Enrico VI

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WILLIAM SHAKESPEARE

ENRICO VI

Dramma storico in 5 atti

PERSONAGGI

RE ENRICO VI

DUCA DI BEDFORD, Reggente di Francia, terzo figlio di Enrico IV, zio del Re

DUCA DI GLOUCESTER, Lord Protettore, quarto figlio di Enrico IV

DUCA DI EXETER, Thomas Beaufort, prozio del Re

VESCOVO DI WINCHESTER, Henry Beaufort, fratello minore di Exeter, poi Cardinale

DUCA DI SOMERSET, Edmund Beaufort, nipote di Exeter

RICCARDO PLANTAGENETO, figlio di Riccardo, già Conte di Cambridge; poi Reggente di Francia e Duca di York

CONTE DI WARWICK

CONTE DI SALISBURY

CONTE DI SUFFOLK, William De La Pole

LORD TALBOT, poi Conte di Shrewsbury

JOHN TALBOT, suo figlio

EDMUNDO MORTIMER, Conte di March

SIR JOHN FASTOLF

SIR WILLIAM GLANDSALE

SIR THOMAS GARGRAVE

SIR WILLIAM LUCY

WOODVILLE, luogotenente della Torre di Londra

SINDACO DI LONDRA

VERNON, seguace della fazione degli York, detta della Rosa Bianca

BASSET, seguace della fazione dei Lancaster, detta della Rosa Rossa

AVVOCATO del Temple

LEGATO DEL PAPA

CARCERIERI di Mortimer

CARLO, il Delfino, in seguito Re di Francia

REIGNIER, Duca d'Angiò, detentore del titolo di Re di Napoli

DUCA D'ALENÇON

BASTARDO D'ORLÉANS

DUCA DI BORGOGNA

GENERALE dell'esercito francese a Bordeaux

GOVERNATORE DI PARIGI

COMANDANTE DELL'ARTIGLIERIA a Orléans

FIGLIO del Comandante dell'Artiglieria, un ragazzo

GIOVANNA LA PULZELLA, detta anche Giovanna d'Arco

PASTORE, padre della Pulzella

MARGHERITA, figlia di Reignier

CONTESSA D'AUVERGNE

CUSTODE del castello della Contessa d'Auvergne

SERGENTE francese

SENTINELLA francese

SOLDATO francese

ESPLORATORE francese

DEMONI, che appaiono alla Pulzella

Signori al seguito, guardiani della Torre, araldi, soldati, cortigiani sia inglesi che francesi, domestici di Gloucester e di Winchester, funzionari del Sindaco di Londra.

ATTO I

Scena I

Marcia funebre. Entra il funerale di Re Enrico Quinto, a cui prendono parte il Duca di Bedford, Reggente di Francia, il Duca di Gloucester, Protettore del Regno, il Duca di Exeter, [il Conte di] Warwick, il Vescovo di Winchester, e il Duca di Somerset [assieme ad araldi e ad altri].

BEDFORD

                Un drappo nero copra il nostro cielo!

                Giorno, cedi all'arrivo della notte!

                Comete, voi che annunciate il mutamento

                dei tempi e degli stati, nel firmamento

                agitate le trecce di cristallo,

                flagellate con esse le inique stelle

                che, ribelli, hanno favorito la morte di Enrico:

                Re Enrico Quinto, troppo famoso per vivere a lungo!

                Mai Inghilterra perse un re di tanto pregio.

GLOUCESTER

                Prima di lui mai l'Inghilterra ebbe vero re:

                il suo valore meritava il comando;

                la sua spada sguainata accecava radiosa;

                le braccia si stendevano più vaste

                delle ali del drago, gli occhi fulgidi,

                gonfi d'ira fiammante, abbagliavano i nemici

                in rotta, più del sole a mezzogiorno

                a picco sul loro viso. Cos'altro dire!

                Le sue imprese sono superiori a ogni discorso.

                Quando alzava la mano, era sempre vincitore.

EXETER

                Lo piangiamo vestiti di nero; perché

                non si tinge di sangue il nostro lutto?

                Enrico è morto, né più egli rivive.

                Siamo schierati attorno a un feretro di legno

                a celebrare, con la nostra presenza solenne,

                la vittoria senza onore della morte

                come prigionieri legati al carro del trionfo.

                Dunque malediremo i pianeti sciagurati

                che tramarono il rovescio della nostra sorte?

                Oppure crederemo che furono subdoli incantatori

                e stregoni francesi a provocare, per paura,

                con le formule magiche, la sua fine?

WINCHESTER

                Era un sovrano benedetto dal Re dei re:

                per i Francesi il giorno del Giudizio

                terribile non sarà com'era la sua vista.

                Combatteva le battaglie del Signore degli eserciti.

                Le preghiere della Chiesa gli furono propizie.

GLOUCESTER

                La Chiesa? Dov'è mai la Chiesa?

                Se gli ecclesiastici non avessero pregato,

                il filo della sua vita non si sarebbe estinto

                così prematuramente. A voi tutti piaceva

                soltanto un principe effeminato,

                uno scolaretto da terrorizzare.

WINCHESTER

                Gloucester, che ci piaccia o meno,

                tu sei il Protettore e ti prepari

                a comandare il principe e il regno.

                Tua moglie è altera e ti tiene in soggezione

                più di Dio e dei religiosi della Chiesa.

GLOUCESTER

                Non menzionare la religione; tu ami la carne

                e non ti rechi mai in chiesa neppur una volta all'anno,

                se non per pregare contro i tuoi nemici.

BEDFORD

                Basta con i litigi. Liberate la mente dalle offese.

                Avanziamo verso l'altare. Seguiteci, araldi.

                Non offriamo oro, ma le nostre armi,

                poiché le armi non servono, ora che è morto Enrico.

                Posteri, aspettatevi anni disgraziati

                quando gli infanti succhieranno

                gli occhi inumiditi della madre,

                e la nostra isola si farà palude

                nutrimento di lacrime salate,

                e solo donne rimarranno a piangere i defunti.

                Enrico Quinto, il tuo spirito invoco:

                rendi prospero il regno, allontana

                le discordie civili. Combatti in cielo

                i pianeti ostili. La tua anima diverrà

                una stella assai più gloriosa di quella

                che fu di Giulio Cesare o del luminoso...

Entra un Messaggero.

MESSAGGERO

                Onorati signori, a tutti voi, salute!

                Dalla Francia porto tristi nuove, che annunciano

                perdite, massacri, sconfitte.

                Guyenne, Compiègne, Reims, Rouen, Orléans,

                Parigi, Gisors, Poitiers, tutte perdute.

BEDFORD

                Cosa dici, davanti al cadavere di Enrico?

                Parla piano, o il Re, a sentire della perdita

                di quelle grandi città, infrangerà il piombo

                e, di sicuro, sorgerà da morte.

GLOUCESTER

                Parigi è perduta? E Rouen s'è arresa?

                Se Enrico ritornasse in vita, a queste nuove,

                renderebbe l'anima un'altra volta ancora.

EXETER

                Come furono perdute? Per quale tradimento?

MESSAGGERO

                Nessun tradimento. Sono mancati

                uomini e denaro. Tra i soldati corre voce

                che qui si alimentano fazioni avverse

                e invece di mandare truppe in campo,

                voi litigate sui vostri generali.

                C'è chi vorrebbe protrarre

                un conflitto sporadico con poche spese;

                chi piombare veloce sul nemico,

                ma gli mancano le ali per il volo;

                un terzo pensa di ottenere la pace

                senza spesa. con belle ed abili parole.

                Su, risvegliati, nobiltà d'Inghilterra!

                Non offuscate, per pigrizia, onori ancora freschi.

                Il fiordaliso è reciso dai vostri blasoni.

                Lo stemma inglese è troncato per metà. [Esce.]

EXETER

                Se fossimo sprovvisti di lacrime funebri,

                ci travolgerebbe questa piena di notizie.

BEDFORD

                Me esse riguardano. Sono io il Reggente

                di Francia. Datemi l'armatura d'acciaio.

                Andrò a combattere per la Francia.

                Via gli obbrobriosi vestiti del lutto!

[Si toglie il mantello funebre]

                Ai Francesi presterò ferite, in luogo di occhi,

                perché piangano sciagure ricorrenti.

Entra un altro Messaggero.

SECONDO MESSAGGERO

                Signori, leggete queste lettere foriere di sventura.

                Ormai tutta la Francia si ribella agli Inglesi,

                salvo in alcune cittadine senza peso.

                A Reims il Delfino Carlo è incoronato re;

                a lui s'è unito il Bastardo d'Orléans;

                del suo partito è Reignier, Duca d'Angiò,

                e il Duca d'Alençon vola al suo fianco. Esce.

EXETER

                Il Delfino incoronato re! E tutti

                corrono da lui? E noi, dove corriamo,

                a evitare il biasimo?

GLOUCESTER

                Corriamo solo ad avventarci alla gola dei nemici.

                Bedford, se tu indugi, io mi scatenerò in battaglia.

BEDFORD

                Gloucester, perché dubiti del mio ardore?

                Nella mente ho radunato un esercito,

                con esso la Francia è già occupata.

Entra [un terzo] Messaggero.

TERZO MESSAGGERO

                Miei graziosi signori, ad aggiungere

                nuovi lamenti a quelli che versate

                sul feretro di Enrico, devo informarvi

                d'un infausto combattimento

                tra il risoluto Talbot e i Francesi.

WINCHESTER

                Allora? Talbot ha prevalso, non è vero?

TERZO MESSAGGERO

                No davvero. Prevalso hanno i Francesi.

                Vi racconterò il preciso corso degli eventi.

                Il dieci agosto, quel temuto signore

                in ritirata dall'assedio d'Orléans

                assieme a seimila uomini scarsi,

                venne preso in mezzo e assalito

                da ventitremila Francesi, né tempo

                gli fu dato di serrare le fila.

                Senza picche a difesa degli arcieri

                dovettero piantare nel terreno

                paletti appuntiti, strappati

                alla rinfusa dalle siepi circostanti,

                per impedire ai cavalieri di sfondare,

                Più di tre ore durò lo scontro,

                e intanto il coraggioso Talbot compiva

                con spada e lancia prodigi sovrumani.

                Centinaia ne spedì all'inferno,

                nessuno osava a lui porsi di fronte.

                Qui, là, ovunque uccideva inferocito.

                I Francesi strillavano d'aver contro

                il demonio. L'esercito intero

                fissava su di lui gli occhi sbalorditi.

                I suoi soldati, scorgendone l'indomito valore,

                "Per Talbot!" gridarono a pieni polmoni,

                "Per Talbot!". E si precipitarono

                nelle viscere della battaglia.

                Qui la vittoria sarebbe stata suggellata

                se John Fastolf non avesse agito da codardo.

                Posto a rincalzo dell'avanguardia,

                al fine di seguirla e sostenerla,

                fuggì vilmente, senza menare un colpo.

                Ne derivò rovina e gran massacro:

                furono stretti in mezzo ai nemici.

                Per ingraziarsi il Delfino, uno spregevole Vallone

                con la lancia colpì alle spalle Talbot,

                quel Talbot che l'intera schiera dei Francesi

                non aveva osato guardare solo una volta in viso.

BEDFORD

                Talbot ucciso? Allora ucciderò me stesso,

                che vivo qui, ozioso, nel lusso e nella pompa,

                mentre un condottiero così degno, senza aiuto,

                è consegnato al suo vile nemico.

TERZO MESSAGGERO

                No, egli vive, è fatto prigioniero,

                e con lui Lord Scales e Lord Hungerford.

                Quasi tutti gli altri sono stati trucidati,

                o presi anch'essi prigionieri.

BEDFORD

                Non c'è riscatto che non tocchi a me pagare.

                Scaraventerò il Delfino giù dal trono,

                la sua corona sarà il riscatto dell'amico.

                Per ogni nobile inglese ne scambierò quattro di Francesi.

                Addio, signori, al compito mi accingo.

                Vado ad accendere in Francia i falò

                per celebrare la festa del nostro gran San Giorgio.

                Prenderò con me diecimila soldati

                le cui imprese sanguinarie scuoteranno

                l'intera Europa come un terremoto.

TERZO MESSAGGERO

                Questo è da farsi. Davanti a Orléans assediata

                l'esercito inglese è fiacco e indebolito,

                il Conte di Salisbury implora rinforzi

                e a malapena impedisce la rivolta

                dei suoi uomini, che, ridotti in così pochi,

                tengono a bada la marea nemica. [Esce.]

EXETER

                Nobili signori, ricordate i giuramenti a Enrico:

                eliminare il Delfino totalmente,

                o ridurlo a obbedienza, sotto il giogo.

BEDFORD

                Sì, li ricordo, e qui vi lascio

                per affrettare i preparativi. Esce Bedford

GLOUCESTER

                Vado alla Torre con la massima urgenza,

                a controllare l'artiglieria e le munizioni.

                Poi proclamerò re il giovane Enrico.

Esce Gloucester.

EXETER

                Io corro a Eltham, dov'è il giovane sovrano,

                la cui custodia a me fu affidata,

                per meglio provvedere alla sua sicurezza. Esce.

WINCHESTER

                A ciascuno è assegnata carica e sede.

                lo sono escluso. A me nulla rimane.

                Ma non a lungo starò fuori dal gioco.

                Il re da Eltham intendo trafugare,

                e il gran timone dello stato pilotare. Esce.

Scena II

Squilli di tromba. Entrano Carlo [il Delfino, il Duca d']Alençon, e Reignier [, Duca d'Angiò], che marciano con i soldati al suono dei tamburi.

CARLO

                Lassù in cielo e qui in terra ancora non è noto

                il vero movimento di Marte.

                Di recente rifulse sulle schiere inglesi,

                ora siamo noi i vincitori: su di noi Marte sorride.

                Quale città d'importanza non è nostra?

                A piacer nostro ce ne stiamo presso Orléans,

                e ogni tanto, gli Inglesi affamati, come pallidi spettri,

                ci fanno debole assedio; un'ora al mese.

ALENÇON

                La minestra d'avena e una bistecca di manzo

                bella grassa - ecco cosa gli manca. Devono nutrirsi

                come i muli, con il sacco della biada legato al muso,

                o avranno un aspetto penoso, da topi affogati.

REIGNIER

                Spezziamo l'assedio. Perché rimaniamo qui in ozio?

                Abbiamo preso Talbot, che ci incuteva tanta paura.

                Non rimane che quello scervellato di Salisbury,

                che si consumi la bile dalla rabbia:

                senza uomini e denari non può fare la guerra.

CARLO

                Suonate, suonate la carica! Diamogli addosso.

                Ora, per l'onore derelitto dei Francesi!

                Perdonerò la mia morte a chi mi uccide

                vedendomi retrocedere d'un sol passo o fuggire. Escono.

Suona l'allarme. I Francesi sono respinti dagli Inglesi con gravi perdite. Entrano Carlo, Alençon e Reignier.

CARLO

                Chi ha mai visto una cosa simile? E io,

                che uomini ho? Cani! Codardi! Vili!

                Non sarei mai fuggito, non mi avessero lasciato

                tra i nemici.

REIGNIER

                                               Salisbury è un omicida scatenato:

                combatte come se fosse stanco della vita.

                Gli altri nobili, simili a famelici leoni,

                balzano su di noi, preda da divorare.

ALENÇON

                Froissart, un nostro connazionale, racconta

                che l'Inghilterra nutriva tanti Olivieri e Orlandi

                durante il regno di Edoardo Terzo.

                Ora questo risulta ancora più vero,

                poiché essa invia nella mischia

                solo Golia e Sansoni, uno contro dieci!

                Furfanti tutti pelle e ossa! E chi pensava

                che avessero tale coraggio e ardimento?

CARLO

                Abbandoniamo la città a questi pezzenti,

                matti come cavalli, che la fame renderà più accaniti.

                Ormai li conosco bene: piuttosto che mollare l'assedio

                butteranno giù le mura con i denti.

REIGNIER

                Penso che le loro braccia siano caricate

                con strane leve e congegni, come gli orologi,

                giù a battere colpi; altrimenti non potrebbero

                resistere così. Consiglio di lasciarli stare.

ALENÇON

                E così sia.

Entra il Bastardo d'Orléans.

BASTARDO

                Dov'è il Principe, il Delfino? Ho notizie per lui.

CARLO

                Bastardo d'Orléans, tre volte benvenuto.

BASTARDO

                Che sguardo triste e che cera livida.

                L'ultimo rovescio ti ha recato un tale affronto?

                Non scoraggiarti, il soccorso è in arrivo:

                porto con me una vergine santa.

                Una visione inviatale dal cielo

                le ha ordinato di spezzare il monotono assedio

                e di cacciare gli Inglesi fuori dai confini di Francia.

                Ella possiede lo spirito d'una grande profetessa,

                superiore alle nove sibille dell'antica Roma.

                Può discernere le cose passate e a venire.

                Parla: la faccio entrare? Credi alle mie parole,

                poiché sono certe e infallibili.

CARLO

                Va' a chiamarla; [Esce il Bastardo.]

                                               ma prima, per mettere alla prova

                la sua perizia, Reignier, fa' la parte del Delfino

                in vece mia. Interrogala con arroganza, assumi

                un aspetto severo. Con questi mezzi

                misureremo la sua perizia.

Entra[no il Bastardo e] Giovanna la Pulzella [in armi].

REIGNIER [nella parte di Carlo]

                Bella fanciulla, sei tu colei

                che vuole compiere imprese straordinarie?

PULZELLA

                Reignier, sei tu che pensi d'ingannarmi?

                Dov'è il Delfino? [A Carlo] Su, forza, vieni avanti;

                ti conosco bene, anche se non t'ho mai visto.

                Non sbalordirti: nulla mi è nascosto.

                Parlerò a te in grande segretezza.

                Signori, indietro. Per un po' lasciateci da soli.

REIGNIER [ad Alençon e al Bastardo.]

                Centro alla prima botta.

[I nobili si ritirano.]

PULZELLA

                Delfino, di nascita sono la figlia d'un pastore,

                la mia mente era priva d'ogni rudimento.

                Piacque al cielo e alla nostra Signora delle Grazie

                di rifulgere sulla mia miseranda condizione.

                Ed ecco, mentre custodivo i teneri agnelli

                e porgevo le guance al rovente calore del sole,

                la Madre di Dio si degnò d'apparirmi

                e, in una visione piena di maestà,

                m'ingiunse di lasciare la mia bassa occupazione,

                di liberare il mio paese dalle sventure.

                Promise aiuto e un successo assicurato.

                Si rivelò in tutta la sua gloria:

                io ero scura e nera di capelli,

                coi chiari raggi che Ella infuse in me

                la beltà che tu vedi mi fu donata.

                Fammi qualunque domanda che tu voglia,

                e io risponderò senza alcuna esitazione.

                Prova il mio coraggio in un duello,

                se ne hai l'ardimento, e scoprirai

                di quanto supero il mio sesso.

                Abbi questa certezza: sarai fortunato,

                poiché un simile guerriero tu hai trovato.

CARLO

                I tuoi alti accenti mi hanno sbalordito.

                Farò solo una prova del tuo valore:

                in singolar tenzone a me ti stringi,

                e se prevali, le tue parole sono vere.

                Altrimenti, ti nego ogni fiducia.

PULZELLA

                Sono pronta. Ecco la mia spada affilata,

                la lama adorna di cinque fiordalisi su ogni lato.

                [A parte] L'ho scelta nel cimitero di Santa Caterina,

                a Touraine, in mezzo alla ferraglia arrugginita.

CARLO

                Fatti sotto, in nome di Dio. Non temo donna.

PULZELLA

                lo, mentre vivo, non rifuggo da nessun uomo.

Combattono, e Giovanna la Pulzella ha la meglio.

CARLO

                Ferma, ferma le tue mani. Sei un'Amazzone

                e combatti con la spada di Debora.

PULZELLA

                Mi aiuta la Madre di Cristo,

                è Lei che soccorre la mia debolezza.

CARLO

                Chiunque ti aiuti, sei tu che devi aiutare me.

                Per te brucia impaziente il mio desio:

                cuore e mani hai insieme sottomesso.

                Nobilissima Pulzella, se così è il tuo nome,

                lascia che io sia il tuo servo, non il tuo re.

                È il Delfino di Francia che ti implora.

PULZELLA

                Non devo cedere ad alcun rito d'amore,

                la mia missione dall'alto è consacrata.

                Quando avrò scacciato i tuoi nemici,

                allora penserò alla ricompensa.

CARLO

                Intanto guarda benignamente al tuo schiavo prosternato.

REIGNIER [ad Alençon]

                Come conversa a lungo monsignore.

ALENÇON

                Senza dubbio le mette a nudo la coscienza,

                altrimenti non si spiega la durata del colloquio.

REIGNIER

                Dobbiamo disturbarlo, visto che è così preso?

ALENÇON

                Forse è più preso di quanto non si sappia noi poveretti.

                Certe donne sono astute tentatrici con la lingua.

REIGNIER [a Carlo]

                Mio signore, dove sei?

                Qual è la decisione? Abbandonare Orléans o no?

PULZELLA

                No davvero. Infidi codardi, combattete

                fino all'ultimo respiro. Ci sarò io, a vostra difesa.

CARLO

                Ribadisco ciò che dice. Combatteremo.

PULZELLA

                Il mio compito è di essere il flagello degli Inglesi.

                Stanotte di sicuro spezzerò l'assedio.

                Ora che sono entrata in queste guerre, attendete

                i giorni radiosi dell'estate di San Martino.

                La gloria è come un cerchio nell'acqua, che si allarga

                e s'allarga, finché, sempre più esteso,

                non scompare. Con la morte di Enrico

                si dissolve il cerchio inglese. Svaniscono

                i momenti di gloria che racchiude.

                Ora sono come quella nave superba che portava,

                orgogliosa, Cesare e la sua sorte.

CARLO

                Non fu Maometto ispirato da una colomba?

                Tu, invece, sei ispirata da un'aquila.

                Né Elena, la madre del grande Costantino,

                né le figlie di San Filippo furono a te pari.

                Lucente stella di Venere, caduta sulla Terra,

                come posso reverente adorarti a sufficienza?

ALENÇON

                Basta con gli indugi, spezziamo l'assedio.

REIGNIER

                Donna, fa' quel che puoi per salvare il nostro onore.

                Cacciali da Orléans e diverrai immortale.

CARLO

                Ci proviamo subito. Forza, diamoci sotto.

                Se lei si rivela falsa, non crederò più

                a nessun profeta. Escono.

Scena III

Entrano Gloucester e i suoi domestici [in divisa blu].

GLOUCESTER

                Oggi sono venuto a ispezionare la Torre;

                dopo la morte di Enrico temo traffici illeciti.

                Dove sono i guardiani? Non sono al loro posto.

[I domestici bussano alla porta.]

                Aprite le porte; è Gloucester che lo chiede.

PRIMO GUARDIANO [da dentro]

                Chi bussa con tanta autorità?

PRIMO DOMESTICO

                Il nobile Duca di Gloucester.

SECONDO GUARDIANO [da dentro]

                Chiunque sia, non potete entrare.

PRIMO DOMESTICO

                Bifolchi, rispondete così al signor Protettore?

PRIMO GUARDIANO [da dentro]

                Lo protegga il Signore. Questa è la risposta.

                Eseguiamo soltanto gli ordini impartiti.

GLOUCESTER

                E chi li ha dati? Chi ordina in mia vece?

                C'è un solo Protettore del regno: sono io.

                [Ai domestici] Sfondate la porta. Vi faccio da garante.

                Sarò irriso da stallieri sudici di sterco?

Gli uomini di Gloucester si scagliano contro le porte della Torre. Da dentro si ode la voce del luogotenente Woodville.

WOODVILLE [da dentro]

                Cos'è questo baccano? Chi sono i traditori?

GLOUCESTER

                Luogotenente, odo la tua voce? Apri la porta,

                sono Gloucester, e vorrei entrare.

WOODVILLE [da dentro]

                Abbi pazienza, nobile duca; non m'è possibile

                aprirti. Lo vieta il Cardinale di Winchester.

                Da lui ho la disposizione tassativa

                di non ammettere né te né alcuno dei tuoi.

GLOUCESTER

                Pusillanime Woodville, stimi più di me

                l'arrogante Winchester, quell'altezzoso prelato

                che il nostro defunto re Enrico non riuscì mai

                a sopportare? Non sei amico né di Dio né del sovrano.

                Apri la porta, o tra poco ti farò sloggiare.

DOMESTICI

                Aprite la porta davanti al Protettore,

                e senza indugio; altrimenti la sfondiamo.

Alla porta della Torre, Winchester e i suoi uomini in divisa marrone avanzano verso il Protettore.

WINCHESTER

                Ebbene, ambizioso Humphrey, cosa significa questo?

GLOUCESTER

                Prete testapelata, tu mi comandi di restare fuori?

WINCHESTER

                Oh sì, usurpatore proditorio,

                non 'Protettore', del re e del regno.

GLOUCESTER

                Fatti indietro, tu che cospiri apertamente,

                che complottasti l'assassinio del nostro morto signore,

                che dai l'indulgenza alle puttane peccatrici:

                ti concio io col tuo capace cappello cardinalizio,

                se non la pianti con le tue insolenze.

WINCHESTER

                Fatti indietro tu. Non cederò d'un passo,

                fosse questa Damasco e tu Caino il maledetto,

                pronto a uccidere il fratello Abele.

GLOUCESTER

                Non t'ammazzo, ma ti caccio via.

                Le tue vesti scarlatte, adatte al battesimo

                d'un bimbo, le uso per trascinarti fuori.

WINCHESTER

                Fa' ciò che vuoi, e io te lo sbatto in faccia.

GLOUCESTER

                Cosa? Devo subire questa faccia tosta?

                Mano alle armi, uomini, senza badare ai privilegi

                del luogo - divise blu contro le marroni. -

[Tutti estraggono la spada.]

                Prete, attento a non perdere la faccia.

                Adesso ti afferro la barba e te le suono.

                Calpesto sotto i piedi il tuo cappello di cardinale

                senza curarmi del papa o dei dignitari della chiesa,

                ti afferro per le guance e ti malmeno.

WINCHESTER

                Gloucester, di questo risponderai dinnanzi al sinodo.

GLOUCESTER

                Cappone d'un Winchester, io grido, "Un nodo! Un nodo!"

                Ora buttateli fuori; perché sono ancora qui?

                A te ti caccio io, lupo in veste d'agnello.

                Fuori, divise marroni! Fuori, ipocrita scarlatto.

Qui gli uomini di Gloucester allontanano con la forza quelli del Cardinale, mentre nel trambusto entrano il Sindaco di Londra e i suoi funzionari.

SINDACO

                Vergogna, signori! Proprio voi, supremi magistrati

                infrangete la pace con tanta acrimonia?

GLOUCESTER

                Pace, sindaco! Ben poco sai dei torti

                da me subiti. Ecco Beaufort, né a Dio né al re devoto,

                che ha sequestrato la Torre per suo uso.

WINCHESTER

                Ed ecco Gloucester, nemico ai cittadini, sempre pronto

                a reclamare guerra, mai la pace, mungendo

                le vostre borse liberali con una scarica di tasse.

                È lui che cerca di abbattere la religione,

                perché è il Protettore del regno, e vorrebbe

                portare le armi qui, fuori dalla Torre,

                per incoronarsi re e sopprimere il principe.

GLOUCESTER

                Non ti risponderò con le parole, ma con i colpi.

Riprende la zuffa.

SINDACO

                In tale contesa tumultuosa non mi resta

                che promulgare un pubblico bando.

                Su, funzionario, grida a squarciagola.

[Porge una carta al funzionario.]

[FUNZIONARIO]

Uomini d'ogni rango, qui adunati in armi in questo giorno contro la pacifica legge di Dio e del re, noi vi ingiungiamo e vi comandiamo nel nome di sua maestà, di cercare riparo nelle vostre diverse abitazioni, e di non portare, maneggiare o utilizzare d'ora innanzi, spade, armi o pugnali, sotto pena di morte. [La rissa si placa.]

GLOUCESTER

                Cardinale, non infrangerò la legge;

                in un incontro ci chiariremo le idee per bene.

WINCHESTER

                Gloucester, di quell'incontro farai tu le spese.

                Per le azioni di questo giorno avrò il tuo sangue.

SINDACO

                Se non te ne vai, ti prendo a bastonate.

                [A parte] Questo cardinale è più altero del demonio.

GLOUCESTER

                Addio, sindaco. Hai fatto quello che potevi.

WINCHESTER

                Abominevole Gloucester, bada alla tua testa,

                perché intendo impadronirmene presto.

Escono [separatamente Gloucester e Winchester con i rispettivi domestici].

SINDACO

                Controllate che la piazza sia sgombra,

                e poi ce ne andiamo. [A parte] Dio, mai in quarant'anni

                ho fatto a bòtte, ma questi nobili ne combinano di danni!

Escono.

Scena IV

Entrano il Comandante dell'Artiglieria d'Orléans e il figlio.

ARTIGLIERE

                Giovanotto, lo sai che Orléans è assediata

                e che gli Inglesi ne hanno occupato i sobborghi.

FIGLIO

                Lo so, padre, e ho sparato spesso contro di loro,

                sfortunatamente senza cogliere il bersaglio.

ARTIGLIERE

                Adesso ti andrà meglio. Esegui i miei ordini:

                sono il comandante dell'artiglieria di questa città

                e devo fare qualcosa per procurarmi merito.

                Le spie del principe mi hanno informato

                che gli Inglesi, ben trincerati nei sobborghi,

                attraverso le sbarre di un'inferriata segreta,

                si recarono su quella torre, a scrutare la città

                e per scoprire da lì, come, col massimo vantaggio,

                aprire il fuoco su di noi o lanciare l'attacco.

                Per eliminare questo inconveniente,

                ho puntato contro di loro un fusto di cannone.

                Da tre giorni li tengo sotto mira.

                Ora è il tuo turno, non posso più aspettare.

                Se scorgi qualcuno, corri ad avvertirmi.

                Mi troverai dal governatore. Esce.

FIGLIO

                Padre, te lo prometto: sii tranquillo.

                Mentre li osservo, non ti do nessuna noia. Esce.

Salisbury e Talbot entrano sui torrioni, con [Sir William Glansdale, Sir Thomas Gargrave e con] altri.

SALISBURY

                Talbot, mia vita, mia letizia, sei tornato!

                Come ti hanno trattato, da prigioniero?

                In che modo sei stato rilasciato?

                Ti prego, parlamene qui, in cima a questa torre.

TALBOT

                Il Conte di Bedford aveva un prigioniero,

                di nome Signor Ponton de Santrailles,

                un valoroso. Sono stato scambiato con lui,

                e riscattato; ma prima volevano barattarmi,

                per disprezzo, con un soldato di più basso grado.

                Con sdegno rifiutai: volevo la morte

                piuttosto che accettare una stima da pezzente.

                Per farla breve, il riscatto fu di mio gradimento.

                Però, quel traditore di Fastolf mi ferisce al cuore.

                Coi pugni nudi mi farei giustizia su di lui,

                se solo l'avessi in mio potere.

SALISBURY

                Tuttavia non mi racconti come t'hanno trattato.

TALBOT

                Con scherni, insulti, contumelie,

                mi hanno esibito all'aperto, in un mercato,

                per fare di me pubblico spettacolo alla gente.

                "Eccolo qui", dicevano, "il terrore dei Francesi,

                lo spaventapasseri che spaventa i nostri bimbi".

                Allora sfuggii alla consegna degli ufficiali

                e con le unghie sterrai pietre dal suolo,

                per scagliarle contro i testimoni dell'obbrobrio.

                Alcuni il mio aspetto sinistro mise in fuga,

                nessuno osò farsi vicino per timore d'una morte improvvisa.

                Neppure tra pareti di ferro mi ritenevano al sicuro:

                tanta paura s'era diffusa tra di loro,

                che mi credevano capace di spezzare sbarre d'acciaio,

                e di infrangere pilastri di diamante.

                Perciò avevo a guardia tiratori scelti,

                ogni minuto mi giravano d'attorno,

                e appena facevo una mossa fuori dal letto,

                erano pronti a tirare al cuore.

Entra il ragazzo con una miccia.

SALISBURY

                M'addolora udire i tormenti che hai patito,

                ma ci prenderemo una vendetta conveniente.

                A Orléans adesso è l'ora del pranzo.

                Qui, da questa inferriata, li conto ad uno ad uno,

                e spio come si fortificano i Francesi.

                Osserviamoli e rallegrati la vista.

                Sir Thomas Gargrave e Sir William Glansdale,

                datemi un vostro parere preciso: dove sarà

                il posto migliore contro cui puntare le nostre batterie?

GARGRAVE

                Penso alla porta Nord, perché là stanno i nobili.

GLANSDALE

                Io dico qui, ai bastioni del ponte.

TALBOT

                Da quel che vedo, la città va presa

                per fame, o indebolita con leggere scaramucce.

Parte un colpo. Salisbury cade [assieme a Gargrave.]

[Esce il ragazzo.]

SALISBURY

                Signore, abbi pietà di noi, miseri peccatori!

GARGRAVE

                Signore, abbi pietà di me, nel mio dolore!

TALBOT

                Quale sventura s'è abbattuta d'improvviso su di noi?

                Parla, Salisbury - parla, se ancora puoi!

                Come stai, specchio di tutti i combattenti?

                Uno degli occhi e la guancia squarciati?

                Maledetta la torre, maledetta la mano fatale,

                che hanno macchinato questa tragedia dolorosa!

                Salisbury sopravvisse a tredici battaglie,

                egli per primo addestrò alla guerra Enrico Quinto;

                finché non cessava suono di tromba o rullo di tamburo,

                sul campo la sua spada colpiva inesorabile.

                Ancora vivi, Salisbury? Se non riesci a parlare,

                hai però un occhio per cercare grazia in cielo:

                con un solo occhio il sole scruta il mondo intero.

                Dio del cielo, nega la tua grazia

                a ogni essere vivente, se Salisbury

                non otterrà pietà dalle tue mani.

                Sir Thomas Gargrave, c'è un po' di vita in te?

                Parla a Talbot, anzi fissalo negli occhi.

                Portate via il corpo; aiuterò nella sepoltura.

[Alcuni escono con il corpo di Gargrave.]

                Salisbury, risolleva il tuo spirito

                con questa consolazione. Non morirai finché...

                fa un cenno con la mano, mi sorride

                come per dirmi, "morto e scomparso,

                ricordati di vendicarmi sui Francesi".

                Sì, Plantageneto; e come te, Nerone,

                suonerò il liuto, osservando la città in fiamme.

                Basterà il mio nome a devastare la Francia.

Suona un allarme. Tuoni e fulmini.

                Cos'è questa agitazione? Che tumulto è in cielo?

                Da dove viene l'allarme e il rumore?

Entra un Messaggero.

MESSAGGERO

                Signore, signore, i Francesi si sono ammassati:

                il Delfino, unitosi a una certa Giovanna, la Pulzella,

                una santa profetessa appena apparsa,

                avanza con grandi forze per rompere l'assedio.

Qui Salisbury si solleva dal suolo e geme.

TALBOT

                Udite, udite, come geme Salisbury morente,

                soffre il suo cuore per la vendetta negata.

                Francesi, sarò per voi un altro Salisbury.

                Pulzella o puttanella, Delfino o pescecane,

                calpesterò i vostri cuori sotto le zampe del cavallo

                e farò poltiglia dei vostri cervelli sfracellati.

                Trasportiamo Salisbury nella sua tenda,

                e poi mettiamo alla prova l'ardire dei Francesi.

Allarme. Escono.

Scena V

Un nuovo allarme. Talbot insegue il Delfino e lo incalza. Poi entra Giovanna la Pulzella, che incalza alcuni Inglesi [ed esce dietro di loro]. Quindi entra Talbot

TALBOT

                Dove sono in me forza, coraggio, vigore?

                Si ritirano le truppe inglesi e non riesco a trattenerle.

                Una donna con l'armatura mette in fuga gli uomini.

Entra la Pulzella [con i soldati].

                Eccola qui che arriva. Facciamo la lotta noi due.

                Diavolo o genitrice di diavoli, ti esorcizzo.

                Ti caverò il sangue, sei una strega,

                e renderò la tua anima di corsa al tuo padrone.

PULZELLA

                Vieni, vieni: ti darò io una bella lezione.

Combattono.

TALBOT

                Dio del cielo, puoi consentire la vittoria dell'inferno?

                Mi scoppierà il petto gonfio per la furia,

                e dalle spalle le braccia mi si svelleranno,

                ma punirò questa sgualdrina insolente.

Combattono ancora.

PULZELLA

                Addio, Talbot, la tua ora non è ancora giunta.

                Devo portare subito a Orléans le vettovaglie.

Un breve allarme, poi [si ferma prima di entrare] nella città con i soldati.

                Se ci riesci, sconfiggimi: disprezzo la tua forza.

                Su, vattene a rallegrare i tuoi uomini affamati,

                ad aiutare Salisbury a fare testamento.

                Questa giornata è nostra, e così molte altre in futuro.

Esce.

TALBOT

                Mulinano i miei pensieri come la ruota di un vasaio;

                dove sono non so, né quel che faccio.

                Come già Annibale, una strega respinge

                con la paura, non con il vigore, le nostre truppe,

                e trionfa con la sua sola presenza.

                Così sono stanate con il fumo le api

                dall'arnia, e le colombe dalla piccionaia

                con un puzzo disgustoso. Per la nostra ferocia

                fummo chiamati cani d'Inghilterra.

                Ora scappiamo come cuccioli uggiolanti.

Un breve allarme.

                [Grida] Udite, compatrioti, o persistete nella lotta,

                o dallo stemma inglese strappate via i leoni.

                Rinunciate al vostro suolo, sventolate

                pecore al posto dei leoni. Assai meno sleale

                fugge la pecora dal lupo, o il cavallo o i buoi

                davanti al leopardo, di quanto non facciate voi

                di fronte ai vostri schiavi, tante volte sottomessi.

Allarme. Qui [i soldati ingaggiano] un'altra scaramuccia.

                Nulla da fare. Ritiratevi in trincea.

                Avete dato tutti quanti il consenso

                alla morte di Salisbury, perché nessuno

                ha voluto restituire i colpi in sua vendetta.

                La Pulzella è entrata dentro Orléans,

                malgrado tutti i nostri tentativi.

[Escono i soldati.]

                Con Salisbury fossi morto anch'io!

                Per la vergogna andrò a nascondermi la testa.

Esce. Allarme. Ritirata.

Scena VI

Squilli di tromba. Sulle mura entrano la Pulzella, [Carlo] il Delfino, Reignier, Alençon e soldati [in basso con gli stendardi].

PULZELLA

                Alzate sulle mura gli stendardi sventolanti.

                Orléans è liberata dagli Inglesi.

                Così la Pulzella ha mantenuto la parola.

CARLO

                La più divina delle creature, figlia di Astrea,

                come ti onorerò per il tuo successo?

                Le tue promesse sono simili ai giardini di Adone,

                che un giorno sbocciavano di fiori,

                e il successivo erano carichi di frutti.

                Francia, esulta nel nome della tua gloriosa profetessa!

                La città d'Orléans ci è restituita.

                Sorte più benedetta mai capitò al nostro stato.

[Esce la Pulzella.]

REIGNIER

                Perché in città non suonano le campane a stormo?

                Delfino, ordina ai cittadini d'accendere falò,

                di far festa e banchettare per le strade,

                per celebrare la gioia che Dio c'ha dato.

ALENÇON

                Tutti i Francesi saranno colmi d'allegria,

                di gioia, quando sapranno che da uomini

                abbiamo recitato la nostra parte.

CARLO

                La vittoria appartiene a Giovanna, non a noi,

                perciò dividerò con lei la mia corona,

                e tutti i preti e i frati del mio regno

                in processione ne canteranno le lodi senza fine.

                Una piramide erigerò per lei, un monumento

                più grande di quello di Rodopi di Menfi.

                In ricordo di lei, dopo la morte,

                le sue ceneri, depositate in un'urna più preziosa

                dello scrigno ingioiellato di Dario,

                saranno trasportate nelle festività solenni

                davanti ai re e alle regine di Francia.

                Non più invocheremo il nome di San Dionigi,

                ma Giovanna la Pulzella sarà patrona di Francia.

                Entrate; rechiamoci al banchetto regale,

                dopo il giorno dorato della vittoria.

Squilli di tromba. Escono.

ATTO II

Scena I

Entrano [sugli spalti] un ufficiale [francese] con due sentinelle.

UFFICIALE

                Signori, prendete posizione e vigilate.

                Se udite un suono, o se scorgete un soldato

                presso le mura, con un segnale ben chiaro

                dateci l'allarme al corpo di guardia.

PRIMA SENTINELLA

                Signorsì. [Esce l'ufficiale.]

                               E così, noi poveri servi,

                mentre gli altri dormono in placidi letti,

                siamo costretti a montare la guardia

                nelle tenebre, sotto la pioggia, al gelo.

Entrano Talbot, Bedford, Borgogna [e soldati], con scale d'assalto, mentre i tamburi battono una marcia funebre.

TALBOT

                Lord reggente e temutissimo Borgogna,

                grazie al cui arrivo sono a noi amiche

                le regioni di Artois, di Vallonia e di Piccardia,

                in questa notte propizia i Francesi si sentono

                al sicuro, dopo aver gozzovigliato tutto il giorno.

                Abbranchiamo questa occasione

                per dare ottima quietanza al loro inganno

                perpetrato con sortilegi e magie funeste.

BEDFORD

                Quel vigliacco di un Francese, come danneggia

                la sua reputazione, diffidando della forza

                del suo braccio per entrare in combutta

                con le streghe, e i ministri dell'inferno!

BORGOGNA

                I traditori non hanno mai altra compagnia.

                Ma chi è la Pulzella, colei che da tutti

                viene proclamata tanto pura?

TALBOT

                Dicono sia vergine.

BEDFORD

                                               Una vergine? Così bellicosa?

BORGOGNA

                Preghiamo Dio che ella non neghi a lungo

                la sua natura femminile, visto che continua

                a portare il peso dell'asta francese inalberata.

TALBOT

                Lasciamoli a praticare e a trafficare

                con gli spiriti. Dio è la nostra fortezza e nel suo nome

                vindice apprestiamoci a scalare i bastioni di pietra.

BEDFORD

                Sali, coraggioso Talbot. Noi ti stiamo dietro.

TALBOT

                Non tutti assieme; meglio distanti, credo,

                così da irrompere in più direzioni,

                e se per caso uno di noi fallisce,

                un altro può superare le difese.

BEDFORD

                D'accordo. Tento da quel lato.

BORGOGNA

                                                                              E io da questo.

TALBOT

                Qui salirà Talbot, o scenderà nella tomba.

                Adesso, Salisbury, per te e per l'onore d'Enrico

                d'Inghilterra, questa notte mostrerò il legame

                che a voi mi unisce nel dovere supremo.

[Avendo scalato le mura, gli Inglesi] gridano, "San Giorgio!", "Per Talbot!".

SENTINELLE

                All'armi, all'armi! Il nemico ci assale! [Allarme.]

Le sentinelle francesi balzano sulle mura in maniche di camicia [ed escono. In alto escono gli Inglesi]. Da diversi ingressi [in basso] entrano il Bastardo, Alençon, Reignier, semisvestiti.

ALENÇON

                E adesso, miei signori? Cosa? Così svestiti?

BASTARDO

                Svestiti? Sì, e lieti d'esserne usciti al meglio.

REIGNIER

                Era tempo davvero di svegliarci e lasciare

                il letto; l'allarme si udiva sulla porta della camera.

ALENÇON

                Di tutte le imprese militari che conosco,

                da quando seguo la sorte delle armi, nessuna

                mai ho udito più audace e disperata di questa.

BASTARDO

                Quel Talbot dev'essere un demonio dell'inferno.

REIGNIER

                Se non l'inferno, di sicuro lo protegge il cielo.

ALENÇON

                Arriva Carlo. Mi chiedo come se l'è cavata.

Entrano Carlo e Giovanna [la Pulzella].

BASTARDO [a parte]

                E sì, Giovanna era a santa difesa del suo corpo.

CARLO

                È questa la tua magia, ingannatrice?

                Dapprima come lusinga ci hai concesso

                un guadagno meschino, così che ora

                dieci volte più grande sia la nostra perdita?

PULZELLA

                Perché Carlo è irritato con l'amica?

                In ogni ora, con uguale potere,

                che io dorma o vegli, mi vuoi sempre attiva,

                oppure mi getti addosso il biasimo, la colpa?

                Soldati imprevidenti, se aveste fatto buona guardia,

                mai ci sarebbe capitato questo rovescio improvviso.

CARLO

                Duca d'Alençon, la mancanza è tua;

                tu, che comandavi la guardia questa notte,

                non hai saputo eseguire meglio un compito

                così importante.

ALENÇON

                                               Se i vostri alloggiamenti

                fossero stati tutti tenuti saldamente

                come quello di cui avevo la responsabilità,

                avremmo evitato l'onta della sorpresa.

BASTARDO

                Il mio era sicuro.

REIGNIER

                                               E anche il mio, signore.

CARLO

                In quanto a me, la notte l'ho passata

                quasi tutta a fare avanti e indietro

                tra l'alloggio di lei e il mio comando

                per provvedere al cambio della guardia.

                Dunque, come e dove sarebbe iniziata l'irruzione?

PULZELLA

                Non discutete più a lungo la questione,

                miei signori, di come e dove. Quello che è indubbio

                è che hanno fatto breccia dopo aver scoperto

                un luogo debolmente sorvegliato. Non resta

                che raccogliere le truppe sparpagliate e disperse,

                e fare un nuovo piano per colpirli.

[Si dirigono verso una porta.]

Suona l'allarme. Entra un soldato [inglese] gridando "Per Talbot! Per Talbot!". [I Francesi] fuggono [per il palcoscenico] lasciandosi dietro i vestiti [ed escono].

SOLDATO

                Sarò così impertinente da prendergli la roba.

                Il grido "Talbot" funziona come una spada,

                perché mi sono caricato di un bel po' di spoglie

                usando come arma solo il suo nome. Esce.

Scena II

Entrano Talbot, Bedford, Borgogna, [un Capitano e altri].

BEDFORD

                Il giorno aggredisce e mette in fuga

                la notte, il cui mantello di pece ricopriva

                la terra come un velo pesante. Suonate la ritirata

                e la fine del nostro accanito inseguimento.

[Viene suonata la] ritirata.

TALBOT

                Portate fuori il corpo del vecchio Salisbury

                e deponetelo sulla piazza del mercato, nel recinto

                che è al centro di questa città maledetta.

[Marcia funebre. Avanza il corteo con il corpo di Salisbury.]

                Ora il mio voto è reso all'anima sua:

                per ogni goccia di sangue a lui spillata

                almeno cinque Francesi sono morti questa notte.

                E perché possano scorgere le epoche future

                la gran rovina provocata a sua vendetta,

                dentro il tempio maggiore del nemico

                erigerò una tomba, dove il suo corpo

                sarà tumulato. Sopra di essa verrà inciso,

                affinché ognuno possa leggere, il sacco d'Orléans,

                la maniera proditoria della sua morte luttuosa,

                e quale terrore egli incuteva alla Francia. [Esce il funerale.]

                Ma, signori, in tutto il cruento massacro

                mi chiedo perché nessuno di noi abbia incontrato

                sua grazia, il Delfino, ovvero il suo recente

                campione di virtù, Giovanna d'Arco,

                né il resto della sua banda di impostori.

BEDFORD

                Si pensa, Lord Talbot, che, scoppiata la battaglia,

                di colpo svegli, i letti sonnolenti abbandonati,

                essi siano balzati, tra le schiere in armi,

                dalle mura, per cercare riparo tra i campi.

BORGOGNA

                In quanto a me, se bene ho intravisto

                tra il fumo e i foschi vapori della notte,

                di certo ho scorto il Delfino e la puttana

                mentre a braccetto correvano a perdifiato

                come un paio di tortore amorose

                che non potrebbero staccarsi giorno e notte.

                Dopo che qui le cose sono sistemate,

                li inseguiremo con tutte le nostre forze.

Entra un Messaggero.

MESSAGGERO

                Salute a tutti, miei signori! In questa eletta

                schiera, chi chiamate Talbot, il guerriero,

                applaudito per le sue gesta in tutto il regno di Francia?

TALBOT

                Sono io Talbot. Chi vorrebbe parlargli?

MESSAGGERO

                La Contessa d'Auvergne, mia virtuosa signora,

                con pudicizia ammirando la tua fama,

                per mio tramite, grande Lord, ti rivolge la preghiera

                di concederle una visita nel povero castello

                sua dimora, per potersi vantare d'aver posato

                lo sguardo sull'uomo la cui gloria

                riempie il mondo con voce fragorosa.

BORGOGNA

                Ma davvero? Dunque le nostre guerre, m'avvedo,

                diverranno gioiose pacifiche tenzoni

                se le dame ambiscono a prender parte alla contesa.

                Non puoi, mio signore, rifiutare il gentile invito.

TALBOT

                Altrimenti, non merito da voi nessuna fiducia,

                poiché, laddove una massa di uomini

                non avrebbe eloquenza sufficiente,

                trionfa invece una dolcezza muliebre. -

                [Al messaggero] Dalle perciò caldi ringraziamenti:

                mi sottometto al suo volere. Andrò.

                Le vostre grazie mi terranno compagnia?

BEDFORD

                No, né lo suggerisce il galateo.

                Gli ospiti non richiesti, a quanto ho udito,

                ricevono i saluti più cordiali alla partenza.

TALBOT

                Va bene, andrò solo. Non c'è rimedio.

                Metterò alla prova la cortesia della signora.

                Vieni qui, capitano. Bisbiglia. Mi hai inteso?

CAPITANO

                Sì, mio signore, e mi comporterò di conseguenza. Escono.

Scena III

Entra la Contessa [d'Auvergne assieme al custode del suo castello].

CONTESSA

                Custode, rammenta l'incarico a te affidato,

                e quando l'hai eseguito, riportami le chiavi.

CUSTODE

                Sì, signora. Esce.

CONTESSA

                La trama è ordita; se tutto va per il verso giusto,

                io sarò famosa per questa impresa

                come la scita Tomiri, che a Ciro

                diede la morte. Grandissima è la fama

                di questo temibile cavaliere,

                e i suoi successi anch'essi rinomati.

                Vorrei testimoni occhi e orecchie

                per valutare queste novelle eccezionali.

Entrano il Messaggero e Talbot.

MESSAGGERO

                Signora, secondo i desideri di vostra grazia,

                eccovi il nobile Talbot, implorato dal messaggio.

CONTESSA

                Sia benvenuto. Cosa? È lui quell'uomo?

MESSAGGERO

                Sì, signora.

CONTESSA

                               Lui il flagello di Francia?

                Costui è Talbot, tanto temuto in ogni luogo

                che col suo nome le mamme zittiscono i bambini?

                Favola vuota è la sua fama, vedo.

                Pensavo che avrei visto uno come Ercole,

                un secondo Ettore, dall'aspetto torvo

                gagliardo di membra, nerboruto.

                Ahimè, questo è un fanciullo, uno sciocco nano!

                Questo fiacco granchietto raggrinzito

                non può incutere tale terrore ai nemici.

TALBOT

                Signora, fui così temerario da recare disturbo,

                ma poiché vossignoria non è a suo agio,

                rinvio la visita a un'altra occasione. [Fa per andarsene.]

CONTESSA

                Cosa gli salta in mente? Chiedigli dove va.

MESSAGGERO

                Fermo, Lord Talbot, perché la mia padrona

                desidera sapere la causa della vostra brusca partenza.

TALBOT

                Madre mia, poiché sta facendo un grosso errore,

                me ne vado per informarla che Talbot è qui.

Entra il custode con le chiavi

CONTESSA

                Se tu sei Talbot, allora ti dichiaro prigioniero.

TALBOT

                Prigioniero? E di chi?

CONTESSA

                                                               Mio prigioniero,

                Lord sanguinario, e per questo motivo

                ti ho adescato dentro la mia casa.

                Da molto la tua immagine è stata in mio possesso,

                perché nella mia galleria è appeso il tuo ritratto;

                ora la tua sostanza materiale farà la stessa fine,

                e io metterò in ceppi gambe e braccia

                del tiranno che da molti anni devasta

                il nostro paese, ne uccide i cittadini, tiene

                segregati i nostri figli e mariti.

TALBOT

                Ah, ah, ah!

CONTESSA

                Ridi, infame? La tua allegria si muterà in lamento.

TALBOT

                Rido a vedere vossignoria che s'illude

                di avere qualcosa di più dell'immagine

                di Talbot su cui fare violenza.

CONTESSA

                Be'? Non sei tu l'uomo?

TALBOT

                                                               Oh sì, davvero.

CONTESSA

                Allora io ho anche la tua sostanza.

TALBOT

                No, no, io sono solo un'immagine

                di me: ti sei ingannata, poiché tu vedi solo

                la porzione più minuta di me, l'infima particella

                della forma d'un uomo. Ti dico, signora,

                che se l'intera sostanza di cui dispongo

                fosse qui, sarebbe di tali dimensioni

                che, a contenerla, non basterebbe il tuo tetto.

CONTESSA

                Costui è un venditore di indovinelli

                d'occasione. E qui, eppure non c'è;

                come si spiegano tali contraddizioni?

TALBOT

                Te lo mostrerò immediatamente.

Suona il corno, rulli di tamburi; una scarica di cannoni. Entrano i soldati.

                Che ne dici, signora, sei convinta ora

                che Talbot è solo l'immagine di sé?

                Ecco le sue sostanze: muscoli, braccia,

                il vigore con cui egli soggioga il vostro collo

                ribelle, rade al suolo le vostre città, distrugge

                i borghi, e in un istante fa terra bruciata.

CONTESSA

                Vittorioso Talbot, perdona il mio tranello;

                mi accorgo che sei come la fama ha divulgato,

                e più di quanto non esprima il tuo aspetto.

                La mia arroganza non provochi la tua ira,

                poiché mi dolgo di non averti accolto

                con riverenza per quel che sei.

TALBOT

                Non affliggerti, bella dama, e non fraintendere

                il pensiero di Talbot, così come errasti

                nel calcolare l'involucro esteriore del suo corpo.

                Ciò che tu hai fatto, non mi ha recato offesa,

                né altra riparazione io ambisco

                se non, col tuo permesso, di poter gustare

                il tuo vino e provare le tue leccornie.

                Poiché i soldati hanno sempre grandi appetiti.

CONTESSA

                Con tutto il cuore, considerami onorata

                di festeggiare un così grande guerriero a casa mia.

Escono.

Scena IV

Entrano Riccardo Plantageneto, Warwick, Somerset, Pole [Conte di Suffolk, Vernon e un avvocato].

PLANTAGENETO

                Nobili lord e signori, perché questo silenzio?

                Nessuno osa rispondere a difesa della verità?

SUFFOLK

                Dentro le aule del Temple abbiamo gridato troppo.

                Meglio si prestano questi giardini.

PLANTAGENETO

                E allora di' se non ho affermato verità,

                o se non sbagliava il capzioso Somerset?

SUFFOLK

                Parola mia, ho studiato poco la legge,

                mai ho potuto adattarla al mio volere

                e dunque adattare il mio volere alle sue norme.

SOMERSET

                Allora giudica tu, mio signore di Warwick

                chi tra noi due abbia ragione.

WARWICK

                Tra due falchi, quello che vola più alto;

                tra due cani, quello che ringhia più forte,

                tra due lame, la più temprata;

                tra due cavalli, quello che si porta meglio;

                tra due ragazze, quella che ha l'occhio più vispo.

                Il mio giudizio è forse poco profondo,

                ma in questi begli arzigogoli legali,

                in fede, non sono più saggio d'una taccola.

PLANTAGENETO

                Suvvia, questa è cortese reticenza.

                La verità appare così nuda al mio fianco

                che anche un occhio miope la può scorgere.

SOMERSET

                E al mio fianco è tanto bene adorna,

                così chiara, scintillante, nitida,

                da risplendere tra le palpebre d'un cieco.

PLANTAGENETO

                Dacché tenete la bocca serrata,

                né vi azzardate a proferire parola,

                con segni silenziosi mimate il vostro pensiero:

                colui che è un gentiluomo tutto d'un pezzo

                e saldo sta sull'onore del suo lignaggio,

                se ritiene che io abbia affermato la verità,

                colga con me tra questi rovi una rosa bianca.

SOMERSET

                E chi non è né un codardo né un adulatore,

                ma osa schierarsi con il partito della verità,

                colga con me tra quelle spine una rosa rossa.

WARWICK

                Non mi piacciono i colori, né il colore

                dell'adulazione bassa, insinuante:

                colgo col Plantageneto questa rosa bianca.

SUFFOLK

                Con il giovane Somerset colgo la rosa rossa,

                e dico inoltre che ritengo egli abbia ragione.

VERNON

                Fermi, lord e gentiluomini, non cogliete

                altre rose, finché non avrete stabilito

                che la fazione che ha strappato meno rose dalla pianta

                concederà il verdetto ai suoi rivali.

SOMERSET

                Una valida obiezione, mio buon signore;

                se ne avrò meno, sottoscriverò in silenzio.

PLANTAGENETO

                Anch'io.

VERNON

                Allora, per la verità e l'evidenza del caso,

                colgo questo bocciolo pallido e virginale:

                A mio giudizio va a favore della rosa bianca.

SOMERSET

                Non pungerti le dita, mentre lo cogli;

                altrimenti, con il tuo sangue dipingerai di rosso

                la rosa bianca, senza averne l'intenzione,

                e ti schiererai dalla mia parte.

VERNON

                Mio signore, se sanguinerò per la mia opinione,

                la buona opinione che gli altri hanno di me

                farà da chirurgo alla mia ferita

                e mi terrà dalla parte dove sono ora.

SOMERSET

                Ma bene: su, coraggio; chi altri?

AVVOCATO

                Se i miei studi e i miei libri non dicono

                il falso, le vostre argomentazioni

                sono sbagliate di fronte alla legge.

                In segno di ciò anch'io colgo la rosa bianca.

PLANTAGENETO

                Allora, Somerset, dove sono i tuoi argomenti?

SOMERSET

                Qui nel mio fodero, a ragionare

                sulla vostra rosa bianca, tinta di rosso sangue.

PLANTAGENETO

                Intanto, le vostre guance imitano

                le nostre rose, poiché appaiono bianche di paura,

                a testimonianza che la verità è dalla nostra parte.

SOMERSET

                No, Plantageneto, non è per la paura,

                ma per la rabbia, che le tue guance arrossiscono

                di vergogna sfacciata, imitando le nostre rose,

                e la tua lingua non vuole confessare l'errore.

PLANTAGENETO

                Somerset, non nutre un verme la tua rosa?

SOMERSET

                E la tua rosa, Plantageneto, non ha spine?

PLANTAGENETO

                Sì, aguzze e laceranti, per sostenerne la verità,

                mentre il tuo verme divoratore mangia il falso.

SOMERSET

                Ebbene, troverò amici pronti a indossare

                le mie rose sanguinanti, che sosterranno quel che dico,

                mentre il falso Plantageneto non oserà mostrarsi.

PLANTAGENETO

                Ora, con questo bocciolo virgineo in mano,

                tengo in disprezzo te e le tue maniere, ragazzaccio.

SUFFOLK

                Risparmiaci il tuo disprezzo, Plantageneto.

PLANTAGENETO

                Arrogante d'un Pole, invece lo rivolgo

                contro di lui e anche contro di te.

SUFFOLK

                Quel che mi dai, te lo ricaccio in gola.

SOMERSET

                Via, andiamo, buon William de la Pole;

                diamo credito a questo villanzone conversando con lui.

WARWICK

                Ora, per Dio, gli fai torto, Somerset.

                Il suo nonno era Lionel, Duca di Clarence,

                terzo figlio di Edoardo Terzo d'Inghilterra.

                Da radici così fonde spuntano villani spennacchiati?

PLANTAGENETO

                Approfitta dei privilegi del luogo;

                non oserebbe altrimenti parlare così

                con il suo ignobile cuore.

SOMERSET

                                                               Nel nome del Creatore,

                sosterrò le mie parole su ogni lembo di suolo cristiano.

                Non fu Riccardo, conte di Cambridge,

                tuo padre, giustiziato per alto tradimento

                nei giorni del defunto re Enrico?

                E, per quel tradimento, non sei anche tu reo,

                degradato, escluso dal rango della nobiltà?

                Il crimine della sua disobbedienza vive

                dentro il tuo sangue. Sei un villano qualunque

                finché non verrai riabilitato.

PLANTAGENETO

                Mio padre fu arrestato, incriminato

                illegalmente, e condannato a morte

                per tradimento, senza aver tradito.

                Questo proverò contro uomini migliori di Somerset,

                quando i tempi saranno maturi al mio volere.

                In quanto al tuo compare Pole, e a te stesso,

                vi segnerò nel mio libro della memoria,

                per farvi pagare la vostra malafede.

                Fate tesoro di questo avvertimento.

SOMERSET

                Ah, ci troverai sempre a tua disposizione,

                ci riconoscerai come nemici dal colore della rosa,

                un colore che indosseranno i miei amici, tuo malgrado.

PLANTAGENETO

                Per la mia anima, questa rosa pallida, irosa,

                come emblema del mio odio assetato di sangue,

                sempre indosserò assieme alla mia fazione,

                finché essa non appassisca sulla mia tomba,

                o non fiorisca fino all'altezza del mio rango.

SUFFOLK

                Va' pure avanti, e ti strozzi l'ambizione!

                Addio, dunque, fino al prossimo incontro. Esce.

SOMERSET

                Vengo con te, Pole. Addio, ambizioso Riccardo! Esce.

PLANTAGENETO

                Quanti insulti mi tocca sopportare!

WARWICK

                La macchia rinfacciata al tuo casato

                sarà cancellata dal prossimo parlamento,

                convocato a sancire la tregua tra Winchester

                e Gloucester. Se non sarai fatto York,

                io non vivrò per fregiarmi del titolo di Warwick.

                Intanto, come pegno del mio amore,

                contro l'altero Somerset e William Pole,

                indosserò questa rosa cara al tuo partito,

                e profetizzo qui che la contesa odierna,

                trasformata in lotta di fazioni nei giardini del Temple,

                spedirà anime a migliaia, le rose rosse e le bianche,

                verso la morte e la notte spietata.

PLANTAGENETO

                Mio buon Vernon, ti sono obbligato,

                perché hai colto un fiore in mio appoggio.

VERNON

                In tuo appoggio lo indosserò sempre.

AVVOCATO

                Anch'io.

PLANTAGENETO

                               Grazie, nobile signore. Andiamo

                a pranzo: in quattro facciamo una bella tavolata.

                Questa contesa berrà sangue un'altra giornata. Escono.

Scena V

Entrano Mortimer, trasportato su una seggiola, e i carcerieri.

MORTIMER

                Gentili custodi della mia età, fiacca, declinante,

                lasciate riposare qui Mortimer morente.

                Come in un uomo appena uscito dalla tortura

                le mie membra soffrono la lunga prigionia,

                e queste chiome grigie, messaggere di morte,

                proclamano la fine di Edmund Mortimer,

                un vecchio Nestore carico d'affanni.

                Simili a lampade il cui olio è consumato,

                questi occhi s'offuscano, già spenti.

                Schiacciate dal fardello del dolore,

                le deboli spalle, le braccia smidollate,

                assomigliano a una vite inaridita,

                coi tralci secchi penzolanti verso terra.

                Eppure a questi piedi, paralitico sostegno

                incapace di reggere questo mucchietto di creta,

                mette ali il desiderio di una tomba,

                perché sanno che non ho altro conforto.

                Ma dimmi, carceriere, verrà mio nipote?

PRIMO CARCERIERE

                Riccardo Plantageneto verrà, mio signore:

                lo abbiamo mandato a chiamare al Temple,

                nelle sue stanze, e ci fu confermata la sua venuta.

MORTIMER

                Tanto mi basta. La mia anima avrà soddisfazione.

                Povero gentiluomo! I suoi torti sono pari ai miei.

                Da quando salì al trono Enrico Monmouth,

                prima della cui gloria ero un grande guerriero,

                io subisco quest'orribile sequestro.

                E da allora Riccardo è messo in ombra,

                depredato degli onori e dell'eredità.

                Ma ora, il giudice conciliatore degli afflitti,

                la giusta Morte, arbitro imparziale

                d'ogni miseria umana, mi affranca da questo luogo

                con un gradito congedo. Vorrei che anche i suoi guai

                fossero in procinto di scomparire,

                così che egli possa recuperare ciò che fu perso.

Entra Riccardo [Plantageneto].

PRIMO CARCERIERE

                Mio signore, il tuo affezionato nipote è giunto.

MORTIMER

                Riccardo Plantageneto, amico mio, sei giunto?

PLANTAGENETO

                Sì, nobile zio, tanto maltrattato; ecco

                tuo nipote Riccardo, di recente altrettanto oltraggiato.

MORTIMER

                Levate le mie braccia verso il suo collo,

                che lo possa stringere, ed esalargli sul petto

                l'ultimo rantolo. Oh, ditemi quando

                le mie braccia sfiorano le sue guance,

                che gli possa dare un amorevole bacio

                prima della fine. [Lo abbraccia.] Dolce ramo del gran ceppo di York,

                dimmi ora il fresco oltraggio che hai subito.

PLANTAGENETO

                Prima, poggia la tua vecchia schiena

                contro il mio braccio, così che, a tuo agio,

                ti possa raccontare del mio disagio.

                Oggi, mentre discutevo d'una questione legale,

                scoppiò una lite tra Somerset e me,

                e, nello scambio di insulti, quella sua lingua

                spudorata mi rinfacciò la morte di mio padre.

                Quell'accusa m'inceppò la lingua,

                altrimenti avrei ribattuto alle sue offese.

                Perciò, buon zio, per amore di mio padre,

                in onore di un vero Plantageneto,

                in considerazione del legame di parentela,

                dimmi la causa che costò la testa

                a mio padre, il Conte di Cambridge.

MORTIMER

                La stessa causa che, caro nipote,

                ha consumato dentro un odioso carcere, in agonia,

                tutta la mia fiorente giovinezza,

                fu il dannato strumento della sua dipartita.

PLANTAGENETO

                Dischiudimi più in dettaglio tale causa,

                perché io la ignoro e non riesco a immaginarla.

MORTIMER

                Così sarà, se lo consente il mio fioco respiro

                e se la morte attende la fine del racconto.

                Enrico Quarto, il nonno del presente re,

                depose suo cugino Riccardo, figlio d'Edoardo,

                il primogenito e il legittimo erede

                di Re Edoardo, il terzo di sua stirpe.

                Durante il suo regno, i Percy del Nord,

                ritenendo l'usurpazione atto assai ingiusto,

                appoggiarono la mia candidatura al trono.

                La ragione che spinse quei bellicosi lord

                fu che (una volta eliminato il giovane Riccardo

                senza ch'egli avesse generato alcun erede)

                ero io il successore per nascita e lignaggio.

                Infatti, per parte di madre, io provengo

                da Lionel, Duca di Clarence, terzo figlio

                di Re Edoardo Terzo, mentre il re

                vanta discendenza da Giovanni di Gaunt,

                soltanto il quarto di quella eroica schiatta.

                Ma prendi nota: mentre erano impegnati

                nel poderoso e nobile sforzo di radicare

                il legittimo erede, io persi la libertà, loro la vita.

                Molto tempo dopo, durante il regno di Enrico Quinto

                (succeduto a suo padre Bullingbrook),

                tuo padre, allora Conte di Cambridge, discendente

                dal celebre Edmund Langley, Duca di York,

                sposando mia sorella, e cioè tua madre,

                preso da pietà per la mia dura sorte,

                arruolò un nuovo esercito, con l'intenzione

                di reclamare la corona e pormi sul trono.

                Ma come gli altri, quel nobile conte fu sconfitto

                e decapitato. Così i Mortimer a cui

                apparteneva il titolo, vennero liquidati.

PLANTAGENETO

                Tu, mio signore, sei l'ultimo di loro.

MORTIMER

                È vero, e vedi che sono senza discendenza

                e che le mie parole, sempre più deboli,

                sono garanti di morte. Tu sei il mio erede.

                il mio auspicio è che tu ti riprenda tutto;

                però sii cauto e accorto nei tuoi progetti.

PLANTAGENETO

                Mi farò guidare dai tuoi voti solenni.

                Eppure, credo, l'esecuzione di mio padre

                non fu altro che un atto di sanguinaria tirannia.

MORTIMER

                Nipote, il silenzio è prudenza politica.

                La casa di Lancaster ha salde fondamenta,

                che, come una montagna, non possono essere smosse.

                Ma ora è tuo zio a muoversi di qui,

                come i principi abbandonano la corte

                quando hanno a noia una protratta e fissa residenza.

PLANTAGENETO

                Se solo potessi riscattare la tua vecchiaia,

                zio, con una porzione dei miei giovani anni!

MORTIMER

                Mi faresti torto, come chi massacra

                infliggendo molte ferite, quando una sola uccide.

                Niente lutto, a meno che non ti dolga per il mio bene.

                Da' solo disposizione per il funerale, e, dunque,

                addio. Tutte le tue speranze siano esaudite

                e prospera la tua vita in pace e in guerra. Muore.

PLANTAGENETO

                E si diparta in pace, non in guerra, la tua anima!

                In prigione compisti un lungo pellegrinaggio,

                consumando da eremita i tuoi giorni.

                Bene, serro i suoi consigli nel mio petto,

                e quello che mi passa per la mente, tengo in serbo.

                Carcerieri, portatelo via: io stesso

                provvederò a funerali migliori della sua vita.

Escono [i carcerieri con il corpo di Mortimer].

                Qui si spenge la tenue fiaccola di Mortimer,

                soffocata dall'ambizione di gente meschina.

                In quanto ai torti, agli amari insulti

                che Somerset ha elargito alla mia casata,

                sono certo di saldare il conto con onore.

                Perciò mi affretto verso il parlamento,

                per essere reintegrato nel mio lignaggio,

                o perché dalle mie disgrazie possa trarre vantaggio.

Esce.

ATTO III

Scena I

Squilli di tromba. Entrano il Re [Enrico], Exeter, Gloucester, Winchester, Warwick, Somerset, Suffolk, Riccardo Plantageneto [e altri]. Gloucester cerca di presentare una lista di accuse; Winchester afferra il foglio e lo fa a pezzi.

WINCHESTER

                Vieni con le tue righe premeditate,

                con libelli congegnati ad arte?

                Humphrey di Gloucester, se tu hai accuse

                o colpe da addebitarmi qui davanti,

                fallo senza sotterfugi, senza indugio.

                Io, senza indugio o perdita di tempo,

                risponderò alle tue insinuazioni.

GLOUCESTER

                Prete strafottente, questo luogo mi impone

                la pazienza, o tu vedresti come so reagire

                alle tue azioni disonorevoli. Non pensare,

                se pure ho messo per iscritto

                le modalità dei tuoi crimini oltraggiosi,

                che perciò si tratti di falsificazioni,

                o che a viva voce non sia capace di recitare

                gli argomenti della penna. No, prelato,

                tanto ardisce la tua malvagità,

                la perfidia dei tuoi imbrogli audaci,

                esiziali e seminatori di zizzania,

                che perfino gli infanti balbettano

                della tua arroganza. Sei un usuraio micidiale,

                perverso per natura, nemico della pace,

                lussurioso e corrotto ben più di quanto non s'addica

                a un uomo del tuo rango e della tua professione.

                E il tuo tradimento non s'è manifestato apertamente

                quando mi hai teso un agguato, per togliermi la vita,

                ora presso il Ponte di Londra, ora alla Torre?

                Inoltre, temo che, se i tuoi pensieri fossero passati

                al setaccio, neppure il re, tuo sovrano, sarebbe immune

                dall'invido rancore del tuo cuore, gonfio di superbia.

WINCHESTER

                Gloucester, ti sfido, - Signori, chiedo grazia:

                date udienza a quello che ho da dire.

                Se fossi avido, ambizioso e perverso

                come mi raffigura, com'è che sono povero?

                E com'è che non cerco promozioni

                o avanzamenti di carriera, ma mi contento

                del mio usuale ministero? Quanto alla zizzania,

                chi agogna alla pace più di me? - Solo se provocato...

                No, miei buoni signori, non questo offende,

                non questo ha reso il duca furibondo.

                È che vuole essere solo lui a comandare,

                solo lui dovrebbe stare accanto al re;

                è questo che produce tuoni nel suo petto,

                che gli fa ruggire accuse a squarciagola.

                Ma sappia che io valgo quanto...

GLOUCESTER

                                                                              Quanto chi?

                Tu, nato bastardo di mio nonno!

WINCHESTER

                Sì, signor prepotente; e tu, scusa, chi sei?

                Uno che vuol comandare sul trono altrui?

GLOUCESTER

                Non sono il Protettore, prete insolente?

WINCHESTER

                E io non sono un prelato della chiesa?

GLOUCESTER

                Sì, come un fuorilegge dentro un castello,

                che adopera a protezione delle sue rapine.

WINCHESTER

                Gloucester irriverente!

GLOUCESTER

                                                               E tu, reverendo

                nelle funzioni spirituali, non nella tua vita.

WINCHESTER

                Roma porrà rimedio a questo.

WARWICK

                E tu rimedia un viaggio a Roma, allora.

                [A Gloucester] Signore, sarebbe vostro dovere essere tollerante.

SOMERSET

                Sì, che il vescovo non venga sopraffatto.

                [A Winchester] Il mio signore dovrebbe essere pio

                e conoscere le responsabilità di cui è investito.

WARWICK

                Vossignoria dovrebbe essere più umile;

                non si addice a un prelato il battibecco.

SOMERSET

                Invece sì, se si contesta la sua sacra funzione.

WARWICK

                Funzione o finzione sacra, cosa importa?

                Forse che sua grazia non è Protettore del re?

PLANTAGENETO [a parte]

                Plantageneto, m'avvedo, deve frenare

                la lingua, affinché non gli si dica:

                "Parla, signore, quando viene il tuo turno;

                il tuo giudizio presuntuoso deve interferire con i lord?"

                Altrimenti scambierei due battute con Winchester.

RE ENRICO

                Zio Gloucester e zio Winchester,

                speciali tutori dello stato d'Inghilterra,

                vi do il comando, se le preghiere hanno forza

                di comando, di unire i vostri cuori

                nell'amore e nell'amicizia. Quale scandalo,

                per la nostra corona, che due nobili Pari,

                come voi, siano in aspro conflitto!

                Credetemi, signori, i miei teneri anni

                possono già dire che la discordia civile

                è un verme viperino, che rode le budella

                della comunità.

Si ode un rumore fuori scena: "Abbasso le divise marroni!".

                                               Cos'è questo baccano?

WARWICK

                Un tumulto è facile arguire, iniziato

                a bella posta dagli uomini del vescovo.

Altri rumori: "Alle pietre! Alle pietre!".

Entra il Sindaco [di Londra, con il suo seguito].

SINDACO

                O miei buoni signori, e virtuoso Enrico,

                pietà per la città di Londra, pietà per noi!

                Gli uomini del vescovo e del Duca di Gloucester,

                a cui fu proibito di recente di portare armi,

                hanno riempito le tasche di ciottoli,

                e dopo essersi organizzati, si prendono

                con tanta foga a sassate sulla testa,

                che molti hanno il cervello balordo sfracellato.

                Le nostre imposte sono spaccate in ogni strada,

                e abbiamo dovuto chiudere i negozi per paura.

Entrano [dei domestici] con le teste insanguinate e si azzuffano.

RE ENRICO

                Per l'obbedienza a noi dovuta, vi ordiniamo

                d'arrestare la mano assassina, e far pace.

                Ti prego, zio Gloucester, placa la rissa.

PRIMO DOMESTICO

                No, se ci proibite le pietre, ci sbraneremo coi denti.

SECONDO DOMESTICO

                Provateci: siamo altrettanto risoluti. Riprende la zuffa.

GLOUCESTER

                Voi della mia casa, smettete quest'insulsa gazzarra

                e ritiratevi da questo scontro illegale.

TERZO DOMESTICO

                Mio signore, conosciamo vostra grazia

                come uomo giusto e tutto d'un pezzo,

                per nascita regale inferiore a nessuno, solo al re.

                Prima di acconsentire che un principe tale,

                un padre così buono dello stato,

                venga insultato da un imbrattacarte,

                combatteremo tutti, noi, le mogli, i figli,

                finché il nemico farà scempio dei nostri corpi.

PRIMO DOMESTICO

                Sì, e con frammenti d'unghia, da morti,

                fortificheremo il campo di battaglia.

Ricomincia [la zuffa].

GLOUCESTER

                Fermi, fermi, vi dico; se mi amate davvero,

                lasciatevi convincere alla tregua.

RE ENRICO

                Oh, come questa discordia affligge

                l'anima mia. E tu, signore di Winchester,

                puoi scorgere le mie lacrime, i sospiri,

                senza intenerirti? Se non hai misericordia,

                chi l'avrà? E chi s'ingegnerà a favorire

                la pace, se i santi uomini di chiesa

                traggono piacere dalle risse?

WARWICK

                Piégati, Lord Protettore; anche tu, Winchester,

                se non intendete opporvi al sovrano

                con ostinati dinieghi, e distruggere il regno.

                Vedete il male, e che crimini sono stati compiuti

                a causa della vostra inimicizia. Fate pace, dunque,

                se non avete sete di sangue.

WINCHESTER

                Tocca a lui sottomettersi, o io non mi piego.

GLOUCESTER

                La compassione per il re mi impone

                di umiliarmi; o gli strapperei il cuore al prete

                piuttosto che concedergli un tale privilegio.

WARWICK

                Osserva, signore di Winchester, il duca

                ha bandito il suo furioso e altero malcontento,

                come appare dal viso rilassato: perché

                tu hai ancora quella faccia da tragedia?

GLOUCESTER

                Ecco, Winchester, ti offro la mano.

[Winchester gli volge le spalle.]

RE ENRICO

                Vergogna, zio Beaufort! Ti udii predicare

                che il rancore era peccato grave, atroce;

                non vuoi rispettare i tuoi insegnamenti?

                Preferisci essere il primo che li infrange?

WARWICK

                Dolce re! Il vescovo s'è preso un bel rimprovero.

                Vergogna, signore di Winchester, smettila!

                Dunque, andrai a lezione da un fanciullo?

WINCHESTER

                Ebbene, Duca di Gloucester, mi piegherò a te.

                Scambio amore per amore, mano per mano.

GLOUCESTER [a parte]

                Sì, ma temo con un cuore falso. -

                Ecco, amici e cari concittadini,

                questo gesto è il pegno della tregua

                tra di noi due e tra tutti i nostri seguaci,

                e Dio m'assista, non c'è simulazione.

WINCHESTER

                Anche me assista Iddio! [A parte] Perché non ho intenzione.

RE ENRICO

                Caro zio, gentile Duca di Gloucester,

                quanta gioia c'è in me per questo patto!

                Suvvia, brava gente, non dateci più pena,

                ma unitevi in amicizia come i vostri padroni.

PRIMO DOMESTICO

                D'accordo, vado dal dottore.

SECONDO DOMESTICO

                                                                              Io pure.

TERZO DOMESTICO

                Io cercherò una medicina alla taverna.

Escono [i servi, il Sindaco e gli altri].

WARWICK

                Mio grazioso signore, accettate questa pergamena,

                che porgiamo a vostra maestà, in nome dei diritti

                di Riccardo Plantageneto.

GLOUCESTER

                Una supplica ben presentata, signore di Warwick,

                perché, dolce principe, se vostra grazia

                soppesa ogni circostanza, ci sono forti ragioni

                per rendere giustizia a Riccardo; specie per i motivi

                di cui informai vostra maestà a Eltham Place.

RE ENRICO

                E quei motivi, zio, erano assai solidi.

                Perciò, miei cari lord, a noi piace

                che Riccardo sia reintegrato nel suo sangue.

WARWICK

                Venga Riccardo reintegrato nel suo sangue,

                e risarcito il torto fatto al padre.

WINCHESTER

                Winchester si associa alla volontà altrui.

RE ENRICO

                Se sarai leale, Riccardo, ti concedo

                non solo questo, ma l'intera eredità

                che appartiene alla casata degli York

                da cui tu discendi in linea diretta.

PLANTAGENETO

                Il tuo umile servo ti giura obbedienza

                e in umiltà servizio fin che non giunga morte.

RE ENRICO

                Piega il tuo ginocchio, allora, e poggialo

                contro il mio piede. [Plantageneto si inginocchia.]

                                                               A guiderdone del dovere compiuto,

                ti cingo con la spada valorosa degli York.

                Alzati, Riccardo, da vero Plantageneto,

                alzati, Duca di York, principe regale.

YORK

                Prosperità a Riccardo, rovina ai tuoi nemici!

                E come si manifesta il mio dovere, [alzandosi] perisca

                chi nutre un solo pensiero ostile a tua maestà!

TUTTI

                Sii il benvenuto, grande principe, potente Duca di York!

SOMERSET [a parte]

                Perisci, spregevole principe, ignobile Duca di York!

GLOUCESTER

                Ora meglio converrà alla maestà vostra

                di varcare il mare per essere incoronato

                in Francia. La presenza del re genera amore

                tra i sudditi e gli amici fedeli, quanto essa

                scoraggia gli avversari.

RE ENRICO

                                                               Basta che Gloucester

                dica una parola ed Enrico è in viaggio.

                Contro i nemici, un consiglio d'amico è di vantaggio.

GLOUCESTER

                Le tue navi sono già pronte a partire.

Marcia regale. Squilli di tromba. Escono [tutti eccetto Exeter].

EXETER

                Ma sì, marciamo in Inghilterra o in Francia,

                senza vedere ciò che potrebbe capitare presto.

                Quest'ultimo dissidio, nato tra i Pari,

                brucia sotto le ceneri infide d'un amore simulato,

                ed eromperà alla fine in una gran fiammata.

                Come le membra in suppurazione marciscono

                grado a grado, finché ossa, carne, giunture,

                cadono a brandelli, così spargerà il suo contagio

                questa discordia spregevole e odiosa.

                Adesso temo la fatale profezia

                che al tempo di Re Enrico Quinto

                era sulla bocca d'ogni poppante, vale a dire,

                che Enrico nato a Monmouth avrebbe vinto tutto,

                ed Enrico nato a Windsor, perso tutto.

                Così palese è il corso degli eventi

                che Exeter spera di finire i suoi giorni

                prima che giunga quel tempo sciagurato. Esce.

Scena II

Entra la Pulzella travestita, assieme a quattro soldati con dei sacchi sulle spalle.

PULZELLA

                Ecco le porte cittadine, le porte di Rouen,

                dove il nostro tranello deve aprire un varco. Attenti,

                abbiate cura di usare con astuzia le parole,

                parlate come i soliti contadini che al mercato

                vengono a prender soldi per il loro grano.

                Se abbiamo accesso, come è mia speranza,

                e se troviamo poche guardie distratte,

                manderò un segnale al nostri amici,

                così che Carlo il Delfino possa aggredirle.

PRIMO SOLDATO

                Coi nostri sacchi metteremo a sacco

                la città, e saremo signori e padroni di Rouen.

                Perciò bussiamo. Bussano.

GUARDIA [da dentro]

                Qui là?

PULZELLA

                Paysans, la pauvre gent de France:

                poverelli che vanno al mercato a vendere il grano.

GUARDIA [aprendo la porta]

                Dentro. Andate: la campana del mercato è già suonata.

PULZELLA

                Ora, Rouen, raderò al suolo i tuoi bastioni.

Escono.

Entrano Carlo, il Bastardo, Alençon [, Reignier e le truppe].

CARLO

                San Dionigi benedica questo fausto stratagemma

                e di nuovo dormiremo al sicuro dentro Rouen.

BASTARDO

                La Pulzella e i suoi attori sono entrati di qui.

                Ora che è dentro, come ci avvertirà

                se qui è il passaggio migliore e più propizio?

REIGNIER

                Agitando una fiaccola da quella torre;

                una volta avvistata, sapremo che ci indica

                che questa porta, da cui è entrata, è la più sguarnita.

Entra la Pulzella, in alto, agitando una fiaccola accesa.

PULZELLA

                Osservate la lieta fiaccola nuziale

                che congiunge Rouen ai suoi connazionali,

                ma brucia fatale a Talbot e ai suoi seguaci.

BASTARDO

                Guarda, nobile Carlo, il segnale luminoso dell'amica.

                La fiaccola accesa, là, su quella torre.

CARLO

                Ora, che risplenda come una cometa di vendetta,

                profetessa di rovina ai nostri nemici!

REIGNIER

                Non perdete tempo; il ritardo arreca

                pericolose conseguenze. Entrate subito al grido

                "Per il Delfino!" e passate le guardie a fil di spada.

Suona l'allarme. [Escono.]

Allarme. [Entra] Talbot che compie una sortita.

TALBOT

                Francia, pagherai col pianto il tradimento,

                se solo Talbot soppravvive all'imboscata.

                La Pulzella, la strega, la dannata fattucchiera,

                ha combinato di sorpresa quest'imbroglio infernale,

                e a stento siamo sfuggiti all'arroganza francese. Esce.

Suona l'allarme. Incursioni. Bedford, malato, trasportato su una seggiola. Entrano Talbot e Borgogna; da dentro, sulle mura appaiono la Pulzella, Carlo, il Bastardo, [Alençon] e Reignier.

PULZELLA

                Buondì, valorosi. Volete grano per il pane?

                Credo che il Duca di Borgogna farà digiuno,

                prima di comprare ancora a questo prezzo.

                Era pieno di loglio: vi piace il suo sapore?

BORGOGNA

                Sbeffeggia pure, infame demonio,

                spudorata cortigiana! Confido di soffocarti presto

                col tuo grano e di farti maledire il suo raccolto.

CARLO

                Vostra grazia potrebbe crepare di fame,

                prima che giunga quel momento.

BEDFORD

                                                                              Non le parole,

                ma le azioni vendichino un tale tradimento.

PULZELLA

                Tu cosa farai, mio buon barbagrigia? Spezzi

                una lancia e carichi contro la morte su una sedia?

TALBOT

                Sconcio demonio di Francia, strega nefasta,

                circondata dai tuoi amanti lussuriosi,

                ti conviene schernire il suo valore antico

                e fare il verso, da codarda, a un uomo moribondo?

                Damigella, farò la lotta con te un'altra volta,

                o altrimenti perisca Talbot di vergogna.

PULZELLA

                Hai i bollori, mio signore? Ma sta' calma, Pulzella.

                Se Talbot appena tuona, seguirà un acquazzone.

[Gli Inglesi] si consultano a bassa voce.

                Salute al parlamento! Chi fa da portavoce?

TALBOT

                Ardisci di uscire e di incontrarci in campo aperto?

PULZELLA

                Mi sa che vostra signoria ci prende per pazzi,

                a provare nostro o meno ciò che già ci appartiene.

TALBOT

                Non parlo a quell'Ecate farneticante,

                ma a te, Alençon, e a tutti gli altri.

                Verrete fuori a combattere da soldati?

ALENÇON

                Signornò.

TALBOT

                Signor si impicchi. Quei vili mulattieri

                di Francesi, simili a rustici scudieri,

                rimangono sulle mura e non osano

                prendere le armi come gentiluomini.

PULZELLA

                Andiamo, capitani. Lasciamo le mura,

                gli sguardi di Talbot non promettono nulla

                di buono. Addio, mio signore: siamo venuti

                soltanto a dirti che siamo qui. Si allontanano dalle mura.

TALBOT

                E ci saremo anche noi, lì, tra non molto,

                o il biasimo sarà la fama più grande di Talbot.

                Fa' voto, Borgogna, sull'onore della tua casata,

                pungolato dai torti pubblici subiti in Francia,

                di riprendere la città, oppure di morire.

                E io, quanto è vero che vive Enrico d'Inghilterra,

                e che suo padre fece qui il conquistatore,

                quant'è vero che in questa città or ora tradita

                fu sepolto il cuore del gran Coeur-de-lion,

                così io giuro di prendere la città o di morire.

BORGOGNA

                I miei voti fanno stretta compagnia ai tuoi.

TALBOT

                Ma prima di attaccare, riguardo a questo principe

                che muore, il prode Duca di Bedford. - Vieni, signore,

                ti tradurremo in un posto migliore,

                più adatto alla malattia e alla fragile età.

BEDFORD

                Lord Talbot, non arrecarmi disonore.

                Qui starò seduto, davanti alle mura di Rouen,

                Vi sarò compagno nella buona o nella mala sorte.

BORGOGNA

                Valente Bedford, lasciati convincere da noi -

BEDFORD

                Di non andarmene da qui; poiché lessi una volta

                che il prode Pendragon, malato, sulla sua lettiga,

                si spinse fin sul campo e sconfisse i nemici.

                Io dovrei, credo, rinvigorire il cuore dei soldati,

                poiché l'ho sempre trovato uguale al mio.

TALBOT

                Spirito indomito in un petto moribondo.

                Così sia; che il cielo protegga il vecchio Bedford!

                E ora basta con la confusione, valoroso Borgogna,

                ma raccogliamo le forze all'istante

                e diamo addosso al nemico insolente.

Esce [dentro la città con Borgogna e le truppe].

Suona l'allarme. Incursioni. Entrano Sir John Fastolf e un Capitano.

CAPITANO

                Dove correte, Sir John Fastolf, tanto in fretta?

FASTOLF

                Dove corro? A salvarmi con la fuga.

                È probabile che ce le suonino un'altra volta.

CAPITANO

                Ma come? Fuggite abbandonando Lord Talbot?

FASTOLF

                Sì, tutti i Talbot del mondo, per salvarmi la pelle. Esce.

CAPITANO

                Cavaliere codardo, che ti segua la scalogna.

Esce [dentro la città].

Ritirata. Incursioni. La Pulzella, Alençon e Carlo [entrano in fuga dalla città] allontanandosi.

BEDFORD

                Ora, anima placata, quando piaccia al cielo,

                compi il tuo viaggio, perché ho visto in rotta i nemici.

                Quale fiducia, quale forza ha lo sciocco?

                Chi prima si divertiva a sbeffeggiare, adesso

                è ben felice di mettersi in salvo con la fuga.

                Bedford muore ed è portato fuori sulla sedia da due soldati.

Suona l'allarme. Entrano Talbot, Borgogna e gli altri.

TALBOT

                In un giorno perduta e riconquistata!

                Questo raddoppia l'onore, Borgogna;

                eppure questa vittoria va a gloria del Cielo.

BORGOGNA

                Bellicoso e marziale Talbot, Borgogna

                ti racchiude nel tempio del suo cuore, e lì innalza

                un monumento al valore delle tue alte gesta.

TALBOT

                Grazie, nobile duca. Ma dov'è ora la Pulzella?

                Credo che sia addormentato quel suo vecchio compare.

                E dove sono ora le vanterie del Bastardo?

                I lazzi di Carlo? Come? Silenzio di tomba?

                Rouen china il capo addolorata

                che la balda compagnia si sia involata.

                Ora faremo un po' di ordine in città,

                collocandovi funzionari competenti,

                e poi torneremo dal re, a Parigi, poiché là

                il giovane Enrico risiede con i nobili.

BORGOGNA

                Piace a Borgogna ciò che Lord Talbot vuole.

TALBOT

                Tuttavia, prima di andare, non dimentichiamo

                il nobile Duca di Bedford, appena defunto,

                e provvediamo alle sue esequie qui a Rouen.

                Un soldato più prode mai impugnò lancia,

                un cuore più nobile mai s'impose a corte,

                ma i re e i capi supremi non sfuggono alla morte,

                perché dell'uomo questa è la misera sorte. Escono.

Scena III

Entrano Carlo, il Bastardo, Alençon, la Pulzella [e i soldati].

PULZELLA

                Non scoraggiatevi, principi, per questo imprevisto,

                né addoloratevi per la riconquista di Rouen:

                una situazione senza rimedio viene aggravata,

                non alleviata, dall'eccessivo affanno.

                Che quell'esaltato di Talbot abbia un breve trionfo,

                e come un pavone faccia la sua ruota:

                noi gli strapperemo le piume e gli mozzeremo la coda,

                se il Delfino e gli altri si faranno guidare.

CARLO

                Finora siamo stati diretti da te,

                né abbiamo provato diffidenza per le tue arti.

                Un improvviso rovescio non provocherà sfiducia.

BASTARDO [alla Pulzella]

                Col tuo ingegno progetta un piano segreto

                e ti renderemo famosa in tutto il mondo.

ALENÇON

                Innalzeremo la tua statua in un luogo sacro

                e sarai venerata come una santa benedetta.

                Adoperati, dolce vergine, per il nostro bene.

PULZELLA

                Che sia così. Ecco il piano di Giovanna:

                con parole belle e persuasive, di zucchero,

                alletteremo Borgogna ad abbandonare Talbot,

                e a passare dalla nostra parte.

CARLO

                Ma sì, dolcezza, se si potesse fare,

                la Francia non sarebbe un posto accogliente

                per i guerrieri di Enrico, né quella nazione

                avrebbe tanto da vantarsi con noi,

                ma verrebbe estirpata dalle nostre province.

ALENÇON

                Per sempre sarebbero espulsi dalla Francia

                senza aver qui neppure il diritto a una contea.

PULZELLA

                Le vostre signorie mi ammireranno all'opera

                per portare la faccenda all'agognato compimento.

In lontananza rulla il tamburo.

                Udite! Il suono del tamburo ci avverte

                che le loro forze marciano verso Parigi.

Risuona una marcia inglese.

                Talbot se ne va con gli stendardi dispiegati

                e tutte le truppe inglesi gli stanno dietro. Marcia francese.

                Adesso avanzano il duca e i suoi in retroguardia:

                il destino propizio lo rallenta dietro agli altri.

                Chiedete un colloquio e con lui parleremo.

Le trombe suonano la richiesta di parlamentare.

CARLO

                Un colloquio col Duca di Borgogna!

[Entra Borgogna con i suoi soldati.]

BORGOGNA

                Chi vuole parlamentare con Borgogna?

PULZELLA

                Il maestoso Carlo di Francia, tuo compatriota.

BORGOGNA

                Cos'hai da dire, Carlo? Sono in marcia da qua.

CARLO

                Parla, Pulzella, e gettagli il tuo incantesimo.

PULZELLA

                Prode Borgogna, speranza indubitabile di Francia,

                rimani, lascia che la tua umile serva ti parli!

BORGOGNA

                Parla, allora, ma non farla troppo lunga.

PULZELLA

                Guarda il tuo paese, guarda la fertile Francia,

                e osserva le città e i borghi annientati

                dalle devastazioni del nemico crudele.

                Così guarda la madre il suo bambino che si spenge

                quando la morte gli chiude i teneri occhi sbarrati.

                Osserva, osserva il morbo della Francia in agonia,

                posa gli occhi sulle ferite - ferite disumane! -

                che proprio tu hai inferto nel suo petto addolorato.

                Oh, volgi altrove la tua spada affilata:

                colpisci chi le fa del male, non chi le è d'aiuto.

                Una goccia di sangue estratta dal seno della patria

                dovrebbe addolorarti più che un fiume di sangue

                straniero. Torna dunque con un diluvio di lacrime

                a cancellare le macchie che deturpano la tua patria.

BORGOGNA [a parte]

                O lei mi ha stregato con le sue parole,

                o di colpo mi intenerisce un istinto naturale.

PULZELLA

                Inoltre, tutti i Francesi, e la Francia intera

                lanciano contro di te gravi accuse, dubitando

                della tua nascita e del tuo legittimo lignaggio.

                Di chi sei alleato? Di una nazione superba

                che non si fida di te, se non per interesse.

                Una volta che Talbot avrà occupato la Francia,

                avendoti plasmato come strumento del male,

                chi se non Enrico d'Inghilterra sarà padrone,

                mentre tu, derelitto, verrai scacciato?

                Ci sovviene - e considera solo questa prova:

                non ti era nemico il Duca d'Orléans?

                E non era egli prigioniero in Inghilterra?

                Ma quando seppero che era tuo rivale,

                lo liberarono senza esborso del riscatto,

                malgrado Borgogna e tutti i suoi amici.

                Dunque lo vedi, tu combatti i tuoi connazionali

                e stringi alleanza con i tuoi carnefici.

                Su, su, ritorna, signore errabondo!

                Carlo e gli altri ti accoglieranno a braccia aperte.

BORGOGNA [a parte]

                Mi ha conquistato: le sue alte parole

                hanno infranto tutte le mie difese,

                come rombanti colpi di cannone,

                e quasi mi hanno piegato le ginocchia. -

                Perdono, patria, e dolci compatrioti!

                Signori, accettate questo abbraccio cordiale.

                Le mie forze, gli uomini a mia disposizione

                sono vostri. Addio, Talbot. Non ti credo più.

PULZELLA [a parte]

                Da buon Francese, davvero un gran girella.

CARLO

                Benvenuto, prode duca, la tua amicizia ci dà vigore.

BASTARDO

                E sprigiona nuovo coraggio nel nostro petto.

ALENÇON

                La Pulzella ha recitato la sua parte

                assai bene, e merita un diadema d'oro.

CARLO

                Orsù, adesso, miei signori, uniamoci alle nostre forze

                e sforziamoci di arrecare offesa al nemico. Escono.

Scena IV

[Squilli di tromba.] Entrano il Re, Gloucester, Winchester, [Riccardo Plantageneto, ora Duca di] York, Suffolk, Somerset, Warwick, Exeter [, Vernon, Basset e altri]: a essi si fa incontro Talbot con i suoi soldati.

TALBOT

                Mio grazioso principe, e onorevoli pari,

                udendo del vostro arrivo in questo regno,

                ho dato per il momento tregua alla guerra,

                per rendere l'omaggio dovuto al mio sovrano.

                A prova di ciò, questo braccio che ha imposto

                per voi obbedienza a cinquanta fortezze,

                a dodici borghi e sette città circondate da potenti mura,

                e inoltre a cinquecento prigionieri d'alto rango,

                lascia cadere la spada ai piedi di vostra altezza,

                e con una leale sottomissione che viene dal cuore

                ascrive la gloria delle conquiste ottenute

                prima a Dio, e poi a vostra grazia. [Si inginocchia.]

RE ENRICO

                È costui quel Lord Talbot, zio Gloucester,

                che da tanti anni ha dimora in Francia?

GLOUCESTER

                Sì, mio signore, a vostra maestà piacendo.

RE ENRICO

                Benvenuto, prode capitano e vittorioso lord!

                Quand'ero giovane (non che ora sia vecchio),

                ricordo dire da mio padre che mai campione

                più valente aveva impugnato la spada.

                Da tempo eravamo convinti della tua sincerità,

                dei tuoi fedeli servigi, delle tue fatiche in guerra;

                tuttavia, non hai gustato ricompensa,

                neppure un grazie ti è stato elargito,

                perché non avevamo mai visto prima il tuo volto.

                Alzati, dunque. Per i tuoi meriti qui ti creiamo

                Conte di Shrewsbury, e ti invitiamo a prender posto

                nella cerimonia dell'incoronazione.

Marcia trionfale. Squilli di tromba. Escono tutti eccetto Vernon e Basset.

VERNON

                Ora, signore, tu che, in mare, t'accanivi

                a insultare le insegne che io porto

                in onore del nobile Duca di York,

                osi confermare le parole allora pronunciate?

BASSET

                Sissignore, così come tu osi dar manforte

                al latrato maligno della tua lingua

                che insolentisce il Duca di Somerset, mio padrone.

VERNON

                Messere, il tuo lord lo onoro per quel che è.

BASSET

                Be', e cos'è? Vale quanto York!

VERNON

                Non è mica vero, sai. Ecco la prova: tieni! Lo colpisce.

BASSET

                Malvagio, tu conosci la legge

                sull'uso delle armi: a chi sguaina la spada,

                morte immediata, altrimenti questo colpo

                farebbe zampillare sangue prezioso.

                Mi recherò da sua maestà, a supplicarlo

                che mi si dia licenza di vendicare questo torto.

                Vedrai, la prossima volta che ti incontro,

                ne farai le spese.

VERNON

                                               Ah sì, codardo?

                Ci vengo anch'io con la tua stessa fretta.

                Poi, prima che tu lo voglia, ti faccio la festa. Escono.

ATTO IV

Scena I

[Squilli di tromba.] Entrano il Re, Gloucester, Winchester, York, Suffolk, Somerset, Warwick, Talbot, il Governatore [di Parigi], Exeter [e altri].

GLOUCESTER

                Potente vescovo, poni la corona sul suo capo.

WINCHESTER

                Dio salvi Re Enrico, sesto di tale nome!

[Winchester incorona Re Enrico.]

GLOUCESTER

                Ora, Governatore di Parigi, presta giuramento:

[Il Governatore si inginocchia.]

                non avrai altro re fuori di lui,

                reputa amici solo coloro che gli sono amici,

                nemici solo coloro che tesseranno

                trame oscure contro il suo governo.

                Così farai, e che t'aiuti la giustizia di Dio!

Entra Fastolf.

FASTOLF

                Mio grazioso sovrano, mentre mi precipitavo,

                al galoppo, da Calais per assistere all'incoronazione,

                una lettera mi fu consegnata tra le mani,

                scritta a vostra grazia dal Duca di Borgogna.

TALBOT

                Disonore al Duca di Borgogna e a te!

                Ho fatto voto, vile cavaliere, che avrei strappato,

                al nostro primo incontro, la giarrettiera

                dalla tua gamba di codardo. [Gliela strappa.]

                Ora l'ho fatto, perché indegnamente

                tu fosti ammesso a quell'alto grado. -

                Perdono, Re Enrico, e tutti gli altri:

                questo cialtrone, alla battaglia di Patay,

                quando disponevo appena di seimila uomini,

                ed i Francesi combattevano dieci contro uno,

                prima dello scontro, prima che un sol colpo

                fosse infetto, fuggì, proprio un fidato scudiero.

                In quell'assalto ne perdemmo milleduecento,

                io stesso e con me parecchi gentiluomini

                fummo là sopraffatti e presi prigionieri.

                Giudicate, allora, grandi lord,

                se ho esagerato o se simili vigliacchi

                dovrebbero indossare questa onorificenza

                cavalleresca. Dite sì o no!

GLOUCESTER

                A dire il vero, quell'azione fu infame,

                tale da screditare un normale cittadino,

                molto di più un cavaliere, un capitano, un capo.

TALBOT

                Signori, quando in origine l'ordine

                fu fondato, i Cavalieri della Giarrettiera

                erano di nascita nobile, valorosi e virtuosi,

                pieni di superbo coraggio, promossi

                per i meriti militari. Non timorosi della morte,

                né sprezzanti del rischio; sempre risoluti

                di fronte ai pericoli più estremi.

                Dunque colui che non possiede tali qualità,

                usurpa il sacro nome di cavaliere,

                profanando quest'ordine così onorato,

                e dovrebbe, se io fossi degno di far da giudice,

                essere degradato, alla stregua d'un bifolco

                nato ai bordi della strada, tanto sfacciato

                da vantarsi d'aver sangue nobile.

RE ENRICO

                Sei un'onta per i tuoi compatrioti;

                ecco il tuo destino! Sloggia; tu che fosti cavaliere,

                d'ora in avanti, sotto pena di morte, sei bandito.

[Esce Fastolf.]

                E ora, Lord Protettore, esamina la lettera

                inviataci dal Duca di Borgogna, nostro zio.

GLOUCESTER

                Cosa intende sua grazia, a mutar stile?

                Niente più che un semplice brusco: "Al re"!

                Ha dimenticato che egli è il suo sovrano,

                o questo indirizzo villano comporta

                una modifica nella sua buona volontà?

                Cos'è questo? [Legge] "Per motivi particolari,

                mosso da compassione per la rovina della patria,

                e dai pietosi lamenti di coloro

                di cui si ciba il tuo regime autoritario,

                ho abbandonato la tua fazione nefasta,

                e mi sono unito a Carlo, legittimo re di Francia."

                O tradimento mostruoso! Può accadere questo?

                Che alleanza, amicizia, giuramenti nutrano

                tali inganni fraudolenti?

RE ENRICO

                Cosa? Mio zio Borgogna si ribella?

GLOUCESTER

                Proprio così, signore, ed è diventato tuo nemico.

RE ENRICO

                È questo il peggio che quella lettera contiene?

GLOUCESTER

                Il peggio, signore, e tutto quello che scrive.

RE ENRICO

                Ebbene, allora Lord Talbot parlerà con lui

                e lo castigherà per questa slealtà. -

                Cosa dici, mio signore, non sei soddisfatto?

TALBOT

                Soddisfatto, mio re? Sì, se non fossi stato

                prevenuto, avrei sollecitato io l'incombenza.

RE ENRICO

                Dunque raccogli le truppe e marcia

                dritto su di lui. Fagli capire

                che mal tolleriamo il suo tradimento

                e quale offesa è insultare gli amici.

TALBOT

                Vado, signore, e nel mio cuore porto il desiderio

                che tu possa scorgere i tuoi nemici in confusione. [Esce.]

Entrano Vernon e Basset.

VERNON

                Concedetemi il duello, grazioso sovrano.

BASSET

                Anche a me, mio signore, concedete di combattere.

YORK

                Costui è un mio servo: ascoltalo, nobile principe.

SOMERSET

                E questi è mio; dolce Enrico, favoritelo.

RE ENRICO

                Siate pazienti, signori, e fateli parlare.

                Dite, gentiluomini, cosa vi fa alzare così la voce?

                E perché agognate di combattere, e con chi?

VERNON

                Con lui, mio signore, perché mi ha fatto torto.

BASSET

                E io con lui, perché mi ha fatto torto.

RE ENRICO

                Di quale torto ognuno di voi si lamenta?

                Prima fatevi capire, e poi vi darò risposta.

BASSET

                Nel valicare il mare da Inghilterra a Francia,

                questo individuo mi ha rinfacciato,

                con la sua mala lingua, la rosa che io indosso

                dicendo che il colore sanguigno dei suoi petali

                rappresentavano le guance rosse di vergogna

                del mio padrone, quando ostinato si oppose

                al vero su una certa questione legale

                discussa tra di lui e il Duca di York; e questo

                accompagnato da vili epiteti ingiuriosi.

                A confutare quei rozzi rimproveri

                e a difesa della nobiltà del mio signore

                supplico il beneficio del codice d'arme.

VERNON

                Questa è anche la mia petizione, nobile signore;

                poiché sebbene sembri che egli dia lustro

                al suo scopo sfrontato con astuti e subdoli argomenti,

                tuttavia sappiate, mio signore, che da lui fui provocato,

                che lui per primo obiettò a questo segno,

                proclamando che il pallore del fiore

                rivelava il pavido cuore del mio padrone.

YORK

                Quando finiranno, Somerset, queste perfidie?

SOMERSET

                Monsignore di York, il tuo astio prorompe

                anche se con tanta furberia lo soffochi nel petto.

RE ENRICO

                Buon Dio, che follia governa cervelli malati,

                se un motivo così frivolo e insignificante

                innesca rivalità tanto settarie!

                Cari cugini entrambi, York e Somerset,

                calmatevi, vi prego, e fate pace.

YORK

                Venga prima risolta con le armi questa lite

                e poi vostra altezza comanderà la pace.

SOMERSET

                La disputa riguarda solo noi due,

                tra noi due soli deve essere risolta.

YORK

                Ecco il mio pegno; accettalo, Somerset.

VERNON

                No, la questione rimanga dove ebbe inizio.

BASSET

                Date il vostro consenso, onorato signore.

GLOUCESTER

                Ma quale consenso? Siano maledette

                le vostre risse, crepate voi e le vostre ciarle insolenti!

                Vassalli boriosi, non provate vergogna

                a disturbare e a preoccupare il re e noi

                con lo strepito delle vostre beghe presuntuose?

                E voi, signori, non mi pare bello

                che tolleriate le loro accuse pervicaci,

                e ancora meno che approfittiate degli insulti,

                per scatenare tra voi stessi una contesa.

                Fatevi guidare a più mite consiglio.

EXETER

                Ciò addolora sua altezza; siate amici,

                buoni signori.

RE ENRICO

                                               Venite qui voi che vorreste

                affrontarvi in duello. V'impongo, da ora in poi,

                se non volete perdere il mio favore,

                di scordare del tutto questa lite e i suoi motivi.

                Invece voi, miei lord, ricordatevi dove siamo:

                in Francia, una nazione volubile e ondeggiante.

                Se nel nostro aspetto essi scorgono il dissenso,

                e che non andiamo d'accordo tra di noi,

                come sarà pronto il loro spirito scontento

                alla disobbedienza caparbia, alla rivolta!

                Inoltre, quale ignominia subiremo

                quando ai principi stranieri sarà noto

                che per un gioco, per una cosa senza peso,

                i Pari di Re Enrico, l'antica nobiltà, da sé

                si sono distrutti, perdendo il regno di Francia?

                Oh, pensate alle conquiste di mio padre,

                ai miei teneri anni; non facciamoci strappare

                per un nonnulla ciò che fu comprato con il sangue!

                Farò io da arbitro in questa lite fastidiosa.

                Non vedo motivo, se indosso questa rosa,

[si mette una rosa rossa]

                che per ciò si sospetti una mia predilezione

                per Somerset piuttosto che per York:

                entrambi mi sono consanguinei, entrambi io amo.

                Sarebbe come se mi rimproverassero la corona,

                perché, invero, anche il re di Scozia è coronato.

                Ma vi convincerà il vostro discernimento

                più di quanto possa io istruirvi o educarvi.

                Pertanto, poiché qui in pace siamo giunti,

                proseguiamo in pacifica armonia.

                Cugino di York, Vostra Grazia è nominata

                nostro reggente nelle province della Francia;

                e tu, mio buon signore di Somerset,

                unisci i tuoi squadroni di cavalleria

                ai suoi reparti di fanteria.

                Come sudditi sinceri, figli dei vostri progenitori,

                procedete assieme in allegria

                e scaricate la bile rabbiosa sui nemici.

                In quanto a noi, al Lord Protettore e agli altri,

                dopo una sosta torneremo a Calais;

                e da lì in Inghilterra, dove spero che, presto,

                con le vostre vittorie, mi farete dono di Carlo,

                d'Alençon, e di tutta quella marmaglia sediziosa.

[Squilli di tromba.] Escono [tutti eccetto] York, Warwick, Exeter, Vernon.

WARWICK

                Monsignore di York, di sicuro il re

                ha mostrato grandi doti da oratore.

YORK

                Altroché, però non ho apprezzato

                Il fatto che egli porti l'insegna di Somerset.

WARWICK

                Via, è solo un capriccio. Non biasimatelo.

                Oso ritenere, dolce principe, che egli non avesse

                cattivi pensieri.

YORK

                                               Se pensassi il contrario...

                ma lasciamo perdere. Altre questioni vanno affrontate.

Escono [tutti eccetto] Exeter.

EXETER

                Hai fatto bene, Riccardo, a frenare la lingua;

                perché, se fossero esplose le passioni del tuo cuore,

                credo che vi avremmo letto i segni cifrati

                di una rabbia ancora più gonfia di rancore,

                e d'un tumulto di liti ancora più furiose,

                di quanto si possa già immaginare o supporre.

                Comunque sia, anche l'uomo più ingenuo,

                nel vedere gli stridenti contrasti nobiliari,

                le gomitate che si scambiano a corte,

                i seguaci che si organizzano in bande rivali,

                scorgerebbe il presagio di qualche infausto evento.

                È già un bel guaio, quando lo scettro è posto

                nelle mani di un bimbo. Peggio quando la perfidia crea

                fratture innaturali nell'aristocrazia.

                Giunge allora la rovina, comincia un periodo d'anarchia.

Esce.

Scena II

Talbot entra con trombe e tamburi davanti a Bordeaux.

TALBOT

                Trombettiere, va' alle porte di Bordeaux,

                convoca il loro generale sulle mura.

Suona [la tromba.] In alto entra il Generale [con altri].

                Capitani, vi manda a chiamare Talbot l'inglese,

                che serve in armi Enrico d'Inghilterra,

                e così vi impone: aprite le porte cittadine,

                sottomettetevi a noi, chiamate vostro

                il mio sovrano e rendetegli omaggio

                come sudditi obbedienti; io ritirerò

                me stesso e il mio esercito cruento.

                Ma se v'infischiate delle mie profferte di pace,

                attizzate la furia dei miei tre seguaci,

                la scarna carestia, l'acciaio squartatore,

                il fuoco guizzante: essi, in un momento,

                raderanno al suolo le vostre torri

                maestose e svettanti, se rifiutate

                l'offerta della loro indulgenza.

GENERALE

                Tu, lugubre e pauroso gufo annunciatore

                di morte, terrore della nostra nazione,

                suo cruento flagello, la conclusione

                della tua tirannia s'avvicina. Tu non puoi

                giungere fino a noi, se non con la tua morte;

                poiché io dichiaro che noi siamo ben protetti

                dalle mura, e abbiamo forze a sufficienza

                da uscirne fuori per dare battaglia.

                Se ti ritiri, il Delfino, ben attrezzato,

                è pronto a intrappolarti nei laccioli.

                Gli squadroni sono schierati da ogni parte

                a ostacolarti ogni possibilità di fuga.

                Ovunque ti volti a cercare aiuto,

                solo la morte t'attende, per spartire

                la preda, e la pallida Distruzione

                si para davanti alla tua faccia.

                Diecimila Francesi hanno fatto giuramento,

                con la comunione, di scaricare

                i cannoni micidiali solo su Talbot l'inglese,

                fra tutte le anime cristiane.

                Ecco, tu te ne stai palpitante di coraggio,

                con uno spirito indomito invincibile.

                Questo è l'ultimo omaggio alla tua gloria

                che io ti devo, da nemico. Infatti,

                prima che la clessidra, che da adesso

                comincia a misurare la sua ora,

                esaurisca la caduta del suo rivolo di sabbia,

                questi occhi, che adesso ti vedono in salute,

                scorgeranno il tuo corpo insanguinato,

                rigido, cadaverico, abbandonato.

Rulla un tamburo in lontananza.

                Ascolta, ascolta il tamburo del Delfino,

                una campana che suona a martello,

                lugubre musica per la tua anima impaurita;

                la mia squillerà per la tua fine orrenda.

Escono [in alto, il Generale e gli altri].

TALBOT

                Non racconta frottole: odo il nemico.

                Fuori, la cavalleria leggera vada

                in ricognizione, a esplorare i loro fianchi.

[Escono uno o più soldati.]

                O disciplina negligente e sbadata!

                Siamo rinchiusi e stretti in un recinto,

                esiguo branco di tremanti cervi d'Inghilterra,

                storditi da una muta ringhiante

                di cagnacci francesi! Se dobbiamo essere

                cervi inglesi, lottiamo con la loro vigoria

                senza cedere al primo beve morso,

                simili a cerbiatti, ma, piuttosto, furibondi;

                e come i maschi dei cervi, imbizzarriti,

                volgiamo la testa d'acciaio contro i segugi

                assetati di sangue, e teniamo quei vili

                alla larga, impotenti. Che ogni uomo

                venda cara la vita come faccio io.

                E si accorgeranno, amici, quanto è cara

                la carne di cervo. Dio e San Giorgio,

                Talbot e i diritti d'Inghilterra,

                sostengano i nostri colori in questa guerra! [Escono.]

Scena III

Entra un Messaggero che va incontro a York. Entra York con un trombettiere e molti soldati.

YORK

                Non sono ancora tornati i veloci esploratori

                sulle tracce del potente esercito del Delfino?

MESSAGGERO

                Sono tornati, mio signore, a riferire

                che egli si dirige a Bordeaux con le sue truppe

                a combattere Talbot; mentre era in marcia,

                i nostri osservatori hanno individuato

                due schiere ancora più forti, che si sono unite

                al Delfino, per convergere assieme su Bordeaux.

YORK

                La peste colga quel malvagio di Somerset

                che ritarda tanto i rifornimenti promessi

                di cavalieri arruolati per questo assedio!

                L'illustre Talbot si attende un mio aiuto,

                e io vengo beffato da un dannato traditore

                e non posso soccorrere il nobile campione.

                Dio l'assista in questo momento di bisogno.

                Se fallisce, addio campagna di Francia!

Entra un altro messaggero [Sir William Lucy].

LUCY

                Tu, augusto comandante delle forze inglesi,

                mai così necessario in terra di Francia,

                a spron battuto corri a salvare il nobile Talbot,

                che ora è stritolato da una cintura di ferro,

                e incalzato dalla truce distruzione.

                A Bordeaux, duca marziale! A Bordeaux, York!

                Sennò, addio Talbot, Francia e onore d'Inghilterra!

YORK

                O Dio, se Somerset, che con la sua arroganza

                blocca i miei cavalieri, fosse al posto di Talbot!

                Così salveremmo un valoroso gentiluomo

                scambiandolo con un traditore, un vigliacco.

                Piango di rabbia funesta, d'ira furibonda:

                perché noi periamo in questo modo,

                mentre i traditori dormono sodo.

LUCY

                Oh, inviate soccorsi al disgraziato lord!

YORK [a parte]

                Egli muore, noi perdiamo. Io infrango

                la mia parola di guerriero; noi siamo in lutto,

                la Francia sorride; noi perdiamo, loro guadagnano

                ogni giorno, e tutto questo per colpa

                di quel vile traditore di Somerset!

LUCY

                Allora Dio abbia pietà dell'anima del prode Talbot,

                e di suo figlio, il giovane John, che due ore fa

                ho incrociato mentre era in viaggio per raggiungere

                il bellicoso padre. Da sette anni Talbot non lo vede,

                ora si incontrano dove sono disfatte le loro vite.

YORK

                Ahimè, quale gioia proverà il nobile Talbot

                a salutare il suo ragazzo sulla tomba?

                Andiamo! L'angoscia quasi mi soffoca

                il respiro, al pensiero che amici separati

                si riabbracciano nell'ora della morte.

                Addio, Lucy, mi è concesso soltanto

                di maledire la causa dell'insuccesso.

                Maine, Blois, Poitiers e Tours ci sono tolte,

                e tutto per il ritardo di Somerset, per le sue colpe.

Esce [con i suoi soldati].

LUCY

                Così, mentre l'avvoltoio della rivolta

                si nutre nel seno dei sommi condottieri,

                la negligenza infingarda ci sottrae

                le conquiste di Enrico Quinto, il conquistatore,

                colui il cui ricordo è ancora caldo nella mente.

                Mentre essi a turno si ricoprono di fango,

                vite, onori, lodi, tutto mandano a ramengo. [Esce.]

Scena IV

Entra Somerset con il suo esercito [e con lui un capitano di Talbot].

SOMERSET

                È troppo tardi. Ormai non posso mandarli.

                Questa spedizione fu progettata

                da York e da Talbot con troppa fretta.

                Una sortita dei nemici fuori città

                potrebbe impegnare il grosso delle nostre forze.

                Quell'imprudente di Talbot ha infangato

                il lustro della fama precedente

                con un'azione impulsiva, disperata, folle.

                È stato York a spingerlo all'attacco

                verso una morte disdicevole. Morto Talbot,

                York potrà diventarne il successore.

[Entra Sir William Lucy.]

CAPITANO

                Ecco Sir William Lucy, inviato con me

                a chiedere soccorso per le nostre truppe soverchiate.

SOMERSET

                Ebbene, Sir William, donde vieni?

LUCY

                Donde vengo, signore? Dalla compravendita

                di Lord Talbot, il quale, circondato

                dai nemici imbaldanziti, chiama a gran voce

                i nobili York e Somerset, per respingere

                l'assalto mortale al suo debole corpo;

                e mentre quell'onorato comandante

                versa sudore insanguinato dalle membra

                logorate dalla guerra, e attende aiuto

                in una fragile posizione di vantaggio,

                voi, sue false speranze, depositari

                dell'onore d'Inghilterra, vi tenete alla larga,

                indegnamente gareggiando fra di voi.

                I vostri litigi personali non trattengano

                i soccorsi arruolati per portargli aiuto,

                mentre egli, nobile celebrato gentiluomo,

                cede la sua vita in un mondo sventurato.

                Il Bastardo d'Orléans, Carlo, Borgogna, Alençon

                e Reignier lo stringono in un cerchio:

                Talbot muore per la vostra defezione.

SOMERSET

                York l'ha sguinzagliato; York doveva

                provvedere ai rinforzi.

LUCY

                                                               York se la prende

                con vostra grazia con uguale prontezza,

                e giura che tu gli hai sottratto

                la schiera arruolata per questa missione.

SOMERSET

                York mente; avrebbe potuto chiedere

                i cavalieri, e li avrebbe ottenuti.

                Nei suoi confronti ho pochi doveri

                e ancora meno amore. Proverei un bello schifo

                per me, se, per adularlo, glieli mandassi io.

LUCY

                La frode inglese, non la forza della Francia,

                ha ormai intrappolato il generoso Talbot.

                Non tornerà mai più vivo nel suo paese.

                Muore tradito dalla sorte per le vostre contese.

SOMERSET

                Su, va': invierò subito i cavalieri.

                Entro sei ore saranno al suo fianco.

LUCY

                I rinforzi arrivano troppo tardi. Verrà catturato

                o ucciso. Neppure a volerlo, poteva fuggire,

                e Talbot non fuggirebbe mai, neppure a poterlo.

SOMERSET

                Se muore, tanti saluti al prode Talbot!

LUCY

                La sua fama vivrà nel mondo, in te la vergogna. Escono.

Scena V

Entrano Talbot e il figlio [John].

TALBOT

                O giovane John Talbot, t'avevo voluto con me

                per addestrarti ai tranelli della guerra,

                ché in te potesse rivivere il nome di Talbot

                quando l'età smidollata e le membra impotenti

                avrebbero relegato tuo padre cadente

                su una poltrona. Ma - o stelle maligne e nefaste -

                tu sei giunto a una cerimonia di morte,

                in un pericolo terribile, ineluttabile.

                Perciò, caro ragazzo, monta sul cavallo più veloce

                e io ti indirizzerò verso la salvezza

                con celere fuga. Su, non indugiare, sparisci.

JOHN

                Mi chiamo Talbot o no? Sono tuo figlio?

                E devo scappare? Oh, se tu ami mia madre,

                non disonorare il suo nome illibato

                facendo di me un bastardo e uno schiavo!

                Il mondo dirà, non è sangue di Talbot

                colui che scappò come un ribaldo

                mentre il nobile Talbot rimase saldo.

TALBOT

                T'invola, a vendicare la mia morte,

                se cadrò ucciso.

JOHN

                                               Chi s'invola così

                mai più farà ritorno.

TALBOT

                Se entrambi stiamo, entrambi siamo

                sicuri di morire.

JOHN

                                               Allora che io resti,

                e tu t'invola, padre. Grave sarebbe la tua perdita,

                e dunque dovresti meditarvi; nulla si perde in me.

                Della mia morte misero vanto meneranno i Francesi,

                della tua sì, poiché in essa è persa ogni speme.

                La fuga non può macchiare l'onore

                da te accumulato, ma l'onore mio sì;

                perché non ho compiuto alcuna impresa.

                Tu fuggi per trarne abile vantaggio,

                ognuno sarà felice di giurarlo,

                ma se io cedo, diranno che fu la paura.

                Non v'è speranza che mai possa resistere

                se alla prim'ora m'arresto e fuggo via.

                Qui, in ginocchio, ti imploro la buona morte

                piuttosto che una vita conservata nell'infamia.

TALBOT

                Tutte le speranze di tua madre

                saranno conservate in una tomba?

JOHN

                Sì, piuttosto che arrecare vergogna al suo grembo.

TALBOT

                Se ci tieni alla mia benedizione, va', te lo ordino.

JOHN

                Voglio combattere, non fuggire il nemico.

TALBOT

                Con te si può salvare una parte di tuo padre.

JOHN

                Nessuna parte di lui se non con mia vergogna.

TALBOT

                Non puoi perdere una fama mai avuta.

JOHN

                Il tuo nome celebrato devo diffamare con la fuga?

TALBOT

                L'ordine di tuo padre cancellerà la macchia.

JOHN

                Una volta ucciso, non puoi esser testimone.

                Se la morte è sicura, fuggiamo assieme.

TALBOT

                Per lasciare qui i miei fidi a pugnar fino alla morte?

                Una simile onta mai insozzerà la mia vecchiaia.

JOHN

                E la mia giovinezza si macchierà d'una simile colpa?

                Non posso essere reciso dal tuo fianco

                come tu non puoi spaccarti in due.

                Resta, va', fa' come vuoi, io farò come te,

                non voglio vivere se mio padre muore.

TALBOT

                Allora qui mi congedo da te, figlio leale,

                nato per oscurare la tua vita in questo meriggio.

                Andiamo insieme, fianco a fianco, a vivere e morire,

                così è deciso: anima con anima, dalla Francia

                ci involeremo verso il Paradiso. Escono.

Scena VI

Suona l'allarme. Incursioni durante le quali [John] il figlio di Talbot è stretto in un angolo. Talbot lo libera.

TALBOT

                San Giorgio e la vittoria! Combattete, soldati,

                combattete. Il Reggente ha rotto la parola data

                a Talbot e ci ha lasciato in balia della rabbia

                delle spade di Francia. Dov'è John Talbot?

                Fermati, prendi fiato: t'ho dato vita,

                e alla morte io t'ho strappato.

JOHN

                O due volte padre mio, due volte ti son figlio.

                La vita, che mi desti un dì, ormai era perduta,

                finché con la tua spada guerriera,

                tenendo il fato in gran dispetto, hai conferito

                un nuovo termine al tempo a me assegnato.

TALBOT

                Quando dall'elmo del Delfino la tua spada

                trasse scintille, si scaldò il cuore di tuo padre

                nell'attesa orgogliosa d'una ardita vittoria.

                Allora questa età pesante come il piombo,

                attizzata dal coraggio d'un giovane,

                dalla sua furia bellicosa, indietro

                ricacciò Alençon, Orléans, Borgogna,

                e dalla superba Gallia ti ha salvato.

                L'iroso Bastardo d'Orléans, che cavò sangue

                da te, ragazzo mio, e si prese la verginità

                del primo scontro, presto affrontai,

                e, nello scambio dei colpi, tosto sparsi

                un po' del suo sangue bastardo, e con sdegno

                così lo apostrofai: "Sangue contaminato,

                vile e malcreato, io ti faccio sgorgare,

                mediocre e impoverito, a risarcire

                il sangue puro di Talbot che hai sottratto

                a Talbot, il mio ragazzo coraggioso".

                Qui, mentre ero intento a distruggere il Bastardo,

                gli arrivò gran copia di rinforzi.

                Parla, protetto di tuo padre, non sei stanco, John?

                Come stai? Lascerai adesso la battaglia?

                Fuggirai ora che hai avuto l'investitura

                cavalleresca? T'invola, a vendicare

                la mia morte, se cadrò ucciso.

                L'aiuto di uno solo poco mi giova.

                Oh, è follia troppo grande, lo so bene,

                rischiare in un piccol guscio le nostre vite.

                Se non perisco oggi sotto la furia francese,

                morrò domani per l'età avanzata.

                Nessun vantaggio da me avranno, e, se io resto,

                accorcio d'un giorno appena la mia vita.

                In te muore tua madre, il nome della nostra casata,

                la vendetta per la mia morte, la tua giovinezza,

                e la fama d'Inghilterra. Tutto questo e altro

                la tua presenza mette a repentaglio.

                Se tu t'involi, tutto questo è salvo.

JOHN

                La spada d'Orléans non mi ha dato sofferenza;

                le tue parole cavano linfa vitale dal mio cuore.

                Per un tale vantaggio, comprato a mia vergogna,

                a salvare una vita oziosa, a sopprimere

                una fama luminosa, prima che il giovane Talbot

                lasci il vecchio, stramazzi e crepi

                il cavallo codardo che mi porta!

                O che io sia paragonato ai contadinelli di Francia,

                oggetto di obbrobrio e vittima della sventura!

                Di sicuro, per tutta la gloria da te raggiunta,

                non sono il figlio di Talbot, se m'involo.

                Dunque non parlare più di fuga, a nulla giova;

                ai piedi di Talbot, il figlio di Talbot muoia.

TALBOT

                Allora, Icaro, segui il tuo disperato

                signore di Creta; dolce mi è la vita tua.

                Se vuoi pugnare, pugna al fianco di tuo padre.

                Nel compimento d'una gloriosa sorte,

                superba sarà la nostra morte. Escono.

Scena VII

Suona l'allarme. Incursioni. Entra Talbot padre sorretto [da un servo].

TALBOT

                Dov'è l'altra mia vita? La mia è alla fine.

                Oh, dov'è il giovane Talbot, il valente John?

                Morte trionfante, lorda di prigionieri,

                il valore del giovane Talbot mi fa sorridere di te.

                Quando egli mi vide indietreggiare, in ginocchio,

                sopra di me brandì la spada insanguinata,

                e, come un leone affamato, riversò la sua violenza

                in azioni aggressive, cariche di rabbia.

                Ma quando il mio iroso difensore si trovò solo,

                a proteggere la mia rovina, da nessuno assalito,

                la furia che emanava dagli occhi roteanti,

                il cuore sconvolto dalla rabbia,

                all'improvviso da me lo spinsero lontano,

                nel fitto della mischia, tra i Francesi;

                e in quel mare di sangue il mio ragazzo

                annegò il suo spirito sublime. Là è morto

                il mio Icaro, il mio virgulto, nel fiore degli anni.

Entrano [dei soldati] e trasportano [il corpo di] John Talbot.

SERVO

                Mio amato signore, ecco dov'è portato tuo figlio!

TALBOT

                Tu, Morte, vestita da pagliaccio,

                che te la spassi a ridere di noi,

                ora, via dalla tua insultante tirannia,

                uniti dal vincolo dell'eternità,

                i due Talbot, elevandosi nel cielo ospitale

                a tuo dispetto sfuggiranno al destino mortale.

                O tu le cui ferite abbelliscono

                i rozzi lineamenti della Morte,

                parla a tuo padre, prima di esalare

                l'ultimo respiro! Sfida la Morte,

                che lo voglia o no con le tue parole.

                Immaginala francese, una nemica.

                Povero ragazzo, sorride, quasi a dire,

                "Se la Morte fosse stata francese, oggi era morta".

                Su, su, deponetelo tra le braccia di suo padre.

                Il mio spirito non può più a lungo sopportare

                queste ferite. Addio, soldati! Ho ottenuto

                ciò che volevo. Ora le mie vecchie braccia

                fanno da sepolcro al giovane John Talbot. Muore.

[Suona l'allarme. Escono i soldati, abbandonando i due corpi.]

Entrano Carlo, Alençon, Borgogna, il Bastardo e la Pulzella [con le loro truppe].

CARLO

                Se York e Somerset avessero recato i soccorsi,

                oggi per noi ci sarebbe stato un bagno di sangue.

BASTARDO

                Con quale furia il cucciolo di Talbot

                ficcava la sua spadina nel sangue dei Francesi.

PULZELLA

                A un tratto l'ebbi davanti. Gli dissi:

                "Tu, giovane puro, fatti prendere da una vergine";

                ma egli mi rispose altero, con sovrano disprezzo:

                "Il giovane Talbot non è nato per finire

                tra le spoglie di una fanciulla licenziosa".

                Così, precipitandosi nel fitto dei Francesi,

                mi piantò in asso, come indegna d'una lotta.

BORGOGNA

                Senza dubbio sarebbe diventato

                un nobile cavaliere. Guardate dove giace,

                inumato tra le braccia di chi più d'ogni altro

                ci ha procurato offese di sangue.

BASTARDO

                Fateli a pezzi! Spaccategli le ossa

                a questi due, che furono in vita la gloria

                d'Inghilterra, lo smarrimento della Gallia.

CARLO

                O no, trattenetevi! Chi fuggimmo in vita

                non subisca, da morto, il nostro oltraggio.

Entra Lucy [scortato, e preceduto da un araldo francese].

LUCY

                Araldo, portami alla tenda del Delfino,

                per sapere chi ha ottenuto oggi il trionfo.

CARLO

                Con quale messaggio di resa sei inviato?

LUCY

                Resa, Delfino? Questa parola esiste solo in francese.

                Noi, guerrieri inglesi, ne ignoriamo il significato.

                Vengo per sapere che prigionieri hai preso

                e per esaminare i corpi dei caduti.

CARLO

                Chiedi i prigionieri? Il nostro carcere

                è l'inferno. Ma, dimmi, chi cerchi?

LUCY

                Dov'è il grande Alcide del campo,

                il valoroso Lord Talbot, Conte di Shrewsbury,

                creato per i suoi straordinari successi militari

                gran Conte di Washford, Waterford, Valence,

                Lord Talbot di Goodrich e Urchinfield,

                Lord Strange di Blackmere, Lord Verdon di Alton,

                Lord Cromwell di Wingfield, Lord Furnival di Sheffield,

                Lord di Falconbridge, tre volte vittorioso,

                Cavaliere del nobile ordine di San Giorgio,

                del degno San Michele e del Toson d'Oro,

                Gran Maresciallo di Enrico Sesto

                in tutte le sue guerre nel regno di Francia?

PULZELLA

                Questo è davvero uno sciocco stile paludato.

                Il Turco che tiene cinquantadue regni,

                neppure lui scrive in modo così pomposo.

                Colui che tu esalti con tutti questi titoli

                giace qui ai nostri piedi, puzzolente,

                col corpo tumefatto dalle mosche.

LUCY

                Ucciso Talbot, unico flagello dei Francesi,

                terrore del vostro regno e nera Nemesi?

                I miei bulbi oculari divenissero pallottole

                che la mia rabbia spara contro il vostro viso!

                Se solo potessi richiamare in vita questi morti,

                basterebbe a terrorizzare il reame di Francia!

                Se qui tra voi rimanesse solo il suo ritratto,

                farebbe paura al più orgoglioso di voi tutti.

                Datemi i cadaveri, che li porti via,

                e dia loro sepoltura degna del loro valore.

PULZELLA

                Questo sbruffone deve essere lo spettro di Talbot,

                parla con tale foga altezzosa e prepotente.

                Per amore di Dio, che se lo prenda; a tenerli qui,

                renderebbero solo l'aria puzzolente e greve.

CARLO

                Vattene con i corpi.

LUCY

                                               Li porterò via.

                Ma dalle loro ceneri sorgerà una fenice

                terrificante per l'intera Francia.

CARLO

                Basta che ce ne liberi, fanne ciò che vuoi.

                Ora a Parigi, sull'onda delle nostre conquiste:

                tutto sarà nostro, ora che il truce Talbot più non esiste.

Escono.

ATTO V

Scena I

Squilli di tromba. Entrano il Re, Gloucester ed Exeter [con il seguito].

RE ENRICO

                Avete letto con attenzione le missive

                del Papa, dell'Imperatore e del Conte d'Armagnac?

GLOUCESTER

                Sì, mio signore, e questo è il loro intento:

                umilmente supplicano l'Eccellenza Vostra

                di concludere una pace timorata

                tra i regni d'Inghilterra e di Francia.

RE ENRICO

                Cosa pensa vostra grazia della richiesta?

GLOUCESTER

                Ebbene, mio buon signore, è l'unico modo

                per fermare lo spargimento del nostro sangue cristiano

                e ristabilire l'ordine su ogni fronte.

RE ENRICO

                Sì, davvero, zio, perché ho sempre pensato

                come cosa empia e innaturale,

                che una simile strage, una contesa cruenta,

                regnasse tra i credenti d'una sola fede.

GLOUCESTER

                Inoltre, mio signore, per raggiungere prima

                e vincolare di più questo legame d'amicizia,

                il Conte d'Armagnac, parente stretto di Carlo,

                un uomo assai autorevole in Francia,

                promette la sua unica figlia in matrimonio

                a Vostra Grazia, con una dote ampia e sostanziosa.

RE ENRICO

                In matrimonio, zio? Ahimè, sono così giovane.

                I miei studi, i miei libri sono a me più adatti

                che i giochi sensuali con un'amante.

                Tuttavia, convoca gli ambasciatori e, come a te

                piace, che ognuno di essi abbia risposta.

[Esce un cortigiano.]

                Sarò assai felice d'ogni decisione, che miri

                alla gloria di Dio, al benessere del mio paese.

Entrano Winchester [in abiti cardinalizi] e tre ambasciatori [uno Legato del Papa].

EXETER

                Come! Lord Winchester s'è insediato

                con la promozione al rango cardinalizio?

                Allora capisco che si sta avverando

                la vecchia profezia di Re Enrico Quinto:

                "Se mai gli accadrà d'esser fatto cardinale,

                indosserà il cappello all'altezza della corona".

RE ENRICO

                Signori ambasciatori, le vostre varie richieste

                sono state valutate e dibattute.

                Il vostro scopo è buono e ragionevole:

                quindi è nostra ferma intenzione

                di attuare le condizioni di una pace

                amichevole, che affidiamo a Lord Winchester,

                affinché egli le rechi subito in Francia.

GLOUCESTER [all'ambasciatore del Conte d'Armagnac]

                In quanto alla proposta del conte tuo signore,

                ho informato sua altezza con tale dovizia che,

                apprezzando i doni virtuosi della dama,

                la bellezza e il valore della sua dote,

                egli intende crearla Regina d'Inghilterra.

RE ENRICO

                Come testimonianza e prova del contratto,

                portale questo gioiello, segno della mia devozione.

                Dunque, Lord Protettore, fateli scortare per bene

                e mettere in salvo fino a Dover, dove,

                imbarcati, li affiderai alle sorti del mare.

Escono [tutti eccetto Winchester e il Legato].

WINCHESTER

                Aspettate, monsignor Legato, e, per prima cosa,

                riceverete la somma di denaro che ho promesso

                a sua santità, per avermi concesso

                di vestire questi severi paramenti.

LEGATO

                Rimango a disposizione di Vostra Eminenza. [Esce.]

WINCHESTER

                Ora Winchester non cederà più a nessuno,

                e non sarà inferiore al Pari più superbo.

                Humphrey di Gloucester, ti renderai ben conto

                che né per nascita, né per autorità,

                il vescovo sarà un tuo sottoposto.

                O ti farò in ginocchio piegare la testa

                o scatenerò in questo paese una tempesta. Esce.

Scena II

Entrano Carlo, Borgogna, Alençon, il Bastardo, Reignier e Giovanna [la Pulzella, con le truppe].

CARLO

                Queste notizie, miei signori, possono sollevare

                il nostro spirito depresso. Si dice che i valenti

                Parigini siano in rivolta, e che ingrossino

                le file dei bellicosi Francesi.

ALENÇON

                Allora marciamo su Parigi, reale Carlo di Francia,

                non tratteniamo nell'ozio le nostre schiere.

PULZELLA

                Che abbiano la pace se passano con noi;

                altrimenti, che la rovina si abbatta sui loro palazzi!

Entra un esploratore.

ESPLORATORE

                Buona fortuna al nostro valoroso generale

                e prosperità ai suoi seguaci!

CARLO

                Quali notizie inviano i nostri esploratori?

                Parla, ti prego.

ESPLORATORE

                                               L'armata inglese,

                prima divisa in due, ora s'è riunita

                e intende dare subito battaglia.

CARLO

                Quest'avvertimento, signori, è un po' brusco,

                ma ci occuperemo di loro senza indugio.

                Confido che tra di essi non vi sia

                lo spettro di Talbot.

BORGOGNA

                                                               Ora che non c'è più,

                mio signore, non c'è d'aver paura.

PULZELLA

                Di tutte le emozioni degradanti,

                la più maledetta è la paura. Lancia

                l'attacco vittorioso, Carlo, e vincerai.

                Che sia Enrico a preoccuparsi

                e tutto il mondo a lamentarsi.

CARLO

                Allora, avanti, miei nobili,

                e che alla Francia arrida la fortuna! Escono.

Scena III

Suona l'allarme. Incursioni. Entra Giovanna la Pulzella.

PULZELLA

                Il Reggente ha la meglio, fuggono i Francesi.

                Ora aiutatemi, formule incantate ed amuleti,

                e voi, spiriti scelti, che mi consigliate

                e mi date i segni degli eventi futuri. Si ode un tuono.

                Voi, solleciti aiutanti, che siete deputati

                dal maestoso monarca del Nord, fatevi vedere

                e soccorretemi in questo frangente!

Entrano dei Demoni.

                Questa pronta e subitanea apparizione

                mi conferma il vostro zelo abituale.

                Ora, voi spiriti a me alleati, emissari

                delle potenti regioni sotterranee,

                questa volta aiutatemi, perché la Francia

                possa rimanere padrona del campo.

Si muovono senza proferire parola.

                Oh, non opprimetemi a lungo col vostro silenzio!

                Se di solito vi nutrivo con il mio sangue,

                ora mi tronco un braccio e ve lo getto

                in cambio d'un nuovo beneficio.

                Dunque acconsentite a darmi aiuto.

Chinano il capo.

                Nessuna speranza di intervento? Il mio corpo

                pagherà la ricompensa, se esaudite la supplica.

Scuotono il capo.

                Né il mio corpo, né un sacrificio di sangue

                possono indurvi all'assistenza usuale?

                Allora prendete la mia anima - corpo, anima, tutto -

                prima che l'Inghilterra metta sotto i Francesi.

Se ne vanno.

                Guardate, mi piantano in asso. È venuto

                ormai il tempo che la Francia abbassi

                la sua cresta altopiumata, che la sua testa

                cada nel grembo dell'Inghilterra.

                I miei antichi incantesimi sono troppo fiacchi

                e l'inferno è troppo forte per me da contrastare.

                Ora, Francia, la tua gloria si dissolve nella polvere.

Esce [per unirsi alle truppe francesi].

Incursioni. Borgogna e York duellano in singolar tenzone. I Francesi fuggono [lasciando la Pulzella in mano a York].

YORK

                Donzella di Francia, ti tengo ben stretta:

                ora scatena i tuoi spiriti con formule magiche

                e cerca pure di aver da loro la libertà.

                Un bel premio, degno di sua grazia diabolica!

                Guardate come aggrotta le ciglia la brutta strega,

                come se, nuova Circe, volesse mutare la mia forma!

PULZELLA

                A te non ti si può mutare in peggio.

YORK

                Carlo il Delfino è l'uomo ideale; le sue forme

                soltanto deliziano il tuo occhio schizzinoso.

PULZELLA

                Un morbo tremendo colga Carlo e te!

                E tutti e due, assopiti dentro il letto,

                siate di colpo ghermiti da mani sanguinarie!

YORK

                Strega blasfema, fattucchiera, frena la lingua!

PULZELLA

                Ti prego, lasciami almeno imprecare.

YORK

                Lo farai, miscredente, quando sarai sul rogo. Escono.

Suona l'allarme. Entra Suffolk con Margherita prigioniera.

SUFFOLK

                Chiunque tu sia, sei mia prigioniera. La fissa.

                O splendida bellezza, non temere e non scappare via,

                perché ti toccherò solo con mani rispettose.

                Bacio queste dita in pegno di pace imperitura

                e gentilmente le poso sul tuo tenero fianco.

                Dimmi chi sei, così che possa renderti onore.

MARGHERITA

                Mi chiamo Margherita e sono figlia d'un re,

                il Re di Napoli - chiunque tu sia.

SUFFOLK

                Io sono un conte, e ho il titolo di Suffolk.

                Non sentirti umiliata, miracolo di natura,

                se ti è capitato di essere presa da me.

                Così il cigno salva i piccoli quasi implumi,

                tenendoli prigionieri sotto le ali;

                ma, se ti reca offesa una condizione

                da schiava, va' pure e torna libera

                come amica di Suffolk. Margherita fa per allontanarsi.

                                                               Oh, rimani!

                [A parte] Non ho la forza di lasciarla andare.

                La mia mano è disposta a liberarla, non il cuore.

                Come il sole gioca sulla vitrea corrente,

                che riflette e moltiplica i suoi raggi scintillanti,

                così appare ai miei occhi questa bellezza stupenda.

                Vorrei farle la corte, ma non oso parlare:

                chiederò penna e inchiostro e metterò per iscritto

                quel che provo. Vergogna, de la Pole, non disprezzarti!

                Non hai una lingua? Lei non è qui ad ascoltare?

                Ti intimidisce la vista di una donna?

                Sì, tale è la maestà sovrana della bellezza

                che essa confonde la lingua, agita i sensi.

MARGHERITA

                Dimmi, Conte di Suffolk, se così ti chiami:

                quale riscatto devo pagare, prima di allontanarmi?

                Perché comprendo di essere tua prigioniera.

SUFFOLK [a parte]

                Come puoi dire che rifiuterà le tue profferte

                se non metti alla prova il suo amore?

MARGHERITA

                Perché non parli? A quanto ammonta il riscatto?

SUFFOLK [a parte]

                bellissima, perciò va corteggiata.

                una donna, perciò va conquistata.

MARGHERITA

                Accetterai il riscatto, sì o no?

SUFFOLK [a parte]

                Sei uno sciocco, ricordati che hai moglie.

                Come può Margherita diventare la tua amante?

MARGHERITA

                Farei meglio a lasciarlo, tanto non ascolta.

SUFFOLK [a parte]

                È lì che il piano fa cilecca,

                e io mi trovo a perdere la posta.

MARGHERITA

                Parla a vanvera, di sicuro è un demente.

SUFFOLK [a parte]

                Però si può avere l'annullamento.

MARGHERITA

                Però vorrei anche che tu mi dessi una risposta.

SUFFOLK [a parte]

                Conquisterò questa nobile Margherita. Per chi?

                Ebbene sì, per il mio re - quella testa di legno!

MARGHERITA

                Parla di legno. Deve essere un falegname.

SUFFOLK [a parte]

                Così potrò soddisfare il mio capriccio

                e riportare la pace tra questi regni.

                Ma anche qui rimane un ostacolo:

                sebbene il padre sia Re di Napoli,

                Duca d'Angiò e del Maine, tuttavia è povero,

                e la nostra aristocrazia spregerà quest'unione.

MARGHERITA

                Mi senti, capitano? Ti imbarazza qualcosa?

SUFFOLK [a parte]

                Sarà così, sia pur grande il loro sdegno.

                Enrico è giovane, farà presto a cedere.

                Signora, devo rivelarti un segreto.

MARGHERITA [a parte]

                Anche se egli mi tiene in suo dominio,

                sembra un cavaliere e in nessun modo mi disonorerà.

SUFFOLK

                Ti supplico, signora, ascolta le mie parole.

MARGHERITA [a parte]

                Forse sarò liberata dai Francesi,

                dunque non devo implorare la sua cortesia.

SUFFOLK

                Dolce signora, lasciami perorare la mia causa...

MARGHERITA [a parte]

                Via, le donne sono state sottomesse anche prima.

SUFFOLK

                Signora, perché parli così?

MARGHERITA

                Chiedo perdono, è solo un qui pro quo.

SUFFOLK

                Dimmi, nobile principessa, diventare regina

                non renderebbe fortunata la tua prigionia?

MARGHERITA

                Essere regina in prigionia è più umiliante

                che essere una serva in squallida schiavitù.

                I principi devono avere la loro libertà.

SUFFOLK

                E tu l'avrai, se il sovrano della felice Inghilterra

                potrà prendersi la sua, di libertà.

MARGHERITA

                Cosa ho a che fare con la sua libertà?

SUFFOLK

                Mi impegno a farti regina di Enrico,

                a metterti in mano uno scettro d'oro,

                a porti sulla testa una corona preziosa

                se tu concederai a me...

MARGHERITA

                                                               Che cosa?

SUFFOLK

                                                                              Il suo cuore

MARGHERITA

                Sono indegna di essere la moglie di Enrico.

SUFFOLK

                No, nobile signora, io sono indegno

                di corteggiare una dama sì bella per amor suo,

                senza aver alcun vantaggio nella scelta.

                Cosa dici, signora: vuoi dare il tuo consenso?

MARGHERITA

                Se mio padre approva, io acconsento.

SUFFOLK

                Allora avanti i nostri capitani e le bandiere!

                Signora, sotto le mura del suo castello

                chiederemo di parlamentare con tuo padre.

[Entrano capitani, portabandiere, trombettieri.] Suona [la tregua per parlamentare]. Reignier entra sulle mura.

                Guarda, Reignier, guarda tua figlia prigioniera!

REIGNIER

                Prigioniera di chi?

SUFFOLK

                                               Mia prigioniera!

REIGNIER

                Suffolk, qual è il rimedio?

                Sono un soldato, e non avezzo al pianto

                o a lamentarmi dell'incostanza del destino.

SUFFOLK

                Un rimedio adeguato c'è, mio signore:

                approva, e conferma sul tuo onore,

                il matrimonio tra il re e tua figlia,

                che ho corteggiato intensamente e vinto.

                Questa sua prigionia poco opprimente

                le ha donato una libertà principesca.

REIGNIER

                Suffolk dice ciò che ha in mente?

SUFFOLK

                La bella Margherita sa che Suffolk

                non lusinga, non simula, non inganna.

REIGNIER

                In base alla tua altissima garanzia,

                scendo per dar risposta alla tua leale richiesta.

[Esce dalle mura.]

SUFFOLK

                E io aspetterò qui la tua venuta.

Suonano le trombe. Reignier entra [in basso].

REIGNIER

                Benvenuto, conte valoroso, sul nostro territorio.

                Vostro Onore comandi in Angiò quel che gli aggrada.

SUFFOLK

                Grazie, Reignier; sei fortunato di avere

                una figlia così deliziosa, e adatta a diventare

                la compagna di un re. Quale risposta

                Vostra Grazia darà alla mia supplica?

REIGNIER

                Dal momento che ti degni di corteggiare

                colei che tanto poco vale, affinché diventi

                la sposa regale di un tale sovrano,

                a condizione che io possa godermi in pace

                ciò che ho di mio, i territori del Maine e d'Angiò,

                liberi dalla tirannia e dalla violenza della guerra,

                mia figlia sarà di Enrico, se così a lui piace.

SUFFOLK

                Questo è il riscatto; io la riconsegno

                e farò in modo che queste due contee

                Vostra Grazia se le goda in santa pace.

REIGNIER

                E io ancora, nel regale nome d'Enrico,

                a te, come inviato di quel re grazioso,

                do la mano di lei, in pegno della fede promessa.

SUFFOLK

                Reignier di Francia, ti do ringraziamenti regali,

                poiché qui trattiamo gli affari di un re.

                [A parte] E tuttavia, non mi spiacerebbe affatto,

                in questo caso, perorare la mia causa. -

                Mi recherò dunque in Inghilterra con queste nuove,

                a predisporre un solenne matrimonio.

                Addio, Reignier, metti al sicuro, come si conviene,

                questo diamante in un palazzo d'oro.

REIGNIER

                Io ti stringo a me, come abbraccerei,

                Re Enrico, il principe cristiano, se fosse qui.

MARGHERITA

                Addio, mio signore: auguri, elogi, preghiere,

                Suffolk avrà sempre da Margherita. Fa per andare.

SUFFOLK

                Addio, dolce signora; ma, ascolta, Margherita;

                non mandi al mio re alcun munifico saluto?

MARGHERITA

                Tutti i saluti, digli, che s'addicono

                a una fanciulla, a una vergine, alla sua serva.

SUFFOLK

                Parole dolcemente formulate e indirizzate

                con pudicizia. Ma, signora, devo insistere:

                nessun pegno d'amore a Sua Maestà?

MARGHERITA

                Sì, mio signore, invio al re

                un cuore puro, immacolato, non ancora

                sfiorato dall'amore.

SUFFOLK

                                               E con esso, questo. La bacia.

MARGHERITA

                Questo è per te; non ho la presunzione

                di mandare pegni così frivoli a un re.

[Escono Reignier e Margherita.]

SUFFOLK

                O fossi tu per me! Ma, Suffolk, aspetta:

                non t'è concesso di aggirarti nel labirinto,

                dove si annidano Minotauri e odiosi tradimenti.

                Alletta Enrico con le sue lodi sperticate;

                pensa alle sue virtù eccelse, alle sue grazie

                straordinarie che superano ogni artificio;

                in mare, evoca spesso le sue sembianze;

                quando sarai in ginocchio, ai piedi di Enrico,

                lo farai uscire di senno per la meraviglia. Esce.

Scena IV

Entrano York, Warwick, un pastore, la Pulzella [tra le guardie, e altri].

YORK

                Portate avanti la fattucchiera condannata al rogo.

PASTORE

                Ah, Giovanna, questo è un colpo mortale al cuore

                di tuo padre! In lungo e in largo ho cercato

                per ogni dove, e ora che m'è capitato di trovarti,

                devo assistere alla tua morte, crudele e prematura?

                Ah, Giovanna, dolce figlia, Giovanna, morirò con te!

PULZELLA

                Decrepito straccione, sciagurato

                vile e meschino! Discendo da sangue ben più nobile:

                tu non mi sei né padre né amico.

PASTORE

                Basta! Basta! Miei signori, a voi piacendo,

                non è mica così. Io l'ho generata, lo sa

                tutta la parrocchia. Sua madre è ancora viva

                e può confermarlo. È stata il mio primo

                frutto: quand'ero ancora scapolo.

WARWICK

                Ingrata creatura, rinneghi i tuoi genitori?

YORK

                Questo dimostra che razza di esistenza ha avuto,

                malvagia e bassa, conclusa da una tale morte.

PASTORE

                Vergogna, Giovanna, non fare tante storie!

                Dio sa che sei carne della mia carne,

                e, per amore tuo, ho pianto tante lacrime.

                Non rinnegarmi, ti prego, Giovanna cara.

PULZELLA

                Bifolco, fuori dai piedi! Avete dato

                l'imbeccata a quest'uomo, per occultare

                la mia nascita che è d'oro zecchino.

PASTORE

                È vero, diedi uno zecchino al prete,

                la mattina che presi in sposa sua madre.

                Giù in ginocchio, che io ti benedica,

                mia brava figliola. Non ti chini? Allora,

                maledetto sia il tempo della tua natività!

                Fosse stato veleno per topi il latte

                che tua madre dava a te poppante.

                Questo ti meritavi! Sennò, quando al pascolo

                custodivi i miei agnelli, t'avesse divorato

                un lupo ingordo! Dunque, rinneghi tuo padre,

                donnaccia maledetta? Al rogo! Al rogo!

                Il nodo scorsoio è troppo poco. Esce.

YORK

                Portatela via, ha vissuto troppo a lungo,

                riempiendo il mondo con i suoi poteri nocivi.

PULZELLA

                Prima, che io vi dica chi avete condannato:

                non una generata da un rustico padre,

                bensì procreata da una schiatta di re;

                virtuosa e santa, scelta da lassù,

                per ispirazione della grazia celeste,

                a operare miracoli eccezionali sulla terra.

                Mai ebbi a che fare con spiriti malvagi,

                ma voi che siete insozzati di lussuria,

                macchiati del sangue incolpevole degli innocenti,

                corrotti e contaminati da mille vizi,

                siccome vi manca la grazia che altri hanno,

                senza esitare reputate impossibili i miracoli,

                se non con l'ausilio del demonio.

                No, siete in errore! Giovanna d'Arco

                è vergine fin dalla tenera infanzia,

                casta e immacolata anche nei pensieri,

                e il suo vergine sangue, immolato con tanto rigore,

                alle porte del cielo griderà vendetta.

YORK

                Sì, sì - che sia eseguita la sentenza.

WARWICK

                E, udite, signori; poiché è vergine,

                non risparmiate le fascine: ne vogliamo abbastanza.

                Collocate dei barili di pece sul rogo fatale,

                in modo da abbreviarle la tortura.

PULZELLA

                Nulla commuove i vostri cuori spietati?

                Allora, Giovanna, rivela la tua condizione,

                a cui la legge garantisce privilegio.

                Sono incinta, voi omicidi sanguinari;

                non assassinate il frutto del mio ventre,

                anche se mi trascinate a una morte violenta.

YORK

                Il cielo ce ne scampi; la santa vergine incinta?

WARWICK [alla Pulzella]

                Ma è il miracolo supremo da te compiuto!

                In questo consiste il tuo rigore morale?

YORK

                Lei e il Delfino hanno fatto il saltarello.

                Me l'immaginavo l'ultima trovata!

WARWICK

                Ma va là, non vogliamo in vita alcun bastardo,

                specie se Carlo gli deve fare da papà.

PULZELLA

                Vi sbagliate, il figlio non è suo.

                Alençon s'è goduto i miei favori.

YORK

                Alençon, quel rinomato Machiavelli?

                Che crepi, anche se avesse mille vite.

PULZELLA

                Oh, datemi licenza, vi ho ingannato,

                non fu né Carlo né il duca menzionato,

                ma Reignier, il Re di Napoli, ad arrivare primo.

WARWICK

                Un uomo sposato: questo è intollerabile!

YORK

                Che brava ragazza! Credo non sappia bene

                (tanti ne ha avuti) chi accusare.

WARWICK

                È segno che fu generosa e prodiga di sé.

YORK

                Eppure, pensa un po', è una vergine pura!

                Puttana, le tue parole condannano te

                e il tuo marmocchio. Non supplicare. Non serve.

PULZELLA

                Allora portatemi via di qui, voi a cui

                lascio la mia maledizione: che il sole glorioso

                non diriga mai i suoi raggi sopra il paese

                dov'è la vostra dimora. Vi avvolgano

                le tenebre e le cupe ombre della notte,

                finché i guai e le angosce non vi inducano

                a rompervi il collo o a impiccarvi! Esce [tra le guardie].

Entra il Cardinale [Beaufort, Vescovo di Winchester, con la sua scorta].

YORK

                Rompiti tu, pezzo dopo pezzo, e riduciti in cenere,

                dannato e disgustoso ministro dell'inferno!

WINCHESTER

                Lord Reggente, saluto l'Eccellenza Vostra

                con le credenziali controfirmate dal sovrano.

                Sappiate, infatti, miei signori, che gli stati

                della Cristianità, presi dal rimorso

                per queste liti vergognose, con fervore

                hanno implorato una pace generale

                tra la nostra nazione e gli ambiziosi Francesi.

                È in arrivo il Delfino con il seguito,

                per conferire sull'intera faccenda.

YORK

                Tutte le nostre fatiche hanno prodotto

                quest'effetto? Dopo il massacro di tanti Pari,

                di tanti capitani, gentiluomini e soldati,

                che sono stati annientati in questa contesa,

                vendendo il proprio corpo a beneficio del paese,

                infine concluderemo una pace da donnicciole?

                Quasi tutte le città conquistate

                dai nostri grandi avi non le abbiamo forse perse

                con la frode, l'inganno, il tradimento?

                O Warwick, Warwick, prevedo con dolore

                la perdita completa di tutto il reame di Francia!

WARWICK

                Sii paziente, York; se concludiamo la pace,

                sara con patti così rigorosi e vincolanti

                che i Francesi ne avranno ben piccolo guadagno.

Entrano Carlo, Alençon, il Bastardo, Reignier [e altri].

CARLO

                Poiché, Lord d'Inghilterra, è stato convenuto

                di proclamare in Francia una pacifica tregua,

                veniamo per essere informati da voi stessi

                sulle condizioni essenziali dell'accordo.

YORK

                Parla tu, Winchester, perché la bile, ribollendo

                ottura la cavità della mia voce,

                avvelenata dalla vista dei nefasti nemici.

WINCHESTER

                Carlo, e voi altri, così è stabilito:

                poiché, per pura compassione e atto di clemenza,

                Re Enrico dà il suo assenso ad alleviare

                il vostro paese da una guerra rovinosa,

                e vi concede di vivere nella pace feconda,

                voi diverrete leali vassalli della sua corona.

                E, Carlo, a condizione che tu faccia giuramento

                di pagargli un tributo e di offrirgli la tua resa,

                riceverai sotto di lui la carica di viceré,

                potendo ancora godere delle prerogative regali.

ALENÇON

                Deve essere dunque l'ombra di se stesso?

                Adornare le tempie con una coroncina,

                e, tuttavia, nella sostanza e come autorità,

                conservare i privilegi d'un comune cittadino?

                Questa offerta è assurda e irragionevole.

CARLO

                È noto che io sono già in possesso

                di più della metà dei territori della Gallia,

                e in essi riverito come legittimo sovrano.

                Per guadagnarmi il resto che ancora

                non è liberato, dovrò ridurre tanto

                le mie prerogative, da essere chiamato

                solo il viceré dell'intero paese?

                No, signor ambasciatore, preferisco tenermi

                quello che è già mio, piuttosto che,

                per bramosia d'aver ancora di più, privarmi

                della possibilità d'una completa riconquista.

YORK

                Insolente Carlo, con mezzi occulti

                hai trafficato per ottenere un accordo,

                e ora che la faccenda è negoziata,

                ti metti a fare confronti presuntuosi?

                Accetta il titolo che tu usurpi,

                come un beneficio emanante dal nostro re,

                e non come un diritto legale con cui sfidarci,

                o ti tormenteremo con una guerra dopo l'altra.

REIGNIER [in disparte a Carlo]

                Mio signore, sbagli a fare l'ostinato;

                non cavillare nel corso dell'accordo.

                Se venisse disatteso, dieci contro uno,

                non troveremo un'altra occasione come questa.

ALENÇON [in disparte a Carlo]

                A dire il vero, il tuo progetto politico

                è di salvaguardare i tuoi sudditi dai massacri

                e dalle stragi spietate, evidenti ogni giorno

                che noi proseguiamo nelle ostilità.

                Quindi, accogli l'intesa sulla tregua,

                tanto la infrangerai secondo la tua convenienza.

WARWICK

                Cosa rispondi, Carlo? Restano valide

                le nostre condizioni?

CARLO

                                                               D'accordo, con l'unica riserva

                che voi non reclamiate alcun diritto

                su tutte le nostre città presidiate.

YORK

                Allora giura di essere suddito fedele

                di sua maestà: in qualità di cavaliere,

                non disobbedirai mai, né mai ti ribellerai

                alla corona d'Inghilterra; né tu,

                né i tuoi nobili, alla corona d'Inghilterra.

[Carlo e gli altri fanno voti di leale sottomissione.]

                Dunque, ora smobilita l'esercito a tuo piacere,

                appendi al muro i tuoi stendardi, fa' tacere i tamburi,

                perché qui celebriamo una pace solenne. Escono.

Scena V

Entrano Suffolk, in conversazione con il Re, Gloucester ed Exeter.

RE ENRICO

                La tua stupefacente e singolare descrizione,

                nobile conte, della bella Margherita,

                mi ha riempito di meraviglia: le sue virtù,

                adorne di grazie esteriori, alimentano

                nel mio cuore la ferma passione dell'amore;

                e come la violenza delle raffiche della tempesta

                spinge il vascello più possente contro la marea,

                così sono indotto dalla sua grande fama

                a patire un naufragio, o ad approdare

                laddove potrò saziare il mio amore.

SUFFOLK

                Ah, mio buon signore, questo racconto banale

                è solo una premessa alle sue degne lodi:

                le qualità più perfette di quella dama stupenda

                (se avessi l'abilità adeguata ad esporle)

                formerebbero un volume di versi seducenti,

                capaci di incantare ogni intelletto ottuso.

                E, quel che è meglio, ella che è così divina,

                così colma d'ogni delizia prelibata,

                pure, con tutta l'umiltà dei suoi pensieri,

                è lieta di essere al tuo comando...

                comando, intendo, del casto e virtuoso intendimento

                di amare ed onorare Enrico come suo signore.

RE ENRICO

                Mai altro Enrico pretenderà da lei.

                Perciò, Lord Protettore, da' il tuo assenso:

                che Margherita sia la regale sovrana d'Inghilterra.

GLOUCESTER

                Sarebbe come se acconsentissi a condonare

                il peccato. Mio signore, Vostra Altezza sa

                d'essere promesso a un'altra dama d'alto rango.

                Come, dunque, potremo cancellare quel contratto

                senza macchiare l'onore in modo sconveniente?

SUFFOLK

                Come fa un governante coi giuramenti illeciti,

                come il partecipante d'un torneo che,

                avendo fatto voto di misurare le sue forze,

                abbandona la tenzone per l'inferiorità

                dell'avversario. L'inferiorità della figlia

                d'un povero conte è manifesta, e perciò

                il contratto può essere rotto senza ingiuria.

GLOUCESTER

                Perché, di grazia, cos'ha di più Margherita?

                Il padre non è meglio di un conte,

                sebbene grandeggi in titoli gloriosi.

SUFFOLK

                Sì, mio signore, suo padre è un re,

                il Re di Napoli e di Gerusalemme.

                Tale è la sua autorità in Francia

                che averlo alleato sancirà la nostra pace

                e manterrà i Francesi in sudditanza.

GLOUCESTER

                Lo stesso può fare il Conte d'Armagnac,

                perché è parente stretto di Carlo.

EXETER

                Inoltre, i suoi beni garantiscono una dote

                cospicua, mentre Reignier vorrà prendere, non dare.

SUFFOLK

                Una dote, miei lord! Non umiliate il vostro re

                da farlo così gretto, miserabile e povero,

                che debba scegliere in base alla ricchezza,

                e non alla perfezione dell'amore.

                Enrico è in grado di fare ricca la sua regina,

                non di cercare una regina che lo renda ricco;

                così i contadini pezzenti contrattano la moglie,

                come, al mercato, i sensali buoi, pecore e cavalli.

                Il matrimonio è una questione delicata

                che non merita di essere trattata per procura.

                Non colei che noi vogliamo, ma colei a cui agogna

                Sua Maestà, deve essere la compagna

                del suo letto nuziale. Perciò, signori,

                quanto più egli l'ama, tanto più ciò ci impone

                di ritenere, per il più forte dei motivi,

                che debba essere lei la preferita.

                Infatti, cos'è un'unione coatta se non l'inferno,

                un periodo di discordia e di litigi continui,

                mentre l'opposto arreca la felicità,

                e ha sembianza di armonia celeste?

                Chi dovremmo maritare a Enrico, un re,

                se non Margherita, che di un re è la figlia?

                I suoi tratti impareggiabili, assieme alla nascita,

                la rendono adatta a un re e a nessun altro.

                Il coraggio valoroso e lo spirito indomito

                (maggiori di quanto non si veda in una donna),

                risponderanno alla nostra speranza d'una prole da re,

                poiché Enrico, figlio d'un conquistatore,

                è probabile che generi altri conquistatori,

                se stabilirà vincoli d'amore con una dama

                così risoluta come la bella Margherita.

                Dunque piegatevi, signori, e, in conclusione,

                convenite con me che Margherita,

                Margherita e non altri, sarà la regina.

RE ENRICO

                Non so se questo avvenga per la forza

                della tua relazione, mio nobile signore di Suffolk,

                o perché la mia delicata giovinezza

                non era stata finora mai contagiata

                dalla passione di un amore ardente;

                ma di una cosa sono certo: sento

                un tale aspro tumulto nel mio petto,

                tali forti segnali d'allarme, ora di speranza,

                ora di paura, che mi si arrovellano i pensieri.

                Pertanto imbarcati, mio signore, e corri in Francia,

                trova un accordo ad ogni costo, e fai in modo

                che Margherita accondiscenda a venire,

                attraversando il mare, in Inghilterra,

                per essere incoronata la fedele

                regina di Enrico, unta dal Signore.

                Per le tue spese, per un finanziamento

                idoneo, raccogli una decima tra la gente.

                Va', ti dico, perché, finché non torni,

                rimango in preda a mille inquietudini.

                E tu, buon zio, non provare alcuna offesa.

                Se tu mi giudichi per quello che sei stato,

                non per quel che sei, so che riuscirai

                a perdonare questa mia precipitosa iniziativa.

                Dunque, portatemi dove, lontano dalla compagnia,

                io possa meditare e macerarmi di dolore. Esce.

GLOUCESTER

                Sì, e temo che saran dolori dall'inizio alla fine.

Esce Gloucester [assieme a Exeter].

SUFFOLK

                Così Suffolk ha avuto ciò che voleva,

                e se ne va, come una volta il giovane Paride

                verso la Grecia, nella speranza di ottenere

                uguale successo in amore, ma miglior sorte del Troiano.

                Ora Margherita sarà regina, e governerà il re,

                ma sarò io a governare lei, il re, e il regno. Esce.