Estate e fumo

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Dramma in due parti e dodici scene

di Tennessee Williams

Titolo originale Summer and Smoke

Traduzione di Gerardo Guerrieri

Giulio Einaudi Editore - Torino

PERSONE

Alma, da bambina

Giovanni, da bambino

Il reverendo Winemiller padre di Alma

La signora Winemiller madre di Alma

Alma

Giovanni Buchanan figlio

Il dottor Buchanan suo padre

Rosa Gonzales

Papà Gonzales suo padre

Lella Ewell

La signora Bassett

Ruggero Doremus

Il signor Kramer

Rosamaria

Vernon

Fulmine

L'azione del dramma si svolge interamente a Glorious Hill, Mississippi,

nel giro di anni che vanno dal principio del secolo al 1916.


NOTE DELL'AUTORE

PER SERVIRE ALLA RAPPRESENTAZIONE

Giacché la concezione scenica di un dramma emerge solo alla lettura qui mi accontenterò di segnalare i punti a mio parere es­senziali.

Prima di tutto: il cielo.

È necessaria un'ampia distesa di cielo che farà da sfondo al­l'intera azione del dramma. Questo vale sia per gli interni come per gli esterni. Ma in realtà non si può parlare di interni veri e propri perché le mura sono abolite e vagamente accennate da qual­che frammento necessario a potervi appendere un quadro o a con­tenere la cornice di una porta.

Nelle scene diurne il cielo sarà di un azzurro puro e intenso (come il cielo italiano così fedelmente riprodotto nei dipinti reli­giosi del Rinascimento) e i costumi saranno scelti in modo da for­mare contrasto drammatico con l'azzurro cupo sul quale si staglie­ranno le figure. (Sono di importanza capitale armonie di colore e altri effetti visivi).

Nelle scene notturne le costellazioni più familiari, come Orione e l'Orsa Maggiore e le Pleiadi saranno chiaramente proiettate sul cielo notturno, e, in cima al panorama e attraverso di esso, la ne­bulosa iridescenza della Via Lattea. Fiocchi lanosi di nuvole po­tranno anche essere proiettate sul panorama e lasciate navigare lentamente.

Questo, per il cielo.

Scendiamo ora ai cosiddetti interni del dramma. Ce ne sono due: il salotto del Rettorato episcopale e la casa di un medico, ac­canto al Rettorato. L'architettura di queste case è appena accen­nata ma è di tipo americano-gotico dell'epoca vittoriana. Non ci sono vere porte o mura o finestre. Le porte e le finestre sono rap­presentate da delicate cornici di stile gotico. A queste cornici sono avviticchiati rami d'edera con foglie d'ambra e smeraldo. Si use­ranno sezioni di muro solo dove sarà necessario. Un frammento di muro potrebbe essere dietro al divano del Rettorato, a reggere un paesaggio romantico in una cornice d'oro.

PARTE PRIMA      Un'estate                   

PROLOGO

La fontana.

Nel parco vicino all'angelo della fontana. È il crepuscolo di una sera di maggio, ai primissimi anni del secolo. Alma, bambina di dieci anni, compare in scena. Porta una blusa alla marinara e le trecce col fiocco. Possiede già la compostezza di una persona grande; brilla già in lei una straordinaria deli­catezza o spiritualità che la fanno apparire diversa dagli altri bambini. Ha l'abitudine di tenere le mani appoggiate l'una sul­l'altra a coppa in un atteggiamento che ricorda quello di chi riceve l'Ostia nella Comunione. Questo vezzo le resterà an­che da grande. Si ferma per qualche attimo davanti all'angelo in questa posizione, poi si china a bere alla fontana. Mentre lei è curva, entra Giovanni, ragazzo. E scocca la fionda sulla schiena di Alma che sta bevendo. Lei lancia uno strillo di soprassalto, voltandosi a trottola. Lui ride.

Giovanni Ehi, figlia del parroco. (Fa qualche passo verso di lei) Cercavo te.

Alma        (piena di speranza)    Me?

Giovanni Sei tu che mi hai messo quei fazzoletti sul tavolo? (Alma sorride incerta). Su, fuori il fiato!

Alma        Ti ho messo una scatola di fazzoletti sul tavolo.

Giovanni Ci avrei giurato. E chi te l'ha fatto fare, beghina?

Alma         Ne avevi bisogno.

Giovanni Per prendermi in giro?

Alma         Oh, no!

Giovanni Che ti è saltato in testa, sentiamo!

Alma         Hai un raffreddore cosi forte e da una settimana ti cola il naso. Ti sciupa i lineamenti.

Giovanni Puoi fare a meno di guardarmi, se i miei lineamenti non ti vanno.

Alma         Vanno, i tuoi lineamenti.                                  

Giovanni (avvicinandosele) E per questo non fai che guar­darmi?

Alma         Chi? Io?

Giovanni Tu, sissignora, sì, tu! Sempre a spiarmi! Non posso voltarmi senza sentirmi appiccicati addosso quegli occhi di gat­ta! Anche oggi, quando la signorina Blanchard t'ha domandato dov'è il Rio delle Amazzoni, che facevi? Due volte, te l'ha chie­sto, e lei niente: stava lì imbambolata a guardarmi. Di', oh, che hai? Che ti sei messa in testa? Sputa, fuori.

Alma        Stavo pensando solo a come saresti bello se non avessi il viso sporco. E sai perché hai il viso sporco? Perché non usi il fazzoletto e ti pulisci il naso con la manica di quel pullover lurido.

Giovanni (indignato)    Uh!

Alma        Per questo ti ho messo i fazzoletti sul tavolo, impacchet­tandoli in modo che nessuno se n'accorgesse. È colpa mia se hai aperto la scatola davanti a tutti?

Giovanni Che deve fare uno di una scatola che trova sul tavolo? Aspettare che scoppi? Io l'ho aperta! Chi andava a pensare che era piena di fazzoletti?

Alma        (con voce timida e tremante) Mi rincresce che tu sia di­ventato rosso. Davvero, mi rincresce con tutto il cuore. Non vo­levo che tu diventassi rosso.

Giovanni Stai fresca che io sia diventato rosso! Ci vuoi altro per far diventare rosso me.

Alma         Che stupide quelle ragazze a ridere! E cattive!

Giovanni Uh!

Alma        Non pensano che tu non hai una mamma che si prenda cura di te. Ero così felice di fare una cosa per te! Solo non vo­levo che tu lo venissi a sapere.

Giovanni Aaaa! Iiii! Uuuuu! To'! Incamera! (Cava la scatola e gliela spinge sotto il naso).

Alma         Per piacere, tienili.

Giovanni Che me ne faccio?

Lei lo fissa disperata. Lui scaraventa la scatola a terra e monta sulla fontana a bere. L'espressione del viso di lei lo ammonisce ed egli si siede sul piedestallo della fontana con un atteggia­mento che sembra lasciare la strada aperta a rapporti più ami­chevoli. Il crepuscolo si addensa.

Alma         Sai come si chiama l'angelo?

Giovanni Ha un nome?

Alma         Sì, ho scoperto che ha un nome. È inciso sul piedestallo ma è tanto consumato, che a guardarlo non si vede.

Giovanni E allora come lo sai?

Alma         Bisogna leggerlo con le dita. Io ho provato e mi ha dato i brividi. Leggilo e vedrai se non darà i brividi anche a te. Provi, Prova a leggere con le dita.

Giovanni Perché non me lo dici cosi mi risparmi la fatica?

Alma         Io no, che non te lo dico.

Giovanni (sorride con indulgenza e si volta verso il piedestallo, e accovacciandosi, fa scorrere le dita lungo l'iscrizione corro­sa)  E?

Alma         Sì, la prima lettera è E!

Giovanni Ti?                                                     

Alma        Sì!                          

Giovanni E?       

Alma        Sì!            

Giovanni Pi?                                        

Alma         No, no! Non Pi, Erre!

Giovanni (si rialza lentamente)    Eternità?

Alma         Eternità! Non ti dà i brividi?

Giovanni Macché.

Alma         A me sì!                                   

Giovanni Perché sei la figlia del parroco. Eternità. Che è l'eter­nità?

Alma        (sottovoce incantata) È una cosa che esisterà ancora quando la vita e la morte e il tempo e il mondo non esisteran­no più.

Giovanni È una frottola.

Alma        Non è una frottola. Lì vanno le anime delle persone dopo che lasciano il corpo. Io mi chiamo Alma; e sai che cosa vuol dire in spagnolo Alma? Anima. Lo sapevi?

Giovanni Uuuu! Aaaa! Iiii! Uuuu! Hai mai visto un cadavere?

Alma         No.

Giovanni Io sì. Mi fecero entrare nella camera dove stava per morire mia madre, e lei mi afferrò per la mano e non mi lasciava più andare, mi misi a strillare e la picchiai.

Alma         No, non è vero!

Giovanni (torvo) Mmm... Mmm... Non era più mia madre. Ave­va una faccia brutta e gialla e mandava un cattivo odore! Tre­mendo! E io la picchiai perché non mi lasciava la mano. Sem­bravo un demonio, diceva la gente.

Alma         Non sapevi quello che facevi.

Giovanni Mio padre è medico.

Alma         Lo so.

Giovanni Mi vuol mandare all'università di medicina, ma sta fresco che io faccia il medico! Passare tutta la vita da una ca­mera all'altra a veder morire qualcuno!... Dio!

Alma         Cambierai idea.

Giovanni Macché! Farei il demonio, piuttosto, come dicevano loro, scapperei in Sud America in barca!... Dammi uno di quei fazzoletti! (Lei li porta, premurosa e umile, alla fontana. Lui ne tira fuori uno, e bagnatolo, se lo passa sulla faccia) È pulita ab­bastanza, la mia faccia, per lei, signorina?

Alma        Sì. È bella!                                     

Giovanni Checosa?

Alma         Ho detto « È bella »!

Giovanni Senti, allora, baciamoci. (Alma si volta dall'altra par­te). Via, così, per provare! (La prende per le spalle e le dà un bacio goffo e frettoloso).

Lei resta li intontita con le mani a coppa. Una voce infantile chiama da lontano: « Gianni! » Egli d'improvviso le afferra il nastro dei capelli e glielo tira fino a scioglierlo, poi scappa deridendola. Ferita e sgomenta, Alma si volge per aiuto al­l'angelo di marmo. Accovacciata al piedestallo tocca l'iscrizio­ne con le dita. La scena si oscura con musica.

SCENA PRIMA

La fontana.        

Winemiller (alzandosi improvvisamente)   Ecco Alma che sale sul podio!                                   

La signora Winemiller mastica popcorn con aria incantata.

Voce di annunciatore (a distanza) Il complesso orchestrale di Glorious Hill è lieto di presentarvi la signorina Alma Winemiller, l'Usignolo del Delta, che canterà per voi... La Golodrina.

Winemiller    Questo susciterà molte critiche.

Ragazza  Guarda chi c'è alla Fontana!                                

Uomo         Fresco come una rosa.                                             

Gianni       Ehi, Dusty! Ehi, Pearl!                                          

Uomo         Come te la sei cavata in quella bisca acquatica?

Gianni       A galla fino a Vicksburg, poi, naufragato!

Ragazza   Qui non facevano che domandare: dov'è Gianni? Che fa Gianni?

Dottor Buchanan    Giovanni!

Giovanni (volgendosi lentamente mentre la coppia esce) Oh! Ehi! Papà!... (Si scambiano una lunga occhiata). Stavo per te­legrafarti, ma non so perché m'è passato di mente. Ho avuto una faccenda a Vicksburg venerdì sera e torno adesso. Non ho ancora messo il naso a casa. Tutto bene? (Beve un sorso d'ac­qua alla fontana).

Dottor Buchanan Non c'è posto, nella professione medica, per bellimbusti, scialacquatori e ubriaconi! Non c'è posto in casa mia per bellimbusti, scialacquatori e ubriaconi! (Si sente una voce infantile gridare «Tana» lontano). Ho ripreso moglie tar­di nella mia vita. Ho assistito alla nascita di cinquecento figli degli altri prima di averne uno io. E pare proprio, Dio santo, che io mi sia scelto il più miserabile. (Giovanni ride incerto). Troverai la tua roba all'albergo Alhambra.

Giovanni D'accordo. Se questi sono i suoi desideri.

C'è una pausa. Il canto riappare sulla musica. Giovanni si calca timidamente il cappello e si allontana dalla fontana. Fa pochi passi e il padre lo chiama.

Dottor Buchanan Giovanni! (Giovanni si ferma e volta la testa). Vieni qui.

Giovanni Signore? (Ritorna verso il padre e gli si ferma da­vanti).

Dottor Buchanan (rauco) Va' all'albergo Alhambra, prendi la tua roba e portala a casa.

Giovanni (gentilmente) Sì. Se questi sono i suoi desideri. (Allunga timidamente la mano a toccare la spalla del padre).

Dottor Buchanan (scosta ruvidamente la mano)    Va'... Va' al­l'inferno! Va'! (Si volta di scatto ed esce quasi correndo).

Giovanni lo segue con lo sguardo e ha un lieve sorriso affet­tuoso. Poi si siede sui gradini con aria sollevata, passandosi il fazzoletto sulla fronte e fischia per il passato pericolo. In quel momento smette il canto sul podio, e scroscia un applauso.

Entra la signora Winemiller da sinistra col marito alle calcagna.

Signora Winemiller    Dov'è l'omino del gelato?

Winemiller Zitta, zitta, scc. (Vede avvicinarsi la figlia) Alma, eccoci! (La musica smette. Applausi. Dopo la banda attacca il valzer di Santiago. Entra Alma Winemiller. Quando Alma pas­sa davanti alla fontana Giovanni batte rumorosamente le mani per due o tre volte. Lei ha un sussulto e le sfugge un lieve suo­no di riso; fa per tornare indietro, con un « Oh! » di sorpresa, ma poi va in fretta dai suoi genitori. Continua l'applauso della folla). Alma, esigono il bis a quanto pare.

Alma si volta a destra e a sinistra nervosamente. Toccandosi la gola e il petto. Gianni ridacchia alla fontana e continua ad applaudire. Terminato l'applauso Alma si lascia andare senza forze sulla panchina.

Alma        Mi apra la borsa, babbo. Ho le dita gelate. (Tira un pro­fondo e laborioso sospiro) Non so che m'ha preso: il terrore! Mai, mai più in vita mia: non ne vale la pena, ogni volta un martirio!

Winemiller (con ansia)    Ti prende l'attacco di nervi?

Alma        Ho il batticuore! Mi sembrava di averlo in gola per tutto il tempo che ho cantato! (Gianni ride dalla fontana). Se ne sa­ranno accorti, babbo?

Winemiller Hai cantato molto bene, figlia mia. Ma tu cono­sci la mia opinione a questo proposito: io ero contrario e non mi rendo conto, perché tu ti sia intestata a farlo, per poi ridurti in queste condizioni.

Alma        Non vedo che cosa potrebbe trovar da ridire la gente sul fatto che io canto in una festa patriottica. Ma avessi cantato bene, almeno! Invece è un miracolo se sono riuscita ad arrivare in fondo! C'è stato un momento che ho creduto di non farcela!

Le parole mi sono volate via dal cervello. Hai notato la pausa? Che spavento! E non è che siano tornate: macché! Ma io via a cantare, non so come ho fatto, devo aver improvvisato i versi! Uuuuf! C'è un fazzoletto in questa borsa?

Signora Winemiller (inopinatamente)    Dov'è l'omino del ge­lato?

Alma        (stropicciandosi le dita)    La circolazione comincia a riprendere...

Winemiller    Siediti comoda e tira un bel sospirone, Alma.

Alma         Sì, il mio fazzoletto adesso...

Signora    Winemiller    Dov'è l'omino del gelato?

Winemiller    Non c'è nessun omino, via, andiamo!               

Alma        No, l'omino del gelato non c'è, mamma. Ma nel tornare a casa il signor Doremus e io passeremo dal droghiere a coni; prarti due etti di gelato.

Winemiller    Ti trattieni, tu?                                               

Alma        Fino alla fine del concerto. Ho promesso a Ruggero di aspettarlo.

Winemiller    Ti sei accorta di chi c'è alla fontana?                 

Alma         Scc!                                                                            

Winemiller    Non potresti aspettare su un'altra panchina?

Alma         Ruggero sa di trovarmi a questa.

Winemiller Allora, mamma, noi ci avviamo. (La signora Winemiller ha fatto qualche passo incerto verso la fontana e il si­gnor Winemiller la trattiene con fermezza) Di qua, mamma, di qua! (La prende per il braccio e la conduce fuori).

Signora Winemiller (rientra con voce stridula e infantile) Fragola, Alma. Cioccolato. Cioccolato e fragola. Niente vaniglia!

Alma        (debolmente)    Sì, sì, mamma... vaniglia...

Signora Winemiller (su tutte le furie) Ti ho detto di no, la vaniglia! (Urlando) Fragola.

Winemiller (con veemenza) Mamma! Stiamo dando nell'oc­chio! (La trascina fuori a forza).

Giovanni ride alla fontana. Alma sposta il parasole in modo da non vederlo. Si abbandona all'indietro a occhi chiusi. Giovanni scorge un mortaretto vicino alla fontana; si china senza parere a raccoglierlo. Lo accende soddisfatto e lo lancia verso la pan­china di Alma. Allo scoppio lei salta su strillando e lasciando cadere il parasole.

Giovanni (balza in piedi come scandalizzato) Ohé! Qua! Vieni qua! (Guarda fuori a destra. Alma si lascia cadere senza forze sulla panchina. Giovanni si fa avanti premuroso) Che hanno fatto?

Alma         Uh, Dio... non riesco... a riprendere fiato! Chi è stato?

Giovanni Qualche mascalzoncello.

Alma        Dov'è?

Giovanni È filato, appena mi sono messo a gridare.

Alma         Dovrebbero promulgare una legge in questa città contro i fuochi artificiali.

Giovanni Papà e io avremo esaminato in due giorni una quin­dicina di casi di scottature. Lei avrà bisogno di un tonico, no? (Tira fuori una bottiglia) Qua!

Alma        Che è?

Giovanni Grappa.

Alma         No, grazie.

Giovanni Dinamite allo stato liquido.

Alma        Lo credo. (Giovanni ridendo rinfila la bottiglia in tasca. Continua a guardare dall'alto in basso, con un piede sulla pan­china. Il suo sguardo scanzonato e insistente la frastorna. Nella voce e nei modi di Alma è una delicata grazia, una leziosità che rientra nella sua natura come, sia pure in misura minore, in quella di molte ragazze meridionali. I suoi gesti e maniere sono un po' esagerati, ma in modo grazioso. Si capisce che i suoi gio­vani concittadini l'accusino di « far la smorfiosa » e la « gran dama ». Ella sembra appartenere a una età più elegante, quale il Settecento francese. Dalla sua timidezza e dal suo nervosismo deriva l'abitudine di preparare e concludere le sue osservazioni con un risolino soffocato. Il che verrà ricordato a tempo de­bito, ma va usato con molta più libertà di quanto indicato, senza però che la caratterizzazione sia calcata al punto di fare di lei un personaggio ridicolo e poco simpatico). Lei passerà l'estate qui? (Giovanni risponde con un grugnito affermativo). Non è certo la stagione più favorevole per riallacciare rapporti con Glorious Hill, non le pare? (Giovanni emette un grugnito di significato indefinibile. Alma ride leziosamente) Il vento del golfo ci ha proprio delusi quest'anno: quest'estate ci ha vera­mente traditi. Noi che contavamo su di lui per rinfrescarci le notti: macché, abbiamo avuto un'estate assolutamente incredi­bile.

Giovanni continua a fissarla con quel suo sorriso che la scon­certa. La sconfitta di lei si mostra nei gesti sempre più agitati.

Giovanni Qualcosa le dà noia?

Alma         Quel mortaretto mi ha causato un vero choc.

Giovanni Dovrebbe essersi rimessa a quest'ora, dallo choc.

Alma         Non mi rimetto mai troppo presto, dagli choc.

Giovanni Me ne accorgo.                                                     

Alma         Ha intenzione di stabilirsi qui e occuparsi almeno in parte della clientela di suo padre?                                             

Giovanni Non ho ancora deciso.

Alma         Io lo spero: lo speriamo tutti qui. Suo padre mi ha con­fidato che lei è riuscito a isolare il germe di quella febbre epi­demica che è scoppiata a Lyon.

Giovanni Trovare come ammazzarlo, lì sta il difficile.

Alma         Lei ci riuscirà! Suo padre ne è così certo! Mi ha detto che lei ha fatto uno studio speciale in batt... batter...

Giovanni Batteriologia!

Alma         Sì, all'istituto Hopkins! È a Boston, mi pare?

Giovanni No, a Baltimora.

Alma         Oh, Baltimora, Maryland? Baltimora, Maryland. Che squisito connubio di nomi. E la batteriologia non è una cosa che si fa col microscopio?

Giovanni Sì, in un certo senso...

Alma        Io ho guardato una volta da un telescopio, ma da un mi­croscopio mai. Che... che si vede?

Giovanni  Un universo, signorina Alma.

Alma         Un universo, come?

Giovanni Più o meno come quello che ha visto alla lente del te­lescopio, misterioso...                                                                                                                                    

Alma        Oh, già...                                                                                                                      

Giovanni Metà anarchia, metà ordine...  

Alma         Le impronte di Dio.

Giovanni Ma non Dio.                            

Alma        (estatica) Fare il medico! Penetrare i misteri che stanno nascosti dietro la lente del microscopio. È una missione più religiosa del sacerdote, secondo me, sa? Il mondo è talmente pie­no di sofferenze che il solo pensiero scoraggia e ci si sente, per lo meno molti di noi, cosi impotenti ad alleviarle... Ma il me­dico! Oh che cosa stupenda! Che gioia dovrà provare a sentirsi, con le sue magnifiche qualità e una preparazione accurata, agguerrito e attrezzato a portare soccorso a tutto questo mare pauroso di sofferenze, alla paura stessa! Ed è una professione in continuo sviluppo, una professione che non fa che allargare ogni giorno i propri orizzonti! Sono già tante le malattie, che la scienza combatte con efficacia oggi, ma l'inizio è cominciato appena! Sì, voglio dire che resta tanto da fare, come portare a guarigione le affezioni mentali... E con l'esempio di suo pa­dre davanti agli occhi! Oh, è magnifico!

Giovanni Non la sapevo cosi ferrata riguardo alla professione medica.

Alma         È che io sono una grandissima ammiratrice, oltre che una paziente, di suo padre. È una tale consolazione sapere che egli abiti lì, il portone vicino, a portata di mano, per così dire!

Giovanni Perché? Ha le convulsioni?...

Alma         Convulsioni? (Rovescia la testa indietro in uno zampillo di risa) Convulsioni, no; qualche attacco di cuore, dovuto ai nervi. Che mi sconvolge al punto da farmi correre da suo padre come una saetta!

Giovanni Alle due o tre di mattina.

Alma         Anche. A ore così piccole, perfino certe volte. Con me ha una pazienza di Giobbe.

Giovanni Ma che effetto le fa?

Alma         Mi tranquillizza, sempre. 

Giovanni Sul momento?                                  

Alma         Sì...

Giovanni E lei non desidera altro?

Alma         Che altro?

Giovanni Sono cose che non mi riguardano.   

Alma         Che stava per dire?                                         

Giovanni Lei è in cura da mio padre. M'era venuta un'idea...

Alma         Dica tutto, la prego! (Giovanni ride un pochino). No, lei ha il dovere di dir tutto adesso! Non può lasciarmi così, sospesa per aria. Che stava per dirmi?

Giovanni Niente. Che secondo me a lei la tranquillità di un mo­mento non basta.                                                      

Alma         Perché? Perché? Allora è più grave di...

Giovanni Lei inghiotte aria.                                              

Alma         Io, cosa?                                                 

Giovanni Lei inghiotte l'aria, signorina Alma.

Alma         Io inghiotto l'aria?

Giovanni Sì, lei inghiotte l'aria quando ride e parla. È un debole di certe signore un po' isteriche.

Alma        (incerta)    Ah! Ah!

Giovanni Lei inghiotte l'aria che le opprime il cuore e le produce le palpitazioni. La cosa non è grave in sé ma è un sintomo di un'altra cosa che è grave. Devo proprio dirgliela?

Alma         Sì!

Giovanni Senta: lei per me, ha un doppelganger. Lei ha un doppelganger, e il suo doppelganger è fortemente irritato.

Alma         O madre mia! Ho il doppelganger irritato! (Cerca di vol­gerla allo scherzo ma è vivamente preoccupata) Che spavento, Dio mio! E, più precisamente, cos'è?

Giovanni Non mi riguarda. Non sono il suo medico curante.

Alma         Ma sa che lei ha un animo veramente malvagio? Prima mi dice che ho una cosa così impressionante poi si rifiuta di spie­garmi cos'è. (Cerca di ridere ancora, ma senza maggior suc­cesso).

Giovanni Ho fatto male a dirlo! Lei non è in cura da me...

Alma         Come ha fatto ad arrivare a una simile diagnosi del mio caso? (Ride) Ma naturalmente lei vuol prendermi in giro. Eh, che vuol prendermi in giro?... Oh, si sveglia il vento del golfo! C'è poco da dire, sta smovendo le foglie di palma! Sente come si lamentano?

                  Come introdotta da questo corriere dei tropici, entra Rosa Gon-zales e va alla fontana. Il suo passo dinoccolato ha un suono e un'aria simili a quello del vento del golfo sui palmizi. Fruscio di sete e tintinnio leggero di ornamenti metallici. È bardata in modo quasi osceno, con vistosissime penne, verdi-azzurre, a ca­scata, sul cappello, e orecchini di smeraldo e diamanti.            

Giovanni (vivacemente)    E quella chi è?                                  

Alma         Come? Non la conosce?                                                             

Giovanni Sono stato fuori un pezzo.                            

Alma         È la Gonzales... Suo padre è il proprietario del Casino di Moon Lake. (Rosa beve alla fontana e si allontana con passo pigro). Sbaglio o le ha sorriso?              

Giovanni È probabile.                                                           

Alma         Mi auguro che lei abbia un carattere forte.

Lui mette un piede sull'orlo della panchina.

Giovanni Cemento armato.                                                    

Alma        (nervosa)    La manifestazione pirotecnica sarà di gran suggestione.

Giovanni La che?

Alma        I fuochi.                                  

Giovanni Ah!                              

Alma         Avrà perduto di vista tutte le sue vecchie amicizie, qui, lei.

Giovanni (laconico)    Già.

Alma         Ne stringa delle nuove! Io faccio parte di un piccolo gruppo che si riunisce ogni dieci giorni. Credo che a lei piace­rebbe. Tutti giovani, di tendenze artistiche, intellettuali...

Giovanni (con aria triste)    Oh, già, già, intellettuali...

Alma         Venga anche lei, qualche volta, glielo ricorderò io...

Giovanni Grazie. Le dà noia se mi metto a sedere?

Alma         Per carità, si figuri, c'è abbastanza posto per due. Né lei né io siamo di un diametro esorbitante! (Ride stridula. Si sente una voce di ragazza gridare: « Ciao Lella! » e un'altra risponde: « Ciao ». Entra in scena Lella Ewell. Ragazza di sedici anni, sprizzante salute e freschezza). Questa si che è una personcina carina! Una delle mie adorabili piccole allieve di canto: la più giovane e la più graziosa, e la meno dotata per la musica.

Giovanni La conosco, questa.

Alma         Lella, cara, vieni!

Lella        Oh, signorina Alma, ha cantato in un modo così meravi­glioso che ho pianto.

Alma         Sei una fintona, ma ti darei un bacio. Ho cantato da cane!

Lella         Tutta modestia, la signorina Alma. Buongiorno, dottore! Dottore?

Giovanni Eh?

Lella         Quante parole complicate in quel libro che m'ha dato!

Giovanni Cercale nel vocabolario, Lella.

Lella        Sì, ma lei sa come sono i vocabolari. Uno cerca una pa­rola lunga e ne trova un'altra, allora va a cercare quella e ri­trova la parola lunga che voleva sapere prima. (Giovanni ride). Domani passo da lei cosi me lo spiega. (Ride ed esce).

Alma         Di che libro si tratta?

Giovanni Di un libro che le ho prestato, sui fatti della natura. È venuta da me in studio a protestare perché la madre non vo­leva dirle niente, mentre lei aveva bisogno di sapere perché s'era innamorata.

Alma         Ah! Precoce la birbacciona! (Ride).

Giovanni Com'è sua madre?

Alma         La signora Ewell, la vedova allegra di Glorious Hill? Di­cono che vada alla stazione a ogni treno che arriva ad adescare commessi viaggiatori. Naturalmente qui la sfuggono come la peste, a eccezione di quelle rare signore della sua risma che ab­biamo in città; pensi che situazione per la povera Lella! Per una bambina della sua età è la cosa peggiore che possa succe­dere. Babbo non voleva che io le dessi lezioni, data la reputa­zione della madre, ma io sento che ci sono doveri da compiere verso i bimbi in quelle condizioni... La vita, io non mi stanco di dirlo, è una faccenda cosi complicata e misteriosa che nes­suno può arrogarsi il diritto di giudicare e condannare il com­portamento degli altri! (C'è un botto lontano e uno spruzzo di luce dorata sulle loro teste. La folla invisibile emette un lun­go Ahhh! Questo effetto sarà ripetuto a intervalli durante la scena). Il primo razzo è partito! Oh, guardi come si frantuma in un milione di stelle!

Giovanni si china indietro per guardare in alto e le ginocchia gli si allargano in modo che uno sfiora quello di Alma. Questo produce su di lei un curioso turbamento.

Giovanni (dopo un momento)    Ha i brividi?

Alma          Io, no, no. Perché?

Giovanni Sta tremando.                                                     

Alma        Io?                                                                           

Giovanni Non sente?                                                             

Alma          Ho ancora qualche linea di malaria addosso.                

Giovanni Lei ha la malaria?                                                

Alma         Blanda, una forma blanda. Piccole fitte, che vengono e vanno. (Ride con affettazione).                                            

Giovanni (con una smorfia gentile)    Perché ride così?

Alma         Così, come?                                                                

Giovanni imita il suo modo di ridere. Alma ride di nuovo impacciata.

Giovanni Così, ecco.

Alma         Sa che, parola mia, lei non è affatto cambiato? Si diver­tiva da bambino a farmi confondere, si diverte anche adesso!

Giovanni Forse non glielo dovrei dire, ma ho sentito una sua imitazione a una festa.

Alma          Imitazione? Di che?

Giovanni Di lei.

Alma          Di me? E che imitavano di me?

Giovanni Lei quando canta a un matrimonio.

Alma          La voce?

Giovanni I gesti, l'espressione della faccia.

Alma          Sono sbalordita.                                                         

Giovanni Ecco, ho fatto male a dirglielo, adesso lei soffre.

Alma          Non soffro affatto, casco dalle nuvole.

Giovanni Non sa che tutti la giudicano un po'... piena di sé, ec­centrica...

Alma          Non so assolutamente di che cosa stia parlando.

Giovanni Beh, certa gente sostiene che lei si dia delle arie. Va­glielo a levare un po' dalla testa.

Alma         Senti, senti, senti. (Cerca di non mostrare il proprio risen­timento) Può darsi che a certa gente possa sembrare che io mi dia delle arie. Ma siccome di questo peccato mi sento assolu­tamente innocente, non so proprio che farci.

Giovanni Quel modo curioso, che ha lei di parlare.

Alma          Che ho io?

Giovanni Manifestazione pirotecnica invece di fuochi, eccetera.

Alma         E con questo? Chi mi ha fatto l'imitazione alla festa di cui lei parlava?

Giovanni (con un sorrisetto)    Non ho il diritto di nominargliela.

Alma         Nominarla? Appartiene al sesso femminile, allora?

Giovanni Perché? Non potrebbe essere stato un uomo?

Alma          No, e neanche una signora, se lo vuol sapere.

Giovanni  Non credevo che lei la prendesse così altrimenti non avrei osato parlarne.

Alma         Non me la prendo affatto, rimango solo sbalordita e stu­pita come ogni volta che mi trovo davanti alla malvagità irra­gionevole. Non la capisco quando è rivolta contro di me, non la capisco quando è rivolta contro altri, non la capisco, ecco tutto, e forse che io non la capisca, è una fortuna per me. Tutti costoro che mi accusano di eccentricità e mi scimmiottano vol­garmente, vorrei sapere se hanno mai considerato un momento le difficoltà e i disagi che io ho dovuto sopportare e che magari sono la causa di tutte queste mie bizzarrie, che secondo loro so­no cosi imperdonabili!

Giovanni  Su, signorina Alma, lei adesso fa un elefante di un mo­scerino!

Alma         Hanno mai considerato un momento la differenza tra le loro condizioni e le mie? Mio padre e io abbiamo una tale croce da sopportare.                                       

Giovanni Che croce?      

Alma         La dovrebbe conoscere, lei che vive a un passo da noi, questa croce!

Giovanni La signora Winemiller?

Alma         Andavo a scuola alle elementari quando le sopraggiunse il collasso. E da allora in poi io ho dovuto badare al Rettorato, io ho dovuto accollarmi i doveri domestici e pubblici che spet­tano alla moglie, non alla figlia di un pastore. Il che mi avrà messo in una luce strana agli occhi dei miei contemporanei dallo spirito critico. E mi ha privato, anche, che è peggio, della mia giovinezza.

Un altro razzo sale al cielo. Altro « Ahhhh! » si leva dalla folla.

Giovanni Provi a uscire con qualche giovanotto.

Alma         Non vivo in carcere. Non sfarfalleggio, è vero, in gite e ricevimenti dando imitazioni. Ma non faccio certo la reclusa. Figlia di pastore, devo badare con maggiore attenzione delle altre ragazze, alla compagnia che frequento. Ma uscire, esco...

Giovanni  L'ho vista alla biblioteca comunale e al parco, ma con un giovanotto non più di un paio di volte; e il giovanotto era invariabilmente quel Ruggero Doremus.

Alma         Non legano molto, ho paura, gli ambienti in cui lei e io viviamo! Se volessi usare la stessa spregiudicatezza nel parlare che le è propria, e che spesso non è che una scusa per dire cose sgarbate, potrei osservarle che io, lei, non ho mai avuto il bene di vederla al braccio di una signora, diciamo così, rispettabile. Le sono arrivati all'orecchio, negli ambienti che lei frequenta giudizi sfavorevoli sul conto mio. Altrettanto sfavorevoli quel­li che sono arrivati al mio orecchio sul suo conto negli ambienti che io frequento. C'è un solo peccato in tutta questa faccen­da: che lei si prepari a esercitare la professione di medico. Che lei intenda seguire le orme di suo padre. Qui, a Glorious Hill. (Singhiozza trattenendo il respiro) Molti di noi non hanno altra scelta che trascinare la loro esistenza inutilmente! Ma lei che ha il dono della ricerca scientifica! Lei che ha la fortuna di po­ter servire all'umanità! Non solo di vivere perché è necessario tirare avanti ma di servire una causa generosa, umana, di alle­viare i mali del mondo! E lei che cosa fa? Lei fa di tutto per alienarsi la fiducia della gente per bene che ama e rispetta suo padre. E mentre lui butta il suo sangue per l'epidemia di Lyon, lei scarrozza su e giù in automobile da una bettola all'altra a velocità folle. Due cose lei dice di aver visto al microscopio, anarchia e ordine! Ma evidentemente l'ordine non è delle due, quello che le importa di più... visto che si comporta come uno scolaretto impertinente che si vuol far notare per il più discolo della città. Lei un giovane medico pieno d'ingegno, centodieci e lode! (Si volta in disparte toccandosi le ciglia col fazzoletto) Sa cos'è per me? È un sacrilegio. (Scoppia in irrefrenabili sin­ghiozzi. Poi si alza di scatto dalla panchina).

Giovanni le afferra la mano.

Giovanni  Che fa adesso, scappa?

Alma         Ogni volta che canto in pubblico, sempre, mi agito, sem­pre. Mi lasci la mano.

Giovanni  Non scappi così in collera.                

Alma         Non diamo scandalo.                   

Giovanni Allora si rimetta a sedere.

Un razzo sale al cielo, la folla « Ahhh! »

    

Alma         Lei m'ha tirato quel mortaretto per attaccare conversa­zione all'unico scopo di punzecchiarmi, come faceva da piccolo. È venuto a sedersi a questa panchina per confondermi e farmi del male, raccontandomi la storia di quella perfida imitazione! No, mi lasci la mano, perché voglio andarmene. Può essere con­tento: ha avuto successo: sono rimasta male, mi sono fatta prendere in giro, sono stata il suo zimbello come lei voleva! E adesso mi lasci!

Giovanni  Lei farà rivoltare tutto il parco! Non lo sa che lei mi piace molto, signorina Alma?

Alma         No, non è vero.

Un altro razzo.

Giovanni Gliel'assicuro. Moltissimo. Certe notti, tornando a ca­sa tardi, alzo gli occhi al Rettorato e vedo una cosa bianca alla finestra. È lei per caso, signorina Alma? C'è il suo doppelganger, affacciato alla finestra di fronte a me?

Alma         Basta con questo doppelganger, qualunque cosa sia.

Giovanni Attenta, attenta, questo che va su adesso, è bellissi­mo; si chiama candela romana. (Stavolta l'esplosione è alle loro spalle. Una candela romana spara buffi di arcobaleno dietro l'an­golo di marmo della fontana. Si voltano tutti e due di profilo a guardarli. Contando gli spruzzi di luce) Quattro, cinque, sei, finito? No, sette!

C'è una pausa. Alma si siede lentamente.

Alma         (vagamente)  Oh, ma, ma... (Si fa vento).

Giovanni Andiamo a spasso in automobile?

Alma        (con troppa precipitazione)  Quando... adesso?

Rosa Gonzales ha fatto un'altra capatina alla fontana. L'atten­zione di Giovanni si allontana da Alma e si dirige con una certa intensità su di lei.

Giovanni (con troppa noncuranza)  Uno di questi giorni.

Alma         Si terrà nei limiti di velocità prescritti dalla legge?

Giovanni Con lei, senza fallo, signorina Alma.

Alma         Allora, con molto piacere, Giovanni.

Giovanni (si è alzato dalla panchina e avviato alla fontana)    E si porti un cappello con le piume!

Alma          Non l'ho il cappello con le piume.

Giovanni Se lo trovi!

Ancora un razzo sale al cielo e un altro « Ahhhh! » sfugge al­la folla meravigliata. Giovanni balza sulla fontana. Vicino alla quale si è attardata Rosa, passandole vicino le sussurra qual­cosa. Ridendo lei esce a passo lento. Giovanni beve in fretta alla fontana, poi esce dietro Rosa. Gridando: « Buona notte » ad Alma. Da lontano un suono di risa. Alma resta seduta per qualche tempo immobile. Poi si porta alle labbra e al naso un fazzoletto bianco. Entra il signor Doremus con un astuccio da corno inglese. È un omino che assomiglia a un passero.

Ruggero Uh! Briscola! Nespole! Né, signorina Alma, com'è an­dato?

Alma         Com'è andato, che cosa?

Ruggero (seccato)    Il mio a solo di corno.                

Alma         (adagio senza pensare) Mi è sfuggito. (Si alza adagio e gli prende il braccio) Bisogna che mi appoggi al suo braccio, per­ché... mi gira la testa!

La scena cala al buio. C'è un ultimo razzo e un ultimo « Ahhhh! » della folla lontana. Si sente una musica e una luce rischiara l'an­gelo.

SCENA SECONDA

L'interno del Rettorato e l'ufficio del dottore.

L'interno di un Rettorato, in luce. La signora Winemiller entra avviandosi furtivamente al divano per sedervisi. Apre il para­sole e ne estrae un bizzarro cappello a piume bianche che vi teneva nascosto. Si alza, si volta verso lo specchio sul divano e comincia a provarsi il cappello. Ha un sospiro di profonda estatica beatitudine nel piantarselo in testa. In quel mentre squilla il telefono. Colta di sorpresa, la signora si cava in fretta il cappello e lo nasconde dietro la tavola di mezzo, rimetten­dosi prontamente a sedere. Il telefono continua a squillare. En­tra Alma per rispondere.

Alma         Pronto... Sì, signor Gillam... Chi, lei?... Ma davvero?... Che vergogna! (La signora Winemiller ha ritirato fuori il cap­pello sedendosi di fronte ad Alma se lo mette in testa trion­fante). Grazie, signor Gillam... è qui il cappello, è qui.

Entra il signor Winemiller, stravolto.

Winemiller    Alma! Alma, tua madre!...

Alma         (prevenendolo) Lo so già, babbo, era il signor Gillam al telefono. Dice che ha rubato un cappello di piume bianche e lui ha fatto finta di niente per riguardo a te, gli ho detto di man­darci il conto.

Winemiller    Ma quel cappello costerà un occhio della testa.

Alma         Quattordici dollari costa, babbo. Lei ne mette sei: gli altri otto li pagherò io. (Gli porge il parasole).

Winemiller Che croce, che croce insopportabile! (Disperato esce dalla stanza).

Alma         (s'avvicina alla madre e la fa accomodare al tavolo su una sedia) Prima della riunione del circolo di stasera ho un sacco e mezzo di cosette da sbrigare, perciò lei lavori tranquilla al suo puzzle a colori o altrimenti rispedisco indietro cappello, piume e tutto il resto.

Signora Winemiller (gettando a terra un cartone del puzzle) I pezzi non corrispondono! (Alma raccatta il pezzo e lo rimette sul tavolo). I pezzi non corrispondono!

Alma resta indecisa un momento. Stacca il telefono, poi lo riat­tacca. Poi lo stacca di nuovo e dà un numero. Il telefono suona dall'altra parte della scena, nello studio del dottore, che si illu­mina. Entra Giovanni.

Giovanni (rispondendo al telefono)    Pronto?

Alma         Giovanni. (Si sventaglia vivacemente con una foglia di pAlma che agita con la mano libera, mentre la faccia le si allarga in un sorriso radioso e di prammatica come se lui le stesse da­vanti).

Giovanni La signorina Alma?

Alma          Mi ha riconosciuta dalla voce?

Giovanni L'ho riconosciuta dalla risata.

Alma          Ah, ah! Come sta il nostro straniero?           

Giovanni Bene, signorina Alma. Come sta lei?           

Alma          Così, sopravvivo. Non è spaventoso?             

Giovanni Mmmmm, mmmm.

Alma         Lei ha un'aria insolitamente laconica. O per meglio dire, più che solitamente laconica.

Giovanni  Ho fatto una nottataccia, e comincio adesso a rimet­termi.

Alma         Senta signorino, sa che io ho un vecchio conto da regolare con lei?

Giovanni  (inghiotte un bicchiere di bicarbonato) Quale, signo­rina Alma?

Alma         In occasione della nostra ultima conversazione del quat­tro luglio, lei ventilò l'idea di venirmi a prendere in automobile.

Giovanni Io?

Alma         Lei sì, proprio lei, caro signore! E io tutti questi afosi po­meriggi qui a soffocare in attesa e nella speranza che la Signoria Vostra Illustrissima si degnasse di mantenere la promessa! Ma ormai so che bel galantuomo è lei! ah, ah! Le mura del Retto­rato tremano continuamente al passaggio del bolide a quattro ruote, senza che io sia mai riuscita a mettervi il mio tremebondo piedino!

La signora Winemiller comincia a prendere in giro il modo di parlare e di ridere di Alma.

Giovanni Che ha detto, signorina Alma? Non ho capito.

Alma         Le stavo facendo una ramanzina! Una lavata di capo ver­bale! Ah, ah!

Signora Winemiller (rifacendole il riso)    Ah, ah!

Giovanni A proposito di che, signorina Alma? (Si appoggia in­dietro mettendo i piedi sul tavolo).

Alma         Non fa niente! So che lei è occupatissimo! (Sussurrando) Mamma, sccc!

Giovanni Ci dev'essere un guasto nella comunicazione.

Alma         Che odio il telefono! Non so perché al telefono mi prende sempre da ridere come se mi facessero il solletico sotto le ascel­le! Le giuro!

Giovanni Senta, perché non si affaccia alla finestra: io mi affac­cio alla mia e ci sgoliamo un po'.

Alma         Il cortile è cosi grande: ho paura di sgolarmi davvero! Domani devo cantare a un matrimonio!

Giovanni Deve cantare a un matrimonio?

Alma         Sì: La voce che bisbigliò sull'Eden. E sono roca come una talpa.

Un altro uragano di risa la scuote dalle fondamenta. 

Giovanni Venga qua che le faccio dei gargarismi.           

Alma          Perfidi, i gargarismi; non li posso soffrire!

Signora Winemiller (rifacendo il verso) Perfidi, i gargarismi! Non li posso soffrire!

Alma         Mamma, zitta, per favore! Lei si sarà senza dubbio ac­corto che da questa parte c'è un contatto! Volevo dirle una cosa: si ricorda ancora di quel circolo che le accennai e di cui faccio parte?

Giovanni Oh! oh, sì, l'accademia intellettuale!

Alma         Non la chiami così, per favore. È una riunione alla buona, che facciamo tutti i mercoledì, tanto per scambiarci le impres­sioni sugli ultimi libri, e leggere qualche cosa tra di noi!

Giovanni E servire rinfreschi?

Alma          Altro che, si servono anche i rinfreschi.                                       

Giovanni Rinfreschi liquidi?                                          

Alma          Liquidi, solidi.

Giovanni Devo considerarlo un invito?

Alma         Non gliel'avevo promesso? È stasera alle otto, a casa mia al Rettorato, quindi lei non ha che il cortile da attraver­sare!

Giovanni Mi ci proverò, signorina Alma.

Alma         Non dica mi ci proverò come se dovesse attraversare il Sahara! Lei non ha che...

Giovanni Il cortile da attraversare! Mmm, mm. Mi riservi un posto vicino alla brocca del ponce.

Alma         M'ha dato un'idea! Sì, faremo proprio un bel ponce fred­do, un ponce di frutta al Bordeaux. Le va il Bordeaux?

Giovanni Ho una passione folle per il Bordeaux.

Alma          Ah, lei fa il sarcastico adesso! Ah, ah, ah!

Giovanni Scusi, signorina Alma, papa ha bisogno di telefo­nare.

Alma         Non metto giù se lei prima non mi garantisce la sua par­tecipazione!

Giovanni Ci sarò, signorina Alma. Non dubiti.

Alma          Au revoir, allora! Alle otto.

Giovanni Arrivederci, signorina. (Giovanni riaggancia il ricevi­tore con una smorfia, incredulo).

Alma resta col telefono in mano e un sorriso imbambolato sul volto finché la luce non ha abbandonato l'interno dello studio.

Signora Winemiller Alma è innamorata! Alma è innamorata! (Canticchia a tempo di valzer).

Alma        (risentita) Mamma, lei sta mettendo a dura prova la mia pazienza! Ora aspetto un'altra allieva di canto poi ho da prepa­rare il ricevimento del circolo, quindi le consiglio di... (Letta suona il campanello). Vuol salire in camera sua. (Indi con voce zuccherosa) Vengo, Lella, ecco, subito, Lella. Va bene, allora resti qui, ma guai a lei se alza la testa dal tavolo; per cena, niente gelato! (Fa entrare Lella, che è fuori di sé dall'eccita­zione).

La scena va recitata in modo filato e leggero.        

Lella        Oh, signorina Alma! (La sfiora come una pazza e va a buttarsi sul divano abbracciandosi stretta in una specie di fu­rore gioioso).

Alma        Che c'è Lella? È successo qualche cosa a casa? (Lella non recede dalla sua esaltazione). Andiamo, smettila, Lella! Non ci sono cose così importanti.

Lella        (decidendosi a svuotare il sacco) Signorina Alma, lei ha mai preso una cotta?

Alma         Cosa?         

Lella        Una cotta?

Alma         Sì, può darsi di sì. (Si mette a sedere).

Lella        Lo sapeva che una volta avevo preso una cotta per lei?

Alma         No, Lella.                                                              

Lella        Che credeva che venissi a fare a lezione di canto?

Alma         A educare la voce.                                                     

Lella        (precipitosa) Oh, lo sa meglio di me che io voce non ne ho mai avuta. Avevo preso una cotta per lei. Era il periodo che prendevo cotte di tipo femminile. Adesso m'è passato: prendo cotte di tipo maschile adesso. Oh, signorina Alma, lei sa di mia madre, e di come sono venuta su io: con tutte le persone per bene; tranne lei, che ci chiudevano la porta in faccia. Mamma alla stazione ad aspettare i commessi viaggiatori per portarli a casa a ubriacarsi e a giocare a poker, maiali uno peggio dell'al­tro, maiali, maiali, maiali!

Signora Winemiller (rifacendo il verso) Maiali, maiali, ma­iali!

Lella        Ecco, e pensavo che mai in vita mia avrei potuto soffrire un uomo. Che mi avrebbe fatto schifo per tutta la vita. E ieri sera... Oh!

Alma        Non sarebbe meglio che facessimo un po' di solfeggio fin­ché non ti senti più calma?

Lella        Da qualche ora li sentivo di sotto ma senza sapere chi fossero m'ero addormentata. Quando improvvisamente la porta di camera mia si spalanca. L'aveva scambiata per il bagno!

Alma         (con un certo nervosismo) Lella, non sono molto curiosa di conoscere tutta la storia.

Lella        (interrompendola)    Indovini chi era!

Alma         Non vedo come potrei indovinare.

Lella        Una persona che lei conosce. Con cui l'ho vista in giro.

Alma         Chi?

Lella        La persona più affascinante che esista! Quando m'ha ri­conosciuta è entrato e s'è seduto sul letto e m'ha preso la mano e ci siamo messi a chiacchierare, chiacchierare tanto che la mam­ma è venuta a vedere che cosa gli fosse successo. Doveva sen­tirlo quante glien'ha dette, appena l'ha vista. Di tutti i colori. Che doveva mandarmi in collegio, perché era indegna di alle­vare una figlia. Allora ha cominciato lei. Guarda chi parla, dice, e lei è forse degno di fare il medico?                        

Alma si alza di colpo.

Alma         Giovanni Buchanan?

Lella        Sì, naturale, il dottor Gianni.

Alma         Stava... con tua madre?

Lella        No, non era il suo amico. S'era portato una ragazza di fuori, mamma aveva un altro.

Alma         Chi... s'era portato?

Lella        Oh, una tipa impennacchiata che finiva per esse.

Alma         Gonzales? Rosa Gonzales?

Lella        Sì, appunto! (Alma si abbandona adagio a sedere). Ma lui! Oh, signorina Alma! Lui è la persona più affascinante ch'io...

Alma        (interrompendola) Tua madre aveva ragione! Non è de­gno di fare il medico! Mi è doloroso disingannarti, ma quest'uo­mo affascinante è di una debolezza che fa compassione!

Qualcuno chiama « Gianni » di fuori.

Lella        (sottovoce, eccitata)    Lo stanno chiamando!

Alma         Sì, questi signori che ne urlano il nome davanti alla casa sono di una tale reputazione che il vecchio dottore è costretto a vietar loro l'ingresso. E quando, di notte, lo riportano a casa, e lo scaraventano sui gradini, disteso, all'alba perfino, suo pa­dre e il vecchio cuoco, devono mettersi in due, uno tira da una parte uno spinge dall'altra, per portarlo dentro. (Si mette a se­dere) Ha avuto dal cielo tutte le benedizioni possibili... (Si ri­sente il richiamo « Gianni »). Ma il suo solo pensiero è la soddi­sfazione dei sensi!

Un altro grido: « Gianni ».

Lella        Ora scende le scale! (Alma va alla finestra). Guardi come salta!                                              

Alma         Oh.                                                       

Lella        Dalla balaustra. Ah! ah!

Alma         Non ti sporgere dalla finestra, Lella; diranno che li stai spiando.

Signora Winemiller (all'improvviso) Falle vedere come lo spii tu, a Lella! Ah, è maestra lei, di spionaggio! Si pianta dietro la tenda e la scosta e...    

Alma         (fuori di sé)    Mamma!                                                   

Signora Winemiller E lo spia. Quando rientra di notte lei scende le scale e lo contempla da questa finestra!

Alma         (interrompendola)    Zitta!

Signora Winemiller (imperterrita) L'ha appena chiamato al telefono e le è venuta una crisi! (La vecchia signora ridacchia con aria di scherno. Alma le strappa la sigaretta di bocca e la schiaccia sotto i piedi). Alma è innamorata! Alma è innamo­rata!

Alma         (interrompendola) Lella, vattene, Lella, per favore, vattene.

Lella        (ridacchia sbalordita) Va bene, signorina Alma, vado. (Va in fretta alla porta e si rivolta a guardare con faccia ilare) Buonanotte, signora Winemiller. (Esce allegramente lasciando la porta semiaperta).

Alma corre a chiuderla sbattendola. Si rivolta come una furia sulla signora Winemiller coi pugni stretti.

Alma         Se la sento dire un'altra volta una cosa simile, se lei osa ripetere una cosa simile di fronte a me o a qualsiasi altro, è l'ultima goccia del vaso, ha capito? Sì, lei mi ha capito benissimo! Lei fa l'innocente, ma ha il diavolo in corpo. E Dio la casti-gherà, sì, finirà col castigare anche lei! Le sigarette gliele sequestro, e d'ora in avanti non ne avrà più. Idem per il gelato; stop, finito! Perché della sua malignità ne ho fin sopra i ca­pelli! Sì, sono stufa della sua malignità e delle sue intempe­ranze. La gente si meraviglia che io stia ancora qui, in prigione! Ha compassione di me, mi considera già una vecchia zitella! Benché io sia ancora giovane! Ancora giovane! Lei, lei me l'ha rubata, la mia giovinezza! Vede che cosa mi fa dire, cose che cercherei di non pensare nemmeno, se lei fosse soltanto un po' gentile, un po' umana! Ma io le potrei stendere la mia vita sotto i piedi come un tappeto e lei la calpesterebbe senza neanche dir­mi « Grazie, Alma »! Del resto è quello che ha sempre fatto e adesso ha il coraggio di calunniarmi in modo così spudorato, alla presenza di quella ragazza!

Signora Winemiller Perché non ti sento mai, di notte, scen­dere alla finestra e guardarlo entrare e...

Alma         Mamma, mi dia quel cappello. Se ne torna in vetrina, que­sto, adesso, in vetrina!

Signora Winemiller  La lotta! La lotta!

Alma         (afferra il cappello che si spacca in due e rimane attonita a guardare le piume. Accorata)    Mio Dio! abbi pietà di noi!

SCENA TERZA                                                                              

L'interno del Rettorato.

Alma        (in piedi davanti al divano leggendo)  Nella nostra ultima riunione caduta il quattordici luglio...

Signora Bassett (stagionata ragazza dall'aria famelica, il collo lungo e gli occhiali a lenti)    Bastiglia!

Alma         Scusi?

Bassett    Caduta il giorno che cadde la Bastiglia! Ma, cocca, quella era la penultima riunione.

Alma         Giusto, ha ragione. Ho sbagliato pagina. (Le cadono le carte di mano).

Bassett    Mani di pastafrolla!

Alma         Eccola! Venticinque luglio! Esatto?

Bassett    Esatto!

Alma         (continuando) Venne discussa l'opportunità o meno di ag­giornare i lavori ai primi di autunno, in considerazione del fatto che la partenza di un buon numero di membri di professione insegnanti per le vacanze estive...

Bassett    Beati!

Alma         Aveva sensibilmente ridotto il nostro piccolo circolo.

Bassett    Decimato le nostre schiere!                                   

Giovanni appare nell'inquadratura della porta. Suona il cam­panello.

Alma         (in orgasmo)    È... è... è il campanello?       

Bassett    Dal suono, mi pareva.

Alma         Scusatemi un momento, credo che sia... (Corre alla porta e fa il gesto di aprirla. Con voce stridula) Sì è proprio lui; il nostro socio onorario! Signori, il dottor Giovanni Buchanan junior.

Giovanni (dà un tranquillo sguardo attorno)    Buongiorno a tutti.

Bassett    Non credo ai miei occhi. Complimenti signorina Alma.

Giovanni Ho perduto molto?

Alma         Per carità! Nient'altro che il verbale. Le darò un posti­cino sul divano. Vicino a me. (Ride senza fiato facendo un ge­sto vago. Lui si siede dignitosamente sul divano divorato dagli occhi dell'assemblea). Oh, dunque! Adesso l'assemblea è al com­pleto!

Bassett    (impaziente) Vernon stasera ha qui il suo dramma in versi!

Alma         (non molto tranquilla)    Ma davvero Vernon!

La domanda è superflua. Vernon ha sulle ginocchia una pila di carta alta venti centimetri. E la solleva timidamente con gli occhi a terra.

Ruggero (in fretta)    Eravamo già d'accordo di rimandarlo a que­st'inverno. Stasera era in programma una conversazione della signorina Rosamaria su Guglielmo Blake.

Bassett    Quello è un poeta morto. Può anche aspettare.

Giovanni ride.

Alma        (saltando in piedi vivacemente) Signora Bassett, signori. La mia opinione sul dramma in versi è questa. È una cosa trop­po importante per non leggerla nelle condizioni più perfette possibili. E per condizioni non intendo solo quelle atmosferiche: una serata fresca con accompagnamento musicale adatto, ma la presenza di tutti i soci in modo che nessuno resti privato dell'audizione. Perché non...

Ruggero  Perché non mettiamo la faccenda ai voti?

Alma          Ecco! Perfetto! Ottima idea!

Ruggero  Chi opta per il rinvio del dramma in versi a quest'in­verno, si alzi in piedi!

Si alzano tutti salvo Rosamaria e la Signora Bassett; Rosamaria fa un tentativo d'alzarsi frustrato da uno strattone della Signora Bassett.

                                                                              

Rosamaria   Era una votazione questa?

Ruggero  Signora Bassett, niente manovre, prego.

Alma         Tutti hanno il ventaglio? Giovanni, lei non l'ha! (Si guarda intorno per cercargli un ventaglio, senza alcun risultato. Allora strappa il ventaglio dalle mani di Ruggero e lo dà a Giovanni).

Ruggero è inorridito. Rosamaria si alza con le sue carte.    

Rosamaria    Il poeta Guglielmo Blake...                           

Bassett    Era uno squilibrato, un pazzo, era matto da legare! (Stringe le palpebre e si tappa le orecchie coi pollici).

Le reazioni piovono. Da quelle più indignate a quelle più con­cilianti.

Ruggero  Andiamo, Signora Bassett!

Bassett    È un paese libero. Ho diritto a dire la mia. Mi sono fatta una cultura su di lui. Rosamaria, avanti. Non intendevo criticare la tua conversazione.

Ma Rosamaria si mette a sedere, offesa.

                                

Alma         La Signora Bassett scherza, Rosamaria.                          

Rosamaria   No, se lei è così contraria io non leggo.

Bassett   Ma neanche per sogno, non fare la sciocca! Solo che io non vedo perché dovremmo propagandare gli scritti di indi­vidui come costui che è andato all'altro mondo da un secolo per colpa del suo alcolismo.

Varie voci    Chi, lui? Mai sentito dire. Davvero?

Alma         La Signora Bassett è in errore. La Signora Bassett con­fonde Blake con qualche altro.

Bassett    (categorica) Per carità! Mi son fatta una cultura su di lui, e so benissimo quello che dico. Lui fece un viaggio con quel francese che gli sparò e poi finirono in galera tutti e due. Bru­xelles, Bruxelles!

Ruggero   (allegro)    Cavoli di Bruxelles!

Bassett   Lì, successe, lì, nei fumi dell'alcool gli tirò una fuci­lata e in seguito uno dei due morì nei bassifondi, ti dico. Va bene. Basta. Io per me ho finito. Leggi, Rosamaria. Non c'è gioia più grande del contatto con la cultura.

Alma         (si alza) Prima che Rosamaria legga la sua conversazione su Blake, non riterrei inopportuno, dal momento che non tutti i presenti sono al corrente delle sue opere, premettere ai com­menti biografici e critici la lettura di una delle più ispirate poe­sie liriche.

Rosamaria Ah, non io! Io non ho nessuna voglia di leggere niente!

Alma         Allora, permettetemi. (Prende un foglio da Rosamaria) ... Si chiama Il Segreto d'amore. (Si schiarisce la gola in attesa che si stabilisca il silenzio. Rosamaria fissa il tappeto con uno sguardo atono. La Signora Bassett ha gli occhi al soffitto. Gio­vanni tossisce).

Non cercar mai di dire il tuo amore

Amore che non può dirsi mai;

perché il vento mite si muove       

in silenzio, invisibile.

Dissi il mio amore, dissi il mio amore

le dissi tutto il mio cuore.                                            

Tremante, fredda, in lugubre terrore                              

ah! Ch'ella si parte.                                  

Com'ella m'ebbe lasciato

un viandante passò                  

e con un soffio la prese

in silenzio, invisibile.

A lettura finita, effusioni di vario genere e applausi scroscianti.

Bassett   Ha ragione, lei, cocca. Quello che dicevo io era un al­tro. Io intendevo quello che scrisse i « rosei labbri mercenari ». Chi è che ha scritto i «rosei labbri mercenari »?

Giovanni s'è alzato bruscamente. Fa un segno ad Alma indican­do l'orologio. Fa per andarsene.                        

Alma         (balza in piedi)    Giovanni!         

Giovanni (andandosene)    Ho una visita urgente.

Alma         Oh, Giovanni! (Lo chiama con tale violenza che il circolo ammutolisce dallo stupore).

Rosamaria (interpretando il silenzio come un segnale per leggere l'incartamento)  Il poeta Guglielmo Blake, nacque il 1757...

Alma si precipita alla porta e esce alla rincorsa di Giovanni.

Ruggero  Da poveri ma onesti genitori.

Bassett   Senza che il signorino faccia tanto lo spiritoso. Con­tinua Rosamaria. (Forte) Ha una così bella voce!

Alma         (rientra annichilita) Scusa se ti interrompo, Rosamaria. Il Dottor Buchanan aveva una visita urgente.

Bassett    (maliziosa) E la conosco, anche. Ah, ah! La piccola Gonzales, la figlia del proprietario del Casino di Moon Lake, quello che non esce con meno di due pistole alla cintola. Stia attento, il signor Giovanni, a non lasciarci la pelle!

Alma         Che le salta in mente, Signora Bassett? Se Giovanni la piccola Gonzales non la conosce nemmeno!

Bassett    La conosce, la conosce. Nel significato biblico della pa­rola, mi scusi.

Alma         No, non la scuso! Una cosa come questa non trova scuse!

Bassett    Non si sarà innamorata di lui, signorina Alma? La si­gnorina Alma s'è innamorata del dottorino! Ma se mi dicono che ha un'infinità di nuove « ammalate »!

Alma         Basta! (Vesta i piedi a terra infuriata e stringe fino a rom­perlo il ventaglio di pAlma che ha in mano) Io non ammetto maldicenze qui dentro! Avete fatto di tutto per farlo scappare dal circolo dopo che io gli avevo riempito la testa di come era­vate intelligenti, di come eravate simpatici, tutti quanti. E in­vece voi vi siete comportati da perfetti cafoni: spettegolando e ridendo come idioti, come veri idioti! Che dico? Io... Io... chiedo scusa. (Si dilegua dalla porta interna).

Ruggero  Proporrei l'aggiornamento della seduta.

Bassett    Mi associo alla proposta.

Rosamaria    Io non ho capito. Che è successo?

Bassett    Povera signorina Alma!                        

Ruggero Da qualche tempo in qua non è più quella di una volta...

Escono tutti. Un momento dopo entra Alma con un vassoio di rinfreschi, si guarda attorno nel salotto deserto e scoppia in una risata isterica. La luce si spegne.        

SCENA QUARTA                                                               

                                                             

L'ufficio del dottore.

Giovanni (si sta bendando una ferita al braccio con l'aiuto di Rosa)    Prendi di là. Avvolgi. Tira stretto. (Qualcuno bussa alla porta. I due alzano gli occhi in silenzio. Bussano di nuovo). Meglio che veda chi è prima che sveglino il vecchio. (Esce, rientra qualche momento dopo seguito da Alma, tirandosi giù la manica per nascondere la benda. Alma si ferma interdetta alla vista di Rosa). Aspetta fuori, Rosa. In anticamera. E non fare rumore. (Rosa esce dal cerchio di luce rivolgendo ad Alma un'occhiata di sfida. Giovanni spiega la presenza di Rosa) Un piccolo caso di pronto soccorso.

Alma          Già, la visita urgente. (Giovanni abbozza un sorriso). Vorrei vedere suo padre.

Giovanni Dorme. Posso esserle utile?                               

Alma         Non credo. Devo vedere suo padre.                           

Giovanni Sono le due dopo mezzanotte, signorina Alma.

Alma         Lo so. Devo vederlo lo stesso.                  

Giovanni Di che si tratta?                                             

Si sente la voce del padre di Giovanni chiamare da sopra.

Dottor Buchanan    Giovanni! Che succede di sotto?

Giovanni (sulla porta) Niente di grave papà. Uno che s'è ta­gliato in una rissa.

Dottor Buchanan    Scendo.

Giovanni No! Non c'è bisogno! Stia a letto! (Si rimbocca la ma­nica per far vedere ad Alma la ferita bendata. Lei trasale e si tocca le labbra). L'ho incerottato, io, papà. Dorma! (Giovanni esegue il gesto di chiudere piano la porta che dà in anticamera).

Alma         Ha avuto una lite con quella... donna!

Giovanni annuisce e tira giù la manica. Alma piomba a sedere su una sedia.

Giovanni Il suo doppelganger ha ricominciato a fare i capricci?

Alma         Voglio parlare con suo padre.

Giovanni Su, sia buona, signorina Alma. Non è moribonda.

Alma         Lei crede che io verrei qui alle due di mattina se non mi sentissi molto male?

Giovanni Non si sa quello che è capace di fare lei quando è isterica. (Versa qualche cartina in un bicchiere d'acqua) Butti giù, signorina Alma.

Alma         Che cos'è?

Giovanni Un paio di compresse bianche sciolte nell'acqua.

Alma        Che compresse?

Giovanni Non si fida di me?

Alma         Lei non è in condizioni tali da ispirare fiducia. (Giovanni ride piano. Essa lo fissa disperata per un momento, poi scoppia in pianto. Egli avvicina una poltrona alla sua e le mette un braccio affettuosamente attorno alla spalla). Sono in pezzi.

Giovanni La fatica del raduno intellettuale.

Alma         Da cui lei è scappato come un ladro.

Giovanni  Non sono fatto per i raduni. Io riesco solo nei raduni a due.

Alma        Come fra lei e la signora di là.

Giovanni O fra me e la signora di qua.

Alma        (nervosa)    Dov'è il...                                                

Giovanni Ah, si è decisa a prenderlo?                              

Alma         Sì, se lei... (Sorseggia e sta per soffocare).                  

Lui le dà il fazzoletto, col quale lei si tocca le labbra.

             

Giovanni Amaro?                                                                                

Alma         Fiele.

Giovanni Le metterà sonno.         

Alma         Lo spero tanto. Non riuscivo a chiuder occhio.

Giovanni Sensazione di panico?                                           

Alma        Come in fondo a un pozzo.                                          

Giovanni Poi ha cominciato a sentire il cuore?      

Alma         Sì, come un tamburo.                            

Giovanni E le ha messo paura?                   

Alma         Sempre lo fa.                               

Giovanni Già, lo so.                          

Alma         Chi sa come farò a finire l'estate.

Giovanni La finirà benissimo, signorina Alma.                               

Alma         Come?

Giovanni Passerà un giorno poi un altro, passerà una notte poi un'altra e prima o dopo passerà l'estate e verrà l'autunno e lei dirà ancora chi sa come farò a finire l'autunno.

Alma        Oh...                                                                            

Giovanni Ecco, così. Respiri profondo.                  

Alma        Ah...                                                                                                                  

Giovanni Brava. Su! Un altro!                   

Alma        Ah...                                 

Giovanni Va meglio? Va meglio?              

Alma         Un po'.

Giovanni Fra poco si sentirà molto meglio. (Cava un grosso oro­logio d'argento e le tasta il polso) Lei sapeva che il tempo è un lato del continuo quadrimensionale in cui ci troviamo? 

Alma         Cosa?

Giovanni Sapeva che lo spazio è curvo e che gira su se stesso come una bolla di sapone alla deriva in qualcosa che è infinita­mente meno dello spazio? (Ride piano rimettendo a posto l'oro­logio).

Rosa          (sottovoce da fuori)    Gianni!

Giovanni (levando gli occhi al cielo come se il richiamo venisse di sopra) Sapeva lei che le nuvole Magellaniche sono lon­tane dalla terra centomila anni luce? No? (Alma scuote leggermente la testa). Ecco un soggetto di meditazione per quando la mette in ansia il suo cuore, quel pugno rosso condannato a battere, battere contro la gran porta nera.

Rosa         (più forte)    Gianni!  (Socchiude la porta).

Giovanni Calla de la boca! (La porta si chiude ed egli si rivolge ad Alma) Il suo cuore non ha che un piccolo disturbo funzio­nale, glielo ho già detto. Vuole che verifichiamo?

Alma annuisce in silenzio. Giovanni prende lo stetoscopio.

Alma         E la signora di là? Non vorrei farla aspettare.                 

Giovanni Rosa è abituata ad aspettare. Sbottoni la camicetta,

Alma         Sbottono...?

Giovanni La camicetta.

Alma         Se tornassi domani mattina, quando suo padre sarà in grado di...

Giovanni Come preferisce, signorina Alma. (Lei esita poi co­mincia a sbottonare la camicetta. Le dita le tremano). Le dita non funzionano?

Alma         (senza fiato)    È come le avessi di ghiaccio.

Giovanni (sorridendo) Lasci a me. (Si china su di lei) Bottoncini di madreperla...

Alma         Se suo padre scopre in casa quella donna...                

Giovanni Non la scopre.                                                      

Alma         Ne farà una malattia.

Giovanni Gliel'andrà a dire lei?

Alma         Per carità!

Giovanni (ride e le appoggia lo stetoscopio sul petto) Respiri... su... giù... respiri...

Alma          Ah...

Giovanni Mmm... Mmm...

Alma          Che ha sentito?

Giovanni Una vocina che diceva « La signorina Alma si sente sola ».

Lei si alza e gli volta le spalle.

Alma         Se lei cerca di aiutare i suoi ammalati prendendoli in giro e insultandoli...

Giovanni Io cerco di aiutarla dicendole la verità. (Alma alza gli occhi verso di lui. Lui le solleva la mano dal bracciolo della pol­trona) Che pietra è questa?

Alma         Un topazio.

Giovanni Bello... sempre di ghiaccio... le dita ?

Alma         Così, così...

Lui alza la mano di lei alla bocca e comincia a soffiare sulle dita.

Giovanni Sono un medico da strapazzo, sono troppo egoista. Ma vediamo un po' di pensare a lei.

Alma         Non vedo perché lei dovrebbe preoccuparsi di me. (Si siede).

Giovanni Sa che lei mi piace e che ho molta considerazione per lei.

Alma         Perché?

Giovanni Perché il suo cuore è così sensibile: è una cosa rara. E la rende cosi fragile a ogni urto. Le ho fatto del male sta­sera?

Alma         M'ha fatto del male quando è saltato su dal divano e s'è precipitato fuori talmente... talmente di corsa, da dimenticarsi perfino la giacca.

Giovanni Passerò a prenderla.

Alma         L'ultima volta che ci siamo parlati mi disse che sarebbe passato a prendermi in automobile, poi se n'è scordato.

Giovanni Non me ne sono scordato. Tante volte ho guardato le sue finestre, chiedendomi se non valesse la pena di tentare lei e io...

Alma         E ha concluso di no?

Giovanni  Sono venuto stasera, ma non eravamo lei ed io... Ri­scaldate adesso le dita?

Alma         Come sono veloci questi cachet. Casco già dal sonno. (Si abbandona all'indietro con gli occhi che le si chiudono) Sa come incomincio a sentirmi? Come un fiore di loto. Un fiore di loto su una laguna cinese.

Una campana di ferro batte le ore.                    

Rosa           Gianni?                                                                        

Alma         (comincia ad alzarsi)    Devo andare?

Giovanni Verrò a prenderla sabato sera alle otto.

Alma         Cosa?

Giovanni Le lascio questa scatola di cachet, ma stia attenta a non esagerare. Uno o due per volta, non più.

Alma         Che ha detto un momento fa?

Giovanni Ho detto che verrò a prenderla al Rettorato sabato sera.

Alma        Oh...                      

Giovanni  D'accordo.

Alma annuisce senza parlare. È rimasta con la scatoletta sulla palma aperta come se non sapesse di averla. Giovanni le chiude delicatamente le dita.

Alma         Oh... (Ride debolmente).     

Rosa          (di fuori chiama)    Gianni!        

Giovanni Riuscirà a trovare la strada di casa, signorina Alma?

Rosa rientra nello studio con aria provocante. Alma trasale ed esce di lato. Giovanni alza il braccio a spegnere la luce. Si avvi­cina a Rosa e la stringe con violenza fra le braccia. La luce in­dugia sulla carta. Mentre l'interno si oscura.

SCENA QUINTA

L'interno del Rettorato.           

Nel Rettorato prima che si accenda la luce si sente una voce di soprano cantare Dalla terra dove il mare è blu come il cielo. All'alzarsi del sipario Alma si leva dal pianoforte. Nella stanza illuminata sono anche il reverendo e la signora Winemiller.

Alma         Che ora è babbo? (Questi continua a scrivere. Essa a voce più alta) Che ora è, babbo?

Winemiller    Le otto meno cinque. Sto lavorando al sermone.

Alma         E non hai lo studio per lavorare?

Winemiller    Lo studio è afoso. Non distrarmi.

Alma         C'è speranza che mamma se ne vada di sopra se viene una visita?

Winemiller    Aspetti qualcuno?

Alma         Non aspetto nessuno, potrebbe darsi.                    

Winemiller    Chi aspetti, Alma.                                    

Alma         Nessuno, ti dico, è una pura ipotesi.                           

Winemiller    Doremus? Ma stasera non è la sera che sta con la madre?

Alma         Precisamente. Stasera è la sera che sta con la madre.

Winemiller    Qui chi viene, allora, Alma?

Alma         Nessuno. È probabile che non venga proprio nessuno.

Winemiller    Sei sibillina.

Signora Winemiller    Quel bellimbusto vicino di casa la viene a trovare, ecco chi la viene a trovare.

Alma         Mamma, se lei sale in camera sua chiamo il droghiere e le faccio portare due etti di gelato di pesca, fresco fresco.

Signora Winemiller    Io salgo in camera mia quando mi pare; quando mi pare e quando mi piace: toh, piglia e porta a casa, signorina Winemiller! (Si accende una sigaretta).

Il reverendo Winemiller si volta dall'altra parte con un pro­fondo sospiro.

Alma        Meglio che vi dica chi potrebbe venire, cosi, se verrà evi­teremo scene spiacevoli. Forse verrà a trovarmi il figlio del dottor Buchanan.                                                                    

Signora Winemiller     Visto?                             

Winemiller    Tu non dici sul serio.

Signora Winemiller    Che ti ho detto io?

Alma         Più serio di cosi.

Winemiller    Qui, quel giovanotto?

Alma         M'ha chiesto di venire, io gli ho detto, se le fa piacere, venga. Ma ormai sono passate le otto, perciò evidentemente non verrà più.

Winemiller    Se viene, tu te ne sali in camera tua, e a riceverlo ci penserò io.

Alma         Se viene mi guarderò bene di fare una cosa simile, babbo.

Winemiller    Hai perso la tramontana?

Alma         A riceverlo ci penserò io. Lei può andare nel suo studio, e mamma di sopra. Ma se verrà lo riceverò io. Non giudico le persone dai responsi delle malelingue. Ho le mie buone ragioni per credere che egli sia vittima delle volgari, quanto grossolane macchinazioni di vecchie megere invidiose della sua giovinezza, del suo brio, e del suo spirito.

Winemiller    O hai perso la tramontana tu, o l'ho persa io.

Alma    Chi più chi meno, siamo tutti un po' strampalati, babbo, in famiglia.

Winemiller Senti, di croci intollerabili da sopportare me n'è toccata già una nella mia vita, e non è detto che non me ne tocchi qualche altra. Ma se credi che appena si presenta questo individuo, con una bottiglia di whisky in una mano e nell'altra le carte da gioco, io batto in ritirata nello studio, tu ti sbagli di grosso. Io resto qui, al mio posto, e non me ne vado finché non se ne sarà andato lui. (Si immerge di nuovo nel suo sermone).

Dalla porta aperta si sente un fischio.

   

Alma         (precipitosamente) A pensarci bene è meglio che faccia una scappata io stessa dal droghiere a prendere il gelato. (Va alla porta afferrando il cappello, guanti e veletta).           

Signora Winemiller    Ecco, che se ne va dall'amico. Ah!  

Alma corre fuori.

                                                           

Winemiller (alzando gli occhi)    Alma! Alma!

Signora Winemiller    Ah! Ah! Ah! ah!!!

Winemiller    Dov'è Alma? Alma! (Esce di corsa) Alma!

Signora Winemiller    Sei tu, l'intollerabile croce! Tu! Fanfa­rone! Te la sei fatta fare sotto il naso! Fanfarone!...

SCENA SESTA

Un chioschetto.

Un chioschetto di verdura delicatamente accennato, con un tavolino e due sedie. Sul tavolino pende un palloncino veneziano rosso. Questa piccola scena può venire situata in ribalta davanti ai due interni lasciati in ombra come nelle scene della fontana, nello sfondo come per tutto il dramma, il profilo, appena visibile dell'angelo della fontana. Ci si può servire di sfondo della musica del vicino padiglione del Casino.

La voce di Giovanni si sente prima che egli e Alma entrino.

Giovanni (al buio)    Non capisco perché non possiamo andare al Casino.

Alma         Non finga, lo capisce benissimo.

Giovanni Mi dica una ragione.

Alma         (entrando nel chioschetto)    Io sono la figlia di un ministro di Dio.

Giovanni Questa non è una ragione. (La segue. È vestito di lino bianco e ha la giacca sotto il braccio).

Alma         Lei è medico. È una ragione ancora più decisiva. Lei non può permettersi di frequentare certi posti più di me, direi meno!                                                               

Giovanni (a gran voce)    Fulmine!                              

Fulmine   (dal buio)    Eccomi!                                  

Giovanni Che pesca in quella borsetta?                

Alma         Niente.                                             

Giovanni Che ha lì dentro?

Alma         Lasci.                                                      

Giovanni Quei cachet che le diedi?

Alma         Sì.                                                                             

Giovanni E che se ne fa?                                                  

Alma         Ne prendo uno.                           

Giovanni  Adesso?                                                  

Alma         Adesso.

Giovanni Perché?

Alma         Perché? Perché sono mezza morta dalle palpitazioni nella sua automobile. Che le era preso di mettersi a guidare così? Pareva un indemoniato!

Entra Fulmine.

Giovanni Una bottiglia di vino rosso.

Fulmine          Pronti. (Si ritira).                 

Giovanni Ehi! Di' al Nano che mi faccia sentire l'Yellow Dog Blues.                                                

Alma         Su, mi ridia quei cachet.

Giovanni Ma lei vuol darsi agli stupefacenti? Le ho detto uno quando non ne può fare a meno.

Alma         Adesso, non ne posso fare a meno.

Giovanni  Si metta a sedere e smetta di bere aria. (Ritorna Ful­mine con una bottiglia di vino e due calici). Quando comincia la lotta dei galli?

Fulmine          Alle dieci circa, dottor Giovanni.

Alma         Quando comincia cosa?

Giovanni Qui ogni sabato c'è un combattimento di galli. Mai visto uno?

Alma         In qualcuna delle mie incarnazioni precedenti, forse.

Giovanni Quando portava gli anelli al naso?

Alma         Giusto allora avrò assistito a combattimenti del genere.

Giovanni Ne vedrà uno stasera.

Alma         Mamma mia, no.

Giovanni Siamo venuti per questo.

Alma         Non credevo che fossero ancora permessi certi spettacoli.

Giovanni Qui siamo al Casino di Moon Lake dove tutto è per­messo.

Alma         E lei è un cliente assiduo?

Giovanni In servizio permanente direi.

Alma        Allora lei pensa sul serio di abbandonare la professione del medico?

Giovanni Il medico? Ma lei vuol scherzare! Mi vuol condannare a vita alle malattie, alla miseria, alla morte?

Alma        Posso essere così indiscreta da chiederle che cosa farà quando non farà più il medico?

Giovanni Può essere così indiscreta da chiedermelo.

Alma         Ma poi lei non mi risponde!

Giovanni Non ho deciso ancora definitivamente, ma le ultime probabilità sono per il Sud America.

Alma         (triste)    Oh...

Giovanni Nelle cantinas a quanto mi dicono c'è molta più vita che nei bar, e le señoritas sono la panna montata delle donne.

Alma         Il fratello di Dorothy Syker emigrò in Sud America e poi non se n'è saputo più niente. Ci vuole un carattere forte per re­sistere ai tropici. Altrimenti si affonda.

Giovanni Secondo lei ho un carattere debole ?

Alma         Secondo me lei non sa quello che vuole; è tremenda­mente confuso, confuso come me, ma in un modo diverso...

Giovanni (stendendo le gambe)    Uuuu... aaa! Iiii... uuuu...

Alma         Faceva lo stesso da piccolo, quando non le andava una cosa.

Giovanni (con una smorfia)    Ah sì?                             

Alma         (severamente)    Non stia a sedere così!      

Giovanni Perché? È proibito?

Alma         Dà l'impressione d'essere una persona indolente ed inu­tile!

Giovanni E chi le dice che non lo sia?

Alma         Se vuole proprio andarsene perché non sceglie un posto con un clima più stimolante?

Giovanni Certe parti del Sud America sono fredde come un cono gelato.

Alma         Non lo sapevo.

Giovanni Lo sa adesso.

Alma         Quei latini stanno tutto il giorno sdraiati al sole e non pensano che alla soddisfazione dei sensi.

Giovanni Lei mi deve ancora provare che la gloria maggiore di questo mondo non consista nel ricavare dai propri sensi la mag­gior soddisfazione possibile.                                                 

Alma         Soddisfazione egoistica?

Giovanni Perché, ne conosce altre?

Alma         Risponderò alla domanda facendogliene una io. Ha mai visto da vicino o in fotografia, una cattedrale gotica?             

Giovanni Le cattedrali gotiche? Beh?

Alma         Come tutto aspira a elevarsi, come tutto sembra proteso verso qualcosa che non è alla portata di quelle dita di marmo o umane... Quegli immensi finestroni multicolori, le enormi ar­cate cinque o sei volte più alte dell'uomo più smisurato, le cro­ciere e tutte le delicate spirali, tutto tende in su, verso qualcosa di irraggiungibile! Per me, vede, questo è il segreto, il principio che regola l'esistenza: l'eterna lotta e aspirazione a spaziare oltre i nostri limiti umani... Chi ha detto che... oh, una verità così bella: « Tutti noi siamo nel fango, ma fra noi c'è chi ha gli occhi alle stelle! »

Giovanni    Oscar Wilde.

Alma         (interdetta) Eppure, chiunque l'abbia detto, è vero! C'è fra noi chi ha gli occhi alle stelle! (Guarda in alto rapita e mette la mano su quella di lui).

Giovanni Non c'è molto gusto a reggere mani coperte di guanti, signorina Alma.

Alma         L'inconveniente è subito tolto. Mi sfilerò i guanti allora.

Si sente una musica.             

Giovanni Per Cristo! (Si alza bruscamente e accende una siga­retta) Rosa Gonzales danza nel Casino.                                                                  

Alma         Lei si sente infelice. Lei mi detesta perché la sto portan­do via ai suoi compagni, là dentro. Ma lei può liberarsi, sa? Lei mi accompagni a casa e, poi può tornare indietro da solo... Non ho frequentato che tre giovanotti con intenzioni serie, e ogni volta tra noi c'è stato il deserto.                                    

Giovanni Come sarebbe il deserto?

Alma          Oh, vaste estensioni di territorio inabitabile.                

Giovanni L'avrà reso inabitabile lei a furia di stare sulle sue.

Alma          Ho fatto più che ho potuto con uno o due di loro.

Giovanni Più che ho potuto in che senso?

Alma         Ho cercato di distrarli un po' le prime volte. Ho suo­nato e cantato per loro nel Rettorato, in salotto.

Giovanni Colla porta aperta e suo padre nella stanza vicina?

Alma          Oh, il guaio non era questo.

Giovanni E qual era il guaio?

Alma         Che... che non sentivo nulla. (Ride incerta) Fra noi scen­deva il silenzio. Sa cosa vuol dire, silenzio?

Giovanni So cosa vuol dire silenzio.

Alma         Provavo a chiacchierare e anche lui provava a chiacchie­rare ma senza intenderci.

Giovanni E scendeva il silenzio.

Alma        Lo sterminato silenzio.

Giovanni Poi lei tornava al pianoforte?

Alma         Mi torcevo l'anello al dito. Lo torcevo così forte, certe volte, da tagliarmi il dito! Lui sbirciava l'orologio e tutti e due ci accorgevamo che l'inutile impresa era arrivata a compimento...

Giovanni E chiudevate la partita?

Alma         Partita? Sì, chiamiamola così... M'è dispiaciuto molto un paio di volte.

Giovanni Ma se non la toccava, ha detto?

Alma         Nessuno di loro ha mai realmente impegnato i miei sen­timenti profondi.

Giovanni Lei provava sentimenti profondi... in questo senso?

Alma         Li provano tutti, no? in qualche occasione.

Giovanni Ci sono donne fredde; ci sono donne che sono quel che si dice frigide.

Alma         Do l'impressione di esserlo?

Giovanni Sotto la sua cenere, cova più fuoco che in tutte le donne che ho conosciuto. Tanto che lei deve portare nella bor­setta i calmanti! (Si china su di lei e le alza la veletta).

Alma         Perché mi fa questo?                                             

Giovanni Per non avere in bocca la sua veletta quando la bacio.

Alma         (debolmente)    Ha intenzione di farlo?

Giovanni (gentilmente) Signorina Alma. (Le prende le braccia e la solleva in piedi) Oh, signorina Alma, signorina Alma. (La bacia).

Alma         (con voce bassa tremante) Basta: « signorina ». Solo Alma.

Giovanni (sorridendo affettuosamente)    Signorina ti sta troppo bene, signorina Alma. (La bacia ancora. Lei gli tocca con qual­che esitazione la spalla. Ma non così forte da mandarlo via. Giovanni le dice piano) È così difficile per te dimenticare di es-sere la figlia di un predicatore?

Alma        Non ho nessuna ragione di dimenticare che sono la figlia di un ministro del culto. La figlia di un ministro del culto, non è che una ragazza qualsiasi che cerca di ricordarsi di essere una signora.

Giovanni Questa mania della signora, è così importante?

Alma         Non per il genere di ragazze che lei sarà abituato a invi­tare al Casino di Moon Lake. Ma se domani lei... (e cosi dicendo esce dal chioschetto e volta la testa dall'altra parte) ...se do­mani lei dovesse sposarsi... la donna che lei si sarà scelto per moglie, e non solo moglie, ma madre dei suoi propri figli! (Il pensiero la fa trasalire) Quella donna, lei non vorrà che sia una signora? Non vorrà che sia tale da poterla contemplare, lei, suo marito, e loro, suoi figli diletti, col più profondo rispetto?

Pausa.

Giovanni Ci sono altre cose tra un uomo e una donna oltre il rispetto. Lo sapevi questo, signorina Alma?

Alma         Sì.

Giovanni Ci sono ad esempio i rapporti intimi.

Alma         Grazie per avermelo detto. E con tanta franchezza.

Giovanni Per te sarà scandaloso, ma sono cose che contano nel­la felicità coniugale, come diresti tu. Ci sono donne che cedono a un uomo come se fosse un obbligo imposto dalla ferocia della natura! (Vuota il bicchiere e se ne riempie un altro) Eccoti.

Alma         Eccomi?                                   

Giovanni Parlavo in generale.   

Alma         Oh!                                                           

Salgono rauche grida dal Casino.

Giovanni È cominciata la lotta dei galli.

Alma        Alla sua franchezza, replicherò con altrettanta franchezza. Ci sono donne capaci di tramutare una cosa potenzialmente bella in un'altra poco dissimile da un accoppiamento di bestie! ma non dimentichiamo che è amore!

Giovanni Va bene d'accordo.

Alma        C'è chi non offre all'amore che il corpo. Ma ci sono di quelli, ci sono donne, Giovanni, che possono offrire anche il cuore! che possono offrire l'anima!

Giovanni (beffardo) Da capo con l'anima, eh? Le cattedrali gotiche che vai sognando di notte! (C'è un altro urlo rauco dal Ca­sino). Tu ti chiami Alma, e Alma in spagnolo vuol dire anima. Un giorno o l'altro ti porterò a vedere una carta anatomica che ho nel mio studio. Li c'è come siamo fatti, e tu potrai farmi ve­dere sulla carta il punto esatto dove si trova la tua ineffabile anima. (Scola la bottiglia di vino) Andiamo a vedere la lotta dei galli.                            

Alma        No!              

C'è una pausa.

                   

Giovanni Si potrebbe fare un'altra cosa, volendo. Ci sono ca­mere al primo piano del Casino...

Alma        (irrigidendosi tutta) M'era arrivato all'orecchio che lei fa­ceva proposte simili alle ragazze che invitava a passeggio, ma finora mi ero rifiutata di crederle vere. Da che cosa ha arguito che io sarei stata per lei una cosi facile preda?

Giovanni  Ti ho tastato il polso in studio, la notte che sei scap­pata di casa perché non riuscivi a dormire.

Alma        La notte che mi sentii male e venni a casa sua in cerca di suo padre.

Giovanni In cerca di me.                                      

Alma         Di suo padre, e lei si rifiutò di chiamarlo.      

Giovanni Le dita di ghiaccio appena io...                         

Alma        (alzandosi) Oh! Voglio andare a casa! Ma non con lei! Prenderò un tassì! (Si volta a destra e a sinistra istericamente) Cameriere! Cameriere! Mi chiami un tassì!

Giovanni  Glielo chiamo io, il tassi, signorina Alma. Tassì! (Esce dal chioschetto).

Alma         (fuori di sé)    Lei non è un gentiluomo!

Giovanni  (dal buio)    Tassì!                                                 

Alma         Lei non è un gentiluomo! (Mentre egli scompare, ella ha un rantolo di animale ferito).

La luce si spegne sul chiosco e appare sull'angelo marmoreo della fontana.


PARTE SECONDA  Un inverno

SCENA SETTIMA

Il Rettorato e l'ufficio del dottore.

Ruggero sta intrattenendo Alma con una collezione di foto­grafie e cartoline, ricordi del viaggio di sua madre in Oriente. Ne è molto entusiasta e li descrive con frasi che la madre deve aver assimilato da un assiduo studio della letteratura turistica. Alma è meno entusiasta, distratta com'è dal fracasso di una ru­morosa festa che ha luogo nella casa del dottore accanto.

Ruggero  E questa è Ceylon, la perla dell'Oriente.

Alma          E questa patatona chi è?

Ruggero  Quella è mammà in costume da caccia.

Alma         Il costume da caccia la ingrossa in modo incredibile. Di che andava a caccia sua madre?

Ruggero (gaio) Vattelapesca di che andava a caccia! Ma incon­trò papà.

Alma        Ah, suo padre la conobbe durante questo giro in Oriente?

Ruggero Ah, ah! sì. Lui tornava dall'India con la dissenteria e fecero conoscenza sul piroscafo.

Alma         (arricciando il naso)    Oh!...

Ruggero  E qui eccola in cima alle rovine d'un tempio.

Alma          E lassù come ci è arrivata?

Ruggero  Ma, arrampicandosi.

Alma         Che donna attiva.

Ruggero Oh, sì attiva. Sebbene non sia la parola. Eccola a Burma, sul dorso di un elefante.

Alma        Ah!

Ruggero  Ma no, così è capovolta, signorina Alma.

Alma         L'ho capovolta apposta, per farle un dispetto. (Suona il campanello della porta). Forse è sua madre che la viene a pren­dere.

Ruggero  Sono appena le dieci e un quarto. Non vado mai via prima delle dieci e mezzo.

Entra la Signora Bassett.

Alma        Signora Bassett!

Bassett    Stavo proprio pensando dove sbattere la testa quando ho visto la luce accesa nel Rettorato e mi son detta, Grazia Bassett, lì dirigi le stanche membra e chiedi conforto al signor Winemiller.

Alma         Il babbo è salito in camera.

Bassett    Oh, che peccato. (Vedendo Ruggero) Oh, guarda Ruggero. Ho assistito al capitombolo che ha fatto sua madre, sta­mattina: la vedo scendere arzilla gli scalini della Banca del Delta e mi stavo proprio dicendo, ma non è straordinario che una donna di quell'età e delle sue proporzioni sgambetti a quel mo­do? Macché: in quel momento, patapunfete; lei, giù! Ma da rompersi un femore, per lo meno. È conciata molto male, no?

Ruggero  Un po' scossa, soltanto, Signora Bassett.

Bassett    Che il cielo la mantenga! È di gomma quella signora, di gomma gliel'assicuro io! (Rivolgendosi a Alma) Alma, Alma, se a quest'ora non è troppo tardi per intervenire con le forze concesse all'uomo, suo padre è l'unica persona che possa con la sua autorità telefonare al vecchio Dottor Buchanan all'ospe­dale di Lyon, e informarlo!

Alma          Informarlo di che?

Bassett    Lei non sarà così dura d'orecchi da non essersi accorta di quello che sta succedendo nella casa qui accanto, dal giorno che il professore è partito per combattere l'epidemia! Un'orgia senza interruzioni! Ecco, e non più di cinque minuti fa mi te­lefona una mia amica impiegata alla Provincia per farmi sapere che il giovane dottore e Rosa Gonzales si sono fatti rilasciare una licenza di matrimonio per sposarsi domani!

Alma         Ne è sicura?                                                               

Bassett    Sicura? Se gliene parlo, saprò quello che dico!

Alma         E perché lui farebbe una cosa simile?

Bassett    Follie canicolari! Dicono che sia effetto delle stelle cadenti! Ma naturalmente può darsi che sia semplicemente l'ef­fetto dei due o tremila dollari che ha perduto al Casino, e che non sa come pagare se non buttandosi in braccio alla figlia di Gonzales. (Voltandosi ad Alma) Alma, che fa con quel puzzle?

Alma         (con un debole sorriso isterico) I pezzi non corrispon­dono!

Bassett   (a Ruggero)    Non avrei dovuto aprir bocca.

Alma         Mi lascino, prego.    

Ruggero esce.

Bassett    Lo sapevo che l'avrebbe scossa. Buona notte, Alma. (Esce).

Alma         (si alza improvvisamente e afferra il telefono) Interurba­na. La clinica malattie infettive di Lyon, prego... Voglio parlare col Dottor Buchanan...

La luce si spegne nel Rettorato e si accende nell'ufficio del me­dico. Si sente la voce di Rosa chiamare.

Rosa           Gianni!

Il nome di Gianni ripetuto dietro le quinte serve nel corso del dramma di avvio al tema musicale.

Giovanni entra nello studio. È vestito come sempre in candido lino, il suo volto esprime ansietà e confusione. Si abbandona sulla poltrona girevole alla scrivania.

Rosa entra. Ha appena finito di ballare, in costume flamenco. Fa qualche passo e si ferma davanti alla carta anatomica. Suo­nando le nacchere per farsi notare, ma gli occhi di lui restano immobili sulla oscura volta del cielo. Lei gli si accosta.

Rosa          Hai sangue sul volto!

Giovanni M'hai morso l'orecchio.

Rosa         Oh... (Gli si avvicina con esagerata premura).

Giovanni Non sai fare all'amore senza graffiare, o mordere. Ogni volta che ti lascio sanguino da qualche parte. Perché?

Rosa           Perché non sei tutto mio.

Giovanni  Ti lamenti? Chi è più contenta di te? Domani par­tiamo insieme, e lasciamo a mio padre o a chi per lui l'incarico di comunicare alla vecchia signora Arbucke che ottantacinque anni potrebbero anche bastarle e che ormai può trasvolarsene tranquillamente a bordo del carcinoma. Balla, Rosa! (Si sente musica di fisarmonica. Intorno alla sua poltrona lei esegue una danza lenta e priva di gioia). Domani partiamo insieme. Da do­ve si salpa, da Galveston, no?

Rosa          Lo dici, ma non ti credo.                                          

Giovanni Ho i biglietti.                                              

Rosa          Due pezzi di carta che puoi fare in quattro.    

Giovanni Salpiamo, e viviamo dei lauti assegni che ci spedisce il tuo paparino! Ah! Ah!

Rosa          Ah! Ah! Ah!

Giovanni  Qualche tempo fa la sola idea mi avrebbe dato la nau­sea. Ma adesso! (L'afferra per il polso) Rosa! Rosa Gonzales! Hai mai visto nessuno infognarsi come me in un'estate? Ah, ah! Giù a terra, come un maiale. Tutte le sere, però, l'abito bianco senza una macchia. Ne ho una dozzina. Sei nell'armadio, sei dalla lavandaia. E la mia faccia non mostra il minimo segno degli stravizi. E tutta l'estate non ho fatto che starmene a sede­re cosi, a ricordare la notte prima, a pregustare la notte dopo. Avrebbero dovuto castrarmi, questa è la verità! (Scaraventa il bicchiere di vino contro la carta anatomica. Lei smette di bal­lare). Balla, tu, balla! Perché non balli? (Rosa scuote la testa senza parlare). Rosa, che ti prende? Perché non continui a bal­lare?

La fisarmonica suona. Lui afferra il braccio e glielo spinge vio-lentemente sul capo nella posizione della danza plastica.

Rosa         (scoppia in lacrime)    Non posso più ballare! (Si butta per terra. Comprimendo fra le ginocchia il viso piangente).

Dalla stanza vicina si sente tuonare la voce di suo padre.      

Gonzales Più del Cielo, no!                                                  

Giovanni (s'è rabbonito)    Perché tuo padre mi vuole per genero?

Rosa          (singhiozzando)    Io ti voglio, io... io ti voglio!

Giovanni (sollevandola da terra)    E tu perché?

Rosa          (tenendolo stretto) Forse perché sono nata a Piedras Ne-gras, e sono cresciuta in una casa con una stanza sola col pavi­mento lurido, e tutti quanti a dormire in quell'unica stanza, cinque messicani e tre oche e un galletto da combattimento che si chiamava Pi-pi. Ah, ah! (Ride istericamente) Era un galletto in gamba, Pi-pi. Con quello papà cominciò a far quattrini: vin­cendo scommesse su Pi-pi! Ah, ah! Dormivamo tutti in una stanza. E la notte li sentivo fare all'amore! Papà nei momenti di passione grugniva come un maiale. E io pensavo, come era schifoso fare all'amore e essere messicani e dormire ammuc­chiati in una camera sola, sul pavimento lurido, puzzando per­ché non c'era la vasca da bagno!

Giovanni E questo che c'entra con...

Rosa          Perché ti voglio? Sei alto! Hai un buon odore! E, oh, sono così contenta che nei momenti di passione non grufoli come un maiale. (Lo abbraccia in modo convulso) Ah, ma quien sabe! Stanotte succederà qualcosa e io finirò con qualche mulatto amico di mio padre!

Gonzales  (imperioso)    Rosa! Rosa!

Rosa          Sì, sì, papà, aqui estoy!

Gonzales  (entrando con passo malfermo) La collana d'oro... (Carezza tra le dita i grani di una collana d'oro che Rosa porta al collo) Giovannino... (Si avvicina barcollando a Giovanni e lo stringe in un dionisiaco abbraccio) Senti! Era bambina mia fi­glia Rosa, e vide una collana d'oro e la voleva, la collana d'oro, la voleva, tutta la notte ha pianto tanto che la voleva. Io che non avevo quattrini per comperare la collana d'oro, il giorno dopo vado a sant'Angelo e dico al bottegaio: « Senti, fammi il piacere, dammi una collana d'oro ». Quello fa: « Fa' vedere i quattrini » e io « Te li faccio vedere io i quattrini » e metto la mano qui e tiro fuori... che, i soldi? no, questa! (Cava una pistola) Adesso, adesso i quattrini ce li ho. Ma questa qui ce l'ho pure! (Ride) Lei la collana l'ha avuta. Tutto quello che vuole io glielo procuro con questi (cava di tasca un rotolo di dollari) e con questa! (Agita trionfalmente la pistola).

Giovanni (scostando da sé Gonzales) Levami quel fiato vinoso di sotto il naso, Gonzales!

Rosa           Dejalo, dejalo, papà!

Gonzales  (barcollando verso il lettino sostenuto da Rosa) ¡Le doy la tierra y si la tierra no basta le doy el Cielo! (Piomba sul lettino) Più del Cielo no!

Rosa          Lasciamolo stare. Torniamo agli altri. (Esce dalla stanza).

Giovanni va alla finestra che da sul Rettorato e resta a guardare. La luce illumina il salotto del Rettorato mentre Alma entra, in vestaglia e va alla finestra a guardare verso la finestra del dot­tore. Mentre Alma e Giovanni stanno affacciati alla finestra a guardare l'uno verso l'altro nel buio, si sente una musica. Ada­gio come attratto da quella musica Giovanni esce di casa e si avvia al Rettorato. Alma rimane immobile alla finestra finché Giovanni non entra nella stanza dietro di lei. La musica si spegne e sale un mormorio di vento. Lei si volta lentamente verso Giovanni.

Giovanni Ho visto la porta aperta, l'ho considerata un invito. Stanotte soffia il vento del golfo... (Alma non dice niente. Giovanni le muove incontro) Il silenzio? Il silenzio? (Alma si ab­bandona sul divano chiudendo gli occhi). Già lo sterminato si­lenzio. (Le si avvicina) Tra un minuto vado, ma prima mi lasci posare la faccia tra le sue mani... (Le si inginocchia vicino) L'e­ternità e la signorina Alma hanno le mani così fresche. (Le affonda il viso in grembo).

Formano un gruppo che ricorda una pietà di marmo. Gli occhi di Alma restano chiusi.

Dall'altra parte del palcoscenico il Dottor Buchanan entra in casa e la luce sale un poco mentre egli si guarda intorno sulla porta dello studio. Il tema musicale d'amore svanisce e monta minacciosamente la musica messicana.

Rosa          (entra dalla parte opposta nello studio) Gianni! (Si accor­ge che è il Dottor Buchanan e si arresta interdetta) Oh, l'avevo presa per Gianni!... Lei invece è suo padre... Mi chiamo Rosa Gonzales!

Buchanan So benissimo come si chiama. Che succede qui, in casa mia?

Rosa          (nervosamente) Gianni dà una festa perché domani par­tiamo. (Con aria di sfida) Si! Tutti e due! Spero che lei sia con­tento, ma se non è contento, è lo stesso perché siamo contenti noi ed è contento mio padre.

Gonzales  (si leva a sedere sul lettino ancora ubriaco) Più del Cielo no!

Buchanan (leva adagio in un gesto di minaccia il bastone) Fuori di casa mia tu e il tuo  porcile! (E picchia Gonzales col bastone).

Gonzales  (barcollando si tira su dal lettino dal dolore e dalla sor­presa)    Aeeeiiii!

Rosa          (senza fiato con le spalle alla carta anatomica) No, no, no, papà!

Buchanan  (colpendo l'uomo al petto col suo bastone come se fos­se un toro) Portale vie le tue troie! Fuori di casa mia, ho detto! (Lo picchia ancora).

Il messicano ubriaco gorgoglia di dolore e sorpresa. Retrocede e fruga sotto la giacca.

Rosa         (disperatamente) No, no, no, no, no! (Schiaccia il viso contro la carta anatomica, parte un colpo di pistola. C'è un gran lampo. Il bastone cade a terra. La musica cessa di colpo. Tutto si oscura tranne un raggio su Rosa in piedi contro la carta ana-tomica. Gli occhi chiusi e i lineamenti del viso contratti come quelli di una maschera tragica. Forsennatamente) Aaaaahhhh!... Aaaaahhhhh!...

Il tema musicale riprende leggero e la luce abbandona tutta la scena tranne le ali dell'angelo di marmo.

SCENA OTTAVA

L'ufficio del dottore.

                                                           

Si intravede in alto l'angelo di marmo. Giovanni è accasciato al tavolo. Entra Alma col vassoio del caffè. Dalla porta interna giunge il suono di una preghiera.

Giovanni Che è quell'abracadabra che sta giaculando suo padre?

Alma         Una preghiera.

Giovanni  Gli dica di smettere. Ne facciamo a meno, di quelle antiquate stregonerie.

Alma        Ne farà a meno lei, ma adesso non si tratta di quello di cui lei può fare o meno. Le ho fatto un po' di caffè.

Giovanni Non ne voglio.

Alma        Si tiri su, si lasci lavare la faccia. (Gli preme un asciu­gamano sui segni rossi del volto) Una così bella faccia, una fac­cia così bella e sensibile, una faccia piena di una forza che è peccato sciupare!

Giovanni Faccia il piacere. (Le allontana la mano).           

Alma         Non va dentro a vederlo?

Giovanni Non posso. Non mi vorrebbe.

Alma         Tutto è successo per la sua abnegazione per lei.        

Giovanni Tutto è successo perché qualche pietosa samaritana l'ha fatto venir qui stanotte! Vorrei sapere chi è!

Alma         Io.                                                                      

Giovanni Ah è stata lei, dunque!

Alma        Gli ho telefonato alla clinica malattie infettive di Lyon appena ho saputo quello che lei aveva in mente di fare. Gli ho lasciato detto di venir qui a impedirglielo.

Giovanni Gli ha lasciato detto di venir qui a farsi ammazzare.

Alma        Non cerchi di attribuire la colpa ad altro che alla sua de­bolezza.

Giovanni Lei mi chiama debole?

Alma        Certe volte non ci vuole meno di una sciagura simile per­ché una persona debole diventi forte.

Giovanni Zitella anemica che non è altro! Santissimi e solennissimi masticatori di cantilene, pastori e figlie di pastori imbottiti di bubbole! E io avrei dovuto servir messa alle sue crisi isteriche, somministrarle cachet per farla dormire e ricostituenti per darle la forza di continuare a biascicare i suoi abracadabra di quando Berta filava!

Alma         Mi insulti pure, ma risparmi a suo padre le sue urla di av­vinazzato! (Cerca di liberarsi).

Giovanni Stia qui! Le voglio far vedere una cosa! (La rivolta per le spalle) Questa carta anatomica! Guardi qui!

Alma         L'avevo già vista. (Si volta dall'altra parte).

Giovanni Ma non ha mai osato guardarla.

Alma         Perché dovrei farlo?                          

Giovanni Le fa paura?                               

Alma         Lei sta perdendo la testa.

Giovanni Lei che parla tanto di debolezza non ha il coraggio di guardare come son fatte le budella dell'uomo!

Alma         Non sono importanti.

Giovanni  È qui che lei sbaglia! Lei s'immagina d'essere rimpin­zata di petali di rose! Si volti lì a guardare, le farà bene!

Alma         Come fa a comportarsi così mentre suo padre di là è...

Giovanni Zitta e ferma!                                                                

Alma         ... in punto di morte per colpa sua!                            

Giovanni Sua, più che mia.                                

Alma         Almeno per questi pochi momenti...                                  

Giovanni Guardi qui!

Alma         ... potrebbe sentire un po' di rimorso!

Giovanni (con intensità stravolta e fanatica) Ascolti qui, la le­zione d'anatomia! Al piano di sopra è il cervello, che ha fame di una cosa chiamata verità ma non ne mangia molta ed è con­tinuamente affamato! Questo in mezzo è il ventre che ha fame di cibo. E quaggiù è il sesso che ha fame d'amore perché di tanto in tanto si sente solo. Io li ho nutriti tutti e tre quanto ho potuto e ho voluto... Lei nessuno: niente! Sì, forse il ventre magari... brodaglia! Ma all'amore e alla verità che ha dato? frasi fatte, atteggiamenti, pose! (La lascia andare) Può andare! La le­zione di anatomia è terminata.                                            .

Alma         Così è questa l'elevata concezione che lei possiede delle aspirazioni umane! Quella che lei mi ha fatto vedere non è l'a­natomia di una bestia ma dell'uomo! E per me la sua opinione di dove si trova l'amore e del tipo di verità di cui secondo lei andrebbe in cerca il cervello non ha alcun valore! C'è una cosa che la carta non indica!

Giovanni Lei allude a quella che gli spagnoli chiamano Alma, no?

Alma         Sì, e che nessuna carta indica! Ma esiste lo stesso; c'è, c'è! Non si sa dove, noi non la vediamo, ma esiste! E io le ho voluto bene con quella! Non con l'altra che lei ha nominato! Sì, con quella le ho voluto bene, Giovanni, da morire, quasi, quando lei m'ha fatto del male!

Giovanni (si rivolge lentamente verso di lei parlandole gentil­mente)    Non l'avrei neanche toccata.

Alma         (senza capire)  Cosa?

Giovanni Quella sera al Casino non l'avrei neanche toccata. An­che se lei avesse accettato di salire su. Non sarei riuscito a toc­carla. (Lei lo fissa in volto come col presentimento di qualche insopportabile rivelazione). Proprio, sì. Non è strano? La paura che ho io della sua anima è più grande di quella che ha lei del mio corpo. Lei era sicura come l'angelo della fontana, perché non mi sentivo degno di sfiorarla con un dito...

Winemiller (entrando)  Riposa più tranquillo adesso.

Alma         Ah... (China la testa. Giovanni allunga il braccio verso la tazza di caffè). Sarà freddo. Glielo riscaldo.

Giovanni Va bene così.

Winemiller    Alma ti vuole il dottor Giovanni.          

Alma         Io...

Winemiller    Ti chiede di cantargli qualcosa.

Alma          Non posso, adesso...

Giovanni Vada a cantargli qualcosa signorina Alma! Entri! (Il signor Winemiller si allontana dalla porta esterna. Alma si volta a guardare Giovanni accasciato accanto alla tazza di caffè. Lui non le restituisce lo sguardo. Alma procede nel fioco lembo arancione di là dalla porta interna; lasciandola leggermente aperta. Dopo qualche momento la sua voce si leva dolce a can­tare. Giovanni si alza e va alla porta, la spinge lentamente ed entra. Dolcemente e con tenerezza profonda) Babbo?

La luce dilegua dalla casa, ma trema sull'angelo di marmo.

SCENA NONA

Il Rettorato e l'ufficio del dottore.

Sul panorama di celeste scialbo di un tardo pomeriggio d'au­tunno. Si sente, a distanza una banda. Come la musica si fa più vicina, Alma entra nel Rettorato in vestaglia e coi capelli sciolti. Ha l'aspetto di chi è appena uscito da una lunga malattia, af­franta, pallida nel volto senza espressione. Va alla finestra ma il corteo non si vede ancora; torna fiaccamente al divano dove siede chiudendo gli occhi sfinita.

Entrano dalla porta esterna il reverendo Winemiller e signora, coppia tra le più grottesche. La signora Winemiller porta il cappello con le piume, alla guappa, e al collo una sciarpa a co­lori vivaci. Sul volto porta stampato un malizioso sogghigno che ricorda un pirata d'operetta. Una mano tiene il braccio del pastore, l'altra regge un cono gelato.

Winemiller Vuoi lasciarmelo adesso il braccio sì o no? Mai visto un comportamento più indegno. Davanti alla Farmacia della Stella Bianca, al rettifilo, si ferma e non va più avanti: un mulo! Macché! Non s'è mossa finché non le ho comperato il gelato. Con la promessa di non mangiarlo prima di casa: glielo faccio avvolgere nella carta velina, ma appena glielo do, lei che fa? Strappa la carta velina e si mette a succhiare, per tutta la strada di casa! Cosi, tanto per infliggermi un'umiliazione!

Signora Winemiller (gli offre il cono mezzo succhiato) Lecca, to'!

Winemiller    No, amica mia, grazie.

Alma         Su tranquilli, bambini.

Winemiller (riversando la sua irritazione su Alma) Alma! Quando ti decidi a vestirti? Non c'è niente che mi dia cosi ai nervi quanto vederti trascinare per casa cosi, come un'amma­lata cronica, mentre grazie a Dio non hai niente. Non riesco a capire che hai per la testa. Anche ammesso che tu abbia subito una delusione, non è una buona ragione che tu adesso te ne stia lì come se il mondo avesse cessato d'esistere!

Alma         Ho fatto i letti e lavato le tazze della colazione e telefo­nato al mercato e mandato la biancheria, e sbucciato i piselli e pelato le patate e preparato la tavola per il pranzo. Che si vuole di più?

Winemiller Voglio che tu ti vesta, altrimenti puoi restartene in camera! (Alma si alza con aria indifferente. E il padre im­provvisamente le chiede) La notte ti vesti, però. Prova a ne­garlo. Sì, ti ho sentita sgattaiolare di casa alle due del mat­tino. E non era la prima volta.

Alma         Faccio fatica a dormire. Certe volte ho bisogno di al­zarmi e fare due passi per poter prendere sonno.

Winemiller    E alla gente che mi domanda di te, che dico?

Alma          Di' che sono cambiata, e in che modo, non lo sai ancora.

Si sente più forte la musica della banda.

Winemiller    Hai intenzione di startene così all'infinito?

Alma         All'infinito, no, ma può darsi che tu rimpianga che non l'abbia fatto.

Winemiller Smettila di torcerti quell'anello! Non hai fatto al­tro tutto il giorno! Dallo a me quell'anello! Basta, te lo tolgo dal dito! (Le afferra il polso).

Lei lo respinge con violenza.

Signora Winemiller    La lotta! La lotta!                

Winemiller    Ah, io rinuncio!

Alma         È meglio. (All'improvviso va alla finestra mentre la mu­sica si fa più forte) C'è un corteo in città?

Signora Winemiller Ah, ah, ah, sì. Sono andati a prenderlo alla stazione con una coppa d'argento grossa così!

Alma         Chi? Chi sono andati a...

Signora Winemiller Il tuo vicino di casa, quello che ti man­giavi con gli occhi di giorno e di notte.

Alma          Babbo, è vero?

Winemiller    Non leggi i giornali? (Spiega il suo giornale).

Alma          No, ultimamente non...

Winemiller (pulendo gli occhiali) Questa gente è come le cavallette: non puoi sapere da che parte saltano. Ha finito il lavoro che aveva cominciato suo padre, ha dato il colpo di grazia all'epidemia e si porta a casa gli allori. Sic itur ad astra. Anni di abnegazione e di sacrificio passati in cavalleria mentre il primo arrivato con un po' di fortuna si porta via il premio!

Alma si avvicina lentamente alla finestra. Il sole si fa più vivo e dall'inquadratura piove nella stanza un raggio.

Alma         (grida tutt'a un tratto) Eccolo! (Indietreggia barcollando dalla finestra. C'è un rullar di tamburi. Poi silenzio. Alma par­la fiocamente) Che... mi è successo? Ho sentito un... colpo!

Winemiller (le afferra il braccio per sorreggerla) Alma, chia­mo un medico.

Alma         No, no, no! Non chiamare nessuno ad aiutarmi. Voglio morire! (Piomba sul divano).

La banda riprende a suonare e si allontana per la strada. L'in­terno del Rettorato si oscura. Poi la luce illumina lo studio del dottore. Entra Giovanni con il trofeo. È vestito elegante­mente e i suoi modi rivelano un senso nuovo di responsabilità. Nel tempo che egli depone la coppa sul tavolo e si toglie la giacca e il colletto appare sulla porta alle sue spalle, Lella Ewell. Ferma contro la carta anatomica, lo osserva finché lui non si accorge della sua presenza. È cresciuta e la foggia dei vestiti che indossa è da persona grande, ma la spensieratezza e la vivacità di bambina le sono rimaste. Giovanni vedendola fischia dalla sorpresa. Lella ha un scoppio di risa.         

Giovanni I tacchi alti, le penne... il rossetto!

Lella        Non è il rossetto.        

Giovanni Colore di natura?

Lella        Agitazione.                     

Giovanni Che agitazione?

Lella        Tutto. Lei! Lei è qui! Non m'ha vista alla stazione? Mi sono slogata un braccio, slogata! Sono a casa in permesso.

Giovanni Da dove?

Lella        Dal collegio. Da Sophie Newcombe. (Lui resta imbam­bolato a fissarla: non crede ai suoi occhi. Alla fine lei si cava un libro di sotto il braccio) Tenga il libro proibito che m'ha dato quest'estate, quando mi fingevo ignara delle cose del mondo.

Giovanni Era tutt'una finta?

Lella        Sì. (Lui non degna il libro d'uno sguardo, e lei lo getta sul tavolo) Che faccio, me ne vado o mi guarda la lingua? (Gli sì avvicina tirando fuori la lingua).

Giovanni Rossa come una fragola!

Lella        Caramelle di menta! Una? (Tira fuori un sacchetto).

Giovanni Grazie! (Lella ha un risolino mentre lui ne prende una) È uno scherzo, Lella?

Lella        Profumano la bocca.

Giovanni E allora?                                                                

Lella        Ne prendo sempre una quando spero un bacio.           

Giovanni (dopo una pausa)    E se ti pigliassi in parola?           

Lella        Io non ho paura, e lei?

Le dà un rapido bacio. Lei gli si stringe sollevando la mano a premere la testa di lui contro la sua. Dopo un momento lui si sottrae e riaccende la luce.

Giovanni (abbondantemente impressionato)    Dove hai imparato queste raffinatezze?

Lella        Sono stata a scuola. Ma non mi hanno insegnato ad amare.

Giovanni Come ti permetti di usare queste grosse parole?

Lella        Non è una « grossa parola ».

Giovanni No? (Si volta dall'altra parte) Vattene di corsa Lella prima che ci troviamo nei pasticci.

Lella        Chi ha paura dei pasticci, lei o io?

Giovanni Io. Via! di corsa! Capito?

Lella        Me ne vado! Ma a Natale torno! (Ride uscendo di corsa).

Lui fischia e si terge la fronte con un fazzoletto.                  

SCENA DECIMA                        

La fontana.   

Un pomeriggio di dicembre. Alla fontana del parco. Tira un forte vento.

Entra Alma. Dà l'impressione di muoversi a fatica contro il vento. Si lascia cadere sulla panchina.

Una vedova con un velo fluttuante, nero, attraversa il palco­scenico e si ferma alla panchina di Alma. È la vedova Bassett.

Bassett    Ciao, Alma.                                                                   

Alma         Buonasera, Signora Bassett.

Bassett    Che ventaccio!

Alma         Sì, per poco non mi portava via da terra. Ho dovuto se­dermi un momento a prendere fiato.

Bassett    Se fossi in lei non starei troppo seduta.

Alma          No, troppo no.

Bassett    Che piacere rivederla in giro dopo la sua malattia.

Alma         Grazie.

Bassett    Dalla sua assenza il nostro piccolo gruppo s'è di­sperso.

Alma         (insinceramente)    Che peccato.

Bassett    All'ultima seduta doveva esserci!                   

Alma         Perché, che è successo?

Bassett    Vernon, lesse il suo dramma in versi!           

Alma         Ah! e come è stato accolto?

Bassett    Squartato, torturato e messo in pentola come quando i bambini strappano le ali alle farfalle. Speriamo di riorganiz­zarci la primavera prossima. (Alza al cielo, con un gesto di de­plorazione, le mani guantate di nero).

Compare Lella Ewell. È vestita all'ultima moda e porta un ce­stino di regali di Natale.

Lella        Signorina Alma!

Bassett    (precipitandosi fuori)    Arrivederci!                         

Lella        Finalmente!                                                      

Alma         Oh, Lella... Lella Ewell.

Lella        Passavo dal Rettorato. Ho fatto un capatina. Un se­condo: le feste sono cosi brevi e i minuti sono preziosi. E mi hanno detto che lei era qui nel parco.

Alma         È la prima passeggiata che faccio da un po' di tempo.

Lella        È stata male?

Alma         Male no, non molto bene. Come sei cresciuta, Lella.

Lella        Sono i vestiti. Da quando sto in collegio i vestiti me li scelgo da me, signorina Alma. Finché sul mio guardaroba aveva giurisdizione la mamma, mi rinfagottava sempre come all'asilo!

Alma         Anche la voce ti è cresciuta, Lella.

Lella        Ho i miei insegnanti di dizione, adesso, signorina Alma. Vuol sentire uno dei miei esercizi? Ha fatto così ridere Gianni!

Alma         Gianni!

Lella        Il suo vicino di casa!                          

Alma         Ah, sarà una scuola molto alla moda.    

Lella        Oh, sì, ci stanno preparando a fare buona figura in so­cietà. Peccato che non ci sia nessuna società qui, dove far fi­gura... per lo meno per me, con la reputazione di mia madre!

Alma         Non ti mancheranno altre riserve di caccia.

Lella        Ma sono vere le voci che corrono sul suo conto?

Alma         Non ne ho idea, Lella.

Lella        Che lei ha abbandonato l'insegnamento del canto e si ritira dal mondo?

Alma        Naturalmente durante la mia malattia ho dovuto inter­rompere le lezioni e quanto al mondo... è lui, caso mai che si ritira da me...

Lella        Conosco una persona che lei ha maltrattato molto!     

Alma         Chi? Chi può essere, Lella?                                       

Lella        Una persona che la considera un angelo!                   

Alma         Non so immaginare chi possa avere di me una così alti opinione.                                                                           

Lella        Una persona che dice che lei non ha voluto vederlo.

Alma         Non ho visto nessuno, per mesi. L'estate m'ha talmente sfinita.

Lella        Senta, io adesso le do il suo regalo. (Le porge un pac­chetto di quelli nel cestino).                       

Alma         Non dovevi darmi regali, Lella.             

Lella        Sentiamo perché!

Alma         Non me lo aspettavo!                                                                     

Lella        Con tutte le fatiche che ha dovuto sudare con la mia voce chioccia.                                                        

Alma         È molto carino da parte tua, Lella.  

Lella        L'apra!                                                               

Alma         Adesso?                                                     

Lella        Perché? Naturalmente.                                           

Alma         È incartato così bene che disfarlo mi dispiace.

Lella        Ci provo gusto a incartarmeli da me i regali: per il suo poi, ho fatto un lavoro speciale.

Alma         (avvolgendo il nastro attorno alle dita) Metterò da par­te il nastro. E conserverò anche la graziosissima carta con le stelline d'argento. E il ramoscello di vischio...

Lella        Glielo appunto sulla giacca con uno spillo, Alma.

Alma         Sì, grazie. Non m'ero neanche accorta che era venuto Na­tale... (Schiude l'involucro, che mostra un fazzoletto di pizzo e un biglietto) Che amore di fazzoletto!

Lella        Io sono contraria a regalare fazzoletti, secondo me è un indice di poca fantasia.

Alma         A me piace riceverli.      

Lella        Questo viene dalla Maison Blanche!

Alma         Oh, davvero?

Lella        Senta l'odore!

Alma         Profumo di rose! Senti, sono talmente commossa e felice.

Lella        Il biglietto!

Alma         Biglietto?

Lella        Le è caduto di mano. (Raccoglie il biglietto e lo porge ad Alma).

Alma         Che pasticciona che sono! Grazie, Lella. « Joyeux Noel»... a Alma... da Lella e... (alza gli occhi lentamente) ... Giovanni?

Lella        M'ha aiutato a impacchettare i regali ieri sera e quan­do siamo arrivati al suo abbiamo cominciato a parlare di lei. Le devono aver fischiato le orecchie!

Il vento soffia forte. Alma si piega rigidamente in avanti.  

Alma         Vuoi dire che... avete parlato bene di me?

Lella        Bene! In modo entusiastico! Ah, m'ha raccontato la be­nefica influenza che lei ha avuto su di lui!

Alma         Influenza?

Lella        Mi ha raccontato di tutti i discorsi che ha avuto con lei quest'estate, cosi belli, quando lui era cosi tormentato e di come lei l'ha ispirato e che lui deve a lei più che ogni altro se si è rimesso dopo che suo padre fu ucciso, e mi ha raccontato... (Alma si alza pesantemente dalla panchina). Dove va, signo­rina Alma?

Alma         A bere alla fontana.

Lella        Mi ha raccontato di come lei entrò in quella casa come un angelo di misericordia!

Alma         (ridendo con asprezza alla fontana) Questo è l'unico an­gelo di Glorious Hill. (Si china a bere) Ha il corpo di marmo e il sangue d'acqua corrente.

Il vento cresce d'intensità.                                                   

Lella        Che vento impetuoso!

Alma         Vado a casa, Lella. Meglio che tu corra a distribuire i tuoi doni... (Si allontana).

Lella        Ma non le ho ancora detto la cosa più meravigliosa che... io...

Alma         Vado a casa adesso. Arrivederci.

Lella        Oh? arrivederci, signorina Alma. (Afferra il cestino dei doni e corre nella direzione opposta ridendo e strillando al ven-to che le tira su le sottane).

La luce si oscura.

SCENA UNDICESIMA       

L'ufficio del dottore.

Un'ora dopo. Nello studio di Giovanni. L'interno è incorni­ciato dalle volute dell'architettura vittoriana e un frammento di muro sostiene la carta anatomica. Per il resto la vista spa­zia sul panorama. Sul fondo una luce blanda dorata batte sul­l'aureo giallo di un campanile, e sulle ali dell'angelo di marmo. Al cominciare della scena si alza un vento armonioso che va a calare man mano.

Giovanni è seduto a un tavolo smaltato di bianco a esaminare una lastra al microscopio.

Una campana batte le cinque quando Alma entra con passo incerto. Ha un vestito color prugna e un cappello dello stesso colore, con una piuma. La luce cambia mentre il sole è oscu­rato da una nuvola e si fa opaca sul campanile e sull'angelo finché la campana non finisce i rintocchi. Poi torna intensa.

Alma         Non si saluta? Non si usa salutare?

Giovanni Buongiorno, signorina Alma.

Alma        (parlando animatamente per dominare il panico) Com'è bianco qui dentro! Una banchisa polare! (Si Copre gli occhi ridendo).                                                                        

Giovanni Rimodernato.

Alma         Tutto rimodernato tranne la carta anatomica.

Giovanni    L'anatomia umana non ha fatto un passo avanti.

Alma        E non tende ad evolvere! Il mal di gola non m'ha dato requie.

Giovanni A chi più a chi meno. È il riscaldamento di queste case del sud: il camino non basta.

Alma         Ti brucia in faccia e ti dà i brividi per tutta la schiena.

Giovanni Poi si va in un'altra stanza e si gela.

Alma         Uh! Il gelo nelle ossa!         

Giovanni Mai quanto basta, però, per convincere quei quattro cretini che un termosifone ci vuole, e continuano a fabbricare senza.

Si sente un suono di vento.

Alma         Un pomeriggio cosi strano.

Giovanni    Sì? Non sono uscito.

Alma        Il vento del golfo sta addensando certi enormi nuvoloni bianchi, come li chiamano: cumuli? Ah, ah. Sembrava deciso a spiumarmi il cappello come quel fox terrier che avevamo una volta e si chiamava Giacobbe, che addentò la piuma di un cappello e se la portò in giro per tutto il cortile, in trionfo, come un trofeo!

Giovanni    Giacobbe! sì, mi ricordo. Che ne è successo?

Alma        Oh, Giacobbe. Giacobbe era un ladro di tre cotte. Do­vemmo mandarlo a riposo in casa di certi nostri amici di cam­pagna. Giacobbe, sì! ha terminato i suoi giorni da vero genti­luomo campagnuolo! Le sue epiche gesta...             

Giovanni    Si accomodi, signorina Alma.                   

Alma         Se la disturbo, io...?                                                             

Giovanni No, quando ho sentito della sua malattia ho telefo­nato al Rettorato. Suo padre m'ha detto che lei non voleva dottori.

Alma        Non avevo gran che... solo bisogno di riposarmi... Lei è stato fuori parecchio.

Giovanni Sì, parecchio, a Lyon, a completare gli studi di mio padre.

Alma         E a raccogliere allori.

Giovanni    A riscattarmi con qualche buona opera.

Alma        È piuttosto tardi per dirle quanto ne sia felice, e anche un po' orgogliosa. Mi sento come potrebbe sentirsi suo pa­dre, se... E... è felice adesso, Giovanni?

Giovanni (a disagio. Evitando di guardarla) Sono venuto a patti con la vita su basi abbastanza accettabili. Che può pre­tendere di più un essere ragionevole?

Alma        Può pretendere molto, ma molto di più. Può pretendere che divengano realtà i suoi sogni meno probabili.

Giovanni    È meglio non chiedere troppo.

Alma        Non siamo d'accordo. Non aspettarsi nulla, dico io, ma chiedere tutto! (Balza in piedi e va alla finestra. Prosegue) No, non sono stata bene. Ho riflettuto molto a quel che lei mi disse una volta, che ho il doppelganger. Ho cercato cos'era e ho trovato che vuol dire un'altra persona dentro di me, una seconda me stessa, e non so se ringraziarla o no di avermelo fatto capire! Non sono stata bene... Per un certo tempo ho creduto perfino che sarei morta, che il cambiamento sarebbe stato questo.

Giovanni    Quando ha provato questa sensazione?

Alma        Agosto, settembre. Ma ormai il vento del golfo l'ha spazzata via come fumo, e adesso so che non sto per morire, che non sarà cosf semplice.

Giovanni Le ha ricominciato a dar noia il cuore? (Si rifugia nel tono professionale ed estrae un orologio d'argento, ponendole le dita sul polso).

Alma        E lo stetoscopio? (Giovanni prende dalla tavola lo ste­toscopio e comincia a sbottonarle la giacca. Gli occhi di lei scendono sulla testa piegata. Lentamente, lei a un tratto gli si appoggia contro e preme contro quelle di lui le sue labbra) Perché non dici niente? Il gatto t'ha morso la lingua?

Giovanni    Che posso dire, signorina Alma?

Alma         Ricominci a chiamarmi signorina Alma.

Giovanni    In fondo noi due siamo sempre rimasti a quel punto.

Alma        Oh, no. Siamo andati oltre. Siamo stati cosi vicini che i nostri due respiri si sono confusi.

Giovanni (a disagio)    Non me n'ero accorto.

Alma        No? Io sì. Io me ne sono accorta. (La sua mano gli ca­rezza il viso teneramente) Hai imparato a farti meglio la bar­ba? Non hai più quei taglietti che tempestavi di borotalco.

Giovanni    Ho imparato a farmela meglio.

Alma        Ah, ecco la ragione! (Le sue dita non lasciano il viso di lui, su cui passano dolcemente come quelle dì un cieco che legga col metodo di Braille. Giovanni è fortemente a disagio e allontana piano piano le mani di lei). Non è più possibile adesso?

Giovanni    Non so di che cosa tu intenda parlare.

Alma        Sai benissimo di che cosa intendo parlare, va' là! E sii sincero con me. Ho detto di « no » una volta. Ti viene in mente quando, con tutte quelle urla frenetiche dal campo dei galli? Ma adesso ho cambiato idea, o meglio la ragazza che ha detto di no non esiste più, è morta l'estate scorsa, soffocata dal fumo di quello che le ardeva dentro. No, adesso non vive più, ma mi ha lasciato il suo anello, lo vedi? Quello che tu mi ammirasti, l'anello di topazio nella ghirlanda di perle... E mi disse, infi­landomi questo anello al dito: « Ricordati, io sono morta a mani vuote. Fa' che le tue mani stringano qualcosa ». (Lascia cadere i guanti. Gli stringe la testa di nuovo nelle mani) Feci io: « Ma, e l'orgoglio? » E lei: « L'orgoglio dimenticalo quan­do è un ostacolo fra te e quello che devi avere! » (Egli le prende i polsi). E poi io dissi: « Ma se lui non mi vuole? » La risposta non la so. Non so nemmeno se rispondesse o no, le labbra si fecero immobili, si, esalò l'ultimo respiro! (Gio­vanni si stacca dolcemente dal volto le mani assetate di lei). No? (Egli scuote muto la testa in un gesto di muta sofferenza). Allora è « no » la risposta!

Giovanni (facendosi forza a parlare) Ho rispetto per la verità e ho rispetto per te. Se vuoi che parli, meglio che sia sincero fino in fondo. (Alma fa un leggero cenno del capo). Hai vinto tu quella disputa che avemmo tra noi.

Alma         Quale disputa?

Giovanni    Quella sulla carta anatomica.

Alma        Oh, la carta! (Voltandogli le spalle vaga a tentoni verso la carta. Leva gli occhi chiusi a guardarla coi pugni alzati, stretti).

Giovanni    Dimostra che noi non siamo un pacchetto di petali di rose, che dentro di noi ogni centimetro è occupato da cose sordide, da cose funzionali, e che per altre cose non sembra esserci spazio.

Alma        No...

Giovanni    E invece, per un lungo giro, sono arrivato alle tue conclusioni, che qualcosa c'è, un quid impalpabile sottile come fumo, che tutti quei meccanismi sordidi collaborano a elabo­rare e che è la loro unica ragione d'essere. È invisibile, perciò la carta non l'indica. Ma c'è, esiste lo stesso, e sapendo che esiste, allora tutta la baracca, questa, questa nostra insonda­bile esperienza assume un valore nuovo, come certe... come certe fantastiche ricerche di laboratorio! Capisci!

  

Il vento comincia a cantare quasi come un coro di voci; entrambi si voltano un momento, e Alma alza la mano al cap­pello piumato come stesse all'aperto.

Alma        Sì, capisco! Adesso che non lo vuoi più d'altro genere, preferiresti credere nella possibilità di stabilire tra noi un le­game dello Spirito!

Giovanni  Non riesci a convincerti che sono sincero?

Alma        Può darsi. Ma non voglio che tu mi parli come a un'am­malata incurabile che senti il dovere di confortare. (Una nota aspra e stridente si fa strada nella sua voce) Oh, ammalata devo esserlo; una della turba dei meschini dei deboli che pas­si sano come ombre tra voi forti e solidi. Ma a volte la dispera-zione a noi ombre dà una forza che è tutta nostra. Di quella sono armata ora. Non sentire il bisogno di ingannarmi.

Giovanni  Non lo sentivo.

Alma        Non sentire il bisogno di consolarmi. Sono venuta qui da pari a pari, lealmente. L'hai detto tu, sincerità fino in fon­do! E fino in fondo allora! Senza risparmio di colpi, avanti, brutalmente, senza pudore! Non è più un segreto che io ti voglia bene! È stato mai un segreto, ti voglio bene dal tempo dei tempi, da quando ti chiesi, una volta, di leggere con le dita il nome dell'angelo della fontana. Sì, ricordo quei lunghi pome­riggi di quando eravamo bambini, io chiusa in casa al piano­forte e sentivo i tuoi compagni chiamarti: « Gianni, Gianni! » Mi saltava il cuore in gola al solo sentirti chiamare! e via di corsa alla finestra a vederti saltar giù dalla balaustra del portico! Me ne stavo da parte, lontana, in fondo alla strada, unicamente per non perdere d'occhio un momento il tuo maglione rosso, sdru­cito, che caracollava sul terreno da vendere dove andavi a gio­care. Sì, così presto m'è nata, questa afflizione d'amore, per non lasciarmi più, anzi affondandomi dentro! Ho vissuto un giorno dopo l'altro della mia vita nella casa accanto alla tua, ad ado­rare, io meschina, io divisa, in ginocchio la tua semplicità e la tua forza. Questa, è la mia storia. E ora vorrei solo sapere da te perché non è potuto succedere, tra me e te? Perché ho fatto fiasco? Perché mi sei venuto vicino, ma non abbastanza?

Giovanni  Ogni volta che ci siamo incontrati, le tre o quattro volte che... Alma    Così poche?

Giovanni Non più di tante sono le volte che ci siamo guardati negli occhi. E sembrava sempre che ognuno di noi cercasse qual­che cosa nell'altro, ma senza sapere bene che cosa. Non era sete di sensi benché potesse sembrarlo dal modo con cui mi com­portai quella sera del Casino; non volevo te in senso fisico! Alma    Lo so, me l'hai già...                                                

Giovanni    Non avevi quello da offrirmi!                                              

Alma         Quella volta no.

Giovanni Avevi da dare altro!        

Alma         Che cosa?                                                  

Giovanni accende un fiammifero e curva inconsciamente la palma sulla fiamma per riscaldarsela. È un lungo fiammifero da cucina e dà una bella fiamma. Restano tutti e due intenti a guar­darla, mentre si fa strada in loro una dolorosa comprensione, ancora incerta. Quando il fiammifero sta per bruciargli le dita Alma si china a spegnerlo con un soffio, poi riinfila i guanti.

Giovanni Tu non sapresti indicarlo con un nome né io saprei riconoscerlo. Allora credetti che non fosse altro che ghiaccio puritano che scintillasse come fiamma. Era fiamma, ora lo sento e non ghiaccio. E sono sicuro che c'era, anche se non capisco ancora tutto, come sono sicuro che i tuoi occhi e la tua voce sono le due cose più belle che io abbia mai conosciute e le più ardenti, anche se non sembrano appartenere al tuo corpo...

Alma        Tu parli come se per te il mio corpo non esistesse più. Giovanni, benché tu m'abbia appena contato i battiti del polso. Sì, è così! Volevi evitarlo ma me l'hai detto chiaro e tondo! Si sono capovolte le carte, sì, e le carte hanno pronunciato ven­detta! Tu sei passato dalla mia parte e io dalla tua come due per­sone che si scambino visita alla medesima ora, e tutt'e due tro­vano l'altro fuori, la porta sprangata e nessuno a rispondere al campanello! (Ride). Io ero venuta a dirti che per me non aveva più molta importanza che tu facessi o no il gentiluomo, e tu mi dici che devo restare una signora. (Ride con maggiore violenza) Si sono capovolte le carte! L'aria qui è impregnata d'etere, mi fa girare la testa...

Giovanni    Apro una finestra.

Alma         Per piacere.

Giovanni    Ecco.                                                         

Alma        Grazie, così è meglio. Ti ricordi quelle compressine bian­che che mi desti una volta? Le ho finite e non so come fare ad averne.

Giovanni    Ti scrivo la ricetta. (Si china a scrivere).       

Lella è in anticamera e i due sentono la sua voce.

     

Alma        C'è una persona che aspetta in anticamera, Giovanni. Una delle mie allieve di canto. La più giovane e la più carina e la meno dotata per la musica. Quella che ti ha aiutato ieri sera a impacchettare questo fazzoletto per me. (Lo estrae e se lo porta (   agli occhi).

La porta si apre, appena appena. Lella fa capolino e ride. Poi spalanca la porta con uno scroscio di allegre risate. Ha del vi-schio alla giacca. Corre verso Giovanni e lo abbraccia con strilli di bambina.

Lella        Ho girato per tutta la città urlando come una matta! Giovanni    Urlando che cosa?                                                

Lella        Il fausto annuncio!                                                   

Giovanni guarda Alma dalla spalla di Lella.

Giovanni Ma non avevamo intenzione di non comunicarlo a nes­suno per adesso?

Lella        Non potevo resistere. (Si rivolta) Oh, Alma, le ha detto?

Alma        (tranquillamente) Ce n'era bisogno Lella? L'avevo indo­vinato... dagli auguri di Natale con i vostri due nomi.

Lella corre da Alma e l'abbraccia. Alma guarda Giovanni di sul­la spalla di Lella. Egli accenna un gesto strozzato come se vo­lesse parlare. Lei sorride disperatamente e scuote la testa. Chiu­de gli occhi e si morde un istante le labbra. Poi si stacca da Lella con una risata esageratamente gaia.

Lella        Così, Alma lei è stata la prima a sapere!

Alma         E me ne vanto, Lella.

Lella        Vede, al dito? Questo era il regalo di cui le avrei voluto parlare!

Alma         Oh che amore, oh che amore di solitario! Ma solitario non è la parola adatta! Solitario significa singolo, mentre questo vuol dire due! È accecante Lella, davvero!... mi fa male agli occhi!

Giovanni prende Lella per un braccio e l'attira a sé. Quasi di scatto Alma solleva il volto: è inondato di lacrime. Annuisce di gratitudine a Giovanni per aver distratto l'attenzione di Lella. Prende i guanti e la borsa.

Giovanni Deve scusarla, signorina Alma. È una tale bambina.

Alma        (con una risata soffocata)    Bisogna che scappi adesso.

Giovanni Non dimentichi la ricetta.   

Alma         Ah già, dov'è la ricetta?                       

Giovanni    Sul tavolo.

Alma         La porto subito subito in farmacia!                                 

Lella si dibatte per liberarsi dall'abbraccio di Giovanni che le impedisce di voltarsi verso Alma.

Lella        Alma, non vada via! Gianni, lasciami, Gianni! Mi strin­gi troppo forte, non mi fai respirare!

Alma         Addio.

Lella        Alma! Alma, canterà lei alle nozze, sa? La prima dome­nica di primavera! La domenica delle Palme! La voce che bisbi­gliò nell'Eden.

Alma ha chiuso la porta. Giovanni stringe gli occhi con un'e­spressione di tormento. Tempesta di baci la fronte, il collo, le labbra di Lella. La scena si oscura con musica.

SCENA DODICESIMA                        

La fontana.

Nel parco vicino all'angelo della fontana, sull'ora del crepu­scolo.

Alma entra nel cerchio di luce e si dirige alla fontana a piccoli passi, chinandosi a bere. Poi cava dalla borsetta un pacchetto bianco che comincia a svolgere.

Nel frattempo, sopraggiunge un giovanotto vestito a quadri, con una bombetta. Si ferma presso la panchina. I due si sbir­ciano. Un treno fischia lontano. Il giovanotto si schiarisce la voce. Il fischio si ripete. Il giovanotto si avvia alla fontana, lo sguardo su Alma. Lei è incerta, sta col pacchetto aperto in mano; poi va alla panchina e si ferma titubante. Lui affonda le mani in tasca e si mette a fischiare. Si guarda ogni tanto dietro le spalle per darsi un contegno.

Alma si scosta la veletta con mano incerta. Lui smette piano piano di fischiare, alternando sui tacchi mentre il treno fischia di nuovo. Improvvisamente si volta verso la fontana e si curva a bere. Alma ficca di nuovo il pacchetto nella borsa. Mentre il Giovanotto si rialza lei mormora con voce appena percettibile.

Alma         L'acqua è fresca.

Giovanotto (premuroso)    Come dice?

Alma         Dico, l'acqua è fresca.

Giovanotto    Ah sì, si, fresca e ottima.

Alma         Si mantiene sempre fresca.

Giovanotto    Sì, eh?                                                             

Alma         Sì, anche d'estate. Viene da molto profondo.

Giovanotto    Ah, si deve a questo?                                        

Alma         È rinomata, Glorious Hill, per le sue sorgenti artesiane.

Giovanotto Non sapevo. (Il giovanotto cava in modo convulso le mani di tasca. La sua giovanile inesperienza la rinfranca).

Alma         È forestiero in questa città?

Giovanotto    Faccio il piazzista.

Alma        Ah, lei è uno di quei piazzisti in cerca di piazze! (Ride con garbo) Ma lei non ha la loro età né la loro pancia!

Giovanotto Sono alle prime armi. Viaggio per il calzaturificio Oca Rossa!

Alma         Ah! E il suo raggio d'azione è il Delta?

Giovanotto    Da Peabody Lobby a Cat-Fish Row in Vicksburg.

Alma        (spinge indietro il busto e lo guarda con occhi socchiusi un pochino invitanti) La vita del piazzista è allettante... ma so­litaria.

Giovanotto    Questo, ha ragione. Le camere d'albergo sono molto solitarie.                                                                 

C'è una pausa. Lontano un treno fischia ancora.

Alma         Non c'è camera che non sia solitaria quando si è soli. (Gli occhi le cadono dal sonno).

Giovanotto    Lei è stanca, no?

Alma        Stanca? Io? (Starebbe per negarlo, poi ride debolmente e confessa la verità) Sì... un poco. Ma tra poco riposerò. Ho ap­pena preso il mio cachet per il sonno.

Giovanotto    Così presto?                                          

Alma         Oh, non per dormire. Mi cAlma i nervi.                                        

Giovanotto    È nervosa?                                           

Alma         Mi hanno dato ragione in una certa disputa oggi.

Giovanotto    E per questo è nervosa? Capirei se le avessero dato torto.

Alma         Ma non volevo avere ragione...                                                                  

Giovanotto    Anch'io sono un po' nervoso.  

Alma         Per quale ragione?

Giovanotto    Sono al primo viaggio e ho paura di batterci il naso.

L'intimità così misteriosamente improvvisa che accomuna a vol­te due estranei più che se fossero vecchi amici o amanti li pren­de entrambi.

Alma        (gli porge la scatola dei cachet)    Allora lei ha diritto a uno dei miei cachet.

Giovanotto     Ah, mi butto?         

Alma         Ne prenda uno, la prego.                                                             

Giovanotto    E buttiamoci!!!

Alma         Lei rimarrà sorpreso del loro magico potere. Il numero della ricetta è 97814. Io lo chiamo il numero telefonico di Dio!

Ridono entrambi. Lui si mette un cachet sulla punta della lin­gua e corre alla fontana per mandarlo giù con un sorso.

Giovanotto (alla statua di marmo) Grazie Angelo. (Gli fa una riverenza e ritorna da Alma).

Alma        La vita è piena di piccole consolazioni come questa, non di grandi consolazioni ma di piccole caritatevoli consolazioni; che ci permettono di andare avanti... (Si è abbandonata indie­tro con gli occhi socchiusi).

Giovanotto (di ritorno)    Lei si sta addormentando.

Alma        Oh, macché, no. Sto ad occhi chiusi. Sa come mi sento io adesso? Mi sento un fiore di loto.

Giovanotto    Un fiore di loto?

Alma        Sì, mi sento come un fiore di loto su una laguna cinese. Non siede? (Il Giovanotto esegue). Il mio nome è Alma, che in spagnolo vuol dire anima. E il suo?

Giovanotto Ah, ah! Il mio Tom Kramer. Mucho gusto, come dicono in Spagna.

Alma         ¿Usted habla espahol, seNor?

Giovanotto    ¡Un poquito! ¿Usted habla español, señorita?

Alma         Mi tambien. ¡Un poquito!

Giovanotto (divertendosi un mondo) Ah... ah... ah...! Certe volte un poquito è un po' molto! (Alma ride... in un modo di­verso da come ha riso finora. In modo un po' stanco. Ma spontaneo. Il Giovanotto si piega confidenzialmente verso di lei). Quali attrazioni notturne offre questa città?

Alma        La città a dire il vero di attrazioni notturne non ne offre gran che, ma in riva al lago ci sono locali che in fatto di diver­timenti non lasciano niente a desiderare. Ce n'è per esempio uno chiamato Casino di Moon Lake: anche se è cambiato poco fa di gestione, non credo sia cambiato di genere.

Giovanotto    E che genere è?

Alma         Allegretto. Allegretto anzichenò, signor Kramer.

Giovanotto    Ma che Cristo stiamo a fare qui allora? ¡Vamonos!

Alma         ¡Como no, señor!

Giovanotto Ah, ah, ah. (Salta in piedi) Chiamo un tassì. (Esce gridando) Tassì.

Alma si alza dalla panchina. Mentre si avvia alla fontana la gra­vita del dramma è ristabilita da una frase di musica. Davanti all'angelo di marmo. Alma leva la mano guantata in una sorta di saluto di addio. La volge poi agli spettatori, alta in un gesto che è domanda e conclusione a un tempo mentre cala la tela.