    No, non serve. Arundel, noi saremo compiacenti al re in altre cose. Deve             perdonarci di questo... Soldati, portatelo via!

GAVESTON    Perché, mio signore di Warwick, questi brevi indugi non dovranno far rinascere            le mie speranze? Lo so, signori, che è a questa vita che voi mirate: ma accontentate il re             Edoardo nel suo desiderio.

IL GIOVANE MORTIMER                Tocca a te stabilire quel che dobbiamo concedere? Soldati,        portatelo via! Noi compiaceremo al re in questo modo; gli manderemo la sua testa per    mezzo tuo. Versi su quella le sue lacrime, perché è tutto ciò che può avere di Gaveston,          quella o il suo tronco senza vita.

LANCASTER    Questo no, mio signore, perché ho paura che per seppellirlo spenda più denaro            di quel che non abbia mai guadagnato.

ARUNDEL    Miei signori, è la richiesta di sua maestà, e sull'onore suo di re egli giura che         scambierà con lui solo qualche parola e poi ve lo restituirà.

WARWICK     E quando? Potete dirlo, Arundel? No? Noi sappiamo che chi rinuncia alla cura del proprio regno, e trascina i nobili, per un Gaveston, a questi estremi, quando l'avesse           con sé ancora una volta, violerebbe qualsiasi promessa pur di tener­selo.

ARUNDEL    Allora, se non volete fidarvi della pa­rola di sua grazia, miei signori, rimarrò io a   ga­ranzia del suo ritorno.

IL GIOVANE MORTIMER    Molto onore ti fa que­sta offerta; ma poiché sappiamo che sei un            nobi­le gentiluomo, non ti faremo un torto così, e am­mazzare un vero uomo per un ladro.

GAVESTON     Cosa vuoi dire, Mortimer? Questa è una vigliaccheria enorme.

IL GIOVANE MORTIMER    Via, servo bastardo, la­dro della reputazione del re! Discuti con gente del­la tua risma.

PEMBROKE              Mio Lord Mortimer, e voi, miei si­gnori, tutti quanti, per compiacere alla   richiesta del re a proposito dell'invio di questo Gaveston, visto che sua maestà ha un           desiderio così vivo di vedere quest'uomo prima della sua morte, mi as­sumerò io           l'impegno, sul mio onore, di portarglie­lo, é riportarlo di nuovo indietro; ammesso però             che voi, mio Lord d'Arundel, vogliate unirvi a me.

WARWICK   Cosa vuoi fare, Pembroke? Provocare dell'altro sangue ancora? Non basta averlo             preso, e dobbiamo invece ora rilasciarlo colle nostre scu­se e permettergli di andarsene?

PEMBROKE                   Signori miei, per la stima che ho di voi non voglio esagerare con troppe          sollecitazio­ni , ma se vi sentite di affidare a Pembroke il pri­gioniero, io ve lo giuro, lo    riporterò indietro.

ARUNDEL                Mio Lord Lancaster, che cosa ne dite?

CASTER                    Beh, io dico di lasciarlo andare sulla parola di Pembroke.

PEMBROKE                         E voi, Lord Mortimer?

GIOVANE MORTIMER     Cosa dite voi, Lord Warwick?

WARWICK               Per me, fate come vi piace. So già co­sine finirà.

PEMBROKE                         Allora consegnatemelo.

GAVESTON             Dolce mio re, ecco che vengo a rivederti prima di morire.

WARWICK   (a parte)   Forse no, però, se prevar­ranno il senno e l'astuzia di Warwick.

IL GIOVANE MORTIMER   Mio Lord Pembroke, noi ve lo affidiamo. Riportatecelo, sul        vostro onore. Suonate, via! (Escono tutti eccetto Pembroke, Arundel, Gaveston, James e            altri del Seguito di Pembroke.)

PEMBROKE  (ad Arundel)   Mio signore, voi verre­te con me: la mia casa non è lontana di qui. È un po' fuori dalla strada, ma i nostri uomini andranno avanti. Noi che abbiamo delle             graziose ragazze per mogli, non dobbiamo passarci così vicino e deludere le loro labbra.

ARUNDEL    È un parlare molto gentile, mio Lord Pembroke: vostro onore ha un diamante       che ha il potere di tirare anche un principe.

PEMBROKE     Proprio così, mio signore. Vieni qui, James: affido a te questo Gaveston; sii il   suo guardiano stanotte; domattina ti libereremo da questo incarico. Vai.

GAVESTON     Sventurato Gaveston, dove te ne vai ora? (Esce con James e altri del Seguito   di Pembroke)

LO STAFFIERE    Mio signore, saremo presto a Cobham.    (Escono)

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Un'altra parte della campagna.

Entrano GAYESTON, affranto dal dolore, JAMES, e altri del Seguito di Pembroke.

GAVESTON             Oh Warwick traditore, un torto così fai al tuo amico!

JAMES                       Vedo che con quelle armi attentano alla vostra vita.

GAVESTON             E io devo cedere senz'armi, e morire In ceppi? Questo giorno dovrà          chiudere il corso del­la mia vita e vedere il fondo della mia felicità? Se ' voi siete uomini,          correte dal re.

Entra WARWICK. con i soldati.

WARWICK   Voi uomini di Lord Pembroke, non cer­cate più di opporvi; io voglio questo          Gaveston.

JAMES           Vostra signoria fa disonore a se stessa, e torto al nostro signore, che è un vostro   onorevole amico.

WARWICK   No, James; è la causa del mio paese che io seguo. Su, prendete quel vigliacco:      soldati, venite via. Faremo un lavoro alla svelta. Racco­mandatemi al vostro padrone, amico mio, e dite­gli che io ho fatto buona guardia. Vieni, che ci va­da la tua ombra a       discutere con Re Edoardo.

GAVESTON     Conte traditore, io il re non lo vedrò?

WARWICK     II re del cielo forse, e nessun altro re. Via! (Escono Warwick e i soldati con        Goveston.)

JAMES      Venite, compagni; non serviva resistere. Ci affretteremo a informare il nostro            signore.

SCENA SECONDA

Nelle vicinanze di Boroughbridge, nello Yorkshire.

Entrano il RE EDOARDO, IL GIOVANE SPENCER.

BALDOCK, NOBILI della parte del re eSOLDATI con tamburi e pifferi.

RE EDOARDO         Aspetto con ansia d'avere una ri­sposta dai baroni a proposito del mio        amico, il mio diletto Gaveston. Ah, Spencer, neppure tutte le ricchezze del mio regno   riescono a riscattarlo! Ah, è condannato a morire! Io conosco la malizia del giovane      Mortimer, so quanto Warwick sia du­ro, e Lancaster inesorabile; io non rivedrò mai più            un'altra volta il mio bel Pierce di Gaveston. I baroni mi opprimono con la loro      arroganza.

IL GIOVANE SPENCER       Fossi io re Edoardo, so­vrano d'Inghilterra, figlio dell'amabile      Eleonora di Spagna, stirpe del grande Edoardo Longshanks, sopporterei forse queste    bravate, questa rabbia, e soffrirei che questi baroni m'affrontasse­ro così senza ritegno     sulla mia terra, nel mio stes­so regno? Mio signore, perdonatemi queste paro­le: ma se  

            aveste un po' della magnanimità di vo­stro padre, e se badaste di più all'onore del vostro nome, non tollerereste che vostra maestà fosse mal­menata dai suoi nobili in questo    modo. Tagliate­gli la testa, e mandateli a predicar sui pali. Non dubitate, lezioni di questa

            fatta le insegneranno agli altri, e costoro trarranno gran profìtto dalle loro prediche, e      impareranno l'obbedienza che si deve al sovrano legittimo.

RE EDOARDO         Sì, nobile Spencer, siamo stati trop­po teneri, troppo buoni con loro. Ma     ora abbiamo tirato fuori la spada, e se non mi mandano il mio Gaveston, la proveremo           sui pennacchi dei loro ci­mieri, e gli peleremo la cima.

BALDOCK    Questa decisa risoluzione si addice a vostra maestà, per non rimanere legato ai     loro umori, come se vostra altezza fosse ancora un ra­gazzino che va a scuola e dovesse            essere governa­to come un bambino, con un timore reverenziale.

Entrano IL VECCHIO SPENCER, con il suo bastone, e SOLDATI.

IL VECCHIO SPENCER    Lunga vita al mio sovrano; il nobile Edoardo, trionfante in pace,    fortunato in guerra!

RE EDOARDO  benvenuto, vecchio: vieni in aiuto di Edoardo? Dì allora al tuo principe di       dove vieni e chi sei.

IL VECCHIO SPENCER     Ecco, con una banda di arcieri e di gente armata di picche,             alabarde e scu­di, una forza di quattrocento uomini che han giu­rato di difendere il diritto            reale di Re Edoardo, io vengo, in persona, davanti a vostra maestà. So; no Spencer, il   padre di Ugo Spencer che è lì con voi, legato in eterno a vostra altezza, per il favore    concesso, in lui, a tutti noi.

RE EDOARDO         Tuo padre, Spencer?

IL GIOVANE SPENCER    Certo, piacendo a vostra grazia, e vi offre, in cambio di tutta la      bontà che avete avuto per me, la sua vita, mio signore, qui davanti ai vostri piedi di           principe.

RE EDOARDO     Sii benvenuto ancora diecimila volte, o vecchio! Spencer, questo amore,       questa be­nevolenza verso il tuo re, mostrano quanto nobili siano il tuo animo e la tua    natura. Spencer, io qui ti creo conte di Wiltshire, e ogni giorno ti arricchi­remo del nostro           favore, che, come lo splendore del sole, si rifletterà sopra di te. E inoltre, per far più       manifesto il nostro amore, essendo al corrente che Lord Bruce vuol vendere le sue terre,             e che i Mortimer sono in trattative con lui, tu avrai da noi corone per offrire più dei         baroni; e non le rispar­miare, Spencer, offrine sempre di più. Soldati, ec­covi una elargizione, e tre volte benvenuti a tutti!

IL GIOVANE SPENCER    Mio signore, viene la Regina.

Entrano la REGINA ISABELLA, il PRINCIPE EDOAR­DO e LEVUNE.

RE EDOARDO         Signora, quali notizie?

REGINA ISABELLA          Notizie di disonore, signore, e spiacevoli. Il nostro amico Levune,             fedele e fidatissimo, ci informa, con lettere e a voce, che il signor di Valois nostro             fratello, re di Francia, dato che vostra altezza ha trascurato di rendergli omaggio, ha           preso la Normandia nelle sue mani. Queste sono le lettere e qui c'è il messaggero.

RE EDOARDO         Benvenuto, Levune. (A Isabella) Via, Sib, se questo è tutto, Valois ed io saremo presto amici di nuovo. Ma pensiamo al mio Gaveston. Non ti rivedrò né ti         contemplerò mai più, ora? Signora, in questa faccenda ci serviremo di voi e del vostro      figlioletto: andrete a trattare con il re di Francia. Figliolo, guardate di comportarvi da           bravo davanti al re, ed eseguite la vostra mis­sione con maestà.

PRINCIPE EDOARDO       Non affidate alla mia gio­vinezza cose di maggior peso di quel che             mi si adatti e possa portare un principe giovane come sono io; e non temete, signore e    padre; le grandi travi del cielo non poggeranno più sicure sulle spalle di Atlante di quel            che non avvenga del vo­stro incarico affidato alla mia cura.

REGINA ISABELLA     Ah, ragazzo, questa prontezza all'obbedienza fa temere a tua   madre che tu ; non sia destinato a vivere molti giorni sulla terra.

RE EDOARDO         Signora, vogliamo che voi e questo nostro figlio vi troviate in viaggio a     bordo d'una ignave al più presto. Levune vi seguirà con tutta la celerità di cui saremo capaci per spedirlo via di qui. Scegliete fra i nostri signori chi vorrete per farvi    compagnia; e andate in pace, e lasciate noi a casa fra le guerre.

REGINA ISABELLA          Guerre contro natura, dove i sudditi sfidano il loro re. Dio le         faccia finire una volta! Mio signore, prendo commiato, e mi vado a preparare per    andare, in Francia. (Esce col Principe Edoardo)

Entra ARUNDEL

RE EDOARDO         Come mai, Lord Arundel, arrivi solo?

ARUNDEL                Solo, mio buon signore, perché Gaveston è morto.

RE EDOARDO         Ah, traditori, hanno messo a morte il mio amico? Dimmi, Arundel, è         morto prima che tu arrivassi, o hai visto l'amico mio morire?

ARUNDEL    Né l'una né l'altra cosa, mio signore; perché, quando venne sorpreso, circondato   d'armi e coi nemici attorno, feci il messaggio di vostra al­tezza a tutti loro, chiedendo, e          perfin supplicando, che me lo consegnassero, e dissi, sull'onore del mio nome, che mi       sarei assunto l'incarico di condurlo a vostra altezza, per poi riportarglielo indietro.

RE EDOARDO         E quei ribelli, dimmi, me l'avreb­bero negato?

IL GIOVANE SPENCER    Arroganti vigliacchi!

RE EDOARDO         Sì, Spencer, e tutti traditori!

ARUNDEL    Da principio li trovai inesorabili; il conte di Warwick non voleva starmi a sentire, Mortimer ascoltava appena; Pembroke e Lancaster parlarono poco; e quando    m'ebbero detto di no risolutamente, rifiutando di accettarmi a garan­zia di lui, allora il conte di Pembroke parlò con gentilezza, così: "Miei signori, dato che il nostro sovrano           ce lo manda a chiedere, e promette che sarà sicuramente restituito, io voglio assumermi             quest'impegno, farlo andare da lui, e vederlo poi consegnato di nuovo in mano vostra".

RE EDOARDO         Bene, e com'| andata che non è ve­nuto?

IL GIOVANE SPENCER    Qualche tradimento o qualche infamia furon certo la causa.

ARUNDEL    II conte di Warwick si impadronì di lui durante il viaggio; perché, essendo stato conse­gnato agli uomini di Pembroke, il loro signore se ne andò a cavallo fino a casa,          ritenendo il suo pri­gioniero al sicuro. Ma prima che egli arrivasse, Warwick si mise in             agguato e lo fece ammazzare: poi in un fosso gli tagliò la testa e marciò verso il campo.

IL GIOVANE SPENCER      Un'azione sanguinaria, apertamente contro la legge delle armi!

RE EDOARDO         Oh, parlerò io? O sospirerò e mo­rirò?

IL GIOVANE SPENCER      Mio signore, affidate alla spada la vostra vendetta su questi         baroni; rincuo­rate i vostri uomini; fate che si vendichino dell’' assassinio dei vostri      amici. Avanzate in campo colle vostre bandiere, Edoardo, e marciate fino a cacciarli col        fuoco dalle tane dove si sono nascosti.

RE EDOARDO  (inginocchiandosi)     Per la terra, ma­dre comune di tutti noi, per il cielo, e per             tutte le restanti sfere, per questa mano destra, e per la spada di mio padre, e per tutti gli   onori che apparten­gono alla mia corona, avrò teste e vite per lui quanti ho manieri,    castelli, città e torri! (Si rial­za.) Warwick traditore, traditore Mortimer! Se io ' sono re        d'Inghilterra, strascicherò in laghi di san­gue i vostri corpi e i vostri tronchi senza testa,             che voi possiate bere a sazietà e tracannare san­gue, e con quello tingerci le mie bandiere reali in modo che i miei colori sanguigni possano sugge­rire eternamente la memoria     della vendetta sul­la vostra maledetta progenie di traditori, di voi scellerati che avete    trucidato il mio Gaveston! E a questo posto d'onore e di fiducia, Spencer, dol­ce Spencer,          io qui metto te; e unicamente per amo­re nostro noi ti creiamo conte di Gloucester e Lord             Ciambellano, a dispetto dei tempi, a dispetto dei nemici.

IL GIOVANE SPENCER        Mio signore, ecco un mes­saggero da parte dei baroni che            desidera essere ri­cevuto da vostra maestà.

RE EDOARDO Fallo, entrare.

Entra un ARALDO cori la sua cotta d'armi.

ARALDO      Lunga vita al re Edoardo, signore legit­timo d'Inghilterra!

RE EDOARDO         Questo non lo desiderano, io credo, quelli che t'hanno mandato qui. Tu    vieni da par­te di Mortimer e dei suoi complici; non ci fu mai un'accozzaglia più furiosa       di ribelli. Bene, riferisci il messaggio.

ARALDO      I baroni in armi salutano vostra altezza augurando lunga vita e felicità; e mi          comandano di dire a vostra grazia, in atteggiamento suppliche­vole, che se volete porre tregua e rimedio a que­sti affanni senza spargimento di sangue, che al­lontaniate dalla           vostra principesca persona que­sto Spencer, come un ramo marcio che uccide la vita        reale, le cui foglie d'oro circondano il vostro capo principesco, il vostro diadema, che      questi perniciosi villani rifatti fan diventare privo di splen­dore, come essi affermano; e   amorosamente con­sigliano vostra grazia a sostenere la virtù e la nobiltà, e a serbare     profonda stima dei vecchi ser­vitori, scacciando gli adulatori falsi ed ipocriti. Se             concederete questo, essi, il loro onore, la loro vita, tutto voteranno e consacreranno a      Vostra altezza.

IL GIOVANE SPENCER    Ah, traditori, seguiteran­no sempre a fare sfoggio della loro            arroganza?

RE EDOARDO         Via! Non aspettare risposta, e vat­tene subito! Questi ribelli, saranno loro   a fissare per il loro re i suoi divertimenti, i suoi piaceri e la sua compagnia? Pure, prima   d'andartene, guar­da come io divido Spencer da me. (Abbraccia Spen­cer.) Ora vai dai           tuoi signori, e riferisci loro che io verrò a castigarli per l'assassinio di Gaveston.       Sbrigati, vattene! Edoardo ti sarà alle calcagna col ferro e col fuoco. (Esce l'araldo.)       Miei signori, non vi accorgete come questi ribelli si stanno gonfiando? Soldati, cuori     generosi, difendete i diritti del vostro sovrano, perché ora, proprio ora, noi ci met­tiamo     in marcia per schiacciarli. Avanti! (Escono. Allarmi, assalti, una grande battaglia e il   clamore d'una ritirata dall'interno.)

SCENA TERZA

Il campo di battaglia a Boroughbridge

Entrano il RE EDOARDO, IL VECCHIO e IL GIOVANE

SPENCER, BALDOCK e NOBILI della parte del re.

RE EDOARDO         Perché suoniamo la ritirata? Ad­dosso a loro, signori! In questo giorno      sfogherò la vendetta con la mia spada su questi baroni super­bi che si sono levati in        

            armi,osano affrontare e mettersi contro agli ordini del loro re.

IL GIOVANE SPENCER    Non ne dubito, mio si­gnore. Il diritto prevarrà.

IL VECCHIO SPENCER     Non è male, mio sire, che da tutte e due le parti si riprenda un po' di fiato. I nostri uomini son tutti vicini a rimaner soffocati dal sudore e dalla polvere, e      cominciano a ca­der tramortiti dal gran calore. Questa ritirata ri­darà vigore a cavalli e ad     uomini.

IL GIOVANE SPENCER    Arrivano qui i ribelli.

Entrano IL GIOVANE MORTIMER, LANCASTER, WARWICK, PEMBROKE e altri.

IL GIOVANE MORTIMER                 Guarda, Lancaster, Edoardo è là fra i suoi adulatori.

LANCASTER           E che ci rimanga, finché non paghi a caro prezzo la loro compagnia.

WARWICK               E così sarà, altrimenti la spada di Warwick colpirà a vuoto.

RE EDOARDO         Come, ribelli, rinculate e suonate la ritirata?

IL GIOVANE MORTIMER                        No, Edoardo, no. Sono i tuoi adulatori che cascan

            giù tramortiti e scap­pano.

LANCASTER           Avrebbero fatto meglio ad abbando­nare in tempo te e i loro seguaci,         perché ti tradi­ranno, traditori come sono.

IL GIOVANE SPENCER    Ti ributto in faccia il no­me di traditore, ribelle Lancaster!

PEMBROKE                         Via, volgare villan rifatto! Hai il co­raggio di sfidare così i nobili?

IL VECCHIO SPENCER     Un'impresa nobile e una azione da gente d'onore non è certo,        

            pensateci, Rac­cogliere aiuti e levare truppe contro il vostro re legittimo.

RE EDOARDO         E per questo, ben presto, pagheran­no con le loro teste per placare l'ira del             loro re offeso.

IL GIOVANE MORTIMER                Allora, Edoardo, vuoi combattere fino all'ultimo, e         preferisci bagnare la tua spada nel sangue dei sudditi, piuttosto che ban­dire quella        compagnia perniciosa?

RE EDOARDO      Sì, traditori tutti, piuttosto d'essere sfidato così farò delle città inglesi          mucchi enormi di pietre e attorno alle porte dei palazzi ci passe­remo con gli aratri.

WARWICK   Una decisione disperata e contro na­tura! All'armi! Alla battaglia! San, Giorgio     per l'In­ghilterra, e per i diritti dei baroni!

RE EDOARDO      San Giorgio per l'Inghilterra, e per i diritti di re Edoardo! (Allarmi. Escono             le due parti, separatamente.)

SCENA QUARTA

Un'altra parte del campo di battaglia.

Entrano il RE EDOARDO e i suoi seguaci, con i BARONI e KENT prigionieri.

RE EDOARDO         Ora, signori superbissimi, ora la vo­stra arroganza è abbassata non dai casi             della guer­ra ma dalla giustizia della contesa e della causa. Mi sembra che chiniate le    teste; ma noi ve le fa­remo rialzare, traditori: ormai è tempo di vendi­carci di voi per tutte             le vostre bravate, e per l'as­sassinio del mio amico più caro, al quale sapevate molto bene     che l'anima nostra era strettamente le­gata, il buon Pierce di Gaveston, il mio dolce             favorito. Ah, ribelli, spergiuri, voi me l'avete am­mazzato!

KENT                         Fratello, per un rispetto a te e alla tua ter­ra essi vollero allontanare             quell'adulatore dal tuo trono.

RE EDOARDO         Così, signore, avete parlato: via, allontanatevi dalla nostra presenza!          (Esce Kent) Maledetti scellerati, era per un rispetto a noi, quan­do vi mandammo il       nostro messaggero a pregarvi che potesse essere risparmiato in modo da venire a parlare          ancora con noi, e Pembroke si fece ga­rante del suo ritorno, che tu, superbo Warwick,             ten­desti un agguato al prigioniero, povero Pierce, e gli tagliasti la testa contro le leggi            

            delle armi! Per questo la tua testa guarderà di sugli altri tanto quanto tu degli altri           andasti più in sù con la tua rabbia.

WARWICK   Tiranno, io le tue minacce le disprezzo. La pena che puoi infliggerci è solo            temporale.

LANCASTER                       II peggio è la morte; ed è meglio morire che vivere nell'infamia sotto un   re simile.

RE EDOARDO Via con questa gente, mio signore di Winchester! Per questi caporioni   superbissi­mi, Warwick e Lancaster, vi do un mandato pre­ciso. Via la testa a tutti e due!      Andate!

WARWICK               Addio, mondo vano!

LANCASTER           Dolce Mortimer, addio!

IL GIOVANE MORTIMER                Inghilterra, così crudele con la tua nobiltà, gemi per questo        dolore! e guarda come sei mutilata!

RE EDOARDO     Andate, portate questo orgoglioso Mortimer nella torre! Badate che sia        messo là al sicuro; e in quanto agli altri, un'esecuzione rapida per tutti. Via di qua!

GIOVANE MORTIMER     E come, Mortimer, riu­sciranno rozze pareti di pietra a murare la     tua vir­tù che aspira al cielo? No, Edoardo, flagello d'In­ghilterra, non può essere. La        speranza di Morti­mer va molto al di là della sua fortuna. (I Baro­ni prigionieri son      condotti via.)

RE EDOARDO         Suonate, tamburi e trombe! In marcia con me, amici miei. Oggi Edoardo s'è incoro­nato re un'altra volta. (Escono tutti, eccetto il giovane Spencer, Levune e    Baldock.)

IL GIOVANE SPENCER    Levune, la fiducia che riponiamo in te farà nascere la pace nella     terra di reEdoardo. Perciò vai via in fretta e distribuisci con prudenza questo tesoro fra i         signori di Francia, i quali tutti, incantati a questa vista come la guardia che lasciò entrare         Giove da Danae sotto pioggia d'oro, faranno in modo che ogni aiuto venga negato alla          regina Isabella, che ora è In Francia a farsi degli amici per attraversare il mare col suo             figlio giovane e metterlo al posto di comando di suo padre.

LEVUNE       È a questo che da tempo miravano quei baroni e l'astuta regina.

BALDOCK    Sì, ma tu vedi, Levune, che quei baroni mettono ora la testa sul ceppo       tutt'insieme; e quel­lo che hanno intenzione di fare, il boia glielo tron­ca di colpo.

LEVUNE       Non dubitate, miei signori, io mi ficche­rò così segretamente tra i signori di           Francia con l'oro inglese che Isabella andrà a lamentarsi a vuoto, e la Francia rimarrà           dura alle sue lacrime.

IL GIOVANE SPENCER    Allora a tutta forza ver­so la Francia, Levune, va'! Annunzia           pubblica­mente guerre e vittorie di re Edoardo. (Escono.)

ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Nei pressi della Torre di Londra. Entra KENT.

KENT                         Favorevole soffia il vento per la Francia: soffia, brezza gentile, finché Edmondo non sia ar­rivato per il bene d'Inghilterra! Natura, aiuta in questo la causa del mio paese!      Un fratello? No, un macellaio dei tuoi amici! Orgoglioso Edoardo, e tu mi bandisci dalla       tua presenza? Ma andrò in Francia, e farò coraggio alla regina oltraggiata, e attesterò             quanto Edoardo abbia perso ogni ritegno. Re contro natura, che fai strage di nobili e            circon­di di tenerezza gli adulatori! Mortimer, io son qui per la tua dolce fuga. Sii             benigna, notte tenebrosa, al suo progetto!

Entra IL GIOVANE MORTIMER, travestito.

IL GIOVANE MORTIMER                        Olà, chi cammina lag­giù? Siete voi, mio signore?

KENT                         Mortimer, sono io. Ma la tua pozione ha lavorato così felicemente?

IL GIOVANE MORTIMER   Sì, mio signore: le guar­die tutte addormentate, e le ringrazio       proprio, mi han permesso di passare in pace. Ma vostra gra­zia ha trovato da potersi           imbarcare per la Francia?

KENT                         Non temere. (Escono.)

SCENA SECONDA

A Parigi.

Entrano la REGINA ISABELLA e il PRINCIPE EDOARDO

REGINA ISABELLA  Ah, ragazzo, i nostri amici in Francia ci vengon tutti a mancare! I           signori sono crudeli, e il re senz'affetto. Cosa faremo?

PRINCIPE EDOARDO       Signora, torniamo in Inghil­terra, e facciamo contento mio padre; e non ce ne importi un fico di tutta l'amicizia di mio zio qui in Francia! Vi garantisco   che farò alla svelta a conquistarmi sua altezza. Vuol più bene a me che a mille Spéncer.

REGINA ISABELLA          Ah, ragazzo, t'inganni, alme­no in questo, se credi che potremo       andare ancora d'accordo insieme! No, no, siamo ormai troppo lontani. Cattivo Valois!    Isabella infelice, dove di­rizzerai i tuoi passi, dove, dove, se la Francia ti respinge?

Entra SIR GIOVANNI DI HAINAULT

SIR GIOVANNI             Signora, come state d'animo?

REGINA ISABELLA   Ah, buon Sir Giovanni di Hainault, mai stata così scoraggiata, né          desolata a questo punto!

GIOVANNI       So, dolce signora, del malanimo del re; ma non vi accasciate, signora. Chi è      d'animo; nobile non si lascia vincere dalla disperazione. Vuol venire vostra grazia con   me ad Hainault, aspettare là cori vostro figlio che il tempo muti vostro vantaggio ? Che           ne dite mio signore? volete venire coi vostri amici e dividere in parti uguali tutte le nostre fortune.

PRINCIPE EDOARDO       Se così piace alla regina mia madre, anche a me piacerà. Né il re     d'Inghil­terra né la corte di Francia mi staccheranno dal fianco della mia cara madre   finché io non sia forte abbastanza da spezzare un'asta; e allora giù sulla testa del      superbissimo Spencer!

SIR GIOVANNI       Ben detto, mio signore!

REGINA ISABELLA   Oh, cuor mio dolce, come 'piango per i tuoi torti e come nello stesso     tempo esulto nella speranza di te, gioia mia! Ah, dolce Sir Giovanni, fino al più lontano         confine d'Europa, fin sulla spiaggia del Tanai, verremo con te ad Hainault, così noi vogliamo. Il marchese è un nobile gentiluomo; sua grazia, oso sperare, mi darà il benvenuto. Ma chi sono questi?

Entrano KENT e IL GIOVANE MORTIMER

KENT                         Signora, possiate vivere a lungo e molto più ce dei vostri amici d'Inghilterra!

REGINA ISABELLA    Lord Edmondo e Lord Mortimer vivi! Benvenuti in Francia! Qui c'era            giunta notizia, mio signore, che eravate morto, o molto vicino ad esserlo.

IL GIOVANE MORTIMER   Signora, era la seconda delle due la più vera; ma Mortimer,         riservato a miglior sorte, s'è scosso di dosso la servitù della Torre, ed è vivo    (rivolgendosi al principe) per portare alto il vostro stendardo, mio buon signore.

PRINCIPE EDOARDO Come potete pensare a que­sto, se il re mio padre vive? No, mio Lord   Mortimer, non io, penso.

REGINA ISABELLA          No, figlio? E perché no? Vor­rei che non capitasse di peggio! Ma   noi, nobili si­gnori, siamo senza amici in Francia.

IL GIOVANE MORTIMER   II signor Le Grand, un vostro nobile amico, ci ha riferito, al

            nostro arri­vo, tutte le notizie, come i nobili si siano mostrati duri e il re senza affetto.       Però, signora, dove non bastano le armi s'apre la strada il diritto; e benché tanti amici   siano stati trucidati, come Warwick, Lancaster, e altri della nostra parte e fazione, pu­re           abbiamo ancora amici noi, in Inghilterra, ve lo posso assicurare, che getterebbero in aria     i ber­retti, e batterebbero le mani dalla gioia soltanto a vederci laggiù, pronti contro i             nemici.

KENT                 Oh se tutto andasse bene, e Edoardo si cor­reggesse come va, per l'onore, la pace, e la tran­quillità d'Inghilterra!

IL GIOVANE MORTIMER        Ma questo si deve mè­ri tare con la spada, mio signore. Il re    non abban­donerà mai i suoi adulatori.

SIR GIOVANNI       Miei signori d'Inghilterra, poiché il duro re di Francia rifiuta di concedere            aiuto d'armi a questa sventurata regina, qui, a sua sorel­la, venite con lei ad Hainault: non            dubitate che; troveremo appoggio, denaro, uomini, amici, e in breve tempo, per            affrontare il re d'Inghilterra. Che ne dite, principe, che ne pensate di questa lotta?

PRINCIPE EDOARDO    Penso che re Edoardo ci farà correre tutti.

REGINA ISABELLA   No, figlio, non così. Voi non, dovete scoraggiare i vostri amici che       sono così pronti ad aiutarvi.

KENT                         Sir Giovanni di Hainault, perdonateci, vi prego. Questi appoggi che voi date alla             nostra in­felice Regina, ci obbligano tutti, per riconoscenza, ai vostri comandi.

REGINA ISABELLA          Sì, nobile fratello. E il Dio del Cielo, buon Sir Giovanni, sia           favorevole ai vo­stri felici propositi!

IL GIOVANE MORTIMER               Questo nobile gentiluo­mo, audace nelle armi, è nato, lo vedo,     per es­sere la nostra ancora di salvezza. Sir Giovanni di Hainault, questa sia la tua gloria,          che nella sven­tura la regina d'Inghilterra e i nobili siano stati da te confortati e sorretti.

SIR GIOVANNI     Andate avanti, signora; e voi, miei Lords, venite con me. Così i pari            d'Inghilterra vedranno come sa accoglierli Hainault. (Escono.)

SCENA TERZA

Una sala nel palazzo reale.

Entrano il RE EDOARDO, ARUNDEL, IL VECCHIO e IL GIOVANE SPENCER e altri.

RE EDOARDO    Così, dopo tante minacce d'uria guèrra rabbiosa, Edoardo d'Inghilterra

trionfa con i suoi amici, e coi suoi amici trionfi Edoardo, in piena libertà! Mio Lord Gloucester, avete saputo le notizie?

IL GIOVANE SPENCER    Quali notizie, mio si­gnore?

RE EDOARDO         Bene, amico, si parla di grandi ese­cuzioni fatte per tutto il regno. Mio       Lord Arundel, avete la lista, non è vero?

ARUNDEL    Del luogotenente della Torre, mio si­gnore.

RE EDOARDO         Prego, vediamola. (Prende la lista che gli porge Arundel.) Cosa dice qui?             Leggila, Spencer. (Dà la lista a Spencer, che legge i nomi.) Bene. Così. Abbaiavano          forte un mese fa. Ora, sul­la mia vita, né abbaieranno né morderanno. E dalla Francia,          ora, signori, che notizie? Glouce­ster, penso che i signori di Francia voglian tanto bene     all'oro inglese che Isabella di là non otterrà alcun aiuto. Che ci rimane ancora? Avete            

fatto ban­dire il proclama, signore, per una ricompensa a coloro che riusciranno a portarci Mortimer?

IL GIOVANE SPENCER    Certo, mio signore; e se è in Inghilterra l'avremo presto in mano,    non ho al­cun dubbio.

RE EDOARDO       Se, tu dici? Vero, Spencer, com'è vera la morte, è sul suolo inglese. I          Capitani dei nostri porti non sono così incuranti dell'ordine del loro re.

Entra un MESSAGGERO.

Che c'è dunque? Che notizie hai con te? Da dove vengono?

MESAGGERO   Lettere, mio signore, e notizie dal­la Francia. Per voi, Lord Gloucester, da        parte di Levune. (Dà delle lettere al giovane Spencer.)

EDOARDO   Leggi.

GIOVANE SPENCER   (leggendo) "Premessi i miei omaggi a vostro onore, ecc., io ho, in         accordo con le istruzioni in proposito, trattato coi signori del re di Francia ottenendo che             la Regina, afflitta da gran dolore e sconforto, se ne andasse; e, se volete sapere dove,   con Sir Giovanni di Hainault, fratello del Marchese, nelle Fiandre. Con loro sono andati           Lord Edmondo e Lord Mortimer, che avevano con sé diversa gente del vostro paese; e           co­me viene riferito con insistenza, essi intendono dar battaglia in Inghilterra a re Edoardo, più presto di quanto egli non s'aspetti. Queste son tutte le notizie che             interessavano. Sempre al servizio di vostro onore, Levune."

RE  EDOARDO   Ah, miserabili, quel Mortimer è scappato? E con lui ha fatto lega Edmondo?            

            E Sir Giovanni di Hainault guiderà la danza? Benvenu­ta, signora, nel nome di Dio, e      vostro figlio con voi! L'Inghilterra vi darà il benvenuto con tutta la vostra banda.            Galoppa veloce, lucente Febo, per le vie del cielo, e tu, buia notte, sul tuo rugginoso     carro di ferro, tutt'e due insieme, accorciate il tempo, vi prego, perché io possa vedere             quel giorno tanto agognato in cui incontreremo quei tra­ditori sul campo! E niente            m'addolora, se non fosse che il mio piccolo ragazzo s'è indotto in questo modo ad       aiutarli nei loro misfatti! Venite, amici, a Bristow, dove ci faremo forti; e voi, venti,   siate giusti a riportarli come foste ingiusti a condurli via! (Escono.)

SCENA QUARTA

Nei dintorni di Harwick

Entrano la REGINA ISABELLA, il PRINCIPE EDOARDO, KENT, IL GIOVANE MORTIMER, SIR GIOVAN­NI DI HAINAULT.

REGINA ISABELLA          Ora, signori, nostri affezio­nati amici e compatrioti, siate tutti         benvenuti in Inghilterra, coi venti favorevoli! Amici nostri ca­rissimi abbiamo lasciato in           Belgio, per incontrar­ci con amici in patria; caso duro, quando la forza s'oppone alla       forza e spada e daga nelle risse ci­vili fanno trucidare fra loro genti dello stesso san­gue e     dello stesso paese, che si fan trafiggere i fian­chi dalle loro armi stesse! Ma che rimedio             c'è? I re che non sanno governare son la causa di tutta questa rovina, e tu, Edoardo, sei   uno di quelli che con le tue dissolutezze hai esposto al saccheggio la tua terra, e hai fatto           traboccare le strade del sangue del tuo stesso popolo. Avresti dovuto es­serne il       protettore. Ma tu...

IL GIOVANE MORTIMER   No, signora, se volete essere un guerriero non dovete       appassionarvi tanto in discorsi cosi pieni di calore. Signori, giacché, con l'aiuto del           cielo, siamo arrivati, armati per il diritto di questo principe, qui giuriamo a lui per la       causa del nostro paese tutto l'omaggio, la fedeltà e l'ardi­mento; e per le ingiurie e i torti            manifesti che Edoardo ha fatto a noi, alla sua regina, al suo pae­se, noi veniamo in armi a             vendicarci con la spada in pugno affinché la regina d'Inghilterra possa ri­tornare   tranquillamente in possesso della sua di­gnità e dei suoi onori; e insieme possiamo          allonta­nare dal re questi adulatori che sperperano le ric­chezze e i tesori d'Inghilterra.

SIR GIOVANNI    Suonate le trombe, mio signore, avanti in marcia. Edoardo crederà che      andiamo adularlo.

KENT          Vorrei che non fosse mai stato adulato di più! (Escono.)

SCENA QUINTA

Nei dintorni di Bristow

Entrano il RE EDOARDO, BALDOCK e IL GIOVANE SPENCER.

GIOVANE SPENCER         Fuggite, fuggite, mio signore! La regina è troppo forte; i suoi         amici si moltiplicano e i vostri vi abbandonano. Dirigiamoci alla volta dell'Irlanda, per   riprendere laggiù po' di fiato.

EDOARDO                        E come, sono forse nato per fuggire via di corsa, lasciandomi dietro i       Mortimer conquistatori? Datemi il mio cavallo, e rinforziamo piuttosto le nostre truppe,   e moviamo con la ama alta in questa lotta d'onore.

BALDOCK Oh, no, mio signore! Questa risoluzione da principe non si adatta al caso nostro.             Via! mo inseguiti. (Escono.)

Entra KENT, con la spada e lo scudo.

KENT                         È fuggito da questa parte; ma sono arri­do troppo tardi. Edoardo, ahimè, il mio                cuore sente tenerezza per te! Superbo traditore d'un Mortimer, perché dai la caccia così            al tuo legitti­mo re, al tuo sovrano, con la spada in pugno? E perché tu, vile sciagurato, di     tutti il più crudele hai levato le armi contro il tuo fratello ed il tuo re? Piovi rovesci di vendetta, o Dio, sul capo mio maledetto, tu a cui per giustizia tocca il compito di punire         questa ribellione contro natura! Edoar­do, questo Mortimer punta diritto alla tua vita. Oh,             fuggilo dunque! Ma, Edmondo, calma questa rabbia; sappi, dissimulare, o morirai;          perché Mor­timer e Isabella si baciano, e intanto cospirano; eppure lei ha davvero una faccia da innamorata. Vergogna su quell'amore che cova morte e odio! Edmondo, via!    Bristow è infida al sangue di Longshank. Non ti far trovare solo: non devono avere   sospetti. Il superbo Mortimer spia da vicino i tuoi passi.

Entrano la REGINA ISABELLA, il PRINCIPE EDOAR­DO, il GIOVANE MORTIMER

e SIR GIOVANNI DI HAINAULT.

REGINA ISABELLA          Battaglia fortunata concede il Dio dei re a quelli che combattono per il diritto e temono la sua ira. Perciò, dato che siamo riu­sciti a prevalere con piena      fortuna, sia ringraziato il grande architetto del cielo, e voi con lui! E pri­ma di procedere            oltre, miei nobili Lords, noi creia­mo qui il nostro amatissimo figlio, per l'affetto e la           premura dovute alla sua regale persona, Lord Guardiano del regno; e poiché i Fati han            

            voluto suo padre tanto sventurato, voi miei signori com­portatevi in questo caso, ve ne     prego miei affe­zionati signori, nel modo che vi paia veramente il più adatto e il più           saggio.

KENT             Signora, posso chiedervi, senza offesa, come ­intendete comportarvi con               Edoardo, ora   che è caduto?

PRINCIPE EDOARDO       Ditemi, caro zio, quale ,Edoardo intendete?

KENT                                     Vostro padre, nipote mio. Io non oso chia­marlo re.

IL GIOVANE MORTIMER                        Mio Lord di Kent, che bisogno c'è di questa domanda?      Questo non dipen­de da lei, né da noi; ma come piacerà al regno e al Parlamento, così sarà disposto di vostro fratel­lo. (A parte, alla Regina) Non mi piace in Ed­mondo questa        faccenda d'intenerirsi: è bene ba­darci a tempo.

REGINA ISABELLA          Mio signore, il sindaco di Bri­stow sa quale sia l'animo nostro.

GIOVANE MORTIMER     Sì, signora; e non scam­pano facilmente quelli che son fuggiti

                                               sul campo.

REGINA ISABELLA          Baldock è col re. Un bel can­celliere, mio signore, non è vero?

SIR GIOVANNI                   E così sono gli Spencer, il padre te il figlio.

IL GIOVANE MORTIMER  Questo Edoardo è la rovina del regno.

Entrano RICE AP HOWEL e il SINDACO DI BRISTOW, con IL VECCHIO SPENCER prigioniero e gen­te del Seguito.

RICE AP HOWEL    Dio salvi la Regina Isabella e figlio il Principe! Signora, il Sindaco e i        cittadini di Bristow,  in segno d'amore e in omaggio a questa vostra presenza qui,           fanno   consegnare da me questo traditore dello Stato, Spencer, il padre di      quell'impudente Spencer che, come il Catilina romano uomo senza legge, fece baldoria             con le ricchezze e il tesoro d'Inghilterra.

REGINA ISABELLA                      Vi ringraziamo tutti.

IL GIOVANE MORTIMER                        La vostra amorevole sollecitudine in questa faccenda,         merita favori e ricompense principesche. Ma dove sono fuggiti il re e l'altro Spencer?

RICE AP HOWEL    Spencer figlio, creato conte di Gloucester, se n'è andato con quel letterato            dalla lingua moscia, quel Baldock, e s'è messo in mare col re proprio ora alla volta       dell'Irlanda.

IL GIOVANE MORTIMER   (a parte)  Qualche tur­bine di vento li ributti indietro, o li faccia   affon­dare tutti... Li scacceranno di là, non ne dubito.

PRINCIPE EDOARDO       Non rivedrò più il re mio padre?

KENT                         Sventurato Edoardo, bandito dai confini d'In­ghilterra.

SIR GIOVANNI       Signora, che c'è ancora? Perché state soprappensiero?

REGINA ISABELLA          Sono addolorata per la ma­la sorte del mio signore: ma, ahimè,        l'amore per il mio paese m'ha tirato in questa guerra!

IL GIOVANE MORTIMER                        Signora, sia finita con le preoccupazioni e la malinconia      dei lamenti: il vostro re ha fatto torto al suo paese e a se stesso, e noi dobbiamo cercare di raddrizzare le faccende possiamo. Intanto portate questo ribelle al ceppo.

IL VECCHIO SPENCER Ribelle è colui che combatte contro il principe. Quelli che han           combattuto i diritti d'Edoardo non han fatto così.

IL GIOVANE MORTIMER                        Portatelo via. Parla a vera. (Escono persone del Seguito      con il vecchio Spencer.)   Ehi, Rice ap Howel, renderete un n servizio a sua maestà,        considerata la vostra importanza qui in questo paese, inseguendo quei ribelli rinnegati.        Noi intanto, signora, dobbiamo prendere disposizioni perché Baldock, Spencer loro            complici vengano incalzati, ora che sono ti, fino a vederli morti. (Escono.)

SCENA SESTA

L'interno dell'Abbazia di Neath.

Entrano l’ABATE, i MONACI, il RE EDOARDO, IL GIO- SPENCER e BALDOCK (questiultimi tre tra­vestiti).

ABATE          Non abbiate dubbi, mio signore, e non abbiate timore. Saremo così silenziosi e     solleciti a tenere in salvo qui con noi la vostra reale persona, a da ogni sospetto e dal   barbaro inseguimento di chi s'è messo alla caccia di vostra maestà, ce la faremo a         custodire voi e questi compagni ­che avete scelto, come richiede il pericolo di i giorni   tempestosi.

EDOARDO     Padre, la tua faccia non dovrebbe nascondere alcun inganno. Oh, fossi tu            mai stato un re, il tuo cuore, trafitto fino in fondo dalla co­scienza acuta della mia            disgrazia, non potrebbe che avere pietà della mia condizione! Grande e su­perbo per     ricchezze e seguito, così io ero un tem­po, e potente, e pomposamente splendido: ma c'è'             qualcuno che il comando e l'impero non abbian reso miserabile in vita e in morte? Vieni Spen­cer, vieni Baldock, sedetevi accanto a me; da' ora prova, Baldock, di quella             filosofia che hai succhiato da Platone e Aristotele nelle nostre famose scuole           

            universitarie. Padre, questa vita contemplativa è il cielo: oh se potessi trascorrere questa vita in pace! Ma ahimè, sono a caccia di noi!, e di voi, ami­ci miei, perché essi vogliono       le vostre vite e il mio disonore. Ma voi, amabili monaci, non traditeci coi nostri         compagni per ricchezze o per oro, e nem­meno per altra ricompensa.

PRIMO MONACO               Vostra grazia può star sicura perché nessuno fuori di noi sa del                  vostro rifugio qui.

IL GIOVANE SPENCER    Nessuno al mondo: ma io ho forti sospetti su di un fosco                            individuo che ho visto in un prato qui sotto. C'è stato dietro con una lungo          occhiata, mio signore; e so che tutto il territorio s'è levato in armi, armi che inseguono           le nostre vite   con un odio mortale.

BALDOCK    C'eravamo imbarcati per l'Irlanda; ma per nostra sventura venti disordinati e una tem­pesta violenta ci han ributtati sulla spiaggia, e ora siam qui a penare per la paura di Mortimer e dei suoi alleati!

RE EDOARDO         Mortimer! Chi parla di Mortimer? Chi mi tormenta col nome di     Mortimer, di quel­l'uomo sanguinario? Buon padre, lasciami poggiare la testa sul tuo             grembo: pesa per tanto affanno. Oh, potessi non riaprire più questi occhi, né rialza­re più         questa testa accasciata dal dolore! Oh non rialzassi più nemmeno questo cuore che sta   mo­rendo!

GIOVANE SPENCER         Tiratevi su, mio signore. Baldock, questo torpore non mi ispira      niente di buono. Siamo traditi anche qui.

Entrano, con alcuni GALLESI armati di falci, RICE AP HOWEL, un MIETITORE e LEICESTER .

MIETITORE              Sulla mia vita, questi sono gli uomi­ni che cercate.

RICE AP HOWEL    Buon uomo, basta. Mio signore, vi prego, fate presto. Un mandato            preciso garantisce quel che facciamo.

LEICESTER              II mandato della regina, sollecitato da Mortimer. Cosa non può il galante             Mortimer con la regina? Ahimè, guardate dove lui sta seduto, e spera di non essere visto            e scappare dalle mani che cercano di rubargli la vita! Troppo vero è quel detto:

Quem dies vidit veniens superbum.

Hunc dies vidit fugiens jacentem .

            Ma, Leicester, abbandona tutta questa compassione.  Spencer e Baldock, e non   occorrono altri no­mi, io qui vi arresto per alto tradimento. Non badate ai titoli, e           obbedite piuttosto all'arresto: è nel nome della regina Isabella. Mio signore, perché             potete. così accasciato?

RE EDOARDO         Oh, giorno, l'ultimo di ogni mia beatitudine in terra! culmine di tutte le     mie disgrazie! Oh, mie stelle, perché guardate accigliate e ma­ligne un re? Vieni dunque,        Leicester, nel nome di Isabella, per prendermi la vita e dividermi dai compagni? Qui,    uomo, aprimi questo petto colmo d'affanno e prendi il mio cuore in cambio dei miei      amici.

RICE AP HOWEL    Via loro!

IL GIOVANE SPENCER    Dovresti tuttavia lasciar­ci dare l'addio a sua grazia.

ABATE  (a parte)      Il mio cuore si strugge per la pietà a questa vista: un re che deve    sopportare pa­role e comandi altezzosi come questi!

RE EDOARDO         Spencer, ah, dolce Spencer, cosi, al­lora, dobbiamo separarci?

IL GIOVANE SPENCER    Dobbiamo, mio signore. Così vuole il cielo Irato.

RE EDOARDO         No, vuole così l'inferno, e il crude­le Mortimer. Il cielo benevolo non ha     niente a che fare in questo.

BALDOCK    Mio signore, è vano addolorarci o infuriarci. Prendiamo congedo umilmente da   vostra grazia. La nostra sorte è segnata; e temo anche la tua.

RE EDOARDO         Può darsi che c'incontreremo in cie­lo, in terra mai più. E dimmi,     Leicester, che ne sarà di noi?

LEICESTER             Vostra maestà deve andare a Killingworth.

RE EDOARDO         Deve! È piuttosto duro quando un re deve andare.

LEICESTER              C'è qui una lettiga pronta per vostra a. Aspetta a piacer vostro, e il giorno                         sifa vecchio.

RICE AP HOWEL    È meglio affrettarsi ad andare rimanere ed essere sorpresi dalla notte.

RE EDOARDO         Una lettiga hai? Mettetemi in una bara, e portatemi di qui fino alle porte

            dell'inferno! Lasciate che le campane di Plutone suonino per i rintocchi fatali, e le Furie urlino per la mia morte sulle rive di Caronte; perché Edoardo non ha più altri amici che       questi; e questi qui devono morire sotto la spada d'un tiranno.

RICE AP HOWEL    Mio signore, bisogna affrettasi ad andare. E non vi affannate per questi    qui, che li vedremo scorciati della testa.

RE EDOARDO         Bene, questo sarà, sarà questo. Dobbiamo separarci. Dolce Spencer,          nobile Baldock, dobbiamo separarci. Via questi abiti falsi. Non o false le mie pene. (Si       spoglia del travestimento). Padre, addio. Leicester, tu stai qui per me; e andare io debbo.       Vita, addio, e voi amici miei! (Escono Re Edoardo e Leicester.)

GIOVANE SPENCER         Oh, è andato? Il nobile Edoardo è andato? Partito di qui, per non rivederci mai più? Squarciati, sfera del cielo! E tu, sfera fuoco, abbandona la tua orbita!        Terra, dissolviti nell'aria! Se n'è andato il mio re, andato, andato ohimè, per non          ritornare più mai!

BALDOCK    Spencer, vedo che le nostre anime stanno andandosene di qui in fretta. Noi          siamo privati del sole della nostra vita. Preparati a una nuova vita, uomo; alza su gli        occhi, e il cuore, e le mani al trono immortale del cielo; paga il debito di  natura con     viso lieto: riduciamo tutte le nostre lezioni a questo, a morire, dolce Spencer, perché è a        questo             fine che tutti noi viviamo. Spencer, tutti vivono per morire, e s'innalzano per             cadere.

RICE AP HOWEL    Andiamo, andiamo, serbate que­ste prediche per quando sarete giunti al    luogo fissato. Voi, e la gente come voi, avete fatto un la­voro davvero saggio in Inghilterra. Vogliono le lo­ro signorie venir via?

MIETITORE              Mi auguro che vostra signoria si ri­corderà di me.

RICE AP HOWEL    Ricordarmi di te, buon uomo! E come no? Seguimi in città. (Escono.)

ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Nel castello di Killingworth.

Entrano il RE EDOARDO, LEICESTER, il VESCOVO DI WINCHESTER eTRUSSEL

LEICESTER Abbiate pazienza, mio buon signore non vi lamentate più. Immaginate che il        castello di lo di Killingworth sia la vostra corte, e che voi dobbiate abitare un po' qui per   vostro piacere non per esservi costretto, o per necessità.

RE  EDOARDO        Leicester, se le parole gentili potessero confortarmi, già da molto le tue                 avrebbero fatto cessare i miei affanni, poiché gentile e amoroso tu sei sempre stato. I           

            dolori della gente comune son presto alleviati, ma quelli dei re no. Il cervo della foresta,

            quand'è colpito, corre un'erba che rimargina le ferite; ma quando sono trafitte le carni      del leone imperiale, lui le strappa e le squarcia con la sua zampa furibonda d'ira, e         altamente spregiando che la terra volgare debba bere il suo sangue, si leva alto nel­la: e           così succede a me e alla mia anima intrepida che l'ambizioso Mortimer vorrebbe riuscire         a domare, e quella regina snaturata, quella bella bugiarda, che m'ha confinato e    rinchiuso così in prigione; perché questi patimenti oltrag­giosi mi saziano tanto l'anima     che con le ali del rancore e del disdegno mi levo spesso a volo su al cielo, a lamentarmi   con gli dèi di tutti e due loro. Ma quando mi torna alla mente che sono un re, mi pare che dovrei vendicarmi dei torti che Mortimer e Isabella m'hanno fatto. Ma cosa sono i    re, quand'è perso il potere, se non pura ombra in una giornata di sole? I miei nobili      governano loro, e io porto il nome di re. Porto la corona; ma sono controllato da loro, da      Mortimer, dalla mia regina infedele, che mi sporca d'infamia il letto nuziale; mentre   m'han concesso un alloggio in questa spelonca di pene, dove l'angoscia mi sta costante    al fianco, per accompagnare il mio cuore con lamenti tristi, e il cuore dentro mi        sanguina per questo raro scambio. Ma dimmi, deb­bo io ora rassegnare la mia corona per          fare re Mortimer usurpatore?

VESCOVO DI WINCHESTER Vostra grazia si sba­glia. È per il bene dell'Inghilterra, e per i     diritti del principe Edoardo, che noi reclamiamo la corona.

RE EDOARDO         No, è per Mortimer, e non per il capo di Edoardo; perché lui è un agnello,            stret­to da lupi, che in breve gli scorceranno la vita. Ma se l'arrogante Mortimer riuscirà a      portare questa corona, il cielo gliela muti in una fiamma di fuoco inestinguibile! o, come            la chioma di ser­pi di Tisifone, cinga le tempia della 'sua testa odiosa! Così la vita        d'Inghilterra non perirà, e il nome di Edoardo sopravviverà anche se Edoar­do muore.

LEICESTER              Mio signore, perché sciupate così il vostro tempo? Aspettano la vostra      risposta. Vole­te cedere la corona?

RE EDOARDO         Ah, Leicester, pensa quanto sia dover sopportare di perder la corona e il o            senza una ragione; cedere i miei diritti a St'ambizioso Mortimer, che, come una         montagna mi schiaccia la felicità; e da questa estrema sventura l'anima mia è           assassinata! Ma devo obbedire a quello che il cielo ha stabilito. Ecco, pren­dila mia    corona; e anche la vita di Edoardo. (Togliendosi la corona) In Inghilterra non possono    regnare due re in una volta. Ma aspetta ancora po', lasciami essere re fino a stasera,      perché possa fissare questa corona splendente. I miei occhi così riceveranno la loro      

            ultima gioia, e il mio capo l'ultimo onore che gli è dovuto, e tutti e due insieme   

            rinunzieranno al loro bramato diritto. Dura tu eterno, o sole celeste; fa che la silenziosa   notte non s'impadronisca mai di queste contrade. Fermatevi voi tutti, sentinelle degli           elementi, e voi tempi e stagioni, perché Edoardo possa !restare ancora re della bella Inghilterra! Ma la luce del giorno fugge via rapida, e io devo rinunziare alla mia corona      agognata. Creature disumane, nutrite col latte di tigre, perché aspettate con tanta             bramosia la rovina del vostro sovrano? Del mio diadema, intendo, e della mia vita senza             colpa. Guardate, mostri, guardate! Io la corona me la rimetterò. (Si rimette la corona). E            come, non te avete paura della furia del vostro re? Ma ti compor­ti come un pazzo,     Edoardo infelice, non importa più niente a loro della tua disgrazia, come facevano       prima, e cercano soltanto di riuscire a eleggere un altro re. Questo mi riempie l'animo di             strani pensieri disperati, pensieri che subiscono, il martirio di tormenti senza fine; e in      questi tormenti non provo più alcun conforto, se non questo, di sentirmi la corona sul   capo; e perciò lasciatemela portare ancora un poco.

TRUSSEL      Mio signore, il Parlamento vuole ave­re la notizia subito. Perciò dite, volete           rinunziare o no al trono?

RE EDOARDO         Non ci rinuncerò, e sarò re fin­ché vivo. Traditori, andatevene di qui, e      unitevi a Mortimer! Eleggete, cospirate, distribuite cari­che, fate quello che volete. Il    loro e il vostro san­gue suggellerà questi tradimenti.

VESCOVO DI WINCHESTER       Riferiremo questa risposta; e ora addio. (Si avvia ad uscire             con Trussel.)

LEICESTER              Richiamateli, mio signore, e parlate­gli con gentilezza; perché se vanno      via il princi­pe perderà i suoi diritti.

RE EDOARDO         Chiamali indietro tu. Io non ho la forza di parlare.

LEICESTER              Mio signore, il re è disposto ad ab­dicare.

VESCOVO DI WINCHESTER       Se non lo fosse, la­sciate scegliere a lui.

RE EDOARDO         Oh, vorrei poterlo! Ma cielo e ter­ra cospirano per rendermi un miserabile. Ecco, ricevi la mia corona. Riceverla? No, queste mie mani innocenti non si renderanno         colpevoli di un crimine così vergognoso. Quello di voi che più brama il mio sangue, e            che vuol farsi chiamare l'assassino d'un re, la prenda lui. E che? Siete commossi? Avete          pietà di me? Mandate a chia­mare allora l'inesorabile Mortimer, e Isabella, e i loro occhi,             che son diventati d'acciaio, faran più presto a mandar faville di fuoco che a versare

            lacrima. Ma restate. Piuttosto che doverli vedere ancora, ecco qui! (Consegna la corona) E dolce Dio del cielo, fammi disprezzare questa pompa passeggera, e sedere          

            per sempre sopra un trono in cielo! Vieni, morte, e chiudimi occhi con le tue dita, o, se    devo vivere, lasciami dimenticare me stesso!

VESCOVO DI WINCHESTER Mio signore...

EDOARDO   Non chiamarmi signore. Via, leva­ti davanti ai miei occhi! Ah, perdonatemi! Il      do­lore mi fa diventare pazzo. Non permettete a Mortimer di proteggere mio figlio: c'è più sicurezza fra le fauci di una tigre che nei suoi abbracci. Portate questo alla regina (gli porge un fazzoletto), bagnato dalle mie lacrime, e asciugato di nuovo coi sospiri; e    se non sarà commossa da questa vista, riportatemelo indietro, e tingetelo nel mio             sangue. Raccomandatemi a mio figlio, e ditegli ; che governi meglio di me. Eppure, in      che ho pec­cato io, se non per troppa clemenza?

TRUSSEL                  E così, molto umilmente, noi prendia­mo congedo.

EDOARDO               Addio. (Escono il Vescovo di Win­chester e Trussel con la corona.) So       che le prime notizie che porteranno saranno della mia, morte; e saranno le ben venute. Per uno sventu­rato la morte è la felicità.

LEICESTER            Un altro messaggero! Che notizie porta?

Entra BERKELEY,    che consegna un foglio a Leice­ster.

RE EDOARDO         Son le notizie che aspetto. Vieni, Berkeley, vieni, e riferisci il tuo messaggio sul mio petto ignudo.

BERKELEY Mio signore, non credere che un pro­posito così villano possa albergare in uomo    di no­bili natali. Per rendere un servizio à vostra al­tezza, e per salvarvi dai vostri nemici,          Berkeley sarebbe pronto a morire.

LEICESTER              Mio signore, il consiglio della regi­na ordina che io rassegni la mia carica.

RE EDOARDO         E chi deve custodirmi ora? Dovete farlo voi, mio signore?

BERKELEY              Sì, mio grazioso signore. È stato stabi­lito così.

RE EDOARDO  (prendendo il foglio)     Da Mortimer, il cui nome è scritto qui! Ebbene, potrò strappare questo nome che mi strappa il cuore. (Lo strap­pa.) Questa povera vendetta          m'ha sollevato un po' il cuore. Possano essere le sue membra lacerate come questo   foglio! Ascoltami, Giove immortale, e concedimi anche questo!

BERKELEY              Vostra grazia deve venire subito a Berkeley.

RE EDOARDO         Dove volete: tutti i posti sono ugua­li e qualsiasi terra va bene per una        sepoltura.

LEICESTER              Favoritelo, mio signore, per tutto quanto sta in voi.

BERKELEY              Trattino così la mia anima, come io tratterò lui!

RE EDOARDO         II mio nemico ha avuto pietà della condizione, e questa è la causa per cui             ora mi portan via di qui.

BERKELEY              E pensa vostra grazia che Berkeley sarà crudele?

RE EDOARDO         Io non so. Ma sono certo di questo, la morte è la fine di tutto, e io posso   morire n volta sola. Leicester, addio.

LEICESTER              Non ancora, signore, vi accompagnerò lungo la vostra strada. (Escono.)

SCENA SECONDA

Un appartamento nel palazzo reale di Londra.

Entrano la REGINA ISABELLA e IL GIOVANE MORTIMER

IL GIOVANE MORTIMER                        Dolce Isabella, abbiamo realizzato il nostro desiderio; i       superbi corruttori d’un re dal cervello vuoto han fatto il loro omag­gio sull'alto delle          forche, e lui stesso giace in pri­gionia. Ma lasciatevi governare da me, e noi            governeremo il regno. In ogni caso, state in guardia contro le paure infantili, perché noi

            ora teniamo un vecchio lupo per le orecchie, e se ci scappa ci acchiapperà tutti e due, e    agguanterà forte il feritore, essendo già stato  agguantato lui. Pensate perciò, signora,            che è cosa molto importante mettere sul trono vostro figlio al più presto possibile; e fare       in modo che io sia il suo protettore: perché ricaveremo il massimo vantaggio e il più alto             prestigio quando potremo firmare col nome d'un re.

REGINA ISABELLA          Dolce Mortimer, vita d'Isa­bella, persuaditi pure che io ti amo                                tanto; e che perciò, purché il principe mio figlio, che ho più caro di questi occhi                          miei, sia salvo, decidi quéllo che vuoi contro suo padre e io stessa sottoscriverò                          volentieri le tue decisioni.

IL GIOVANE MORTIMER                        Prima vorrei avere la notizia che è stato deposto, e poi        lasciami pure so­lo a sbrigarmela con lui.

Entra un MESSAGGERO

            Delle lettere! Da dove?

MESSAGGERO                    Da Killingworth, mio signore.

REGINA ISABELLA          Come sta il re mio signore?

MESSAGGERO                   In buona salute, signora, ma pieno di tristezza.

REGINA ISABELLA          Ahimè, povera anima, potes­si alleviargli il dolore!

Entra il VESCOVO DI WINCHESTER con la corona.

            Grazie, nobile Winchester. (Al messaggero) Tu vattene. (Il messaggero esce.)

VESCOVO DI WINCHESTER       II re ha rinunziato volontariamente alla corona.

REGINA ISABELLA                      Oh, felice notizia! Andate a cercare il principe mio figlio.

VESCOVO DI WINCHESTER       In seguito, prima questa lettera fosse suggellata, venne       Lord Berkeley, così lui ora è andato via da Killingworth, e abbiamo sentito dire che     Edmondo organizzava un complotto per liberare suo fratello. Non più di questo. Lord            Berkeley è così facile a impietosirsi, come Leicester, che aveva avuto prima l'incarico di       custodirlo.

REGINA ISABELLA           Allora facciamo in modo che il suo guardiano sia un altro.

GIOVANE MORTIMER     Lasciate fare a me. Ho qui il sigillo privato. (Esce il Vescovo di     Winche­ster.) Chi c'è laggiù? (Agli uomini del Seguito che sono dentro) Fate venire qui

            Gurney e Matrevis. Per rompere la trama di quel pazzo Edmondo, toglieremo l’incarico a Berkeley, sposteremo il re altrove, e nessuno fuori di noi saprà dove si trova.

REGINA ISABELLA          Ma finché vive, Mortimer, sicurezza c'è per noi e per mio figlio?

GIOVANE MORTIMER     Parla, dobbiamo sbarazzarcene e farlo morire subito?

REGINA ISABELLA          Lo vorrei proprio, purché io non c'entrassi per niente!

Entrano MATREVIS e GURNEY

GIOVANE MORTIMER     Ho capito. Matrevis, scrivi subito una lettera da parte nostra a        Lord Berkeley, perché consegni il re a te e a Gurney; quando sarà pronta la firmeremo      col nostro nome.

MATREVIS               Sarà pronta subito, signore. (Scrive)

IL GIOVANE MORTIMER                        Gurney.

GURNEY                                         Mio signore?

IL GIOVANE MORTIMER                        Se hai intenzione di ar­rivare in alto per mezzo di     Mortimer, che ora fa girare a suo piacere la ruota della fortuna, studia tutti i mezzi che   puoi perché si consumi a patire, e non avere per lui parole gentili né occhio bene­volo.

GURNEY      Vi do la mia garanzia, mio signore.

IL GIOVANE MORTIMER                        E soprattutto questo: dato che abbiamo saputo che Edmondo s'è butta­to giù con impegno per liberarlo, spostatelo con­tinuamente da un       posto all'altro, di notte, finché alla fine arrivi a Killingworth, e di lì poi di nuo­vo indietro    a Berkeley; intanto, per farlo smania­re sempre di più, parlagli in modo aspro; e non    permettere in nessun caso che qualcuno lo confor­ti, se succede che pianga, e anzi            accrescigli il do­lore con parole amare.

MATREVIS               Non temete, mio signore, faremo co­me ci ordinate.

IL GIOVANE MORTIMER                        Sù, ora vai! Corri pre­sto laggiù, e sii energico.

REGINA ISABELLA          Dove va questa lettera? Al re mio signore? Raccomandatemi         umilmente a sua maestà, e ditegli che io mi sto adoprando, sem­pre invano, per alleviare      il suo dolore e impegnar­mi a liberarlo; e portategli questo (gli dà l'anello) come prova

            del nostro amore.

MATREVIS               Lo farò, signora. (Esce con Gurney).

IL GIOVANE MORTIMER                        Sapete fingere in modo finissimo! Fate "sempre così,          dolce regina. Arriva ora il giovane principe col conte di Kent.

REGINA ISABELLA          Sussurra qualcosa al suo orecchio di fanciullo.

IL GIOVANE MORTIMER                        Se ha un modo così per accostarsi al principe, gli intrighi e gli strattagemmi nostri saranno spezzati presto.

REGINA ISABELLA          Tratta Edmondo da amico, come se tutto andasse bene.

Entrano il PRINCIPE EDOARDO e KENT, che sta par­lando con lui.

GIOVANE MORTIMER     Come sta il mio onorevole Lord di Kent?

KENT                         In salute, caro Mortimer. E come sta vostra grazia?

REGINA ISABELLA          Bene, se il mio signore vostro fratello fosse rimesso in libertà.

KENT            Ho saputo ora che ha abdicato.

REGINA ISABELLA                      È questo che mi addolora di più.

IL GIOVANE MORTIMER                        E anche me.

KENT       (a parte)                            Ah, fingono bene!

REGINA ISABELLA                      Dolce figliolo, vieni qui vicino.  Devo parlare con te.

IL GIOVANE MORTIMER                        A voi, essendo suo zio, e il più vicino per sangue, spetterà il compito d'es­sere il protettore del principe.

KENT                         A me no, mio signore. Chi dovrebbe proteggere il figlio, se non colei che gli ha    dato la vita? Intendo la regina.

PRINCIPE EDOARDO       Madre, non mi convincere a farmi portare la corona. Che sia re      lui. Io sono troppo giovane per regnare.

REGINA ISABELLA          Ma devi essere contento, perché questo è il piacere di sua   altezza.

PRINCIPE EDOARDO       Lasciatemelo soltanto ve­dere prima, e poi lo sarò.

KENT                         Bene, diletto nipote, fai così.

REGINA ISABELLA          Fratello, sapete che è impos­sibile.

PRINCIPE EDOARDO       Perché? È morto?

REGINA ISABELLA          No, Dio non voglia!

KENT                                                Vorrei che queste parole vi venissero dal cuore!

IL GIOVANE MORTIMER                        Incostante Edmondo, hai queste premure per lui tu, che sei            stato una delle cause del suo imprigionamento?

KENT                         E più ragione ho ora di farne ammenda.

IL GIOVANE MORTIMER     Io ti dico che non con­viene che lino così falso debba stare         attorno alla persona d'un principe. Mia signora, egli ha tradi­to il re suo fratello, perciò non dovete fidarvi di lui.

PRINCIPE EDOARDO       Ma se n'è pentito, e ne ava ora dolore.

REGINA ISABELLA          Vieni, figlio, vieni con me e questo nobile Lord.

INCIPE EDOARDO                        Vengo con voi, ma non con Mortimer.

IL GIOVANE MORTIMER                       Perché, giovanotto, hai un disprezzo così per Mortimer?

            Ti porterò via on la forza, allora.

PRINCIPE EDOARDO       Aiuto, zio Kent! Mortimer vuol farmi male.

REGINA ISABELLA          Fratello Edmondo, non ti intromettere; noi siamo i suoi amici; e     Isabella gli è più vicina del conte di Kent.

KENT                         Sorella, Edoardo l'ho in custodia io. Resti­tuiscimelo.

REGINA ISABELLA          Edoardo è mio figlio, e lo terrò io.

KENT (a parte)          Mortimer s'accorgerà che m'ha offeso. Di qui andrò in fretta al castello di             Killingworth, e salverò il vecchio Edoardo dai suoi nemici per potermi vendicare di       Mortimer e di te. (Da una parte' escono la Regina Isabella, il Principe Edoardo e il       giovane Mortimer; dall'altra Kent.

SCENA TERZA

Davanti al castello di Killingworth.

Entrano MATREVIS e GURNEY con i soldati e il RE EDOARDO.

MATREVIS         Mio signore, non state in pensiero; noi siamo vostri amici. Gli uomini son destinati a vivere in miseria. Perciò venite; tenerezze e indu­gi * ci mettono in             pericolo la vita.

RE EDOARDO         Amici, dove deve andare lo sven­turato Edoardo? Quell'odioso Mortimer non ci concede mai una sosta? Debbo io essere tormen­tato come l'uccello della notte, la       cui vista è abor­rita da tutti gli uccelli? Quando si placherà la fu­ria dell'animo suo?           Quando il suo cuore sarà sa­zio di sangue? Se deve servire il" mio, squarciate subito      questo petto, e date il mio cuore a lui e a Isabella. È la mira più alta a cui essi tendono.

GURNEY      No, mio sovrano: la regina ci ha affidato l'incarico di badare alla sicurezza di      vostra gra­zia. Sono le vostre esaltazioni che vi fan crescere i dolori.

RE EDOARDO         È questo trattamento che fa cresce­re la mia sofferenza. E queste aure        vitali posson durare a lungo se tutti i miei sensi sono tormen­tati dal fetore? Dentro un sotterraneo è imprigio­nato il re d'Inghilterra dove io sto a morir di fa­me per mancanza           di cibo. La mia dieta giornalie­ra è di singhiozzi che rompono il cuore, che qua­si mi             strappano la carne dove il cuore, è rinchiu­so; e così vive il vecchio Edoardo, senza          confor­to da nessuno, e così deve morire, anche se com­miserato da tanti. Oh, un po'         d'acqua, gentili amici per calmarmi la sete, e per ripulir il corpo dallo sconcio degli       escrementi!

MATREVIS      C'è l'acqua della gronda, secondo l'or­dine che ci hanno dato. Sedetevi, perché             dovremo fare da barbieri a vostra grazia.

EDOARDO     Traditori, via! E che volete, assassinarmi, o affogare il vostro sovrano con          acqua di fosso?

GURNEY      No, ma lavarvici il viso, e radervi la barba perché non siate riconosciuto ed           essere così liberato.

MATREVIS               Perché vi dibattete così? La vostra fatica è vana.

RE EDOARDO         Un passero può lottare contro la forza d'un leone, ma tutto è inutile, come            è inutile per me lottare e cercar di trovare misericordia nelle mani di un tiranno. (Essi lo           lavano con acqua di fosso e gli radono la barba). Potenze immo­rtali, che sapete quali         dolorosi affanni accompagnano questa povera mia anima desolata, oh abbassate i vostri           sguardi su questi uomini temerari che oltraggiano il loro signore e sovrano, il re            

            d'Inghilterra! Oh, Gaveston, è per te che io patisco queste offese! E per me tu e tutti e    due gli Spencer moriste! E per amore di voi ho dovuto subire migliaia di oltraggi! Gli        spettri degli Spencer, ovunque si trovino, augurano bene alla mia ombra. E allora via, via, io morirò per loro.

MATREVIS   Fra le loro ombre e la vostra non ci saranno ostilità. Sù, sù, andiamo! E spegnete le torce, ora. A Killingworth ci entreremo al buio.

            GURNEY Cosa c'è? Chi sta venendo qui?

Entra KENT.

MATREVIS               Sta' bene attento al re. È il conte di Kent.

RE EDOARDO         Oh, nobile fratello, aiutami a libe­rarmi!

MATREVIS               Tienili separati. Spingi dentro il re.

KENT                         Soldati, lasciate che gli dica una parola sol­tanto.

GURNEY                  Mettete le mani addosso al conte, ci vuo­le aggredire.

KENT                                    Mettete giù le armi, traditori! Consegnate­mi il re!

MATREVIS               Consegnati tu stesso, Edmondo, altri­menti morirai.

KENT                                    Vili furfanti, come osate tenermi in questo modo?

GURNEY                  Legatelo, e portatelo così alla corte.

KENT                                    Dov'è la corte, se non è qui? Qui c'è il re, e io voglio parlargli. Perché mi                                       trattenete?

MATREVIS               La corte è dove sta Lord Mortimer. Vostro onore deve andare là. E con    questo, addio. (Escono Matrevis e Gurney con il Re Edoardo.)

KENT                         Oh, quant'è misero quello stato in cui i si­gnori tengon corte e i re vengon chiusi    in prigione!

PRIMO SOLDATO    Perché stiamo qui? avanti, si­gnori, alla corte!

KENT                         Sì, portatemi dove volete, magari alla mor­te, visto che mio fratello non può          essere liberato.     (Escono.)

SCENA QUARTA

Nel palazzo reale, a Londra.

Entra IL GIOVANE MORTIMER.

ILGIOVANE MORTIMER                         II re deve morire, o Mortimer è finito. Il popolo ora            comincia ad avere pietà di lui: e certo chi è la causa della morte di Edoardo la pagherà            

            quando il figlio sarà adulto, Perciò devo agire con astuzia. Questa lettera, scritta da uno dei nostri amici, contiene la sua morte, e insieme ordina a loro di salvargli la vita     (Legge). "Edwardum occidere nolite timere, bonum est.” "Non temete d'uccider il re, è    bene che muoia." Ma leggetelo così, e il senso è un altro: "Edwardum occidere nolite, timere bonum”. "Non uccidete il re, è bene temere il peggio." Senza punteggiatura           com'è, andrà così che quando sarà morto, se capiterà di trovarla, Matrevis e gli altri ne    porteranno la colpa, e andremo assolti noi, che ne siamo stati la causa. In quella stanza è          chiuso il messaggero che la porterà, e compirà il resto; e per un segnale segreto che      porta, verrà ammazzato quando la cosa sia eseguita, Linghtborn, vieni avanti!

Entra UGHTBORN.

Sei risoluto ancora com'eri?

LIGHTBORN            E come no, mio signore? Risoluto ancora di più.

IL GIOVANE MORTIMER                 E hai pensato al mondo in cui sistemare la faccenda?

LIGHTBORN                       Sì, certo; e nessuno saprà com'è morto.

IL GIOVANE MORTIMER                        Ma quando ti guarderà, Lightborn, ti verrà compassione.

LIGHTBORN            Compassione! Ah, ah! Ce ne vuole per intenerirmi!

IL GIOVANE MORTIMER                        Bene, fai tutto da bra­vo, e sii segreto.

LIGHTBORN            Non c'è bisogno che mi diate istru­zioni. Non è la prima volta che   ammazzo un uomo. Ho imparato a Napoli ad avvelenare i fiori a strangolare con della        tela ficcata giù in gola, a fo­rar la trachea con una punta d'ago o a pigliare una piuma,   mentre uno è addormentato, e soffiar­gli un po' di polverina nelle orecchie, o aprirgli la         bocca e versargli dentro l'argento vivo. Ma que­sta volta ho un mezzo ancora più buono.

IL GIOVANE MORTIMER                        Quale?

LIGHTBORN                       No, e mi dovete perdonare. Nessuno saprà il mio trucco.

IL GIOVANE MORTIMER                        Non m'importa di sa­perlo, purché non venga scoperto. (Gli            dà la let­tera.) Consegna questa a Gurney e Matrevis. Ogni dieci miglia avrai un cavallo.           Prendi questo. (Gli dà del danaro.) Ed ora via, e non tornare più da me!

LIGHTBORN            No?

IL GIOVANE MORTIMER                        No. A meno che tu non mi porti la notizia della morte di    Edoardo.

LIGHTBORN            È quello che farò presto. Addio, mio signore. (Esce.)

IL GIOVANE MORTIMER                        II principe io lo governo, la regina la comando, e con          inchini che li piegano fino in terra i signori più superbi mi salutano quando passo. Io      sigillo, io annullo, io faccio quello che voglio. Sono più temuto che amato; e sia pure          temuto; e che tutta la corte impallidisca quando agrotto le ciglia. Io guardo il principe   con gli occhi d'Aristarco, i cui sguardi erano come una fru­stata per i ragazzi. Essi             addossano a me il protettorato, e mi supplicano proprio di quello che io desidero.            Quando sono al tavolo del consiglio, sufficientemente grave, e in tutto uguale a un            puritano pieno di verecondia, prima mi dolgo della mia pochezza, dichiarando che è un       onus quam gravissimum, e poi, interrotto dai miei amici, suscepi quella provinciam,      come loro dicono e in conclusione, io ora sono il Protettore. Ora tutto è a posto. La         regina e Mortimer governeranno il regno, il re; nessuno governerà noi. Castigherò i miei             nemici, e leverò gli amici in alto. Chi oserà venirmi a controllare in quello che    comanderò? "Maior sum quam cui possit fortuna nocere"; e che questo sia il giorno     dell'incoronazione, come appunto piace a me e alla regina Isabella. (Squilli di trom­be             dall'interno.) Squillano le trombe. Devo andare a prendere il mio posto.

Entrano ilRE EDOARDO III, la REGINA ISABELLA, l’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY, il CAMPIONE e nobili.

ARCIVESCOVO DI CANTERBURY       Lunga vita a re Edoardo, per grazia di Dio, re          d'Inghilterra e Signore d'Irlanda!

CAMPIONE              Se qualche Cristiano, o Pagano, o Turco, o Ebreo, osa soltanto affermare che Edoardo non è il vero re, e vuol sostenere le sue parole con la spada, io sono il         Campione che combatterà con lui.

IL GIOVANE MORTIMER            Nessuno si presenta. Suonate le trombe! (Squilli di trombe.)

RE EDOARDO III               Campione, ecco per te. (Gli dà una borsa.)

REGINA ISABELLA          Lord Mortimer, ora prende­telo in custodia voi.

EntranoSOLDATI e KENT prigioniero.

IL GIOVANE MORTIMER             Che traditore abbiamo noi qui tra spade ed alabarde?

PRIMO SOLDATO               Edmondo, conte di Kent.

RE EDOARDO III               Cosa ha fatto?

PRIMO SOLDATO              Voleva portar via il re con la forza, mentre noi lo conducevamo a Killingworth.

IL GIOVANE MORTIMER                        Cercaste di liberarlo, Edmondo? Parlate.

KENT             Mortimer, sì. Lui è il nostro re, e hai costret­to tu questo principe a portare la                    corona.

IL GIOVANE MORTIMER                        Tagliategli la testa. Su­birà la legge marziale.

KENT                         Tagliarmi la testa! Vile traditore, io ti sfido!

RE EDOARDO III               È mio zio, signore, e deve vivere.

GIOVANE MORTIMER     È vostro nemico, mio signore, e deve morire.

KENT                         Fermatevi, miserabili!

RE EDOARDO III   Dolce madre, se non possoperdonarlo, supplica il mio Lord Protettore      che gli risparmi la vita.

REGINA ISABELLA          Figliolo, stai calmo. Io non Naso dire una parola.    

RE EDOARDO III               Nemmeno io: eppure penso che dovrei comandare. Dato che però non posso, pre­gherò per lui... Mio signore, se voi lascerete vivo mio zio, io ve ne            ricompenserò quando arriverò alla maggiore età.

ILGIOVANE MORTIMER                        È per il bene di vostra altezza, e per quello del regno.          Quante volte devo ordinare di portarlo via di qui?

KENT                         Sei tu il re? Devo morire per ordine tuo?

IL GIOVANE MORTIMER                        Per ordine nostro. Ancora una volta, portatelo via!

KENT                         Lasciatemi stare qui e fatemi parlare. Io non me ne andrò. O mio fratello o suo     figlio, uno di loro è il re, e nessuno dei due ha sete del san­gue di Edmondo. E dunque,             soldati, dove volete trascinarmi? (I soldati trascinano via Kent, e lo portano alla            decapitazione.)

RE EDOARDO III               Che sicurezza posso io aspet­tarmi dalle sue mani, se mio zio           viene assassina­to così?

REGINA ISABELLA          Non temere, diletto ragazzo, io ti guarderò dai tuoi nemici. Se       Edmondo fosse vissuto, avrebbe cercato di farti morire. Vieni, fi­gliolo, andremo a             caccia a cavallo nel parco.

RE EDOARDO III               E mio zio Edmondo verrà a ca­vallo con noi?

REGINA ISABELLA          È un traditore. Non pènsare a lui. Vieni. (Escono.)

SCENA QUINTA

Una stanza nel castello di Berkeley.

Entrano MATREVIS e GURNEY.

MATREVIS               Gurney, mi meraviglio come il re non muoia, a stare in un sotterraneo        con l'acqua fino alle ginocchia, dove corrono le fogne del castello, e dove s'alzano        continue esalazioni, tali che baste­rebbero ad avvelenare qualsiasi uomo, e tanto più un     re, allevato fra tante delicatezze.

GURNEY      Anch'io, Matrevis, mi meraviglio. Ieri sera apersi appena la porta per buttargli il   cibo, e restai quasi soffocato dalla puzza.

MATREVIS               Ha un fisico che è capace di resistere a più di quel che gli si possa infliggere; e perciò ora bisogna andare ancora un po' all'assalto del suo spirito.

GURNEY                  Mandamelo fuori allora, e io lo farò an­dare in bestia:

MATREVIS               Ma fermati. Chi è quello?

Entra LIGHTBORN.

LIGHTBORN            II mio Lord Protettore vi saluta.    (Consegna una lettera.)

GURNEY                  Cosa c'è qui? Io non sic come intenderla.

MATREVIS               Gurney, l'ha lasciata senza punteggia­tura apposta. Edwardum occidere     nolite timere, il significato è questo.

LIGHTBORN                       Conoscete questo segnale? (Porge un contrassegno.) Dovete darmi il re.

MATREVIS               Sì, aspetta un momento. Avrai subito la risposta. (A parte) Questo                        furfante l'han man­dato per far fuori il re.

GURNEY  (a parte)              Ci ho pensato anch'io.

MATREVIS   (a parte)          E quando il delitto sarà compiuto guarda come deve esser trattato             per la sua fatica... Pereat iste! Diamogli il re: che altro c'è da fare? (A Lightborn) Ecco         qui le chiavi, e que­sto è il fossato. Fate come vi è stato ordinato dal mio signore.

LIGHTBORN            So quello che devo fare. Voi andate­vene. Però non state troppo lontani,   avrò bisogno del vostro aiuto. Badate che nella stanza vicina io abbia del fuoco, e fatemi    avere uno spiedo, e che sia arroventato.

MATREVIS               Benissimo.

GURNEY                  Avete bisogno di qualche altra cosa?

LIGHTBORN            Che altro? Una tavola, e un letto di piume.

GURNEY                  Tutto qui?

LIGHTBORN            Sì, sì. Però portatemi tutto qui quan­do vi chiamerò.

MATREVIS               Non temere per questo.

GURNEY                  Qui c'è un lume per entrare nel sotter­raneo. (Esce con Matrevìs.)

LIGHTBORN            E ora sbrighiamo questa faccenda. Non c'è stato mai nessuno trattato in    modo così raffinato come sarà questo re ... Questo è un posto che con tutto il mio         coraggio, francamente... ohibò!

RE EDOARDO         Chi c'è laggiù? Che lume è quello? (Lightborn si avvicina.) Cosa vieni a    fare, tu?

LIGHTBORN            A confortarvi, e a portarvi notizie liete.

RE EDOARDO         Poco conforto il povero Edoardo trova nei tuoi sguardi. Scellerato, io so   che vieni per assassinarmi.

LIGHTBORN            Assassinarvi, mio graziosissimo si­gnore! Lontana dal mio cuore ogni         intenzione di farvi del male. La regina m'ha mandato a vedere come vi trattario, perché         ha tanta compassione di questa vostra miseria. E quali occhi potrebbe­ro tenersi dal            

            versare le lacrime a vedere un re in uno stato così pietoso?

RE EDOARDO         Piangi già? Ascoltami un momen­to, e poi il tuo cuore, fosse pure come     quello di Gurney, o di Matrevis, tagliato nel Caucaso, si fon­derà, prima che abbia finito          di dirti tutto. Questo sotterraneo dove mi tengono è la fogna dove si scaricano tutte le            lordure del castello.

LIGHTBORN            Oh, miserabili!

RE EDOARDO         E qui, nella mota e nel fango, ci .sono rimasto tutti questi dieci giorni; e    perché io non potessi dormire c'è uno che picchia continuamente sopra un tamburo. Mi   danno pane e acqua, a me che sono un re; e così, senza dormire e senza mangiare, la    mente si smarrisce e il corpo mi s'è intorpidito, e non so più se ho o no le membra. Oh,   se il sangue mi sgocciolasse da tutte le vene, come fa quest'acqua dalle mie robe a           brandelli.  Diglielo a Isabella, alla regina, che non avevo que­sto aspetto, quando per amore di lei, in Francia, corsi il torneo, e buttai giù da cavallo il duca di Clermont.

LIGHTBORN            Oh, non parlate più, mio signore! Mi spezzate il cuore così. Coricatevi su questo letto, e riposatevi per un po'.

RE EDOARDO         Questo tuo guardarmi così non può che nascondermi la morte. Ti leggo     scritta sulla fronte la mia tragedia. Ma aspetta un momento, trattieni la tua mano            sanguinosa, e lasciami vede­re il colpo prima che venga, perché nell'attimo stes­so in cui           dovrò perdere la vita, possa rivolgermi a Dio con la mente più ferma.

LIGHTBORN            Perché vostra altezza non si fida di me in questo modo?

RE EDOARDO         E tu perché fingi con me così?

LIGHTBORN            Queste mani non si sono mai spor­cate di sangue innocente, e non si           macchieranno ora con quello di un re.

RE EDOARDO         Perdona al mio pensiero d'avere avuto un'idea simile. M'è rimasto un        gioiello solo: prendilo tu. (Gli dà il gioiello.) Ho ancora paura, e non so per che cosa,     ma tutte le giunture mi tremano mentre io te lo do. Oh, se nascondi in cuore il delitto, possa questo dono farti cambiare idea, e salvarti l'animo! Sappi che io sono un re! A questo nome, ahimè, sento un inferno di pene! Dov'è la mia corona? Non c'è più! Più! E             perché devo se­guitare a vivere?

LIGHTBORN            Siete stato troppo sù a vegliare, mio signore. Coricatevi e riposate.

RE EDOARDO         Se questo dolore non mi tenesse sveglio, io dormirei: perché in questi        dieci giorni non ho mai chiuse le palpebre. Ora, mentre parlo, si chiudono; eppure, dalla          paura, mi si riaprono. Oh, perché ti sei seduto qui?

LIGHTBORN            Se non vi fidate di me io me n'andrò, mio signore.

RE EDOARDO         No, no, perché se hai intenzione di ammazzarmi tornerai un'altra volta; e   perciò ri­mani.  (Si addormenta)

LIGHTBORN            Dorme.

RE EDOARDO  (risvegliandosi subito) Oh, non mi far morire ancora! Oh, aspetta un     momento!

LIGHTBORN            Che c'è, mio signore?

RE EDOARDO         Qualcosa mi ronza nelle orecchie, continuamente, e mi dice che se mi        addormento non mi risveglierò più. Questa paura è quella che mi fa tremare così. E       allora dimmi, perché sei venuto?

LIGHTBORN                       Per liberarti dalla tua vita. Matrevis, vieni!

Entrano MATREVIS e GURNEY.

RE  EDOARDO        Son troppo debole e sfinito per re­sistere. Assistimi, buon Dio e accogli la mia anima!

LIGHTBORN                       Correte a prendermi la tavola.

RE EDOARDO         Oh, risparmiatemi, o spacciatemi in un attimo! (Matrevis porta una            tavola. Re Edoar­do viene assassinato tenendolo giù sul letto con la tavola addosso, e    pestandoci sopra.)

LIGHTBORN            Così, mettetegli la tavola addosso e pestateci sopra, ma non troppo forte,             per non schiacciargli il corpo.

MATREVTS              Ho paura che questo grido sveglierà la città. Perciò montiamo a cavallo e andiamocene.

LIGHTBORN            Ditemi, signori, non l'ho fatto con bravura?

GURNEY                  Inun modo eccellente; e in ricompensa prenditi questo. (Uccide    Lightborn con un pugna­le.) Vieni, buttiamo il corpo nel fossato, e portia­mo quello del re a Mortimer, nostro signore. Via!            (Escono con i cadaveri.)

SCENA SESTA

Nel palazzo reale, a Londra.

Entrano IL GIOVANE MORTIMER e MATREVIS.

IL GIOVANE MORTIMER                        Tutto fatto, Matrevis, e l'uccisore è morto?

MATREVIS               Sì, mio buon signore. Volesse il cielo che non fosse fatto!

IL GIOVANE MORTIMER                        Matrevis, se ora ti met­ti a fare il pentito, sarò io il tuo         padre spirituale; perciò scegli se vuoi mantenere il segreto in questa faccenda o se vuoi invece morire per mano di Mortimer.

MATREVIS               Gurney, mio signore, è scappato, e ho paura che ci tradirà tutti e due.        Fate dunque scappare anche me.

IL GIOVANE MORTIMER                        Vatti a nascondere fra i selvaggi!

MATREVIS               Ringrazio umilmente vostro onore. (Esce.)

IL GIOVANE MORTIMER                        Quanto a me, io sto piantato come l'albero enorme di          Giove, e gli al­tri non sono che arboscelli paragonati a me; e al mio nome tremano, e io             non ho paura di nessu­no. Vedremo chi oserà accusarmi della sua morte!

Entra la REGINA ISABELLA.

REGINA ISABELLA          Ah, Mortimer, il re mio figlio ha saputo la notizia che suo padre è morto, e che l'abbiamo assassinato noi!

GIOVANE MORTIMER     E che importa se l'ha saputo? Il re è ancora un bambino.

REGINA ISABELLA          Sì, ma si strappa i capelli, e torce le mani, e giura di vendicarsi su   noi due. È andato in camera di consiglio, per chiedere l'aiuto e il soccorso dei suoi pari.             Ahimè, eccolo che viene, e loro con lui! Ora, Mortimer, comincia la nostra tragedia.

Entrano il RE EDOARDO III, LORDS, e gente del Se­guito.

PRIMO LORD          Non temete, mio signore; sappia­te che siete un re.

EDOARDO III          Scellerato!...

GIOVANE MORTIMER     Fermati, mio signore!

RE EDOARDO III               Non credere che io mi spaventi delle tue parole. Mio padre è stato             assassinato per tuo tradimento; e tu morirai, e la tua testa odio­sa e maledetta la           metteremo sulla sua bara infe­lice per testimoniare al mondo che per causa tua il suo         corpo regale è stato sotterrato troppo presto.

REGINA ISABELLA          Non piangere, dolce figlio.

RE EDOARDO III               Non mi proibite di piangere. Era mio padre. E se l'aveste amato la             metà di quanto l'amavo io, voi non sopportereste la sua morte con tanta pazienza: ma       voi, ho paura, avete cospirato con Mortimer.

PRIMO LORD  (a Mortimer)           Perché voi non dite niente al mio signore il re?

IL GIOVANE MORTIMER                        Perché ritengo un ol­traggio essere accusato. Chi è che osa dire che l'ho assassinato io?

RE EDOARDO III     Traditore, in me parla il mio diletto padre, e dice chiaramente che            fosti tu ad, assassinarlo.

IL GIOVANE MORTIMER                        Ma vostra grazia non ha altra prova che questa?

RE EDOARDO III       Sì, se questa è la mano di Mor­timer.    (Mostra una lettera)

IL GIOVANE MORTIMER (a parte, alla Regina Isa­bella)       Il falso Gurney ha tradito me e             se stesso.

REGINA ISABELLA          Io lo temevo. Un delitto non si può tenere nascosto.

IL GIOVANE MORTIMER    (al re)     È la mia mano, sì. E che volete dedurre da questo?

RE EDOARDO III   Che mandasti tu laggiù un as­sassino.

IL GIOVANE MORTIMER                Che assassino? Porta­temi davanti l'uomo che avrei mandato.

RE EDOARDO III   Ah, Mortimer, tu sai che è stato ucciso! E così lo sarai anche tu! Perché    sta qui ancora? Portatelo su una carretta, trascinatelo fuo­ri, e impiccatelo, vi dico,             squartatelo: ma porta­temi subito qui la sua testa.

REGINA ISABELLA          Per amor mio, dolce figlio, abbi pietà di Mortimer!

IL GIOVANE MORTIMER                        Signora, non state a pregare per me. Io preferisco morire     che implora: re la vita da un piccolo mascalzone.

RE EDOARDO III                 Portate via questo traditore, questo assassino.

GIOVANE MORTIMER     Vile fortuna, ora m'accorgo che nella tua ruota c'è un punto, che    fa rotolare gli uomini a testa in giù, quando ci vogliono arrivare. Io quel punto l'ho          toccato, e visto che non c'era un posto da salire più in alto, perché dovrei addolorarmi     della mia caduta precipitosa? Bella regina, addio. Non piangere per Mortimer, che     

            sprezza il mondo, e che, simile a un viaggiatore va a scoprire paesi ancora non      conosciuti.

RE EDOARDO III       E che, sopportate voi che que­sto traditore indugi? (Esce il giovane        Mortimer col Primo Lord e alcune persone del Seguito.)

REGINA ISABELLA          Per la vita che hai ricevuto da me, non versare il sangue del nobile             Mortimer!

RE EDOARDO III      Questo dimostra che voi versaste il sangue di mio padre, altrimenti non             preghereste  per Mortimer.

REGINA ISABELLA          Io versare il suo sangue! No!

RE EDOARDO III               Sì, signora, voi. Questa è la vo­ce che corre.

REGINA ISABELLA          È una voce bugiarda. È per­ché io ti amo, che hanno detto queste   cose della povera Isabella.

RE EDOARDO III               Io non la credo così snaturata.

SECONDO LORD               Mio signore, io temo proprio che si proverà che è vero.

RE EDOARDO III               Madre, siete sospettata della sua morte, e perciò vi chiuderemo      nella Torre, fin­ché un processo non avrà fatto luce su questo. E se sarete colpevole,         benché sia vostro figlio, non pensate di trovare in me tenerezza o pietà.

REGINA ISABELLA          Ebbene, andiamo pure a mo­rire. Perché ho vissuto troppo a lungo se mio figlio pensa d'accorciarmi i giorni.

RE EDOARDO III               Portatela via! Le sue parole mi sforzano di più alle lacrime, e avrò pietà di lei, se parla ancora.

REGINA ISABELLA          Non debbo piangere per il mio diletto signore? E accompagnarlo   con gli al­tri al sepolcro?

SECONDO LORD    Questa, signora, è la volontà del re: dovete essere portata via di qui.

REGINA ISABELLA          S'è dimenticato di me. Fer­matevi. Io sono sua madre.

SECONDO LORD               Questo non conta nulla: perciò andiamo, signora.

REGINA ISABELLA          E allora vieni, dolce morte, e liberami dal dolore! (Esce col            Secondo Lord e con alcuni uomini del Seguito.)

Rientra il PRIMO LORD con la testa del giovane Mor­timer.

PRIMO LORD          Mio signore, qui c'è la testa di Mor­timer.

RE EDOARDO III   Andate a prendere la bara di mio padre, dove essa sarà posta; e portatemi             le mie vesti funebri. (Escono gli uomini del Seguito.) Testa maledetta, ti avessi trattato           allora così come faccio adesso, non avresti ordito questo tradimento mostruoso!  Ecco,             portano la bara. Aiutatemi a piangere, miei signori. (Rientrano gli uomini del Seguito,     con la bara e le vesti funebri.) Padre dolce, qui io offro alla tua ombra assassinata la   testa di questo traditore perfido; e possan queste lacrime stillanti dai miei occhi essere     testimoni del mio dolore e della mia innocenza. (Escono)

FINE