EUSTACHIO ovvero UN
AFFARE SERIO
Commedia comico-surreale in due atti
di
ALDO LO CASTRO
Personaggi
(in ordine d’entrata):
MARCELLA, una prostituta
CARLO DE LUCA, architetto e gran seduttore
ANSELMO DE LUCA, padre di Carlo
MARIO CASTELLINI, professore, amico di Carlo
CARLO-DONNA
L’azione si svolge in epoca attuale, in Sicilia (forse).
ATTO PRIMO
Casa di Carlo De Luca. Una mansarda molto luminosa. Ampio finestrone sul fondo.
A destra, l’ingresso comune. A sinistra, altra porta che dà all’interno.
L’arredamento è molto elegante ma un pò eccentrico. Un divano – che
all’occorrenza funge da letto – una poltrona, un tavolino triangolare, un
tappeto della stessa forma, ricchi e vistosi tendaggi, quadri e simboli
ero-tici dappertutto…
1 –
(Carlo e Marcella, sul divano, si scambiano ardenti effusioni)
MARCELLA – (languida) Così mi fai morire…!
CARLO – Sei bella! Sei una statua! Che cosce!
MARCELLA – (c.s.) Mi fai impazzire! Sono in un’altra dimensione… Non esisto
più… Dove mi trovo? Sto sognando… Che uomo! Che uomo! Ma chi sei?
CARLO – Che petto!
MARCELLA – Sì, sì… tu sei Geppetto! Ed io sono il tuo Pinocchio… Il tuo
Pinoc-chietto di legno… Sono nelle tue mani… modellami… Usalo bene il tuo
scal-pello, Geppetto! Fa’ che questo mio corpo possa vivere, urlare…!
CARLO – (smette improvvisamente) Ma che Geppetto! Basta, finiamola… E’ tutta
fatica sprecata…
MARCELLA – Forse la colpa è mia. Non ho recitato bene la mia parte… Se vuoi,
ri-provo… Vedrai che funzionerà…
CARLO – Ma lascia perdere, ti dico! Sono io che non funziono! E’ lo scalpello
che non vuol sentirne! Ma poi, scusami, che c’entra Geppetto? Come cavolo ti è
venuto in mente…?
MARCELLA – Io?! Sei stato tu a dire di essere Geppetto. E siccome l’idea mi è
sembrata originale, sono stata al gioco e ho tirato fuori anche Pinocchio…
CARLO – Sono io Pinocchio! Io! Un burattino di legno, duro e irrigidito!
MARCELLA – (allusiva) Magari!
CARLO – Sì, scherza, scherza…! E intanto io sto qui a fare… il Pinocchio con
te!
MARCELLA – “Finocchio”, hai detto o “Pinocchio”?
CARLO – Ma dimmi: sei sorda o mi stai prendendo per il…
MARCELLA – Scusami ma il fatto è che sono un po’ sorda veramente, da qualche
mese. Boh, forse sarà per via della mia professione…
CARLO – Che c’entra la tua professione? Da quando in qua le puttane, per il
fatto di essere puttane, diventano sorde?
MARCELLA – Dio! Come sei volgare! Bada che la mia è una professione seria. Non
ci si improvvisa “Operatrici sessuali”!
(Carlo scoppia a ridere)
Che ridi, stronzo? Sappi che occorre avere personalità, capacità specifiche,
fan-tasia, conoscenza della psicologia maschile…
CARLO - … esperrienza in ornitologia…!
MARCELLA – Orni… che?
CARLO – “Ornitologia”. Scienza che studia l’uccello.
MARCELLA – Nel senso di volatile?
CARLO – (serio) Nella fattispecie, non esattamente.
MARCELLA – (realizza) Anche quella è una conoscenza che aiuta.
CARLO – Concordo. Innanzitutto, massima confidenza con gli attrezzi del
mestiere!
MARCELLA – Che c’entra il cantiere, adesso?
CARLO – Cantiere?! Ho detto “mestiere”! Attrezzi del mestiere! Ancora non mi
hai spiegato la causa della tua sordità precoce e galoppante.
MARCELLA – Mi urlano sempre dentro le orecchie. Hai capito?
CARLO – I clienti?
MARCELLA – E urla oggi, urla domani…
CARLO – Ma sono matti? Che urlano?
MARCELLA – Di tutto. Urlano di tutto. Qui, nelle mie orecchie!
CARLO – Bah, le vie del sesso sono infinite.
MARCELLA – Già. Il guaio è che tu, da qualche tempo, le hai smarrite tutte…
CARLO – Cosa… avrei smarrito?
MARCELLA – Le vie del sesso. Non ne azzecchi più una.
CARLO – Vedo che godi nell’infierire…
MARCELLA – Io non godo. E quel ch’è peggio, nemmeno tu.
CARLO – Ti faccio notare che il tuo spirito idiota è fuori posto, in questo
momento!
MARCELLA – Non diventare permaloso. Scherzavo. Pensavo che sdrammatizzando il
problema… ridimensionando l’affare…
CARLO – Non credi che “l’affare” sia già fin troppo “ridimensionato”? E,
comun-que, tu non sei qui in veste di psicologa! Avessi avuto bisogno di una
psicolo-ga, avrei chiamato una psicologa!
MARCELLA – Forse avresti fatto meglio a chiamare uno psichiatra.
CARLO – E invece, ho chiamato una puttana, va bene? O meglio – scusami – una
“operatrice sessuale”!
MARCELLA – (risentita) E considerato che la mia prestazione è finita, tolgo il
di-sturbo. (Si prepara ad andar via).
CARLO – Ma no, aspetta… Che fai l’offesa, adesso?
MARCELLA – Vorrei solo ricordarti che se è vero che non sono qui in veste di
psi-cologa, non sono nemmeno in quella di puttana! Ma da amica. Da amica sono
corsa al capezzale d’uno stronzo! E da ex amica, me ne vado!
CARLO – D’accordo. Ti chiedo scusa.
MARCELLA – E ora, lasciami andare.
CARLO – (l’afferra per mano) Marcella, ti prego!
MARCELLA – Cos’altro vuoi? Vorresti pagarmi? Lascia perdere. Te l’ho detto:
so-no venuta qui da amica.
CARLO – Ma che pagare…!
MARCELLA – E ti pareva!
CARLO – Marcella… cosa mi sta succedendo?
MARCELLA – Non lo so. L’hai detto tu: non sono una psicologa.
CARLO – Non sto scherzando. Perché non vuoi aiutarmi?
MARCELLA – L’ho fatto. Ho cercato di aiutarti. Professionalmente non ho nulla
da rimproverarmi.
CARLO – Hai detto… “professionalmente”?
MARCELLA – Sì, professionalmente. In questo senso, nessuno può insegnarmi
niente. E lo sai.
CARLO – Sta tutto qui l’inghippo!
MARCELLA – Che inghippo?
CARLO – Rifletti. Tu mi hai dato del sesso in modo “professionale”. Non è così?
No, lasciami continuare. La tua prestazione, da questo punto di vista, nessuno
può negarlo, è stata – come dire? – qualificata, ineccepibile, non lo metto in
dubbio. Ma era, appunto, “professio-nale”. Era… aiutami a trovare le parole…
MARCELLA - Professionale.
CARLO – Asettica, fredda, razionale… quasi scientifica.
MARCELLA – E allora?
CARLO – Ma non c’era reale partecipazione. Non uno straccio di sentimento. Non
c’era ombra d’amore… Ma che dico “amore” – di una qualsivoglia emozione.
Insomma, Marcella, è chiaro che non mi ami.
MARCELLA – Che hai detto?
CARLO – Tu non mi ami.
MARCELLA – Che bella scoperta! Ma di’, stai dando i numeri? Se dovessi amare
tutti gli uomini che incontro, starei fresca! Sarei Santa Rita da Cascia e non
quella che sono!
CARLO – Lo so. Ed è questo il punto, non lo capisci?
MARCELLA – No, non lo capisco. Ascolta, Carlo, io ho da fare. Tu sei un amico,
mi sei stato sempre simpatico, ti voglio bene… però, adesso, i tuoi
ragionamenti mi sconcertano. Non ti capisco, ecco. Punto e basta. Ora, lasciami
andare. Ho da fare ancora tre “interventi” e sono in ritardo.
CARLO – Interventi?! Ma siamo impazziti? Parli come un chirurgo: interventi!
MARCELLA – E’ perfettamente inutile che tu faccia del sarcasmo. Siamo nel 2002 ed
oggi quel che conta è la professionalità. Anche nel mio lavoro, te l’ho già
detto, mi pare.
CARLO – E vada per la professionalità ma quanto agli “interventi”…! Siamo seri!
Uno va a puttane perché ne ha voglia, non per subire un intervento! In questo
modo non c’è più gusto. Perché sciupare il piacere della trasgressione, il
desi-derio di un brivido, quell’intrigante complicità fra due estranei…?
MARCELLA – Chiacchiere. Sono soltanto chiacchiere.
CARLO – La verità è che al giorno d’oggi tutto viene scientificamente
organizzato e programmato… Perfino il sesso! Davvero squallido!
MARCELLA – Come? “Pallido”? Hai detto “pallido”?
CARLO – Non ho detto “pallido”! Ho detto… Ma lascia perdere! Cosa vuoi che
im-porti…?
MARCELLA – (gli si accosta con tenerezza) Ma lo sai che sei strano, oggi? Tutti
questi discorsi – scusami – strampalati… Non ti avevo mai visto in queste
condizioni. Guarda che non sei un caso patologico. Succede, di tanto in tanto,
far cilecca. Succede e basta. Ma da qui a farne una tragedia…
CARLO – Già, succede. Il guaio è che è già successo ieri, due giorni fa…
Succede da un bel pezzo!
MARCELLA – (ride) Evidentemente il giocattolo s’è rotto. Questo capita ai
bambini cattivi. Lo usano troppo, il proprio giocattolo e finiscono col
romperlo.
CARLO – Ma che fai, ridi? Ti diverti?
MARCELLA – E cosa vuoi che faccia? Caro il mio focoso bambinone, se vuoi
ri-prendere a giocare, devi ripararlo, prima, il giocattolino…!
CARLO – Metti che… non si possa più riparare…!
MARCELLA – Riposare? Non sarebbe una cattiva idea…
CARLO – Ho detto “riparare”! Dannazione a te e a quegli imbecilli che urlano!
MARCELLA – Dammi retta, Carlo, non pensarci troppo. Questa è la soluzione
mi-gliore. Vedrai che un bel momento, magari quando meno te lo aspetti, tornerà
all’altezza della situazione. Adesso, perdonami… devo proprio scappare! (Lo
bacia rapidamente sulla bocca)
CARLO – Sì, capisco: gli interventi.
MARCELLA – Infatti. Ripasso domani, se vuoi. Ciao e… stai su… almeno tu! (Via
ridendo)
2 –
CARLO – (da solo) E’ pazzesco! Ma guarda cosa mi va a capitare? Ho rotto… il
giocattolo. (Si rivolge a “lui”) Tu che ne pensi? Fai l’indifferente, eh? Come
se il problema non ti riguardasse! Te ne stai zitto, non fai una grinza… te ne
infischi, tu! E magari, te la ridi! Ma hai poco da ridere, coglione! Guardati!
Hai un aspetto penoso… Sei pallido, esangue, flaccido… Fai schifo! Sei
diventato una cosa stupida, inutile… Sai che ti dico? Non mi servi più! Non ti
voglio più vedere! Ti odio! Sparisci dalla mia vita!
(Si sente suonare alla porta. Carlo, come un automa e continuando a parlare con
“lui”, va ad aprire. Entra Anselmo De Luca, suo padre)
ANSELMO – Che hai? Parli da solo?
CARLO – Ciao, papà.
ANSELMO – E allora, perché quella faccia stralunata e sofferente?
CARLO – Quale faccia?
ANSELMO – La tua, cretino.
CARLO – Che cos’ha la mia faccia?
ANSELMO – La vuoi smettere di rispondere alle mie domande con altre domande?
CARLO – Che domande…?
ANSELMO – Ho capito. Lo sai che ti dico? Che non me ne frega niente dei tuoi
pro-blemi.
CARLO – Ma chi ha problemi? Io non ho nessun problema.
ANSELMO – Meglio così. Io, invece, ce l’avrei un problemuccio. Infatti sono
passa-to per chiederti…
CARLO – Soldi.
ANSELMO – Oddio, soldi… Solo trecento Euro…
CARLO – E che sono trecento Euro, non sono soldi?
ANSELMO – Cosa vuoi che siano per te? Una sciocchezza, roba da niente. Ah,
natu-ralmente te li restituisco non appena incasso gli arretrati…
CARLO – Papà, sono due anni che aspetti questi benedetti arretrati!
ANSELMO – Due anni e tre mesi, per l’esattezza. E la cosa mi scoccia
terribilmente.
CARLO – Scoccia più me, direi. Da quando ti sei messo in pensione, non ho pace.
Ho perso il conto dei soldi che ti ho dato…
ANSELMO – Prestato, non dato. E il conto lo tengo io, non preoccuparti. Con le
tre-cento di oggi, sono esattamente 6300 Euro.
CARLO – Ecco.
ANSELMO – E’ inutile che continui a sbuffare! Ti ripeto che ti restituirò tutto
fino all’ultimo centesimo.
CARLO – E mi vuoi spiegare in che modo?
ANSELMO – Ma con gli arretrati, no?
CARLO – Che ammontano a… quanti Euro?
ANSELMO – 4000.
CARLO – Tu me ne devi 6500…!
ANSELMO – 6300! Comunque, giovanotto, ora mi hai rotto le scatole! E’ questo il
modo di parlare al proprio padre? Io sono tuo padre, fino a prova contraria!
CARLO – Magari avessi la prova del contrario…!
ANSELMO – Ma bravo! E pensare che ti ho messo al mondo!
CARLO – E chi t’aveva chiesto niente?
ANSELMO – Ti ho cresciuto… sfamato per una vita intera…!
CARLO – Ho sempre mangiato poco, lo sai. Dunque, non ti sei certo rovinato per
colpa mia.
ANSELMO – Ti ho fatto studiare, fatto prendere una laurea…
CARLO – Tu mi hai fatto prendere la laurea? Io me la sono presa la laurea
buttando sangue sui libri notte e giorno!
ANSELMO – E i libri, le tasse chi te li pagava?
CARLO – Il nonno. Coi soldi della sua pensione.
ANSELMO – Insomma, io per te non avrei mai fatto niente!
CARLO – Mai. Anzi, da quando è morta la mamma, sono io che ti foraggio perché
tu, la pensione, la prosciughi nel giro di una settimana!
ANSELMO – E tu saresti mio figlio? Nelle tue vene scorrerebbe il mio sangue?
CARLO – No. E’ il mio sangue. Ma se continui a svenarmi, diventerò anemico.
ANSELMO – (dopo una breve pausa) E allora, me li dai questi 300 Euro?
CARLO – Posso sapere, almeno, che devi farci con questi soldi?
ANSELMO – (s’illumina improvvisamente. Sorride, si esalta) Ho una pollastrella
per le mani…
CARLO – Alla tua età, la pollastrella dovresti fartela arrosto… e basta.
ANSELMO – E io, invece, alla mia età, me la cucino in modo diverso. Che vuoi
far-ci? In fatto di “culinaria”, ciascuno ha i suoi gusti! Fa’ presto ché mi
sta aspet-tando…
CARLO – E questa pollastrella ti costa – anzi, mi costa – trecento baiocchi?!
Secon-do me. dovresti frequentare un pollivendolo meno costoso.
ANSELMO – Tu parli così perché non capisci niente! Certe volte, penso seriamente
che non sei figlio mio!
CARLO – E io ribadisco: magari!
ANSELMO – Per tua conoscenza, sappi che il sottoscritto non andrebbe mai con
quelle quattro puttanelle come fai tu. Femmine di due soldi che fingono di
go-dere appena le tocchi.
CARLO – Ti assicuro che le donne con cui vado a letto non fingono affatto!
ANSELMO – Fingono, fingono. Tutte fingono. Quelle sono furbe, ti dico. Ti fanno
credere che tu sei il maschio più virile della terra e tu ci caschi come un
fesso!
CARLO – Non dire sciocchezze! Le mie donne sono tutte contente e soddisfatte!
ANSELMO – Se lo dici tu. Comunque, io preferisco donne di classe. Che sprizzino
femminilità e sensualità anche dal…
CARLO – Ma finiscila! Di classe o no, sempre puttane sono. La differenza sta
solo nel prezzo.
ANSELMO – La differenza sta nello stile, gioia mia. Nello stile.
CARLO – E certo. Almeno quelle con cui vai tu fingono “con stile”!
ANSELMO – Ti pare poco? Lo sanno fare: Sono artiste del sesso! Però, al
contrario di te, io lo so e sto al gioco. Dammi ‘sti soldi che ho premura.
CARLO – (a malincuore, gli consegna il denaro) Tieni. Ma bada che fra poco
chiu-do i cordoni della borsa. Io non vado a rubarli, i soldi! Io fatico per
guada-gnarmi la pagnotta, hai capito?
ANSELMO – Lo so. Però a te basta un progettino da niente per guadagnare il
doppio della mia pensione, caro architetto!
3 –
(Dall’ingresso comune entra Mario).
MARIO – Oh, carissimo signor De Luca! Come va?
ANSELMO – Non posso lamentarmi, professore…
CARLO – Ci mancherebbe anche che si lamentasse!
MARIO – Sempre in forma. Bravo! E… a donne… come stiamo?
ANSELMO – Non mi lamento. E a quanto mi risulta, non si lamentano manco loro.
CARLO – (a Mario) Hai capito? Tranne me, non si lamenta nessuno!
ANSELMO – Bah, me ne vado. Il “piacere” mi aspetta! E ridete! E’ una battuta,
no?
MARIO – Ah, era una battuta? Non l’avevo afferrata… (ride senza convinzione)
ANSELMO –(uscendo prende Mario sottobraccio. Abbassa la voce) Senta,
professo-re, ho l’impressione che mio figlio abbia qualche problema… Mi sembra
mol-to abbattuto… Veda di scoprire cos’ha. Con me non si confida ma con lei che
è suo amico, lo farà… (Alza la voce) Arrivederla, professore. Ciao, Carletto!
(Esce)
MARIO – Arrivederla, signor De Luca!
4 –
MARIO – A quanto pare, tuo padre è sempre un gran puttaniere! Praticamente non
pensa ad altro. Come te, del resto. Talis pater, talis filius!
CARLO – Mario, non seccarmi col tuo latino!
MARIO – E allora, che ti è successo? Perché parlavi da solo?
CARLO – Quando… ho parlato da solo?
MARIO – Quando è arrivato tuo padre.
CARLO – Ah, te lo ha detto lui… No. Io non parlavo da solo.
MARIO – E allora tuo padre si è sbagliato.
CARLO – Si è sbagliato.
MARIO – Beh, io non credo.
CARLO – E chi se ne fotte?
MARIO – Anche perché da un po’ di tempo in qua, ti comporti in modo strano… Sei
immusonito… irascibile…
CARLO – Non stare a rompere!
MARIO – Vedi se ho ragione? Non accetti neppure il dialogo. Senti, Carlo, sono
due anni che io abito qui, con te, nella stessa casa. E ogni giorno che passa
ti vedo sempre più… bizzarro, stravagante… Gli uomini non si conoscono mai
abba-stanza, è vero, ma io ho la presunzione di conoscerti sufficientemente.
CARLO – E allora?
MARIO – Ti conosco tanto quanto basta per poter affermare con estrema certezza
che hai fascino, personalità, successo…
CARLO – Cos’è, una dichiarazione d’amore?
MARIO – E ti conosco sufficientemente per poter dire, con altrettanta estrema
cer-tezza, che tu non mi sembri del tutto normale.
CARLO – E tu? Credi di essere “normale”, tu?
MARIO – Sai cosa penso?
CARLO – Sapessi quanto me ne frega!
MARIO – Che sei leggermente allucinato. Azzardo un’altra definizione più
colorita: uno strano animale di genere maschile che si alimenta di sesso, vive
col sesso, pensa al sesso…! In un modo che sta a metà strada tra l’esaltazione ossessiva
e la pura follia.
CARLO – Bravo. Questa è la diagnosi. Dimmi, adesso, quale terapia mi
suggerisci… dottore!
MARIO – Bah, non saprei. Forse non ci sono cure nel tuo caso. La tua monomania
è irreversibile, amico mio.
CARLO – Eppure ce ne sarebbe una.
MARIO – L’astinenza sessuale per qualche tempo? Non ne sono convinto però
po-tresti provare…
CARLO – No. Non pensavo all’astinenza. Francamente non so se potrò guarire del
tutto ma sono certo che se tu non mi rompessi le scatole per un po’ di tempo,
starei meglio. Mi spiego: se tu non fossi qui, ogni santo giorno, a frullarmi i
“benamati” con le tue teorie vagamente omosessuali, io potrei vivere,
final-mente, da uomo quasi “normale”!
MARIO – Credi?
CARLO – Sì. E adesso ti faccio io una bella diagnosi: tu sei un omosessuale
repres-so. O meglio, sei un asessuato represso! Chiaro? E siccome sono
generoso, ti prescrivo anche la cura: donne, donne e donne! Prima, dopo e
durante i pasti!
MARIO – Anche durante i pasti?
CARLO – Non ho finito. Se t’illudi di essere tu la persona “normale”, ti sbagli
di grosso! Perché lo strano animale – e non ho ancora capito di che genere! –
sei proprio tu! O forse, no, non sei un animale…
MARIO – Vedo che hai le idee un tantino confuse.
CARLO – Tu sei una macchina, un computer. I tuoi movimenti, le tue reazioni, i
tuoi pensieri sono tutti programmati. La mattina, appena sveglio, premi
l’”input” e parti. La sera, prima di metterti a letto, vai in “off” e stacchi
la corrente. Tutto qui. Ma cosa vuoi sapere tu della vita se non sai cosa vuol
dire vivere? Se non riesci a provare emozioni…! Se niente può scuoterti,
turbarti e meno che mai, esaltarti? Tu sei già morto! Ma continui a illuderti
di essere vivo!
MARIO – Può darsi. Ma sai che c’è? Io so perfettamente che tutto è illusione.
Men-tre tu sei convinto di vivere solo perché ti agiti e provi forti stimoli
sessuali. Il vero illuso sei tu.
CARLO – La macchina è in perfetta efficienza. Eccolo lì: tronfio,
imperturbabile e cacasentenze come sempre!
MARIO – La macchina…?! Rassegnati: siamo tutti e due delle macchine. Progettate
dalla stessa volontà e costruite con la medesima matrice.
CARLO – Se così fosse, visto il pessimo risultato, ti comunico che sei stato
costruito male e con materiale di scarto. Ti hanno fregato.
MARIO – Lo so.
CARLO – Lo sai?! E te ne stai così… tranquillo e serafico? Ma perché non ti
suicidi? Che ci campi a fare? Ammazzati! Oppure, se proprio non hai il coraggio
di to-glierti dai coglioni, scrollati di dosso tutta quella impassibile
sicumera. Scuoti-ti! Fa' qualcosa! Tenta di essere più umano!
MARIO – E che dovrei fare? Andare contro i miei principi? Forzare la mia
natura?
CARLO – Forzare la tua natura? Vuoi scherzare? Fossi in te, la distruggerei
questa tua natura! E al diavolo i principi! Se questi principi impediscono al
sangue di scorrere nelle vene! Mille volte al diavolo tutta la cosiddetta
moralità di questo mondo! Perché la moralità, amico mio, non esiste. “Morale”,
“immorale”… sono soltanto concetti filosofici, astratti… dei quali si nutrono i
benpensanti, la gente comune. Ebbene, io non faccio parte della schiera dei
benpensanti né della gente comune.
MARIO – Lo so io di quale schiera fai parte.
CARLO – Ma perché continuo a sprecare fiato con un computer stupido e
omologa-to?
MARIO – Mi sa proprio che a te, oggi, è successo qualcosa di serio…
CARLO – Non mi è successo niente! Hai capito? Io sono un uomo, io! Un maschio!
MARIO – E chi lo ha mai dubitato?
CARLO – Con gli attributi ben piazzati ed efficienti! Un maschio! Che ha
bisogno di sesso per vivere. Sì, hai ragione: io mi nutro di sesso! Ne ho
assoluta necessità, come tu dell’aria per respirare!
MARIO – Perché insisti su concetti già ribaditi?
CARLO – Perché voglio farteli entrare bene in quella zucca di “uomo normale”!
Per farti capire, una volta per tutte, chi sono io veramente!
MARIO – Rassicurati. L’ho già capito da un pezzo.
CARLO – Sappi che io non riuscirei mai a vivere con una sola donna. Non sono
co-me te che ti accontenti di quella femmina frigida ed esangue.
MARIO – Se ti riferisci a Francesca, ti garantisco che non è affatto… Ma, dimmi
un po’: come fai a sapere se Francesca è frigida o no?
CARLO – Lo so e basta. Occhio clinico.
MARIO – Ascolta. Io amo Francesca e non ti permetto apprezzamenti volgari e
gra-tuiti sul suo conto!
CARLO – Ma sentitelo! “Io amo Francesca”! Sei un pover’uomo e non capisci
nien-te! Come fai ad amare una sola donna? Andare a letto sempre con la stessa
persona… Sentire tutti i giorni lo stesso alito sulla tua faccia… l’odore della
sua pelle… Dammi retta: cambia contenitore.
MARIO – Cosa…?
CARLO – Apri bene le orecchie, cretino! La femmina non è che un contenitore… di
piacere. Consumato l’humus o se non ti procura più alcuna emozione, si getta
via e basta. Vedo che non hai capito. Sorridi come un ebete e non capisci. Mi
fai pena.
MARIO – Sorrido perché penso seriamente che anche tu sei un contenitore. Di
mer-da.
CARLO – Cosa hai detto?
MARIO – Ti dirò di più. Tu sei un povero disgraziato, arrogante, presuntuoso,
vizio-so e...
(Carlo gli sferra un pugno. Mario cade a terra. Silenzio per qualche istante).
MARIO – (si alza. Mantiene la calma) ... e stronzo. Credo che per oggi la
nostra conversazione possa considerarsi esaurita. Vado via. Anzi, sarà
opportuno che vada via definitivamente. Ti lascio al tuo regno, ai tuoi
contenitori… Senti, a-desso non ne ho voglia… torno domani a prendere le mie
cose. (Si avvia verso l’uscita).
CARLO – Mario… aspetta. Ti chiedo scusa. Oggi non faccio che chiedere scusa a
tutti. Scusami, va bene?
MARIO – No. Non va bene affatto.
CARLO – Lo ammetto. Ho un po’ esagerato.
MARIO – (sarcastico) Ma che esagerato! In fondo ti sei limitato a un pugno in
fac-cia. Avresti potuto darmi anche due calci in culo, spararmi una fucilata e
inve-ce non l’hai fatto. Te ne sono grato.
CARLO – (sospira) Hai ragione. Mi sono comportato da idiota. Come sempre, hai
ragione tu. E come sempre… ho torto. Ma anche tu, scusami… Pensi veramen-te che
io sia un uomo abietto, un immorale, un pazzo…?
MARIO – Non saprei… Di una cosa, però, sono certo: tu sei affetto dalla
sindrome del supermaschio.
CARLO – Ma che supermaschio! Io ho dei problemi… seri.
MARIO – L’avevo già intuito.
CARLO – (gli tende la mano) Pace?
MARIO – (dopo un sospiro, gli stringe la mano) Pace.
CARLO – Devo parlarne con te. Altrimenti finirò per impazzire davvero! Avverto
già i primi sintomi. E’ vero, Mario. Quando è entrato mio padre, io
apparente-mente parlavo da solo…
MARIO – Perché dici “apparentemente”?
CARLO – Perché in realtà… non parlavo da solo.
MARIO – E allora… con chi…
CARLO – Con “lui”.
MARIO – Con… lui?
CARLO – Sì. E piuttosto animatamente.
MARIO – T’incazzi se ti confesso che non ho capito?
CARLO – Parlavo con lui! Con il mio coso! E non è la prima volta…!
MARIO – (senza capire) Col tuo… coso?
CARLO – Mario, parlavo col mio organo sessuale! Col mio pene! Hai capito ora?
MARIO – (sconcertato) Ora… sì.
CARLO – Credi che questo sia… patologico?
MARIO – Sì.
CARLO – E me lo dici così… serenamente?!
MARIO – (sempre più sconcertato e confuso) Dunque… tu stavi a parlare con…
CARLO – Esatto. Capisci come mi sono ridotto?
MARIO – (si riprende dalla sorpresa e sorride) Fare discorsi… del cavolo è
nella tua natura ma farli proprio… col cavolo…
CARLO – Vedo che la cosa ti diverte.
MARIO – E dimmi… “Lui” che diceva?
CARLO – Mi stai prendendo in giro?!
MARIO – No, scusami… Per un momento stavo figurandomi un dialogo fra lui e te.
CARLO – Un dialogo?! Ma sei scemo?
MARIO – E che ne so… Mi hai confuso con questa storia…
CARLO – Un dialogo! Che bella fantasia!
MARIO – Ma… spiegami: perché gli parlavi?
CARLO – E lo vieni a chiedere a me? Non lo so. O, forse… lo so.
MARIO – Carlo, tu m’impressioni.
CARLO – Dillo pure! Dillo che sono diventato pazzo!
MARIO – Che pazzo! Chi lo ha mai pensato! Io sono sempre convinto che tu stia
e-sagerando. A tutti capita di parlare da soli…
CARLO – E’ da mezzora che cerco di farti capire che non parlavo affatto da
solo! Io parlavo con…
MARIO – Ho capito. Ma è la stessa, identica cosa. Non c’è ragione di farne un
dramma…
CARLO – Altro che se c’è ragione…! Mi scoppia la testa! Impazzirò davvero, lo
so!
MARIO – Aspetta. Ho un’idea. Diamogli un nome.
CARLO – A… a chi?
MARIO – Sì. Dobbiamo dare un nome al nostro interlocutore.
CARLO – “Nostro”?! Che c’entri tu?
MARIO – Al tuo, al nostro… Non stare a sottilizzare.
CARLO – Ma perché dovremmo dargli un nome?
MARIO – Perché non possiamo continuare a chiamarlo “lui”, “il coso”,
“l’affare”… E’ proprio questa indeterminatezza che disorienta, sconcerta…
Diamogli un nome e vedrai che la questione ti apparirà sotto una luce diversa.
Sdrammatiz-zare il problema, spesso, significa averlo già risolto. Ragiona: se
riuscissi a ri-dicolizzare il tuo coso…
CARLO – Aspetta, aspetta. Fammi capire. Tu dici che se io lo chiamo Teodoro o
po-niamo, Massimiliano… tutto si aggiusta?!
MARIO – Ne sono convinto.
CARLO – Tu sei più pazzo di me.
MARIO – Ti dico che è così! Provaci, almeno!
CARLO – E tu saresti la persona normale…?
MARIO – Allora… hai deciso quale nome…
CARLO – Ma non lo so! Così, su due piedi… Chi ci aveva mai pensato? Mia madre
lo chiamava… “pisellino” ma a quei tempi avevo sei o sette anni…
MARIO – A quell’età, tutti i “cosini” si chiamano “pisellini”… Oggi, sarebbe
stupi-do.
CARLO – E se invece, lo chiamo… Ludovico, non è stupido?
MARIO – Ludovico? No, non mi pare stupido. Però è troppo serio, austero… Mette
quasi soggezione, figuriamoci. Ci vuole qualcos’altro. Un nome da poter
pren-dere in giro… un nome che faccia ridere…
CARLO – Eustachio. Mi ha sempre divertito Eustachio.
MARIO – Bravo. Mi piace. Perché no? Eustachio mi pare abbastanza cretino.
CARLO – Ma smettiamola con queste idiozie! Ero già abbastanza confuso per i
fatti miei, prima, ma ora, da quando tu hai deciso di aiutarmi, mi sento
totalmente rincoglionito! Ma che nome e cognome, fammi il piacere! Basta con le
buffo-nate! Il problema è serio, ti dico. Il problema è che io… che lui…
MARIO – Alt! Lui, chi?
CARLO – Lui! Eustachio! Sei soddisfatto?
MARIO – Sì, così, va bene.
CARLO – No! Non va bene! Perché in qualsiasi modo tu lo chiami… Eustachio non
risponde.
MARIO – Non risponde?
CARLO – Nicchia.
MARIO – Ho capito. Nicchia. Come se fosse… annoiato, svogliato…?
CARLO – Latitante! E da troppo tempo.
MARIO – Quando un’automobile si ferma, esistono solo tre motivi. Primo: chi
guida è un incapace. E questo non è il tuo caso. Secondo: il motore si è fuso.
E nemmeno questo fa al tuo caso. Terzo motivo – che è poi il più probabile – è
finita la benzina. Carlo, secondo me, ti manca la benzina, il carburante.
Dun-que, devi solo tirare il fiato. Fare un bel pieno di energia e… la macchina
ripar-tirà come un razzo!
CARLO – Magari. Io penso, invece, di avere proprio… fuso il motore.
MARIO – E io insisto: si tratta solamente di benzina e basta. Il tuo guaio è
che ci stai rimuginando un po’ troppo. Hai ingigantito l’affare... cioè, il
problema. Dovre-sti distrarti, pensare ad altro…
CARLO – Non ci riesco.
MARIO – Vieni, usciamo, facciamo due passi… andiamo al cinema… Scollati da qui,
insomma...!
CARLO – No.
MARIO – Senti, facciamo così. (Prende il telefonino) Fra mezz’ora devo vedermi
con Francesca. Adesso la chiamo e le dico di portare un’amica…
CARLO – Lascia perdere. Che amica? Voglio stare solo. Devo riflettere.
MARIO – Su che cosa?
CARLO – Non lo so.
MARIO – Ho capito. Vuoi che rimanga con te?
CARLO – A far che?
MARIO – A far che? E che ne so? A tenerti compagnia.
CARLO – Ti ripeto che voglio riflettere. E da solo.
MARIO – Sicuro?
CARLO – Sicuro.
MARIO – Come vuoi. Ti porto una pizza, più tardi?
CARLO – Vuoi lasciarmi in pace?
MARIO – D’accordo, d’accordo. Niente pizza, niente cinema, niente passeggiate,
niente compagnia… E allora, io vado. (Fa per uscire) Mi raccomando: non
strizzarti il cervello. Fidati: per me è solo una questione di benzina… Ciao.
(Via).
5 –
(Carlo rimane solo. Va tristemente a sedere. Scuote la testa avvilito).
CARLO- Altro che benzina! Il guaio è che sono diventato improvvisamente
impoten-te. Impotente. Ma perché? Com’è potuto succedere? Forse ho solo bisogno
di riposare… di dormire… chissà? Sì, sarà meglio dormirci su. E magari doma-ni…
tutto si risolve… (Si sveste rapidamente e si sdraia) Almeno, lo spero. Buona
notte… Eustachio…! (Ci ripensa) Ah, Eustachio… sei uno stronzo!
(Verosimilmente, si addormenta. Ma il suo sonno non è sereno. Gli incubi che lo
tormentano si materializzano. Appaiono alcune figure…)
ANSELMO – Fingono! Fingono di godere! Fingono tutte! Tutte!
MARCELLA – Evidentemente il giocattolo s’è rotto. Questo capita ai bambini
catti-vi…
MARIO – Chiamiamolo Eustachio! Eustachio è un nome abbastanza cretino…!
MARCELLA – Evidentemente il giocattolo s’è rotto… Lo usano troppo…
ANSELMO – Ti fanno credere che tu sia il maschio più virile della terra e tu ci
ca-schi come un fesso!
MARIO – Eustachio, sì! Eustachio è divertente! Mi fa ridere!
MARCELLA – Questo capita ai bambini cattivi…
ANSELMO – Fingono! Sono furbe! Fingono tutte!
MARIO – Eustachio!
MARCELLA – Lo usano troppo e…
ANSELMO - … e tu ci caschi come un fesso!
(Le figure rimbalzano vorticosamente. Le voci si sovrappongono confuse, quasi
deliranti).
SIPARIO
ATTO SECONDO
La medesima scena del primo atto. Sul divano, però, adesso è sdraiata una
donna, vestita esattamente come Carlo quando si è addormentato: mutande,
camicia semisbottonata sul petto e calzini. Paradossalmente si tratta dello
stesso Car-lo che si risveglierà in un corpo di donna. Quindi gli atteggiamenti
e il modo di parlare saranno “da maschio”. Chiameremo il nostro personaggio
“CARLO – DONNA”.
1 –
CARLO-DONNA – (si sveglia lentamente. Si stiracchia, sbadiglia rumorosamente)
Che ore sono? (Scuote l’orologio da polso che pare essersi fermato) Ma… quanto
tempo ho dormito? (Si alza, si avvicina alla finestra. E’ appena giorno) Bah,
saranno le sette… (Chiama a gran voce) Mario! Dove sei? Mario!
(Nessuna risposta. Continua a chiamare) Mario! Com’è che è uscito così
pre-sto?… (Sbadiglia) Alzarsi all’alba per entrare a scuola alle otto! Mah! Chi
lo capisce, il professore? Ho la voce… strana, stamattina… (si schiarisce la
go-la) Che cazz…alora è successo alla mia gola?…
(Esce dalla porta di sinistra. Verosimilmente va in bagno. Un momento do-po, si
sente un urlo agghiacciante. Carlo-donna rientra palesemente terroriz-zato).
Ho fatto pi-pì in modo orrendo!
(Ansimando angosciato, si avvicina allo specchio. Lancia un secondo urlo. Poi,
in evidente stato confusionale e in preda al panico, si guarda le gambe, il
seno: si palpa freneticamente per tutto il corpo…)
No! Non è possibile! Sto sognando… E’ un incubo… Credo di essere sveglio e
invece sto ancora dormendo… Deve essere così. Non vedo altre spiegazioni.
Adesso mi rimetto qui, sul divano (esegue) e continuo a dormire tranquilla-mente.
Prima o poi finirà ‘sto cazzo di sogno!
2 -
(Dalla comune entra Mario che si accorge subito della ragazza semisvestita
sul divano)
MARIO – (tra sé mentre guarda la ragazza) Bene. A quanto pare, Carlo ha risolto
i suoi problemi. Sono contento per lui. (A Carlo-donna) Scusami… Carlo è di là?
(Nessuna risposta. Insiste) E’ di là? (Carlo-donna, resta muto, immobile e con
gli occhi sbarrati). Ti senti bene?
CARLO-DONNA – Non lo so.
(Mario esce dalla porta di sinistra continuando a chiamare Carlo. Carlo-donna,
intanto, si è messo a sedere sul divano, gli occhi fissi nel vuoto. Mario
rien-tra).
MARIO – Di là non c’è.
CARLO-DONNA – Ovvio. Sarebbe stato alquanto bizzarro il contrario..
MARIO – Cosa…?
CARLO-DONNA – (lo fissa implorante) Non… non mi riconosci, nevvero?
MARIO – Dovrei?
CARLO-DONNA – (si sdraia nuovamente) Mi rimetto a dormire.
MARIO – (senza badargli minimamente) Scusami… hai idea di dove sia andato?
CARLO-DONNA – Chi?
MARIO – Carlo. Te l’ho già chiesto quindici volte!
CARLO-DONNA – (si solleva sul busto. Particolarmente aggressivo e contrariato)
Si può sapere che cazzo vuoi?
MARIO – (sconcertato dalla strana reazione) Ma che sei scema?!
CARLO-DONNA – Sì. Ho capito. Evidentemente anche tu fai parte del sogno.
(Tor-na a sdraiarsi).
MARIO – (tra sé) Mi sa che questa qui è completamente fuori di testa. (A
Carlo-donna) Senti… non vorrei apparire monotono… ma, prima di riaddormentarti,
ti secca troppo dirmi che fine ha fatto quell’altro imbecille?
CARLO-DONNA – (rimane sdraiata) Chi?
MARIO – (spazientito) Ma Carlo, no?
CARLO-DONNA – (si rialza un momento sul busto) E’ un sogno! Stai tranquillo. E’
solo un sogno. Fra un po’ finisce tutto.
MARIO – (frastornato e impressionato) Che stai farfugliando? Che dici? Sei
certa di star bene?
CARLO-DONNA – No! Sono certo di stare male!
MARIO – (preoccupato) Hai… bisogno di qualcosa?
CARLO-DONNA – Sì.
MARIO – Se credi che io possa aiutarti…
CARLO-DONNA – Voglio uscire.
MARIO – E chi te lo impedisce?
CARLO-DONNA – Voglio uscire da quest’incubo. Subito! .
MARIO – Incubo? Che incubo?
CARLO-DONNA – Sto per diventare pazzo!
MARIO – Pazzo?!
CARLO-DONNA – Pazzo!
MARIO – Vuoi dire…pazza.
CARLO-DONNA – Voglio dire “pazzo”!
MARIO – Senti… volevo chiedertelo anche prima… Perché parli di te al maschile?
CARLO-DONNA – Perché sono maschio!
MARIO – (alquanto sorpreso ma anche divertito) Ma no?!
CARLO-DONNA – Sì!
MARIO – E chi l’avrebbe detto…? Eppure avrei giurato…
CARLO-DONNA – Maschio! Maschio! Hai capito?
MARIO – (tra sé) Questa è dissociata, schizofrenica, non ci sono dubbi.
CARLO-DONNA – Che stai pensando? Dimmelo!
MARIO – Io? No… niente… in particolare…
CARLO-DONNA – Stai pensando che io sono una dissociata, una schizofrenica…?
MARIO – Mi hai letto nel pens… No! Che dissociata… Anche se… Posso parlare con
sincerità? Io non sono certo Freud però, consentimi, ci vuol poco a capire che,
al momento, ti trovi… come dire? In un leggero stato confusionale. Sen-ti…
scusa, come ti chiami…?
CARLO-DONNA – Carlo.
MARIO – Ecco. Stavo dicendoti, Car… Come, “Carlo”?
CARLO-DONNA – Io mi chiamo Carlo. Io sono Carlo!
MARIO – (impressionato) Ma… perché proprio Carlo?
CARLO-DONNA – (implorante) Devi credermi, Mario!
MARIO – Ci… conosciamo?
CARLO-DONNA – (c.s.) Io non sono una donna. E non guardarmi in quel modo! Lo
so. Lo so che l’apparenza è contro di me! Ma ti assicuro che non sono affatto
una donna, credimi!
MARIO – (sempre più impressionato e sconcertato) Non sei una donna, va bene.
CARLO-DONNA – (fuori di sé) E non assecondarmi perché pensi che io sia pazza!
Non farmi incazzare!
MARIO – (spaventato, invoca disperatamente l’amico) Carlo!
CARLO-DONNA – Carlo sono io, deficiente!
MARIO – D’accordo… sei tu… ma stai calma…
CARLO-DONNA – (urla infuriato) Lo stronzo non mi crede!
MARIO – Lo stronzo ti crede… Perché non dovrebbe crederti? E’ tutto così
lampan-te!
CARLO-DONNA – (c.s.) Questa è la camicia di Carlo, no? E queste… Queste non
sono forse le mutande di Carlo? E i calzini? Anche questi sono di Carlo,
giu-sto?
MARIO – (disorientato) Giusto.
CARLO-DONNA – E poi, appena ieri sera – ricordi? – ti ho confessato il mio
dramma…
MARIO – (c.s.) Ieri sera…?!
CARLO-DONNA – Eustachio! Ti ricordi di Eustachio? Non fosti tu a suggerirmi di
chiamare il mio “affare” Eustachio?
MARIO – Sì… Gli consigliai di… Ma come fai a sapere queste cose?
CARLO-DONNA – Perché sono Carlo, no?
MARIO – Ah, già…
CARLO-DONNA – Continui a non credermi! Senti… io non ho la minima idea di cosa
mi sia successo! Non so quale diabolico sortilegio mi abbia trasformato in
questo modo di merda…!
MARIO – (abbozza un sorriso idiota) Secondo me, invece… non sei niente male.
Anzi, per dirla tutta, ti preferisco come sei adesso… Carlo.
CARLO-DONNA – Il coglione riesce persino a scherzarci su! Mentre io mi
ritro-vo… con… con tutta questa roba (indica il seno) e senza Eustachio!
MARIO – Ecco perché mi piaci di più… Carlo. (Si avvia verso la porta di
sinistra)
CARLO-DONNA – Dove vai, ora?
MARIO – A cercare Carlo.
(Carlo-donna lancia un urlo isterico. Si sente suonare alla porta).
MARIO – Hanno suonato.
CARLO-DONNA – Ho sentito.
MARIO – Non credo sia Carlo
CARLO-DONNA – Neanch’io lo credo.
MARIO – Lui non avrebbe suonato. Ha le chiavi. Scusa, vado ad aprire.
CARLO-DONNA – Ma va’ a…!
3 –
(Entra Anselmo).
MARIO – Signor De Luca, qual buon vento…?
ANSELMO – Vento del nord! (piano a Mario) Avrei una danese per le mani che è un
babà!
MARIO – Una danese… napoletana, per così dire…
ANSELMO – Non ho afferrato.
MARIO – Era una battuta. La danese… il babà…
ANSELMO – Ah, era una battuta! E… Carlo?
MARIO – Non c’è.
ANSELMO – (s’accorge della ragazza) E bravo il professore! A quel che vedo,
an-che lei si dà da fare!
MARIO – Macché! Non la conosco nemmeno.
ANSELMO – Ah, no? Allora è un’amica di Carlo?
CARLO-DONNA – (contrariato) Non sono un’amica di Carlo!
ANSELMO – (a Mario) Ma perché s’incazza?
MARIO – S’è incazzata anche con me, prima.
ANSELMO – (abbassa la voce, a Mario) Mi pare leggermente isterica… però non è
niente male… Che ne dice?
MARIO – Lo dico anch’io.
ANSELMO – Ce l’ha fatto un pensierino, eh?
MARIO – Francamente, sì ma… io sono regolarmente fidanzato e quindi…
ANSELMO – Ma in che mondo vive, professore? Il mio motto, invece, è “Ogni
la-sciata è persa e se hai poco tempo, una botta e via”!
CARLO-DONNA – Che stai farfugliando, papà? Vorresti farmi partecipare a questa
accesa e profonda conversazione?
ANSELMO – Papà?! Scusami tanto, gioia, capisco che, data la mia età, potrei
benis-simo essere tuo padre… tuttavia non mi sembra carino sottolinearlo.
CARLO-DONNA – Chissà quando finirà questa farsa surreale?
ANSELMO – (a Mario) Cos’è che dice? (Mario si stringe nelle spalle) Che farsa?
CARLO-DONNA – Io sono tuo figlio. Hai capito?
ANSELMO – No.
CARLO-DONNA – Tu non ne hai figli?
ANSELMO – Per disgrazia, sì. Ma per fortuna, ne ho uno soltanto.
CARLO-DONNA – E quello sono io.
ANSELMO – (a Mario) Ha bevuto o è sotto l’effetto di una droga?
MARIO – Non ho idea…
ANSELMO – Io credo proprio di sì. (A Carlo-donna) Senti, piccola, perché dici
di essere mia figlia? Cosa t’inventi? Io non ho figlie femmine.
CARLO-DONNA – Appunto.
ANSELMO – Appunto.
CARLO-DONNA – Ma hai un figlio maschio che sono io.
ANSELMO – (a Mario) Dissociata.
MARIO – E schizofrenica.
CARLO-DONNA – (corre ad abbracciare il padre) Papà! Almeno tu, aiutami!
ANSELMO – Calmati, tesoro… sistemeremo la faccenda… Scusa un momento. (Si
avvicina a Mario. Lo prende sottobraccio. In disparte) Senta, professore, mi
lasci solo con la ragazza… Me la cucino io… Lei, intanto, veda un po’ dov’è
andato a cacciarsi mio figlio…
MARIO – Ho capito.
ANSELMO – Bravo. Lei mi piace perché è sveglio.
MARIO – (a Carlo-donna) Ciao… Io vado a cercare Carlo.
CARLO-DONNA – Va’ a fa…!
MARIO – (a Anselmo, in disparte) Guardi che quella è pazza. E’ proprio sicuro
di voler rimanere solo con lei?
ANSELMO – Più che sicuro. Vada, vada…
(Mario esce).
4 –
CARLO –DONNA – Papà… cosa mi sta succedendo? O meglio, cosa mi è successo? Sono
diventato una donna, ti rendi conto?
ANSELMO – (per nulla impressionato) E che donna!
CARLO-DONNA – (piange disperato) Fa’ qualcosa, ti prego!
ANSELMO – Sta’ tranquilla. “Qualcosa” finiremo per combinarla. Francamente,
stamattina, non era nei miei programmi ma – come si dice? – “A caval donato non
si guarda in bocca” e allora… (lo palpeggia)
CARLO-DONNA – Ma che fai, tocchi?! Papà!
ANSELMO – Lasciati andare, figlia mia… Vedrai che dopo ti sentirai molto meglio.
CARLO-DONNA – “Dopo” cosa?, papà?
ANSELMO – E non continuare a chiamarmi “papà”… altrimenti mi smonti!
CARLO-DONNA – Vuoi smetterla di palpeggiarmi? Sei impazzito? Ma come… io sono
disperato e tu mi zompi addosso?!
ANSELMO – Sei troppo tesa, gioia… Vedi, io sto solo aiutandoti a rilassare…
CARLO-DONNA – E sfido che sono teso! Sono teso come una corda di violino!
ANSELMO – Appunto. Ed è per questo che io…
CARLO-DONNA – Insomma, la pianti di mettermi le mani addosso? Ma per chi mi hai
preso?
ANSELMO – Sì, lo so. Adesso mi dirai che sei una brava ragazza… una ragazza
se-ria… E a me sta benissimo.
CARLO-DONNA – Io non sono una ragazza seria!
ANSELMO – Quelle che non sono serie mi piacciono di più!
CARLO-DONNA – Io sono Carlo! Te lo vuoi mettere in testa?
ANSELMO – Non ho nulla contro le ragazze che non sono serie e che si chiamano
“Carlo”.
CARLO-DONNA – Questa storia mi farà impazzire, lo sento!
ANSELMO – Calmati…
CARLO-DONNA – Come faccio a calmarmi con te che stai a pomiciare…! Che stai a
pomiciare con tuo figlio!
ANSELMO – Insomma, ragazzina! Finiscila di fare l’isterica!
CARLO-DONNA – Ma che ragazzina! Carlo! Carlo! Carlo!
ANSELMO – Perché continui a chiamare quel coglione? Non c’è, hai capito? T’ha
lasciata sola, quel fesso! Ascolta… A proposito, come ti chiami?
CARLO-DONNA – Come vuoi che mi chiami? Carlo, no?
ANSELMO – Ne sei sicura?
CARLO-DONNA – No. Non sono più sicuro di niente.
ANSELMO – Vedi? E’ proprio quello che vorrei farti capire. Tu, al momento, per
qualche ragione che sconosco e che non sei tenuta a spiegarmi, sei – come
di-re? – agitata, confusa… Ora, l’esperienza mi suggerisce che in situazioni
del genere, la cosa migliore è…
CARLO-DONNA – Ma… niente niente vorresti “farti” tuo figlio?!
ANSELMO – Che c’entra mio figlio?
CARLO-DONNA – Continua. Quale sarebbe, per te, la cosa migliore?
ANSELMO – Affidarsi all’istinto.
CARLO-DONNA – E cioè?
ANSELMO – Fare l’amore.
CARLO-DONNA – Allora, ho ragione: tu avresti intenzione di farti tuo figlio?!
ANSELMO – Ma perché continui a tirare in ballo mio figlio?
CARLO-DONNA – Vattene! Sapevo già d’avere un padre senza scrupoli, un padre
sanguisuga oltre che puttaniere incallito! Ma ignoravo che fosse anche un
vec-chio porco incestuoso!
ANSELMO – (non capisce) Non vedo che colpa ho io se tuo padre è incestuoso. Tu
hai un padre incestuoso?
CARLO-DONNA – Vattene. Voglio rimanere solo con la mia tragedia! Vattene!
ANSELMO – Bada che hai equivocato. Io intendevo soltanto aiutarti ma se tu non
vuoi…
CARLO-DONNA – Bell’aiuto volevi darmi! Grazie tante, non ne ho bisogno.
ANSELMO – Ho capito.
CARLO-DONNA – No! Non hai capito! Ed è per questo che voglio che te ne vada
immediatamente!
ANSELMO – Va bene, va bene. Non diventare isterica. Se desideri che vada via,
me ne vado subito… (Si avvia verso l’uscita) Senti, scusami… non ti troveresti,
per caso, cento Euro?
CARLO-DONNA – (urla) Vattene!
(Anselmo esce rapidamente).
5 –
CARLO-DONNA – (da solo) Sto sognando. Ne sono certo. Deve essere così. Mac-ché!
Tutto è maledettamente reale! E se provassi a concentrarmi? Forse se rac-colgo
tutte le mie energie mentali e le faccio convergere verso un solo, unico
pensiero… Forse… chissà, potrebbe funzionare. (Si concentra) Io sono un
ma-schio. Io sono un maschio… Io sono… uno stronzo! Devo andare da uno
psi-chiatra… Mi aiuterà a capire, a farmene una ragione… ad accettare la mia
nuova condizione… (Si avvicina allo specchio. Si guarda con un pizzico di
in-volontaria civetteria) Però… Non sono niente male. (Si scopre il seno.
Sorride compiaciuto) Equipaggiamento super, non posso negarlo. Bello! Ben
fatto. Di-rei perfetto! E’ il colmo: sto quasi per eccitarmi alla vista del
“mio” seno! (Si ricopre rapidamente) Basta! Basta così! Sto dando i numeri… Sto
diventando pazza…! “Pazza”?! Ho detto “pazza”! Dio mio, peggioro di minuto in
minuto!
(Suonano alla porta)
Chi è, ancora? (Malvolentieri apre la porta. E’ Marcella).
MARCELLA – Ciao. Carlo?
CARLO-DONNA – Ciao. (Con aria disfatta, va a sedere).
MARCELLA – (guarda sorridendo Carlo-donna e sorride. Tra sé) Il seduttore ha
colpito ancora. E’ guarito in fretta. Sono contenta per lui. (Si guarda attorno
poi rivolta a Carlo-donna) Carlo è di là?
CARLO-DONNA – No.
MARCELLA – E dov’è?
CARLO-DONNA – Qui. Davanti a te. Non capisci, eh?
MARCELLA – Quanto a capire, capisco perfettamente. Il guaio è che non riesco
proprio a vederlo.
CARLO-DONNA – Facciamola finita. Carlo sono io.
MARCELLA – (piuttosto impressionata) Beh, io vado… (Si avvia verso l’uscita ma
Carlo-donna l’afferra e la costringe a sedere)
CARLO-DONNA – No. Tu, adesso, mi stai a sentire!
MARCELLA – (tenta di rialzarsi) Magari un’altra volta…
CARLO-DONNA – Marcella! Non farmi incazzare anche tu!
MARCELLA – Ci conosciamo?
CARLO-DONNA – Direi abbastanza.
MARCELLA – (timidamente) Fai parte del giro anche tu? Non ti ho mai vista…
CARLO-DONNA – Guardami bene!
MARCELLA – E’ quello che sto facendo ma non riesco proprio a ricordare…
CARLO-DONNA – Nemmeno tu…! Ti prego, guardalo bene questo viso!
MARCELLA – Ti assicuro che lo sto studiando con la massima attenzione.
CARLO-DONNA – E non vedi nulla? Non vedi nulla nei miei occhi? Questi occhi non
potrebbero essere gli stessi occhi di Carlo?
MARCELLA – (la osserva con ostentazione) Gli stessi? Forse… Sì, il colore è lo
stesso… Ma, fammi capire: è così importante per te?
CARLO-DONNA – Sì. E’ importante. Ma forse sto solo cercando disperatamente un
fantasma…!
MARCELLA – Così giovane?
CARLO-DONNA – Cosa…?
MARCELLA – Alla tua età soffri già di asma? Per me è solo una questione
nervosa. Anche mia cugina…
CARLO-DONNA – Ma che cazzo dici? Chi ha parlato di asma? Ah, già… tu sei sor-da
come una campana!
MARCELLA – Te lo ha raccontato Carlo? Molto carino, da parte sua!
CARLO-DONNA – Ieri, me lo hai confessato tu… Ricordi?
MARCELLA – Io… avrei confessato a te di essere diventata un po’ sorda?! Ma non
dire sciocchezze.
CARLO-DONNA – Io non dico sciocchezze, cretina!
MARCELLA – Ma… se è la prima volta che ti vedo. Ed anche l’ultima perché me ne
vado.
CARLO-DONNA – Adesso basta! Ne ho fin sopra i capelli di questa storia! Non ne
posso più! Possibile che nessuno voglia credermi? Possibile che dovrò
conti-nuare a urlare per tutta la vita di essere Carlo?!
MARCELLA – (palesemente impaurita) Ne… ne sei sicura? Sai, alle volte, un
tanti-no di confusione mentale…
CARLO-DONNA – No! Non un tantino! Qui dentro (indica il capo) c’è un terremo-to!
C’è il caos!
MARCELLA – Ecco.
CARLO-DONNA – Io non so più chi sono… chi ero… Non so nemmeno se esisto! La
sola cosa di cui sono certo è di non avere nulla a che fare con questo corpo.
Io ti giuro che questo corpo non mi appartiene! Io sono maschio! Penso da
ma-schio! I miei desideri sessuali sono esattamente quelli che avrebbe un
maschio!
MARCELLA – (crede di aver capito) Tutto questo giro di parole per dirmi che hai
tendenze di un certo tipo?
CARLO-DONNA – Che tendenze?
MARCELLA – Lesbiche, per esempio. Ascolta, carina. Fra le altre cose, Carlo ti
a-vrà anche detto qual è la mia professione.
CARLO-DONNA – Una stronza come te non poteva che fare la puttana!
MARCELLA – Ecco. In effetti, penso che se non sei Carlo, devi pur essere di una
razza molto simile alla sua. Io faccio l’operatrice…
CARLO-DONNA - … sessuale!
MARCELLA – Ci avrei scommesso che lo sapevi già. Sì, sono una professionista
molto seria. E, aggiungo, zelante e discreta. Dunque, mentalmente aperta come
sono, capisci bene che non ho pregiudizi o preconcetti. Per me, uomo o donna o
che so io… c’est la meme chose. Sono tutti clienti e basta. Io mi occupo solo
delle loro voglie, non del loro inconscio. Se siamo d’accordo su alcuni
dettagli di natura economica, io sono assolutamente disponibile. Nessun
problema. Anzi, se ti fa piacere, posso anche chiamarti “Carlo”. Ma, a
proposito, dov’è andato?
CARLO-DONNA – Chi?
MARCELLA – Carlo. Com’è ch’è sparito? Non siete stati insieme, stanotte?
CARLO-DONNA – Allora sei scema! Non hai capito niente?!
MARCELLA – Non… siete stati insieme?
CARLO-DONNA – E già, cosa potevo aspettarmi? Tu sei un’idiota in situazioni
normali… ! Figuriamoci se riesci a decifrare il paranormale!
MARCELLA – Senti, tesoro, io non sono disposta a farmi insultare da una
stronzetta “paranormale” che un bel giorno si sveglia con manie omosessuali!
Una stron-zetta, per giunta, che non ho mai avuto la sventura di conoscere!
CARLO-DONNA – Ah, non mi conosci?
MARCELLA – Assolutamente no. Me ne sarei ricordata. Di strampalate ne ho cono-sciute
ma tu non sei una strampalata qualunque. Di te mi sarei ricordata certa-mente!
CARLO-DONNA – E… se invece, ti dimostrassi che “ci conosciamo” benissimo?
MARCELLA – Oh, senti, finiscila!
CARLO-DONNA – Tu hai tre nei. Sbaglio?
MARCELLA – E allora?
CARLO-DONNA – Uno sul seno destro – molto vicino al capezzolo. Un altro sulla
chiappa sinistra e il terzo esattamente sotto l’ombelico. A quest’altezza.
MARCELLA – Ma che brava! Evidentemente Carlo – per motivi che mi sfuggono – ti
ha fatto una minuziosa descrizione del mio corpo… Dovrei esserne lusinga-ta…
Invece, non me ne frega un accidente, guarda un po’!
CARLO-DONNA – (urla, disperato) Sono arrivato al limite della sopportazione! Il
mio cervello vacilla! Sono diventato pazzo! Dunque, per favore, “devi” cre-dermi!
Oppure, fingi di credermi! Fa’ quello che diavolo vuoi ma mostra di credermi,
chiaro?
MARCELLA – (spaventata) Io credo che se tu riuscissi ad accettarti… per quello
che sei… In fondo, Santo Dio, che importa se sei maschio, femmina o… altro? Non
ha la minima importanza. Devi solo provare a fartene una ragione. Dopo tutto
perché credi che solo essere uomo è bello? Ma, caspita, è altrettanto bello
essere donna o transessuale o… altro! Ho… ragione?
CARLO-DONNA – (con voce sinistra) Vieni qui.
MARCELLA – (sempre più spaventata) Magari… un’altra volta. E’ tardissimo. Dio,
come s’è fatto tardi! Quando si sta in buona compagnia… il tempo scivola via,
non è vero…?
CARLO-DONNA – Vieni qui, stronza! Non fartelo ripetere una seconda volta! Bada
che i pazzi possono diventare molto violenti. Avvicinati!
(Marcella si avvicina col cuore in gola: Carlo-donna l’afferra con violenza, la
strin-ge a sé e la palpeggia con ardore)
Sei bella… ben fatta… Anche se fai la puttana, mi sei sempre piaciuta!
MARCELLA – (impietrita, con un filo di voce) Ti ringrazio per gli
apprezzamenti… Sono davvero gratificanti… ma. come ti dicevo prima, avrei un
po’ di premu-ra…
CARLO-DONNA – Hai anche detto che sei disponibile. Una seria professionista.
Dimostramelo! (Continua ad accarezzarla)
MARCELLA – (tenta inutilmente di sciogliersi da quell’abbraccio) Sono talmente
seria e professionale che, se permetti, i clienti me li scelgo da me. E anche
gli orari. E ora, se smettessi di stringermi, te ne sarei grata!
CARLO-DONNA – No. Guadagnati la paga! (La stringe a sé con maggiore foga. Poi,
improvvisamente, scoppia a ridere, Quindi, si lascia andare in un pianto
disperato) Porca puttana…!
MARCELLA – (si scosta rapidamente) E’ ora di finirla con gli insulti! Ne ho
abba-stanza! Di te e dei tuoi modi!
CARLO-DONNA – (continua a piangere) Qui dentro… mi sento maschio ma è co-me se…
come se fosse imprigionato dentro questo corpo! In questa gabbia!…
MARCELLA – (mossa a compassione) Stai calma…
CARLO-DONNA – Come puoi stare calmo se una belva in catene ti urla dentro
l’anima…?
MARCELLA – Beh… non darle retta… Sii indifferente…
CARLO-DONNA – Eh?
MARCELLA – Sì, dico… ignorala, la bestia. Vedrai che ti sentirai meglio…
CARLO-DONNA – (disperato) Eustachio! Amico mio, perché sei sparito? Come po-trò
vivere senza di te? E’ vero, negli ultimi tempi, abbiamo avuto qualche
di-scussione, qualche screzio… ma in fondo, ci siamo sempre voluti bene…
MARCELLA – Chi è Eustachio?
CARLO-DONNA – (a denti stretti) Lo conosci. Lo conosci molto bene.
MARCELLA – Eustachio? No, non mi pare.
CARLO-DONNA – Anche lui ti conosce bene. Le conosce tutte, lui! (Ridacchia) E’
un tipo che s’intrufola dappertutto, lui!
MARCELLA – Tìassicuro che non ho mai conosciuto un tizio dal nome così buffo.
CARLO-DONNA – Cos’hai detto? Hai detto “buffo”?
MARCELLA – (teme d’aver fatto una gaffe) Sì, l’ho detto… ma senza farlo
apposta. Anzi, a pensarci bene, Eustachio mi pare un gran bel nome e… se lo
dici tu. l’avrò conosciuto certamente. Perché mai non avrei potuto conoscere un
signo-re così perbene?
CARLO-DONNA – Eustachio non è un signore! E meno che mai, un tipo perbene!
Eustachio è una belva assetata di sesso! Ecco cos’è!
MARCELLA – (confusa, non sa quale strategia usare) Eustachio, una belva? Via,
non esageriamo…
CARLO-DONNA – Ma hai ragione: ha un nome troppo stupido e buffo.
MARCELLA – Perché? A me sta simpatico, invece.
CARLO-DONNA – E’ un nome idiota, ti dico! E la colpa è mia. E di quel
deficiente di Mario! Un nome da prendere in giro, diceva! Che stronzo! Sì,
finalmente, ho capito, sai?
MARCELLA – (con un fil di voce) Davvero?
CARLO-DONNA – Ho capito tutto. Lui, Eustachio, si è offeso.
MARCELLA – (c.s.) Un po’ suscettibile, direi…
CARLO-DONNA – E mi ha punito.
MARCELLA – In… che senso?
CARLO-DONNA – Mi ha trasformato in una femmina. Chiaro come il sole.
MARCELLA – E già.
CARLO-DONNA – (esaltato, gli occhi strabuzzati da folle) E’ stato lui. E sì,
perché lui è potente! Lui può tutto. Lui è il re del sesso. E un re ha poteri
di vita e di morte! Chiaro…
MARCELLA – (terrorizzata) … come il sole!
6 –
(Irrompono, improvvisamente, Mario e Anselmo. Indossano strani abiti di
carnevale. Entrano urlando e suonando delle sgangherate trombette. Carlo-donna
rimane impassibile. Marcella è in preda al panico totale).
MARIO – (dopo un ampio, enfatizzato inchino) Vogliate perdonarci, graziose
don-zelle. Siamo due pazzi scatenati. Due melanconici mentecatti alla ricerca
del senno perduto! Ora, tutti sanno che del “senno di poi, son piene le fosse”
ma nessuno conosce la sorte del “senno di prima”. Dove sta il senno di prima?
Sa-preste indicarcela voi la strada giusta?
ANSELMO – Un suggerimento, prego!
CARLO-DONNA – Ma andate a fare in…!
ANSELMO – Amabile fanciulla, tanti altri ci hanno esortato ad andare dove tu
sag-giamente ci mandi ma io e questo simpatico amico ci siamo chiesti: perché
non andarci tutti insieme?
MARCELLA – Ma… da dove sbucano questi?
MARIO – (salta su una poltrona) Un momento di attenzione, donne dal seno
eviden-te ma dal senno assente…!
ANSELMO – Complimenti, professore! Bella battuta!
MARIO – Grazie. (Continua) Alla nostra disperata spedizione manca un uomo!
Co-lui che, da anni, ha perso ogni traccia di senno. Vi parlo del più pazzo fra
i pazzi! Dell’esaltato per eccellenza! Ovvero, Carlo! Dov’è andato a ficcarsi
quel satanasso? Voglio che mi veda. Sono certo che impazzirà di gioia nel
constatare che io, Mario, il computer, la macchina umana più insignificante del
globo, oggi… ebbene, ho dimenticato di staccare la spina! (Chiama) Carlo!
CARLO-DONNA – Ma… roba da pazzi…!
MARCELLA – Quello che dico anch’io!
CARLO-DONNA – (a Mario) Tu continui a cercare Carlo?! Sei un idiota!
MARIO – Idiota?
CARLO-DONNA – E coglione!
MARIO – Ma, vedi… A proposito, come ti chiami…?
CARLO-DONNA – (urla) Carlo!
MARIO – Ah, sì, ora ricordo.
ANSELMO – Ma certo. Perché mai non potrebbe chiamarsi Carlo? A carnevale,
cia-scuno è libero di chiamarsi come vuole, persino Carlo!
MARIO – “Semel in anno licet insanire”!
ANSELMO – Che tradotto, vuol dire: ”Ogni tanto uno è autorizzato a fare ciò che
cazzo gli passa per la testa”! Dico bene, illustre professore?
MARIO – Meglio non potrebbe tradurre, preziosissimo amico!
ANSELMO – E dunque, coraggio, belle fanciulle! Unitevi a noi!
(dall’esterno, provengono i suoni e i rumori del carnevale).
MARIO – Sentite? Il carnevale impazza per le strade! Seppelliamo questo porco
mondo sotto una montagna di coriandoli!
ANSELMO – Impicchiamo le angosce con stelle filanti colorate! E musica! Tanta
musica che ci stordisca!
MARCELLA – (disorientata) Scusatemi… io avrei un paio d’impegni…
MARIO – E no! Non puoi lasciarci! Non ti solletica l’idea della trasgressione?
Via, Marcella, non puoi tradirci! Lascia che i tuoi clienti se la godano in
solitudine la loro misera serata d’amore!
ANSELMO – Già. “Chi fa da sé, fa per tre” recita il proverbio!
MARCELLA – Dite?
MARIO – ANSELMO – E allora?
MARCELLA – Ma sì! Vadano al diavolo, per oggi, i clienti! Sono dei vostri! Un
tan-tino di follia non guasta, di tanto in tanto! Per oggi, Marcella non
esiste! Sarò chiunque ma non Marcella!
ANSELMO – Brava! Spogliamoci dei nostri poveri abiti! Buttiamo via la maschera
di tutti i giorni!
MARIO – Saremo soltanto degli esseri umani senza tempo e senza storia!
CARLO-DONNA – (realizza improvvisamente) Ma… allora… io… potrei non esse-re io!
Probabilmente sono solamente una maschera di carnevale! Quando tutto sarà
finito, potrò dunque buttare via questa immagine e ritornare com’ero pri-ma?!
Non è così?
MARIO – Sì ma non pensarci, adesso. Vivi il presente! Sii chiunque tu abbia
voglia di essere. Vuoi essere Carlo? Nessun problema. Signori, vi presento
Carlo!
7 –
(Dall’ingresso comune entra Carlo. Carlo-donna ha un mancamento).
CARLO – Salve.
TUTTI – Finalmente! Ma dove cavolo ti eri cacciato?
CARLO-DONNA –(continua a fissare con gli occhi sbarrati Carlo) Lui è… Carlo!
MARIO – (a Carlo-donna) Ehi, che t’è preso?
ANSELMO – Sembra che abbia visto un fantasma. (A Carlo-donna) Ti senti bene?
CARLO-DONNA – (evidentemente molto turbata, balbetta) Lui è Carlo… Io… sono
Carlo… I Carli non tornano… cioè: i conti non tornano…!
CARLO – (agli altri) Chi è questa?
TUTTI – Non la conosci?!
CARLO – No.
MARIO – Non è possibile.
MARCELLA – Non è possibile.
CARLO-DONNA – (che non ha mai tolto gli occhi di dosso a Carlo) Non è
possibi-le!
CARLO – Si può sapere che avete tutti? Vi dispiacerebbe spiegarmi chi è questa
ra-gazza?
ANSELMO – Non fare il fesso e smettila con le buffonate.
CARLO – Io non faccio il fesso!
ANSELMO – Tu “sei” fesso!
CARLO – Bene. Lo scherzo è durato abbastanza. Ora, gradirei sapere cosa ci fa
que-sta ragazza in casa mia e nelle mie mutande!
MARCELLA – Le mutande sono tue. Dunque dovresti saperlo tu.
CARLO – Sentite, se questo è il classico scherzo di carnevale…!
CARLO-DONNA – (inebetita) Sì. E’ tutto uno scherzo. Uno scherzo di carnevale!
CARLO – Ah! E’ così allora, è uno scherzo!
CARLO-DONNA – Perché cazzo mi sto preoccupando? Non c’è ragione. Giusto?
CARLO – (agli altri) Ma che sta dicendo?
CARLO-DONNA – Non c’è ragione di preoccuparsi. Finito il carnevale, finisce
an-che lo scherzo… Dovrà pur finire questa stronzata!
CARLO – E’ quello che dico anch’io!
CARLO-DONNA – E così, rimarrà un solo Carlo. Uno solo! Ma… chi dei due?
CARLO – (agli altri) Ma… sta farneticando… E’ pazza!
ANSELMO – (a Carlo-donna) Senti, tesoro… la situazione è alquanto bizzarra. Io
non ti conosco, Carlo non ti conosce… Qui, nessuno pare ti conosca. Ma tutto
questo non ha alcuna importanza. Ormai sei qui. Piovuta dal cielo o catapultata
da un altro pianeta, sei qui. E, dunque, se hai voglia di vivere e di
divertirti, questo è il momento migliore! Unisciti alla nostra compagnia!
CARLO-DONNA – No, no, no. Io… devo aspettare.
MARIO – Chi?
CARLO-DONNA – Devo aspettare che finisca il carnevale.
ANSELMO – Andiamo bene! Allora, non hai capito niente?!
CARLO-DONNA – Aspetto che finisca.
(Dall’esterno, i suoni del carnevale si fanno assordanti).
MARIO – Sentite? La gente si diverte! Che stiamo a fare ancora chiusi qui?
ANSELMO – Andiamo, allora! Notte affascinante e misteriosa, accoglici fra le
tue braccia! Femmine, fate altrettanto! (A Carlo) A proposito, Carletto… avrei
bi-sogno solo di duecento euro, non un centesimo di più! Me li presti?
CARLO – No.
ANSELMO – Ho capito. Per caso, lei, caro professore, ne è provvisto?
MARIO – Ma sì, chi se ne frega? Stanotte, pago io per tutti! (Ai due “Carlo”)
Voi che fate, allora, venite?
(Carlo e Carlo-donna continuano a fissarsi reciprocamente).
CARLO – No. Andate. Io rimango a casa.
MARIO – Ma come… un casinista come te, chiuso in casa, la notte di carnevale?!
CARLO – Ho detto che resto a casa.
MARIO – Pazienza. Anche se orfani di Carlo, ci tufferemo ugualmente nel turbine
della follia!
ANSELMO – E bravo il professore! Questo sì che si chiama parlare! (A Carlo)
Ad-dio, figliolo, stammi bene e ti raccomando: vacci dentro col trapano. Senza
pietà!
8 –
(Via tutti. Carlo e Carlo-donna restano soli).
CARLO – Dunque… vuoi dirmi chi sei e come ti chiami?
CARLO-DONNA – (tra sé) E adesso… come faccio a mandare a fare in culo me
stesso?
CARLO – Non ho sentito.
CARLO-DONNA – No, nulla. Parlavo fra me e me… o fra me e te… chi lo sa?
CARLO – Non ho ancora capito che tipo sei. E non ho ancora se e di che cosa hai
paura. Comunque, rassicurati. Io non ce l’ho con te ma con quel cretino di
Ma-rio che d’accordo con quell’altro folle di mio padre, si è preso la briga di
orga-nizzare quest’incontro fra noi due. Chissà perché, poi.
CARLO-DONNA – Mario non ha organizzato un bel niente e nemmeno mio padre… cioè,
tuo padre… insomma… nostro padre…
CARLO – Nostro padre?! Che vuoi dire?
CARLO-DONNA – Niente.
CARLO – Senti, facciamola finita. Io ho il diritto di sapere chi sei. O no?
CARLO-DONNA – Ma fammi il piacere! Che diritto? In questa tragica situazione,
tu rappresenti – diciamo – la parte più fortunata di me. Dunque, non mi parlare
di diritti! Sono io, invece, che avrei il diritto di capire, di sapere…!
CARLO – Mi venisse un colpo se ho afferrato un solo concetto!
CARLO-DONNA – Ah, nemmeno io. E, dimmi… Eustachio?
CARLO – (sorpreso) Prego?
CARLO-DONNA – Sì… come sta? Ha… ripreso i sensi?
CARLO – (fa una smorfia di disappunto) Sei davvero indisponente. Vedo che Mario
ti ha istruito a dovere. Ma bada che non permetto a nessuno di prendermi in
gi-ro! E, meno che mai, ad una stronzetta come te!
CARLO-DONNA – Lascia perdere. Dimmi solo se sta meglio e non farla tanto
lun-ga!
CARLO – Non sono affari che ti riguardano, chiaro?
CARLO-DONNA – E, invece, mi riguardano!
CARLO – (la osserva con stupore. Sorride) E va bene. Se la cosa può eccitarti,
ti di-rò che, a giudicare dalla mia ultima prestazione… Sì, credo che…
Eustachio sia tornato ai livelli… standard.
CARLO-DONNA – (rincuorato) Sono contento.
CARLO – Perché “contento” e non… “contenta”?
CARLO-DONNA – (senza rispondere) Prestazione? Tu hai fatto l’amore con una
donna?
CARLO – Con un uomo non ho mai provato.
CARLO-DONNA – E io… non ne so niente?!
CARLO – Che cavolo c’entri tu?
CARLO-DONNA – E già… Che c’entro io?
CARLO – (sorride compiaciuto) Aspetta, aspetta… Tu sei gelosa. Conosci
Eusta-chio… Mi chiedi sue notizie… Devo per forza concludere che sei
innamora-ta… di me. O forse ti hanno ammaestrato così bene per prendervi gioco
del sottoscritto. E’ così?
CARLO-DONNA – No, non è così. La situazione non è affatto semplice. Lascia che
passi questo maledetto carnevale e speriamo che tutto si aggiusti.
CARLO – Allora, confessi che è tutto uno scherzo di carnevale?!
CARLO-DONNA – Anch’io vorrei tanto che fosse tutto uno scherzo.
CARLO – Sappi che non lo trovo affatto divertente!
CARLO-DONNA – Figurati! Divertente un piffero!
CARLO – Dovrei essere arrabbiato. Ma non lo sono…(Si accosta a Carlo-donna.
L’accarezza) Adesso, penso che sia meglio…
CARLO-DONNA – Io penso di no!
CARLO - … tentare di chiudere la serata in modo più allegro e divertente…!
(Conti-nua con le sue avances)
CARLO-DONNA – (tra sé) E ora, la questione – già abbastanza critica – diventa
drammatica… o meglio, surreale!
CARLO – (c.s.) Le belle donne mi sono sempre piaciute!
CARLO-DONNA – T’assicuro che abbiamo gli stessi gusti.
CARLO – In… che senso?
CARLO-DONNA – Anche nel senso che intendi tu.
CARLO – (l’abbraccia) Bella e misteriosa…!
CARLO-DONNA – (tenta una difesa, allontana da sé Carlo) Ascoltami bene, Carlo.
Tu sei Carlo, giusto? Su questo non ci piove. Ma si dà il caso che anch’io sono
Carlo, lo stesso, identico Carlo. E anche su questo non ci piove, nonostante le
apparenze. Ora, seguimi attentamente. Se io sono Carlo e so di esserlo e tu sei
Carlo - e lo sei senza ombra di dubbio - ebbene, ciò che tu hai in mente di
fare non ha senso.
CARLO – (sconcertato) Non ho capito.
CARLO-DONNA – Perché non hai seguito il mio ragionamento!
CARLO – Altro che! L’ho seguito con grande attenzione. Ma mi è ugualmente
sfug-gito il senso logico.
CARLO-DONNA – (lo guarda atterrito) Io lo so quello che hai in mente in questo
istante! Lo so perfettamente! Perché tu ed io la pensiamo allo stesso modo!
CARLO – Brava. Questo semplifica le cose e ci evita noiosi preliminari…
CARLO-DONNA – No! Questo complica tragicamente le cose! Devi rassegnarti a…
soprassedere. Non puoi, chiaro? Non puoi e non devi pensare… a ciò che stai
pensando!
CARLO – (l’abbraccia con forza. Carlo-donna tenta di svincolarsi) Tu dici?
CARLO-DONNA – Ma non capisci, coglione, che tutto questo assomiglia alla più
singolare e anomala masturbazione che mai sia stata concepita da essere
uma-no?!
CARLO – Ma… che ti salta in mente?
CARLO-DONNA – Se un tizio scopa con la figlia è un incestuoso, no? Ma se lo fa
con se stesso, come cazzo si può definire?
CARLO – Con se stesso?! Tu sei tutta scema! Parli in modo strano… ti comporti
da matta… Tuttavia, non posso negare che sei eccitante! E, per la miseria, mi
ve-nisse un colpo se fra due minuti non sarai mia!
CARLO-DONNA – E allora, ho bisogno di svenire!
CARLO – Ti voglio! Ti desidero! E, possibilmente, sveglia!
CARLO-DONNA – Stai scherzando?! Io “devo” assolutamente svenire, hai capito?
Non voglio esserci quando Eustachio… Dammi un momento solo. Ti garanti-sco che
fra un attimo perdo i sensi.
CARLO – E io perdo la pazienza! Ma che sei, un’isterica?
CARLO-DONNA – (urla istericamente) Vuoi darmi il tempo di svenire, per favore?
(Carlo l’abbraccia con violenza, la bacia. Nel medesimo istante, i due urlano
come se avessero subìto una scarica elettrica. Da questo momento, Carlo non
vedrà la presenza di Carlo-donna e viceversa. Ogni gesto di entrambi sa-rà
esattamente uguale)
CARLO-DONNA – Ma che è successo? E dov’è?
CARLO – Ma che è successo? E dov’è?
CARLO-DONNA – Scomparso?
CARLO – Scomparsa?
CARLO – CARLO-DONNA – (insieme) Quando finirà questo scherzo di merda? Qualcuno
ha deciso di farmi impazzire. Ma io devo essere forte e stare calmo.
(Contemporaneamente, si siedono e accendono una sigaretta. Dopo una boccata, la
spengono).
Ragazzi! Se uno non diventa scemo in queste situazioni…!
9 –
(Dalla comune entrano improvvisamente Mario e Anselmo. Indossano anco-ra il
costume di carnevale. Si guardano attorno. Verosimilmente non vedono i due
“Carlo”).
MARIO – (chiama) Carlo!
ANSELMO – Carlo!
CARLO – CARLO-DONNA – (insieme) Sono qui.
MARIO – (esce dalla porta di sinistra e rientra subito dopo) Non c’è.
CARLO – CARLO-DONNA – (insieme) Ma… se sto qui, animale!
ANSELMO – Sarà uscito con quell’altra demente di nome Carlo!
CARLO – CARLO-DONNA – (insieme) Fingono di non vedermi! Ehi! Finitela di fare
gli idioti! Basta con questo scherzo del cazzo!
MARIO – Ho l’impressione che Carlo e… Carlo siano fatti l’uno per l’altra. Si
trove-ranno bene insieme.
ANSELMO – Ma chi se ne frega di tutti e due! Andiamo, professore! Torniamo a
tuffarci nel carnevale! (Suona la trombetta e butta in aria una manciata di
co-riandoli, imitato da Mario).
CARLO – CARLO-DONNA – (insieme) Non mi vedono davvero! Papà! Mario! So-no
stanco di questa storia! Sono stanco!
MARIO – Conoscendo suo figlio, credo che in questo momento se la stia spassando
meglio di noi!
ANSELMO – Buon per lui, allora! Andiamo! (Esce rapidamente suonando la
trom-betta e lanciando coriandoli).
MARIO – (si attarda) E’ vero. Chi se ne frega se sono spariti? Un Carlo bastava
e avanzava ma sopportarne due non sarebbe stata roba facile. Dunque, meglio,
molto meglio che si siano tolti dalle scatole!
CARLO – CARLO-DONNA – Sparito un accidente! Io sono vivo e presente, hai
ca-pito?
MARIO – Carli! (con molta flemma, esegue una sonora pernacchia. Poi,
tranquilla-mente esce).
10 –
CARLO – CARLO-DONNA – (insieme) Stronzo! (Pausa) Evidentemente sto vi-vendo
un’altra dimensione. Ma… quale e perché? E fino a quando? (Insieme, si guardano
allo specchio) Sono talmente rincoglionito che non riesco a ve-dermi neppure
allo specchio. (Realizzano con terrore) Non riesco a vedermi allo specchio? Mio
Dio! Le mie cellule sono impazzite! Mi sono decomposto! E tutto quello che vedo
è solo illusione. Illusione per illusione, vado a fare una doccia con acqua
molto gelata. Chissà che non succeda qualcosa… alle mie cellule…?
(Escono entrambi, stancamente.
E mentre dalla strada provendogno ancora i suoni e i rumori del carnevale,
BUIO).
11 –
(Mattino. Ritroviamo Carlo così come lo avevamo lasciato alla fine del primo
atto: in mutande, calzini e camicia sbottonata sul petto. Dorme. Sobbalza un
paio di volte. Poi, improvvisamente, si sveglia, si solleva sul busto e si
guarda attorno. Si alza. Si palpa. Lentamente, si avvicina allo specchio, con
molta apprensione. Vi si guarda e lancia un urlo di gioia).
CARLO – E’ finito! L’incubo è finito! O Dio, che strano sogno! Un sogno
terribi-le…! Se ci ripenso, mi ritorna l’angoscia! Basta. Tutto finito. Per
fortuna, sono sveglio, visibile e maschio. Soprattutto, maschio! (Verifica)
Perfetto. Eustachio è al suo posto. Mi sento felice!
(Dalla porta di sinistra, entra Mario, ancora in pigiama. Sbadiglia un paio di
volte, si siede sul divano).
CARLO – Non ti prepari per andare a scuola?
MARIO – No.
CARLO – E perché?
MARIO – Oggi è domenica.
CARLO – Domenica? Sono contento.
MARIO – Come ti senti?
CARLO – Bene. Perché me lo chiedi?
MARIO – (lo guarda a lungo) M’hai fatto passare una nottata di merda.
CARLO – In… che senso?
MARIO – Urlavi, piangevi… Ti dimenavi! Sembravi un invasato. T’avrò svegliato
una decina di volte. E tutte le volte restavi a guardarmi per qualche secondo
con gli occhi sbarrati e poi riprendevi a lamentarti come un caprone castrato.
Ho provato a scuoterti ma non c’è stato niente da fare: tu non dormivi. Eri in
trance.
CARLO – In effetti, ho avuto degli incubi…
MARIO – Gli incubi li ho avuti anch’io che ho trascorso la notte in bianco al
tuo ca-pezzale.
CARLO – Mi spiace.
MARIO – Va be’… Comunque, adesso stai bene, no?
CARLO – Mai stato meglio.
MARIO – Posso sapere, almeno, che diavolo hai sognato?
CARLO – Preferisco non parlarne. Anzi, voglio dimenticare in fretta.
MARIO – D’accordo. Vado a fare una doccia.
(Esce dalla porta di sinistra.
Carlo indossa una vestaglia e si avvicina alla finestra. Guarda verso
l’esterno. Respira profondamente).
CARLO – Ho già dimenticato. (Si rivolge ad Eustachio) Quanto a te… spero che la
finirai col tuo sciopero del cacchio! Aspetto che torni all’altezza della
situazio-ne. E bada che non ho nessuna intenzione d’aspettare per troppo tempo!
Ho esaurito la mia pazienza! Non vorrai farmi esaurire del tutto?! Gli incubi
di stanotte li ho avuti per colpa tua! Lo sai, vero? Dunque, svegliati!
(Suonano alla porta. Carlo va ad aprire. Poi, indietreggia spaventato, come se
avesse visto un fantasma
12 -
Entra Carlo-donna).
CARLO-DONNA – Buon giorno. Scusi il disturbo. Sono una redattrice della rivista
femminile “Eros”. Il nostro computer ci ha suggerito il suo nome: Potrei
rivol-gerle qualche domanda?
(Carlo non risponde. Rimane con gli occhi sbarrati dal terrore a fissare la
ragazza. Poi impallidisce e perde i sensi).
S I P A R I O