Esperimento collettivo

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Esperimento collettivo per uno spettacolo ispirato a Cesare Borgia

ESPERIMENTO

COLLETTIVO

Commedia in un atto

di ALDO NICOLAJ

PERSONAGGI

Il regista

Il cronista televisivo

Cesare Borgia, detto il Valentino

Il Papa

Vannozza

Carlotta

Lucrezia

Giovanni

Goffredo

Caterina Sforza

Manfredi Astorre

Vitellozzo Vitellozzi

Guerriero

Un palcoscenico di un teatro. Oggi.

 

 Il pubblico entra in sala a sipario aperto, mentre gli attori prendono posto sui palcoscenico. Nessuna scenografia, soltanto una rudimentale costruzione di praticabili in legno, uniti tra di loro da una scaletta centrale. Davanti alla scaletta, in centro, una bara. Il regista, di mezz' età, vestito con un maglione e dei pantaloni di velluto, osserva divertito gli attori che stanno indossando elementi di costume: le donne si infilano dentro delle crinoline di vimini, sulle quali sistemano le loro pellicce, i loro cappotti oppure pezzi di stoffe, gli uomini si spogliano per restare in calzamaglia o per indossare delle tute, meglio se indosseranno camicie di colore. Il Papa si mette sulle spalle come un manto, un pezzo di velluto rosso, evidentemente ricavato da un vecchio sipario. Gli attori parlano tra di loro, mentre Pippo, l'elettricista, dalla sua cabina, si diverte ad improvvisare effetti, cambiando le luci sul palcoscenico. Quando il pubblico avrà finito di prendere posto e sistemarsi, comincia l'azione.

Regista                          - (all'elettricista) Basta coi giochetti, Pippo: spegni la sala e dammi il palcoscenico. (si spegne la sala e resta acceso il palcoscenico. Agli attori) Per favore, disponetevi a gruppi sui praticabili. Tanto per cominciare faremo qualche ripresa televisiva per il « Prossimamente».  

Vannozza                      - E che riprese possiamo fare? Non abbiamo mai provato.  

Regista                          - Faremo qualche panoramica e delle brevi interviste. Così reclamizzeremo subito lo spettacolo. Anche se è ancora tutto da fare, bisogna già preoccuparci di venderlo. (osserva come si sono disposti gli attori) Sì, così.  Il gruppo Borgia al centro.  tutti assieme.  (verso le quinte) Emma, trovami un cappello per il duca Valentino.  (si avvicina alle quinte) Non importa, un berretto qualsiasi.  sì, tirami quello.  (prende a volo un cappello da donna in pelliccia e lo lancia al Duca Valentino) Tieni, mettitelo, indietro e da una parte.  

Lucrezia                        - È il mio berretto di visone.  

Regista                          - Te ne pagheremo il noleggio.  

Duca                             - (calzandoselo in testa) Sta meglio a me, che a te.  

Lucrezia                        - Sei di un narcisismo spaventoso!

Regista                          - (al Valentino) Cerca di far risaltare la tua figura, si deve capire subito che sei il protagonista.  Poi, col costume, spiccherai meglio. Studieremo il trucco sul ritratto dipinto dal Giorgione.

Duca                             - Un solo trucco per tutto lo spettacolo?

Regista                          - Muori che hai appena passato la trentina.  Per la seconda parte ti deturperemo il viso con macchie di sifilide. Ma sullo stesso trucco base. Un po' a destra, non impallarmi il Papa.  

Papa                              - M'ero seduto, ma forse è meglio in piedi.  

Regista                          - No, meglio seduto. Però più eretto il busto. Assumi un atteggiamento forte, virile.  Ricordati che Alessandro VI è un Papa, che non si è mai piegato davanti a nessuno.  Cominceremo così: con la presentazione di tutti i personaggi in scena, immobili. Coi costumi, le parrucche, il trucco, sotto i riflettori, sarà un inizio suggestivo con effetti cromatici stupendi.  

Duca                             - Tipo.  quadro vivente?

Regista                          - Esatto. Bisognerà che Emma mi indovini i rossi.  (verso le quinte) Mi senti, Emma? Voglio delle tonalità calde, morbide, pastose.  Il rosso dev'essere il colore dominante dello spettacolo, lanceremo il rosso-Borgia.  (Verso gli attori) Caterina? Ehi, Caterina?.  

Caterina                        - Dici a me?

Regista                          - E a chi altri, allora? Caterina Sforza sei tu. Per favore, ragazzi dovete spersonalizzarvi completamente, per assumere l'identità del vostro personaggio, dimenticare i vostri nomi veri ed abituarvi a chiamarvi coi nomi dei personaggi. Anche per questo ho voluto subito degli accenni di costume per aiutarvi ad entrare subito nella parte.  

Vannozza                      - Sembra uno strumento di tortura questo paniere-crinolina. E pesa.  

Regista                          - Se si seguisse sempre questo sistema, si eviterebbe di vedere in scena attori, che portano il costume, come se si fossero messi in maschera per Carnevale. Dunque,       Caterina Sforza.  

Caterina                        - Dimmi.  

Regista                          - Non ti vedo.  

Caterina                        - Eppure ci sono.  (Risatine)

Regista                          - Ti ci vuole una predella. (verso le quinte) Alberto, una predella per Caterina Sforza.  

Macchinista                   - (entrerà subito con una predella che darà a Caterina e che lei si metterà sotto i piedi)

Regista                          - ...il pubblico ti deve vedere subito. Avrai attorno armigeri e guerrieri, perciò dei fustacci sui quali dovrai dominare. Gli storici ti hanno descritta come una bellissima virago, che voleva sempre emergere su tutti.  Tu, Manfredi, più isolato, per favore.  Attorno avrai un gruppetto di vescovi e di cardinali.  Là, in fondo, invece, metteremo i cortigiani.  lì, i popolani.  Tu, che mi sembri un pensionato.  

Guerriero                       - Io?

Regista                          - Dovrai tenere in mano una alabarda.  un'alabarda, che avrai ficcato in chissà quante pance e quante schiene.  Trovati un bastone.  una cantinella.  

Guerriero                       - (prendendo una cantinella che qualcuno gli porge dalle quinte) Se mi vuole spiegare cosa devo fare.  

Regista                          - Niente, ma mettici più impegno.  

Guerriero                       - Più impegno a far niente? (risate)

Regista                          - (seccato) Metti un piede in avanti.  Cerca di essere fiero, selvaggio.  

Guerriero                       - Ma che tipo di guerriero devo fare?

Regista                          - Un armigero, ma ti utilizzerò anche per fare Micheletto, il killer personale del Valentino.  

Cronista                        - (entra seguito da un giovanotto con macchine da presa) Salve!

Regista                          - Accidenti che puntualità, spacchi il minuto.

Cronista                        - ...e devo scappare subito. Non vi posso concedere più di dieci minuti. 

Regista                          - Bastano. (all'elettricista) Pippo, dammi un po' di luci. (All'operatore che ha tirato fuori tutti i suoi apparecchi) Una bella ripresa degli attori, per favore.  Prima una panoramica, poi i primi piani.  (si sono accese le luci e l'operatore comincia la ripresa)

Cronista                        - Ma li vuoi così? Fermi come salami?

Regista                          - Sì, la panoramica ti serve per la presentazione.  

Cronista                        - Va bene. Passiamo all'intervista.

Regista                          - Io sono pronto.  (va a mettersi in luce. L'operatore ha fatto la ripresa agli attori, che ora scendono dal praticabile e si mettono attorno al regista. L'operatore punta la macchina da presa sul regista)

Cronista                        - (gli si mette vicino e fa un segno all'operatore, che comincia le riprese) Eccoci, dunque, sul palcoscenico dell'Odeon.  (naturalmente il nome del teatro sarà quello dove viene rappresentato lo spettacolo e il nome Odeon è soltanto indicativo).  dove sono appena iniziate le prove di un nuovo spettacolo. Rubiamo qualche minuto al regista per fargli alcune domande. Renato, come ti è venuta l'idea di questo collettivo?

Regista                          - Desideravo da tempo fare uno spettacolo senza autore, che nascesse dall'autèntica collaborazione tra regista e attori. E, naturalmente, con la collaborazione dei tecnici. Quando l'Odeon mi ha chiesto uno spettacolo, ho offerto questo esperimento di collettivo, che mi è stato accettato con entusiasmo.

Cronista                        - Perché hai scelto i Borgia?

Regista                          - Ho scelto i Borgia per fermare la mia attenzione su Cesare, detto il Duca Valentino, che, oltre ad essere il personaggio più rappresentativo della sua epoca, mi pare di una grande attualità. Penso che proponendo al pubblico le vicende di questo guerriero, che è stato l'ispiratore de «Il Principe» di Machiavelli, si possa compiere anche un'importante operazione culturale.  

Cronista                        - (passando il microfono al Valentino) Tu, naturalmente, sarai il bellissimo Valentino.  

Duca                             - (prendendo il microfono) In teatro amo o fare i belli o i mostri. La mia ultima interpretazione, infatti, è stata il Riccardo II. Se ben ricordi, avevo un trucco raccapricciante.  

Cronista                        - Qui sarai bello e perverso.  

Duca                             - Non credo che il Valentino sia stato così perverso come hanno scritto. Mi sono documentato, come del resto faccio sempre, e penso che gli storici lo abbiano o troppo esaltato o troppo denigrato, col risultato che la sua personalità è stata spesso falsata. Persino dal Machiavelli.  

Cronista                        - Sarà dunque un Cesare Borgia nuovo, il tuo.  

Duca                             - Spero sia un Cesare Borgia molto somigliante a quello che è stato nella realtà.  

Cronista                        - (passando il microfono a Lucrezia) Tu, sarai Lucrezia, immagino.  

Lucrezia                        - Sarà un personaggio di assoluto riposo, in quanto la vicenda ruoterà intorno al Valentino; ma ho accettato con gioia questo ruolo, anche perché mi permette di lavorare con Renato, che è un regista pieno di estro e di fantasia.  

Cronista                        - (passando il microfono a Vannozza) E lei cosa ci dice, signora?

Vannozza                      - ...che nella mia lunga carriera d'attrice non mi era mai capitato un personaggio come questo.  

Cronista                        - In che senso?

Vannozza                      - Nella vita e nella finzione scenica sono stata l'amante di molti, ma mai di un Papa, come mi capita in questo personaggio.  

Cronista                        - (passando il microfono al Papa) E, lei, naturalmente, è il Papa.  

Papa                              - Alessandro VI. Un papa discutibile quanto si vuole, amorale, sanguinario, ma molto importante nella storia della Chiesa, perché ha avuto il merito di consolidarne la potenza, nei confronti degli altri stati italiani. Con me il Papato diventa una potenza vera e propria, davanti alla quale, come dice il Machiavelli «persino un Re di Francia ne trema ».  

Cronista                        - (passando il microfono a Caterina) E, tu, dopo tanti successi sui teleschermi, ti sei decisa a tornare al teatro. Complimenti. Che personaggio farai?

Caterina                        - Caterina Sforza. Il mio ruolo non è molto importante, in quanto non rappresento che un episodio nella vita del Valentino, ma l'ho accettato con molto entusiasmo, perché credo che questo esperimento di creazione artistica collettiva sia importante per arrivare a una formula nuova di teatro.  

Regista                          - (prendendo il microfono) Vorrei presentare gli altri attori: Giovanni e Goffredo Borgia.  la moglie del Valentino, Carlotta d'Albret.  Manfredi Astorre.  Vitellozzo Vitellozzi.  il killer personale del Valentino, Micheletto.  Non li chiamo coi loro nomi, ma con quelli dei loro personaggi.  

Cronista                        - Questa è la troupe al completo, allora.  

Regista                          - Più o meno. E naturalmente arricchiremo il cast con un buon numero di figuranti e di comparse.       

Cronista                        - Non hai altro da dirci?

Regista                          - ...che tutti siamo documentati con molta serietà sull'epoca e sui personaggi e la troupe è in pieno clima borgiano. Non si parla che di agguati, pugnali e veleni, tanto che, quando andiamo al ristorante, guardiamo sempre con molto sospetto quello che ci mettono nel piatto.  

Cronista                        - (ridendo) Grazie. Non mi resta che augurarvi buon lavoro, sperando che la vostra fatica sia coronata dal più vivo successo. (chiude frettoloso il microfono e lo mette nell'astuccio, mentre l'operatore fa altrettanto con la macchina da presa) Grazie ancora. Scappo subito perché ho l'anteprima dell'Amleto.  Mandiamo in onda giovedì alle 22, come sempre. In bocca al lupo a tutti. (tutti rispondono a soggetto)

Regista                          - (al cronista che sta uscendo) Ti chiamo io. Facciamo colazione insieme, uno di questi giorni. Ciao. (all'elettricista) Spegni pure, Pippo.  (si spengono i riflettori. Agli attori) E, ora, al lavoro. (il macchinista gli porta un quaderno di appunti ed accende un magnetofono, che è in un angolo della scena. Gli attori si dispongono come vogliono, attorno al regista, qualcuno seduto sui praticabili, altri in piedi) Vorrei ancora fare delle precisazioni sull'epoca e sulla vicenda. Dunque, siamo agli albori del Rinascimento, negli anni immediatamente successivi al 1492. (il macchinista esce di scena) L'Italia è divisa in tanti piccoli stati, governati da Signori e da Principi. È l'epoca dei Medici, dei Gonzaga, degli Estensi, degli Sforza, dei Montefeltro, ecc.  Il Cardinale Rodrigo Borgia è diventato Papa col nome di Alessandro VI. È un uomo sensuale, molto ambizioso. Ha avuto da Vannozza (la indica) quattro figli: (indicandoli a loro volta) Giovanni, Cesare, Lucrezia e Goffredo.  Volendo estendere il potere temporale della Chiesa, ha eletto Capitano Generale il figlio Giovanni, il quale conquista per il Papato città e castelli del Lazio. Ma Giovanni viene assassinato e, allora, Cesare prende il suo posto. Ora chiaritemi voi i vostri personaggi. Cominciamo da Lucrezia.  

Lucrezia                        - Figlia del Papa e di Vannozza, dopo due fidanzamenti, vado sposa a dodici anni a Giovanni Sforza, detto lo Sforzino. Il matrimonio viene annullato, poi, dal Papa, che ha ambizioni più grandi per me, col pretesto, falso, che non è stato consumato. Sposo, allora, il Duca di Bisceglie, fratello di Sancha, moglie di mio fratello Goffredo. Il Valentino lo fa ammazzare crudelmente e io sposo, allora, Alfonso d'Este e vivo stimata in Ferrara, dove muoio rimpianta da tutti.

Duca                             - Hai sorvolato sugli incesti, che ti hanno reso famosa.  

Lucrezia                        - Non sono stati provati. I miei contemporanei, per screditare i Borgia hanno scagliato su di me le accuse più turpi e più infamanti.

Caterina                        - Però non puoi negare che tra un matrimonio e l'altro hai avuto un bambino. Alcuni hanno scritto che sia stato il frutto di una tua scandalosa relazione con tuo fratello, altri di un amore ancor più incestuoso con tuo padre.  

Lucrezia                        - È più probabile, come hanno detto altri, che quel bambino sia nato da un mio amore con un giovane scudiero, morto tragicamente subito dopo.              

Regista                          - Un sospetto d'incesto conviene lasciarlo. Per il pubblico di oggi ci vuole un po' di morboso.  

Manfredi                       - Perché tu, Cesare Borgia, sei stato chiamato il Valentino?

Duca                             - Non so se perché a 17 anni sono stato fatto cardinale di Valenza o perché Luigi XII mi ha fatto duca del Valentinois. Il nome di Valentino era scritto certamente nel mio destino.  

Manfredi                       - Chiariamolo bene, questo, per evitare che il pubblico possa pensare che Cesare Borgia e il Valentino siano due personaggi differenti e non uno solo.

Regista                          - Chiariremo. Avanti tu, Giovanni Borgia.  

Giovanni                       - Fratello di Lucrezia, Cesare e Goffredo, nominato dal Papa, quando ero appena ragazzo, Capitano Generale della Chiesa. Ho sconfitto i clan degli Orsini e delle altre famiglie romane, conquistando per il Papato città e castelli. Sono allegro, simpatico, ambizioso come tutti i Borgia, non troppo intelligente, fortunato con le donne. Infatti pare che sia stato l'amante di mia sorella Lucrezia e della moglie di mio fratello Goffredo, Sancha. Quando sono stato ammazzato.  

Regista                          - Della tua morte ci occuperemo tra poco. Vannozza.  

Vannozza                      - Ho molte cose da chiarire sul mio personaggio. Per esempio, ho visto il bozzetto del costume. Ti pare possibile che abbia tutte le tette fuori? Una signora che è l'amante di un Papa dovrebbe vestire più decentemente.  

Lucrezia                        - Per rispetto alla persona con cui vai a letto?

Vannozza                      - Anche per questo. Sono una persona per bene o no?

Duca                             - Una signora per bene, come ce ne sono anche oggi, che si comporta un po' come una puttana.  

Vannozza                      - E come certe signore per bene di oggi, mi vesto come.  una puttana, Capito.

Regista                          - Le tue origini sono controverse. È stato anche detto che prima di conoscere il Papa, eri una lavandaia.  

Vannozza                      - Una specie di Madame Sans Gène, allora. Un personaggio che adoro. L'ho fatto ai miei bei, tempi con un successo incredibile.  

Regista                          - Sei quella che sopravvive a tutta la famiglia. E ti seppelliranno nella tomba che t'eri fatta costruire in S. Maria del Popolo, lasciando gran parte dei tuoi beni ad istituzioni benefiche. 

Vannozza                      - Muoio come una signora per bene. E spero mi considereranno una signora per bene, anche quando morirò veramente. I miei peccati di gioventù sono ormai lontani, chi se li ricorda ancora?

Papa                              - Tutti. Fanno parte della storia del teatro.  

Vannozza                      - Diciamo, allora, come Lucrezia, che per screditarmi le mie care colleghe hanno gettato su di me le accuse più infamanti. Ad ogni modo, però, nulla d'incestuoso, a parte un cugino adolescente, ma di secondo grado.  

Regista                          - Avanti, Goffredo.  

Goffredo                       - Sono il più giovane dei Borgia. Sposato a 13 anni con Sancha, sorella del secondo marito di Lucrezia. Di me si sa poco, a parte il fatto che sono stato abbondantemente cornificato da fratelli, parenti ed amici.  

Guerriero                       - Altro che bara. In mezzo alla scena ci metta un bel lettone a due piazze.  

Regista                          - Una bara è più scenografica. Alessandro VI.  

Papa                              - Il mio è il personaggio più importante ed è un errore metterlo in secondo plano.  

Regista                          - Non si può fare altrimenti. Il protagonista è il Valentino.  

Papa                              - Lo so. Ma stiamo attenti a non prendere sottogamba un personaggio come il mio.  

Vannozza                      - Io, premetto, appartengo a un'altra generazione, ma non sarebbe stato meglio fare scrivere un dramma sui Borgia da un autore?!?

Carlotta                         - Ma cosa dice?!?

Manfredi                       - Noi non vogliamo autori.  

Goffredo                       - I personaggi li facciamo vivere noi, come li sentiamo, senza dover essere prigionieri di un testo.  

Giovanni                       - E, poi, fuori i nomi: c’è tra gli autori di oggi, qualcuno che sia all'altezza di scrivere un dramma sul Valentino?

Regista                          - Oggi, purtroppo, di autori veri, non ne esistono più. Perché fanno cento altri mestieri: i critici, gli sceneggiatori, i funzionari della televisione.  Ecco perché tra chi scrive e chi recita si è formata una frattura, che sta diventando un baratro.  

Papa                              - Non esageriamo. Qualche buon autore c'è ancora.              

Regista                          - E chi? Sono tutti fermi a una concezione drammatica che ha fatto il suo tempo, legati a un sistema di teatro-chiuso, mentre noi ci battiamo per un teatro-aperto.  Gli autori vivono in un loro mondo che è fuori dell'attuale realtà scenica: non vivono più nel teatro. Una volta non era così: da Shakespeare a Molière, da Goldoni a Pirandello, l'autore viveva la nostra vita. Ora chi scrive, lo fa in solitudine, chiuso nella sua torre d'avorio, da dove esce con il suo manoscritto già confezionato, ma concepito fuori della realtà scenica dei nostri giorni.  

Vannozza                      - La creazione artistica vera non può che avvenire nella solitudine.  

Caterina                        - E chi l'ha detto? E, poi, le regole del teatro sono cambiate. Un autore non può più starsene appartato, dev'essere al corrente dei mezzi tecnici, che in ogni allestimento acquistano un'importanza sempre maggiore.  della tendenza sempre più accentuata di coinvolgere il pubblico nello spettacolo.  delle più avanzate esperienze registiche.  

Vannozza                      - Sarà. Però una volta non era così. Mi mandavano i copioni, io li leggevo e quando ne trovavo uno interessante, con una parte, che mi era congeniale, lo mettevo in scena. E spesso senza vedere la faccia dell'autore, fino alla sera della prima.  

Giovanni                       - Allora un testo contava per la parte che offriva a un attore. Era l'epoca dei grandi mattatori.  Erano loro che facevano il teatro.  

Papa                              - Adesso, invece, il mattatore lo fa il regista.  

Regista                          - Perché il regista ha dovuto prendere il posto dell'autore, intervenendo per riparare alle debolezze del testo.  

Lucrezia                        - Ma voi intervenite anche mettendo in scena Shakespeare.  

Regista                          - Certo, per attualizzarlo.  

Carlotta                         - E, una volta i grandi mattatori non facevano lo stesso? Prendevano l'Amleto o l'Otello e massacravano tutto quanto per dar rilievo soltanto al loro personaggio.  

Manfredi                       - Per lo meno, ora, si interviene con più intelligenza.  

Vannozza                      - ...ma anche con minor discrezione. Non si rispetta più niente, non c'è più nulla di sacro.  

Caterina                        - Si può fare di tutto su di un testo purché resti intatto il messaggio del poeta.  

Papa                              - Già adesso è l'epoca dei messaggi. Se non c'è un messaggio.  niente da fare. E nessuno vuole capire che il teatro non è un fatto d'eccezione, ma un avvenimento quotidiano. 

Vannozza                      - Ma se non c'è un testo scritto, un attore cosa può recitare?

Regista                          - Stai tranquilla, Vannozza. Un testo ce l'avremo. Con la collaborazione di tutti quanti, un testo nascerà. Con dei Borgia veri, vissuti e maturati dentro di noi.  Continua, Alessandro VI.  

Papa                              - Dicevo che ci sono avvenimenti straordinari nella mia vita, sui quali sarebbe un delitto non soffermarci.  Il mio amore per Giulia Farnese, per esempio, che faccio dipingere nelle vesti della Madonna dai più grandi pittori dell'epoca.  La mia morte.  quando sfigurato dal male, vittima forse del veleno, che avevo destinato al cardinale Adriano da Corneto.  

Duca                             - È falso che tu sia stato avvelenato. È un'invenzione dei libellisti dell'epoca, a cominciare dal Guicciardini.  

Papa                              - Io sono convinto di essere morto avvelenato. E quando muoio, non un cardinale, non un vescovo, nemmeno un canonico celebra per me un ufficio funebre.  Sei facchini e due falegnami mi ficcano a forza in una bara, in cui gonfio come sono non riesco ad entrare e mi seppelliscono come un delinquente.  come un bandito.  Un papa, che è stato il dominatore di un'epoca.  

Duca                             - Scusa, non possiamo mica far una biografia di Alessandro VI.  

Papa                              - Ed è un peccato. Verrebbero fuori certe scene, piene di effetti.  

Giovanni                       - Non ci interessa allestire un drammone.  

Caterina                        - Non vorrai tornare a Sardou, spero.  

Papa                              - Non c'è bisogno di tornare a Sardou, ma bisogna costruire delle storie e dei personaggi, che prendano il pubblico.  

Lucrezia                        - Su questo ti do ragione. Purtroppo, adesso c'è la mania di non far capire più niente, al pubblico.  

Vannozza                      - Bisogna essere moderni, cara mia: ogni idea va contorta, astratta, simbolizzata, resa assurda, occorre strumentalizzare lo spettacolo, farci entrare politica, contestazione, psicanalisi, sesso.  

Papa                              - E a furia di intellettualizzare tutto, il pubblico non capisce più niente.

Carlotta                         - Insomma, voi siete contrari ad ogni forma di teatro moderno.  

Papa                              - Io non accetto come manifestazioni teatrali le porcherie coi nudi, le improvvisazioni di drogati, la recitazione in posizione orizzontale, al buio, con la voce che non viene fuori, se non per dire volgarità! Mi rifiuto di credere che tutto           questo sia arte.  lo recito da quarant'anni e posso dire che i grossi successi li ho avuti soltanto rappresentando, delle opere, che arrivavano al pubblico, con personaggi nei quali gli spettatori si identificavano.  

Manfredi                       - Lei parla com'è giusto che parli un uomo della sua generazione. Lei appartiene alla sua epoca, come noi, giovani apparteniamo alla nostra.  E noi.  

Regista                          - (con un urlo) Basta con queste discussioni. Andiamo avanti, piuttosto, sènza perdere altro tempo. Valentino, parla tu e spiegaci come vedi il tuo personaggio.  

Duca                             - ...come un personaggio estremamente romantico.  

Caterina                        - Eh? Con tutti i cristiani, che hai fatto sgozzare, strangolare, avvelenare.  

Manfredi                       - Pensa alla sorte, che hai riservato a un buon ragazzo, tenero come me.  

Caterina                        - E cosa mi hai fatto, quando ti sono capitata tra le mani.  

Lucrezia                        - E a come hai fatto ammazzare il mio secondo marito.  Crivellato dalle ferite dei tuoi sicari non era ancora morto, allora l'hai fatto strangolare nel suo letto, sotto i miei occhi.  

Regista                          - Voi lo vedete come un uomo sanguinario, feroce e senza scrupoli. Lasciate, però, che ci dica come lo vede lui, che lo deve interpretare.  

Duca                             - Visto in chiave moderna, è un romantico.  

Giovanni                       - Non è certo spiegando che andava a letto con sua sorella, perché soffriva di carenze affettive, che puoi dimostrare la tua tesi.  

Duca                             - La mia storia d'amore con mIa moglie Carlotta non è romantica?

Caterina                        - Anche le iene, nei loro momenti d'amore lo sono.  

Duca                             - (abbracciando Carlotta) Non ho mai amato che te, nella mia vita. Donne moltissime, ma innamorato di te solo. Ricordi la mia canzone preferita? Donna, contro mia voglia mi convien da te partire.  Non, mi stancavo di farmela cantare dal mio musico.  Lontano da te mi struggevo di nostalgia. Per me la chiave del dramma del Valentino.  

Regista                          - Il Valentino sei tu. Abituati a parlare in prima persona.  

Duca                             - La chiave del mio dramma è nel disperato bisogno d'amore che sentivo. Che senso avrebbe avuto la mia smania dì sposarmi, se non fosse stata giustificata dal bisogno di riempire la mia vita con una donna e risolvere il dramma della mia solitudine?

Regista                          - Mi pare una chiave molto interessante, questa, per capire il personaggio.

Duca                             - Parto per la Francia con un seguito di gente da sbalordire: vestiti meravigliosi, gioielli splendidi, forzieri pieni di tesori.  Credo così di conquistare Carlotta, la figlia di Federico Il d'Aragona. Ma quella, testarda, mi rifiuta, perché non sono che un bastardo del Papa. Incontro, allora, la bella Carlotta d'Albret e sono felice perché penso di aver trovato la sposa che sognavo. Ma quanto dura la mia felicità? Poche settimane. Devo tornare in Italia e passare da una guerra all'altra. E sfogo così nella violenza il mio disperato bisogno d'amore.  

Carlotta                         - Evidentemente la tua ambizione era più forte del tuo amore.  

Duca                             - Ero preso nel gioco, come tornare indietro? Ma non sognavo che di tornare da te.  

Carlotta                         - Ma non hai esitato a lasciarmi sola incinta, nel Valentinois.  

Duca                             - Non pensavo che a te, ti scrivevo continuamente.  

Carlotta                         - Ma ti consolavi andando a letto con tutte le donnacce che ti capitavano a tiro.  

Duca                             - Ero giovane e nel pieno del mio vigore.  

Carlotta                         - ...non sdegnando nemmeno le tenerezze di qualche bel ragazzetto, come Manfredi.  

Duca                             - Avventure senza importanza.  

Manfredi                       - Non per me, che sono finito in fondo al Tevere, per causa tua.  

Carlotta                         - Meglio che tu non sia più tornato, sifilitico com'eri diventato.  

Regista                          - Mal francese, si chiamava allora.  

Goffredo                       - E i francesi lo chiamavano mal napoletano.  

Caterina                        - E non era né francese, né napoletano, perché l'avevano importato dalle Indie Orientali i conquistatori spagnoli.  

Vannozza                      - Accidenti, come galoppavano gli spermatozoi. Alla velocità del suono. L'America era appena stata scoperta.  

Carlotta                         - Quando sei morto, nostra figlia aveva cinque anni e tu non l'avevi mai vista, né conosciuta. Ma per crearti delle alleanze politiche, l'avevi già fidanzata, quando non aveva ancora tre anni. Bell'esempio di amor paterno.               

Duca                             - Erano le abitudini del tempo. Mia sorella s'è sposata quando non aveva ancora dodici anni.  

Regista                          - Non bisogna giudicare i fatti di allora con la logica e le abitudini di oggi. Azioni, che, a quei tempi, erano normali, oggi sembrerebbero mostruose. Però io sono d'accordo con lui.  (indica il Duca).  anche se la sua vita è stata di una ferocia e di un sadismo inauditi, può avere degli aspetti estremamente romantici. Ci troviamo di fronte a un personaggio particolarmente suggestivo.

Duca                             - Ho volato in alto, finché sono stato baciato dalla fortuna. (lirico) Poi, tutt'a un tratto, sono precipitato, come Icaro, quando si è avvicinato troppo al sole, che ha fatto sciogliere la cera che teneva unite le sue ali.  

Papa                              - Di piuttosto che sei precipitato, quando il sole ha cessato di illuminarti. Il sole ero io, tuo padre. Perciò nel dramma la figura del Papa dev'essere di tutto rilievo.  

Vannozza                      - Ne hai fatti tanti di protagonisti, lascia sfogare un poco i giovani, ora.  

Regista                          - Dunque, tanto per fare una scaletta del dramma e ricapitolare così le tappe della tua vita, ecco i fatti che contano. Ti conosciamo a Roma, prima con tuo padre, poi in casa di tua madre. Quindi il tragico assassinio di Giovanni.  

Giovanni                       - Non si potrebbe spostarlo un poco il mio assassinio? Il pubblico non fa in tempo a conoscermi, che già sono scomparso.  

Regista                          - Dobbiamo seguire i fatti con esattezza cronologica. Sparito Giovanni, diventi Capitano Generale della Chiesa, parti per la Francia, ti sposi, torni in Italia e cominci le guerre per la conquista della Romagna. Tre episodi importanti: quello con Caterina Sforza, quello con Manfredi, quello con Vitellozzo. Quindi la morte del Papa, la tua fuga in Spagna, la prigionia e la morte. Del primo episodio della guerra in Romagna è protagonista Caterina. Parla tu!

Caterina                        - Se lui era ambizioso, lo ero anch'io. Decisa a tutto e coraggiosa come un uomo. Vorrei inserire un episodio, che chiarisse il personaggio, un antefatto, che precede l'assedio di Forlì e il mio incontro con Valentino. I forlivesi erano insorti contro di me e, presi in ostaggio i miei figli, minacciavano di ucciderli se non lasciavo subito la città. Allora io li affronto così: alzo le vesti fin sopra il ventre e grido (recitando) «Forlivesi, guardatemi, non ho qui lo stampo per farne altri?»

Regista                          - Un episodio che non ha nulla a che vedere col Valentino.  

Caterina                        - Ma è fondamentale per capire il mio personaggio. E poi, come attrice lo sento. Mi piace.  

Vitellozzo                     - Piacerebbe anche al pubblico.  (Ride)

Papa                              - E te le metteresti le mutandine?       

Caterina                        - Non credo che a quell'epoca usassero.  

Guerriero                       - (al regista) Infili la scena, vedrà che successo.  

Regista                          - Avanti, tu, Manfredi.  

Manfredi                       - Io sembro l'eroe di un dramma elisabettiano. Mia madre, per gelosia, con l'aiuto di sicari, uccide mio padre. Appena bambino, già sono signore di Faenza. Ho quindici anni, quando il Valentino assedia la mia città, che alla fine è costretta a capitolare. I notabili firmano la resa soltanto a condizione che la mia vita sia risparmiata. Il Valentino promette e mi riceve con tanto splendore, che, affascinato, mi lascio sedurre da lui, per ritrovarmi qualche mese dopo in una cella di Castel S. Angelo, di dove uscirò soltanto per essere buttato nel Tevere, con una pietra al collo.  

Regista                          - Benissimo: un episodio torbido e feroce. Quel tanto di omosessualità ci fa anche gioco, per rendere il Valentino ancor più moderno.

Caterina                        - E fa risaltare ancor meglio la sua violenza.

Regista                          - Avanti tu, Vitellozzo.  

Vitellozzo                     - Con un gruppo di nobili cerco di ribellarmi al Valentino.  

Duca                             - (recitando) Vitellozzo, tu sapevi la sorte che ti sarebbe stata riservata o per lo meno l'intuivi, quando hai deciso di venirmi incontro coi tuoi compagni di tradimento a Sinigaglia.  

Vitellozzo                     - E che ne so se l'intuivo o no? So soltanto che mi hai fatto strangolare dal tuo dannato Micheletto.  

Duca                             - (recitando) Prima di partire con ma cappa foderata di verde.  

Regista                          - (prendendo appunti) Cappa foderata di verde.  

Duca                             - ...tutto afflitto come se fossi conscio della tua morte futura, ai tuoi nipoti raccomandasti la tua casa e le fortune di quelle e li ammonisti che non delle fortune di casa loro, ma delle virtù de' loro padri e de' loro zii si ricordassino.  

Vitellozzo                     - E come le sai tu queste cose?

Duca                             - Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitellozzi, Oliverotto da' Fermo, il signor Pagolo e il Duca di Gravina Orsini. Autore Nicolò Machiavelli.

Manfredi                       - Chi era il signor Pagolo?      

Duca                             - Doveva essere un gran checca, perché la chiamavano anche Madonna Paola.  

Vannozza                      - Una checca rinascimentale.  

Regista                          - Però, che vittoria culturale: tutti si sono messi a leggere Machiavelli.  

Vannozza                      - Una checca rinascimentale.  

Regista                          - Però, che vittoria culturale: tutti si sono messi a leggere Machiavelli.  

Carlotta                         - E quasi certamente nessuno, l'aveva mai letto prima.  

Papa                              - Per quello che mi riguarda, sbagli: adoro Machiavelli. Ho fatto due volte «La Mandragola», una volta il frate e l'altra Messer Nicia.  

Regista                          - E tu che farai Micheletto, cosa sai del tuo personaggio?

Guerriero                       - So soltanto che strozzava tutti quelli che gli diceva il Valentino. Che mestiere! Perciò ne dovrò far di fatica.  

Duca                             - Che c'entra? Mica li ammazzerai per davvero tu.  

Guerriero                       - Per quei quattro soldi che mi danno.  

Regista                          - Prenditela coi sindacati.  

Guerriero                       - Ma a me danno il minimo.  

Regista                          - Non puoi pretendere di più, con l'accento dialettale che hai.  A me vai bene perché hai il fisico giusto. E, poi, non è che dovrai parlare molto.  

Guerriero                       - E dovrò starmene per tutto lo spettacolo coll'armatura e l'elmo in testa?

Caterina                        - I guerrieri a quei tempi ci andavano a cavallo e ci combattevano. Ed erano armature vere. E, forse, erano pagati meno di te, perché, allora, i sindacati ancora non esistevano.  

Guerriero                       - Ma quando vincevano avevano il diritto di saccheggio e di stupro. Noi, col minimo sindacale, quel diritto lì, mica ce l'abbiamo.  (tutti scoppiano a ridere)

Regista                          - Basta, adesso. (consulta il quaderno) Cominceremo, dunque, con una scena spettacolare, che ci permetterà di entrare subito nell'atmosfera sanguinosa dell'epoca. È un fatto autentico, che ho trovato in una cronaca. Un Moro spagnolo fu scoperto mentre, in vesti femminili, aveva un convegno con una cortigiana, di nome Corsetta. Le guardie, arrestati i due, li portarono in corteo per Roma:           Corsetta con l'abito femminile del Moro, aperto davanti, perché il popolo potesse vedere le sue parti che avevano peccato.  

Papa                              - Bisognerà scegliere una ragazza belloccia.  

Regista                          - Una che fa lo strip-tease. Il nudo in scena bisogna saperlo portare. Il Moro viene trascinato dietro di lei, con gli abiti tirati su fino alle ascelle, il ventre nudo ed insanguinato. Davanti, un soldato porta su di una picca i testicoli che gli sono stati strappati.  

Vannozza                      - Mamma mia!

Caterina                        - Che tempi! Ma perché?

Regista                          - Perché aveva avuto rapporti con una bianca.  

Lucrezia                        - Che schifo, il razzismo!

Regista                          - Il Papa, Goffredo, Cesare, Lucrezia e Giovanni, con qualche figurante, salirete sul praticabile in alto.  Provate a mettervi su.  (i cinque eseguono e vanno a disporsi sul praticabile in alto) Ecco.  così.  Il corteo attraverserà la scena e passerà sotto i vostri occhi. Potrete fare un dialogo di colore, commentando quello che succede. Gli uomini spiegheranno a Lucrezia di quale delitto si sono resi colpevoli i due. Il Papa potrà aggiungere che il Moro sarà bruciato vivo il giorno dopo sulla piazza di Campo de' Fiori.  Quindi parlerete di una cena che Vannozza intende dare in onore dei figli.  

Vannozza                      - Non sarebbe meglio che col Papa ci fossi anch'io? (sale le scale e si mette con gli altri) L'invito potrei farlo io direttamente. Qualcosa del genere.  (Recitando) Figli dilettissimi, domani sera vi aspetto in casa mia per una cena che darò in vostro onore e per festeggiare le vittorie riportate contro gli Orsini dal mio amatissimo Giovanni.  O qualcosa del genere.  

Duca                             - Elencherai anche i piatti che saranno preparati. Ho trovato dei menù d'epoca divertentissimi e con decine e decine di portate. Ma non avranno sofferto di colesterolo a quell'epoca?

Regista                          - Spettacolarmente la scena sarà magnifica. Avete già visto qualche bozzetto dei costumi?

Carlotta                         - Non si basi troppo sui costumi, i costumi sono come le scene. Dopo dieci minuti che li ha davanti, il pubblico non li vede nemmeno più. Si potrebbe anche essere tutti in tuta, che sarebbe lo stesso. Se non c'è un testo.  

Regista                          - Quanti anni hai, tu?

Carlotta                         - Venti. Perché?

Regista                          - Credi che certe cose non le sappia, io, che faccio il regista da quasi venti anni? E che me le debba spiegare proprio tu, che esci fresca, fresca, dalla scuola di recitazione?

Carlotta                         - Glielo dicevo perché lei non parla che dello splendore dei costumi.

Duca                             - Perché devono essere importanti. In un dramma come il nostro, ambientato nel Rinascimento.  

Manfredi                       - Chissà quanto costeranno.  

Regista                          - I soldi ci sono.  

Guerriero                       - E a me danno il minimo sindacale.  

Duca                             - I costumi ci vogliono: siamo nell'epoca dei grandi pittori. Leonardo era mio amico personale, Raffaello, il Pinturicchio, il Perugino frequentavano la corte di mio padre.  

Regista                          - Io l'epoca devo darla, no? E la darò coi costumi, le luci ed i colori. Dunque dopo la scena iniziale, farò entrare, su carrelli, delle tavole imbandite, per il banchetto in casa di Vannozza.  

Papa                              - Ci sarò anch'io, naturalmente.  

Regista                          - No. Meglio che il Papa resti In Vaticano.

Papa                              - Perché? (i personaggi scendono dal praticabile)

Regista                          - Perché hai altro da fare. Non ti va di ritrovarti con Vannozza.  

Papa                              - Non vado da Vannozza perché ho un impegno con Giulia Farnese.  

Regista                          - Non vai da Vannozza, perché hai impegni di lavoro. Un Papa mica può sempre andare in giro a mangiare e a far festa.  Dunque, in casa di Vannozza si parlerà della situazione in generale, dell'odio delle varie famiglie per i Borgia.  si commenteranno le vittorie di Giovanni e verranno fuori i caratteri dei vari membri della famiglia. Daremo il banchetto sul finire, poi i carrelli porteranno via le tavole imbandite e saremo in una strada di Roma. Giovanni sarà avvicinato da un cavaliere mascherato.  potrà farlo benissimo Micheletto.  

Guerriero                       - Io?

Regista                          - Farai un doppione, no? Dunque, Giovanni sparirà con quel cavaliere mascherato, nella notte. Il giorno dopo, in Vaticano, il Papa in ansia, perché non si sa più nulla di Giovanni. Immagina la scena, cosa fai?       

Papa                              - Prima mi informo per sapere se Giovanni sia in casa di qualche cortigiana sua amante, poi interrogo gli altri miei figli per sapere da loro se hanno sue notizie. Sono in preda a tristi presentimenti e ho paura. Potrei anche risolvere la scena con un bel monologo interiore.  Cosa ne dici?

Regista                          - Vedremo.  

Papa                              - Pochi concetti, ma profondi: eterno dolore di un padre in ansia per la scomparsa del figlio.  

Regista                          - Seguirà una scena muta, con pochi figuranti alla luce delle torce: sono i pescatori che ripescano il cadavere di Giovanni dal Tevere. E subito dopo i funerali. Ed è questa la scena, che vorrei mettere in prova.  

Caterina                        - Perché non cominciamo dal principio?

Regista                          - L'ordine con cui proveremo non ha importanza. Quello che conta, invece, è entrare tutti fino al collo nella vicenda. Mettetevi attorno alla bara. (gli attori obbediscono, meno Caterina, Vitellozzo e Manfredi) Giovanni, distenditi dentro.  

Giovanni                       - Insomma, da quanto mi pare di capire, la mia parte si limita a una figurazione.  Non potresti, per lo meno, darmi una piccola occasione.  non so.  durante la cena da Vannozza l'armi fare il racconto delle mie vittorie?.  

Regista                          - Lo decideremo, quando proveremo la scena. Giù, adesso.  Morto!

Giovanni                       - (distendendosi nella bara) Così mi abituo.

Duca                             - Io sono cardinale. A sei anni sono stato fatto canonico, a tredici vescovo, a diciassette cardinale.  In una scena come questa devo per forza indossare la porpora: partecipo al funerale di mio fratello.  devo benedire la salma.  

Papa                              - No, la salma la benedico io, che sono il Papa. Ed anche il papà.

Regista                          - Sarà una scena di movimento. Passerà il corteo funebre e quindi tutti vi fermerete attorno alla bara. Una sola battuta, quella di Lucrezia.  

Lucrezia                        - Povero fratello mio, bello quasi più di quando eri vivo.  

Vannozza                      - La sola battuta esistente di tutto il copione.  

Regista                          - Tu, Lucrezia, ti stacchi dal gruppo, ti avvicini alla bara, che sarà coperta da un drappo, la scopri, ti inginocchi e dici la battuta. Il Valentino viene accanto a te, si inginocchia, bacia il viso di Giovanni e ti trascina via. Allora Vannozza va a gettarsi singhiozzando sulla bara, Goffredo la fa alzare ed interviene il Papa per benedire la salma. Quindi tutta la famiglia torna al suo posto.

Papa                              - E non dico nemmeno una parola?

Regista                          - Avrai già parlato abbastanza nella scena precedente.  

Papa                              - Allora non sapevo che Giovanni era morto.  

Regista                          - Lo intuivi.

Papa                              - Mi sembrerebbe più logico che il pubblico vedesse il mio dolore in questa scena.  

Caterina                        - Basta che il pubblico ti veda lì, impietrito dal dolore e capirà. Inutile spiegargli troppo.  

Vannozza                      - Eh, già, al pubblico non bisogna spiegare più niente. Il pubblico, ormai capisce tutto. Ma com'è diventato intelligente, questo pubblico.  

Regista                          - Non è questione di intelligenza. Meglio un silenzio piuttosto che una frase inutile. (i giovani applaudono) Fidati di me, Alessandro VI, anche senza battute, con le luci, la musica e i movimenti, ti creerò attorno un'atmosfera tale, che il tuo personaggio dominerà la scena meglio che con una lunga tirata.  

Lucrezia                        - Del resto commuovere e far piangere il pubblico è la cosa più facile del mondo per un attore.

Papa                              - Questo è vero. Si può sempre prevedere quando il pubblico piange, ma non si prevede mai quando ride. E il guaio è che qualche volta succede che ride proprio, quando dovrebbe piangere.  

Regista                          - Appunto, evitiamoli questi momenti. E, poi, in questa scena tu non sei soltanto il padre di Giovanni, ma anche il Papa, che deve presentarsi in tutta la sua maestà. E un Papa non può piangere. (verso l'elettricista) Pippo, vengo su, così ti spiego meglio gli effetti che vorrei in questa scena.  (sale la scaletta che porta alla cabina dell' elettricista)

Manfredi                       - Questi personaggi dobbiamo viverli estraniandoci, senza lasciarci trasportare dall'emozione.  

Lucrezia                        - Fino a un certo punto.  

Caterina                        - Noi stiamo facendo un dramma storico e non Brecht.  

Manfredi                       - Il dramma reggerebbe anche meglio se recitato epicamente.  

Carlotta                         - Si potrebbero anche legare le varie scene con cartelli o con proiezioni. 

Papa                              - 10     di Brecht ne ho fatto una vera indigestione e sono allenatissimo alla recitazione epica. Ma, qui, non mi pare il caso.  

Goffredo                       - Bisogna far arrivare il pubblico a una partecipazione totale.  

Papa                              - Partecipazione in che senso? Non credo a quel tipo di teatro, in cui il pubblico deve, per forza, mescolarsi agli attori, prendere la parola, intervenire, sconvolgere l'azione drammatica e far casino. Il solo modo di coinvolgere il pubblico è quello di farlo partecipare a un'azione drammatica con la sua attenzione e il suo interesse.  

Vannozza                      - La partecipazione totale fatela voi in altra sede, non in questa.

Giovanni                       - Purtroppo! Recitando da una ribalta non è possibile.  

Manfredi                       - 11      palcoscenico è un freno fisico, che non può mai unire chi fa lo spettacolo con chi vi assiste.  

Lucrezia                        - Dove si dovrebbe recitare, allora?

Carlotta                         - In uno spazio nuovo.  

Vannozza                      - Va bene, cercatevelo questo spazio, ma fino a quando non l'avrete trovato, recitiamo dove è possibile farlo: in teatro e su di un palcoscenico.  

Duca                             - I teatri non li volete più? Chiudiamoli. Ma dove reciterete?

Carlotta                         - Ovunque, nelle strade, nelle piazze, nei garage, ma basta con questi teatri all'italiana, che appartengono a una tradizione, che è ormai superata.  Date uno sguardo giù.  guardate la sala.  non sono assurde quelle file di poltrone di velluto.  E il sipario? E le varie schiavitù che ci impone lo spettacolo borghese? Gli intervalli.  gli applausi.  

Papa                              - Ah, non li volete più? Bravi, abolite pure gli applausi. Ma i fischi lasciateli, perché quelli verranno sicuramente.  

Manfredi                       - Siamo nell'epoca della tecnica, stiamo andando sulla luna, bisogna perciò che noi, gente di teatro, ci aggiorniamo, altrimenti saremo tagliati fuori e rifiutati dal pubblico.  

Giovanni                       - Ecco, cos'è il teatro di oggI. (indica la bara) Una bara vuota!

Vannozza                      - Bravo. Una battuta da applauso a scena aperta. Ma già, voi gli applausi non li volete più.  

Duca                             - Se avete intenzione di recitare nelle strade e nelle piazze, cosa ci siete venuti a     fare su di un palcoscenico? Nessuno vi obbliga a restare qui, andate a battervi per i vostri esperimenti.  

Vannozza                      - Li conosciamo, i loro esperimenti. Un garage.  una cantina.  quattro panche scomode.  gli attori, che recitano denudandosi le pubenda e sbraitando contro l'ingiustizia sociale con le frasi più triviali. Ma sono pronti a lasciare i loro esperimenti e le loro magnifiche intenzioni per la più squallida scrittura televisiva e mollano tutto anche per fare la comparsa in Carosello.  

Carlotta                         - Lei non ci conosce, signora.  

Vannozza                      - Ma fammi il piacere. Scommetto che se, mentre sei in una cantina a recitare il tuo spettacolo impegnato, un regista venisse a proporti la Signora dalle Camelie in uno di questi teatri borghesi, tu gli correresti dietro, senza nemmeno metterti le scarpe. E sarebbe logico che lo facessi, se sei una vera attrice.  

Carlotta                         - E se preferissi restare senza scarpe nella mia cantina?

Vannozza                      - Scusami, cara, ma vorrebbe dire che attrice non lo sei e non lo diventerai mal.

Giovanni                       - Come se una ragazza, al giorno d'oggi, decidesse di fare l'attrice per fare la Signora dalle Camelie.  Il teatro, ormai, va verso altre direzioni.

Carlotta                         - E se siamo qui e non in una cantina è soltanto perché abbiamo la garanzia di impegnare le nostre forze e le nostre energie per fare qualcosa di nuovo, adatto alle nostre idee e ai nostri gusti.

Giovanni                       - Io la penso come loro: mai come in questo momento mi sento contro ogni forma di tradizione.  

Duca                             - E com'è che, fino ad oggi, non hai fatto parte che di compagnie borghesi? Va bene che le scritture le ottenevi perché sapevi infilarti, al momento opportuno, nel letto di un'attrice importante.  

Giovanni                       - Visto che il teatro è quello che è e la gente di teatro anche, ho preferito ficcarmi, come dici tu, nel letto di una attrice importante, piuttosto che nel letto di un attore importante, come fanno altri.  

Regista                          - (è rientrato sul palcoscenico. Verso la cabina dell'elettricista) Fammi l'effetto.  (si spegne la luce in un effetto notte, solo un riflettore illumina la bara) E mettimi la musica.  (a Giovanni) Tu, dentro la bara. (a Caterina, Manfredi, Carlotta e Vitellozzo, ecc.) Anche voi, nel gruppo.  

Caterina                        - Ma noi in questa scena non c'entriamo.  

Regista                          - Lo so. Tanto per far numero.  (si sente una marcia funebre delle più convenzionali)          

Papa                              - Tocca ferro, cos'è questa roba?

Regista                          - Una musica indicativa. (dispone gli attori come li vuole lui, attorno alla bara)

Guerriero                       - Mi ricorda quando è morto il sindaco del mio paese. La banda suonava proprio questa marcia funebre.  

Regista                          - (ha finito di disporre gli attori) Silenzio. Avanti, Lucrezia.  

Vannozza                      - (senza che gli attori se ne accorgano, ma evidente per il pubblico, esce di scena)

Lucrezia                        - (viene avanti, si inginocchia vicino alla bara, fa il gesto di scoprirla, bacia il fratello morto, poi, guardando) Povero fratello, bello quasi più di quando era vivo.  

Regista                          - (al Duca) Quando Lucrezia ha finito la battuta devi già essere vicino a lei. Torna al tuo posto, Lucrezia, daccapo.  

Lucrezia                        - (torna al suo posto e a un gesto del regista ripete i movimenti come prima. Poi) Povero fratello mio, bello quas.  (e scoppia in una risata)

Regista                          - (furioso) Cosa diavolo succede?

Lucrezia                        - Non posso dire la battuta, se lui, dalla bara, mi fa le smorfie.  

Giovanni                       - (sedendo nella bara) Per forza, faccio le smorfie. Mentre parla, sputa.  

Lucrezia                        - Cosa dici? Come ti perm.  

Regista                          - Basta! Ho detto basta. Lucrezia, torna al tuo posto. Daccapo.

Lucrezia                        - (furibonda torna al suo posto e a un cenno del regista rifà i vari movimenti) Povero fratello mio bello quasi più di quando era vivo.  

Duca                             - (le si avvicina, s'inginocchia, si fa il segno di croce, poi alza Lucrezia e la trascina via dolcemente) .

Regista                          - Vannozza?.  Avanti Vannozza.  (realizzando che non c'è ed urlando) Vannozza? Dov'è Vannozza? Dove diavolo si è cacciata?

Papa                              - Non lo so, mi era vicino.  adesso non c'è più.  

Regista                          - (urlando) Vannozza! Vannozza!

Vannozza                      - (entra di corsa) Scusa, Renato: il diuretico. (ilarità)             

Regista                          - E dovevi prenderlo proprio oggi?

Vannozza                      - Se devo dimagrire.  

Regista                          - Avanti ricominciamo. A posto, Lucrezia.  

Lucrezia                        - (ripete i movimenti, poi) Povero fratello mio, vivo più di quanto era bello.  (tutti scoppiano a ridere) Scusami, Renato, a furia di ripetere.  

Regista                          - Ricominciamo. Speriamo per l'ultima volta.  

Lucrezia                        - (torna al suo posto, ripete i movimenti, poi) Povero fratello mio, bello quasi più di quando era vivo.  

Duca                             - (alla fine della battuta si trova accanto a lei, si inginocchia, si fa il segno di croce, poi si alza ed accompagna Lucrezia al suo posto)

Vannozza                      - (a un gesto del regista, va alla bara e bacia il figlio singhiozzando)

Goffredo                       - (raggiunge la madre e cerca di sollevarla, ma Vannozza non si stacca dalla salma del figlio)

Papa                              - (raggiunge Vannozza e Goffredo, li fa alzare, guarda il figlio impietrito, poi dà la benedizione al cadavere, quindi torna al suo posto con Vannozza e il figlio)

Regista                          - Benissimo, mi pare molto suggestivo. (al fonico) Spegni la musica.  (all'elettricista) Dammi il palcoscenico, grazie.  

Vannozza                      - Non devo dire proprio niente? (ritorna la luce normale e si ferma la musica)

Regista                          - E che vuoi dire? Piangi.  

Vannozza                      - Ma se tra i singhiozzi mi uscisse almeno una frase.  Così.  (recita singhiozzando) Po.  vero fig. glio mio.  perché.  ti hanno.  ucciso.  

Regista                          - Preferisco tutto asciutto, come abbiamo provato.

Giovanni                       - (mettendosi a sedere nella bara) Scusate, non sarà indispensabile, ma si può sapere chi è stato ad ammazzarmi?

Regista                          - Sei ancora così legato al melodramma, tu?.  Che cavolo vuoi che importi al pubblico?

Papa                              - Errore! Il pubblico ha diritto di sapere. 

Regista                          - Che bisogno ce n'è? Il pubblico si prenda quello che gli diamo.

Vannozza                      - Bel rispetto per il pubblico.  

Papa                              - Dovremo, per lo meno spiegare che.  

Regista                          - Che volete? Le violenze, allora, erano all'ordine del giorno, il mondo era ancora nel pieno della sua anarchia feudale.

Duca                             - Quando nelle piazze si scannava, si squartava o si bruciava qualcuno, le famiglie andavano ad assistere allo spettacolo con l'abito delle feste, portando come premio i bambini, che crescevano abituandosi alla violenza. La vita umana non aveva alcun valore.  

Caterina                        - Ed era il Rinascimento.  

Papa                              - ...dell'arte, non ancora dello spirito. Nonostante la loro cultura e la loro raffinatezza, gli uomini si comportavano con la ferocia dei barbari.  

Carlotta                         - Non è che l'umanità oggi, sia poi così cambiata.  

Lucrezia                        - Almeno, oggi, si ammazza con più discrezione.  

Vannozza                      - E si vive più a lungo perché si prendono vitamine.  (ilarità)

Caterina                        - Si tratta di un'epoca che, fortunatamente, non ha nulla in comune con la nostra.  

Giovanni                       - Le differenze sono soltanto apparenti.  

Caterina                        - Non è vero. Oggi chi ammazza, paga. La società punisce il delitto.

Manfredi                       - Davvero? Pensa agli assassini dei Kennedy, di Luther King.  

Caterina                        - Casi isolati.  

Giovanni                       - Pensa alle purghe dei tempi di Stalin.  

Goffredo                       - ...alla tortura e ai delitti nei paesi governati da dittature militari.  

Manfredi                       - ...a quello che succede in Sud America.  

Carlotta                         - ...o in Sud Africa. 

Giovanni                       - Violenze su violenze ovunque.

Regista                          - Perciò un dramma sul Valentino può avere molti addentellati con la realtà dei nostri giorni.  Ma andiamo avanti. (riprende il suo quaderno) Un altro che poteva avere interesse a far sparire Giovanni era il cardinale Ascanio Sforza, zio dello Sforzino. Ma.  il Papa lo ha scagionato.  

Duca                             - E, allora, è inutile che lo accusiamo noi.  

Regista                          - (consultando il suo quaderno) Eccone un altro.  Guidobaldo da Montefeltro.  Poi furono accusati gli Orsini, che Giovanni aveva cacciato dalle loro fortezze e dai loro castelli.  Goffredo.  

Goffredo                       - Io? E perché? Che interessi avrei avuto ad ammazzare mio fratello?

Regista                          - La tua mogliettina Sancha se la faceva oltre che con Cesare anche con Giovanni.  

Goffredo                       - (ribellandosi) Ma non si può allestire uno spettacolo sui Borgia, per farne una tragedia di gelosia piccolo-borghese. Se i Borgia sono stati quelli che sono stati, non dovevano avere certamente ristrettezze mentali in fatto di sesso.  

Regista                          - Allora non resta che l'indiziato numero uno: il Valentino.  

Duca                             - E perché avrei ucciso?

Regista                          - Eri geloso di Giovanni perché volevi prendere il suo posto.  

Duca                             - E credete che se avessi ammazzato mio fratello, come un Caino qualsiasi, il Papa mi avrebbe perdonato?

Papa                              - (categorico) Giusto. Non è stato lui.

Regista                          - Altri indiziati non ce ne sono.  

Giovanni                       - Perciò non si può saper chi m'ha «morto». ?!?

Papa                              - Faccio una proposta: riprendiamo la scena del funerale quando tutti sono attorno alla bara. Proviamo, noi della famiglia, a dire qualche battuta che possa chiarire la situazione.  

Regista                          - Avanti, allora. (Verso la cabina) Rifammi l'effetto notte e rimandami la musica.  (ritorna la luce-notte e riprende la marcia funebre) Andate pure.  

Papa                              - (a Giovanni) Svelto, nella bara. 

Giovanni                       - (distendendosi nella bara) Avanti, avvoltoi.  (il gruppo di attori si è disposto come all'inizio della prima prova del funerale)

Lucrezia                        - (a un cenno del Papa viene avanti, ripete i suoi movimenti, quindi) Povero fratello mio, non riesco a convincermi della tua morte.  Ti guardo, sei più bello ancora di quando eri vivo, ma la tua fresca bocca non si schiude più al sorriso, come ogni volta che mi vedevi.  Le tue belle mani sono di marmo e non possono più comunicarmi il tuo dolce calore.  

Caterina                        - (piano al regista) Lasciala fare e vedrai che farà venir fuori benissimo un sospetto d'incesto.  

Papa                              - (la zittisce)

Lucrezia                        - La felicità di ritrovarci in casa di nostra madre è stata di breve durata. Non pensavo che accomiatandoti da noi, ti saresti avviato per i freddi sentieri della morte.  Perché noi, Borgia, in questa Roma che amiamo, abbiamo soltanto nemici? Perché una spessa coltre di odio ci separa da tutti? (singhiozza)

Papa                              - (spinge avanti Vannozza)

Vannozza                      - (caricando) Che posso fare io se non piangere e strapparmi il petto? (si inginocchia dall'altra parte della bara) Questo petto che ti ha nutrito con tanto amore? Oh, figlio, figlio mio bello e biondo.  figlio mio giocondo.  figlio perché t'ha il mondo.  rutti scoppiano a ridere)

Regista                          - Lascia perdere Jacopone da Todi, Vannozza.  

Vannozza                      - (al regista) Mica ci starebbe male il pianto della Madonna. Dal momento che sono l'amante del Papa.  (riprende a recitare) L'altra notte, quando mi hai lasciata, ho sentito nel cuore il graffio crudele dell'angoscia.  E mentre mi agitavo nel mio morbido letto, il pugnale entrava nelle tue carni delicate.  Sei poco più di un fanciullo e già mi hai lasciata.  Chi è stato ad ucciderti? Voglio saperlo per fare giustizia e vendicare la tua morte.  

Lucrezia                        - Coraggio, madre.  Giovanni è nella bara, non potrà mai più rispondere ai nostri tormentosi interrogativi.  

Vannozza                      - Voglio sapere chi è stato.  Guido.  (non le viene il nome)

Regista                          - (suggerisce) Guidobaldo da.  

Vannozza                      - ...Guidobaldo da Montefeltro, che pur avendo ottenuto da te tanti favori, ti odiava?.  O gli Orsini, che non potendo colpirti sul campo di battaglia, ti hanno sacrificato a tradimento nel buio di un vicolo romano? O Giovanni Sforza il pallido impotente sposo di tua sorella?

Lucrezia                        - Non è stato il mio marito.  Amandomi come mi ha amata, non poteva colpirmi nei miei affetti più cari. .

Vannozza                      - Roma.  Roma.  .  città putrida.  città maledetta.  dove dietro ogni muro s'annida l'agguato e il tradimento.  hanno reciso il fiore più splendente della mia famiglia.  hanno privato il mondo di un eroe.  (verso il regista) Con poche frasi, mi pare di aver chiarito molti punti oscuri.  

Papa                              - (la zittisce e, leggermente istrione, si fa avanti e butta fuori il suo pezzo, che già aveva preparato in precedenza) Dolore maggiore di questo, non avremmo potuto provare, perché ti amavamo, o figlio, quanto era possibile amare. Più nessun valore ha per noi il Papato, né niuna altra cosa. Che se, anzi, avessimo sette Papati tutti li sacrificheremmo per recuperare la tua vita. Dio ha voluto questo per qualche nostro peccato, non perché tu meritassi pena sì atroce.  (si guarda torno aspettando un applauso, che non viene, quindi) È il brano autentico di una lettera di Alessandro VI.  

Regista                          - (senza entusiasmo) Sì.  sì.  buono.  

Goffredo                       - I nostri nemici hanno voluto colpirci nei nostri affetti più cari, padre, ma pagheranno col sangue il loro tradimento.  

Papa                              - Incarico voi, figli amatissimi, di non esitare a compiere la giusta vendetta.  

Goffredo                       - Giovanni era l'amico più caro di me e di Sancha.  quante ore gioiose abbiamo passato con lui, che divideva gradito le nostre feste, le nostre gaiezze, i nostri giochi.  

Caterina                        - Giochi particolari, evidentemente.  

Papa                              - (la zittisce, poi) Cesare, tu non parli?

Duca                             - È il dolore, che mi rende muto, padre santissimo. Perché mi guardi con tanta severità? Pensi forse che io non sia estraneo alla sua morte? Ma che motivi avrei avuto per privarmi del suo affetto? Perché invidioso dell'amore che nutrivi per lui? Ma egli lo meritava, perché di tutti era il più forte, il più nobile, il più bello.  

Papa                              - Nessuno ha mai dubitato di te, Cesare, figlio mio.  

Duca                             - Liberami dal peso di questa porpora, padre, perché non mi permette odio e violenza. Lascia che impugni le sue armi per fare giustizia.  

Papa                              - Prenderai il suo posto, da questo momento stesso, e conquisterai per il Papato le terre d'Italia, come avrebbe fatto Giovanni, se una vile morte non lo avesse strappato al nostro affetto e alla gloria.  

Duca                             - Giuro che cercherò di uguagliarlo in coraggio e valore.       

Papa                              - Dio ti sia testimone. E ora lasciate che impartisca la mia benedizione a questo mio povero figlio sventurato.  (impartisce la benedizione) In nomine Patris.  Filii.  Spiritus Sancti.  Amen.  (tutti si sono messi in ginocchio, Vannozza continua a singhiozzare. Al regista) Finirei la scena così.  

Regista                          - (all'elettricista) Luce! Spegni la musica. (si illumina il palcoscenico e si ferma la musica)

Giovanni                       - (mettendosi a sedere nella bara) Una scena vecchia e melodrammatica.  

Carlotta                         - D'accordo.

Manfredi                       - Meglio la sola frase di Lucrezia.

Lucrezia                        - «Povero fratello mio, bello quasi più di quando era vivo. »

Goffredo                       - In quella frase c'è tutto.

Regista                          - La penso come voi. Almeno cosÌ il pubblico può immaginare quello che vuole. C'è mistero.  c'è silenzio.  

Vannozza                      - Sì, ma il teatro è parola.  

Regista                          - (nervosissimo) Chi l'ha detto? È parola, ma è anche immagine, luce, suono, atmosfera, suggestione.  Per favore, sganciamoci una buona volta dai luoghi comuni della più bolsa tradizione.  

Manfredi                       - Tante parole per dire che cosa? Niente!

Carlotta                         - Non è onesto cercare di prendere il pubblico ricorrendo al mestiere al melodramma.  

Papa                              - Melodramma? Ma non è verità il dolore di un padre?

Vannozza                      - E una madre, vedendo il figlio nella bara, cosa dovrebbe fare secondo voi giovani, per essere moderna? Possibile vogliate dissacrare tutto?

Regista                          - Calma, Vannozza, qui non c'è nulla da dissacrare, perché non c'è nulla di sacro. Purtroppo dai vostri interventi non è venuto fuori nulla che dia un senso alla scena. Gli attori dovrebbero essere più colti e più intelligenti per potere veramente inventare un testo.  

Vannozza                      - Non saremo né colti, né intelligenti, ma, per lo meno, abbiamo il senso dello spettacolo. 

Papa                              - Perché non provi a sostituirci con dei professori universitari?!?

Lucrezia                        - Saremo ignoranti e stupidi, ma abbiamo detto quanto era giusto dire.

Regista                          - Scusatemi, non volevo offendere nessuno. Semplicemente.  non è venuto fuori nulla d'interessante. Mi spiace, ma ho le mie esigenze.  sono io che firmo lo spettacolo. E, finora, sono io soltanto che lo vedo.  

Vannozza                      - Questo è vero. Noi non vediamo niente. Siamo nel buio più nero.

Giovanni                       - Coi Borgia grandi miracoli non se ne possono fare. Si tratta di una vicenda storica, che resta quella che è e che non si può attualizzare.  

Carlotta                         - In qualsiasi modo rigiriamo la storia, non può venire fuori altro che un dramma in costume.

Regista                          - E che altro dovrebbe venir fuori? Dal momento che abbiamo scelto i Borgia.  

Caterina                        - Noi non abbiamo scelto niente, hai scelto tu. E penso che l'avrai fatto perché ci hai visto la possibilità di tirarne fuori uno spettacolo di una certa attualità, di un gusto moderno.  forse per fare un parallelo tra la violenza di oggi e la violenza di allora.  

Lucrezia                        - Non hai fatto che dire che ne sarebbe venuto fuori uno spettacolo straordinario.  

Manfredi                       - Ma di straordinario cosa ci sarà?

Carlotta                         - Se non c'è polemica, se non c'è attualità, ma solo una vicenda in «costume », lo spettacolo non può funzionare. Il pubblico vuole altro.  

Papa                              - Brava, su, spiegacelo con la tua esperienza cos'è che vuole oggi il pubblico.  

Caterina                        - Uno spettacolo senza testo lo capisco, ma senza idee.  no!

Regista                          - (livido e nervoso) Avete finito? Cosa avete deciso? Di mettermi in crisi? Siamo ancora soltanto al secondo giorno di prove, lasciate che mi orienti.  

Vannozza                      - Ti regalerò una bussola.  

Manfredi                       - Insomma, lei questo Valentino, con chi lo identifica? I Borgia con quale società o con quale clan contemporaneo hanno analogia? Il Papato, in questo dramma, cosa rappresenta?

Goffredo                       - Si può allestire uno spettacolo moderno solo se tiene conto della realtà attuale. 

Carlotta                         - Altrimenti si fa il museo delle cere.  

Giovanni                       - E, allora, meglio lasciarli dormire in pace, i Borgia, e cercare ispirazione in una storia più recente, che possa coinvolgere il pubblico di oggi.  

Carlotta                         - Hitler, per esempio. Hitler ha lasciato un ricordo, che brucia ancora e tutti sono curiosi di approfondirne la conoscenza. Hitler è una cosa, il Valentino un'altra.  

Duca                             - Anche il Valentino ha avuto le sue crudeltà, le sue «nefandezze ».  

Goffredo                       - Vuoi mettere il pugnale con le camere a gas?

Manfredi                       - ...la strage di Sinigaglia con il ghetto di Varsavia?!?

Lucrezia                        - Se non ci sono idee e non ne nascono provando, tanto valeva recitare un drammone storico già bell'e confezionato.  

Vannozza                      - Questa è la cosa più sensata che ho sentito da quando sono qui. Mi associo in pieno.

Regista                          - Se volete si manda all'aria tutto.  

Vannozza                      - Tutto? Se non c'è ancora niente.  

Guerriero                       - Io dico una sola cosa. I Borgia sono i Borgia. Il pubblico legge la locandina e cosa si aspetta? Una bella storia di veleni, pugnali, tradimenti ed incesti. Siccome tutte queste cose i Borgia le hanno fatte, dobbiamo farle anche noi, se facciamo i Borgia.  

Vannozza                      - Un ragionamento che non fa una grinza.  

Giovanni                       - Ma chi ci obbliga, poi a fare proprio i Borgia?

Regista                          - (perdendo il controllo) Li ho scelti io e basta. Li ho scelti perché la vicenda di questo clan del Rinascimento, che dà la scalata al potere ha molte analogie con il mondo di oggi. Ma siccome non abbiamo ancora un testo e non si può crearlo con l’ostruzionismo che mi fate, queste analogie non riusciamo ad identificarle, ecco.

Caterina                        - Non sarebbe più semplice raccontare la storia di un clan di oggi?

Regista                          - Io non voglio fare del teatro-cronaca, del teatro-documento, ma un dramma vero, che nasca dalla collaborazione di tutti. Se voi arrivate a costruire i vostri personaggi su personaggi realmente esistiti.  

Lucrezia                        - ...ma se, poi, ti viene fuori uno spettacolo convenzionale cosa fai? Chiami i critici e ti scusi, dicendo che hai sbagliato tutto?        

Carlotta                         - Se dobbiamo, tanto per cominciare, raccontare la storia di un delitto, di cui non si sa nulla e che perciò non può avere nessun addentellato con una realtà storica odierna, allora, tanto vale raccontare la storia di un delitto di oggi.  

Vannozza                      - (esce di scena, ignorata da tutti)

Guerriero                       - Quello dei Kennedy, allora.  

Regista                          - Cos'hai detto?

Guerriero                       - Quello dei Kennedy!

Regista                          - Sei diventato matto?

Giovanni                       - Matto perché? Ha ragione. Almeno se si parla di John Fitzgerald, di Bob, di Teddy o di Jackie, il pubblico capisce subito. Non c'è bisogno di fare la fatica, che stiamo facendo per spiegare chi è Sancha, chi è Guidobaldo da Montefeltro, chi è lo Sforzino. Si dice Johnson e il pubblico ci segue.  

Manfredi                       - Parole sante!

Carlotta                         - Si fa uno spettacolo che rispecchia il mondo di oggi.  Si parla di avvenimenti che hanno sconvolto la vita di tutti.  

Regista                          - Non dite sciocchezze, andiamo. Sono settimane che lavoro a questi Borgia.  Senza parlare dell'impegno che mi sono preso.  Abbiamo persino già fatto delle interviste, poco fa, per la televisione.  

Caterina                        - Basta telefonare e dire di non mandare in onda.  

Duca                             - Un momento, ragazzi, cerchiamo di essere seri e di non perdere la testa per la prima idea strampalata, che ci viene in mente. Va bene, che, in teatro, ormai si può fare di tutto. Ma non esageriamo, certi limiti non si possono superare.  

Guerriero                       - Perché?

Giovanni                       - Di che limiti stai parlando? Spiegati.  

Duca                             - A me pare che ci stiamo mettendo tutti su di un piano di follia.  

Regista                          - Non dar retta, figuriamoci se facciamo i Kennedy.  

Duca                             - Visto che sei stato tu ad avere l'idea dei Borgia, difendila, come sono disposto io a difendere il mio personaggio. 

Regista                          - (con un urlo) Basta! (al Duca) Come posso parlare con questi scalmanati che non mi lasciano fiatare? Io a questa storia sono affezionato e ci credo. Sono convinto di poterne ricavare un grosso spettacolo e non penso affatto che il pubblico possa sentirsi deluso. Parlo del pubblico e non della critica, perché della critica me ne frego. I migliori spettacoli della stagione sono quelli che la critica ha demolito. In questo dramma c'è tutto quanto può interessare il grande pubblico: violenza, intrigo, lotta per il potere, tradimento, sesso, incesto, omosessualità. E in più c'è anche un Papa.  

Manfredi                       - Capirei ci fosse un Pio XII o un Giovanni XXIII ma, scusa, un Alessandro VI.  

Giovanni                       - Insomma, tu te la senti di andare avanti coi Borgia?

Regista                          - Certo che me la sento.

Duca                             - Meno male!

Regista                          - Anche se, pensandoci bene, sarebbe affascinante un esperimento sui Kennedy.  

Duca                             - Cosa vuoi dire?

Regista                          - Quello che ho detto. Che sarebbe affascinante, punto e basta. Che si facciano i Kennedy è fuori discussione.

Manfredi                       - E perché? Chi ce lo proibirebbe?

Regista                          - Nessuno. Ma io ho preso l'impegno preciso di mettere in scena uno spettacolo, ispirato a Cesare Borgia, detto il Valentino.  

Lucrezia                        - Potresti avere cambiato idea.  

Regista                          - Ne andrebbe della mia serietà professionale.  

Caterina                        - Si giudica la serietà professionale di un regista dal valore artistico dello spettacolo, che mette in scena.

Carlotta                         - I Kennedy, ci pensate? Sarebbe meraviglioso.  

Duca                             - Sarebbe una pazzia, invece.

Giovanni                       - Come distribuzione sarebbe perfetta: tu potresti fare John.  io Bob.  

Duca                             - Caso mai, il contrario: Bob lo farei io.  

Giovanni                       - E perché? Ah, capisco, perché pensi che John, essendo il primo a morire avrebbe             un ruolo meno importante di Bob.  

Duca                             - No, semplicemente perché il personaggio mi è congeniale. (si toglie il berretto di pelliccia e con un gesto della mano si fa venir fuori il ciuffo alla Bob Kennedy) E fisicamente mi pare anche di assomigliargli.  

Caterina                        - 10     potrei fare Jacqueline. La figura ce l'ho. (si scioglie i capelli, che teneva puntati, e la sua acconciatura ricorda quella di Jacqueline. Si sfila la crinolina, guarnita di stracci, ed appare in un abito sportivo, che potrebbe ricordare uno di quelli che usava Jacqueline, ai tempi dell' assassinio di John)

Carlotta                         - Tu, invece del Papa, potresti fare il vecchio Joseph Kennedy,.  il patriarca.  

Goffredo                       - E io Teddy.  

Manfredi                       - E io cosa potrei fare?

Giovanni                       - 11      primogenito, Joseph, quello che è morto in guerra.  (via via che il dialogo procede, gli attori si tolgono di dosso gli elementi di costume ed appariranno in abiti, che ricordano quelli dei nuovi personaggi. Per esempio, Manfredi sarà in tuta azzurra, che può ricordare una tuta d'aviazione, Goffredo si metterà una giacca di tweed a grossi quadri, come quelle che porta Teddy; ecc.).  

Vannozza                      - (rientrando) Scusatemi il diuretico, a che punto siamo?

Papa                              - (indicando Vannozza) Lei sarebbe perfetta per fare Rose.  

Vannozza                      - Di che commedia parli? Di quella che metteremo su per rimediare al fiasco di questa che stiamo provando?

Lucrezia                        - Si sta pensando di ammazzare tutti i Borgia e di fare i Kennedy.  

Vitellozzo                     - Che ne dice?

Vannozza                      - Non capisco.  

Caterina                        - Invece di improvvisare sui Borgia, potremmo improvvisare sui Kennedy e tu faresti la madre, Rose Fitzgerald.  

Vannozza                      - Si chiama Rose? Mica lo sapevo. Ah, certo, è un fior di personaggio, una madre da tragedia greca: una donna che si vede uccidere i figli uno dopo l'altro e non piange mai.  Su di lei si potrebbe imbastire tutto un dramma: la madre dei Kennedy. Pensate che titolo di richiamo.  (si toglie anche lei la crinolina ed appare in un vestito nero, tipo uno di quelli che indossa il personaggio) Un personaggio che mi starebbe a pennello.  

Lucrezia                        - (togliendosi anche lei i vari elementi di costume e scompigliandosi i capelli biondi) Io     potrei fare Ethel, la moglie di Bob. Giovane, piena di coraggio, silenziosa e sorridente. Una donna che ha dato al marito dieci figli e ne portava ancora uno in grembo, quando Bob è stato ucciso.  

Carlotta                         - Io posso fare una delle sorelle.  Pat, quella che ha sposato quell'attore inglese.  

Goffredo                       - ...Peter Lawfords.  

Giovanni                       - O Eunice, quella che lotta come un angelo contro la fame, le malattie, la miseria, le discriminazioni razziali.  

Manfredi                       - Ma no, meglio Lee Radziwill, la sorella di Jackie.  

Carlotta                         - La principessa che sogna di fare l'attrice?

Manfredi                       - Esatto. Potrebbe avere un grande rilievo nel dramma. Pensavo alla sua telefonata a Jackie, quando hanno assassinato Bob.  (a Carlotta) Te la ricordi?

Carlotta                         - (rifacendo Lee Radziwill, come se telefonasse) Pronto? Pronto, Jacqueline.  Jacqueline, cosa fai? Dormi?

Caterina                        - (recitando come Jackie, afferra un immaginario telefono, e, dopo uno sbadiglio) Lee, sei tu? Mi hai svegliata.  

Carlotta                         - E Bob?

Caterina                        - Credo che abbia vinto.  

Carlotta                         - Ma è.  vivo?

Caterina                        - Vivo? Cosa dici?

Carlotta                         - Gli hanno sparato, non lo sai?

Caterina                        - (con un urlo) A Bob?

Giovanni                       - (troncando subito) Potresti dare la morte di Bob unicamente con questa telefonata.  

Regista                          - Lo so.  

Guerriero                       - E io chi potrei fare? Oswald?

Vitellozzo                     - Se lui fa Oswald, io faccio Shiran Shiran. (tutti hanno ormai assunto l'identità dei nuovi 'personaggi)    

Regista                          - Bravi, benissimo. Adesso, torniamo alla realtà.  

Papa                              - Lasciaci fare, Renato. Perderemo. mezz'ora, ma chissà che non riusciamo a convincerti. Il mio personaggio non sarebbe, poi, troppo diverso da quello del Papa. Anche il vecchio Kennedy era un cuore caldo e un cervello freddo. Era un dominatore anche lui, un astutissimo orso, che per i figli voleva potere e gloria, come Papa Borgia, e che non immaginava che, col potere e la gloria, per i suoi figli sarebbe arrivata la morte!

Giovanni                       - Il nostro sì che era un clan, più potente ancora di quello dei Borgia.  

Papa                              - Se Alessandro VI ha avuto il suo amore famoso con Giulia Farnese, io ho fatto parlare molto di me per il mio amore con Marion Davies, la famosa diva cinematografica.  Avevo comprato persino una casa cinematografica per meglio lanciarla.  

Regista                          - Come se si potesse costruire un parallelo tra due personaggi, perché entrambi hanno avuto un'amante bionda.  

Papa                              - Non c'è solo una bionda in comune. Anch'io avevo preparato un piano preciso perché i miei figli potessero dare la scalata al potere, occupando tutti i posti di comando: John, presidente degli Stati Uniti, Bob, ministro della Giustizia.  Teddy, a soli trentadue anni, già senatore.  

Caterina                        - Se John e Bob non fossero stati uccisi, per un secolo gli Stati Uniti avrebbero voluto dire semplicemente i Kennedy.  

Giovanni                       - Abbiamo lasciato un esercito di figli. Il futuro degli Stati Uniti sarà ancora nostro.  

Carlotta                         - Con quello che si sa sui Kennedy, si può imbastire subito lo spettacolo.  

Vitellozzo                     - Basta dire Jackie.  

Caterina                        - La storia della mia vita è raccontata a puntate su tutte le riviste che si leggono dal parrucchiere.  

Goffredo                       - L'epoca, poi, mica è tanto diversa.  

Regista                          - Quattro secoli di differenza.  

Goffredo                       - Allora la scoperta dell'America, adesso la conquista dello spazio e lo sbarco sulla luna.  

Lucrezia                        - E poi, gli Stati Uniti, che sono nel pieno del loro splendore tecnologico, possiamo dire in una specie di Rinascimento, non sono certo meno barbari di quanto non lo             fossimo noi, quattro secoli fa.  

Carlotta                         - Nonostante il benessere economico, l'alto livello di vita e tutto il resto.  

Caterina                        - L'uomo medio americano è ben lontano dall'aver raggiunto una vera maturità spirituale.  

Carlotta                         - È un popolo vecchio solo di quattro secoli, nato quando i Borgia partivano alla conquista del potere.  

Giovanni                       - E anche se l'immagine degli assassini dei Kennedy è impressa sulla pellicola, non sappiamo per ordine di chi abbiano sparato.  Chi ha voluto la morte dei Kennedy? I conservatori? I razzisti? I rivali politici? I cosiddetti benpensanti dell'opinione pubblica americana?

Duca                             - Perché ci odiavano tanto? L'America, che piangeva istericamente per l'assassinio di John era la stessa America che aveva tappezzato le strade con le sue fotografie, sotto le quali era scritto «Ricercato per alto tradimento».  

Giovanni                       - L'America con il nostro assassinio ha dimostrato al mondo di possedere ed alimentare il germe della violenza.  

Carlotta                         - Violenza per la violenza, uccidere per eliminare l'avversario, il delitto usato come arma pubblica.  

Papa                              - Il deprecato fine che giustifica i mezzi, la teoria del duca Valentino.  

Caterina                        - L'America uccide chi le dà noia, chi si batte per eliminare il marciume che impedisce lo sviluppo civile di una società. I Kennedy davano fastidio perché hanno voluto abbattere le vecchie barriere e denunciare l'assurdità di una società conformista, che non voleva adattarsi ai tempi nuovi.  

Guerriero                       - Pensi agli Stati del Sud, dottore. Ci abita una mia cugina, che l'anno scorso è venuta a trovarci: raccontava che linciano i negri che hanno rapporti con le donne bianche. Proprio come da noi nel Rinascimento.  

Manfredi                       - Da noi il popolo si limitava di assistere al loro supplizio, lì, invece, vi partecipa.  

Regista                          - (molto perplesso) Affascinante. Ma.  non è possibile.  

Tutti                              - E perché?

Regista                          - Ho preso un impegno.  

Papa                              - Cosa vuoi che importi al direttore del teatro se gli dai uno spettacolo piuttosto di un altro? Purché gli dia un successo. 

Regista                          - Non è questo. Coi Kennedy per forza dovremmo affrontare un dramma politico.  E, poi, pensate alla pubblicità che abbiamo già fatto sui Borgia.  

Caterina                        - Basta dare tutto in mano a un bravo press-agent e vedrai che ritorce tutto a nostro vantaggio come un boomerang.  

Lucrezia                        - Puoi tappezzare la città di manifesti: i Kennedy.  

Vitellozzo                     - ...e dichiarare ai giornali che gli attori si sono ribellati. Il collettivo ha rifiutato i Borgia perché sentiva il bisogno di portare in teatro un argomento di attualità.  

Duca                             - Siamo tutti pronti a metterci al lavoro con entusiasmo. A cominciare dal sottoscritto, che rinuncia a un protagonista, che farebbe impazzire qualsiasi attore.

Giovanni                       - La bara in mezzo alla scena può restare, così come per i Borgia.  

Lucrezia                        - Per la scenografia non aggiunti nulla. Fai tutto con queste impalcature.  

Goffredo                       - Può aiutarsi con qualche proiezione.  

Regista                          - No. Se facessimo i Kennedy.  una semplice ipotesi.  niente proiezioni: il dramma per il dramma.  

Papa                              - Risparmi anche i costumi.  

Regista                          - Peccato, sarebbero stati splendidi.  

Lucrezia                        - Rimedierò io sfoggiando i modelli di Jackie.  

Vannozza                      - Bisognerà scritturare qualche attricetta giovane per le donne del clan.  le figlie.  le segretarie.  Quante erano le figlie?

Manfredi                       - Quattro o cinque.  

Caterina                        - Una è morta in un incidente aereo.  l'altra è in un ritiro per minorati.  

Carlotta                         - Rosemary.  

Caterina                        - Poi c'è Pat.  Eunice.  

Giovanni                       - Ci documenteremo. Si può cominciare la storia in flash-back, partendo dal vecchio Kennedy, paralizzato sulla sua sedia a rotelle.  (prende dalle quinte una sedia, la mette in mezzo alla scena, davanti alla bara, vi fa sedere il Papa)

Caterina                        - (piega il pezzo di tendone rosso, che il Papa aveva sulle spalle e glielo mette sulle ginocchia, come un plaid)

Goffredo                       - (si toglie dal taschino un paio d'occhiali e glieli mette sul naso)

Giovanni                       - (prende Rose e la mette dietro alla sedia del Papa) Mettiti qui, come se avessi spinto fuori la carrozzella di tuo marito.  

Vannozza                      - Hai visto, Joe, che bella giornata? Il vento ha spazzato via tutte le nuvole e le ha spinte lontane, sul mare.  

Giovanni                       - (all'elettricista) Prova a darci un effetto tramonto.  (si spegne la ribalta e il palcoscenico resta in ombra con una luce di tramonto che viene ad illuminare il gruppo del Papa e di Vannozza) Ecco com'è ridotto il padre fondatore della dinastia.  un rottame.  A quest'ora, tutti i giorni, lo spingono fuori a respirare una boccata d'aria dell'Atlantico.  

Carlotta                         - ...il mare azzurro, davanti a lui, è solcato da vele.  nel cielo stridono immensi gabbiani.  

Manfredi                       - ...attorno la campagna.  Il vento muove le chiome delle foreste dei pini nani.  il mare di eriche selvagge.  

Papa                              - Fisicamente io sono un rottame, ma il mio cervello è lucido. Chiudo gli occhi e rivedo i miei figli.  Non ho mai pianto davanti ai loro cadaveri. Ora lo posso fare.  

Vannozza                      - (tira fuori dalla tasca un fazzoletto) Cos'è? Hai tutte le guance bagnate.  Il vento ha spruzzato il tuo viso d'acqua di mare.  Acqua salata.  come lacrime.  Daddy, non parli, oggi? A cosa pensi?

Papa                              - (fa un gesto vago con la mano)

Vannozza                      - (al regista) L'ho sposato contro la volontà dei miei, per amore, e gli ho vissuto accanto, nella dedizione più assoluta, dandogli nove figli.  Nove Kennedy. Quanti ne sono rimasti?

Papa                              - Rose.  Rose.  

Regista                          - (finalmente intervenendo ed entrando nel gioco, verso il fonico) Ci vorrebbe una musica che creasse un po' d'atmosfera.  

Papa                              - Ricordo i miei figli?

Regista                          - Li rivedi e parli con loro, i continuatori della dinastia.  (si sente in sordina la musica di «Stelle e strisce»)

Vannozza                      - Il vento ha spazzato via proprio tutte le nuvole.  Chi lo avrebbe mai detto con la pioggia di oggi? Il cielo è divento limpido e trasparente, come piace a te.  A cosa pensi?

Papa                              - A Joe, che è morto troppo presto.

Manfredi                       - (su indicazione del regista va a metterglisi vicino)

Papa                              - Dicevo, allora: non voglio che i miei figli muoiano in una guerra, che non riguarda l'America.  invece, la guerra maledetta ha cominciato lei per prima a portarmi via i figli.  E il mio primogenito non è più tornato.  il suo aereo, che volava per smantellare le basi delle V.2. colpito.  si è disintegrato.  

Manfredi                       - Le ragazze mi dicono che sto molto bene in divisa.  Altro che l'uniforme del «college».  

Papa                              - Eri allegro, entusiasta, pieno di vita: un vero Kennedy.  

Manfredi                       - Dillo anche tu alla mamma di star tranquilla. La guerra finirà presto e tornerò a casa per sempre.  

Papa                              - ...a casa non è tornato più. (un silenzio, musica)

Papa                              - Allora ho puntato su John.  (il regista spinge Giovanni verso il padre) La guerra non ha risparmiato neppure lui: m'era tornato con una grave frattura della spina dorsale, ma con la sua forza di volontà si era ripreso.  

Vannozza                      - È così forte il mio John.  

Giovanni                       - Nulla di grave, porterò il busto. Sono vivo, questo solo importa. E posso vivere per combattere e per vincere ancora.  

Caterina                        - (va a mettersi vicino al marito) E io l'aiuterò. Sono forse ancora più forte dei Kennedy.  

Papa                              - Nessuno può essere più forte dei Kennedy.  

Giovanni                       - (indicando Caterina) Ora lei è una Kennedy.  

Papa                              - Non me ne importa nulla, se, dopo queste elezioni, il Partito Democratico e l'organizzazione democratica non esisteranno più. L'unica cosa che importa a noi Kennedy è.  

Duca                             - (va vicino al padre e continua).  che John diventi presidente. E lo diventerà. Siamo disposti a tutto per aiutarlo. Deve farcela.

Papa                              - Tu, Bob, sei il migliore dei Kennedy.  il più buono.  hai troppo cuore per diventare un uomo politico.  Sogni un mondo come non è mai stato da nessuna parte.  

Duca                             - Un mondo giusto, papà.  

Papa                              - Nessuno lo vorrà, il mondo che vuoi tu.  

Duca                             - Ma io devo lottare lo stesso per farcela.  

Lucrezia                        - (che si avvicina al gruppo) Lui sa quello che fa.  

Goffredo                       - (entra nel gruppo) Ci sarà posto anche per me?

Papa                              - Ci sarà posto per tutti i Kennedy. L'America ha bisogno dei Kennedy.  

Carlotta                         - (corre verso il gruppo gridando) John ha vinto.  John è diventato Presidente degli Stati Uniti.  (fortissima la musica, tutti si abbracciano, poi restano fermi, sorridendo, al loro posto: appaiono come in una di quelle fotografie, che usavano farsi scattare i Kennedy)

Regista                          - Potrebbe cominciare così. (tutti applaudono)

Voci Fonico Ed Elettricista    - Magnifico, dottore. Proprio bello!

Regista                          - Grazie. Spegnete pure: riflettori e musica. (si spegne la luce-tramonto e la musica. Si illumina la ribalta)

Caterina                        - Come inizio è travolgente.  

Guerriero                       - Questo sì, sarà un successo. Altro che i Borgia.  

Duca                             - E abbiamo fatto tutto di getto, senza documentarci. Pensa a cosa riusciremo a tirar fuori con un po' di preparazione.

Caterina                        - Io mi sento di far rivivere il mio personaggio a occhi chiusi.

Carlotta                         - Hanno detto che sei stata la disgrazia di John Kennedy e la fortuna di Coco Chanel.  

Caterina                        - Sono una donna bella ed importante, come una regina, sprezzante, orgogliosa, piena di ambizione. Ed intelligente.  

Carlotta                         - Una calcolatrice, direi. Una donna che è entrata nella storia davvero come una regina, ma ne è uscita per sposare Onassis.              

Caterina                        - E cosa avresti voluto? Che con la mia bellezza e il mio fascino restassi vedova tutta la vita?

Carlotta                         - Se fossi stata veramente intelligente, saresti sparita dalle cronache per restare nel ricordo di tutti solo come la vedova di un grande presidente.  

Papa                              - Jackie ha sempre voluto stravincere.  

Lucrezia                        - E ha sbagliato.

Caterina                        - Nessuno lo può dire. Col danaro di Onassis, i figli di John Kennedy potranno forse diventare veramente dei re. Chi può sapere il perché di questo matrimonio? Posso essermelo imposto io, può avermelo imposto il clan dei Kennedy, per il trionfo di una dinastia. Nella storia delle monarchie, quante donne si sono sacrificate legandosi a un uomo per delle ragion di stato?!?

Lucrezia                        - Non farla più intelligente di quanto sia. Ho letto su di un giornaletto le memorie della sua segretaria: uno squallore. Vendeva i suoi modelli usati come la moglie di un piccolo impiegato.  

Caterina                        - Sono un'americana, che ha la testa sul collo.  

Lucrezia                        - Quando John è diventato Presidente, stavate per divorziare: non lo hai fatto per poter diventare la «first lady» degli Stati Uniti.

Caterina                        - Non l'ho fatto perché non volevo che mio marito perdesse il suo prestigio divorziando.  Non sono un personaggio facile da capire, ma sono il personaggio femminile più importante di tutta la vicenda.  

Lucrezia                        - Il più appariscente, direi. Meglio il mio, Ethel. Come è differente dal tuo il mio amore per Bob, pulito come le candide piste da sci, su cui è nato. Ci siamo innamorati a prima vista. Mi ha conquistata subito: era tenace, tenero, sportivo ed intelligente, spietato nella guerra contro la disonestà, affettuoso nei suoi rapporti coi poveri e con la gente di colore. Ricordate le sue fotografie che lo ritraggono mentre abbraccia i bambini portoricani, nei sobborghi più squallidi di New York? Non è commovente l'espressione del suo viso?

Vitellozzo                     - Erano fotografie che gli servivano per la propaganda elettorale.  

Lucrezia                        - Il suo era un sorriso sincero di angelo guerriero.  Non ha mai amato che me e mi è sempre stato fedele.  

Caterina                        - E Marilyn Monroe? L'ultima telefonata che lei gli ha fatto prima di uccidersi?

Lucrezia                        - Tra di loro non c'era che una semplice amicizia. 

Caterina                        - Che uomo poteva essere se si accontentava di una semplice amicizia da una donna come Marilyn Monroe?!? Almeno mio marito c'è andato a letto. Povera Ethel, sei sempre stata una borghese, una donna della tribù. Quando ci ritrovavamo nella vecchia casa del patriarca, mi sentivo morire di noia e di fastidio, con tutta quella folla di bambini.  

Lucrezia                        - Io mi sentivo viva solo con loro e soltanto con loro provavo la gioia di esistere.  

Vannozza                      - Io a Jackie ho sempre preferito Ethel.  

Regista                          - Come donna o come personaggio?

Vannozza                      - Lo dico come donna e lo affermo come personaggio. Una madre ama la nuora, che rende felice suo figlio. Tra Jackie e John c'erano liti continue.  Jackie era una piccola snob: rifiutava il mio buon tacchino americano, perché non era uno dei suoi cuochi francesi a cucinarlo e.  

Caterina                        - (interrompendo) Me ne sono sempre infischiata dei giudizi di mia suocera. Si può dire di me quello che si vuole, ma nessuno può negare che io abbia sempre saputo stare al mio posto. E sono stata una madre esemplare. Ai miei figli ho insegnato il riserbo, il controllo, la dignità.  a non essere mai troppo allegri, mai troppo tristi, mai troppo riservati, mai troppo esuberanti.  I miei figli sono cresciuti come me, capaci di affrontare qualsiasi cosa, la tragedia come la felicità, senza scomporsi: con la stessa impassibilità regale.

Lucrezia                        - Io, i miei ragazzi, li mando alla scuola pubblica, non domando di chi siano figli i compagni coi quali giocano, li lascio frequentare qualsiasi ambiente, se hanno bisogno di un dollaro, se lo guadagnano tagliando l'erba o pulendo la macchina. Li lascio ridere, scherzare, correre, saltare, affrontare ogni pericolo, liberi ed indipendenti.  

Papa                              - E saranno i tuoi figli a diventare dei veri Kennedy.  

Vannozza                      - I tuoi figli rassomiglieranno ai miei.  

Lucrezia                        - Auguriamoci soltanto, che non abbiano lo stesso destino.  

Caterina                        - Nel momento della tragedia di Dallas, tutto il mondo mi ha ammirata. Ho assunto l'atteggiamento che dovevo assumere, quello di una regina, colpita a tradimento dal destino. Non mi sono lasciata dominare dal sentimento.  

Giovanni                       - Ti sei estraniata come in un dramma di Brecht e hai recitato la tua parte epicamente.  

Caterina                        - (senza raccogliere) Sono stata sempre lucida, presente a me stessa. Sono salita sull'aereo, che trasportava a Washington la salma di John, senza nemmeno cambiarmi d'abito, affinché fossero ben visibili le macchie del sangue uscito dalle           ferite di mio marito. Dall'aereo mi sono messa in contatto con la Casa Bianca per far consultare gli archivi e sapere come si erano svolti i funerali di Lincoln. Ho voluto che a John fossero resi gli stessi onori. E ai funerali.  

Lucrezia                        - ...ci sei andata in minigonna, scandalizzando il mondo, perché, allora ancora nessuno la portava.  

Caterina                        - (s.r.).  ai funerali ho partecipato tenendo i miei figli per mano, senza mai permettere che una lacrima rigasse il mio volto.  

Lucrezia                        - Io, quando è morto Bòb, non ho pensato a nulla, solo al dolore che provavo. Ho pianto abbracciando i miei dieci figli e credo che l'undicesimo piangesse dentro di me.  

Vannozza                      - Una gran donna: disperata com'era, ha pensato anche al mio dolore ed è venuta da me per consolarmi.  

Lucrezia                        - Non ero ancora preparata a quella morte. Anche se intuivo che la morte avrebbe continuato a colpirmi di sorpresa, come aveva già fatto, portandomi via, all’improvviso, mia madre, mio padre, mio fratello.  Ho sempre avuto terrore della morte e cercato un modo per difendermene. Ho voluto con Bob, proprio per questo, una grande famiglia. E per la nostra grande famiglia una grande casa, con un grande giardino, pieno di animali: cavalli, vitelli, scoiattoli, cani, capre, pappagalli, tartarughe, pesci, uccelli, bisce.  Amavo disperatamente la vita e volevo sentire la vita attorno a me.  

Caterina                        - Ai Kennedy è sempre mancata la regalità. La regalità nella loro casa, l’ho portata io.  

Regista                          - ...(applaude) Brave! Complimenti! Mi pare straordinario questo happening sui Kennedy.  

Duca                             - Va bene che, in America, vige il matriarcato, ma se continuiamo così, gli uomInI, in questo spettacolo, verranno divorati dalle loro donne.

Lucrezia                        - La donna nella famiglia del Kennedy ha una grande importanza.  

Regista                          - Si direbbe che sui vostri personaggi vi siate già preparate.  

Caterina                        - Si tratta di argomenti che sono alla portata di tutti.  

Guerriero                       - Li conosce persino mia nonna, che è paralitica e da venti anni non esce più di casa.  

Duca                             - Lo sapevo che avrebbero ammazzato anche me, come John. Infatti lo dicevo sempre a Teddy: un giorno quando si parlerà del delitto Kennedy, bisognerà specificare di quale si tratta. (al regista) E questa frase non sono io che l'improvviso, l'ha detta veramente Bob!  

Goffredo                       - In ogni comizio, la folla glielo gridava «Bob, ti ammazzeranno».  

Giovanni                       - Anch'io avevo il presentimento della mia fine. Ripetevo sempre: per il Presidente degli Stati Uniti c'è sempre pronta una pallottola; si possono prendere tutte le precauzioni possibili ed immaginabili, ma se mi vogliono far fuori lo potranno fare in qualsiasi momento. E lo ha dimostrato Dallas.  

Regista                          - Dallas, appunto. Se, supponiamo, facessimo questi Kennedy, come risolvere Dallas? Ai filmati sono contrario.  

Lucrezia                        - Si può costruire la scena su di me, Ethel. Infatti, se ben ricordo, ho saputo dell'attentato a John mentre ero all'Istituto di Bellezza, dove mi stavo facendo la permanente.  Le ragazze erano disperate, nessuna sapeva come comportarsi, né cosa dire.  Tutte conoscevano la tragica fine di John, meno io.

Vannozza                      - Potresti fare qualcosa di spettacolarmente interessante. Metti in scena una mezza dozzina di caschi, delle belle ragazze in camice, che si muovono attorno alle clienti: presenti così un ambiente tipicamente americano.

Giovanni                       - Qualche cliente svampita o spiritosa, che faccia un poco di colore.  

Carlotta                         - Dai parrucchieri per signora si trova sempre una di quelle signore un po' matte, che si tingono i capelli di rosa o di viola.  

Duca                             - Fai anche passare qualche ragazza seminuda, che esce dalla sauna.  Ti cerchi una bella figliola, come quella che ti sarebbe servita per la cortigiana.

Regista                          - Sì, come scena non mi dispiace. Ma.  Bob dov'era quel giorno? Era con John?

Caterina                        - No, con lui non c'ero che io della famiglia.  

Papa                              - Bob doveva essere al ristorante.  se non sbaglio. .

Duca                             - ...stavo mangiando al mio solito club. A un tratto mi chiamano al telefono da Dallas.  Mi alzo e per andare alla cabina telefonica, ed attraverso un salone, dove c'è il televisore, che proprio in quel momento sta dando la notizia della morte di John.  

Regista                          - Registicamente è una scena molto suggestiva.  Bob, che mangia, con un paio di amici.  

Duca                             - Ero solo.  

Regista                          - Una coppia riempie di più. Altrimenti con chi parli? Marito e moglie, lei carina, gambe lunghe.  Da un juke-box viene fuori la musica di una tipica canzone americana dell'epoca.  magari cantata da Frank Sinatra.        

Vannozza                      - Dovrai fare una scenografia realistica, allora.  

Regista                          - Posso dare il ristorante con pochi elementi.  Faccio venire in scena delle tavole imbandite, su carrelli, come avrei fatto per il banchetto in casa di Vannozza.  E, subito dopo, la famiglia al funerale, attorno alla bara di John.  

Giovanni                       - Più o meno la stessa scena che per il funerale di Giovanni Borgia.

Regista                          - Esattamente. La bara resterebbe al centro.  

Carlotta                         - Io potrei inginocchiarmi davanti alla bara, se faccio una delle sorelle, e potrei dire la stessa battuta di Lucrezia: povero fratello mio, bello quasi più di quando eri vivo.  

Caterina                        - Prima del funerale, dovrai fare almeno una scena sull'aereo presidenziale, che trasporta la salma di John.  

Regista                          - Giusto, mi pare una scena importantissima.  

Vannozza                      - Perché non dai la notizia della morte di John in casa nostra? Hai cominciato coi vecchi e coi vecchi puoi restare nei momenti più importanti del racconto.  

Regista                          - Non posso dare tutto su di voi. Già c'è l'inconveniente che nella vicenda non c'è un filo di «suspense» perché si sa già in partenza tutto quello che succede.  Bisogna perciò variare l'azione scenica per mantenere sveglia l'attenzione del pubblico.  avere invenzioni di regia.  creare un'atmosfera.  delle trovate di racconto.  

Guerriero                       - Scusi, dottore, ma se lei fa la storia dei Kennedy, il pubblico vorrà che lei la racconti com'è stata in realtà, assistere cioè all'assassinio di John, come è avvenuto a Dallas.  

Regista                          - Non ho nessuna intenzione di fare del teatro-cronaca. E, poi, cosa vorresti? Che facessi passare sul palcoscenico il corteo delle macchine?

Guerriero                       - Stia a sentire: lei, prima, fa parlare della visita che John deve fare a Dallas, considerato il covo della reazione, dove i Kennedy sono particolarmente odiati.  Poi.  Dallas, il palcoscenico vuoto.  com'è ora.  solo coi praticabili.  (agli attori) Per favore, lasciate il palcoscenico libero.  (gli attori si spostano tutti da una parte) Metterà sulla scena una luce livida.  spettrale.  (cambiamento di luce).  così.  

Regista                          - Grazie, Pippo. Questa sì che è collaborazione.  

Guerriero                       - ...una colonna sonora con delle grida di folla.  la voce dello speaker che trasmette dagli altoparlanti la cronaca dell'avvenimento.  (il fonico mette un rumore confuso di gente) Io entro in scena.  (prende un giornale, lo avvolge come per un pacco e se lo mette sottobraccio).  col mio fucile sottobraccio, avvolto in           carta di giornale.  salgo pian piano sull'ultimo praticabile.  (esegue l'azione).  dove si immagina sia la libreria.  Manderà su di me un riflettore con una luce bianca.  (l'elettricista lo illumina con un riflettore):.  si sente il corteo delle macchine, che si avvicina, che sta per passare sotto la finestra della libreria, dove sono io.  Nella stanza non c'è nessuno, perché se ne sono andati tutti nella strada per vedere John Kennedy.  Io tiro fuori il fucile dalla carta di giornale, mi apposto, alla finestra.  le macchine stanno passando.  sparo.  (il fonico manda alcuni colpi)

Tutti                              - (applaudono. Cessa il rumore, la luce torna normale)

Regista                          - Bravo, formidabile. Un'intuizione registica straordinaria. Un effetto spettacolare, di sicura presa.  

Papa                              - ...e che costa due lire.  

Regista                          - D'accordo, allora, per la morte di John.  

Giovanni                       - No! Non puoi darla così.

Regista                          - E perché?

Giovanni                       - Chi può giurare che sia stato Oswald ad ammazzare John? Nessuno!

Duca                             - Questo è vero. Non si sa quale sia stata la verità, né chi l'assassino. Ad Oswald hanno chiuso la bocca troppo presto.  

Lucrezia                        - Il colpo che ha ucciso John è partito, dicono, dalla direzione opposta a quella della libreria.  

Caterina                        - Dalla parte della stazione di Dallas.  

Regista                          - Lo so, ma ufficialmente.  

Manfredi                       - Noi non dobbiamo dare la versione ufficiale della morte di Kennedy, ma cercare di dire la verità.  

Vannozza                      - Ma la verità chi la conosce?

Papa                              - La verità è sepolta nei 17 volumi dell'inchiesta Warren. Nessuno sa cosa la F.B.I. abbia scritto in quei lunghi e misteriosi rapporti.  

Duca                             - Forse, se fossi stato eletto presidente, invece di essere ammazzato da Shiran Shiran, avrei fatto conoscere io al mondo la verità.  

Lucrezia                        - E forse ti hanno ucciso anche per questo.   

Regista                          - Shiran Shiran è ancora in carcere e ha dichiarato di averti ucciso.  

Vitellozzo                     - ...per la posizione che avevi preso contro il mondo arabo nel conflitto con gli ebrei.  

Papa                              - Ma chi è stato ad armare la tua mano, Shiran Shiran?

Vitellozzo                     - Nessuno lo sa.

Regista                          - Va bene, allora rinunciamo alla scena di Oswald, anche se sarebbe stata molto suggestiva. Faremo la scena all'Istituto bellezza di Washington o quella al ristorante. Quindi, ci trasferiremo sull'aereo presidenziale, su cui è stata caricata la salma.

Caterina                        - Nella sala centrale, quella rivestita d'oro.  

Giovanni                       - D'oro?

Caterina                        - D'oro.

Vitellozzo                     - Accidenti. Come i Faraoni!

Caterina                        - Come i Faraoni!

Regista                          - Vicino alla bara (la indica), accanto a Jackie, Johnson giurerà di esercitare fedelmente la carica di Presidente degli Stati Uniti. Accanto a lui, la moglie, Lady Bird, la sola che durante tutta la scena continuerà a singhiozzare.  

Guerriero                       - Perché singhiozza?

Regista                          - Perché è sconvolta dall'emozione. E per cos'altro dovrebbe singhiozzare?

Guerriero                       - Perché lei sapeva qualcosa dell'attentato.  

Regista                          - Sei matto?

Caterina                        - C'è stato o no un complotto? Ora non si sa chi ne fosse a conoscenza, ma chi l'ha organizzato doveva avere degli interessi ben precisi. .

Guerriero                       - ...perciò potrebbe essere stato l'uomo che voleva prendere il suo posto.  

Regista                          - Ma non facciamo insinuazioni campate in aria e prive di fondamento.  

Papa                              - A me quel Johnson lì, non è mai piaciuto.               

Regista                          - Ma non è certo perché non ti era simpatico che possiamo incolparlo di un delitto. Non stiamo mica parlando di gente morta quattro secoli fa, come i Borgia.

Giovanni                       - Chiariamoci le idee. Noi cosa vogliamo fare? Uno spettacolo sui Kennedy o un'inchiesta?

Regista                          - Un'inchiesta? E come? Credi che l'Ambasciata americana ci permetterebbe di mettere il naso nell'inchiesta Warren? Atteniamoci ai fatti, a quella che è la versione ufficiale degli avvenimenti.  

Caterina                        - Ma se i fatti sono in contrasto con la versione ufficiale?

Regista                          - Non ci riguarda.

Manfredi                       - Allora dovremo ripetere la menzogna che i Kennedy sono stati uccisi da esaltati, che volevano compiere le loro vendette personali, e non da sicari assoldati da qualcuno che si opponeva alla loro politica.  

Carlotta                         - E, allora, appoggeremo anche noi l'omertà di un mondo politico, che proibisce di scoprire i veri assassini.  

Giovanni                       - E la colpa non è dei sicari, pedine avanzate di un esercito di fantasmi, che rifiuta ogni lezione di civiltà, ma di chi si serve del delitto, proprio come nel Rinascimento, per risolvere le sue sporche controversie politiche.  

Duca                             - Bob voleva combattere la miseria, la fame, la disoccupazione, la discriminazione razziale e voleva che il suo paese, che sperpera ogni giorno la sua spaventosa ricchezza, fosse l'iniziatore di questa santa crociata.  

Goffredo                       - Bob si era accorto che appoggiando la guerra nel Vietnam, aveva commesso un imperdonabile errore perché con quell'inutile carneficina minava le basi morali del popolo americano.  

Duca                             - E se fosse diventato presidente avrebbe riparato al suo errore, impedendo alla gioventù americana di andare a morire per una guerra, che non era la sua.  

Lucrezia                        - ...Bob, diventando presidente era convinto di riuscire a dare finalmente una coscienza al popolo americano.  

Caterina                        - E già John aveva tentato di farlo con una politica intelligente ed umana, che gli Stati Uniti non avevano più conosciuto dopo Lincoln.  

Guerriero                       - Due don Chisciotte.  sono stati due Don Chisciotte.  

Carlotta                         - Purtroppo, però, non combattevano contro mulini a vento, ma contro giganti che, per la paura di essere travolti, si difendevano con rabbia e con terrore.      

Manfredi                       - I Kennedy hanno dato la loro vita per combattere contro il fascismo, contro l'ignoranza, contro il capitalismo.  

Regista                          - Non esagerare, ricorda quello che è successo quando i russi hanno tentato di fare una base missilistica a Cuba. John ha difeso ad oltranza il capitalismo americano.  

Manfredi                       - I       Kennedy sono sempre stati per il popolo.  

Vitellozzo                     - Ma erano delle teste calde, degli uomini pericolosi. La loro politica avventata stava per dividere in due l'America.  

Manfredi                       - Che importanza aveva se l'America si divideva in due, se fosse riuscita a riunire il mondo?

Papa                              - Ma cosa ti credi? Che i Kennedy avrebbero aperto le porte degli Stati Uniti al comunismo? Non commettete, con questo giudizio, lo stesso errore di chi li ha fatti eliminare.  

Vannozza                      - II     mondo sarebbe andato meglio se non morivano, ma non credo che vivendo sarebbero riusciti a cambiare la testa agli americani.  

Goffredo                       - Il mondo aveva bisogno di loro.  

Lucrezia                        - Solo perché avrebbero trovato un modo più intelligente per opporsi al comunismo.  

Carlotta                         - Erano uomini di sinistra.  

Caterina                        - ...ma non dei comunisti. Ma la vedi una Jacqueline comunista? Con la sua corte, i suoi vestiti di sartoria, i suoi gioielli, il suo snobismo, il suo esercito di cuochi francesi?

Vitellozzo                     - Ma con loro l'America stava scivolando a sinistra.  

Manfredi                       - E dove vuoi che vada il mondo? A destra?

Regista                          - Che epilogo potremmo dare a questo dramma?

Papa                              - In fondo, cosa potremmo dire di nuovo sui Kennedy? Niente.

Vannozza                      - Non potremmo far altro che raccontare i tragici avvenimenti di una famiglia, che, dopo la scomparsa dei suoi eroi, è già in piena decadenza.  

Carlotta                         - Ma chi lo sa cosa saranno capaci di fare i giovani Kennedy nel futuro?     

Regista                          - Noi dobbiamo allestire uno spettacolo, mica fare delle profezie.  

Manfredi                       - Dobbiamo semplicemente far rivivere dei personaggi, che se non fossero tragicamente scomparsi, avrebbero cambiato faccia alla America.  

Duca                             - Le avrebbero dato una maggior dignità, ma non credere che l'avrebbero fatta diventare la Cina di Mao Tze Tung.  

Regista                          - Lo spettacolo lo vedo. Ma il mio timore è quello di non saper far altro che della cronaca. Sono personaggi troppo attuali. Ci vuole molto coraggio per affrontarli.  

Papa                              - Per scrivere la loro vicenda, ci.  vorrebbe un poeta.  non basta un collettivo di buona volontà.  

Vannozza                      - Ci vorrebbe uno Shakespeare.  

Duca                             - Ma ai nostri giorni, dove lo si trova?

Carlotta                         - Tutto sommato, penso che improvvisando sui Kennedy, non si andrebbe più in là di una sceneggiatura televisiva.  

Duca                             - Renato, tocca a te prendere una decisione.  

Regista                          - Che ora abbiamo fatto?

Guerriero                       - Quasi mezzanotte. Tra cinque minuti scatta lo straordinario.

Caterina                        - Com'è tardi. Domani alle otto ho un turno di doppiaggio.  

Vannozza                      - Anch'io domani mattina ho la radio.  

Regista                          - Siamo stanchi per prendere adesso una decisione. Dormiamoci sopra stanotte, domani, a mente fresca, decideremo.  (tutti si vestono e si preparano per uscire)

Manfredi                       - Non butti via un'idea come questa. Sono sicuro del successo.  

Regista                          - Non butto via niente. Ho bisogno di rifletterci un po'. E se dovessimo, per caso, tornare ai Borgia, credo che questa discussione sui Kennedy non sia stata del tutto inutile. Per lo meno avremo forse le idee più chiare per raccontare in un modo più nuovo e più attuale le vicende del Duca Valentino, facendone il simbolo dell'uomo nuovo, che combatte contro tutti i mali di un feudalismo, che l'umanità continua a portarsi dietro.  

Papa                              - A che ora, domani?

Regista                          - Alle sei, come sempre.  

Vannozza                      - Nessuno viene a mangiare?

Papa                              - Ci vengo io.

Regista                          - (comincia ad avviarsi seguito da tutti) Andiamo, ragazzi. Pippo, spegni pure. Buonanotte. E a domani.  (tutti escono si spegne il palcoscenico e si illumina la sala)

FINE