Entrate e uscite

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LA CITTA’ ABBANDONATA

ENTRATE E USCITE

(Facezia)

Jacques Prevert

IL GIARDINIERE

LA DUCHESSA

L’IDRAULICO

PERVINCA

IL BECCHINO

IL DUCA

L’ABATE

IL MEDICO

IL DOMESTICO

DELLA GENTE

GANIMEDE - CUORICINO

                                      

195x

Il Giardiniere entra con un mazzo di rose rosse e un sacco di noci nere.

È vecchio e appare stanco.

La scena si svolge in una sala, la sala del «castello».

IL GIARDINIERE: (parlando fra sé e sé) Davvero, Pervinca, la mia nipotina, me ne fa vedere di tutti i colori. Un giorno dice di essere un uccello, un altro giorno sostiene di essere un fiore, un fiore… Davvero è mancanza di rispetto verso suo nonno. (sempre più triste) Un uccello passi, non discuto, ma un fiore! In fondo, Dio santissimo, sono giardiniere, e i fiori li conosco!

Entra la Duchessa.

LA DUCHESSA: Insomma, che mosca vi ha punto, signor Pungimosca?

IL GIARDINIERE: Mungiscopa. (alla Duchessa) Il cognome è uno solo, e va difeso!

LA DUCHESSA: Ti prego Eugenio, basta con le scempiaggini! Siamo soli soletti. (gli fa l’occhiolino) Quindi, via, vecchio porcellone, inutile parlare a vanvera. E non scordare: questa sera, baldoria!

IL GIARDINIERE: (stanchissimo) Ahimé!

LA DUCHESSA: Come?

IL GIARDINIERE: Quel che ho detto, signora Duchessa, ahimé! (sempre più stanco) Se credete che sia allegro il destino del povero giardiniere… Sempre a strisciare su di voi come l’edera su un vecchio castagno.

LA DUCHESSA: Un vecchio castagno!

IL GIARDINIERE: Sì, un vecchio tronco… insomma, che so, una vecchia capra, se preferite.

LA DUCHESSA: Ah, di bene in meglio! Così imparerò a darmi agli amori ancillari.

IL GIARDINIERE: (offeso) ancillare sarete voi! Sporca erbaccia vizza!

LA DUCHESSA: Schifosissimo essere! Vecchio pezzente!

IL GIARDINIERE: Pezzente forse, grazie a voi, Duchessa… quanto a vecchio, altolà, misurate le parole!

LA DUCHESSA: Sessantotto anni, Eugenio. Sessantotto anni.

IL GIARDINIERE: E tu? (e d’un tratto sorride) Che te ne importa, nonnetta cattiva? In fin dei conti, si ha l’età delle proprie arterie.

In questo momento si sente nettissimo il rumore assai sgradevole d’una corda di violoncello che si spezza. Il Giardiniere crolla a terra.

LA DUCHESSA: (estasiata) Uno di meno! (si china, osserva) Rottura d’aneurisma, non c’è dubbio.

Arriva Pervinca.

PERVINCA: To’, il nonno che dorme…

LA DUCHESSA: Non dorme, bambina. È morto.

PERVINCA: Lasciatemi finire la frase, insomma. Stavo dicendo: to’ il nonno che dorme il suo ultimo sonno.

LA DUCHESSA: Non contate su di me per i fiori.

PERVINCA: Ma io sono un fiore, un fiore orfano. (indicando il corpo) e adesso ancora di più. Una rosa nera (sorridendo) o un uccello bianco. (smette di sorridere) Spero che mi lascerete prendere l’annaffiatoio del nonno.

LA DUCHESSA: Per farne che?

PERVINCA: Per fare sulla sua tomba la pioggia e il bel tempo.

Esce.

LA DUCHESSA: (nauseata) E quello sarebbe un uccello! Io la direi piuttosto un’oca giuliva. Con quegli occhini azzurri… Davvero disgustoso. (bussano) Avanti!

Entra un becchino (o beccamorti). Ha in mano un pezzo di spago.

IL BECCHINO: Scusate, venivo a prendere le misure del corpo.

LA DUCHESSA: Che tempestività! Voi, almeno, siete svelto.

IL BECCHINO: Sì, non vi preoccupate, mi sbrigo in un momento.

Le si avvicina e comincia a prendere le misure con lo spago.

LA DUCHESSA: Ma, insomma, siete matto? Che cosa vi prende? Credevo… (indica il corpo)

IL BECCHINO: Semplice malinteso, signora Duchessa. (indica il corpo a sua volta) Non sono venuto per lui. È stato il signor Duca a mandarmi qui… «Per la Duchessa non ci vorrà più molto; ormai è un vecchio moccolo…». Ecco cosa mi ha detto: «Aprite la porta di colpo entrando, una corrente d’aria, un soffio, un nonnulla e si spegne».

LA DUCHESSA: Che orrore!

IL BECCHINO: (con semplicità) Quanto a orrore, voi lo siete senz’altro, su questo non ci piove.

Entra il Duca.

IL DUCA: (allegro) Vorrei proprio sapere da dove diavolo è passata la nipotina del giardiniere, bambina incantevole, allegra come un fringuello, fresca come una rosa. (d’un tratto scorge il Becchino) Ah, siete qui, voi! (poi, lanciando una rapida occhiata al corpo del Giardiniere) Insomma, eccomi vedovo (scuotendo il capo sorridente), cosa da non credere: si direbbe che sta per parlare.

LA DUCHESSA: Ma io parlo!

IL DUCA: (sorpreso) Ah! (contrariato) Siete voi, cara. (indicando il corpo) Scusate, ero convinto…

LA DUCHESSA: Non vi scusate, siete cieco come una talpa.

IL DUCA: Nel regno delle talpe tutte le talpe… tutte le talpe… insomma, tutte le talpe, io mi capisco… (bruscamente, indicando il corpo) Ma chi è?

IL BECCHINO: Il giardiniere.

IL DUCA: (alla Duchessa) A quell’età, sai (galante), una bella giardiniera o un vecchio giardiniere, insomma se non è zuppa è pan bagnato.

LA DUCHESSA: Si, perché tu sei giovane, invece!

IL DUCA: Giovane no, ma solido come il Ponte Nuovo!

Si porta la mano al cuore e crolla su una sedia.

LA DUCHESSA: Come il Ponte Nuovo, l’avete detto voi stesso.

IL DUCA: (con voce flebile) Se ci fosse un prete… avrei piacere, sì, di fare due chiacchiere con lui, parlare del più e del meno.

LA DUCHESSA: (raggiante, al Becchino) Andate a chiamare l’Abate.

L’Abate entra.

L’ABATE: Non serve, sono già qui.

LA DUCHESSA: Ci stavate ascoltando dietro la porta?

L’ABATE: (con naturalezza) In confessione ascoltiamo dalla finestrella, no? Che differenza fa? (avvicinandosi alla Duchessa e posandole la mano sulla spalla) Vi sentite così male?

LA DUCHESSA: (soffocando) Davvero non vale la pena di origliare alle porte. (indicando il Duca) È lui quello che sta più male.

IL DUCA: Ahimé, la Duchessa ha ragione: non ne ho più per molto.

L’ABATE: È destino comune… anno più anno meno, per fortuna.

IL DUCA: (alla Duchessa) Ditemi addio, cara, e soprattutto non arrivederci!

S’accascia, cade dalla seggiola e resta steso accanto al Giardiniere.

IL BECCHINO: (scuotendo il capo) Poveri noi!

LA DUCHESSA: (sconvolta) Noi! Spero che sia solo un modo di dire!

IL BECCHINO: Scusate, non era per offendervi, ma vi assicuro che non parlavo per me, perché io, per quanto stia entrando negli ottantaquattro, con tutto il rispetto per voi, vi garantisco che li seppellirò tutti quanti. (li indica) D’altronde, sono qui per questo. (mettendosi improvvisamente a urlare) Tutti!

Portandosi di colpo la mano al cuore, stramazza a sua volta.

LA DUCHESSA: Ecco cosa succede a parlare troppo presto (sognante) Insomma, un altro di meno. (sorride, guardando l’Abate che si china sul becchino)

L’ABATE: Allora, figliolo?

IL BECCHINO: (a voce bassa ma fievole come quella di chi l’ha preceduto) Figliolo… Molto gentile!

LA DUCHESSA: (all’Abate) La cosa non vi rende più giovane, mio caro Abate. (l’Abate, senza rispondere, resta curvo sul corpo del Becchino e lancia d’improvviso un urlo terrificante) Che cosa vi prende, Abate?

L’ABATE: (a sua volta con voce un già un po’ più fievole) Che cosa mi prende? Che cosa sta per prendermi, piuttosto, e per portarmi via! (scoppia in singhiozzi senza potersi rimettere ritto e stende il braccio a indicare gli altri corpi) Quando penso che anch’io sarò costretto a lasciare questa valle di lacrime… (singhiozza) Se credete che ci sia da ridere!

LA DUCHESSA: Insomma, Abate! (ma di colpo «piena di premure») Volete un prete?

L’ABATE: Un prete?

LA DUCHESSA: Scusate, dimenticavo con chi sto parlando.

L’ABATE: Preferirei un medico.

LA DUCHESSA: Ma dove ho mai la testa? Avrei dovuto pensarci.

Entra un medico. Tristissimo.

IL MEDICO: (alla Duchessa, e prima ancora di vedere i corpi) Ieri il Duca mi aveva chiesto di venire a visitarvi. Era molto preoccupato. Vi sentite meglio?

LA DUCHESSA: Mai sentita così bene.

L’ABATE: Dottore…

Il medico scorge il sacerdote, si precipita, gli tasta il polso, gli studia gli occhi e, scuotendo il capo, si alza.

IL MEDICO: Troppo tardi (poi scorge gli altri corpi) Ma è un’epidemia!

LA DUCHESSA: (con gesto teatrale) Sono tutti morti.

IL MEDICO: È per l’appunto quel che dicevo: un’epidemia, la morte. (di colpo gioviale) Anche la vita è un’epidemia, si trasmette di padre in figlio, o di madre in figlia, se preferite, è il vecchio medico di famiglia che ve lo dice, per quel che ci riguarda, la vita è una sporca malattia, ma credete alla mia lunga esperienza: c’è solo un rimedio, la chirurgia. (tira fuori un rasoio dalla tasca) Solamente quella ha fatto progressi…

Si taglia la gola e stramazza a terra.

LA DUCHESSA: Oh! Il mio tappeto! (suona, suona, aspetta un istante, poi, dato che nessuno arriva, si mette ad urlare ) Oh! Io suono e non c’è chi…

Alla fine arriva un domestico. È duro d’orecchio e, data la sua veneranda età, si muove a fatica.

IL DOMESTICO: La signora ha suonato?

LA DUCHESSA: Che domanda?

IL DOMESTICO: (senza sentire) la signora Duchessa abbia la bontà di comprendere, ma non sento più il campanello. (indicando il proprio orecchio con gesto triste ed eloquente) Così, vengo di tanto in tanto, a casaccio. (si raddrizza e s’inchina) La signora Duchessa ha suonato?

LA DUCHESSA: (esasperata, si china e gli urla all’orecchio) Ma insomma, Feliciano, perché questa domanda?

IL DOMESTICO: Perché così vuole l’uso, signora Duchessa (alzando a fatica la voce), e, anziché rinunciare all’uso, oh! preferirei, sì, preferirei… (con voce che a sua volta s’affievolisce a poco a poco) la signora Duchessa mi perdoni, ma preferirei crepare! (stramazza a sua volta e con voce flebile continua a supplicare la Duchessa) La signora Duchessa ha suonato? Oh, la signora Duchessa mi dica che ha suonato! Sarebbe per me un conforto, un’ultima parola di speranza prima di andarmene. (e, giacché la Duchessa rimane sprezzantemente muta, insiste) La signora Duchessa ha suonato?

LA DUCHESSA: (facendo spallucce) No, non ho suonato.

IL DOMESTICO: Oh, che terribile errore! La signora Duchessa mi perdoni… ero entrato senza bussare!

LA DUCHESSA: Insomma, suonato o non suonato… se tanto non ha sentito…!

IL DOMESTICO: Oh! non dovrò morire così…!? La signora Duchessa abbia la bontà di chiamare il cappellano. Gli spiegherò che sono duro d’orecchio, lui capirà e mi assolverà.

LA DUCHESSA: Spiacente di contraddirvi, Feliciano, ma l’Abate è morto… e poiché abbiamo soltanto quello sottomano…

IL DOMESTICO: (disperato) Morto! (a voce sempre più bassa) E da quanto tempo?

LA DUCHESSA: Cinque minuti appena.

IL DOMESTICO: (con un barlume di speranza nello sguardo) Cinque minuti? Be’, lo riprenderò strada facendo.

LA DUCHESSA: (sorridente) un altro ancora di meno! (e indicando con un cenno i morti distesi) E dire che aspettavo Della Gente!

Entra Della Gente

DELLA GENTE: (vedendo l’ecatombe) Oh! Ma è terribile, spaventoso, orrendo, insomma che dire… e come tacere! È cosa talmente inusitata, da star male, da cadere lunghi distesi e morire di paura!

E Della Gente cade lungo disteso e morto di paura.

LA DUCHESSA: (guardando Della Gente steso al suolo con le braccia in croce) Moltogentile da parte vostra essere venuto, ma che cosa volete farci?

E, andando a guardarsi in un grande specchio, scorge Pervinca che, a sua volta, è entrata senza bussare.

PERVINCA: Vengo per l’annaffiatoio. Ci avete pensato?

LA DUCHESSA: (sorridente) Sì. Tutto quello che è qui mi appartiene. Ci tenete a quell’annaffiatoio? Lo prendo io. Se ve lo dessi, quale piacere ne trarrei io (sorridendo sempre più) dato che siete voi a desiderarlo?

PERVINCA: Lo dirò a mio nonno.

LA DUCHESSA: (sempre più sorridente, indicando il corpo) È morto.

PERVINCA: Forse fa solo finta.

LA DUCHESSA: (scoppiando a ridere) Oh! Quale assurdità!

PERVINCA: Eppure voi fate finta d’essere viva.

IL GIARDINIERE: (sollevando la testa) Ben detto! (poi si alza del tutto) Certamente, bambina mia, avevo fatto finta per essere lasciato in pace.

LA DUCHESSA: (sconvolta) E gli altri?

IL GIARDINIERE: Gli altri sono come voi: né completamente morti, né completamente vivi. Si sciupano, se ne vanno! Insomma, una liquidazione!

PERVINCA: Vieni, nonno! (poi, alla Duchessa) Quanto all’annaffiatoio, potete tenervelo. D’altronde è d’oro ed è troppo pesante da portare.

Pervinca conduce via il nonno.

LA DUCHESSA: Oh! In vita mia non ho mai visto una bambina più maleducata! (sconvolta) E quella sarebbe un uccello, sarebbe un fiore!

PERVINCA: (sorridente) Gli uccelli non sono angeli.

IL GIARDINIERE: Non tutte le viole sono del pensiero.

LA DUCHESSA: (guardandoli andare via ) Senza cuore! (la Duchessa rimane sola con i suoi morti. Entra un cane) Ah! Eccoti qui! (il cane annusa i morti con un iniziale orrore e subito dopo con somma indifferenza) La zampa, Ganimede, la zampa, Cuoricino, e presto!

Cuoricino dà la zampa alla Duchessa e taglia la corda. Si sente la canzone di Cuoricino che, trottando su tre zampe, rincorre il Giardiniere e Pervinca, suoi amici.

CUORICINO: Il modo di dareval più di ciò che si dà

la festicciola la festicciolà

il furor mondano

la follia senza doni…

La duchessa agita meccanicamente la zampa del cane, come al cimitero l’aspersorio benedicente, al di sopra dei morti distesi sul tappeto. Cala il sipario.