Esecuzione capitale

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ESECUZIONE CAPITALE

Commedia in un atto

di CLAUDIO NOVELLI

                                   

PERSONAGGI

CARTON

MARCEL

DE MATTIE'

BERENCON

IL GIUDICE

ANDRE' DUPONT

VOCE DI DONNA

VOCE DI UOMO

Commedia formattata da

Sulla scena. Un unico ambiente senza pareti. Due praticabili; il primo disposto al centro, quasi sul fondo; l'altro, obliquo, a destra. I praticabili sono congiunti alle tavole del palcoscenico tramite uno scivolo. Nella parte anteriore, un tavolo grigio e spoglio, una libreria che sale all'infinito, tre sedie e un banchetto. Ad apertura del velario, buio com­pleto.

Speaker                         - La morte è semplicemente un risulta­to... Che si può discutere, che si può anche non ac­cettare come principio, ma che tuttavia giunge a riportare la nostra essenza entro le dimensioni dell'organico disfacimento. Oggi non si dà più peso al­la morte... troppe distrazioni... troppo traffico... Anche se è stato inventato il modo di non pen­sarci essa è là... paziente, pietosa, innocente, giusta... Essa riceve tutti... dal malato di bronchite cronica... al suicida, dal rappresentante di com­mercio infortunato sulla statale numero venticin­que... all'indesiderato cittadino che la giustizia... (Luce improvvisa su Carton che sta seduto alla scrivania).

Carton                           - (di scatto) Io non ammetto che si muo­vano critiche alla giustizia! (Tronfio) Sono secoli che l'umanità combatte per conquistare una civil­tà! E ora si pretenderebbe che la democrazia fun­zionasse senza prigioni, senza polizia e, magari, senza condanne! Grazie tante! Questo genere di ordinamento sociale non fa per me!

Speaker                         - Perché ti scaldi tanto?

Carton                           - Perché la legge è legge! E quando si comincia...

Speaker                         - Va bene... Ho capito. Sei un conserva­tore.

Carton                           - Certo che lo sono. Se conservare signifi­ca proteggere, provvedere, prevenire, osteggiare certe turbolenze io sono il più accanito dei con­servatori!

Speaker                         - E quando arriverà il tuo giorno... quan­do ti riceveremo nei nostri cimiteri, cosa farai?

Carton                           - Questa storia della morte mi ha nauseato. Quando arriverà il mio turno me la vedrò perso­nalmente col Padreterno! Ora ho altri problemi... Io faccio... Io sono... (Schiarendosi la voce) Posso presentarmi? (Alzandosi in piedi) Alto funzionario di giustizia... non dipendente direttamente dal go­verno; stipendio considerevolmente superiore alla media; moglie rispettabile; figli intelligenti... o quasi...

Speaker                         - Amante...

Carton                           - Amante, sì... Donna, però. Il nostro è un mestiere difficile, abbiamo bisogno di distrazioni-In centinaia, in migliaia di occasioni, in una gior­nata, siamo costretti a ripeterci; sono il direttore di una prigione! Sono il direttore di quindici brac­ci maschili e otto femminili! Sono il direttore di venticinque celle di segregazione! Sono il direttore di tre celle della morte! Sono il... (Intervento mu­sicale. Luce completa e ingresso di Marcel).

Marcel                           - Sono venuto a ricordarle l'esecuzione di domani mattina.

Carton                           - Ah, già... Bravo, Marcel. E' arrivata an­che per Berencon. Sembrava un processo senza fine e invece... Eppure avrei giurato che se la sarebbe cavata... Non mi dispiaceva questo Berencon. Ave­va dello stile. Taciturno, serio,... educato. Sembrava più un attore che un assassino. Dopo tutto avreb­bero potuto accontentarlo con l'ergastolo.

Marcel                           - Ma... ha sparato al presidente della re­pubblica, signor direttore.

Carton                           - E con questo? Non l'ha mancato?

Marcel                           - (sconcertato) Sì.

 

Carton                           - E allora?

Marcel                           - Non si può avere clemenza per un anaij chico.

Carton                           - Da un po' di tempo a questa parte piij di qualcuno avrebbe meritato la fine di Berencon, Eppure ancora circola. Comunque noi non siamo qui per discutere. Hanno deciso così e così fa remo. E' tutto in ordine?

Marcel                           - (timidamente) Quasi.

Carton                           - Quasi? E' una parola che tollero volentieri.

Marcel                           - Il signor De Mattié...

Carton                           - Ha chiesto un nuovo aumento?

Marcel                           - No, no. Dice di non sentirsi troppo bene!

Carton                           - Che se ne vada a casa. Basterà che i trovi qui domattina, un paio d'ore prima dell'esecuzione.

Marcel                           - Ha chiesto una visita fiscale.

Carton                           - E il dottore?

Marcel                           - Gli ha riscontrato una forma di esaurimento nervoso.

Carton                           - Esaurimento nervoso con sette esecuzioni l'anno! E se fosse vissuto ai tempi di Robespierre? Be'... lasciamo andare... Avvisate quel tale che lo sostituisce... Come si chiama?

Marcel                           - Poisson.

Carton                           - Sì, Poisson. Ditegli di trovarsi qui questa sera alle dieci.

Marcel                           - Poisson non è in città, signor direttore,

Carton                           - Lasciate una comunicazione alla moglie, in modo che quando rientri... Dovrà rincasare, no?

Marcel                           - Poisson è partito da parecchi giorni e non rientrerà certamente questa sera.

Carton                           - E me lo dite adesso?

Marcel                           - Si è rifugiato in un convento.

Carton                           - In un convento?!

Marcel                           - Dopo una crisi durata più di due setti mane si è allontanato senza lasciare traccia. Sol­tanto ieri mattina la famiglia ha ricevuto un bi­glietto dal padre superiore di non so quale mo­nastero.

Carton                           - Poisson in un monastero! Dev'essere im­pazzito.

Marcel                           - La moglie non ha voluto dare molte spiegazioni... E noi, per discrezione...

Carton                           - (allarmatissimo) Chiamate De Mattié.

De Mattié                      - (illuminato da un riflettore a spiovente sul praticabile di destra) Sono qua, signor diret­tore.

Carton                           - Oh, caro De Mattié... Sono stato infor­mato proprio ora della vostra indisposizione.,. Mi diceva, appunto, Marcel di aver parlato col dotto­re e...

De Mattié                      - (incominciando a scendere) Ad essere sinceri... la malattia non c'entra... Diciamo che è un pretesto...

Carton                           - (rinfrancato) Ne ero convinto. Vi ho vi­sto ieri pomeriggio giocare alle bocce... Non avete fallito un colpo. Ignoravo questa vostra attitudine sportiva.

De Mattié                      - Proprio attitudine... Così... tanto per passare il tempo.

Carton                           - No, no. Vi assicuro. Avete la stoffa del campione.

De Mattié                      - Grazie, signor direttore.

Carton                           - Vedete, caro De Mattié... I miei collabo­ratori mancano di tatto. Non vi capiscono... Voi siete una persona corretta, puntuale, sportiva... Tuttavia non priva di una certa, come dire, scal­trezza...

De Mattié                                - Ma io...

Carton                           - No, non c'è bisogno che vi scusiate... Essere furbi, oggi, è una necessità... Anche in con­siderazione del fatto che non esiste un sindacato a tutela della vostra categoria.

De Mattié                      - Siamo così pochi...

Carton                           - Appunto... Perciò voi aspettate... ve ne state tranquillo e alla prima occasione avanzate le vostre brave rivendicazioni... Insomma, procla­mate il vostro sciopero.

De Mattié                      - Questa volta i soldi non c'entrano...

Carton                           - (deluso) - Ah, no?

De Mattié                      - No, signor direttore.

Carton                           - (cercando di guadagnare terreno) Allo­ra... se non si tratta di soldi... Parliamone... discu­tiamone apertamente.

De Mattié                      - Vedete, signor direttore... io credo...

Carton                           - Vi sentite stanco?

De Mattié                      - No, per carità.

Carton                           - (dopo averci pensato un attimo) Vi rite­nete vittima di qualche torto?

De Mattié                      - Ma no, assolutamente. E' una ragio­ne... strettamente personale.

Carton                           - (accennando a Marcel) Volete che restia­mo soli?.

De Mattié                      - No, no... anzi, ho molta stima del si­gnor Marcel...

Carton                           - Allora?

Marcel                           - (vedendo che De Mattié cerca le parole) Parlate pure con franchezza. De Mattié... Il signor direttore è uomo di mondo...

Carton                           - Prego, sedetevi.

Marcel                           - Coraggio!

De Mattié                      - Ho deciso di cambiar mestiere, signor direttore...

Carton                           - E volete cominciare proprio oggi?

De Mattié                      - Sì, signore, rassegno le mie dimis­sioni... E' così che si dice?

Carton                           - Lasciamo stare le formalità... Io non posso che rammaricarmi per la perdita di un collaboratore prezioso come voi... e tuttavia prenderne atto. Voi mi conoscete. De Mattié; ho sempre ri­spettato la libertà individuale...

De Mattié                      - La ringrazio, signor direttore.

Carton                           - Quello che non mi riesce di capire è perché voi abbiate scelto proprio oggi. Mi capite, De Mattié! Potevate scegliere un altro giorno... ieri, domani, la fine del mese; non cambiava assoluta­mente niente.

De Mattié                      - La conclusione di un dialogo è sem­pre imprevedibile. Essa, non avviene... interviene...

Carton                           - Dopo quindici anni che tagliate teste, sottilizzare su dodici ore mi sembra eccessivo.

De Mattié                      - In un caso di coscienza il tempo diventa elemento trascurabile.

Carton                           - Per voi, forse. Per noi, no. Domattina alle cinque dobbiamo liquidare Berengon. Ecco perché... in fondo... pensavo... che rimandare di un solo giorno...

De Mattié                      - Non mi è proprio possibile, signor direttore. Mi dispiace...

Carton                           - Questo significa scortesia... e mancanza di sensibilità! Per quindici anni avete vissuto col nostro stipendio, con i nostri premi straordinari, con le nostre provvidenze... e ora che vi si chiede di rimandare di una sola esecuzione puntate i piedi!

De Mattié                      - La mia è una professione particolare, signor direttore.

Carton                           - Qui dentro siamo tutti uguali. Abbiamo tutti la stessa responsabilità. Da me all'ultimo se­condino... Ed è sempre una responsabilità che non va oltre il fatto di eseguire ordini... (A Marcel) Non siete d'accordo?

Marcel                           - D'accordissimo.

De Mattié                      - Praticare una professione è anche un po' condividerla... Crederci...

Carton                           - E con questo?

De Mattié                      - Il giorno in cui ci si accorge, miraco­losamente, che era tutto sbagliato, che la nostra coscienza andava avanti solo perché sollecitata da un inganno... allora... allora le assicuro, signor di­rettore, l'ultima testa pesa più di tutte le altre messe insieme.

Carton                           - Con questi problemi morali!... Ne ho piene le tasche! Anche voi volete chiudervi in un convento? Perché... sapete l'ultima? Poisson s'è ritirato in un convento...

De Mattié                      - Sì, lo so...

Carton                           - Come, lo sapete?

De Mattié                      - Io e Poisson, dopo lunghe discussioni, decidemmo di rifiutare alla prima occasione. Ma lui, temendo di non resistere alle sue pressioni, ha preferito rifugiarsi in un convento.

Carton                           - Bravi! Bravissimi! Il vostro comporta­mento mi lusinga! Mi lusinga e mi onora! Non potevate avvertirci un mese fa, invece di tramare con Poisson questo inqualificabile ricatto?

De Mattié                      - Perché lo chiama ricatto?

Carton                           - Come volete chiamarlo? Signor De Mat­tié, vi ordino di restare al vostro posto di lavoro fino a domattina alle sei, ora francese! Dopo di che sarete libero di scegliere la professione che vi piace...

De Mattié                      - Le ripeto, signor direttore... proprio non posso...

Marcel                           - (allarmato a De Mattié) Volete contrad­dire il signor direttore?

De Mattié                      - No, non voglio contraddire la mia co­scienza.

Carton                           - (in tono professionale) In questo caso sarò costretto a prendere seri provvedimenti... E allora, anche se vi pentirete, sarà troppo tardi.

De Mattié                      - Arrivederla, signor direttore. Arrive­derci anche a voi, signor Marcel. Spero di rincon­trarvi fuori di questa prigione... Da domani mi oc­cuperò di irrigazione. E' un lavoro all'aperto e si guadagna bene. (Comincia ad allontanarsi tornando da dove è venuto) Quanto ai provvedimenti... Mi fanno pensare alla vendetta... Che i nostri supe­riori applicano quando li mettiamo nei pasticci. Vero, signor Marcel? Bisogna sempre marciare con ritmo... e magari scandire il tempo... Avanti, signor Marcel... Uno, due! Uno, due! Uno, due! Uno, due! (La luce si spegne su De Mattié).

Carton                           - Tre! Ne avrei trovato tre al posto vostro. Ma voi vi limitate ad osservare e a mettermi al corrente solo a situazione avvenuta.

Marcel                           - (scusandosi) Come potevo agire diver­samente!

Carton                           - (alzando il ricevitore e formando un nu­mero) Vi lasciate andare, Marcel... Vi adagiate!

Marcel                           - Io?

Carton                           - (parlando al telefono) Pronto... è l'uffi­cio di sua eccellenza? Signorina, sono Carton... Dalle carceri, sì, sì, grazie, me lo passi. Pronto! E' Carton che parla. Bene, grazie e lei?... Mi ralle­gro... No, no, no... l'ho chiamata per via di Beren­gon... No, no... niente di nuovo... Mi è venuta un'idea... Non sarebbe opportuno rimandare di qualche giorno?... Così... nessun motivo preciso-Era più che altro per evitare una certa concomi­tanza... Ho avuto delle informazioni circa un pos­sibile sciopero di domani... uno sciopero in grande stile. (Mostrando, con dei segni, a Marcel che sta mentendo) Sì... ferrovieri... Sembra che il giovane Berencon, quattro anni fa, abbia prestato servizio per un mese circa in una linea secondaria di Aurillac... La stampa dì sinistra potrebbe farci una speculazione politica... No, non li ho letti... Certo, con piacere... (Muovendo la testa come di chi ascolta delle cose importanti) Come?... Ah, « non c'è posto per gli anarchici in una società perbene»... Certo, certo... Non possiamo deludere... Benissimo. Stia tranquillo, eccellenza... No, no... Come al so­lito... Procederà tutto regolarmente. A più tardi.

Berencon                       - (sul praticabile di centro) Mi avete fatto chiamare, direttore?

Carton                           - Sì, vi ho fatto chiamare io. Venite pure avanti, Berencon. (Berengon scende. Si fa presso il tavolo del direttore) Accomodatevi. (Berengon si siede guardando, ora Carton, ora Marcel) Siga­retta?

Berencon                       - (accettandola) Grazie.

Marcel                           - (tirando fuori l'accendisigari) Prego.

Berencon                       - (dopo aver acceso) Grazie.

Carton                           - Caro Berencon, volevo dirvi... che nono­stante l'inalienabilità delle supreme decisioni... mi dispiace lasciarvi... Veramente. Siete stato un de­tenuto modello... Rispettoso... puntuale. Quasi un ospite, insomma... Vi è stato servito il vitto spe­ciale?

Berencon                       - Sì, sì...

Carton                           - L'avete trovato dì vostro gradimento?

Berencon                       - Cucina ottima... Se non fosse stato per il vino... Avevo chiesto del Bordeaux e invece...

Carton                           - Oh... Mi dispiace. Ripareremo immedia­tamente. Marcel, fate in modo che questa sera il signor Berencon abbia una bottiglia di autentico Bordeaux.

Marcel                           - Subito, signor direttore. (Esce).

Carton                           - Poco fa, prima che voi arrivaste qui, sostenevo coll'amico Marcel che la corte si è di­mostrata troppo severa nei vostri riguardi. Ma sì... L'ergastolo andava benissimo. Anche vent'anni... (Scorgendo l'impassibilità di Berengon) Vi dispiace molto morire?

Berencon                       - Voi al mio posto sareste allegro?

Carton                           - Che c'entra... Mi rendo perfettamente conto della vostra situazione... Siete giovane... Tut­tavia si può sempre trovare un equilibrio tra vo­lontà e necessità... e allora si giustifica tutto... ci si sente più trasportati che costretti. Molti hanno scelto questa via... Uscivano dalla loro cella tran­quilli... e lentamente, senza un grido, senza la mi­nima disperazione, si avviavano. In silenzio, con dignità... Chissà che anche voi, caro Berencon, si dà il caso, straordinario e contraddittorio insieme, che la giustizia, quella stessa che vi ha giudicato colpevole e condannato, oggi si trovi nella neces­sità di chiedervi un favore.

Berencon                       - A me?

Carton                           - Sì, a voi.

Berencon                       - Nelle mie condizioni?

Carton                           - Anche nelle vostre condizioni si può essere in grado di servire la giustizia. Sembra as­surdo... eppure...

Berenqon                      - Ma voi sapete che fra poche ore... io...

Carton                           - E' proprio fra poche ore... Sentite, Berencon, improvvisamente una rotella del nostro delicato e complicato meccanismo si rifiuta di funzionare. S'è inceppata, Berencon... ma nono­stante questo impedimento noi dobbiamo procede­re ugualmente. La giustizia non può fermarsi da­vanti a nessun ostacolo... Ho voluto parlarvi per richiamare la vostra coscienza di cittadino. Anche se avete mancato e siete stato punito, non potete sottrarvi a certi doveri... E poi? La pena, cui fra poche ore vi sottoporrete, vi riabilita... vi restitui­sce cittadino integerrimo e quindi vi obbliga ad intervenire, se il meccanismo si blocca proprio nel punto in cui si è prodotta una vostra interferenza. Poche ore fa abbiamo appreso che ambedue i funzionari addetti all'esecuzione capitale sono af­fetti da una grave malattia... Nessuno dei due potrà essere presente.

Berencon                       - E allora?

Carton                           - Vi preghiamo di autoeseguire la vostra sentenza.

Berencon                       - Come potrei...

Carton                           - Oh, è semplicissimo. Fate... come se ad assistervi fosse il tradizionale carnefice... Salite gli scalini... di legno... Vi infilate il cappuccio nero-Poggiate delicatamente il collo nell'apposita lunetta e... Alla fine premete il bottone a destra. Il resto si compirà automaticamente.

Berencon                       - Mi dispiace... Temo di non potervi essere utile.

Carton                           - Paura?

Berencon                       - No... Coerenza.

Carton                           - Coerenza?

Berencon                       - Avete forse dimenticato la ragione vera per cui finirò sotto la ghigliottina? I legalitari mi definiscono un anarchico... In altre parole, uno che non condivide la società com'è fatta adesso, ma la discute. Io e la società ci siamo rifiutati, signor direttore... e in questa mancanza assoluta di reciproca comunicabilità che senso volete che ab­biano la coscienza... la responsabilità?

Carton                           - Ora non hanno senso... perché ancora non siete morto... ma dopo, quegli stessi uomini che vi hanno punito, torneranno a rispettarvi come il cittadino più nobile e laborioso.

Berencon                       - Questo, quando non ci sarò più!

Carton                           - E la vostra memoria?! Noi ci illudiamo di finire completamente... In realtà si continua, caro Berencon... E come!

Berencon                       - Vi ringrazio, signor direttore... la mia memoria... ve la lascio tutta... in eredità. Io non farò mai parte di questa società. Nemmeno da morto.

 

Carton                           - Da uomo a uomo, Berencon, voi dovete morire. Sì o no? E allora. Che questo avvenga me­diante l'intervento di uno appositamente pagato, oppure che lo facciate da solo, spontaneamente, non è la stessa cosa?

Berencon                       - Forse per chi non deve morire...

Carton                           - (incalzando) Allora ritenetelo un favore personale fatto a me. Naturalmente dietro un co­spicuo compenso...

Berencon                       - Apprezzo la vostra generosità... Vi metterei in imbarazzo.

Carton                           - Per carità... Non vi preoccupate... Lasce­rete certamente una famiglia... dei parenti... dei debiti... una donna...

Berenqon                      - E' una posta troppo rilevante...

Carton                           - Non temete, Berencon, coraggio; le casse della prigione sono abbastanza solide...

Berencon                       - Autoeseguirò la mia sentenza...

Carton                           - (ansioso) Sì...

Berenqon                      - ...a patto che vengano uccisi tutti quelli che hanno firmato la mia condanna.

Carton                           - Ma... siete impazzito?

Berencon                       - (sorridendo) Avete visto...

Carton                           - Siate ragionevole, Berengon...

Berencon                       - Siatelo voi, signor direttore.

Carton                           - (alzandosi minaccioso) Allora tornate nella vostra cella! E sappiate che comunque ar­riverà qualcuno a scaraventare la vostra testa ba­cata sotto la ghigliottina! (Mentre Berengon si al­lontana) E questa sera, niente Bordeaux! A pane e acqua!... Anzi, vi farò morire digiuno!

Berencon                       - (quasi scomparendo) Cercate di ca­pirmi... La mia coerenza, signor direttore...

Carton                           - Via! Anarchico! Marcel!... Marcel!

Marcel                           - (entrando quasi spaventato) Agli ordini, signor direttore.

Carton                           - Vi rendete conto in quale pasticcio mi avete cacciato?

Marcel                           - Ma... io, signor direttore.

Carton                           - Faremo ridere l'opinione pubblica! Pos­sibile che non abbiate mai un po' d'intuizione!

Marcel                           - Come potevo prevedere che si scatenasse tutto all'ultimo momento!

Carton                           - Questo dimostra che non consultate mai l'assistente sociale! (Sempre furibondo) Io non so come ne usciremo. Poisson è fuggito... De Mattié ha la crisi... Berengon si è rifiutato...

Marcel                           - Cosa vuole cavare da un anarchico...

Carton                           - Pretendeva la vita di quelli che l'hanno condannato.

Marcel                           - E lei?

Carton                           - L'ho cacciato come un cane.

Marcel                           - Ha fatto benissimo. Darò subito il con­trordine per il Bordeaux.

Carton                           - Perché, avevate già provveduto?

Marcel                           - Avevo ordinato di prendere una botti­glia vuota di Bordeaux e di metterci del vino co­mune.

Carton                           - Ah... è così che fate...

Marcel                           - Approfittiamo delle bottiglie vuote...

Carton                           - E non c'è stato mai nessun reclamo?

Marcel                           - Qualcuno si è lamentato... Ma noi ab­biamo sempre risposto... che con la paura di mo­rire, il palato non funziona più.

Carton                           - (soddisfatto) Bravo! Marcel! Mi com­piaccio. Ogni tanto qualche idea... bene o male... viene fuori. Ma torniamo a Berencon... Se foste voi a dover decidere come vi comportereste?

Marcel                           - (incoraggiato) In modo semplicissimo; agirei come se tutto avvenisse regolarmente. Stesso cerimoniale... Stessi procedimenti... Poi, all'ora sta­bilita, comunicherei che l'esecuzione è stata con­sumata.

Carton                           - E Berencon?

Marcel                           - Con calma... quando avremo trovato uno disposto a sostituire De Mattié, ci faremo un'ese­cuzione privata...

Carton                           - Ma no... no. Questo se si trattasse di un assassino comune. Berencon ha attentato alla vita del presidente della repubblica... E' stato per set­timane sulle prime pagine dei giornali... Ci saranno osservatori, rappresentanti del governo, diploma­tici. Ci vuole uno che prenda il posto di De Mattié.

Marcel                           - Col tempo che abbiamo a disposizione non ci riusciremo mai... Ho parlato con i nostri secondini... Mi sono messo in contatto con tutte le prigioni della provincia... Ho perfino telefonato al manicomio. La crisi di De Mattié ha avuto con­seguenze catastrofiche... Non uno che abbia voluto accettare.

Carton                           - E noi dobbiamo trovarlo lo stesso. A tutti i costi. La giustizia è un fatto serio!... Non può coprirsi di ridicolo! (Guardando Marcel in una certa maniera) Sentite, Marcel... Voi sapete che... nonostante io vi copra di rimproveri in fondo... Se io... Vi chiedessi...

Marcel                           - Non è possibile, signor direttore; non è ammesso dal regolamento. Fra la mia mansione e quella cui lei allude esiste una evidente incom­patibilità.

Carton                           - Ma questo è un caso d'emergenza... Nes­suno verrà a saperlo.

Marcel                           - Non me lo chieda, signor direttore... Non me lo chieda. Non sarò mai capace dì premere quel bottone.

Carton                           - Non venite a raccontarmi che anche voi siete assalito da stupidi scrupoli...

Marcel                           - No, signor direttore... No.

Carton                           - Allora perché rifiutate?

Marcel                           - Non lo so. .

 

Carton                           - E invece lo sapete benissimo. Non avete neppure riflettuto... Avete risposto subito... come se vi avessi punto.

Marcel                           - Non l'ho mai fatto... Forse mi ripugna.

Carton                           - Nossignore. Ve la dico io la vera ragione: De Mattié. Non cercate di negarlo. De Mattié ha suggestionato anche voi. (Marcel non risponde) Sì o no?

Marcel                           - Sì, signor direttore. La decisione di De Mattié mi ha colpito... Voi ve lo ricordate... Era un duro... Uno che non avrebbe esitato nemmeno di fronte a sua madre...

Carton                           - E' una vergogna, Marcel. Avete passato la vita in questa prigione. Avete assistito impas­sibile a centinaia di esecuzioni... Mettete vino co­mune nelle bottiglie di Bordeaux... e ora vi com­portate come un seminarista. Siete suggestiona­bile, Marcel... e questo è veramente incompatibile!

Marcel                           - Si tratta della vita di un uomo, signor direttore... Di uno come me... come lei. Non è come spezzare un ramo oppure come schiacciare un verme... Un pensiero che non pensa più... Uno spirito violentato che forse s'insinua nella co­scienza di chi ha voluto fermarlo...

Carton                           - Perché, secondo voi, prima non eravate responsabile quanto gli esecutori diretti?

Marcel                           - Forse ha ragione lei... ma quel tanto di distanza mi permetteva di non pensarci, o perlo­meno di non esserne del tutto cosciente.

Carton                           - Mentre ora, dopo l'esempio di De Mattié, avete scoperto la grande verità!

Marcel                           - No... Non che io l'abbia scoperta perché contagiato da una psicosi... L'ho sentita proprio nel momento in cui lei me lo ha ordinato. E' stato un rifiuto immediato, istintivo, che mi si è chiarito solo mentre mi giustificavo... Sì, perché... le cose, viste dal di fuori, hanno sempre una prospettiva diversa. Provi a pensarci lei, signor direttore.., Ecco... Immagini che questa incombenza... tocchi a lei...

Carton                           - Non siamo ridicoli... Nella mia posizione.

Marcel                           - Perché la sua posizione non rientra, forse, nella responsabilità generale?

Carton                           - Sì... ma io ho una veste giuridica pre­cisa...

Marcel                           - E chi gliela contesta? Questo significa che lei dà ordini e altri obbediscono. Ma il giorno in cui più nessuno l'obbedisse... Lei dovrebbe co­mandare se stesso ed eseguire gli ordini che si dà. Il tutto, mi creda, senza che la sua veste giuridica venisse a soffrirne... E poi...

Carton                           - Basta! Non diciamo assurdità! Infor­meremo il giudice...

Marcel                           - (impressionato) Sua eccellenza?

Carton                           - Sì, sua eccellenza. Deciderà lui... In fon­do, ha tutta l'autorità per farlo.

 

Marcel                           - Questo... potrebbe dire, perdere il posto...

Carton                           - E va bene; perderemo il posto.

Il Giudice                      - (comparso sul praticabile di centro e incominciando a scendere) Non ci saranno più posti...

Carton                           - (preso da immediata deferenza) Certo, eccellenza...

Il Giudice                      - ...La prima più eccezionale dell'anno... Si precipiteranno da tutta la Francia...

Carton                           - E lei...

Il Giudice                      - Sono abbonato a tutte le prime di lirica e di prosa. Un uomo di legge ha il dovere di seguire la cultura... almeno con la presenza.

Carton                           - Sua moglie sta bene, eccellenza?

Il Giudice                      - Non troppo. Questa settimana... un nuovo attacco d'ulcera.

Carton                           - Oh... mi dispiace...

Il Giudice                      - E vostra moglie?

Carton                           - Si trova in viaggio, eccellenza...

Il Giudice                      - Capisco... (Guardando Marcel con in­sistenza).

Carton                           - Lui non è sposato eccellenza.

Il Giudice                      - Ah, no?

Marcel                           - (timidamente) No, eccellenza.

Il Giudice                      - Peccato... Un vero peccato...

Carton                           - Ha fatto una capatina per controllare?

Il Giudice                      - Controllare non è la parola esatta... A mettere il naso in faccende che, purtroppo, mi riguardano. Ve l'ho accennato anche per telefono; Berencon è diventato un avvenimento nazionale... perciò va trattato con tutte le regole. Domattina avremo visite importanti.

Carton                           - ...Se ne parlava proprio ora...

Il Giudice                      - Bene...

Carton                           - Sì... perché è capitato che...

Il Giudice                      - Che cosa?

Carton                           - (in difficoltà) ...Io non voglio darle fa­stidi, eccellenza... Lei mi conosce da anni... Mi sono sempre comportato come un orologio... Ma in certi casi... Sono sorte delle difficoltà di pro­cedura, eccellenza... E per quanto io e il signor Marcel si sia tentato in ogni modo...

Marcel                           - Pur spingendoci oltre l'ambito della no­stra giurisdizione...

Carton                           - ...Ci siamo trovati di fronte... proprio all'impossibilità materiale...

Il Giudice                      - Non ditemi che in qualche modo c'è di mezzo Berencon?

Carton                           - Purtroppo...

Il Giudice                      - Si è suicidato?

Carton                           - (velocissimo) No, no.

Il Giudice                      - L'avete fatto ammalare...

Marcel                           - No, lui sta benissimo... ha chiesto per­fino del Bordeaux...

Il Giudice                      - E allora?

 

Carton                           - La ghigliottina, eccellenza.

Il Giudice                      - Non funziona?

Marcel                           - ...Be', in senso lato...

Carton                           - Eccellenza... in queste ultime ventiquat­tro ore una crisi incredibile ha colpito la Francia...

Marcel                           - La crisi dei carnefici.

Carton                           - Si rifiutano... Capisce, eccellenza...

Marcel                           - Eppure ci siamo mossi, eccellenza... Io personalmente...

Carton                           - Abbiamo perfino tentato di corrompere il condannato perché autoeseguisse la sua sen­tenza...

Marcel                           - ...Anche lui si è sottratto...

Il Giudice                      - Signori, io credo che voi abbiate sottovalutato l'importanza di questa esecuzione.

Carton                           - No, eccellenza... le assicuro... Io e Mar­cel ce lo siamo ripetuto centinaia di volte... Sol­tanto, e lei stesso può confermarlo, le proporzioni di un inconveniente non bastano ad ovviarlo.

Il Giudice                      - Proporzioni o non proporzioni, do­mattina alle cinque Berencon dovrà salire sul pa­tibolo ed essere ghigliottinato!

Carton                           - Certo, eccellenza... e chi... sarà a spin­gere il bottone?

Il Giudice                      - Arrangiatevi... Non è affare che mi riguardi... Ci mancherebbe altro... se oltre tutti gli impegni e le responsabilità dovessi occuparmi an­che... Non siete voi il direttore della prigione?!

Carton                           - Mi perdoni, eccellenza... Posso farle una domanda?... Chi ha stabilito che Berencon avesse a che fare con la ghigliottina?

Il Giudice                      - Berencon stesso... nel momento in cui ha preso la pistola e si è dedicato a controllare le passeggiate del presidente della repubblica.

Carton                           - No, eccellenza, questo riguarda un altro aspetto... Berencon ha inventato una società sua particolare... l'ha confrontata con quella attuale e ha subito realizzato che fra le due si delineavano differenze incolmabili. Si è procurato un'arma e, molto diligentemente, si è incollato all'automobile presidenziale... convinto che la morte del presi­dente risolvesse ogni problema di identificazione. Ma gli va male... Viene acciuffato. Da quel mo­mento la sorte di Berencon è appesa a un filo. Può capitargli tutto... perfino di tornarsene a casa con un certificato di grazia in tasca.

Il Giudice                      - Cosa poco probabile... perché la legge scritta... la legge, caro Carton, prevede che gli attentatori vengano puniti con la pena capitale!

Carton                           - Allora se c'è una legge scritta che pre­vede tutto, mi spieghi perché si fanno i processi!

Il Giudice                      - Per capire, Carton... per stabilire fino a che punto la colpa è stata consumata... fino a che punto si può parlare di partecipazione... o di casualità...

Carton                           - Una verifica, insomma...

Il Giudice                      - Se vi piace chiamarla così...

Carton                           - ...Dalla quale, però, dipendono la pena e tutte le annesse conseguenze.

Il Giudice                      - Per forza.

Carton                           - ...Per cui la legge scritta non si esaurisce in se stessa... Ad essa si sovrappone la facoltà de­gli uomini... di certi uomini...

Il Giudice                      - Dove volete arrivare, Carton... Siate più chiaro... Evitate tutti questi giri di parole...

Carton                           - ...Magari lo potessi... Spiegare a lei non è facile... Lei è una eccellenza. Se si fosse trattato di un mio subalterno... non so... Farié... Batisse... o, magari, Marcel, avrei detto più semplicemente: Lo ha condannato? Bene, se lo liquidi lei.

Il Giudice                      - (seccatissimo) E la risposta che vi beccavate sarebbe stata la seguente: da quando Berencon ha lasciato l'aula del tribunale egli era tutto vostro... fino alla fine!

Carton                           - No, eccellenza... lei non deve prenderla come un fatto personale... Forse sono stato troppo brusco... ma, le assicuro, certe volte si sente il bi­sogno di dire ciò che si pensa... di sbatterlo in fac­cia... Perché questo qualche cosa rappresenta per noi una verità... Una verità cui noi partecipiamo con tutto il nostro essere... con tutti noi stessi,... ciascuno di noi ha una verità, giusta o sbagliata che sia. Ce l'ha dentro e non la dice mai; ha pau­ra, eccellenza... Perché spesso si tratta di verità paradossali, che farebbero ridere... e, magari, per­dere il posto. Invece, bisognerebbe dirle... sbatterle in faccia... Altrimenti si finisce per scoppiare. (Pausa) La parola di un giudice, eccellenza, non è un significato detto o scritto che si esaurisce alla chiusura di un processo... E' una parola di fuoco... che continua inesorabilmente... Se lo è mai do­mandato?... Come se, realmente, il giudice che ha pronunciato la sentenza si alzasse dal banco della corte, si togliesse la toga, prendesse l'imputato e, così, davanti a tutti, gli staccasse la testa di netto.

Marcel                           - Oh... è terribile.

Il Giudice                      - Per la vostra carica, Carton, avete troppa fantasia... Troppa. E la fantasia gioca brutti scherzi. Un giudice non agisce mai in proprio. Egli è il risultato di una volontà e di una responsa­bilità generali... D'accordo... spetta a lui decidere specificamente come e quando... perché tecnica­mente possiede gli strumenti per farlo. Ha stu­diato... Ha sulle spalle un'esperienza... Ma la sua, Carton, è sempre una decisione per conto di altri e la sua vera, reale responsabilità corrisponde a quella di un comune cittadino che vuole e sotto­scrive una certa legge. Dall'interno... o dall'esterno, siamo tutti coinvolti.

Carton                           - Tutti coinvolti ma nessuno ha il coraggio di... giustiziare Berencon. Eppure... domattina alle cinque...

Il Giudice                      - Cercate di essere calmo, Carton,... Suppliremo anche alla vostra negligenza con la scelta di una persona che non potrà rifiutare.

Carton                           - E chi... sarà questa persona?

Il Giudice                      - Una a caso... Faremo un'estrazione a sorte, Carton...

Marcel                           - (che ancora non si è reso conto comple­tamente) A sorte?

Il Giudice                      - (avvicinandosi al telefono) Pronto!... L'istituto di statistica?... Mi passi il centro mecca­nografico. (Buio. Musica allegra in sottofondo. Cono di luce su una parte qualsiasi. Suono prolun­gato di campanello).

La Voce di Donna        - Eccomi!... Un momento di pazienza! (Rumore di porta che si apre).

La Voce di Uomo         - Abita qui il signor Dupont? André Dupont.

La Voce di Donna        - Sì... è mio marito, perché?

La Voce di Uomo         - Sta in casa?

La Voce di Donna        - E voi chi siete?

La Voce di Uomo         - Polizia.

La Voce di Donna        - André! André! C'è la polizia!... Vi assicuro, signore... mio marito non ha fatto niente di male... Voi non lo conoscete...

La Voce di Uomo         - Avanti... niente storie... Chia­mate vostro marito.

La Voce di Donna        - (sempre più impressionata) André! André!

La Voce di Uomo         - ...André Dupont?

La Voce di Dupont       - (piuttosto frastornato) ...Sì ...sono io.

La Voce di Uomo         - Vestitevi, devo condurvi con me.

La Voce di Dupont       - Sì... subito...

La Voce di Donna        - Ti portano via... André... Ti portano via... e non dici niente?

La Voce di Dupont       - (debolmente) Avete... un man­dato?

La Voce di Uomo         - Ecco il mandato... Ma fate presto.

La Voce di Dupont       - E... perché questa disposi­zione?

La Voce di Uomo         - Saprete tutto più tardi...

La Voce di Donna        - Ma non ha fatto niente, si­gnore... Vi scongiuro...

La Voce di Dupont       - Sono pronto...

La Voce di Donna        - André! André! André! (Stessa musica allegra che aveva preceduto l'inizio di que­sto dialogo e buio. Quando si riaccendono le luci, in scena si trovano il giudice e Carton. Il primo sta seduto davanti la scrivania e l'altro passeggia ner­vosamente fumando. Sul praticabile di destra si trova Dupont illuminato debolmente. I due non si sono accorti della sua presenza. Dupont si schia­risce la voce, ma non essendo ancora notato tos­sicchia timidamente).

Carton                           - (con soddisfazione) Il signor Dupont! (Va incontro a Dupont insieme al giudice. Anche dupont incomincia a scendere. Il giudice fa cenno a Carton di parlare per primo; Carton, sempre con un cenno, risponde che non sa cosa dire) ...Vi ab­biamo disturbato, signor Dupont?

Dupont                          - ...Forse è più esatto dire, interrotto. Fa­cevo solitari...

Il Giudice                      - ...Passatempo che apprezzo moltis­simo. Consente un alto potere di rilassamento.

Dupont                          - Già...

Il Giudice e Carton       - Signor Dupont... (Carton fa un piccolo inchino come per scusarsi. Quindi si sottrae all'incombenza di parlare).

Il Giudice                      - ...Signor Dupont... non vi abbiamo fatto venire qui per un interrogatorio, come cer­tamente avrete pensato...

Dupont                          - (sollevato) Ah, no?

Il Giudice                      - No... si tratta semplicemente di una cortesia... Vi chiediamo una cortesia, signor Du­pont.

Dupont                          - ...Se è per questo... consideratemi pure a vostra disposizione.

Carton                           - Noi... anzi la giustizia ha bisogno di una vostra consulenza...

Dupont                          - Da me?... Non sono che un modesto im­piegato.

Il Giudice                      - Il novanta per cento dei francesi è co­stituito da impiegati di ruolo secondario... Eppure nessuno di fronte al richiamo della patria... della giustizia...

Dupont                          - (nuovamente intimidito) No, no, si­gnore... io non rifiuto... solo... ho voluto mettere in evidenza le mie modeste capacità.

Il Giudice                      - Tranquillizzatevi, signor Dupont... Per quello che dovete fare non saranno necessarie particolari attitudini.

Carton                           - Avete mai sentito parlare... di un certo... Berengon?

Dupont                          - (Dopo averci pensato un attimo) No, signore.

Il Giudice                      - Come, non leggete i giornali?

Dupont                          - Volete dire... l'anarchico... quello che ha sparato al presidente della repubblica?

Carton                           - Esattamente.

Il Giudice                      - Che cosa sapete di lui?

Dupont                          - (terrorizzato) Niente... signore.

Carton                           - Come, niente?

Dupont                          - Be', so che abitava ad Aurillac, prima di...

Il Giudice                      - (incalzando) ...E poi?

 

Dupont                          - ...Che aveva ventisette anni...

Carton                           - Su avanti, parlate!

Dupont                          - (difendendosi) ...Quando sono entrato mi avevate assicurato che non si trattava di un interrogatorio...

Il Giudice                      - Scusate, signor Dupont... avete ra­gione.

Carton                           - Desideriamo soltanto conoscere il vostro parere... qual è il vostro giudizio...

Dupont                          - ...Su Berencon?

Il Giudice                      - Sì... Diciamo, politicamente...

Dupont                          - E' un fuorilegge... di cui la società si deve liberare al più presto...

Carton                           - Se ho ben capito... siete d'accordo con i giudici che lo hanno condannato a morte?

Dupont                          - D'accordissimo.

Il Giudice                      - Allora, signor Dupont, poiché, attual­mente, non disponiamo di carnefici... dovrete pen­sarci voi.

Dupont                          - Io?!

Carton                           - Voi, voi...

Dupont                          - Ma io... non ho mai... E poi perché pro­prio io?

Il Giudice                      - Abbiamo estratto a sorte... e siete uscito voi.

Dupont                          - ...Forse avrete fatto confusione... Ci sono migliaia di Dupont...

Carton                           - No, no... Il Dupont estratto... siete pro­prio voi.

Dupont                          - Potrei... rifiutare?

Il Giudice                      - Dovrete spingere, comunque, il bot­tone della ghigliottina.

Carton                           - ...Non avete detto di essere d'accordo?...

Dupont                          - Forse... sono stato un po' precipitoso. (Si sente suonare una pendola).

Il Giudice                      - (dando un colpetto sulla spalla di Du­pont) Coraggio, signor Dupont.

Carton                           - Desiderate un cognac? Marcel.

Dupont                          - (con voce rauca) Grazie, signore... sono astemio.

Il Giudice                      - (a Dupont che vuole cedergli la prece­denza) Prego, prego... Dopo di voi. (/ tre si av­viano lentissimamente, come dando l'impressione dell'attesa di un improvviso colpo di scena. In sot­tofondo, pianissimo, una marcia funebre. Appena arrivati sul praticabile, i tre scendono per la sca­letta posteriore. La luce si abbassa gradatamente; improvviso rullo di tamburi che termina con un colpo secco).

FINE