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ETTORE

Commedia in tre atti

di ENRICO DECOIN

VERSIONE ITALIANA DI A. DE STEFANI

PERSONAGGI

Vagabondo

Primo povero

Secondo povero

Clara

La Cassiera

Miss Bloomfield

La Povera.

Ettore

Enrico

Babbo La Tronche

Guardia repubblicana

Il Salutista

Giorgio

Usciere di teatro

Il primo atto nell'atrio di un teatro. Il secondo e il terzo all'Esercito della Salute.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

L'atrio di un teatro. In mezzo l'Ufficio di controllo. A destra la cassa. Dietro il banco del controllo, per tutta la larghezza del centro, nel fondo, una grande ve­trata che dà sul secondo atrio. Gli spettatori sono già entrati. Il campanello annuncia l'alzarsi del sipario. Dei ritardatari giungono frettolosi e spariscono in teatro. All'alzarsi del sipario una guar­dia repubblicana passeggia, la cassiera annota i bigliettari ed Enrico è seduto al banco del con­trollo: è in frali.

Enrico                           - Auff! (si asciuga la fronte) Che sudata!

Guardia                         - Eppure fa freddo.

Enrico                           - Ho sudato lo stesso.

Guardia                         - Che calca!

Enrico                           - Pareva che volessero travolgere il banco del controllo.

Guardia                         - Avete notato che le più aggressive son le donne?

Enrico                           - E perché dovrebbero cambiare la loro indole?

Guardia                         - C'era una piccina che tirava la mia cintura...

Enrico                           - Carina?

Guardia                         - Non potevo veder­la: era dietro di me.

Enrico                           - La sentivate!

Guardia                         - Sciocchezze!

Enrico                           - Graziose!

Guardia                         - Poesia!

Enrico                           - (alla cassiera) Quan­to abbiamo fatto, signora Goyard?

Cassiera                         - (sporgendo la testa dallo sportello) Io faccio 65.000.

Enrico                           - Esatti?

Cassiera                         - Sì. Voi?

Enrico                           - Aspettate. Sto verifi­cando. (Calcola sulla pianta).

Guardia                         - Il vostro collega ha scelto il giorno buono per non venire.

Enrico                           - Eppure non manca mai... L'essenziale è che tutto sia andato bene.

Cassiera                         - E nessun numero doppio, vero, signor Enrico?

Enrico                           - Finora no: ma biso­gna aver pazienza!

Cassiera                         - Oh, non abbiate paura: non ce ne saranno!

Enrico                           - Siete la regina di tut­te le cassiere.

Guardia                         - 65.000! Nespole! Questo si chiama un incasso!

Enrico                           - Sera di Natale!

Spettatore                     - (giungendo ansan­te, ad Enrico) Scusate È già cominciato?

Enrico                           - Il sipario è alzato da cinque minuti.

Spettatore                     - (precipitandosi ver­so la porticina che dà sulla stra­da) Presto! Presto! Sbrigati... Hanno già cominciato... Il sipa­rio è già su da un quarto d'ora!

Spettatrice                     - (comparendo, importante ed ansimante) Se mi aiutassi invece di correre!

Spettatore                     - Cammini come una tartaruga!

Spettatrice                     - Eugenio, un po' d'educazione o me ne vado!

Spettatore                     - (cercando in tasca) E i biglietti? Non li trovo più.

Spettatrice                     - È naturale! Li hai perduti! Lo sapevo!

Spettatore                     - Se non mi facessi perdere la testa coi tuoi vestiti... Ogni volta che dobbiamo uscire...

Spettatrice                     - Nella tasca del­la rivoltella!

Spettatore                     - Sai bene che non ho rivoltella!

Spettatrice                     - Ma hai la tasca...

Spettatore                     - (trionfalmente) Eccoli! Presto! Sbrigati... (lo spettatore tende i biglietti ad Enrico che li guarda stupito).

Enrico                           - Ma non è per questo locale: vi sbagliate.

Spettatore                     - Come? Non si rappresenta il Don Giovanni dell'Autobus?

Cassiera                         - Ma no: il cinema­tografo è di fronte.

Spettatore                     - Di fronte? Oh, questa poi! (si precipita in istra­da seguito dalla spettatrice che lo investe).

Cassiera                         - Questa clientela del cinematografo, che teste!

Guardia                         - (pensoso) Il Don Giovanni dell'Autobus!

Enrico                           - (alla cassiera) Io tro­vo 65.000 e 4.

Cassiera                         - Avete contato il palco sbarrato in nero?

Enrico                           - Naturalmente.

Cassiera                         - No: è per il barone Moussouleyne. Non ha pagato. Il barone non aveva rotti. Pa­gherà dopo il primo atto...

Enrico                           - (malizioso) Ah, guar­da guarda...

Cassiera                         - Come sarebbe?

Enrico                           - Chi non aveva mo­neta? Il barone o voi?

Cassiera                         - E con questo?

Enrico                           - Piccola mancia per la cassiera.

Cassiera                         - Ho due figli.

Enrico                           - Se lasciaste dormire vostro marito... questo non sa­rebbe accaduto.

Cassiera                         - Perché, vostra moglie vi lascia dormire...? (pausa).

Enrico                           - Bella serata!

Cassiera                         - Ho venduto perfi­no lo strapontino 14.

Enrico                           - È la prima volta! Com­plimenti!

Cassiera                         - E il signor Ettore?

Enrico                           - Ancora niente.

Cassiera                         - È preoccupante.

Enrico                           - Sono preoccupato.

Cassiera                         - Non manca mai.

Enrico                           - Appunto.

Cassiera                         - Purché non gli sia capitato niente...

Enrico                           - Con questo tempo!

Cassiera                         - Nevica sempre?

Guardia                         - Nevica? Vien giù che non ci si vede a due metri...

Cassiera                         - (lugubre) Esatta­mente come nel mio sogno.

Enrico                           - Quale sogno?

Cassiera                         - Il sogno che ho fat­to la notte, scorsa... Un sogno spaventoso.

Enrico                           - Nevicava nel vostro sogno spaventoso?

Cassiera                         - E il signor Ettore si faceva schiacciare da un auto­bus a sei ruote.

Enrico                           - Siete allegra voi! (in questo momento entra Giorgio, ragazzo, meno di treni'anni, per­fettamente odioso).

Giorgio                          - (ad Enrico) Allora?

Enrico                           - (desolato) Ancora niente.

Giorgio                          - Questa poi!

Enrico                           - Giungerà da un mo­mento all'altro...

Giorgio                          - Non si prende in gi­ro la gente fino a questo punto!

Enrico                           - Le strade sono gelate.

Giorgio                          - E con questo?

Enrico                           - Forse è scivolato...

Giorgio                          - Una sera di teatro esaurito non si scivola.

Enrico                           - Nevica talmente...

Giorgio                          - Gli spettatori non hanno scivolato: sono venuti. Se dovessimo chiudere ogni volta che nevica, dove andremmo a finire?

Enrico                           - Capisco, capisco: sol­tanto, per il signor Ettore, la co­sa è un po' speciale...

Giorgio                          - Le cose speciali non m'interessano... Io sono ammini­stratore: amministro! Qualunque cosa accada, si avverte! Si tele­fona! Un po' di diligenza che diamine! E la sera di Natale poi! Questo è delittuoso, ecco! (una pausa. Cammina, agitato, in su e in giù) Del resto il vostro amico Ettore è uno spirito ribelle... Me ne sono già accorto! Un ribelle!

Enrico                           - Il signore avrà nota­to che tutto s'è svolto normal­mente!

Giorgio                          - Una bella fortuna!

Enrico                           - E non c'è stato tram­busto, nessun reclamo!

Giorgio                          - Ci sarebbe da con­cludere che tutto va meglio quan­do egli non c'è,

Enrico                           - Ettore non è mai in ritardo.... È d'un'esattezza...

Giorgio                          - L'esattezza finisce il minuto stesso in cui comincia il ritardo. In ogni modo il Capo del Controllo deve essere al suo posto prima che si aprano le por­te! Io questo so! (Pausa. Cammi­na) Quanto abbiamo fatto?

Enrico                           - 05.000 e 4...

Cassiera                         - Io ho venduto tutto!

Giorgio                          - (ad Enrico) M'avver­tirete appena egli giunge. Quan­to avete detto?

Enrico                           - Sessantacinquemila e quattrocento franchi!

Giorgio                          - (alla Cassiera) I li­bretti prima dell'intermezzo, mi raccomando.

Cassiera                         - Benissimo.

Giorgio                          - Che ora è?

Cassiera                         - Le nove precise..

Giorgio                          - (ad Enrico) Dite da parte mia al vostro collega che è inutile che prenda posto: può tornare di dove viene. E che pas­si domani dal mio ufficio..

Enrico                           - Va bene.

Giorgio                          - Ah! Per evitare ogni confusione, siano proibite le usci­te durante l'intermezzo. C'è trop­pa gente. Quindi un controllore ad ogni porta e molta cortesia.

Enrico                           - Capito.

Giorgio                          - (alla guardia) Guar­dia, avete udito?

Guardia                         - Udito e capito.

Giorgio                          - (indicando la fotogra­fia di un'attrice) Quel quadro è di traverso. (Alla Cassiera) Si­gnora Goyard!

Cassiera                         - Signore...

Giorgio                          - Quel quadro mi dà il mal di mare. Salirete su una sedia e lo rimetterete diritto.

Cassiera                         - È alto...

Giorgio                          - Se cadete, l'assicu­razione paga... (esce).

Cassiera                         - Se crede che io vo­glia rompermi una gamba per i begli occhi della sua stella!

Enrico                           - Da quando suo padre l'ha nominato amministratore si dà certe arie! (la Cassiera sale su una sedia e d'un colpo sposta il quadro che ora pende più dì tra­verso ancora, ma dall'altra parte).

Cassiera                         - (che non se ne rende conto) Ecco fatto!

Guardia                         - Deve essere l'aman­te d'un deputato!

Cassiera                         - (sempre sulla sedia) Perché?

Guardia                         - Prima era a sinistra, ed ora è a destra.

Cassiera                         - Che vuol dire?

Guardia                         - So ben io! Quando avrete il diritto di voto, capire­te anche voi! (Pausa. La Cassie­ra discende dalla sedia).

Cassiera                         - Allora comuniche­rete a Ettore che è licenziato?

Enrico                           - Io no, di certo.

Cassiera                         - Povero signor Et­tore. È così gentile... {il telefo­no suona alla cassa. La Cassiera si precipita al microfono) Forse è lui! Pronti! Pronti! Ma pronti, andiamo! Ah, ecco! Sempre così! {scuote l'apparecchio) Purché non sia all' ospedale! Pronto! Sie­te voi, signor Ettore? Goyard. Sì, la cassiera! Come? Volete... {brusca) Ma no, non ci sono più posti! Perché vi ho chiamato Et­tore? £ stato un errore... Sì... Sì... Buona sera... (riappende). Idiota! Due poltrone, alle nove, la sera di Natale!

Guardia                         - Il vostro collega sta perdendo il posto!

Enrico                           - Se n'infischia!

Guardia                         - Allora, se se n'infi­schia, perché lavora?

Enrico                           - E voi, perché lavo­rate?

Guardia                         - Per mangiare...

Enrico                           - Anche lui!

Guardia                         - Allora non se n'in­fischia...

Enrico                           - (malinconico) Sono io che lo dico.... (pausa).

Cassiera                         - Credete proprio che lo mandino via?

Enrico                           - A meno che Ettore non si scusi...

Cassiera                         - Oh per questo... Il signor Ettore farà ogni scusa...

Enrico                           - Non credo che sia nel suo stile. Ha fatto la guerra.

Guardia                         - Sono incidenti che capitano...

Enrico                           - Evidentemente.

Guardia                         - Ma io conosco mol­ta gente che ha fatto la guerra e che ha un ottimo carattere.

Enrico                           - Impossibile!

Guardia                         - Diamine! È così bel­lo poter tornare sani e salvi!

Enrico                           - Non sempre!

Guardia                         - Cose che si dicono! Ma si è contenti lo stesso.

Enrico                           - Io ne conosco che non lo sono...

Guardia                         - Piano! Piano! A sta­re a sentire costoro, vorrebbero tutti essere sepolti sotto l'Arco di Trionfo!

Enrico                           - Siete duro!

Guardia                         - No: non sono duro. Sono logico, ecco tutto. Io cono­sco gli uomini, io.

Cassiera                         - (scorgendo Ettore) Ecco il signor Ettore!

Enrico                           - Ah!

Cassiera                         - (la testa fuori dello sportello) Il mio sogno è can­cellato!

(Ettore è un uomo di 35 anni. Entra tranquillamente: è stanco, trascina un po' la gamba, ha brut­ta cera. Ha il soprabito, cappello a bomba, legion d'onore, medaglia militare, croce di guerra).

Enrico                           - E allora che c'è?

Ettore                            - (come un cane che te­me i colpi) Ma!

Enrico                           - Le nove!

Ettore                            - Ho fatto quel che ho potuto... (sì dirige in fondo, a si­nistra, si toglie il soprabito, la sciarpa, il cappello e dispone il tutto nell'armadio. È in frak).

Enrico                           - Il sipario è alzato da venti minuti.

Ettore                            - Scusami! Ti ho dato molto da fare...

Enrico                           - Ma no...

Ettore                            - È proprio a te che ho pensato. Una sera simile. Non ho fortuna...

Enrico                           - Non ti preoccupare. Tutto è andato benissimo...

Ettore                            - Grazie a te...

Enrico                           - Per carità!

Ettore                            - (stringendogli la ma­no) Grazie! E la signora Goyard va bene?

Cassiera                         - E voi?

Ettore                            - Potrebbe andar me­glio. La gamba... Ma!

Cassiera                         - Eravamo in pensie­ro per voi! Con questo tempo!

Ettore                            - Già; brutto tempo.

Cassiera                         - Non siete scivolato almeno?

Ettore                            - No... Ho camminato lungo i muri, dove la neve è fresca.... (a Enrico) L'ammini­stratore ha chiesto di me?

Enrico                           - Sì.

Ettore                            - Ah!

Enrico                           - Vieni a sedere, va.

Ettore                            - Non riuscivo ad al­zarmi.... Per poco non venivo. (pausa) Quanto?

Enrico                           - Più di 65.

Ettore                            - Buon Natale!

Enrico                           - Tutto esaurito!

Cassiera                         - Io ho venduto tutto.

Ettore                            - Viva il Messia!

Enrico                           - É venuto due volte.

Ettore                            - Chi?

Enrico                           - L'amministratore!

Ett.                                - Troppo gentile per me...

Enrico                           - Mi ha detto di avver­tirlo appena tu fossi giunto...

Ettore                            - Lo avverto io: sarà più cortese... (al telefono) Pronti! Il signor Giorgio? Buona sera, si­gnor Giorgio... Ettore... Sì... Ven­go... Pronti... Son giunto ora... Va bene (riappende).

Enrico                           - Allora?

Ettore                            - Pareva che soffocasse al telefono.

Enrico                           - Ci vai?

Ettore                            - No, viene lui.

Enrico                           - Se fossi in te, soppor­terei senza fiatare.

Ettore                            - Evidentemente... Che mi può fare?

Enrico                           - Lascialo dire!

Ettore                            - Potrei anche avere il coraggio di non ascoltarlo!

Enrico                           - Andartene?

Ettore                            - Perché no?

Enrico                           - Ma tu sei al disopra di tutto ciò!

Ettore                            - Lo so... Soltanto se gli dò retta oggi, domani egli fa­rà un fischio ed io mi metterò a correre scodinzolando.

Enrico                           - Sei pazzo!

Ettore                            - Mi secca...

Enrico                           - Secca tutti.

Ettore                            - Appunto.

Enrico                           - Perché non dirgli che la tua ferita ti fa male?

Ettore                            - Come?

Enrico                           - È la verità...

Ettore                            - (sogghignando) Par­lare sinceramente delle proprie ferite!

Enrico                           - Che male c'è?

Ettore                            - Tua moglie sta bene?

Enrico                           - (a voce bassa, scorgen­do Giorgio) Eccolo... Sta zitto!

Ettore                            - Io non apro bocca...

Enrico                           - To': prepara il bor­derò.

 Ettore                           - E se gli tirassi le orecchie? Le sue orecchie mi at­tirano.. .

Enrico                           - Sta calmo!

Ettore                            - Come vuoi tu... (Giorgio entra: è furioso. Si di­rige verso Ettore).

Giorgio                          - Vi informo signore, che la sala è colma.

Ettore                            - Mi scuso d'essere giunto in ritardo...

Giorgio,                         - V'informo inoltre che sono le nove è dieci!

Ettore                            - Ho fatto l'impossibile.

Giorgio                          - Sono esattamente 25 minuti che il sipario è alzato...

Ettore                            - Vogliate credere che...

Giorgio                          - Ci tengo ad avver­tirvi che il Capo Controllo non serve proprio a niente quando giunge al suo posto dopo l'alza­ta del sipario!

Ett.                                - Capisco perfettamente...

Giorgio                          - Tacete! (Pausa) Quando un uomo è incapace di tenere un posto per ragioni di sa­lute, lo cede a un altro. La no­stra epoca non ci permette di trascinare pesi morti.

Enrico                           - (a Giorgio) Ettore è un ferito di guerra: e quando il tempo è umido...

Giorgio                          - Il teatro non è un ospizio d'invalidi. I mutilati go­dono le loro pensioni... Io sono un contribuente: ne so qualcosa.

Ettore                            - (con un timido sussul­to) Comunque, signore...

Giorgio                          - So quello che dico!

Ettore                            - Non discuto...

Giorgio                          - Lo spero!

Ettore                            - Avete ragione...

Giorgio                          - Venite, dopo l'inter­mezzo, nel mio ufficio (esce).

Ettore                            - (ad Enrico) Sei con­tento, ora?

Enrico                           - Ti chiedo scusa.

Ettore                            - Perché? È divertente quel piccino.... (Lunga pausa. Enrico scrive sulla pianta: la cas­siera ha nascosto la testa: la guardia si liscia i baffi ed Ettore macchinalmente fischietta).

Guardia                         - (decidendosi) Ner­voso il piccino...

Ett.                                - Quel che stavo per dire.

Guardia                         - Capiterà qualche cosa.

Ettore                            - Già capitata.

Guardia                         - (ad Ettore) È il na­stro della Legion d'Onore che avete....?

Ettore                            - Sì: un po' sporco, ma è sempre lui.

Guardia                         - (osservando più da vicino) Ed anche... la medaglia militare?

Ettore                            - Tutta la famiglia!

Guardia                         - Complimenti!

Ettore                            - Son cose che danno u n'aria ricca.

Guardia                         - (con invidia) Stan­no bene.

Ettore                            - Posso prestarvele!

Guardia                         - Voi... voi siete un mattacchione...

Ettore                            - C'è di che!

Guardia                         - Vi devono guardare, quando passate...

Ettore                            - Ci sono abituato...

Guardia                         - (credendo che. faccia lo spaccone) Ah! Ah!

Ettore                            - Sì... Quand'avevo tre anni la mia povera mamma mi vestiva da generale con un pen­nacchio in testa e una legion d'o­nore al petto.

Guardia                         - Una bella prepara­zione!

Ettore                            - Doveva finire così... (pausa; la guardia rialza i baffi).

 Guardia                        - La guerra, natural­mente?

Ettore                            - Naturalmente.

Guardia                         - Bello!

Ettore                            - Già: bello...

Guardia                         - Eravate ufficiale?

Ettore                            - Capitano!

Guardia                         - (mettendosi istintiva­mente sull'attenti) Perbacco!

Ettore                            - Riposo!

Guardia                         - Comunque...

Ettore                            - Oh, sapete, non c'è che frequentare i campi di bat­taglia per scroccare una bella si­tuazione...

Guardia                         - Capitano!

Ettore                            - Vi pare? Commoven­te! Generale a tre anni, capitano a 25, controllore a 33... Bella car­riera! (Pausa).

Guardia                         - Io ho sempre rim­pianto d'essere nella Guardia...

Ettore                            - Scommetto che non hanno voluto lasciarvi partire!

Guardia                         - Eh no!

Ettore                            - Gelosia!

Guardia                         - (epico) Altrimenti... Avrei fatto un macello laggiù.... Io sono di quei tipi che... Io lo so. La morte, che volete, io me ne infischio. Ma son cose passate!

Ettore                            - (dopo una breve pausa) Ho conosciuto un vostro colle­ga laggiù...

Guardia                         - (geloso) Un privile­giato!

Ettore                            - Per quello sì.

Guardia                         - Qualcuno che aveva delle raccomandazioni!

Ettore                            - Non me ne parlate!

Guardia                         - (geloso) Non deve aver avuto difficoltà, con i gallo­ni quello lì!

Ettore                            - Proprio così.

Guardia                         - Tenente almeno?

Ettore                            - Di più.

Guardia                         - No? Capitano?

Ettore                            - Ancora di più.

Guardia                         - (morendo di gelosia) Oh figlio d'una... scopa! Colon­nello?

Ettore                            - Meglio.

Guardia                         - Oh, diavolo!

Ettore                            - Morto sul campo dell'onore. (Pausa).

Guardia                         - Oh boia d'un desti­no! Non pensavo... Allora... allo­ra... Io lo saluto! Capirete bene che lo saluto!

Ettore                            - Grazie per lui!

Guardia                         - Comunque è una bel­la morte.

Ettore                            - Non si può aver tutto.

Guardia                         - Quel che dico io. Ma è duro!

Ettore                            - Ma! E poi bisognava difendere Parigi!

Guardia                         - E ne abbiamo avute, bombe e proiettili! Non vi dico niente! Piovevano. E i vigliacchi avevano preso di mira la nostra caserma!

Ett.                                - L'avete scampata bella!

Guardia                         - C'eran delle notti nelle quali non si sentiva più nien­te! Eh, sacripante, bisognava es­serci, vi giuro che...

Ettore                            - Immagino.

Guardia                         - Bisognerà che vi rac­conti degli aneddoti tremendi su questa guerra.

Ettore                            - Troppo buono.

Guardia                         - Fanno venir la pelle d'oca!

Ettore                            - Non mi stupisce...

Guardia                         - E ne conosco! Ne co­nosco! Li ho segnati sul mio tac­cuino. Il taccuino è a casa. Ve lo porterò.

Ettore                            - Non osavo chiedervelo.

Guardia                         - (cottimo vmidost) Que­sto ci farà rivivere il passato....

Ett.                                - Sarà molto divertente.

Guardia                         - Intanto vado a fare un giro in sala per vedere se non ci sia un po' di tumulto!

Ettore                            - Buonissima idea.

Guardia                         - A fra poco!

Ettore                            - A fra poco! (La guar­dia repubblicana esce maestosa­mente).

Enrico                           - Nauseante!

Ettore                            - Che cosa?

Enrico                           - Sempre quelli che non ì'han fatta che ne parlano.

Ettore                            - Perché non la cono­scono...

Enrico                           - Quando li sento mi vien voglia di picchiare!

Ettore                            - Ecco! E un giorno te ne capita uno che è forte e che ti spacca la testa!

Enrico                           - Mi è capitato!

Ettore                            - Non me l'avevi mai detto...

Enrico                           - Non avevo osato....

Ettore                            - lo ti voglio bene, lo sai.

Enrico                           - Anch'io. (Pausa) Vai al veglione stasera?

Ettore                            - Figurati. Come le al­tre sere.

Enrico                           - Vieni con me.

Ettore                            - Dove?.

Enrico                           - A casa. Mia moglie ha preparato un pollastro. (In confidenza) E poco fa ho compe­rato qualche tartufo per farle una sorpresa. Li mangeremo be­vendo del buca Borgogna.

Ettore                            - Sei gentile...

Enrico                           - Rifiuti?

Ettore                            - Grazie...

Enrico                           - Non ti va?

Ett.                                - La mia gamba protesta...

Enrico                           - Il cattivo tempo!

Ett.                                - Che vuoi? Adora il sole.

Enrico                           - Ma perché non ti fai togliere il pezzo di granata che ''è rimasto?

Ettore                            - Non posso... E vaga­bondo... Ora qua, ora là...

Enrico                           - Ti farà qualche brut­to scherzo.

Ettore                            - Non credo. È un buon diavolo.

Enrico                           - Si direbbe che ci tieni.

Ettore                            - Ma!

Enr.                               - Io, per me, te lo lascio.

Ettore                            - Mi tien compagnia!

Enrico                           - Come vuoi!

Ettore                            - Sì, è sciocco... Ma che vuoi? Io sono solo: penso a lui. E quando non ho niente da l'are, questo mi occupa. È pieno di ricordi… (pausa).

Enrico                           - Fai il borderò?

Ettore                            - Me ne infischio dei borderò.

Enrico                           - Lo farò io.

Ettore                            - Scusami sai!

Enrico                           - Che hai stasera?

Ettore                            - Niente.

Enrico                           - Malinconie?

Ettore                            - Appena...

Enrico                           - È Natale!

Ettore                            - E con questo? Vuoi che provi a metter le scarpe nel caminetto? Domattina non ci troverei niente... Non sarebbero nemmeno lustrate. Bel Natale! Che vuoi? Io non ho nessun de­bole per il Messia... Io faccio co­me gli ebrei: lo aspetto, il Mes­sia. (La Cassiera rientra rapida con i bigliettari in mano).

Cassiera                         - L'intermezzo.

Enrico                           - Stasera non si apro­no le porte: troppa gente!

Cassiera                         - Vedeste la sala! Certe toilettes! (In questo mo­mento si distinguono dietro la ve­trata le ombre degli spettatori che fumano e chiacchierano durante l'intermezzo).

Ettore                            - Belle donne?

Cassiera                         - Splendide!

Ettore                            - Me ne infischio...

Cassiera                         - Cose che si dicono...

Enrico                           - Pubblico indulgente?

Cassiera                         - Buonissimo: sette chiamate! L'autore è nella sala. L'hanno riconosciuto.

Enr.                               - L'hanno riconosciuto?

Cassiera                         - Sì: ha dato dieci franchi ad ogni inserviente.

Enrico                           - Perché segnalino la sua presenza?

Cassiera                         - Diamine! (mette i bigliettari nella cassa).

Ettore                            - (dopo una pausa) Il nostro giovane amministratore sta meglio?

Cassiera                         - Mi ha detto di ri­cordarvi che vi aspetta dopo l'in­termezzo. Non lo dimenticate!

Ettore                            - Non penso ad altro.

Cassiera                         - Andateci e tutto si accomoderà, vedrete!

Ettore                            - Ne sono certo...

Cassiera                         - (ottimista) Nella vi­ta tutto s'accomoda.

Ettore                            - Tutto s'accomoda...

Cassiera                         - Ecco: io ho finito. Vado a riempire le scarpette di Mimile e di Pupù. (Va all'arma­dio e si veste rapidamente).

Ettore                            - La famigliola va bene?

Cassiera                         - I piccini dormono... Ma a mezzanotte, festa grande!

Ettore                            - Deve essere una gioia vera!

Cassiera                         - Al dodicesimo tocco della mezzanotte io accendo la luce nella stanzetta... E aspet­to... Il caminetto scintilla di tut­ti i colori dei giocattoli... Pupù si sveglia per prima. Le bimbe sono più sensibili. Mimile bron­tola un po': apre gli occhi. Si le­va di colpo e urla: « Papà Na­tale è venuto! Papà Natale è ve­nuto! » E si precipita, il brigan­te, per prendere tutto mentre Pu­pù, spaventata... Ma io vi an­noio, signor Ettore... Sono una sciocca.... (si asciuga gli occhi) Scusatemi, è la gioia. (Pausa) Vedrete, signor Ettore, quando avrete dei piccini... Le notti di Natale sono così belle!

Ettore                            - Credo, credo.

Cassiera                         - Ci si ricorda sem­pre dei Natali dell'infanzia...

Ettore                            - È vero...

Cassiera                         - (aggiustandosi il viso con lo specchietto della borsetta) Sono sicura che vi ricordate dei vostri!

Ettore                            - Se me ne ricordo! Era splendido! I nostri caminetti allora erano pieni di sciabole, di trombe, di cannoni e di scudi.

Cassiera                         - (stupita) E vero! Alle bambine si regalavano del­le divise da vivandiera! (Dopo che s'è messa il cappello in testa) Ora vado ad accendere l'albero.

Ettore                            - (assorto, estatico) Buon Natale, signora Goyard!

Cassiera                         - Grazie!

Ettore                            - (cambiando posto per guardar meglio nell'altro atrio) Baci ai bimbi!

Cassiera                         - Non mancherò.

Enrico                           - E non facciamo scioc­chezze, eh!

Cassiera                         - Oh, non dite be­stialità!

 Enr.                              - Buon Natale lo stesso!

Cassiera                         - Grazie briccone! (strette di mano. Essa esce).

Enrico                           - (accorgendosi del tur­bamento di Ettore) Che hai?

Ettore                            - (guardando sempre nell'atrio) Io? Che dici?

Enrico                           - Ti domando che co­s'hai...

Ettore                            - (idem) Io... Questa poi! Niente!

Enrico                           - Qualcuno che co­nosci?

Ettore                            - (idem) Sì... No... Che credevo di conoscere...

Enrico                           - Una somiglianza?

Ettore                            - (idem) Una somiglian­za, già!

Enrico                           - Non sali dal signor Giorgio?

Ettore                            - (mettendosi dietro il banco del controllo per meglio vedere) No, non salgo dal si­gnor Giorgio... No... Rimango qui con te...

Enrico                           - Ma insomma... che succede?

Ettore                            - (idem) Sarebbe trop­po buffo... Impossibile... (si fre­ga gli occhi) Di un pò, Enrico!

Enrico                           - Che cosa?

Ettore                            - Il lampadario...

Enrico                           - E allora?

Ettore                            - Èsempre acceso?

Enrico                           - Diventi pazzo?

Ettore                            - È acceso? Bene! No, perché credevo d'un tratto, d'a­vere delle visioni!

Enrico                           - (che non capisce) Ah sì?

Ettore                            - Straordinario come somiglia...

Enrico                           - Ma, insomma, a chi?

Ettore                            - (misteriosamente indi­cando la vetrata) Dietro di te... (Enrico guarda) No.,. Più a si­nistra... Ecco!

Enrico                           - (voltato nella direzio­ne indicatagli) Ebbene?

Ettore                            - Non vedi... una ra­gazza? (In questo momento si di­stingue dietro la vetrata in pri­mo piano una signorina elegante che conversa con varie persone).

Enrico                           - Quella che sta par­lando con varie persone?

Ettore                            - Sì!

Enrico                           - E allora?

Ettore                            - Ebbene, è lei!

Enrico                           - Chi?

Ettore                            - O meglio, non è lei! Ma è come se fosse...

Enrico                           - Quando ti vorrai spie­gare....

Ettore                            - Non comprendere­sti.... Del resto se ne va... (tutti e due guardano. Pausa).

Enrico                           - Che hai? Sei pallido...

Ettore                            - (alzandosi sulla punta dei piedi per vedere meglio) Niente... Un po' di stanchezza...

Enrico                           - Dormi poco?

Ettore                            - Io... È sparita... (pausa) Non che dorma poco: ma mi alzo presto.

Enrico                           - Credevo che comin­ciassi alle nove alla tua banca.

Ettore                            - Sì. Ma da quindici giorni mi alzo sempre alle sei...

Enrico                           - Alle sei? Per far che?

Ettore                            - Oh bella! Per segui­re una donna! (va verso la por­ta che dà nell'altro atrio, l'apre, si sporge e guarda).

Enrico                           - Tu segui una donna?

Ettore                            - (dal suo posto di osser­vazione) Un abbozzo di don­na: una ragazza.

Enrico                           - All'alzar del sole?

Ett.                                - Esce di casa alle sette...

 Enrico                          - Dove?

Ettore                            - (riavvicinandosi) Pa­rigi... Boulevard Malesherbes...

Enrico                           - Che cosa fa?

Ettore                            - Un mestiere molto strano...

Enrico                           - Straccivendola?

Ettore                            - No. Oh, bada bene che non sarebbe disonorante. È... È... deliziosa.

Enrico                           - In ogni modo non è milionaria!

Ettore                            - Evidentemente! In strada a quell'ora...

Enrico                           - (indicando la vetrata) Ora capisco... T'immagini che quella lì...

Ettore                            - Ecco!

Enrico                           - Niente altro!

Ettore                            - Sono rimasto colpito dalla somiglianza. Avevo credu­to... Avevo creduto vedere d'un tratto...           (pausa).

Enrico                           - E che cosa ti raccon­ta la tua ragazza delle sette del­la mattina?

Ettore                            - Ma... mi racconta... Non mi racconta niente...

Enrico                           - È muta?

Ettore                            - Sei pazzo! No. Non è muta. Almeno non credo..

Enrico                           - Come non credi?

Ettore                            - Non le ho ancora ri­volta la parola.

Enrico                           - Ho capito. Non vuoi aggredirla...

Ettore                            - Ecco! Non ci tengo affatto ad aggredirla. E non ci tengo a creare equivoci...

Enrico                           - Ti accontenti di se­guirla...

Ettore                            - Sì... sul marciapiede dell'altra parte.

Enrico                           - (ironico) Oh guarda!

Ettore                            - Aspetto che esca... Aspetto un quarto d'ora; qual­ che volta venti minuti... Nota che il tempo passa prestissimo... Mi distraggo Mi diverto a con­ tare i carretti di verdura che tor­nano dalle Halles... Guardo an­che le piccole lattaie che porta­ no il latte in casa dei clienti che dormono ancora... E poi... essa compare! Allora la seguo! La seguo a cinquanta metri, tranquil­lamente, con l'anima in festa...

Enrico                           - (come sopra) Dal mar­ciapiede di fronte...

Ettore                            - Appunto dal marcia­piede di fronte!

Enrico                           - (idem) Originale!

Ettore                            - (entusiasta) E come! Essa non sospetta di nulla... Se ne va... Cammina, sgambetta, ed io lì, dietro di lei... Quando essa viene sul mio marciapiede io, hop, passo sul suo!

Enrico                           - E viceversa! Insom­ma non sa che tu esisti?

Ettore                            - Non lo sa!

Enrico                           - Questa poi!

Ettore                            - Che cosa?

Enrico                           - Come? Ma anch'io ho seguito delle belle ragazze, non alle sette della mattina, ma in pieno giorno. Ma se ne accor­gevano, te lo giuro! Mi guarda­vano con una piccola aria biri­china che voleva dire: sbrigate­vi! Mi piacete! O con un'aria bur­bera che voleva dire: Lasciatemi in pace. Non siete il mio tipo! Allora io capivo.

Ettore                            - Questa non è la stes­sa cosa....

Enrico                           - Si dice sempre così.

Ettore                            - Non l'hanno mai se­guita...

Enrico                           - Te l'ha detto?

Ettore                            - No, ma si vede.

Enrico                           - È così brutta?

Ettore                            - È magnifica! Se la ve­dessi... (pausa) Senti, caro, è sem­plicissimo...

Enrico                           - Che cosa?

Ettore                            - Ebbene: mette sog­gezione!

Enrico                           - Perché non le hai mai parlato.

Ettore                            - Da quindici giorni che la seguo, cento volte ho avu­to la voglia matta di precipitar­mi e di dirle... Insomma di dir­le... tu mi capisci...

Enrico                           - E non hai potuto?

Ettore                            - No.

Enrico                           - Forse tu alla matti­na non sei in forze...?

Ettore                            - Vedi, caro, cosi, co­me stanno le cose, io sono felice. Essa è mia senza saperlo. Essa non mi ha detto né si né no. Ma in ispecie non mi ha detto di no. Ed è qualche cosa, sai, una ra­gazza che tu ami e che non ti ha ancora detto di no!

Enrico                           - Di questo passo...

Ettore                            - Che importa? Io ho una probabilità su mille di sen­tirmi dire di sì. Allora conservo questa minima probabilità d'un sì, per me, con me, il più a lungo possibile...

Enrico                           - Sei economo!

Ettore                            - Sono prudente! Io non ho mai avuto fortuna con le donne... Non so con precisione quel che bisogna dir loro... Non oso. Allora, capirai; se domani le parlo, ed essa mi ride in faccia, mi dice no, mi prende in giro, io sono rovinato... Mentre così, do­mani, io sono come oggi... col mio possibile, ipotetico si...

Enrico                           - E dopodomani...

Ettore                            - Non so... Dipende... Aspetto...

Enrico                           - Che cosa?

Ettore                            - Che cosa aspetto? Il momento propizio... Il piccolo in­cidente di strada che possa per­mettermi. .. Per esempio può sci­volare... Non so...

Enrico                           - Cadere in una fogna...

Ettore                            - Non riderei Non ca­pita mai che una donna scivoli?

Enrico                           - Oh, certo!

Ettore                            - Ecco l'incidente! Io mi precipito! Le domando se si è fatta male.... Le porgo il fazzo­letto perché si pulisca le mani... Spolvero la sua gonna...

Enrico                           - Per veder meglio le sue gambe...

Ettore                            - Eh???

Enrico                           - Le offri dei fiori.

Ettore                            - Ecco! Posso anche offrirle dei fiori...

Enrico                           - La riaccompagni...

Ettore                            - Questo sì: posso riac­compagnarla...

Enrico                           - E chiacchierate...

Ettore                            - Ecco: chiacchieria­mo. Chiacchieriamo tutti e due...

Enrico                           - Tu le confessi il tuo amore, essa è pazza di gioia, e cade tra le tue braccia dicendo « mamma mamma »...

Ettore                            - Questo, sai... Forse no... Ma insomma ho qualche possibilità...

Enrico                           - E com'è? Bruna o bionda?

Ettore                            - Ebbene, francamen­te... non lo so...

Enrico                           - Non lo sai?

Ettore                            - No. Ha un cappello­ne e sotto dei capelli tirati...

Enrico                           - Un cappellone?

 Ettore                           - Sì.

Enrico                           - Ma non sì usano più!

Ettore                            - Questo sai...

Enrico                           - É una mancanza di gusto!

Ettore                            - Le sta benissimo. (Et­tore sobbalza. Per la seconda vol­ta vede la ragazza profilarsi die­tro la vetrata) Eccola di nuovo!

Enrico                           - La piccina del boule­vard Malesherbes?

Ettore                            - Sì.

Enrico                           - (guardando) Fatti co­raggio: c'è errore.

Ettore                            - Che ne sai tu?

Enrico                           - (idem) Non so nien­te, ma immagino che questa sia una signorina della buona socie­tà... e non mi pare che abbia un viso da portare cappelloni... da correre per le strade alle sette di mattina e da essere seguita da te o da me...

Ettore                            - Sì.

Enrico                           - Ti pare?

Ettore                            - Ho capito.

Enrico                           - In più, questa è splen­dida.

Ettore                            - Appunto.

Enrico                           - Come?

Ettore                            - Ho detto: appunto! Appunto perché è splendida... io sono colpito dalla somiglian­za... È lei senza cappellone...

Enrico                           - Ma poiché non T'hai mai vista senza cappello!

Ettore                            - La vedo ora. Ho la sensazione che si sia tolta il cap­pello: ecco tutto. (Pausa).

Enrico                           - Se tu vuoi credere che sia lei, meglio per te. Non voglio toglierti le tue illusioni...

Ettore                            - Oh, io non ho nessu­na illusione! Se fosse lei, vedi, sarebbe spaventoso... Io non ci tengo affatto. Io prego che non sia lei.

Enrico                           - Allora non ti eccitare!

Ettore                            - Non mi eccito. Os­servo.

Enrico                           - Del resto, viene da questa parte. (Ettore si precipita verso sinistra nascondendosi. Die­tro la vetrata si vede la ragazza dirigersi lentamente verso la por­ta che dà sulla scena) Che hai?

Ettore                            - Io... Niente...

Enrico                           - Ti nascondi.

Ettore                            - Non mi nascondo. Mi dissimulo.

Enrico                           - Ma poiché non ti co­nosce!

Ettore                            - (ritornando sul davan­ti) È vero...

Enrico                           - Esageri!

Ettore                            - Non puoi immagina­re l'effetto...

Enrico                           - Eccola!

Ettore                            - Parlami!

Enrico                           - D'accordo...

Ettore                            - Dimmi qualche cosa!

Enrico                           - È deliziosa!

Ettore                            - Non mi parlare di lei!

Enrico                           - (alludendo all'uomo che accompagna la ragazza) È il suo amante?

Ettore                            - Sta zitto! (Clara in abito da sera entra nell'atrio del controllo continuando una con­versazione con uno di coloro che l’accompagnano).

Clara                             - Insopportabile! Sono venuta qui a questa esplicita con­dizione. Vi avevo avvertiti che me ne sarei andata prima della fine.... Trovo ridicolo e fuori po­sto che si voglia insistere ora per­ché rimanga... (ad Ettore) Pote­te dirmi l'ora, per favore?

Ettore                            - (sobbalzando) Uhm!

                                      - (trema e cerca l'orologio) Sono...

Enrico                           - (venendo in soccorso) Le dieci e tre esattamente, si­gnora. ..

Clara                             - Grazie... (al compa­gno) Ho ancora un quarto d'ora! Venite! (scompare in teatro) Ve­drò il principio del secondo atto. Pare che sia bello. (Campanelli che annunciano la fine dell'inter­mezzo).

Enrico                           - Allora? L'hai vista da vicino questa volta!

Ettore                            - (scombussolato) A-spetta...

Enrico                           - Su, su! Coraggio!

Ettore                            - Ne ho!

Enrico                           - Che cerchi?

Ettore                            - L'orologio.

Enrico                           - Ma se l'hai al polso!

Ettore                            - Già è vero! (pausa) Che vuoi che ti dica?. Se tu co­noscessi come me la ragazza che io seguo ogni mattina...

Enrico                           - Ammettiamo.

Ettore                            - Ebbene, diresti... In­somma è impossibile che si somi­gli fino a questo punto...

Enrico                           - È una sosia...

Ettore                            - No.

Enrico                           - Che sia la sorella?

Ettore                            - Non ha sorelle.

Enrico                           - Che ne sai?

Ettore                            - Intuito.

Enrico                           - Allora è lei!

Ettore                            - No!

Enrico                           - Non parliamone più!

Ettore                            - (febbrile) Che pensi? Insomma... Come la trovi?

Enrico                           - Eh?

Ettore                            - Non è bella?

Enrico                           - Lo credo io!

Ettore                            - Che volto! Che oc­chi!

Enrico                           - Ha tutto!

Ettore                            - (raggiante) Vedi?

Enrico                           - Soltanto non è lei!

Ettore                            - È come se fosse lei! La sua fotografia!

Enrico                           - Senza ritocchi?

Ettore                            - Non scherzare... È la. sua immagine.

Enrico                           - Bella immagine!

Ettore                            - È commovente, che vuoi? (pausa) Vorrei sapere quel che diresti tu se domani un altro te stesso ti capitasse davanti...

Enrico                           - Riderei, oh bella!

Ettore                            - No caro, non ridere­sti! (telefono).

Enrico                           - (al telefono) Pronti! Pronti! Sì, Enrico... Sì, signor Giorgio. E qui... sta terminando il borderò... Viene subito... L'in­termezzo è finito soltanto ora... Bene... Inteso... (riappende. Ad Ettore) Mi pare di miglior umore.

Ettore                            - Non capisco niente.

Enrico                           - È il tuo amico ammi­nistratore.

Ettore                            - Se sapessi come me ne... infischio!

Enrico                           - Ti aspetta!

Ettore                            - Non me ne importa!

Enrico                           - Non ci vai?

Ettore                            - No! No! No!

Enrico                           - Hai torto!

Ettore                            - Che m'importa d'a­ver ragione?

Enrico                           - Era gentilissimo al telefono...

Ettore                            - Riconoscente!

Enrico                           - Credeva che fossi tu all'apparecchio ed ha detto: « Pronti... Siete voi Ettore? ».

Ettore                            - (pensando ad altro) Che cortesia!

Enrico                           - Sei ridicolo!

Ettore                            - (condiscendente) So­no ridicolo!

 Enrico                          - Ettore, non fare scioc­chezze. Va a trovarlo! Te lo do­mando io!

Ettore                            - (andando a spiare la porta che dà nell'altro atrio) Ma sì! E mentre io sono lassù l'uccellino scappa...

Enrico                           - Vuoi seguire anche quella lì?

Ettore                            - È proprio quello che farò. (Si dirige verso l'armadio e fa per infilarsi il soprabito).

Enrico                           - Ma è una mania!

Ettore                            - (vestendosi) Bisogna che sappia! Bisogna che sia sicu­ro. Inutile che tu mi guardi a quel modo, nessuno mi vieterà di mettermi alle calcagna di quel­la piccina che esagera con la somiglianza...

Enrico                           - Ettore, mi fai pena!

Ettore                            - Sarebbe il titolo per una commedia!

Enrico                           - Non ti fa più male la gamba?

Ettore                            - Eh? Più. Ho un rag­gio di sole nel cuore!

Enrico                           - E quando l'avrai se­guita?

Ettore                            - Avrò rinfrescato i miei nervi!

Enrico                           - Ah sì?

Ettore                            - E saprò.

Enrico                           - Ma poiché non è lei!

Ettore                            - Voglio esserne sicuro!

Enrico                           - Non ne sei sicuro?

Ettore                            - Non so...

Enrico                           - Allora...

Ettore                            - Non posso restare tutta una notte — e la notte di Natale poi — con l'idea che quel­la ragazza elegante, ricca, mon­dana, sia la stessa che io accom­pagno ogni mattina... la picco­la.... la modesta.... la mia picci­na! Capisci? Non posso! Bisogna che sappia! Evidentemente non è lei! Ma voglio seguirla per aver­ne la prova, la prova che mi ren­derà tutte le mie gioie mattutine!

Enrico                           - Se è per tua tranquil­lità, non ti trattengo!

Ett.                                - Grazie... Sei un fratello!

Enrico                           - Ma ora che ci penso...

Ettore                            - Che?

Enrico                           - Essa ha certamente un'automobile!

Ettore                            - (con sorriso soddisfat­to) Se ha un'automobile? Lo credo io! E magnifica!

Enrico                           - E come farai allora per seguirla?

Ettore                            - (spaventato) Come?...

Enrico                           - Rispondi! Ti ascolto!

Ettore                            - È vero!

Enrico                           - Vedi bene che è im­possibile.

Ettore                            - Già, è impossibile. (pausa).

Enrico                           - Allora svestiti e non ci pensare più!

Ettore                            - (in piedi, appoggiato al banco del controllo) Mi sve­sto... Sì... Hai ragione. (Ma non si muove).

Enrico                           - Passeremo la serata insieme e domattina, appena giorno, andremo insieme al bou­levard Malesherbes ad aspettare la piccina! Che ne dici?

Ettore                            - È un'idea!

Enrico                           - Eppoi, se vuoi, le par­lerò io... Le dirò chi sei, quello che hai fatto... Sarà sorpresa che un uomo come te si degni alza­re gli occhi su una piccina co­me lei, e andremo tutti e tre, sot­to braccio, allegri come passeri...

Ettore                            - Sì.

Enrico                           - Non sarebbe un bel Natale, così?

Ettore                            - Sì... sì... Bellissimo!

Enrico                           - Vedrai la gioia di mia moglie se vieni da noi!

Ettore                            - Oh, anch'io!

Enrico                           - Passeremo una serata magnifica!

Ettore                            - Magnifica!

Enrico                           - Be', non ti svesti?

Ettore                            - (assorto) Aspetta!

Enrico                           - Che cosa?

Ettore                            - (di colpo) Sono salvo!

Enrico                           - Eh?

Ettore                            - (allegro) Posso se­guirla.

Enrico                           - Seguirla?

Ettore                            - E con la certezza di non perderla!

Enrico                           - Ma come farai? Non hai automobile... E i tassì, la se­ra, beato chi li trova!

Ettore                            - La sua macchina mi servirà!

Enrico                           - Non vorrai salire in vettura con lei?

Ettore                            - No. Dietro.

Enrico                           - Dietro di lei?

Ettore                            - Sui parafanghi.

Enrico                           - È uno scherzo?

Ettore                            - Ho l'aria di un indi­viduo che scherza?

Enrico                           - Ma ti ammazzerai!

Ettore                            - Cercherò di evitarlo!

Enrico                           - Ti romperai la testa!

Ettore                            - È Natale! La neve è soffice e fresca!

Enrico                           - E l'amministratore che t'aspetta!

Ettore                            - Per quello!

Enrico                           - Che vuoi che gli dica?

Ettore                            - Quello che vuoi!

Enrico                           - Ettore!

Ettore                            - Ebbene digli... digli... (scorgendo Clara attraverso la ve­trata) Taci! Eccola! (Clara rav­volta in una pelliccia appare pre­ceduta da un usciere che le apre le porte).

Usciere                          - La macchina, si­gnora?

Clara                             - Sì, subito!

Usciere                          - Chi devo chiamare?

Clara                             - Francesco! Una Hispano!

Usciere                          - Francesco, l'Hispano! Benissimo, signora... (l'uscie­re si precipita e Clara lo segue. Scompaiono entrambi. Si udrà durante le battute seguenti l'u­sciere chiamare: Francesco, l'Hispano! Francesco, l'Hispano!).

Ettore                            - (precipitandosi dietro ai due) Gli dirai... Non so... Quello che vuoi...

Enrico                           - (in piedi dietro il con­trollo). Ettore! Ettore!

Giorgio                          - (comparendo ad Enri­co) Che cos'è? Che succede? (ad Ettore) Come? Ve n'andate?

Ettore                            - (fermandosi, rapido) Sì... me ne vado... Vedete bene...

Giorgio                          - Senza salire da me?

Ettore                            - Senza salire da voi!

Giorgio                          - Voi prendete in giro il mondo intero!

Ettore                            - Per una volta vi giu­ro che voi ne fate parte!

Giorgio                          - Mi mancate di ri­spetto?

Ettore                            - Ci mancherebbe altro!

Giorgio                          - Ma io ho da parlarvi!

Ettore                            - Scrivetemi!

Giorgio                          - Eh??

Ettore                            - (porgendo ascolto) Sentite? Francesco! L'Hispano! È la mia macchina che s'avvicina.

Giorgio                          - Voi?... Voi avete una macchina ora?

Ettore                            - Per via della mia gamba! Non posso rifiutarle nulla.

Giorgio                          - (ad Enrico) È pazzo! dove va?

Ettore                            - A Betlemme!

Giorgio                          - Cosa?

Ettore                            - Sulle balestre poste­riori dell'Hispano di Francesco!

Giorgio                          - A Betlemme?

Ettore                            - In Palestina!

Giorgio                          - Come?

Ettore                            - A salutare il Bambin Gesù! (Sparisce e il sipario cala). (sipario).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Una sala di riunione all'Eser­cito della Salute. Lampade a pe­trolio pendono dal soffitto. Banchi di legno adornano la sala. In fondo una cattedra. Sui muri gialli delle scritte che dicono «Amore a Gesù! Pregate e com­battete! Gloria al Signore! Veni­te verso di lui! Avanti sempre ». Porta a destra che dà sulle de­pendances: porta a sinistra, a due battenti, che dà sulla strada. All' alzarsi del sipario la scena per qualche istante è vuota: poi un soldato dell'Esercito della Salute compare a sinistra: attraversa vari banchi, abbassa la fiammella di una lampada che fuma, guarda l'ora, si dirige verso la porta che dà sulla strada ed ascolta.

Salutista                        - (annunciando presso la porta, con voce monotona) Tra cinque minuti apriremo! Tra cinque minuti apriremo! (Si sen­te un brusìo che viene dalla stra­da. Il salutista si dirige verso una grande stufa, si scalda le ma­ni la schiena ed aspetta pazien­temente che passino ì cinque mi­nuti annunciati).

Voci                              - (dalla strada) Si gela! Nevica! Aprite! Fa freddo! (il salutista attende un po', va a guardare alla porta di destra e poi viene ad aprire. Quattro po­veri, tre uomini ed una donna entrano. Hanno freddo. Il solda­to aspetta, poi non vedendo più nessuno guarda nella strada).

Primo povero                - Più nessuno.

Secondo povero            - (indicando la stufa) Scaldiamoci... (Tutti e quattro vengono a sedere sui ban­chi, uno vicino all'altro, mentre il soldato spinge la porta e rima­ne di fazione presso i. battenti).

Primo povero                - Mi restano due copie dell’Intran e una del Paris Soir... Tu?

Secondo povero            - Fatto niente!

Babbo La Tronche        - Troppo freddo... E poi la crisi! I clienti tengono le mani in tasca.

Primo povero                - Con i guanti non han voglia di frugarsi in sac­coccia!

Babbo La Tronche        - E dire che è Natale! La notte di Natale!

Secondo povero            - Tra un'ora tutti parleranno del Natale!

Primo povero                - (scaldandosi le mani) Per me è un bel Natale! L'anno scorso ero dentro!

Secondo povero            - Non ci fa mica freddo.

Primo povero                - Perché non co­noscerai la guardina di via del­l'Étoile!

Babbo La Tronche        - Mi hanno detto infatti che è mal riscaldata.

Primo povero                - Una ghiacciaia! Eppure io non sono snob! Del resto il segretario del com­missario ha preso lì la bronchite dell'inverno scorso! (pausa) Po­veretto! Era un buon diavolo! Io sono andato ai funerali. In inco­gnito, naturalmente!

Secondo povero            - Non hai una sigaretta?

Secondo povero            - No, un siga­ro... (fruga in tasca e trae un mozzicone lungo un centimetro, e lo offre al secondo povero).

Secondo povero            - (molto distinto) Non te ne privare per me!

Primo povero                - Me lo ridarai dopo. (Il secondo povero accende il mozzicone e fuma con estasi) Buono?

Secondo povero            - (da conoscito­re) Sa di quartiere chic!

Primo povero                - Non ti si può nascondere niente.

Secondo povero            - Conosco i profumi!

Primo povero                - L'ho raccatta­to in via Scribe...

Babbo La Tronche        - Gusto a-mericano!

Secondo povero            - (offrendo la cicca a Babbo La Tronche) As­saggia.

Babbo La Tronche        - (aspirando una boccata da conoscitore) Evidente! Avana! (lo restituisce al secondo povero) Costa venti fran­chi almeno!

Primo povero                - Era più lun­go: ma ci ho tirato un po' ieri sera! Non lo lasciate spegnere.

Babbo La Tronche        - Un sigaro riacceso è come una moglie pian­tata e ripresa.

Secondo povero            - Come fuma­re il sigaro con l'anello di carta: è snobismo!

Babbo La Tronche        - Non mi è capitato mai!

Primo povero                - Hai ragione. Dà l'aria dell'arricchito.

La povera                      - (ammirando i muri) Che belle diciture!

Primo povero                - Chiacchiere! Gloria al Signore!

Secondo povero            - (leggendo a sua volta) Sempre avanti! Ve­nite a lui!

La povera                      - Ma si mangerà?

Primo povero                - Come? Credi che siamo qui per ammirare il buffet?

La povera                      - L'Esercito della Sa­lute ha il suo lato buono, no?

Primo povero                - D'inverno... ma d'estate non bisogna venirmi a cercare qui.

Secondo povero            - Lo credo io!

Primo povero                - D'estate ci vuole il Bois! Il terreno è morbi­do. Io vado a russare in un ce­spuglio dietro Armenonville.

Babbo La Tronche        - (sussultan­do) Dove?

Primo povero                - Dietro Armenonville.

Babbo La Tronche        - Curiosa!

Primo povero                - Perché?

Babbo La Tronche        - Siamo vi­cini! Io schiaccio il sonnellino die­tro la cascata!

Secondo povero            - Non è umido il posto?

Babbo La Tronche        - No. Secco.

Primo povero                - (pensando) Io mi addormento al suono del sa­xofono... Mi credo un nababbo... Sento ridere le cocottes... cantare i negri... gemere l'armonica... E qualche volta mi giungono al na­so delle ondate di Coty... che mi fanno sognare come quando ero ragazzo! (Pausa. S'intenerisce. Poi a Babbo La Tronche) Passami il sigaro... Ho delle voglie di lusso! Due minuti: poi lo finirai tu...

Secondo povero            - Fa, fa pure... (durante questa scena altri pove­ri sono entrati e siedono sui ban­chi. Brusìo confuso. Il soldato salutista ad ogni sopraggiunto dà uno stampato. Né da anche ai quattro che sono giunti primi).

Povera                           - (leggendo lo stampato) Che significa?

Primo povero                - Sai leggere?

Povera                           - Sì...

Primo povero                - Ebbene, leggi!

Povera                           - (leggendo) O tu che vieni al mondo oggi — O tu che venisti al mondo la sera di Nata­le per curvarti su di noi — O Salvatore, noi t'amiamo! — O Tu pieno d'amore!

Pr. povero                     - Il Figlio di Dio!

Babbo La Tronche        - Colui che ha detto: « Gli ultimi saranno i primi »!

Primo povero                - I posti buoni allora sono per noi!

Povera                           - È perché mai ha det­to questo?

Secondo povero            - Forse... Ma una frase di questo genere dà al­le volte delle speranze pazze...

Babbo La Tronche        - Certo. Quando si pensa a se stessi, si fi­nisce con l'essere soddisfatti...

Primo povero                - Sono parole scritte per noi... Del resto colui che le ha pronunciate, Gesù Cri­sto, era uno dei nostri.

Povera                           - Era proprio così po­vero anche lui?

Primo povero                - Se era povero? Peggio di noi, perché a quei tem­pi non c'erano neanche i giornali della sera da vendere.

Secondo povero            - E poi vive­va in mezzo agli ebrei! Pensa un po' quante ne doveva subire!

Primo povero                - Ma era uno dei loro!

Secondo povero            - (poco convin­to) Dicono... Ma! (la porta del­la strada si apre, il salutista tra­balla ed Ettore compare ansante).

Ettore                            - (prendendo per le spal­le il salutista) Oh! Vi doman­do scusa...

Salutista                        - (guardando fuori) Sei inseguito dalla polizia?

Ettore                            - (guardando la sala) Macché! Sono io che inseguo...

Salutista                        - Che vuoi?

Ettore                            - Dare un'occhiatina...

Salutista                        - L'ingresso è li­bero.

Ettore                            - (cercando del denaro) A quanto?

Salutista                        - La casa della Sal­vezza è aperta gratuitamente.

Ettore                            - Ah!

Salutista                        - (tendendogli lo stam­pato) Leggi e siedi.

Ettore                            - Ma...

Salutista                        - Sei povero, hai freddo, entra e leggi la grande notizia...

Ettore                            - Ecco... Leggerò la grande notizia...

Salutista                        - Dopo mangerai. Dopo canterai con i tuoi fratelli le lodi a Colui che sta per nascere.

Ettore                            - Gli è che... non ho molta voce.

Salutista                        - Non importa.

Ettore                            - Come vuoi. Non chie­do di meglio. Io son pronto a far qualunque cosa. Anche cantare... soltanto... (osserva la sala).

Salutista                        - (sospettoso) Forse non volevi venire qui?

Ettore                            - Cioè... Io cerco qual­cuno... Qualcuno che m'è sfug­gito, là, bruscamente, alla por­ta... Son saltato di macchina... scivolato... Caduto... Mi rialzo: più nessuno! Per dirvi il mio fondo di pensare, io vorrei proprio che non fosse lei...

Salutista                        - (vago) Ah, no?

Ettore                            - No, no... Non posso spiegarvi, ma tra poco quando avrete finito di fare il controllo...

Salutista                        - Va bene.

Ettore                            - Oh so anch'io che co­sa significa stare alla porta! Sono controllore anch'io...

Salutista                        - Oh guarda!

Ettore                            - Sì... In un altro ge­nere di spettacolo, naturalmente.

Salutista                        - E allora lasciami operare.

Ettore                            - Io siedo.. Oh, non rimango mica un pezzo. È già tardi ed io mi alzo presto. (Etto­re siede ad un banco e istintivamente al contatto dei poveri si scosta. Osserva la sala).

Babbo La Tronche        - (ad Ettore) Stai bene?

Ettore                            - Si. Grazie.

Babbo La Tronche        - Io sono Babbo La Tronche. Mi conosci?

Ettore                            - Benissimo.

Babbo La Tronche        - E allora dammi una sigaretta.

Ettore                            - Con piacere. (Tende il portasigarette al vecchio).

Babbo La Tronche        - Eh, eh! Non le hai trovate sui marciapie­di queste, eh? Ti svaligio...

Ettore                            - Prego, prego.

Babbo La Tronche        - Cerchi qualcuno? (Ettore accenna di sì) Imaco, per caso?

Ettore                            - Imaco?

Babbo La Tronche        - Sì: l'uo­mo scheletro.

Ettore                            - No: è una donna.

Babbo La Tronche        - Ah?!

Ettore                            - Sì: una ragazza.

Babbo La Tronche        - Una ra­gazza? Che idea! Non c'è che an­tichità qui. Non è uno spettacolo. Non faccio per dire, ma a me, le donne che hanno passato la tren­tina mi fanno sudar freddo... E se ti dicessi che la Golosona... con me... tu forse non credere­sti... scommetto!

Ettore                            - (occupato a scrutare la sala) Perché no?

Babbo La Tronche        - Hai ra­gione. Puoi credermi. È stato nell'82. E ti giuro che era un amore... Un boccone da re. Ma tu non ascolti.

Ettore                            - Non faccio altro!

Babbo La Tronche        - E un paio di gambe! Faceva paura ve­derla uscire con quelle gambe lì, per istrada! Io, a quei tempi, ero bruno. (Il discorso si perde: i poveri battono mani e piedi sem­pre più forte in cadenza. Il salu­tista ogni tanto grida: Silenzio!).

Voce                             - E smettila!

Voce                             - Ha lo stomaco pieno!

Salutista                        - Silenzio!

Voce                             - La minestra!

Voce                             - Per me una bistecca con patatine fritte!

Voce                             - (cantando)È nato il divino fanciullo Suonate oboe, suonate trombe...

Voce                             - Bravo il chierico!

Voce                             - (imitando il grido del ca­ne schiacciato) Ahi! Ahi! Ahi! Applausi, risate, richiami, poi si fa silenzio d'un tratto: Clara è entrata dalla porta di sinistra. È vestita da Esercito della Salute e porta il cappellone nero. S'in­china, si dirige lentamente verso la cattedra, sale, guarda la sala e si fa il segno della croce. Qual­che povero la imita. Il soldato è venuto a mettersi ai piedi della cattedra. Ettore che ha riconosciuto Clara s'è alzato. La guarda come un'apparizione, fa qualche passo per andare verso di lei, poi si appoggia invece alla parete).

Clara                             - (in cattedra) Vi abbia­mo preparato nella sala accanto la cena di Natale. Tra pochi mi­nuti, fratelli, mangerete a vostro agio. Ma prima del nutrimento corporale, è bene prendere degli alimenti spirituali, il nutrimento dell'anima... (Pausa) Amici miei, noi viviamo in questo momento il divino istante che vide nascere il Salvatore... Il sole di Cristo ci illumina! Illumina i nostri visi e la sua luce monda le nostre ani­me! Ma non dimenticate, fra­telli, non dimenticate di lasciar entrare la luce di Cristo nelle anime vostre... Ogni mattina, ogni sera, inginocchiatevi cinque minuti- davanti a Lui, che nasce oggi per versare domani tutto il Suo sangue per voi... È laggiù il Bambino Gesù... lontan lonta­no... e come noi è debole e come noi è povero... (Pausa) Volete amici miei che tutti insieme ci raccogliamo? Chiudiamo gli oc­chi! (Essa chiude gli occhi) Ed ora pensiamo fortemente a Colui che sta per nascere... (Pausa) Non vedete voi al di là dei mari, al di là dei monti... la piccola luce che splende nella stalla... la paglia... Vedete la piccola luce?

Voce                             - Io non vedo niente!

Salutista                        - Silenzio!

Clara                             - Il cielo è d'argento, tanto son numerose le stelle... Più dolce è la terra... L'aria è sa­tura di bontà... O amici miei, pensate all'istante ineffabile: a questo istante che avrebbe potu­to non essere se Egli non avesse voluto sacrificarsi per la nostra salvezza... Capite voi, fratelli, quello che saremmo noi se Egli non si fosse sacrificato?

Altra voce                     - Oh, che barba!

Salutista                        - Silenzio!

Clara                             - Io non son niente... Come voi tutti, sono una creatu­ra di Dio: è Lui che parla per bocca mia! Quando saremo in cie­lo e i beffatori saranno in infer­no, avranno un bell'implorare, piangere, gemere, gridare: sa­ranno tra le braccia dei diavoli... E noi, quanti siamo qui, di tra le braccia di Dio, li guarderemo...

Vagabondo                   - Se intanto met­tessimo qualcosa sotto i denti?

Salutista                        - Silenzio!

Clara                             - (fissando il monello) Coloro che turberanno l'acqua dove s'abbevera l'agnello del Si­gnore saranno puniti!

Ettore                            - (alzandosi) Brava! Benissimo! Brava!

Vagabondo                   - (guardando Ettore) Che c'entri tu?

Ettore                            - Io dico « benissimo»!

Vagabondo                   - (indicando Clara) Non siamo mica qui per sorbet-tarci le sue filastrocche.

Clara                             - (rivolgendosi al vaga­bondo) Una sera proprio qui, un uomo come te, o fratello, mi ha interrotta e colpita... Allora, con dolcezza, io gli ho parlato del­la salvezza... Rideva, bestem­miava... Mi ha sputato in faccia. Io gli ho reso bene per male. Gli ho chiesto se si ricordava della sua infanzia.... Ed ha taciuto. Gli ho chiesto quali fossero le buone ragioni che gli proibivano di credere, ed ha taciuto abbas­sando la testa... Gli dissi anche: « Dio ci ha tanto amati che ci ha dato il Figliuol Suo affinché colo­ro che credono non periscano ma abbiano vita eterna.... » Allora si mise a piangere, si curvò, s'in­ginocchiò e mi baciò la mano...

Vagabondo                   - La signora aveva fatto una conquista!

Voci                              - Ssst! Ssst! Qui si perde tempo! Lasciatela parlare!

Salutista                        - Silenzio! Silenzio!

Clara                             - E quell'uomo ora è sulla strada luminosa della sal­vezza!

Vagabondo                   - Alleluia!

Clara                             - Ma non ha detto: « Mi pentirò domani! ». Tra le braccia spalancate di Dio s'è pentito di colpo. Prima di conoscere Gesù non era niente, serviva il demo­nio, beveva, picchiava, e tutti lo credevano perduto per sempre...

Vagabondo                   - (alzandosi) Siamo venuti qui per mangiare! Che ci diano da mangiare!

Voce                             - Sì! Ha ragione!

Altra voce                     - Bisogna credere in Dio!

Altra voce                     - Che ci diano da mangiare prima!

Salutista                        - Silenzio! Ordine!

Ettore                            - (avvicinandosi al vaga­bondo) Silenzio!

Vagabondo                   - (ad Ettore) In quanto a te, ti cambio i conno­tati!

Ettore                            - (ostinato) Silenzio!

Vagabondo                   - Ed io ti dico che questa seccatrice ha parlato ab­bastanza! Alla porta! Fuori! (// frastuono è al colmo. Si discute dappertutto. Clara, fragile e splen­dente di misticismo, non si muo­ve. Gli ordini del soldato non si sentono più. Poi, a corto dì ar­gomenti, il Vagabondo si mette a lanciare tre violenti fischi. Allo­ra Ettore si lancia su di lui).

Ettore                            - Basta così!

Vagabondo                   - Che pretendi?

Ettore                            - Che tu la smetta! (Tutti guardano i due: e torna il silenzio).

Vagabondo                   - È malato! È uno che lavora troppo col cervello!

Ettore                            - Sei un mascalzone e un vigliacco!

Vagabondo                   - Un altro toccato dalla Grazia!

Ettore                            - Non si manca di ri­spetto a una donna!

Vagabondo                   - E se io ti dessi una pedata nel di dietro?

Ettore                            - E io ti dò uno schiaffo... (Ettore si slancia sul vaga­bondo. I due si abbrancano, ma altri si precipitano a separarli, mentre il soldato, aprendo la por­ta di sinistra urla:)

Salutista                        - La cena è servita! La cena è in tavola! (Non occor­re altro e tutti i poveri, compre­so il vagabondo, si precipitano nel­la sala da pranzo. Ettore, come trasfigurato, non si muove. La sala ora è evacuata. Rimane la sola Clara alla cattedra ed Ettore che le volta le spalle, in mez­zo alla sala. Lunga pausa, poi Clara scende dì cattedra e si accosta lentamente ad Ettore).

Clara                             - (con dolcezza) Non andate con i vostri fratelli?

Ettore                            - No...

Clara                             - Non avete fame?

Ettore                            - No... (Lunga pausa).

Clara                             - Perché siete venuto?

Ettore                            - Ma...

Clara                             - Bisognava lasciare quell'uomo...

Ettore                            - Come lasciarlo? Vi insultava!

Clara                             - Anche Cristo fu insul­tato!

Ettore                            - Cristo, Cristo! Intan­to era un uomo!

Clara                             - Io non sono una donna.

Ettore                            - So che siete una ra­gazza. (Pausa).

Clara                             - Andate a ristorarvi con i vostri fratelli...

Ettore                            - Grazie. Siete molto buona.

Clara                             - Non avete fame?

Ettore                            - Ho già pranzato.

Clara                             - Andate a raggiungerli lo stesso: canterete con l'oro!

Ettore                            - Sentite... Io non so­no venuto qui né per mangiare — non ho fame — né per can­ tare — non ho voce.

Clara                             - Che cosa siete venuto a fare? (pausa).

Ettore                            - Per rivedervi,., sen­za cappello...

Clara                             - Come?

Ettore                            - Vorrei... Mi trovere­te curioso... strano... Vorrei che vi toglieste il cappello...

Clara                             - Mi fate paura.

Ettore                            - Non temete nulla: non sono cattivo... Toglietevi il cappello e vi confesserò tutto.

Clara                             - Bisogna che vi calmia­te. Forse avete preso freddo e avete la febbre...

Ettore                            - No... Non ho febbre, In ogni modo, se l'ho, non è per aver preso freddo. Ho bisogno di vedervi senza cappello.

Clara                             - È un'idea fissa?

Ettore                            - È fissata in me, sì. (Pausa) Come un'elemosina, si­gnorina, vi supplico di togliervi il cappello. È la mia ultima spe­ranza...

Clara                             - Va bene...

Ettore                            - Ve lo togliete?

Clara                             - Dopo starete buono?

Ett.                                - Sarò buono e soddisfatto.

Clara                             - (togliendosi il cappello) Ecco. (Ettore indietreggia e la guarda con gli occhi sbarrati. Es­sa si rimette il cappello) Conten­te ora?

Ettore                            - Sì, sì.... Molto con­tento... (Pausa) Vi ringrazio... d'aver voluto togliervi il cap­pello... Non ci si immagina quan­ta felicità o disgrazia può nascon­dere un semplice cappellino! Non ci si immagina. Ora me ne vado, signorina, e chiedo scusa... (si avvia, camminando all'indietro).

Clara                             - (stupita, non compren­de) Come? Ed è tutto?

Ettore                            - Sì. È tutto... Vole­vo soltanto rivedervi...

Clara                             - M'avevate già vista?

Ettore                            - (fermandosi) Ah, sì, signorina! Molte volte...

Clara                             - Dove?

Ettore                            - In istrada...

Clara                             - Tutti possono vedermi.

Ettore                            - Non con i miei occhi.

Clara                             - Non capisco quel che volete dire...

Ettore                            - (d'un fiato) Son quin­dici giorni che vi seguo, signo­rina, quindici giorni che cammi­no passo a passo con voi senza che voi sospettiate la mia pre­senza...

Clara                             - Mi seguite? Ettore   - Rispettosamente... Voi partite dal Boulevard Male-sherbes 460 ogni mattina alle 7...

Clara                             - (stupita) È vero.

Ettore                            - (che non pensa più ad andarsene). È un po' presto per me che vado a letto tardi. Ma vi seguo lo stesso. Andate a piedi. Lo preferisco. Venite qui. Poi sono costretto'a lasciarvi. Non vi rivedo che l'indomani mattina, boulevard Malesherbes, alle 7... E questo da quindici mattine.

Clara                             - Sono sbalordita.

Ettore                            - Ora sapete tutto.

Clara                             - (con dolcezza) Amico mio, volete dirmi quel che signi­fica tutto ciò?

Ettore                            - Come? Non capite?

Clara                             - Perché mi seguite?

Ettore                            - Io vi amo...

Clara                             - Voi...

Ettore                            - Sì.

Clara                             - (volta il capo poi, len­tamente con molta bontà nella voce) È molto gentile... Soltan­to non bisogna amare così a ca­saccio...

Ettore                            - Se credete che io pos­sa farci qualcosa! Vi ho incon­trata una mattina, vi ho seguita istintivamente... come si segue... Non so: a me non era capitato mai. Ma ero spinto mio malgra­do... Volevo fermarmi, tornare indietro, scappare, e non pote­vo... Andavo, andavo, dietro di voi, ed ero felice, molto felice... Dopo, passo le notti ad aspetta­re la mattina, le mie belle mat­tine, come le chiamo io... (pau­sa) fi tutto. Vi chiedo scusa.

Clara                             - (dolcemente, con un sor­riso di compassione) Suvvia... È il Signore che voi amate in me.

Ettore                            - Vi giuro di no.

Clara                             - Ma sì.

Ettore                            - È cosi poco vero che, poco fa, quando parlavate a quei disgraziati, invece dì amare il Si­gnore in voi, è voi che amavo nel Signore... Eravate bella come è vietato di esserlo!

Clara                             - (con pudore) Andiamo! Calmatevi!

Ettore                            - Credetelo: c'è voluto un avvenimento straordinario perché mi decidessi a dirvelo... Ora so quel che mi aspetta...

Clara                             - Siete già venuto qui?

Ettore                            - Mai.

Clara                             - Perché?

Ettore                            - Non è luogo per me.

Clara                             - E stasera siete venuto perché è Natale?

Ettore                            - Sono venuto per aver la prova... che voi e l'altra era­vate la stessa...

Clara                             - Quale altra?

Ettore                            - Quella delle mie bel­le mattinate!

Clara                             - Non capisco...

Ettore                            - Non mi stupisce. Ma più tardi, quando mi conoscerete meglio, vi spiegherò...

Clara                             - Ma chi siete voi?

Ettore                            - Un uomo che vi ama.

Clara                             - Non è un'identità.

Ettore                            - È la più bella!

Clara                             - Bisogna che vi liberia­te da questa ossessione che non  può servire a niente.

Ettore                            - Ho provato... Non ci. sono riuscito...

Clara                             - È molto seccante...

Ettore                            - Niente affatto: per­ché da un mese, da quando essa è in me, io sono un altro uomo!

Clara                             - È seccante per me!

Ettore                            - E perché?

Clara                             - Ma perché mi spiace dare del dolore!

Ett.                                - Volete darmi un dolore?

Clara                             - È impossibile che mi amiate.

Ett.                                - (fatalista) Troppo tardi...

Clara                             - Ma io non voglio.

Ettore                            - Se ci mettete della cattiva volontà.

Clara                             - Voi siete pazzo...

Ettore                            - Avrò pazienza...

Clara                             - Inutile...

Ettore                            - Non vi piaccio?

Clara                             - Non si tratta di questo.

Ettore                            - Di che si tratta?

Clara                             - Bisogna che ve ne an­diate.

Ettore                            - Allora... mi scac­ciate?

Clara                             - Non vi scaccio. Ma non posso discutere con voi.

Ettore                            - (disperato) Va bene.

Clara                             - Bisogna che compren­diate che non sono una donna.

Ettore                            - Facile a comprendere!

Clara                             - Andatevene!

Ettore                            - Sì... Sì...

Clara                             - Andatevene cortese­mente senza voltarvi...

Ett.                                - (con pena) Ho capito...

Clara                             - Vi ringrazio.

Ettore                            - (schiantato e dolorosa­mente umano) Non c'è di che... Me ne vado. Sappiate che ne ero certo. Non ho fortuna. Sono sta­to troppo curioso... Avrei dovu­to rimanere con la mia speranza, col sogno che metteva un po' di gioia nella mia vita, con quel « no » futuro che ero deciso a rinviare sempre all'indomani... Che volete? Scusatemi, signorina! È finita! Non andrò più ad aspet­tarvi sul Boulevard Malesherbes, la mattina alle 7... Non vedrò più la vostra figuretta filare nel­le mattinate grigie... Non mi ve­drete più... (fa qualche passo in­dietro) Me ne... vado, me ne va­do cortesemente, senza voltarmi, e vi domando scusa... (si ferma e poi con un po' di collera nella voce) Non volevo mettere le scar­pe sotto la cappa del camino: le ho messe. Ecco quel che mi è ca­pitato! Le riprendo: dentro non c'è niente, niente... Sono un po' più consumate, ecco tutto.... (Pausa, poi andandosene indie­treggiando) Vi dico arrivederci, signorina... Vi auguro buonanot­te... Un'ottima notte di Natale...

Clara                             - Andate per la vostra strada...

Ettore                            - (amaro) Bella, la mia strada...

Clara                             - Riflettete...

Ettore                            - Grazie.

Clara                             - Pensate al Signore...

Ett.                                - Penserò in ispecie a voi...

Clara                             - Non bisogna...

Ettore                            - (sordamente) Già: non bisogna... Non bisogna nem­meno che i bambini poveri am­mirino i giocattoli di lusso... Vi sono delle esistenze, signorina, che sono fatte tutte di queste due parole: non bisogna...

Clara                             - Abbiate fiducia.

Ettore                            - Non bisogna avere troppa fiducia.

Clara                             - Ma sì! Se la vita non vi è propizia in questo momento, abbiate pazienza...

Ettore                            - Siete molto buona...

Clara                             - (accompagnandolo alla porta) Un giorno verrà la feli­cità anche nella vostra vita... Troverete da lavorare... Trovere­te una compagna... La sposere­te... Fonderete una famiglia... e sarete felice.

Ett.                                - Non si tratta di questo...

Clara                             - Ma sì!

Ettore                            - (raddrizzandosi) Io non sono un miserabile...

Clara                             - Non ho mai pensato che foste un miserabile.

Ettore                            - (fiero) Ah, credevo!

Clara                             - Si può essere poveri, e non essere miserabili!

Ettore                            - (in collera, tornando sul davanti) Come? Come? In­tanto io non sono povero, signo­rina: poi non ho fame, e se muoio di qualcosa è di troppo ca­lore! (apre il soprabito e Clara stupita vede ch'egli è in frak).

Ettore                            - (guardandosi) Già... sì, sono in frak...

Clara                             - Ma è spaventoso!

Ettore                            - (scusandosi quasi) Sono in frak tutte le sere...

Clara                             - Tutte le sere in frak?

Ettore                            - Ahimé, mio malgra­do, ve lo garantisco...

Clara                             - Vi chiedo scusa...

Ettore                            - (stupito) Voi... mi chiedete scusa?

Clara                             - Allora non siete...?

Ettore                            - Chi?

Clara                             - Ma... credevo...

Ettore                            - Che mai?

Clara                             - Oh, è troppo sciocco!

Ettore                            - (che capisce) Mi ave­vate preso per uno straccione?

Clara                             - Non me lo perdonere­te mai...

Ettore                            - Diamine! Perché so­no in frak... Ma andiamo! Sono felice anzi... Figuratevi! Stavo per andarmene per un equivoco! Mentre ora.... (aprendo più larga-niente ancora il soprabito) Come, se sono in frak! Ma lo credo io! Tutte le sere in frak! Guardate!

Clara                             - Dio! Sono confusa!

Ettore                            - Sono io che mi scuso di... di non avere specificato di essere in abito da sera...

Clara                             - Ed io non badavo...

Ettore                            - Evidentemente.

Clara                             - Qui, in questo ambien­te, siamo così poco abituati... Capisco ora perché volevate far tacere quel vagabondo...

Ettore                            - Ero sconvolto...

Clara                             - Avete avuto le reazio­ni dell'uomo di mondo!

Ettore                            - (modesto) Dell'uomo di mondo. Non esageriamo! (gesto)

Clara                             - Non protestate! E’ sta­to cavalleresco!

Ettore                            - Sapeste che gioia pro­vo! È la prima volta che mi sen­to felice in frak! (pausa).

Clara                             - (fissandolo) Com'è strano!

Ettore                            - Che cosa?

Clara                             - (mondana) Ho d'un tratto la sensazione che il vostro viso non mi sia sconosciuto...

Ettore                            - (lusingato) Forse...

Clara                             - Non vi ho incontrato già?

Ettore                            - (misterioso) Eh...

Clara                             - Come?

Ettore                            - (raggiante) Un'ora fa!

Clara                             - Un'ora fa? Ma ero a teatro!

Ettore                            - Anch'io.

Clara                             - Allo stesso teatro?

Ettore                            - Allo stesso!

Clara                             - (che cerca nei ricordi) Aspettate...

Ettore                            - (pazzo di gioia) Cer­cate bene!

Clara                             - Sento che sto per tro­vare...

Ettore                            - Fuoco, fuoco...

Clara                             - In un palco a sinistra...

Ettore                            - (raffreddato) Come dite? In un... palco....?

Clara                             - Eravate nel terzo o quarto palco, con due signori in frak e una signora di una certa età... Vostra madre forse...

Ettore                            - (che ha paura) Cioè...

Clara                             - La madre di uno dei vostri amici?

Ettore                            - (vile) Come volete...

Clara                             - Non cessavate del di­rigere il binocolo verso di me!

Ettore                            - (sempre più vile) Sì... Già Il binocolo... Evidente­ mente.... Il binocolo...

Clara                             - Com'è piccolo il mondo!

Ettore                            - Diamine!

Clara                             - E siete uscito con me?

Ettore                            - Dietro a voi...

Clara                             - Non riuscivo più a tro­vare la macchina...

Ettore                            - Con quell'affollamen­to di vetture!

Clara                             - L'inserviente chia­mava...

Ettore                            - Francesco, l'Hispano!

Clara                             - Che memoria!

Ettore                            - (prendendo maggior di­sinvoltura) I nostri nonni dice­vano: « La prima volta che vi ho vista avevate un vestito azzurro, un cappello azzurro, un ombrello azzurro...». E noi: «Avevate una venti cavalli, guida interna, auti­sta negro e freni idraulici ».

Clara                             - Come avete fatto per seguirmi?

Ettore                            - Oh, questa poi... tut­ta una storia!

Clara                             - Con tutta quella gente!

Ettore                            - Sarebbe troppo lun­go a spiegarvi...

Clara                             - Avevo paura d'essere in ritardo; ho raccomandato al mio uomo di correre.

Ettore                            - Ne so qualcosa io! La vostra macchina slittava...

Clara                             - (sedendo sulla panca men­tre Ettore siede all'altro capo) Non vi chiedo se andate in società.

Ettore                            - Superfluo.

Clara                             - Tutte le sere?

Ettore                            - Eh sì... Quasi...

Clara                             - E da chi andate?

Ettore                                      - Oh sapete, io sono un po' mutevole... Un po' qui, un po' là... Oggi da X domani da Y Non so dire di no...

Clara                             - (civetta) Ma sono cer­ta che avete delle preferenze...

Ettore                            - Già, mi capita d'an­dare più spesso qui che là... Ma come dirvi? Dipende dai giorni! (balbetta) Per forza no? Conten­tare tutti... Non essere scorte­se... È un mestiere avvilente!

Clara                             - A chi lo dite?

Ettore                            - Come? Anche voi... non amate la società?

Clara                             - Ci vado il meno pos­sibile!

Ettore                            - No?!

Clara                             - (ridendo) Sì.

Ettore                            - Non lo dite per far­mi piacere?

Clara                             - Ma no.

Ettore                            - (rapito) Vi adoro!

Clara                             - (dignitosa) Oh!

Ettore                            - (conservando il pro­prio vantaggio) Ma sì, ma sì! Ora bisogna che vi dica la veri­tà: non ci metto mai piede!

Clara                             - A questo punto!

Ettore                            - Al punto che se vi saltasse il ticchio di farmi delle domande sulle persone della so­cietà, sarei incapace di rispon­dervi... Non le conosco. Non co­nosco nessuno. E non ci tengo a conoscerle. Ve lo giuro! Su que­sto capitolo vi garantisco che non ci sarà nessuna difficoltà per intenderci. La società? Oh là là!

Clara                             - (maligna) Ma poco fa non eravate a teatro in compa­gnia...

Ettore                            - (cercando) Ah sì... Sapete... Il Console di Lestpnia a Parigi con... suo nipote e sua sorella... Sorella e nipote...

Clara                             - Amici?

Ettore                            - Il nipote è un amico mio d'infanzia.

Clara                             - Ah!

Ettore                            - Sì, ci siamo conosciu­ti da piccini. Proprio piccini...

Clara                             - Compagni di scuola?

Ettore                            - (balbettando) Ecco... Compagni di scuola... Egli stu­diava... come dire? medicina... ed io... come dire...

Clara                             - (soccorrendolo) Legge?

Ettore                            - Ecco: avete indovi­nato! Legge.

Clara                             - Come tutti.

Ettore                            - Già: come tutti.

Clara                             - (di colpo) Ma voi sie­te decorato!

Ettore                            - (distratto) Come tut­ti... (correggendosi) Scusate... In­fatti sono decorato... Varie volte!

Clara                             - (stupita) Varie volte!

Ettore                            - (mettendo in mostra quel che può) Ho tutte le de­corazioni. Non me n'è sfuggita nessuna!

Cara                              - Ma siete un eroe!

Ettore                            - Già: ci chiamano così.

Clara                             - E dove le avete avute?

Ettore                            - Un po' dappertutto. Durante ì combattimenti. Dal mar del Nord ai Vosgi. Questa, 1916, Verdun... Fleury davanti a Douaumont... Ero negli zuavi...

Clara                             - Com'è appassionante!

Ettore                            - Confesso infatti che non c'è male!

Clara                             - Ferito?

Ettore                            - Dai piedi alla testa!

Clara                             - (nascondendo il viso) Ohi

Ettore                            - Gas, granate e colpì di baionetta! A scelta!

Clara                             - Mio Dio!

Ettore                            - Questione d'abitudine!

Clara                             - Che cosa orribile!

Ettore                            - Il mio corpo è un campo di battaglia, dopo la bat­taglia!

Clara                             - Tacete!

Ettore                            - (cominciando a rim­boccare i pantaloni) Guardate, guardate!

Clara                             - (spaventata) No!

Ettore                            - Come volete!

Clara                             - Preferisco non vedere! (pausa) Mi sarebbe piaciuto esse­re infermiera!

Ettore                            - Evidentemente erava­te troppo giovane!

Clara                             - Ahimé!

Ettore                            - Altrimenti, è vero?, avrei potuto incontrarvi...

Clara                             - Durante la guerra ero a Perpignan.

Ettore                            - Perpignan! Oh, guar­da! Io non sono mai andato così lontano... (Dalla starna accanto 'si ode venire una specie di can­to liturgico) Che è?

Clara                             - (tornando mistica) Can­tano.. .

Ettore                            - I... poveri?

Clara                             - Sì. Quelli che erano così cinici poco fa.

Ettore                            - Avevano fame. Ora hanno mangiato. (Il canto aumen­ta, diventa polente. Clara ed Et­tore ascoltano, in raccoglimento; poi Clara accompagna il canto. Essa canta piano, gli occhi assor­ti, trasfigurata, ed Ettore la guar­da, stupito. Alla fine il canto si spegne pian piano).

Clara                             - Non vi hanno conse­gnato all'ingresso uno stampato con i nostri salmi?

Ettore                            - Sì. Il soldato mi ha. detto di leggere la grande notizia.

Clara                             - E dov'è?

Ettore                            - (frugandosi) Lo stam­pato? Aspettate... Veramente...

Clara                             - Non importa. Vado a cercarne un altro e canteremo insieme.

Ettore                            - Siete adorabile.

Clara                             - Torno subito.

Ettore                            - Nessuna paura: vi aspetto. Del rèsto non ho fretta! Ho tutta la notte! Tutta la not­te... (Clara sparisce dalla porta di sinistra. Ettore, rimasto solo, appare raggiante. Canticchia, met­te in ordine il proprio abbiglia­mento, spazzola i pantaloni, apre il soprabito, si toglie la sciarpa. Poi la porla dì sinistra si apre ed il salutista si dirige verso la por­ta che dà sulla strada. Scorge Ettore in frak, lo guarda, stupito).

Salutista                        - Volete qualcosa?

Ettore                            - (sempre scoppiettante di gioia) No... No... Proprio niente. Grazie.

Sal.                                - Aspettate qualcuno?

Ettore                            - La tenentessa.

Salutista                        - La tenentessa?

Ettore                            - Torna subito. Mi ha detto di aspettarla. È andata a cercare lo stampato.

Salutista                        - (stupito) Lo stam­pato?

Ettore                            - Sì... Insomma le can­zoni... I cantici... Dobbiamo can­tare con lei. Canteremo.

Salutista                        - Non capisco.

Ettore                            - Non importa.

Salutista                        - Voi fate parte probabilmente della sua famiglia?

Ett.                                -  Ecco! Avete trovato! Della famiglia... o quasi!

Sal.                                - In questo caso chiedo scusa di essere stato indiscreto!

Ettore                            - Per carità! (si preci­pita verso di lui, le mani tese, e si stringono le mani. Il salutista esce. Pausa. La porta di sinistra si apre di nuovo e Babbo La Tronche venendo dalla sala dei poveri si dirige lentamente verso l'uscita) Allora, Babbo La Tron­che, andiamo via?

Babbo La Tronche        - Eh sì, fi­glio mio! Buona notte!

Ettore                            - Non cantate voi?

Babbo La Tronche        - Non mi è mai piaciuto cantare dopo mangiato.

Ettore                            - Prudenza!

Babbo La Tronche        - E poi... per cantare bisogna essere alle­gri. E che la vita valga la pena d'essere messa in rima...

Ettore                            - Via, via! Come siete pessimista dopo mangiato!

B. La Tronche               - Io son vecchio!

Ett.                                - Questo non prova niente!

B. La Tronche               - Prova che quando avrai la mia età anche il tuo ottimismo si sarà consumato!

Ettore                            - Non bisogna dispera­re, nonno!

Babbo La Tronche        - Ho 76 anni... Tra poco sarò maggioren­ne per la quarta volta...

Ettore                            - È molto bello! Biso­gna sperare!

Babbo La Tronche        - In che?

Ettore                            - Ma... in tutto! Il Messia è nato da cinque minuti: la vita ora è più bella!

Babbo La Tronche        - Non mi prendere in giro, ragazzo. T'ho detto che ho 76 anni il che signi­fica che ho già inteso 76 volte dire che il Messia era nato. E perché vuoi che la 76ma volta sia meglio della 75'ma?

Ettore                            - Vedrete, nonno, che una mattina sarete sbalordito di essere felice!

Babbo La Tronche        - Non dire sciocchezze...

Ettore                            - Tutti son felici, pre­sto o tardi! La felicità ci capita addosso senza preavvisi. Uno è in frak, non se l'aspetta, è scon­volto e poi ecco fatto e ci si abi­tua... Io ve lo dico perché lo so...

Babbo La Tronche        - Sei felice dunque tu?

Ettore                            - Sono pieno di gioia...

B. La Tronche               - Da poco allora.

Ettore                            - Da poco! Ero come voi, vedete! Non credevo più a niente! E poi, di colpo, bum, bum! La felicità qui, ai miei pie­di. Non ho avuto che da curvar­mi per raccoglierla. La felicità? A piene mani l'ho afferrata! E non mi scapperà!

Babbo La Tronche        - Allora va a cantare con gli altri, se sei tan­to felice!

Ett.                                - È quel che sto per fare!

Babbo La Tronche        - (tendendo la mano) Niente per me?

Ettore                            - Quello che vuoi! (sì fruga in tasca e getta al vecchio dei biglietti da 5 e da 10) To'! E questi anche! È il Messia che vi dà tutto ciò! Su, nonno, apri le mani, aprile! Quando non ce n'è più, ce n'è ancora!

Babbo La Tronche        - Non ti vorrai rovinare, eh?

Ettore                            - Impossibile! Sono troppo ricco!

Babbo La Tronche        - Tu meri­ti d'essere felice!

Ettore                            - Lo sono!

Babbo La Tronche        - Chi sei tu con esattezza?

Ettore                            - Colui che non crede­va più! Che non sperava più!

Babbo La Tronche        - (andandose­ne) Bello... Molto bello... (Si ferma, pensa, poi si volta) È cu­rioso... Mi par d'avere quasi vo­glia di cantare...

Ettore                            - Bravo, nonno!

Babbo La Tronche        - (dirigendo­si verso la sala dei poveri) Sì, mi sento voglia di miagolare anch'io... Hai ragione... Bisogna sperare, bisogna.

Ettore                            - Tutti devono essere felici, è inevitabile!

Babbo La Tronche        - (varcando la soglia) È inevitabile... Biso­gna sperare... Bisogna sperare... (Ettore lo guarda sparire).

Clara                             - (rientrando) Anche il vagabondo s'è pentito. È venuto ad occhi bassi a chiedermi scusa.

Ettore                            - Fate dei miracoli!

Clara                             - E quel vecchio che se n'andava borbottando...

Ettore                            - Babbo La Tronche, già. È tornato indietro!

Clara                             - Ci ha pensato, è tor­nato ed ora canterà con gli altri le lodi al Bambin Gesù.

Ettore                            - (fingendosi sorpreso) Possibile?

Clara                             - Salvato!

Ettore                            - Che trasformazione!

Clara                             - Così, ogni giorno, ri­scattiamo delle anime..

Ettore                            - Siete una santa! Anch'io provo una salutare sensa­zione... Mi sento migliore... Uri profumo sconosciuto mi circon­da...  (Il soldato salutista entra).

Salutista                        - Il vostro autista chiede se deve aspettarvi...?

Clara                             - Ah, già! (pensa, poi, ad Ettore) Voi avete la vostra macchina, vero?

Ettore                            - La mia macchina? (correggendosi) Ah, certo... Ho la macchina...

Clara                             - Allora posso chiedervi — se potete aspettarmi — di riaccompagnarmi per favore?

Ettore                            - Ma sicuro! E sarà una gioia per me!

Clara                             - Chiedo scusa, ma c'è gente dai miei genitori. E m'han pregato di rimandare la vettura.

Ettore                            - È naturale, diamine!

Clara                             - (al Salutista) Dite a Francesco di andar pure a casa.

Salutista                        - Bene, tenentessa.

Clara                             - E che badino alla vet­tura del signore...

Salutista                        - (ad Ettore) Dov'è? (Ettore finge di non sentire).

Clara                             - (ad Ettore) Dov'è?

Ettore                            - Come? Ah! La mia macchina.... Ebbene è... Ma è lì, di fuori, come tutte le macchine, lungo il marciapiede.

Salutista                        - No.

Ettore                            - Come?

Salutista                        - C'è una sola mac­china di fuori: quella della si­gnorina.

Clara                             - Dove l'avete messa?

Ett.                                - Ma... dietro la vostra...

Clara                             - (al Salutista.) Non c'è più?

Salutista                        - No;

Ettore                            - (semplice) Oh guarda!

Clara                             - (al Salutista) Ne siete certo?

Salutista                        - Sì, signorina.

Clara                             - Ma una macchina non sparisce così...

Ettore                            - (approfittando dell'oc­casione) Non lo dite! È incre­dibile come le automobili spari­scono da qualche tempo.

Clara                             - Allora ve l'hanno ru­bata!

Ettore                            - (calmissimo) Senza dubbio.

Clara                             - Ma è spaventoso!

Ettore                            - Ci sono abituato. Non mentisco se vi dico che è la quin­ta che mi rubano. Ho le carroz­zerie troppo belle. Piacciono!

Clara                             - Ma bisogna andare a vedere!

Ettore                            - Sono assicurato.

Clara                             - Ma tutto ciò è sec­cante!

Ettore                            - Non pensiamoci più!

Clara                             - Volete che telefoniamo al Commissariato?

Ettore                            - Oh, a quest'ora, sa­pete... il commissario è al ve­glione...

Clara                             - (al Salutista) Allora di­te a Francesco che aspetti...

Salutista                        - Benissimo... (esce).

Clara                             - Ma in che epoca vi­viamo!

Ettore                            - È un fatto che...

Clara                             - Rubare le automobili!

Ettore                            - Se non ci fossero le assicurazioni, bisognerebbe in­ventarle...

Clara                             - Sono proprio spia­celi te...

Ettore                            - Per carità!

Clara                             - Vi riaccompagnerò io..

Ettore                            - Troppo buona.

Clara                             - Abitate al centro?

Ettore                            - Pare Monceau.

Clara                             - Vicino a me!

Ettore                            - Già! (il canto dei po­veri riprende: debole, in sordina, come se venisse dì lontano).

Clara                             - Cantano...

Ettore                            - (ascoltando) Cantano di nuovo...

Clara                             - (dandogli lo stampato) Ecco i cantici...

Ettore                            - Ah, già! I cantici...

Clara                             - Cantano questo... U-dite?

Ettore                            - Sì, sì...

Clara                             - Queste voci ingenue...

Ettore                            - Le più belle!

Clara                             - Sincere, salgono a Dio!

Ettore                            - In linea diretta!

Clara                             - (a mezzavoce) Cantia­mo anche noi...

Ettore                            - Cantiamo... (Il canto cresce e Clara canta. Ettore la guarda, poi legge sullo stampato In parole del cantico. Clara gli in­dica dove sono. Allora anche Et­tore canta. Canta timidamente, goffamente. Regola la propria voce su quella di Clara. Poi le prende la mano. Essa lascia fare, come assente. Allora Ettore non canta più. Depone le labbra sulla manina e ve le lascia. Clara non sì muove).

Fine del secondo atto

                           

ATTO TERZO

L'ufficio della Tenentessa. al Quartier Generate dell'Esercito della Salute a Parigi. Due porte: una a sinistra, l'altra in fondo; a destra il telefono. All'alzarsi del sipario il Salutista è solo in sce­na: poi entra Miss Bloomfield.

Bloomfield                    - Good bye...

Salutista                        - Perché «good bye» e non buon giorno? Forse che vi farebbe schifo parlare la nostra lingua?

Bloomfield                    - Dovete avere una malattia di fegato, voi!

Salutista                        - Sapete chi ha in­ventato la cattiveria? Voi!

Bloomfield                    - Oh!!

Salutista                        - Yes! La cattive­ria è stata inventata da una vec­chia zitella brutta! (Miss Bloom­field sobbalza: non sa che rispon­dere, si dirige verso la " porta di sinistra, poi cambia idea).

Bloomfield                    - Sapete chi ha in­ventato la stupidità? Voi!

Salutista                        - Io?

Bloomfield                    - Yes! La stupidi­tà è stata inventata da un idio­ta ridicolo che aveva i capelli rossi! Good bye! (Miss Bloomfield vendicata esce).

Clara                             - (al Salutista) Sapete se il caporale Ettore sia venuto?

Salutista                        - Non ancora, signora tenentessa! Egli non dà se­gno di vita che alle cinque.

Clara                             - Sarà in divisa oggi?

Salutista                        - Sì, signora tenen­tessa. E questa volta si spera che la tunica gli vada bene.

Clara                             - Vi son occorsi quattro giorni allora per vestirlo?

Salutista                        - Esattamente!

Clara                             - Tuttavia il caporale Ettore non è deforme!

Salutista                        - No.... È elegante!

Clara                             - Ah!

Salutista                        - Il corpo d'un uo­mo elegante è fatto in maniera che non sopporta la mediocrità d'un cattivo taglio.

Clara                             - Immagino che le spese di questa divisa gli saranno state addebitate.

Salutista                        - 11 caporale Ettore è ricco, tenentessa: e pagherà con gioia il conto.

Clara                             - Ha firmato gli impegni di rinuncia?

Salutista                        - Senza esitare.

Clara                             - Ha firmato spontanea­mente?

Salutista                        - Di libera e spon­tanea volontà.

Clara                             - Gli è stato detto che l'amor di Cristo, morto per sal­varlo, richiede da lui la consa­crazione di tutta la vita al suo servizio, per la salvezza del mon­do intero?

Salutista                        - Gli è stato letto il formulario!

Clara                             - Ed ha accettato tutte le rinunce?

Salutista                        - Tutte.

Clara                             - Sta bene: grazie. (Pau­sa) Ora il rapporto.

Salutista                        - Pronti, tenentes­sa.(Il Salutista sì dirige verso la porta di sinistra: la apre e fa en­trare miss Bloomfield che si met­te davanti alla scrivania di Clara).

Clara                             - La lettura del rappor­to, miss Bloomfield!

Bloomfield                    - (leggendo il rap­porto) La nuova raccolta dei Cantici, è apparsa dopo lungo ri­tardo dovuto a difficoltà di ordi­ne tecnico. Tutti, l'accoglieran­no con entusiasmo e riconoscenza. Il commissario, assistito dal co­mandante di divisione, ha avuto un magnifico combattimento a Cherbourg. Quindici anime han fatto professione di fede a Gesù durante le tre riunioni!

Salutista                        - Alleluia!

Bloomfield                    - Ieri, nei risto­ranti e caffè, ho venduto per 175 franchi di « Sempre Avanti! ».

Clara                             - Complimenti miss Bloomfield! (Miss Bloomfield guar­da ironicamente il Salutista che flemmatico alza le spalle).

Salutista                        - Ieri sera ho tro­vato un ubriaco... L'ho seguito, s'è fermato ed allora gli ho dato la mia Bibbia.

Bloom.                          - Non la leggerà mai.

Salutista                        - Perché mai?

Bloomfield                    - Perché deve aver­la già venduta per bere.

Clara                             - Allora la leggerà quel­lo che glie l'ha comperata.

Salutista                        - (beffardo a miss Bloomfield) II mio scopo sarà stato. comunque raggiunto!

Bloomfield                    - Ma l'ubriacone continuerà a bere!

Salutista                        - Noè è stato un gran patriarca!

Clara                             - Non discutiamo. Voi siete i soldati del più bell'eserci­to: quello che non distrugge ma edifica. Esso è unico. Per virtù della vostra devozione molte la­grime saranno asciugate, molti cuori rafforzati, molte vite tra­sformate... ed il Regno di Dio avrà molti adepti di più! Ed ora sempre avanti! Per fare sempre di più e sempre meglio (essa rimane sola: i due escono ripeten­do: «sempre avanti». Clara stacca il ricevitore) Pronti? Il vecchio è sempre lì? Allora fatelo salire! Sì: ho preso una decisio­ne per lui! (essa riappende: si mette a lavorare alla scrivania. Poi il vecchio entra. $: Babbo La Tronche del secondo atto. Si to­glie il cappello e s'inchina) Da otto giorni voi dormite al rico­vero Bramwell, no?

Babbo La Tronche        - Da otto giorni sì... E ci dormo come non avevo dormito mai. Al caldo!

Clara                             - E durante il giorno che fate?

Babbo La Tronche        - Un po' di tutto... Vendo dei giornali... Faccio quel che posso!

Clara                             - Allora non avete più famiglia?

Babbo La Tronche        - Niente! Scomparsa come per magia!

Clara                             - Siete sempre , stato onesto?

Babbo La Tronche        - Quando si è poveri, è difficile non essere onesti. La disonestà ha bisogno di un po' di capitali.

Clara                             - Mai stato in prigione?

Babbo La Tronche        - Commis­sariato ed ospedale, sì: ma ba­sta. D'inverno in guardina c'è la stufa accesa... D'estate negli o-spedali ci sono i giardini in fiore!

Clara                             - Volete lavorare?

Babbo La Tronche        - Non chie­do di meglio... Ma sono vecchio e nessuno mi vuole.

Clara                             - Vi metteremo al rico­vero Bramwell.

Babbo La Tronche        - Dove dor­mo? E dove fa tanto caldo?

Clara                             - Terrete in ordine il ri­covero.

Babbo La Tronche        - Magari!

Clara                             - Avrete da dormire, da mangiare e vi si daranno dei ve­stiti decenti.

Babbo La Tronche        - Ma che succede? Che ho fatto al buon Dio perché sia tanto generoso con me? Ah, signorina della Sa­lute, è troppo bello!

Clara                             - (avvicinandosi al vec­chio) Non bisogna piangere!

Babbo La Tronche        - Oh sì che bisogna piangere! Ma bene. Non sapevo più piangere... Credevo che i miei occhi fossero troppo vecchi per avere ancora delle la­grime... Credevo che la mia ri­serva di lagrime fosse consuma­ta... Piango... Allora non sono poi vecchio come credevo! Signo­rina, voglio dirvi una cosa... Al­la mia età delle gioie simili pos­sono uccidere!

Clara                             - Andiamo! Andiamo! Forza!

Babbo La Tronche        - Nessuna paura, resisto... Non sarà pro­prio al momento che trovo final­mente un posto, che mi lascio andare... No, no! (si raddrizza).

Clara                             - Ecco... Ora è finito! Eccovi felice!

Babbo La Tronche        - È finita! Sono felice! Felice per davvero... Ma piango lo stesso, piango in­sieme la fine della mia miseria e il principio della mia gioia...

Clara                             - Discendete all'ufficio: e si occuperanno immediatamen­te di voi!

Babbo La Tronche        - È il più bel giorno della mia vita... Il più bel giorno della mia porca vita... Arrivederci, signorina, e grazie... Ah sì: grazie! (il vec­chio va fin sulla porta: si ferma e poi) Vorrei stringervi la mano, signorina! (Clara si avvicina, gli tende cortesemente la mano, il vecchio si curva per baciarla, ma Clara la ritira, si curva a sua vol­ta e bacia il vecchio in fronte. Il vecchio esce e Clara siede davan­ti alla scrivania. In questo mo­mento sì sente l'organo: poi miss Bloomfield entra).

Clara                             - Perché si suona l'orga­no a quest'ora, miss Bldbmfield?

Bloomfield                    - È la brigadiera Hoffmarni, tenentessa, che ripete il nuovo cantico della marescialla! (tutte e due ascoltano religiosa­mente. Lunga pausa).

Clara                             - Non vi pare che quest'aria sia troppo gaia?

Bloomfield                    - Conosco le pa­role del cantico: sono d'una tri­stezza feroce. (Lentamente l'orga­no muore).

Clara                             - (dettando) Continuia­mo... Per l'asilo di Maternità 500 franchi. Contessa di Barbezieux, Bordeaux... Signorina Yvonne Cheret... (pausa) Sapete se il caporale Ettore sia venuto?

Bloomfield                    - Il caporale Et­tore non è ancora arrivato.

Clara                             - (riprendendo a dettare con ira) Continuiamo! Per la Casa dei Poveri di San Dionigi 1000 franchi... Abraham Jacob, 215, rue des Rosiers. Che ora è?

Bloom.                          - Le cinque e dieci...

Clara                             - (con maggior forza)Per l'esercito di Cristo e in me­moria del mio adorato figliolo 1500 franchi, baronessa di Jusseaume, Pau...

Bloomfield                    - La signora te­nentessa detta troppo in fretta... ;

Clara                             - (facendo uno sforzo per calmarsi) Ricomincio...

Bloomfield                    - Ho battuto: ba­ronessa di Jusseaume, Pau...

Clara                             - Per l'Asilo delle Madri abbandonate, 500 franchi... (// telefono squilla. All'apparecchio) Pronti... Sì. Le reti metalliche? Ah già! Ho dato ordine di tra­sportarle nella sala Maria Mad­dalena! Sì: tutti e quindici... Del resto vengo io... Sì. (Riap­pende, si alza, poi a miss Bloom­field) Consegnerete una copia di questa lista in contabilità e ne lascerete una sulla mia scrivania!

Bloomfield                    - Benissimo!

Clara                             - (sulla soglia) Ah! Che il caporale Ettore mi aspetti. De­vo vederlo. Che non se ne vada. (Esce. Miss Bloomfield batte an­cora durante qualche secondo, riordina le carte, chiude la mac­china ed esce da sinistra. La sce­na resta vuota. Pausa. Poi la porta di destra si apre ed Ettore mette dentro la testa, guarda, entra lentamente senza far rumo­re. È Vestito da soldato dell'E­sercito della Salute. Aspetta. È commosso. Controlla la propria eleganza, mette il berretto, lo to­glie, stende la giacca, ecc. Miss Bloomfield ricompare precipitosa­mente e depone sulla scrivania di Clara la copia dattilografata ch'essa aveva dimenticato di met­tere. Essa entra senza vedere Et­tore, poi fa per andarsene).

Ettore                            - (fermandola) Miss Bloomfield!

Bloom.                          - (sobbalzando) Ooooh!

 

Ettore                            - Sono io!

Bloomfield                    - Caporale Ettore!

Ettore                            - Buon giorno, miss.

Bloomfield                    - Come state?

Ettore                            - Well! (pausa) La tenentessa non ha chiesto di me, miss Bloomfield? Bloom. Oh sì: varie volte!

Ettore                            - Ah!

Bloomfield                    - Bisogna che. l'a­spettiate.

Ettore                            - Va bene.

Bloomfield                    - (andandosene) Good bye!

Ettore                            - Ma come, miss Bloom­field, non mi dite niente? (essa lo guarda senza capire) Non mi trovate cambiato?

Bloomfield                    - (alzando l'occhia­lino) Ah già... Quella magnifi-i ca divisa!

Ettore                            - È la prima volta che la indosso, miss...

Bloomfield                    - Sublime!

Ettore                            - Come mi sta?

Bloomfield                    - Beautifoul!

Ettore                            - Insomma, non ho l'aria troppo ridicola?

Bloomfield                    - Oh! Voi è mol­to sacrilego, caporale Ettore! Questa divisa è sacra!

Ettore                            - Già, infatti... Que­sta sacrata... divisa...

Bloomfield                    - Siete splendido!

Ettore                            - Vi piace?

Bloomfield                    - Irresistibilmente!

Ettore                            - (mostrandosi da tutte le parli) E la schiena?

Bloomfield                    - (alzando l'occhialino) Ali right! E'

Ettore                            - (mettendosi il berret­to) E cosi? Eh? Così?

Bloomfield                    - Very magnifico!

Ettore                            - Very magnifico? Gra­zie, miss! (pausa) Ve n'andate?

Bloomfield                    - Yes. 

Ettore                            - Non sono io che vi faccio scappare?

Bloomfield                    - Oh, no... Ma io ho già chiuso il mio battimento di macchina!

Ett.                                - Auguri, miss Bloomfield!

Bloomfield                    - Thank you! ( Esce. Ettore rimane solo: ora ha maggior disinvoltura. Cammina, fa dei gesti come per allenarsi. Aspetta Clara, ma in questo mo­mento, dalla porta di destra compare Enrico: vede Ettore, e rimane pietrificato).

Ettore                            - (scorgendo Enrico). Enrico! (Enrico rimane di stucco. Non sa se voglia ridere o scattare dalla rabbia. Lunga pausa durante la quale Ettore, goffo nella sua nuova divisa, tenterà di dire qualcosa).

Ettore                            - (decidendosi) Insom­ma... Sono io...

Enrico                           - Tu?!

Ettore                            - Ho cambiato divisa...

Enrico                           - Vedo...

Ettore                            - Sei stupito? Enrico  - Sono desolato.

Ettore                            - Sì: è la stessa cosa. (pausa) Perché non t'aspettavi di vedermi in questa divisa...

Enrico                           - Infatti, confesso...

Ettore                            - Se io ti incontrassi vestito da palombaro o da fachiro, ebbene, io...

Enrico                           - Non c'è pericolo che I m'incontri...

Ettore                            - Questo poi. Anch'io otto giorni fa, avrei giurato che... E poi, eccomi qua. (Pausa).

Enrico                           - Disgraziato!

Ettore                            - Disgraziato? Che si­gnifica ciò? Tu... oh, mi secchi insomma! Che hai?

 Enrico                          - Della pena!

Ettore                            - Io mi chiedo perché...

Enrico                           - Ma di' un po': esci per istrada così?

Ettore                            - E perché non dovrei uscire in istrada così?

Enrico                           - Scherzerai!

Ettore                            - Io sono fiero, anzi, di uscire per istrada così!

Enrico                           - Preferisco non incon­trarti!

Ettore                            - Dolente...

Enrico                           - Vorrei vederti cam­minare per essere proprio sicuro che sei tu. Per essere sicuro che non sogno... Ma... guarda, guar­da... hai dei galloni... (pausa).

Ettore                            - Perché sei venuto?

Enrico                           - Perché ti voglio bene!

Ettore                            - (con uno slancio verso Enrico) Ma anch'io....

Enrico                           - Perché speravo che quanto m'avevano detto non fos­se vero.

Ettore                            - (tendendo l'orecchio verso la porta di sinistra) Vor­rei che, in nome della nostra ami­cizia, tu mi lasciassi... (pausa) Qui siamo nel suo studio...

Enrico                           - Scusami d'avere for­zato la sua porta!

Ettore                            - Preferisco venirti a trovare, se vuoi. Ma qui... no...

Enrico                           - Va bene.

Ettore                            - Essa può venire da un momento all'altro.

Enrico                           - Hai paura.

Ettore                            - Non ho paura...

Enrico                           - È inutile che mi veda.

Ettore                            - Sarebbe meglio.

Enrico                           - Sono troppo mal ve­stito?

Ettore                            - Sei pazzo!

Enrico                           - Va bene! Scusami!

Ettore                            - Non avresti dovuto venire!

Enrico                           - Quando un amico sta commettendo una sciocchezza, si cerca di fargli capire ragione!

Ettore                            - Io non commetto nes­suna sciocchezza!

Enrico                           - Pai il pagliaccio!

Ettore                            - Non dire... Vattene... Non pensare a me... Più tardi, quando sarà venuto il momento...

Enrico                           - Questo travestimento grottesco...

Ettore                            - Non mi sono trave­stito... Io sono... un volontario al servizio di un'opera magnifica!

Enrico                           - È lei, l'opera magni­fica?

Ettore                            - Non scherzare. Sono molto infelice!

Enrico                           - Per lei!

Ettore                            - L'amo!

Enrico                           - Ed è per lei che hai messo quest'uniforme?

Ettore                            - Grazie a questa divi­sa la posso vedere, posso avvicinarmi a lei a qualunque ora del giorno.

Enrico                           - Sei suo pari.

Ettore                            - Sì.

Enrico                           - Ella sa chi sei tu?

Ettore                            - No. Enrico   - Eccoci!

Ettore                            - (raddrizzandosi) Non aver paura, quando essa saprà, non potrà che essere fiera del mio sacrifizio!

Enrico                           - É questa la tua tro­vata? !

Ettore                            - Essa porta la mia stessa divisa! Quella della bontà!

Enrico                           - Bello!

Ettore                            - Come, bello? Subli­me! Questa ragazza del gran mondo, bella, ricca, che invece di frequentare i té, i dancihgs, le sarte, le modiste, viene qui, in quest'ammirevole esercito, a da­re il suo tempo, la sua gioventù e il suo danaro! È semplice! È...

Enrico                           - (interrompendolo) Non lavori più?

Ettore                            - Eh? Sì: lavoro. Ven­go qui solo alle cinque, quando esco dalla banca...

Enrico                           - Ti ho conosciuto in guerra: ti ritrovo in religione.

Ettore                            - Ma capisci dunque! Il nostro amore è nato sotto il segno del Messia! .

Enrico                           - Che segno è?

Ettore                            - Dieci giorni fa, la se­ra di Natale, non ricordi?

Enrico                           - Sulle balestre...

Ettore                            - (animato dal ricordo) Ecco! Ebbene, l'ho ritrovata. L'una e l'altra, quella del teatro e quella delle mie mattine erano la stessa. L'ho ritrovata in una specie di tempio maestoso, mentre stava predicando la bontà e la misericordia. Dei miserabili la stavano ascoltando a bocca aper­ta, silenziosi, rispettosi, come si ascoltano le sante. Ed è stato lì, capisci, proprio mentre nasceva il Figlio di Dio... in quell'atmo­sfera di generosità, in quell'at­mosfera di che le ho confes­sato il mio amore. Ecco!

Enrico                           - Essa ha capito?

Ettore                            - Mirabilmente!

Enrico                           - Ed essa... ti ama?

Ettore                            - Non me l'ha ancora confessato, ma...

Enrico                           - Non può tardare!

Ettore                            - Non tarderà.

Enrico                           - Ma, un momento, non è ricca?

Ettore                            - Troppo!

Enrico                           - E tu non sei povero?

Ettore                            - Troppo!

Enrico                           - E allora?

Ettore                            - Essa ha vergogna della sua ricchezza come io sono fiero invece della mia povertà.

Enrico                           - Divertente.

Ettore                            - (in ascolto) Ssst!

Enrico                           - Lei!

Ettore                            - (avvicinandosi alla por­ta per ascoltar meglio) Sento dei passi!

Enrico                           - Li conosci già?

Ettore                            - (febbrilmente, l'orecchio alla porta) Se li conosco! Non ne conosco altri!

Enrico                           - Ti lascio.

Ettore                            - Ecco... Sì...

Enrico                           - Addio!

Ett.                                - Scusa se non ti presento...

Enrico                           - Vuoi che ritorni?

Ettore                            - Eh? No... No!

Enrico                           - (dirigendosi alla porta di destra) Allora non dire quel che non pensi.

Ettore                            - (accompagnando Enrico e spingendolo quasi) Sei buo­no... Sì: verrò a trovarti... Sei contento? A teatro? D'accordo? A casa! Tua «foglie? Sì! Tanti sa­luti! Verrò da voi! (Enrico esce da destra senza rispondere. Etto­re chiude la porta. Clara compa­re quasi subito da sinistra).

Clara                             - A chi stavate par­lando?

Ettore                            - A nessuno...

Clara                             - M'era parso di sentire...

Ettore                            - Ma... sono solo... vi stavo aspettando...

Clara                             - Ah!

Ettore                            - State bene?

Clara                             - (come non vedendo la mano) Grazie a Dio! (pausa).

Ettore                            - Sono un poco in ri­tardo. Siete arrabbiata?

 

Clara                             - (consultando delle carte, prendendo degli appunti) Siete libero del vostro tempo             - (pausa),

Ett.                                - Come siete bella oggi!

Clara                             - (senza alzare la testa) Prego. (Pausa).

Ettore                            - Non avete notato niente di nuovo in me?

Clara                             - Siete in divisa.

Ettore                            - Ah! Ve ne siete ac­corta? (pausa) Come mi trovate?

Clara                             - Corretto.

Ettore                            - (tanto per dire qual­cosa) Ho trovato un berretto che mi andava bene. (Mettendosi il berretto) Non vi pare?

Clara                             - (alzando gli occhi) Sì...

Ettore                            - (togliendosi il berretto) Ecco. (Pausa).

Clara                             - Avete avuto molto da fare oggi?

Ettore                            - Enormemente.

Clara                             - Io mi chiedo del resto perché vi faccio tante domande.

Ettore                            - Ne sono molto fiero...

Clara                             - Sappiate che se m'in­teresso all'impiego del vostro tempo è per la nobile ragione che vorrei vedervi più spesso all'E­sercito.

Ettore                            - Mi pare di dar prova di buona volontà.

Clara                             - Che volete? Non riesco a capire perché veniate qui sol­tanto dopo le cinque! Ci sono dei volontari poveri che lavorano tutto il giorno in fabbrica, in uf­ficio. Il loro tempo è contato. Ma voi! Voi che non avete nien­te da fare!

Ettore                            - Ho molte cose da mettere in ordine. Un aitar di po­chi giorni e poi...

Clara                             - (fissandolo) Perché non dire la verità?

Ettore                            - Come?

Clara                             - Credete che non abbia capito?

Ett.                                - (spaventato) Capito cosa?

Clara                             - Tutto!

Ettore                            - Tutto?

Clara                             - Sì!

Ettore                            - (senza voce) E da., molto?

Clara                             - Dalla prima sera...

Ett.                                - (abbassando la testa) Ah!

Clara                             - Vi sentite meglio ora?

Ettore                            - Sì... no... (pausa) Non vi spiace che vi abbia mentito?

Clara                             - Non tocca a me giudi­carvi. La vostra vita intima vi appartiene.

Ettore                            - Siete una natura di eccezione... È bello, è molto bel­lo... Se avessi potuto supporre...

Clara                             - Vi rimprovero soltan­to di aver parlato d'amore tanto presto quando la vostra situazio­ne non ve lo permetteva....

Ettore                            - É vero! Avrei dovu­to prima confessarvi... - (pausa).

Clara                             - Questa situazione dura da un pezzo?

Ettore                            - Ma... da dopo la guerra...    - (pausa).

Clara                             - Che genere di donna è?

Ettore                            - (sbarrando gli occhi) Come?

Clara                             - Mantenuta?

Ettore                            - (sobbalzando) Eh??

Clara                             - Mantenuta da voi, na­turalmente!

Ettore                            - Ma...

Clara                             - L'amate?

Ettore                            - È una pazzia!

Clara                             - (spazientita) Allora l'a­vete amata?

Ett.                                - Ma se non la conosco!

Clara                             - (gelosa) Sono una scioc­ca a chiedervi tutto ciò!

Ettore                            - (sul punto di dire tut­to) Vi supplico, continuate; in­terrogatemi... Se sapeste che gioia sarebbe per me potervi ri­spondere senza più mentire, mai!

Clara                             - Sapete quel che dove­te fare.

Ettore                            - (riprendendosi) Sì... Sì... Non abbiate paura... (pausa).

Clara                             - Io mi scuso di avere incoscientemente turbato le vo­stre abitudini, ecco tutto!

Ettore                            - M'impegno a rompe­re oggi stesso!

Clara                             - Io non vi chiedo niente!

Ettore                            - Ma vi offro frutto!

Clara                             - Grazie!

Ettore                            - (felice) Se avessi sup­posto che voi eravate così pros­sima ad amarmi...

Clara                             - Non illudetevi...

Ettore                            - (raggiante) Sono feli­ce e fiero! Ho la sensazione che le mie spalle portino la testa di un altro uomo, d'un uomo felice, pieno di felicità, d'un uomo ama­to! Avevo tanto bisogno di sape­re quel che ora m'avete confes­sato, per avere il coraggio di...

Clara                             - Siete pazzo?

Ettore                            - Di gioia!

Clara                             - Tacete!

Ettore                            - Anche se taccio, la vittoria è mia... (entra il Saluti­sta e consegna un plico a Clara. Essa apre e legge. Durante que­sta pausa il soldato ed Ettore si stringono la mano).

Ettore                            - Contento?

Salutista                        - E tu?

Ettore                            - Come un papa!

Sal.                                - Lascia stare il papa!

Ettore                            - Come vuoi!

Clara                             - (al Salutista) Dite al colonnello che sarà fatto il ne­cessario!

Sal.                                -  Sta bene! (saluta ed esce. Clara rilegge: Ettore è raggiante).

Clara                             - (trasformata) Non mi avete detto: vi offro tutto?

Ettore                            - Lo ripeto...

Clara                             - Che m'offrite?

Ettore                            - La mia vita, il mio cuore e il mio coraggio!

Clara                             - Non prenderò che una cosa!

Ettore                            - Fate!

Clara                             - Il vostro coraggio.

Ettore                            - È ai vostri piedi.

Clara                             - (militarmente) D'ordi­ne del Quartiere Generale Inter­nazionale di Londra dobbiamo d'ora innanzi fare delle confe­renze nei quartieri più malfamati di Parigi, dove la Salvezza non è mai passata.

Ettore                            - Ottima idea!

Clara                             - Questa sera è annun­ciata una conferenza per le sei, a Pantin, stesso le fortificazioni Questa conferenza, q meglio que­sto sermone, doveva essere, tenu­to dal tenente Abel... :

Ettore                            - Oratore valoroso.

Clara                             - Disgraziatamente non può parlare: è malato. Mi si chiede un volontario per sosti­tuirlo...

Ettore                            - Tutti gli eserciti si somigliano!

Clara                             - Un coraggioso!

Ettore                            - Tutti lo sono!

Clara                             - Avete capito?

Ettore                            - (che non ha capito) Già... Ecco... Credo di capire.;.

Clara                             - Per sostituire li te­nente Abel ho pensato a voi.

Ettore                            - (stupito) È... una bel­lissima idea...   - (pausa).

Clara                             - Vi spaventa?

Ettore                            - Oh!

Clara                             - Accettate?

Ettore                            - Come posso rifiutare?

Clara                             - (tendendogli la mano) Grazie.

Ettore                            - (precipitandosi e ba­ciandole la mano) Per voi, Cla­ra, andrei... andrei all'inferno! Per questa vostra mano... Per questa dolce mano, mi sento ca­pace delle più grandi gesta! (Pau­sa. Si raddrizza e con attitudine eroica) Andrò, sperando che que­sta missione possa aumentarmi ai vostri occhi... (dì colpo) Sì... Ma ora che ci penso...

Clara                             - Che c'è?

Ettore                            - Che racconto io a quella gente?

Clara                             - Il sermone del tenente Abel è dattilografato. Vado a cercarvelo.

Ettore                            - Troppo buona! (Cla­ra esce, pausa. Poi il soldato sa­lutista compare).

Salutista                        - (lugubre) Ci siamo!

Ettore                            - Cosa?

Salutista                        - Si va a Pantin!

Ettore                            - Vieni anche tu?

Salutista                        - Con te!

Ettore                            - E non sei contento?

Salutista                        - Non c'è nessuna ragione d'essere contenti d'anda­re a Pantin!

Ettore                            - Nessuna?

Salutista                        - Tu parlerai nel re­trobottega d'un caffè equivoco. I tuoi ascoltatori saranno scassina­tori, ladri e assassini. Puoi aspet­tarti anche delle vie di fatto.

Ettore                            - Anche tu! (logico).

Salutista                        - Per questo non ho nessuna ragione d'essere con­tento d'andare a Pantin.

Ettore                            - È comprensibile.

Salutista                        - Ecco!

Ettore                            - Ma di'... Se per caso ci attaccano...

Salutista                        - È una certezza!

Ettore                            - Dobbiamo difenderci?

Salutista                        - Ci batteremo!

Ettore                            - Ah! (pausa) E... co­me ci si batte?

Sal.                                - Si cantano dei cantici.

Ett.                                - Si cantano dei cantici?

Salutista                        - Qualche volta la cosa li stupisce: smettono di pic­chiare e allora si può filare. ,.

Ètt.                                - (vago) Guarda un po'!

Salutista                        - Ma è tiri case) raro!

Ettore                            - Lo immagino!

Salutista                        - Ora hai capito perché ho ragione di non essere contento d'andare a Pantin?

Ettore                            - E perché ci vieni?

Salutista                        - Han chiesto un volontario per accompagnarti!

Ettore                            - E tu hai detto « pre­sente »?

Salutista                        - Per primo!

Ettore                            - Allora mi vuoi bene?

Salutista                        - Non è per te, è per l'Esercito!

Ettore                            - Comunque è bello!

Salutista                        - (con fede) È ne­cessario che coloro  che non vo­gliono udire, odano!

Ettore                            - (beffardo) Figurati!

Salutista                        - È nell'acqua torbi­da che si fanno le migliori pesche!

Ett.                                - Parli come un apostolo!

Salutista                        - Infatti, io lo sono. E tu anche!

Ettore                            - Anch'io?

Salutista                        - Offrendoti la sal­vezza, Jehovah ha fatto di te un apostolo.

Ettore                            - Ringrazìerò Jehovah alla prima occasione.

 Salutista                       - Sii serio (Clara rientra col discorso).

Clara                             - (ad Ettore dandogli il discorso) Ecco il sermone!

Ettore                            - Grazie. (Leggendo) Siam tutti fratelli...

Clara                             - Il tema è bello, no?

Ettore                            - E poi è nuovo.

Clara                             - Per giungere al, cuore della folla bisognerà che leggiate con foga e con passione.

Ettore                            - (piano a Clara) Pen­serò a voi!

Clara                             - (piano ad Ettore) I nostri pensieri s'incontreranno!

Ettore                            - (al Salutista, di colpo, per sbarazzarsi di lui) Precedimi. Ti seguo.

Salutista                        - Dove?

Ettore                            - Ma sì. Aspettami giù.

Salutista                        - Come vuoi. Ti aspetto giù.  (Esce).

Ett.                                - (a Clara) E ora... Ora che siamo soli, ditemi qualche cosa...

Clara                             - I miei voti vi accom­pagnalo.. .

ETTofefe                      - Non mi basta!

Clara                             - Sono commossa!

Ettore                            - Mi piace che siate commossa!

Clara;                            - Andate...

Ettore                            - (avvicinandosi a lei) Clara... Sentite...

Clara                             - No. Non dite più...

Ettore                            - (curvandosi su di lei) Sì... Taccio.

Clara                             - Attento. Se qualcuno entrasse... (Egli la prende tra le braccia e la bacia in fronte),

Ettore                            - (sciogliendosi) Ed ora posso andare a Pantin!

Clara                             - (turbata) Ah! Sì... an­date... Partite!

Ett.                                - (riprendendola) Ancora!

Clara                             - Non sta bene!

Ettore                            - Vi adoro!

Clara                             - Dio vi vede!

Ettore                            - Fortunato lui!

Clara                             - Ma io non sono una donna...

Ettore                            - La vedremo!

Clara                             - Lasciatemi. Ho paura che venga qualcuno.

Ett.                                - Anch'io. (E la bacia in bocca) Me ne vado e sono felice!

Clara                             - (stupita, trasfigurata) Ve ne andate?

Ettore                            - È ora!

Clara                             - (a mezzavoce) Non vo­glio...

Ettore                            - Impossibile.

Clara                             - Sentite!

Ettore                            - (magnifico) No! No! Non voglio sentir niente! Vado! Parto per tornare più grande! Più tardi quando avrò compiuto la mia missione, accorrerò verso di voi per ricevere là mia ricom­pensa! (sulla soglia, mandandole dei baci) Non dite niente... Que­sto è l'istante sublime! Ssst! Ssst!

Clara                             - (rassegnandosi tenera­mente) Allora... siate prudente.

Ettore                            - La mia gioia è inim­maginabile!

Clara                             - Promettetemi!

Ettore                            - Tutto, mio tesoro!

Clara                             - Di non commettere pazzie!

Ettore                            - Mi sento forte come trecento turchi! (Esce da destra. Clara va alla scrivania. Pensa. Ha la testa fra le mani, poi, di colpo, si lancia sul telefono e suona suona).

Clara                             - Pronti! Ma pronti! Pronti! Pronti! (pausa) Datemi l'ufficio di guardia! Sì... Pronti? (pausa: poi coli dolcezza) Sergen­te Griffith? Sì, sono io. (Molto amabile) Sentite... Ecco... Io... Io ho distaccato il caporale. Et­tore verso Pantin per sostituire il tenente Abel.... Già, sì, per la conferenza... Ma ora penso che... malgrado tutto... malgrado tutto il suo coraggio, egli corre il ri­schio di essere... (pausa) Ecco. Appunto! Vorrei che distaccaste un rinforzo di tre o quattro uo­mini per sostenerlo in caso di contrattacco... per difenderlo... Aspettate! (sì riprende. Con una calma che non ha) Vi chiedo... vi chiedo questo... perché il caporale Ettore... è un neofita, un novizio... (pausa) Capite? Benis­simo! Sì, sì... Naturalmente.... (pausa) Allora fate il necessario, sergente Griffith... Mille grazie! (Riappende. Ora è più tranquilla. Poi compare miss Bloomfield),

Bloomfield                    - C'è di là un uo­mo che vi vuole parlare!

Clara                             - Che vuole?

Bloom.                          - Non ha voluto dirlo.

Clara                             - Il nome?

Bloom.                          - Non ha voluto dirlo.

Clara                             - Un povero?

Bloomfield                    - Credo: ha un viso da persona onesta.

Clara                             - Entri. (Miss Bloom­field esce, Clara sì riprende ed Enrico entra) Sedete, prego.

Enrico                           - (commosso) Molto gentile signorina... Tuttavia... è meglio che io rimanga in piedi... Per quel che ho da dirvi mi tro­verò meglio!

Clara                             - Come Volete!

Enrico                           - Ecco... (pàusa) Io non conosco l'Esercito della Salute, ma ho sentito dire che è una bell'impresa, e che tutti coloro che sì mettono sotto le sue bandiere sono brave persone...

Clara                             - (con modestia) Noi facciamo del nostro meglio per largire la felicità a coloro che non ne hanno mai avuta.

Enrico                           - Quand'è così, non po­trete non comprèndermi.

Clara                             - Vi ascolto... (pausa).

Enrico                           - Io ho un amico, si­gnorina, un fratello per così di­re... (pausa) Mi stringe il. cuore... £ per questo che, mi vedete così turbato! Quest'amico mio in que­sto momento è da compatire... E io vengo...- Insomma ha un grande bisogno di soccorso!

Clara                             - Datemi il. suo nome e :' suo indirizzo. Manderò qualcuno perché lo soccorra.

Enrico                           - Siete molto, buona, signorina, ma il soccorso di cui ha bisogno non è quello che gen­tilmente mi offrite!

Clara                             - Se è in mio potere... Enrico - Oh! Non dipende che  da voi!

Clara                             - M'incuriosite! (Pausa).

Enrico                           - Ecco qua! Non vi chiedo di rispondermi subito... Vorrei che prima rifletteste!

Clara                             - (curiosa) È così grave?

Enrico                           - Cioè... (di colpo) Amate Ettore?

Clara                             - (sobbalzando) Il capo­rale Ettore?

Enrico                           - (senza entusiasmo) Già: pare che sia lo stesso..

Clara                             - (indignata) Ma con che diritto, signore....? (pausa) È lui che vi manda?

Enrico                           - Lui? Oh, no.! Non sa niente. Se immaginasse che sono qui... (pausa) Io voglio soltanto salvarlo, suo malgrado.

Clara                             - Salvarlo?

 Enrico                          - Voi lo credete ricco, no? (pausa) È povero.

Clara                             - (sbarrando gli occhi) Povero?

Enrico                           - Quanto me!

Clara                             - (incredula) Ma... ma, scusate, di che vive?

Enrico                           - (fiero) Di quel che vi­viamo noi, signorina!

Clara                             - (spaventata) Lavora?

Enrico                           - In una banca.

Clara                             - (respirando) Ah! È ban­chiere!

Enrico                           - Ogni giorno dalle 9 della mattina alle 5 del pome­riggio.

Clara                             - Come?

Enrico                           - Sportello dei buoni di Stato. 1500 franchi al mese.

Clara                             - (comprendendo) Oh! (pausa).

Enr.                               - Sapete come si chiama?

Clara                             - (diffidente) Sì... Etto­re d'Oltremonte!

Enrico                           - No. Ettore Coquillard! (Essa lo guarda. Egli non abbassa gli occhi. Finalmente, comprendendo che si tratta della verità, Clara va a riprendere il suo posto alla scrivania).

Clara                             - (che s'è ripresa, fredda­mente) Sta bene. Vi ringrazio.

Enrico                           - Se sapeste quel che in questi dieci giorni, dalla famosa notte di Natale, se sapeste quel che ha fatto!

Clara                             - Non m'importa!

Enrico                           - Bisogna che mi ascol­tiate, signorina... Per rimanere con voi — un esempio tra dieci — ha sacrificato i 25 franchi che guadagnava ogni sera come con­trollore in un teatro.

Clara                             - (sobbalzando) Control­lore?

Enrico                           - Sì, signorina, ha fat­to il controllore!

Clara                             - (indignata) In un tea­tro?

Enrico                           - (con semplicità) Con me. Sì. Era il mio capo-control­lore dieci giorni fa.

Clara                             - Capo-controllore!

Enrico                           - (fiero) Questi lavori supplementari ci permettono di vivere un po' meglio. (Pausa. Clara, sbalordita, tenta di capire).

Clara                             - (dì colpo, ricordando) Il suo frak! Non era in frale tutte le sere?

Enrico                           - Nei teatri importanti i controllori sono sempre in frak.

Clara                             - (offesa) Ed ha appro­fittato.. .

Enrico                           - E non è tutto! L'in­domani del vostro incontro... ha comperato un'automobile! L'ha comperata a credito. Ha versato i primi 3000 franchi in acconto!

Clara                             - (vaga) 3000 franchi..

Enrico                           - Tutte le sue econo­mie! Ha firmato delle cambiali! È spaventoso! E sarà una faccen­da grave! (pausa) Ecco quel che ha fatto. Bello, no? Se fossi si-puro che egli non sia per rientra­le da un momento all'altro, vi lascerei libera di pensarci... certo che passato il primo stupore... ma egli sta per tornare, no? Sì: certo. Allora siccome lo vedrete sotto la sua vera identità, vi pre­go, signorina, di noti abbatterlo d'un colpo, brutalmente. Vi sup­plico di non fargli troppo male. Vorrei... Vorrei per Ettore, cosi nobile; così leale, per lui che vi ama tanto...

Clara                             - D'accordo.

Enrico                           - Voi siete il suo pri­mo amore!

Clara                             - Sì!

Enrico                           - Lo sapevate?

Clara                             - Io non so niente.

Enrico                           - (disperato) Ah! Non ha fortuna...

Clara                             - (tendendogli la mano) Voi, come vi chiamate?

Enrico                           - Oh, io dirò la veri­tà... Mi chiamo Enrico Durand...

Clara                             - Grazie.

Enrico                           - (andandosene, sulla porta) Non lo incontrerò al­meno....?

Clara                             - Non credo... Quantun­que PanTin è molto vicino... (in­dicandogli la porta di sinistra) Passate di lì!

Enrico                           - (andandoci) Preferi­sco... Grazie, signorina... (in confidenza) Quando dieci giorni fa vi ha vista a teatro, ho fatto l'impossibile per fargli capire che s'illudeva. Eravamo al controllo tutti e due: era la sera di Nata­le... (escono e si sente ancora la voce d'Enrico. Pausa. Clara ri­torna. Rimane in piedi, pensosa, lo sguardo lontano, un sorriso amaro sulle labbra. Va, viene, nervosa. Siede, pensa, e stacca il ricevitore del telefono).

Clara                             - (al telefono con voce contenuta e senza timbro) Da­temi l'ufficio di guardia... Sì... (pausa) Pronti? Sergente Griffìth? Sono io: sì... Il caporale Ettore sarà di ritorno tra una mezz'ora, immagino... Sì. Sì. Fermatelo al passaggio. Che entri da voi e re­diga lì il suo rapporto... No. Inu­tile. Non voglio vederlo. No. Vi dico di no! Sergente Griffìth! Grazie! (riappende. Miss Bloomfield entra e va verso la tavola).

Bloomfield                    - Allora, tenentessa, il caporale Ettore è partito per Pantin?

Clara                             - Il tenente Abel è in­disposto!

Bloomfield                    - Era sfavillante di gioia, il caporale Ettore. Par­tendo ho avuto il contatto della sua gioia!

Clara                             - Il contatto?

Bloomfield                    - Era tanto pazzo di gioia che mi è saltato al col­lo... (davanti allo sguardo severo di Clara, miss Bloomfield abbas­sa gli occhi, poi) Oh, mi ha sola­mente energicamente baciata co­me un fratello molto puro!

Clara                             - Lo spero miss!

Bloomfield                    - Ào yes! Potete sperare, tenerytessa, io sono sem­pre virginalmente onesta! (Pausa).

Clara                             - Lasciatemi miss.

Bloomfield                    - Bene.

Clara                             - E ricordate al sergen­te Griffìth che non voglio vedere il caporale Ettore.

Bloom.                          - Non volete vedere...?

Clara                             - Ho detto, miss!

(Miss Bloomfield, stupita, sì di­rige verso l'uscita. Ma in questo momento si sente un trambusto e di colpo sì apre la porta. Appare Ettore e rimane sulla soglia, sull'attenti, come un soldato che torna di missione. Ha il viso tu­mefatto, il berretto strappato, la giacca a brandelli. $ lacero e magnifico. Miss Bloomfield rima­ne impalata).

Ettore                            - (sull'attenti) Signor tenente, la missione è stata com­piuta.

Clar"a                            - Andate, miss... (Miss Bloomfield scompare) Già di ritorno?

Ettore                            - Lasciate che vi dica...

Clara                             - (molto calma) Kofi avete visto il sergente Griffìth?

Ettore                            - In basso sì... Ha ten­tato di fermarmi: ma capirete che prima volevo vedervi!

Clara                             - Dovete fare il vostro rapporto!

Ettore                            - Bisogna prima che sappiate...

Clara                             - (interrompendolo) Erano in molti?

Ettore                            - Circa quaranta. E gridavano come centomila!

Clara                             - Calmatevi!

Ettore                            - (scatenato) È stato terribile! Uomini in berretto, don­ne scapigliate in una sala cupa e piena di fumo... Mi metto dietro una tavola e mi faccio il segno della croce...

Clara                             - (senza scomporsi) Be­nissimo!

Ettore                            - Bevevano vino rosso e delle bibite verdi facendo schioccare la lingua!

Clara                             - Scriverete tutto ciò.

Ettore                            - Aspettate! Un uomo con due basette mi grida: « E se ci pagassi un bicchiere? » Io non faccio un gesto! Sono quaranta! Sono solo dietro il mio tavolino. Ma non ho paura, perché penso a voi, Clara; e le mie forze sono decuplicate. Voglio parlare. Con dolcezza li chiamo fratelli, sorel­le. Mi danno del gesuita e dell'ipocrita! (egli la guarda) Scuo­tete il capo?

Clara                             - E il discorso?

Ettore                            - Ora ci sono! M'insul­tano! Lascio passare l'uragano. E sparo il mio discorso imperter­rito. Penso:            - ((Potete urlare, ca­ri! Non mi fate paura! » Ho la sensazione di muovere all'attacco. In me la vita trabocca! Sono felice e fiero, audace e forte. E tutto ciò perché so che al mio ri­torno troverò voi, Clara, voi... (la guarda e stupisce della sua calma) Che avete?

Clara                             - Continuate il vostro rapporto.

Ettore                            - (non comprendendo ma perdendo a poco a poco ogni entu­siasmo) Ho... ho letto il discor­so del tenente Abel... O meglio... ho fatto di tutto per leggerlo...

Clara                             - (spazientita) L'avete letto o no?

Ettore                            - Un bicchiere, lancia­to a tutta forza, mi ha colpito al viso!

Clara                             - (con uno slancio istinti­vo) Ma voi siete ferito!

Ettore                            - Non è niente...

Clara                             - (riprendendosi) E avete ribattuto?

Ettore                            - Immediatamente!

Clara                             - Cioè?»

Ettore                            - Lentamente, guar­dandolo bene in viso, ho messo il discorso in tasca, poi ho dato loro dei porci, degli assassini e dei vigliacchi!

Clara                             - Li avete insultati?

Ettore                            - Come meritavano!

Clara                             - Non avete dato bene per male.

Ettore                            - Le mani mi prudevano. Mi son; battuto. Ho reso col­po per colpo. Tre furono messi knock-out. Gli altri non crede­vano ai loro occhi. Indietreggia­rono, poi tornarono all'attacco. Ah! Vi giuro che non si trattava più di cantare dei cantici. Face­vano a chi riusciva a pigliarmi. Io spaccavo denti; schiacciavo nasi. Le sedie si fracassavano e 1 bicchieri volavano a pezzi. E Sta­vo per soccombere quando quattro salutisti, spediti dal sergente Griffìth, vennero coraggiosamente in mio aiuto. Furono i benvenu­ti! Picchiarono anch'essi. E senza risparmiò, potete credermi! È sta­to uno spettacolo splendido! Mi liberarono e potemmo scappare. Ecco tutto. Scusatemi se mi pre­sento con i vestiti strappati ed il viso in questo stato, ma Vengo da Pantin!

Clara                             - Sta bene!

Ettore                            - Per voi, pensando a voi, mi sono battuto!

Clara                             - Vi ringrazio! (pausa).

Ettore                            - (che rimane male) Mi ringraziate?

Clara                             - Sì.

Ettore                            - E mi accogliete così?

Clara                             - Ma...

Ettore                            - (esitando) Non capi­sco. Ho sognato? Ho fatto un sogno troppo bello? Mi pare che vacillo... Qualche cosa che non capisco... (pausa) Clara!

Clara                             - (fredda) Il sergente Griffìth vi aspetta.

Ettore                            - Non riconosco più il vostro viso...

Clara                             - Lasciate stare il mio viso.

Ett.                                - Per favore, illuminatemi.

Clara                             - Sono stata così ben il­luminata io, che non ho più nien­te da dirvi.

Ettore                            - Che volete dire?

Clara                             - Niente che voi non sappiate già.

Ettore                            - Tuttavia, ricordo... Quando stavo per andarmene... Il vostro bacio.

Clara                             - Tacete!

Ettore                            - Non sono impazzito, Clara: vi ho stretta tra le mie braccia!

Clara                             - Vi proibisco!

Ettore                            - Ho sentito il vostro turbamento!

Clara                             - Lasciatemi!

Ettore                            - Le vostre labbra...,

Clara                             - Volete tacere...?

Ettore                            - Ma che donna siete mai? (pausa).

Clara                             - (lentamente, scandendo. le sillabe) Una donna che chiede al caporale Ettore Coquillard d'avere un po' d'educazione...

Ettore                            - (schiacciato) Coquil­lard...

ClaSa                            - Non vi chiamate così?

Ettore                            - Sapete...?

Clara                             - So che avete mentito.

Ettore                            - Durante... durante la mia assenza...

Clara                             - Sì.

Ettore                            - Chi?

Clara                             - Non ha importanza. (Lunga pausa. Ettore, avvilito, abbassa il capo).

Ettore                            - (schiaccialo, come in­vecchiato dì colpo) È vero... Mi chiamo Ettore Coquillard... Vi Chiedo scusa di chiamarmi Coquillard... È il mio nome. Vi ho terribilmente ingannata. (Le parla come a una bambina) Non sono colui che dicevo. Non sono niente. E ora mi chiedo se sono quegli che sono... Non so più... (pausa) Signorina, preferirei esse­re ancora laggiù... alle fortifica­zioni... con tutta quella gente che mi picchiava. Ero il più de­bole... ma ero grande. Ah, sì! Ero grande! Ero pieno di speranza. Mentre ora, qui, davanti a voi così lontana, così fredda, mi sen­to piccino..; Non so più..v E mi sento così stanco..-, - (si dirige ver­so una sedia) Permettete? Vorrei sedere... .

 

Clara                             - Volete che chiami qual­cuno?

Ettore                            - (sedendo) Grazie. (pausa) È duro dopo tanta gioia... Scusatemi... È un mo­mento difficile. Passerà...

Clara                             - (preparandosi ad uscire) Vi lascio perché vi rimettiate...

Ettore                            - (alzandosi) Volete an­darvene? Aspettate. Non mi la­ sciate... Ho da parlarvi. Biso­gna che vi spieghi...

Clara                             - Lo credete necessario?

Ettore                            - (dopo averla guardata profondamente) A questo punto me ne volete?

Clara                             - Ma no.

Ettore                            - Ah, capisco! (pausa) Tuttavia in me non c'era che uno scopo: piacervi! Conquistarvi!

Clara                             - (raggiungendo la porta di sinistra) Mi farete piacere se dimenticherete tutto ciò...

Ettore                            - (precipitandosi) Aspettate!

Clara                             - Non mi toccate!

Ettore                            - (sbarrandole la strada) Non voglio che ve ne andiate!

Clara                             - (rinunciando ad andar­ sene e rifugiandosi dietro la pro­ pria scrivania) Sta bene. (Pausa).

Ettore                            - (tristemente) Non ab­biate paura. Non vi farò nessun male. Non sono cattivo. (Pausa) Vedete. Mi riprendo. Sono come un lottatore colpito, ma non ab­battuto. Sono nel mio cantuc­cio... (Clara dietro la sua scriva­nia diritta, calma, fredda, ascol­ta con indifferenza) Ho pensato vedendovi, la prima volta: « Ec­co la donna alla quale aspiro da sempre! » Vi ho creduto, quella mattina, sul boulevard Malesherbes, una umile suora di carità...

Clara                             - Avete mentito per usurpare un'eguaglianza...

Ettore                            - Lasciate state le pa­role grosse, signorina! Perché la famosa eguaglianza si formasse tra di noi, bisognava che le no­stre anime si congiungessero, o almeno che la mia fosse fatta co­me la vostra... Era chiedere trop­po? Non rispondete?

Clara                             - Non ho da rispondere.

Ettore                            - Avete ragione. (Pau­sa) I miei occhi non erari fatti per guardarvi... (pausa) Ho il cuore assai malconcio; credetemi,

Clara                             - Colpa mia, forse?

Ettore                            - (senza ribellione, quasi dolcemente) La colpa è di colei che allontanava i poveri e trat­teneva l'uomo in frak...

Clara                             - (pentita) Avete ragio­ne. Vi chiedo scusa!

Ettore                            - (come scusandosi) Debbo darvi l'assoluzione?

Clara                             - Mi sarà accordata sen­za il vostro aiuto.

Ettore                            - Ah, se mi aveste in­contrato al momento dell'armisti­zio, forse mi avreste guardato co­me Una specie di eroe. L'avevo, allora, l'eguaglianza. Al di sopra del posto dove batte il cuore scintillavano le medaglie. E don­ne, belle come voi, signorina, mi mandavano baci con le mani. Erano fiere di noi, fiere dei miei compagni, fiere di me...

Clara                             - Potevano esserlo.

Ettore                            - Non lo sono più.

Clara                             - Voi chiedete troppo.

Ettore                            - Si, forse. È vero. Noi non parliamo che di questo. La guerra! Sempre la guerra! Sec­cante, no? Scusateci...

Clara                             - Sembra essere tutta la vostra vita.

Ettore                            - Non è stata che la nostra gioventù.

Clara                             - Vi sono gesti ch'essa non può giustificare.

Ettore                            - Ci ha tanto preso...

Clara                             - Anche ad essa voi chiedete troppo!

Ettore                            - Siamo partiti giova­ni: siam tornati vecchi!

Clara                             - Il vostro ritorno è sta­to trionfale!

Ettore                            - Ci hanno fatto sfila­re con armi e bagagli per entu­siasmare le folle!

C'lara                             - L'entusiasmo era sin­cero e nobile.

Ettore                            - Finita la commedia, ci hanno chiamato alla ribalta: quasi quasi domandavano il bis.

Clara                             - Non voglio compren­dane...

Ettore                            - All'ombra delle ban­diere abbiamo sfilato lungo la grande avenue, e i petti palpita­vano. I cari figlioli erano di ri­torno. Figuratevi! Viva i fantac­cini! I poveri sopravvissuti sape­vano ancora marciare in cadenza! Magnifico! Viva i fantaccini! Gli urrà crepitavano come mitraglia­trici! Ma oggi che tutto ciò è lon­tano, oggi che siam tornati nei ranghi, siamo senza aureola, sen­za medaglie e le nostre ferite son chiuse. Il capitano Ettore Coquillard non è più che Coquillard, impiegato di banca e controllore di teatro. Vi saluto!

Clara                             - Non vi rimprovero!

Ettore                            - Troppo buona. Vi ringrazio. (Pausa. Egli si dirige verso la porta di destra. Essa fa un gesto impercettibile: Ettore Io « sente » e si volta) Vi ascolto.

Clara                             - (esitante) Non so...

Ettore                            - Stavate preparando una frase?

Clara                             - Non ho niente da dire.

Ett.                                -  (andandosene) Va bene.

Clara                             - (con dolcezza) Dove andate?

Ettore                            - Per la mia strada... Quella della povera gente che non ha fortuna.             - (Pausa).

Clara                             - (senza guardarlo) Ho paura d'essere stata troppo dura!

Ettore                            - Non abbiate rimorsi. Sono stato ridicolo. La colpa è mia!

Clara                             - Non vorrei vedervi an­dar via così...

Ettore                            - Volete che canti la marsigliese?

Clara                             - Tacete!

Ettore                            - Me ne vado con un bel ricordo... (con un povero sor­riso) Mi rimane questa divisa...

Clara                             - (spaventata) Volete ab­bandonarla?

Ettore                            - Appena lasciata voi.

Clara                             - È male.

Ettore                            - Finirà nell'armadio dove pende già l'altra divisa, quella azzurra.

Clara                             - Non voglio...

Ettore                            - La spoglia del mio amore andrà a raggiungere la spoglia della guerra.

Clara                             - (mistica) Ma avevate accettato di portarla nell'istante stesso in cui nasceva il Messia!

Ettore                            - Il vostro Messia...

Clara                             - Il nostro Messia!

Ettore                            - Il mio, no!

Clara                             - Che osate dire?

Ettore                            - Quello che penso!

Clara                             - Non potete pensare ciò!

Ettore                            - (esaltandosi sempre più) Perche no? Il nostro Mes­sia, il nostro, vedete, non ha co­nosciuto il fracasso delle preghiere, venendo al mondo. È nato senza inni, senza incensi. E ora è dappertutto, conosciuto da tut­ti, amato da tutti. È un buon diavolaccio goffo ed enorme co­me un gigante. Sbarrate gli oc­chi, su! C'è di che! Il nostro Mes­sia appare sugli schermi di tutto il mondo. Nelle grandi città, co­me nei villaggi. Da tutti è inte­so, da tutti capito! La sua lin­gua? Internazionale, Non parla latino, no: ma fa dei gesti, uma­ni! E questo pagliaccio, questo clown, questo Quasimodo dai pie­di enormi, questo disgraziato, è il nostro Messia, il Messia dei di­sgraziati senza fortuna...

Clara                             - (andando verso di luì) Tacete!

Ettore                            - (continuando). ..cam­mina senza eleganza, perché la tremenda miseria che porta è un grave fardello!

Clara                             - (avvicinandosi sempre più) Voi divagate!

Ettore                            - Le sue scarpe sono immense per sostenerlo meglio!

Clara                             - (vicino a lui) So...

Ettore                            - E il suo bastone è flessibile come la sua sorte! Il suo riso è una smorfia!

Clara                             - Si... sì...

Ettore                            - Il suo cappello un poema!

Clara                             - Vi prego.

Ettore                            - Fa ridere le folle per meglio farle pensare!

Clara                             - Calmatevi!

Ettore                            - È il Messia dei mise­rabili!

Clara                             - Voi bestemmiate!

Ettore                            - E quando s'è giocato un pezzo della nostra vita, quan­do scompare dallo schermo, avvi­lito ed umano, ci trascina tutti dietro di sé! E allora non si ride più. Ah, vi giuro, ragazza mia, che non si ride più. Il suo poema è triste come i piedi d'un mor­to...  (pausa).

Clara                             - (prendendogli le mani) Le vostre mani bruciano... sono peste... siete stanco...

Ettore                            - Me ne vado...

Clara                             - Riposatevi!

Ettore                            - Me ne vado!

Clara                             - C'è tempo.

Ettore                            - Sono deciso.

Clara                             - La vostra fronte è gon­fia. (Pausa).

Ettore                            - (guardandola) Che avete? Ci son delle lagrime nei vostri occhi?

Clara                             - (nascondendosi il viso) Ma no...

Ettore                            - Non c'è di che pian­gere, che diamine! Io non ho bi­sogno di niente! (pausa) Sto rea­lizzando un'idea simpatica.

Clara                             - Che altro volete dire?

Ettore                            - Cambiare clima non è conveniente. Tornerò laggiù.

Clara                             - Laggiù...?

Ett.                                - Sui campi di battaglia.

Clara                             - Per far che?

Ettore                            - La guida!

Clara                             - Come?

Ettore                            - (con semplicità) Non capite? Cicerone! Andrò a chiac­chierare sui campi devastati! Per­ché lasciare i buoni posti a dei profani? Dicono delle sciocchez­ze delle bestialità, delle assurdi­tà. Non sarebbe un bell'affare un'agenzia turistica che conduce i visitatori per i campi di bat­taglia sotto la guida dei fantac­cini? Settore di Vaux! Di Douaumont! Del Mort-Homme! Guida: Capitano Ettore Coquillard! No?

Clara                             - Non parlate più...

Ettore                            - (esaltandosi progressi­vamente senza volerlo) Seguite la guida! Di qui, signore! Di qui, signori! Attenti, prego! Abbassa­te la testa!. Siamo nel forte di Vaux! È qui che il comandante Raynai... E per ogni gruppo for­nito di occhialini, carte topogra­fiche e macchine Kodak io reci­terò una scena della grande com­media! Seguite la guida! Qui, si­gnore e signori, nel giugno 1916, un giovedì, 45 minuti prima di mezzanotte, i bavaresi attacca­rono. Il vostro servo umilissi­mo comandava la trincea B. Ed ecco, se volete avere la compiacenza di formare un cer­chio, ecco, signore e signori, quel che è accaduto! (recitando la sce­na) Tutti al proprio posto! (egli urta Clara. Essa si rifugia in fon­do, con sguardo spaventato e se­gue i suoi movimenti) Fuoco a vo­lontà! Ah! Ah! Vengono! Tirate nel mucchio! Mirate basso, al ven­tre! L'artiglieria colpisce troppo lontano. Peccato! Sentite i 75! Stracciano l'aria come se fosse se­ta! Abbassa il capo, Armengaud! Attenti! Forza, ragazzi! Li tenia­mo! Portate via Faucheux! Ma portatelo via! Vedete bene che è morto... Ah! Ah! Esitano! Ci sia­mo! Fanno dietro front! Scappa­no! (Pausa. Ascolta. Tende l'o­recchio verso il pavimento ed a mezzavoce) Cosa? Che c'è? Tutte queste voci? (si curva per ascolta­re meglio) I morti... Sono i morti magnifici... Che brusìo! Ascolta­teli! Ma ascoltateli dunque! Non parlate tutti insieme... Ssst! fì proibito di fotografare i morti, sotto pena di multa! (Pausa. A-scolta) Come? Non capisco quel che dite? Tornare? Voi... Voi vo­lete ritornare! Siete pazzi! Rima­nete dove siete, verremo noi a raggiungervi  - (riconoscendo tutti) Buon giorno Blancart! Come va Badillot? Oh, guarda, Pichart! E Varillon! E Koster! Salve Garail-let, Baudru! De La Motte! Buon giorno, ragazzi! Buon giorno a tut­ti! (si curva sempre più. È ora in ginocchio e parla al pavimento) Qui? Tua moglie, Pichart? Vuoi notizie di tua moglie? Sì: l'ho ri­vista... Se ci si occupa di lei? Perbacco! Ha ripreso marito! Ti fa ridere eh, vecchia canaglia? (Pausa. Ride) Che sento? Ma si canta da voi! (ai morti) Che? No! È vero! Camerati! (ai visitatori) Hanno capito anche i morti... (ai morti) Come? Non potete dormire? I topi? I corvi? No! Allora per­ché non potete dormire? Che co­sa vi sveglia? Non ci pensate, amici... Andrò io, andrò a vedere il ministro, sì, il ministro della Guerra... Contate su di me, ra­gazzi... A presto, ecco! (stringe delle invisibili mani) Arriveder­ci, Badillot! Arrivederci, Pichart! Arrivederci, Varillon! Koster! A fra poco, Garaillot! (si ferma di colpo, si raddrizza, poi) Che c'è? Che ho? (sogghigna) Divento pazzo! Ecco che... Ecco che gioco alla guerra, ora! Eh, la guerra! (Clara si è avvicinata dolcemen­te. Piange. Cade alle ginocchia di Ettore. Da lontano, mentre il sipario cade lentamente, si sente l'organo eseguire il cantico): « Lassù non ci saranno più dolori... ».

FINE