Eva in vetrina

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EVA IN VETRINA

Commedia in tre atti

di GUGLIELMO GIANNINI

PERSONAGGI

ROSETTA ROBELLI  

DON­NA ROSETTA  

CLELIA  

ELISABETTA DE ROSA  

MARGHERITA  

FERDINAN­DO ROSANI  

ROBERTO ROSAMI  

DUCCIO BATTISTELLA  

L'AVVOCATO RAI­MONDI  

ANTONIO  

L'Au­tista - Primo Facchino - Se­condo Facchino.

A Milano, oggi,  in casa di Donna Rosetta Robelli

ATTO PRIMO

Salotto studio in casa di Donna Ro­setta. A sinistra en­trata. Al fondo en­trata. A destra in­dietro finestra, avan­ti entrata. Divano, poltrone, tavolo, ver­so sinistra; verso de­stra, una scrivanietta addossata alla pa­rete. Varie sedie e poltrone di diverso stile, un tavolinetto verso il fondo a de­stra. Ambiente un pò disordinato. Sul tavolo una grande e bella fotografia di Rosetta, in una cornice di legno scol­pito, con la dedica: a. Alla mia bella mamma - Rosetta ». Le dieci del mattino d’una bella giornata d'autunno. Il sole entra allegramente dalla finestra a destra.

Donna Rosetta              - (quarant'anni, ancora floridi, abito da casa, timida, irresoluta, seduta alla scrivania, pen­sando e pesando ogni parola, cancellando dopo aver scritto. Dopo una pausa s'ode un campanello. Donna Rosetta sussulta, si guarda intorno. Il campanello si fa udire più a lungo. Donna Rosetta sospira, indecisa; starebbe quasi per alzarsi, ma il campanello tace. Donna Rosetta riprende a scrivere).

Clelia                             - (cameriera, abito nero, grembiale bianco, cre­stina, contadinotta un po' sciatta, sgarbata, i pugni sui fianchi, viene dalla destra, si ferma fissando seccata donna Rosetta).

Donna Rosetta              - (ha subito abbassalo la testa fingendo di non aver visto la camerièra: il campanello squilla per la terza volta, insistente, a intervalli brevissimi. Sen­tendo che Clelia non si muove, Donna Rosetta si decide ad alzare la testa, e guarda Clelia che la fissa con l’irrispettosità dell'inferiore che ha perduto la stima per il superiore. Timidamente) Suonano.

Clelia                             - (aggressiva) E ho sentito!

Donna Rosetta              - (c. s.) Vuoi... vedere?

Clelia                             - (c. s.) Devo dire che ci siamo?

 Donna Rosetta             - Guarda un po' tu... (abbassa la testa di nuovo, umiliata).

Clelia                             - (fa spallucce; esce seccata dal fondo).

Donna Rosetta              - (appoggia la fronte su una mano, e poi si passa quella mano sul volto, dagli occhi al mento, che siringe disperata).

Rosetta                          - (vent’anni, figlia di Donna Rosetta, mollo bella e graziosa; abito da passeggio, cappello. Entra dalla sinistra. A voce bassa) Chi era?

Donna Rosetta              - (ricomponendosi) E' andata Clelia a vedere.

Rosetta                          - (fa per andare al fondo. Squilla il campanello del telefono. Rosetta guarda la madre).

Donna Rosetta              - (fissa Rosetta, non osando rispondere).

Rosetta                          - (si decide, con un sospiro; prende il micro-telefono) Pronto, casa Robelli... (Sollevata) Ah, buon­giorno, cavaliere, ecco la mamma... (Fa per passare il telefono a Donna Rosetta, ma poi lo riaccosta all'orecchio sentendo parlare) Dite, (E' seccata) Ah... sì, va bene... No, non esce... Io? Io sto per uscire, devo soltanto... In nessun posto, così, a respirare un po' d'aria... E va bene, aspetterò anch'io! Sì... Sì... (Riattacca il telefono).

Donna Rosetta              - (stanca) Cos'altro c'è?

Rosetta                          - Una seccatura certamente... (Muta interro­gazione di Donna Rosetta). Non ha potuto dirmi. Non è solo!

Donna Rosetta              - Roberto?

Rosetta                          - C'è il signor Roberto nello stabilimento. Io non capisco chi è il ragazzo, ira loro. :Se avessi un nipote simile lo prenderei a calci tutto il giorno.

Donna Rosetta              - Il nipote è il padrone.

Rosetta                          - Anche lui è padrone.

Donna Rosetta              - Per una parte minima.

Rosetta                          - Quanto basta per non lasciarsi trattare in quel modo.

Donna Rosetta              - Quando si ha quel carattere...

Rosetta                          - Bel carattere! Ah, stiamo magnificamente bene; tu che hai paura della tua ombra, lui...

Clelia                             - (rientra dal fondo, con una rivista di moda e una cartolina, e getta il tutto sulla scrivania).

Donna Rosetta              - (sussidia).

Rosetta                          - (contenendosi) Grazie!

Clelia                             - E' la posta.

Rosetta                          - L'avevo indovinato.

Clelia                             - (indicando la cartolina) La zia Bettina!

Donna Rosetta              - (fa per prendere la cartolina, ansiosa).

Rosetta                          - (fermandola, frenandosi con ironia) Ah? E cosa scrive?

Clelia                             - Che ha tanto da lare, ma che presto darà sue notizie.

Rosetta                          - (fremendo) Nient'altro?

Clelia                             - Nient'altro. Si vede che non ha ancora ri­cevuta la lettera di giovedì e il telegramma di ieri. Forse con la posta delle sei avremo altre novità.

Rosetta                          - Speriamo. Nel caso, appena le avrai lette, verrai subito a dircele, eh? Siamo in ansia, lo sai.

Clelia                             - (la fissa, fa spallucce) Io non capisco cosa c'è da scherzare...

Rosetta                          - E’ molto meglio pigliarla a scherzo, cara. Hai niente da dirci sulla rivista di moda? Ti vanno i modelli?

Clelia                             - Ci ho dato appena un'occhiata. (Si muove). Sulla prima pagina c'è l'avviso che questo è l'ultimo nu­mero che mandano a chi non ha pagato l'abbonamento. (Esce dalla destra).

Rosetta                          - (fa per lanciarle l’asciughino).

Donna Rosetta              - (che durante tutta la scena è rimasta con la testa china, avvilita, trattiene la mano di Rosetta) Ma che vuoi fare, adesso...

Rosetta                          - (scoppiando) Mamma, fammela cacciar via, non resisto più!

Donna Rosetta              - Magari si potesse...

Rosetta                          - Facciamo un sacrificio, paghiamola, e le­viamocela di torno!

Donna Rosetta              - (guardando spaurita intorno) .Un sacrificio... se ti sembra facile...

Rosetta                          -Dio santo, per trecento lire si può sempre trovare da...

Donna Rosetta              - Prima di tutto sono quattrocentocin­quanta, perché il terzo mese è scaduto ieri... Poi sai bene cosa costa la roba quando si compra, e cosa ti danno quando si vende...

Rosetta                          - Ma scusa, mamma, di questo passo il de­bito continuerà a crescere, e ci troveremo sempre più ingolfate...

Donna Rosetta              - lo spero che Bettina non si rifiuterà di prestarmi cinquemila lire... (Rosetta ha una smorfia). Quando ha avuto bisogno lei, io non ho detto di no! (Squilla il campanello dall’interno: Donna Rosetta sus­sulta) Chi sarà?

Rosetta                          - Dio santo, mamma, calmati! Se ad ogni sospiro di campanello ti agiti così... (Squilla di nuovo il campanello, e Rosetta grida) Clelia?

Clelia                             - (entra dispettosamente dalla destra) Ho sentito!

Rosetta                          - E allora cos'aspetti per aprire?

Clelia                             - Vado! (si muove). Naturalmente siamo tulli usciti e non si sa quando torniamo! (Esce dal fondo).

Rosetta                          - (furente) La senti?

Donna Rosetta              - (ha un gesto di disperazione) Bi­sogna subire.

Rosetta                          - Si mangia un chilo dì pane al giorno per lavare due piatti la sera... quando li lava! ('Decisa) Ora le faccio mia faceta di schiaffi!

Donna Rosetta              - (convulsa) Basta, Rosetta, te ne scongiuro...

Rosetta                          - Vendiamo la stanza da pranzo! Per quello che serve.» E' costata tremila lire, ce ne daranno cinque­cento, per mettere alla porta quella svergognata!

Donna Rosetta              - (con la furia dei timidi) Non te ne daranno cinquecento lire, non si può vendere: chi va a venderla? E i facchini che verrebbero a portarla via, e la pubblicità e i commenti di tutto lo stabile?

Rosetta                          - (esasperata) Ma...

Clelia                             - (rientra dal fondo, esce stizzita per la destra).

Ferdinando                   - (s'è fermato sul fondo, guardando stupito Clelia che esce dalla destra: quarantacinque anni, baffi, pizzo, discreta eleganza; cammina leggermente per non far rumore, parla con voce dolce e sommessa).

Donna Rosetta              - (imponendo silenzio a Rosetta con un rapido gesto) Buongiorno, cavaliere.

Ferdinando                   - (sempre guardando a destra) Buon­giorno... ma sapete ch'è straordinaria?

Donna Rosetta              - Un po' bizzarra...

Ferdinando                   - M'ha guardato dalla testa ai piedi e ha detto: «Be', forse per voi ci siamo». M'ha strappato il pastrano e il cappello, lì ha gettati su una sedia e m'è passata avanti facendo così... (smorfia e spallucce).

Rosetta                          - Hai capito?!

Ferdinando                   - Ha una faccia antipatica!

Rosetta                          - Odiosa.

Ferdinando                   - Uno sguardo obliquo!

Rosetta                          - Perverso.

Ferdinando                   - Pagatela e mandatela via!

Rosetta                          - Ecco! Ma la mamma non vuole!

Ferdinando                   - Perché?

Donna Rosetta              - (implorando con lo sguardo il silenzio di Rosetta) Non è facile.

Ferdinando                   - Se posso esservi utile io...

Rosetta                          - Magari!

Donna Rosetta              - Rosetta!

Ferdinando                   - No, no, disponete di me senza com­plimenti! Se si tratta di fare il muso duro, sono qua; sapete che, in questi casi, ho energia da vendere! Pa­gatela, e penserò io a farla filare!

Clelia                             - (rientra dalla destra) Se mi pagano filo da me, come la mozzarella! E' tanto che me ne voglio andare! (Esce dal fondo).

Donna Rosetta              - (ha nascosto la faccia fra le mani, so­praffatta dalla vergogna).

Rosetta                          - (ha un gesto di furore).

Ferdinando                   - (è profondamente impressionato) Come, voi non?...

Rosetta                          - (secca) Ecco, noi non!

Ferdinando                   - Oh... ma è terribile!

Rosetta                          - Direi!

Donna Rosetta              - (fremendo) Basta, Rosetta... e an­che voi, Ferdinando, scusate, ma...

Rosetta                          - C'è poco da scusare, è per colpa vostra che cì troviamo in questi pasticci!

Ferdinando                   - Per colpa mia?

Rosetta                          - Voi l'avete costretta a lasciare lo sta­bilimento...

Ferdinando                   - Io, ma...

Donna Rosetta              - Rosetta...

Rosetta                          - Oh, scusate, finiamola coi complimenti ; qui ci manca la terra sotto i piedi! Quello che pren­deva allo stabilimento era poco, ma bastava! Così non si può andare avanti! (Donna Rosetta ha un gesto ed un'espressione d'angoscia). No, mamma, bisogna deci­dersi a parlarne una buona volta: la delicatezza, le cor­tesie vanno bene nei giorni grassi, non nell'ablativo assoluto!

Ferdinando                   - Io... sono atterrito... Sapevo che ave­vate delle riserve...

Rosetta                          - C'era poco da riservare su quel po' po' di stipendio... L'avete fatto aumentare a tutti meno che a lei!

Ferdinando                   - Per non far malignare! La rispettosa ammirazione che ho per vostra madre era fin troppo nota al personale... Anziché favorirla, dovevo trattarla con ostentata rigidezza, nel comune interesse!

Rosetta                          - Cioè nell'interesse dello stabilimento, che ha risparmiato!

Ferdinando                   - Non confondiamo i sentimenti con le cifre! Io ho pensato alla sua reputazione!

Rosetta                          - Bella reputazione! Tutti dicono ch'è la vostra amante!

Donna Rosetta              - Rosetta!

Rosetta                          - (furiosa) Si, sì, tutti lo dicono!

Ferdinando                   - (nobilmente) Ma noi sappiamo che non è vero!

Rosetta                          - E tutti dicono che ci mantenete, e pur­troppo non è vero neanche questo!

Donna Rosetta              - (con energia) Oh, insomma, basta ; questi discorsi mi avviliscono! (Fa par alzarsi).

Ferdinando                   - (trattenendola) Ma no, scusate, visto che abbiamo incominciato, esauriamo l'argomento...

Rosetta                          - Oh!

Ferdinando                   - Io tengo principalmente a giustifi­carmi, perché al disopra di tutto pongo la mia dignità. Non ho potuto favorirla nello stipendio per le note ragioni... e per le stesse note ragioni ho dovuto, a ma­lincuore, indurla a lasciare lo stabilimento.

Rosetta                          - Senza un soldo d'indennizzo!

Donna Rosetta              - Se me ne sono andata volontaria­mente, quale indennizzo potevo pretendere?

Rosetta                          - Non dovevi andartene! E lui, se aveva tanta paura di tenerti, doveva licenziarti e indennizzarti!

Ferdinando                   - Così si sarebbe detto che l'avevo li­cenziata appunto per indennizzarla! Agendo così si­gnorilmente, vostra madre ha fornito la prova d'un di­sinteresse che a suo tempo sarà molto apprezzato da mio nipote!

Rosetta                          - (esasperata) Vostro nipote, vostro nipote... Non parlereste con più reverenza dì vostro nonno!

Ferdinando                   - Il padrone è lui!

Rosetta                          - Ma voi siete suo zio!

Ferdinando                   - Sul lavoro la parentela non conta.

Rosetta                          - Io vorrei sapere cosa conta! L’affetto non conta, la parentela non conta... Siamo in un mare di guai e ci perdiamo in delicatezze e prove di disin­teresse!

Ferdinando                   - Ma, insomma, cosa dovremmo fare se­condo voi?

Rosetta                          - Sposarvi e finirla!

Ferdinando                   - Ma è precisamente ciò che ho deciso di fare... Solo che questo non è il momento!

Rosetta                          - Cos'aspettate? Siete maggiorenni tutt'e due, ini pare!

Donna Rosetta              - Rosetta...

(Rosetta                        - Uff, mamma!

Ferdinando                   - In questo momento non oserei nem­meno accennare una cosa simile a Roberto!

Rosetta                          - Ma anche per sposarvi avete bisogno del permesso di vostro nipote?

Ferdinando                   - Io non posso agire alla disperata come un ragazzaccio. Ci vuole tempo, forma, modo, oppor­tunità...

Rosetta                          - ...settimane, mesi, anni... E qui ogni giorno che passa è un giorno! Con ramilo da pagare, la serva da licenziare, qualcosa, magari piccola ma ci vuole an­che quella, da cucinare...

Donna Rosetta              - Rosetta...

Rosetta                          - Scusa mamma, se non abbiamo intenzione di morire d'oligoemia, bisogna parlare anche di questo!

Ferdinando                   - Non ero preparato a discutere un ar­gomento simile, ma dato che è necessario sono qui... Studiamo il modo di venirci incontro nei limiti del possibile...

Rosetta                          - (sussultando) Nei limiti di che?

Donna Rosetta              - Del possibile... Scusa, Rosetta, que­sta discussione sta diventando così antipatica che...

Rosetta                          - Sta' zitta, mamma, per carità. (A Ferdi­nando) Cosa intendete dire nei limiti del possibile?

Ferdinando                   - (abbassa un po' la testa) In un certo senso era questo il motivo principale della mia visita... I limiti! Ero venuto a dirvi che dopodomani             - io mi ricordo le date! non potrò farvi il solito regalo per il vostro onomastico...

Rosetta                          - Ah, ah!...

Ferdinando                   - ...perché da tre mesi non ritiro lo sti­pendio, ma solo degli acconti, ed anche in misura molto ristretta.

Donna Rosetta              - Oli!

Rosetta                          - E perché?

Ferdinando                   - Perché Roberto ha voluto così...

Rosetta                          - Magnifica ragione!

Ferdinando                   - E’ un benedetto ragazzo... E' tornato da Dresda con tante nuove idee... Non ritengo oppor­tuno prenderlo di punta in questo momento... Ci vuole...

Rosetta                          - Sì, tempo, forma, modo... (Si torce le mani) Come faremo? Io mi domando questo soltanto: come faremo?

Donna Rosetta              - Ma, scusa, Ferdinando non ha l'ob­bligo dì mantenerci e...

Rosetta                          - Aveva almeno l'obbligo di non metterci sul lastrico!

Ferdinando                   - Io non vi ho messe sul lastrico, ho sol­tanto voluto che mio nipote, che veniva ad assumere la direzione effettiva dell'azienda dopo tre anni di pra­tica alle Ceramiche Sassoni, non potesse essere indotto a pensare che...

Rosetta                          - (furiosa) Oh, basta! Mamma, bisogna pren­dere una decisione! Vendiamo la casa, paghiamo ciò che non si può fare a meno di pagare, e andiamocene!

Ferdinando                   - (allarmato) Dove?

Rosetta                          - (Dovunque! In un'altra città, senza amici inutili e dannosi, a lavorare, rifarci una vita!

Ferdinando                   - Io sarei un amico inutile e dannoso?

Rosetta                          - (furibonda) Voi siete un... (si chiude la bocca con la mano) Oh, stavo per dirlo!

Ferdinando                   - (si alza).

Donna Rosetta              - (lo trattiene vivamente) Cosa fate, adesso? Dove volete andare? (A Rosetta) E tu, vuoi deciderti a calmarti? Ti abbatti per la più piccola cosa come una bambina... lo non dico che la situazione non sia grave, ma studiamo, vediamo... Ferdinando... sì          - è umiliante dover parlare di queste cose - cercherà d'aiutarci - (gesto di Ferdinando) nei limiti del possi­bile... Mia sorella Bettina dovrà pur decidersi a rispon­dere e... (Squilla il campanello; Donna Rosetta sus­sulta) Chi sarà?

Rosetta                          - (cupa) Un altro creditore, la signorina cameriera ci farà un'altra storia ed io le tirerò qualcosa sulla testa!

Clelia                             - (dall'interno al fondo, acutissima) Ah!

Ferdinando, Donna Rosetta, Rosetta            - (allarmati si volgono al fondo).

Ferdinando                   - Cosa c'è?

Clelia                             - (irrompe dal fondo come chi ha ricevuta una forte spinta, con due grosse valige una per mano, una guancia più rossa dell’altra). Ma che maniere...

Bettina                          - (la segue: quaranta-quarantacinque anni, energica, elegante; borsetta, ombrellino, pacchi e pac­chetti in mano, impermeabile di gran lusso sul braccio: dà imo spintone a Clelia e la fa avanzare di altri due o tre passi) Villana, ineducata, .insolente!

Antonio                         - (portinaio dello stabile, con altre due grosse valige una per mano, segue Bettina).

Rosetta                          - (felicissima) Zia Bettina!

Bettina                          - (abbraccia e bacia Rosetta, poi Donna Ro­setta) Come state?... E' tanto che desideravo vedervi... Dov'è la mia camera?

Donna Rosetta              - Adesso cercheremo, vedremo... Non ci avevi preannunziata la tua visita e non c'è niente pronto...

Bettina                          - Ma, insomma, una stanza ci sarà?

Rosetta                          - Certamente: la mia, intanto!

Bettina                          - Bene, facci portare il bagaglio a mano...

.Donna Rosetta             - Ce n'è altro?

Bettina                          - Alcuni bauli e qualche cassa. (A Clelia) Stai attenta a non romper niente, tu!

Clelia                             - (furiosa) Io...

Antonio                         - (forte accento napoletano) E statti zitta, se non ci pigli un altro schiaffone!

Rosetta                          - (a Bettina) Le avete dato uno schiaffo?

Bettina                          - Ne aveva tanto bisogno!

Rosetta                          - (abbraccia e bacia Bettina).

Donna Rosetta              - (indicando Ferdinando) Permetti, cara...

Bettina                          - Un momento, pensiamo prima alle cose necessarie.

Rosetta                          - Di qua, zia (indica la sinistra).

Bettina                          - (accenna con la testa a Clelia e ad Antonio di seguirla ed esce per la sinistra).

Rosetta                          - (segue).

Clelia, Antonio             - (seguono).

Ferdinando                   - (sbalordito) Ma è un fulmine!

Donna Rosetta              - (alzando gli occhi al cielo) Oh!... (fa per uscire dalla sinistra).

Ferdinando                   - Sarà meglio ch'io vada, non ti pare?

Donna Rosetta              - Ormai t'ha visto...

Ferdinando                   - Già, ma a me questi caratteri violenti mi... (ha un gesto di fastidio). Ha dato quel po' po' di ceffone a quella disgraziata... ha la guancia in fiamme! Speriamo che non vada a reclamare!

Donna Rosetta              - Cosa, può reclamare?...

Ferdinando                   - Eh, ingiurie, percosse... Una cameriera è una cittadina come le altre... Il diritto.,.

Clelia                             - (rientra dalla sinistra come lanciata da qual­cuno e va ad urtare contro Ferdinando) Ma...

Ferdinando                   - (stupito) Ma...

Bettina                          - (entrando dalla sinistra, senza cappello) Le­vati di mezzo!

Clelia                             - Ma io...

Bettina                          - E non guardarmi con quella faccia!

Rosetta                          - (rientra dalla sinistra, senza cappello).

Antonio                         - (la segue).

Bettina                          - (fissa Ferdinando) Cos'è questo?

Donna Rosetta              - Il cavalier Ferdinando Rosanì... un amico», molto amico...

 Bettina                         - (guarda Rosetta, strizza l’occhio) Ah!

Donna Rosetta              - Amico di casa, insomma.

Ferdinando                   - Felicissimo di poter diventare anche amico vostro.

Bettina                          - Vedremo. (Ad Antonio) Oh, tu... come ti chiami?

Antonio                         - Ndonie.

Bettina                          - (abbrutita) Eh?

Antonio                         - Ndonie!

Bettina                          - Ah!... un nome che incomincia con enne... bravo. Grazie per ora. Vai giù e paga il tassì.

Antonio                         - Sì, signora. Sono quattordice e quarande.

Bettina                          - Ho visto. (A Donna Rosetta) Hai spic­cioli?

Donna Rosetta              - (allibita) Veramente... mi pare... Vado a vedere... (Si muove verso la destra).

Ferdinando                   - Se posso essere utile io...

Bettina                          - Certamente.

Ferdinando                   - (ha cavato il portafoglio e vi cerca dentro).

Bettina                          - (gli toglie il portafogli, ne cava duecento­venti lire, fissa Ferdinando) Non c'è altro?

Ferdinando                   - (timidamente) Veramente nella tasca cosiddetta segreta  (indica) c'è un foglio da cinquecento che tengo di riserva per ogni chissà...

Bettina                          - Bravo, uomo molto prudente, mi congra­tulo. Per ora cercheremo d'arrangiare con queste. (Dà duecento lire a Antonio, insieme a una ricevuta di ba­gaglio) Vai alla stazione, ritira i bauli, caricali su un'automobile...

Antonio                         - Su un carrettino?!

Bettina                          - Su un carrettino, perché?

Antonio                         - Per spendere meno!

Bettina                          - E che te n'importa? Paghi tu?

Antonio                         - Io dicevo per risparmiare, per me non me n'importa niente!

Bettina                          - Figurati a me! Dai venti lire al tassì, corri alla stazione, paga lo svincolo, ritira i baoli e sbrigati.

Antonio                         - Sissignora. (Va al fondo, poi ritorna) Vo­levo dire...

Bettina                          - Sei tornato?

Antonio                         - Volevo dire: devo dare la mancia ai facchini del bagaglio?

Bettina                          - Naturale; fai il conto, poi vedremo.

Antonio                         - (esce per il fondo).

Bettina                          - (dà le rimaste venti lire a Clelia) Tu... vola dal tabaccaio, prendi due pacchetti di Serraglio da venti, due bustine di fiammiferi, il « Corriere», e torna a passo di farfalla. (Clelia la fissa sbalordita, senza muoversi, col danaro in mano; Bettina la guarda sec­cata) Sei tornata?

Clelia                             - (si precipita al fondo, esce).

 Bettina                         - (siede soddisfatta) Bene, bene; come va, come va? (A Rosetta) Prendimi la borsetta, cara.

Rosetta                          - (esce dalla sinistra).

Bettina                          - (continuando) Bella casa, piccola, ma simpatica; non credevo.

Rosetta                          - (rientra dalla sinistra con la borsetta e la porge a Bettina).

Bettina                          - (apre la borsetta, ne cava le sigarette, i fiam­miferi, mette una sigaretta in bocca).

Rosetta                          - (accende un fiammifero e porge fuoco a Bettina).

Bettina                          - (accende, fuma) Grazie... (Vede la foto­grafia di Rosetta) Oh, che bella!... (Prende la fotografia, l’esamina più da vicino).

Rosetta                          - E' un'istantanea, e l'ho fatta ingrandire...

Bettina                          - Chi te l’ha fatta?

Rosetta                          - Il cavaliere.

Bettina                          - Bravo! (Depone la fotografia) Molto bella davvero! Perché non l'hai mandata anche a me?

Rosetta                          - Se avessi pensato che l'avreste gradita ve...

Bettina                          - Non cercare scuse! Te ne sei dimenticata!

Rosetta                          - (sorridendo) Sì, scusatemi.

Bettina                          - Molto male. Per punizione ne tirerai fuori subito un'altra, e ci scriverai una dedica come questa.

Rosetta                          - (ridendo) Senz'altro.

Bettina                          - Invece che « Alla mia bella mamma», «Alla mia bella zia».

Rosetta                          - Sì, zia.

Bettina                          - Voglio esser bella anch'io!

Rosetta                          - Lo siete senza bisogno di dedica.

Bettina                          - (strizzando l'occhio a Donna Rosetta) Fina, eh? (Fuma; gira uno sguardo intorno) Bell'ambientuccio. Con qualche ritocco verrà un insieme molto carino. (Fissa Ferdinando sbalordito) Quella barba però non va. Bisogna tagliarla.

Ferdinando                   - Tagliarla?

Bettina                          - C'è qualcosa sotto?

Ferdinando                   - Qualcosa sotto?

Bettina                          - Sciabolata, revolverata, cicatrice di guerra?

Ferdinando                   - Ma no!

Bettina                          - Allora via, giù, quattro sforbiciate... Verrà fuori una faccia molto più decente, senza tutto quel pelo tinto male!

Ferdinando                   - Tinto male?!?

Bettina                          - Non vorrete dirmi ch'è tinto bene!

Ferdinando                   - Non è tinto affatto!

Bettina                          - Andiamo, buffone... A quell'età il pelo o è bianco o è tinto- Me ne intendo. (Alle due donne allibite) Bene, bene; come va, come va? (A Rosetta) Come stai, Rosetta?

Rosetta                          - (ricomponendosi) Bene, grazie.

Bettina                          - (a Donna Rosetta che non sa più quale con­tegno assumere) E tu, Rosetta... Oh, ma che idea v'è venuta di chiamarvi Rosetta tutte e due, madre e figlia!... (A Ferdinando, battendogli su un ginocchio) E pensate che si chiamava Rosetta anche la nonna... nostra ma­dre, dico (indica Donna Rosetta e se stessa).

Ferdinando                   - (intimidito) Si vede che la... la signora Rosetta ha voluto continuare la tradizione...

Bettina                          - Si, ma Rosetta la nonna, Rosetta la ma­dre, Rosetta la figlia... Pensate poi che mio padre si chiamava De Rosa.

Donna Rosetta              - (ha un gesto di fastidio).

Ferdinando                   - (è stupito) De Rosa?

Bettina                          - Michele De Rosa, napoletano, un simpa­ticone. Nostra madre quindi divenne Rosetta De Rosa... un rosaio! Oh, era una rosa anche lei, bella da far impazzire.

Donna Rosetta              - (spiegando) Nostra madre ebbe due mariti.

Bettina                          - Già, io De Rosa, lei Robelli... Il giardino lo stesso, ma i giardinieri diversi...

Ferdinando                   - Ah, ora capisco.

Bettina                          - Cosa?

Ferdinando                   - La diversità del... dei fiori!

Bettina                       - Carino... spiritoso, lui, vero? Bravo. (A Donna Rosetta) Oh, «ai, appena se ne sarà andato l'amico di casa, dovrò raccontarti un subisso di cose mie. Sono in un mare di guai. ,

Donna Rosetta, Rosetta. Ferdinando            - (insieme) Eh?

Bettina                          - Ho bisogno che tu mi dia ospitalità per qualche mesetto, per riposarmi innanzi tutto, e quindi per orizzontarmi, riprendermi, cercare qualche cosa di nuovo... Il povero Arturo, ormai... (Si ferma stupita guardando i tre) Bene, cosa c'è, adesso?

Donna Rosetta, Rosetta, Ferdinando            - (l’hanno ascol­tata sbalorditi, ed ora sono al colmo della disperazione, e la fissano angosciati).

Donna Rosetta              - Scusa, cara, continua; ti diremo poi... Perché dici il povero Arturo, che gli e accaduto?

Bettina                          - Non hai ricevuta la mia lettera?

Donna Rosetta              - Non ho ricevuto nessuna lettera...

Bettina                          - Non è possibile... t'ho scritto una lettera che non finiva mai... (cerca nella borsetta, trova la lettera) Eccola qua. Quando dico una cosa, io... leggi, leggi.

Donna Rosetta              - (paziente) Leggerò. Vuoi dirmi cos'è successo ad Arturo?

Bettina                          - E' morto, disgraziato.» (piange).

Donna Rosetta              - (addolorata) Oh!...

Rosetta                          - Oh, zia!... (Tocca le mani di Bettina, af­fettuosamente).

Bettina                          - (piangendo) Erano anni che lo tormentava la malattia... Oli ultimi due mesi sono stati terribili... (Calmandosi) Poi, sai com'è, alle malattie ci si fa l'abi­tudine... (Quasi ilare) Il medico, un pezzo d'uomo alto fin là (indica la porta a sinistra) con certe spalle cosi      (al­larga le braccia), pieno di premure per me, tanto buono e caro, simpaticissimo... (scoppia a ridere). Mi viene da ridere pensando a quel giorno che... eravamo noi soli davanti all'armadio; e allora lui, improvvisamente, quando meno me l'aspettavo...

Donna Rosetta              - (spaventata) Dio santo, Bettina, debbo mandar fuori Rosetta?

Rosetta                          - Non cominciamo, mamma!

Bettina                          - Perché mandar fuo... Ah, pensi che io e il medico... (unisce gli indici delle mani) Oh, no,., un uomo coi capelli rossi... sarei assolutamente incapace... .No, dicevo che quel bel tipo di medico s'era messo in testa di curare anche me, e m'ha portato, per un anno, una bottiglia di ricostituente ogni settimana...

Ferdinando                   - Si vede che v'ha fatto bene; apparite così florida, vivace...

Bettina                          - Ma io non l'ho preso mai! Mettevo le bottiglie nell'armadio senz'aprirle... Quando siamo tornati dal cimitero, lui si sentiva male, pareva giù giù giù... Senza pensarci, ho aperto l'armadio per prender qual­cosa da offrirgli... Ha fatto una faccia quando ha visto quelle cinquantadue bottiglie in fila, ordinate, con la carta d'argento sul tappo... S'è alzato e se n’è andato con un muso, poveraccio... (Ride, poi guarda i tre; sospira) E così povero Arturo... (si commuove) dopo tanti anni se n'è andato lasciandomi in piana terra... Le sorelle, quelle due arpie, sono subito saltate addosso alla roba...

Donna Rosetta              - E tu hai lasciato fare!

Bettina                          - Per forza! Non ci eravamo sposati, capisci?

Donna Rosetta              - (disperata) Ma mi avevi detto che...

Bettina                          - Appunto, s'era tutto deciso, ma ce ne dimenticammo... Poi lui s'ammalò. Che vuoi pensar più a sposarsi...

Donna Rosetta              - Ma santo Dio, potevi farlo anche in extremis se non altro per salvare il nome, la pen­sione...

Bettina                          - Eh, no, per la pensione il matrimonio in extremis non vale... Per il nome che importa... E’ tanto bello Elisabetta De Rosa,.. Poi, quando ho capito che finalmente se ne andava, mi sono sentita così «serena, così contenta... (I tre la fissano abbrutiti). Soffriva come un dannato, non c'era niente da fare (piange), e così quando tutto è finito ho detto: «Ringraziamo il Signore, lui sta bene, io ho finito di soffrire, è chiuso un capitolo, apriamone un altro! ». Appena sono arrivate le sorelle mi sono messa a far dispetti, rompere piatti, bicchieri... iride). Avessi visto le facce! Ho speso tutto quello che avevo per sistemarlo il meglio possibile laggiù, tutto marmo bianco e grigio, e sono corsa da te. Tu adesso stai bene, ti sposi questo giovanotto, un po' antico, ma, insomma, con un buon barbiere qualcosa se ne può ca­vare. Cosi anche Rosetta non rimarrà tanto sola, non ti pare?

Donna Rosetta              - (ha nascosta la faccia fra le inani, di­sperata).

Rosetta                          - (s'è alzata; si muove nervosa).

Ferdinando                   - (gestisce macchinalmente; fa per ripren­dere il portafogli che è sul tavolino).

Bettina                          - (allontana il portafogli dalle mani di Ferdi­nando) Cosa c'è?

Donna Rosetta              - C'è... c'è che avevamo riposte tutte le nostre speranze proprio su te... T'ho scritto giovedì chiedendoti d'aiutarci....

Bettina                          - Oh, Dio santo!...

Donna Rosetta              - E ieri ti ho telegrafato scongiuran­doti di mandarci... (esita, poi fa spallucce), sì... cinque­mila lire...

Bettina                          - Ed io ne ho spese quindicimila per la tomba!.., Povero Arturo, poteva aspettare... Oh, santo Cielo, averlo saputo!... bastava che avessi telegrafato l'altro ieri anziché ieri...

Donna Rosetta              - (amara e rassegnata) Si vede ch’è destino...

Bettina                          - Ma non ti devi abbattere così... Non sei sola, scusa.... (indica Ferdinando) Hai lui, vivo...

Donna Rosetta              - (si stringe nelle spalle) Che c'entra!

Bettina                          - Per esser vivo è vivo, e in buona salute anche! (Batte sulla schiena a Ferdinando) Non sei tu che devi curare lui, ma lui te!

Donna Rosetta              - Non è mio marito.

Bettina                          - Ma cara, se le donne dovessero basarsi sol­tanto sui mariti... D'altra parte, se una ha marito non dev'essere in bisogno, altrimenti a che l'è servito sacri­ficarsi ?

Ferdinando                   - Sacrificarsi?

Bettina                          - Voglio dire maritarsi. Del resto, queste sono cose di donne, ci comprendiamo fra noi. Sta' zitto, per favore. (A donna Rosetta) Lui ha il dovere di prov­vedere e provvederà, almeno per te. Io e Rosetta ci arran­geremo, troveremo.... Io ho delle magnifiche tolette, pel­licce per me e per lei, e quando due donne possono pre­sentarsi bene non c'è mai da tremare.

Donna Rosetta              - Ma cos'hai intenzione di fare?

Bettina                          - Non lo so; t'ho detto: vedremo, studie-remo...

Donna Rosetta              - Ma, dimmi almeno, qual è la tua idea?

Bettina                          - Cara, se avessi un'idea, saremmo già a ca­vallo! Io non dispero mai, sai come son fatta.»

Donna Rosetta              - Oh, tu vedi tutto color di rosa!

Bettina                          - Certo, perché dovrei veder nero? Un bel paio d'occhiali rosa, e là!... tutto è bello, fresco, felice. Siamo tre donne in cattive acque: tu ti sistemi subito e rimaniamo in due: le preoccupazioni sono già diminuite di un terzo...

Ferdinando                   - La signora è ottimista!

Bettina                          - Che, ti dispiace?

Ferdinando                   - Ci diamo del tu?

Bettina                          - Fra cognati è più spiccio. Tu le la sposi, e noi...

Ferdinando                   - Calma, calma, calma, non corriamo; io odio la fretta, e, sia detto senza offender nessuno, diffido istintivamente di chi vede tutto facile...

Bettina                          - Tu vedi tutto difficile?

Ferdinando                   - Io vedo tutto con ponderatezza e ri­flessione. Ci vuol tempo, forma, modo, opportunità. (Rosetta ha un gesto di fastidio). Sposare... è una parola!

Bettina                          - Non vuoi?

Ferdinando                   - Non posso!

Bettina                          - Non sei ariano?

Ferdinando                   - (spazientito) Oh! ci sono delle diffi­coltà, delle incompatibiltà, delle impossibilità!

Bettina                          - Sentiamo.

Ferdinando                   - Ma non è un affare che si può dire così, su due piedi!

Bettina                          - E tu siediti!

Ferdinando                   - (ha un gesto di dispetto) Io non sono abituato a ragionare così!

Bettina                          - Nessuno ti chiede di ragionare, caro, ma di esporre la nuda cronaca... Se tu sapessi ragionare avre­sti già risolto tutto!

Rosetta                          - (ha una involontaria risatina).

Ferdinando                   - Credete di poter risolvere voi?

Bettina                          - Una via si trova sempre.

Ferdinando                   - (ha un gesto furioso, esita, poi) Io bat­terei la testa nel muro, parola d'onore!

Bettina                          - E poi ci toccherebbe pagare il muratore. Calmati, invece, siedi e dimmi tutto.

Ferdinando                   - (con furia) Io... (si ferma).

Bettina                          - Tu?

Ferdinando                   - (esasperato) E' inutile, non resisto a questo martellamento! (A Donna Rosetta) Parlate voi: io ci rinunzio. (Siede fremendo).

Donna Rosetta              - Vedi, Bettina, noi...

Rosetta                          - (vivamente, interrompendo) No, mamma, lascia dire a me, la zia ha bisogno di capir subito.

Bettina                          - Brava!

Rosetta                          - Ecco la situazione. La mamma era impie­gata alle Ceramiche...

Bettina                          - (allarmata) Era?

Rosetta                          - Eh già! Il cavaliere, che fino a poco tempo fa è stato il padrone assoluto dello Stabilimento, l'ha fatta licenziare!

Bettina                          - Oh, brutto stupido, e perché?

Ferdinando                   - (seccato) Scusate...

Donna Rosetta              - Ecco, vedi...

Rosetta                          - State a sentire, per favore. Il cavaliere è un'anima candida, uno di quegli uomini tutto d'un pezzo, un tipo sul genere...

Bettina                          - Abbrevia, il tipo l'ho capito: si vede.

Rosetta                          - Il proprietario dello Stabilimento è un nipote del cavaliere, Roberto Rosani, ingegnere, figlio del fratello... del fratello del cavaliere, capite?

Bettina                          - Capisco, fratello di... (accenna sul proprio volto al pizzo). Vai avanti.

Rosetta                          - Questo Roberto era a Dresda, a far pratica nelle Ceramiche Sassoni, e sotto tutela. Finita la pratica è tornato, ha preso il posto del padre...

Bettina                          - Fratello di... (accenna il pizzo).

 Rosetta                         - Appunto, morto dieci anni fa. Lui, Fer­dinando... (accenna sul suo volto il pizzo) che in assenza del nipote dirigeva lo Stabilimento, è passato al secon­do posto.

Bettina                          - Ah, molto male! Si vede che non era ca­pace di stare al primo!

(Ferdinando                  - (seccatissimo) Scusate, ora mi pare che esageriamo...

Bettina                          - Sta' zitto, non farmi perdere il filo. (A Rosetta) Che «osa c'entra tua madre?

Rosetta                          - Il cavaliere s'era innamorato di mamma. Segretaria della Direzione, lui dirigente, sempre insieme...

Bettina                          - (ride) Eh, eh! la paglia vicino al fuoco, il capitano d'industria e la povera impiegata, si sa!

Ferdinando                   - (severo) Vi prego di credere che in tutti questi anni io non ho avuto per vostra sorella altro che una ammirazione rispettosa...

Bettina                          - (gli dà una gomitata) Mattacchione! (A Rosetta) E poi, e poi? Dimmi, dimmi, adoro le storie sentimentali.

Rosetta                          - Sapete cosa avviene di solito: maldicenze, pettegolezzi...

Bettina                          - Oh! le male lingue! Sapessi cosa hanno fatto a me! Non c'era amico di casa, e non di casa, su cui non inventassero un romanzo! E allora alle volte, proprio per dispetto, finiva che...

Donna Rosetta              - (scandalizzata) Bettina!

Bettina                          - Ah? (la guarda, poi a Rosetta) Vai avanti, figlia mia, non divagare!

Rosetta                          - ti cavaliere ha avuto paura di questi pet­tegolezzi e ha deciso di troncarli.

Bettina                          - Ah, giustissimo, bravo; sposarla e farla finita, molto bene.

Rosetta                          - Nient'affatto; invece ha avuto un'idea molto più peregrina: mandarla via!

Bettina                          - Oh!

Rosetta                          - Anzi, l'ha fatta dimettere, dopo tredici anni di servizio!

Bettina                          - Ferdinando caro, sei proprio un babbaleo!

Ferdinando                   - Ma non potevo mettere mio nipote davanti al fatto compiuto!

Bettina                          - E perché?

Ferdinando                   - Per non avvalorare le voci calunniose!

Bettina                          - La calunnia è un venticello, va e viene!

Ferdinando                   - C'è chi non ci resiste! Roberto rice­veva delle lettere anonime! Lo so!

Bettina                          - Ma scusa, tutti credono alla relazione, ed anch'io l'ho pensato per un momento! Tuo nipote, poi, ne sarà perfettamente convinto!

Ferdinando                   - Ma io ho la coscienza tranquilla!

Bettina                          - Ossia te ne infischi delle voci!

Ferdinando                   - Sicuro!

Bettina                          - E non potevi infischiartene lo stesso fa­cendo il tuo comodo?

Ferdinando                   - Voi vedete tutto facile!

Bettina                          - Ma perché vuoi vedere tutto difficile? Si va, si parla, si dice...

Ferdinando                   - Si va, si parla, si dice... Si deve tro­vare il momento di andare, parlare quando gli altri sono disposti ad ascoltarvi...

Bettina                          - Bravo, così non parli mai! Uno che ha una ragione si mette bene in testa ciò che deve dire, bussa, entra...

Ferdinando                   - E ti mettono fuori!

Bettina                          - Afa, caro, se arrivo a entrare, prima di mettermi fuori...

Donna Rosetta              - Ma è anche questione di tempe­ramento, scusa...

Bettina                          - Benissimo, e uno se lo cambia, se lo ferra. Perché la corazzata va contro il cannone? Perché s'è fatta corazzare! Ora se lui va dal nipote e gli dice...

Ferdinando                   - Mio nipote è un carattere chiuso!

Bettina                          - E tu aprilo!

Ferdinando                   - (esasperato) Oh! (si prende la testa fra le mani).

Bettina                          - Vedi, io ti ho capito perfettamente adesso: tu sei il tipo che vedi tutte le difficoltà...

Donna Rosetta              - Ma un uomo serio deve vederle le difficoltà!

Bettina                          - Ma non solo quelle: in tutto c'è il facile e il difficile! Se ti metti a pensare perché non si deve fare una cosa, muori di fame prima di farla! Tu esci di casa, metti il piede sul primo scalino, bluh... inciampi, vai giù e ti rompi l'osso del collo... E’ successo a tanta gente... Che vuoi fare: non uscire più di casa? Esci dal portone tranquillo, scendi dal marciapiede, vlan... passa un'automobile... gambe e braccia che volano, un piede qua, un orecchio là... Allora non esci più dal portone?

Ferdinando                   - Che c'entra questo?... Si può essere prudenti senza esagerare...

Bettina                          - Ma senza esagerare nemmeno in prudenza!  Se vai in trattoria e ordini un piatto di funghi...

Ferdinando                   - Io non mangio mai funghi!

Bettina                          - Ed hai torto, perché sono buoni. Te ne privi perché vedi soltanto il lato cattivo. Ora questo sai come si chiama? Carognaggine!

Donna Rosetta              - (addolorata) Oh!

Rosetta                          - (soddisfatta) Era ora!

Ferdinando                   - (smarrito) Io non so... non capisco come si possano vedere le cose con questa... faciloneria… Va, bussa, entra, parla, discuti, pretendi... senza tener conto degli altri, senza fermarsi a pensare che...

Bettina                          - Non ti devi fermare a pensare, devi pen­sare prima di muoverti. Se ti fermi durante l'azione sei rovinato.

Ferdinando                   - E' facile dirlo quando sì sta su una comoda poltrona. Ma se vi capiterà mai dì parlare con Roberto...

Bettina                          - Ah, capiterà subito; vuoi che non gli parli?

Ferdinando                   - (allarmato) Eh?

Bettina                          - Oggi stesso!

Ferdinando                   - (c. s.) Cosa?

Bettina                          - O domani, il ferro si batte quand'è caldo...

Rosetta, Donna Rosetta         - (sono diversamente emozio­nate).

Ferdinando                   - (spaventatissimo, implorando col gesto e con lo sguardo l’aiuto di Rosetta e di Donna Rosetta) Dico, non facciamo sciocchezze, vero?

Bettina                          - Vedrai che sistemeremo tutto...

Ferdinando                   - Creando un guaio più grosso!

Bettina                          - Ah, ma sei iettatore, sai?

Ferdinando                   - Sentite, io mio nipote lo conosco!

Bettina                          - Non sarà diverso dagli altri!

Donna Rosetta              - Ma scusa, se ti dice ch'è un carat­tere eccezionale!

Bettina                          - Lo conosci tu?

Donna Rosetta              - Io non l'ho mai visto!

Bettina                          - E quindi non puoi giudicarlo. Sarà un giovanotto come tutti gli altri, col suo lato cattivo, il suo lato buono...

Ferdinando                   - (interrompendo, esasperato) Ma è una fissazione! Mio nipote non ha lati buoni!

Bettina                          - E' un mascalzone?

Ferdinando                   - Non ha lati buoni nel senso che pen­sate voi! E' un giovane moderno, ma rigido, educato severamente; ha un modo di pensare severo, un modo d'agire severo, serio, positivo, preciso!

Bettina                          - Insomma un terribile scocciatore!

Ferdinando                   - Affatto! Se c'è un uomo di poche pa­role è lui! Freddo, calmo, dignitoso, secco e tagliente. Secondo il vostro criterio ha tutti i lati cattivi, insomma.

Bettina                          - Quanti anni ha?

Ferdinando                   - Venticinque: età fisica, beninteso.

Bettina                          - Già, perché d'età morale dovrebbe averne settantacinque, dal ritratto che ne fai!

Ferdinando                   - Questa è la prima frase sensata che vi sento dire!

Bettina                          - Ebbene, no e no! Non ci credo! Un ra­gazzo di venticinque anni è un ragazzo di venticinque anni e se sembra diverso la colpa è di chi lo guarda!

Ferdinando                   - Se vi dico...

Bettina                          - Ha pure un corpo, dei nervi, del sangue fresco nelle vene! Deve avere impeti, scatti, furie, e quando vede una bella ragazza dovrà pure sentirsi...

Donna Rosetta              - Bettina!

Bettina                          - Ah, già. Scommetto ch'è un simpaticone. Se gli parlo due minuti gli scopro tutti i lati buoni!

Ferdinando                   - E dagli! Se vi dico che non ne ha!

Bettina                          - Ma sei testardo! E curati questo pessi­mismo deprimente, non c'è niente di peggio! Non c'è cosa al mondo che non abbia il suo lato buono!

Ferdinando                   - Donna Candida!

Bettina                          - Perché no? E’ il nome che sceglierei se non mi chiamassi Elisabetta De Rosa. Tutto nella vita ha un fine buono, il male è relativo; arriverei a dire che non esiste... Tu ti rompi una gamba, per esempio...

Ferdinando                   - Grazie!

Bettina                          - ... per te sarà un male, ma per il medico che ti cura è un bene! Per il farmacista è un affare! Tu muori...

Ferdinando                   - ... e il falegname è tutto contento perché mi fa la cassa!

Bettina                          - Vedi? Cominci già a ragionare. Vedrai che cosa farò di te in quindici giorni. Adesso noi, senza perderci d'animo, dobbiamo...

Clelia                             - (entra in fretta dal fondo, con due pacchetti di sigarette, il «Corriere della sera », due bustine di fiammiferi) Stanno salendo due signori!

Donna Rosetta              - Chi sono?

Clelia                             - Sono scesi da un'automobile lunga di qua a là... Hanno domandato alla portinaia; uno ha una borsa così...

Rosetta                          - Ma non potevi chiedere chi erano?

Clelia                             - Ho pensato che fossero due dei soliti uscieri dei Tribunali, ma sono vestiti meglio, e poi vengono in quattro per i sequestri...

Ferdinando                   - (s'è affacciato alla finestra a destra; si ri­trae spaventato) Dio clemente e misericordioso... la macchina di Roberto!

Bettina                          - Ah, benissimo!

Ferdinando                   - Ma mi troverà qui!

Bettina                          - Nasconditi!

Ferdinando                   - Ma dove?

Bettina                          - Dove vuoi, di là, di qua. - (indica prima la sinistra, poi la destra).

Donna Rosetta              - (allarmata) Nella mia camera da letto?

 Bettina                         - E chiudilo nel bagno; non t'affogare in un bicchier d'acqua! Quante storie! Sulle più piccole cose una discussione... (Spinge Ferdinando e Donna Rosetta verso la destra) Aria, aria!

Ferdinando                   - (smarrito) Gli parlerete voi?

Bettina                          - Ma certo! Te ne vai, sì o no? (lo spinge).

Ferdinando                   - Ma mi promettete... (Bettina ha un ge­sto di furore) Oh, Dio santo! (Esce dalla destra).

Donna Rosetta              - (lo segue. Squilla il campanello).

Bettina                          - (a Clelia) Apri!

Clelia                             - ( spaventata) Non saranno uscieri? A me mi fanno un'impressione...

Bettina                          - Uff, animale!... (La prende per un braccio colpita da un idea) Vieni! (Si dirige al fondo dicendo a Rosetta) Tu, fila. (Esce dal fondo trascinandosi dietro Clelia).

Ferdinando, Donna Rosetta   - (s'affacciano angosciati sulla destra).

Ferdinando                   - Ma cosa vorrà fare, Dio santo? (Suona di nuovo il campanello dall’interno).

Rosetta                          - (scappa per la sinistra).

Ferdinando, Donna Rosetta   - (spariscono per la de­stra).

Bettina                          - (dall'interno, spazientita) E un momento! (Pausa). Ecco fatto, avanti, avanti... (Rientra dal fondo. Ha messo la crestina di Clelia in testa, il grembiule bian­co; sembra una perfetta cameriera) ...da questa parte.

Roberto                         - (la segue: venticinque anni vestito da un gran sarto, ma con una certa ostentazione di trasandatezza, pastrano sbottonato e col bavero alzato, una mano in tasca. Entra togliendosi il cappello e dando uno sguardo critico in giro, fermandosi un po' sul ritratto di Rosetta).

Duccio                          - (segue. Cinquant'anni brizzolato, elegantis­simo, monocolo, pastrano, cappello in mano, bastone, guanti, grossa borsa di cuoio sotto il braccio).

Roberto                         - (fissa curiosamente Bettina).

Bettina                          - Rassomiglio a qualcuno?

Roberto                         - Cosa?

Bettina                          - Mi guardate come se rassomigliassi a qualcuno.

Roberto                         - (si stringe nelle spalle, cava un biglietto da visita dal portafogli, lo porge a Bettina).

Duccio                          - (ha anche lui cavato un biglietto da visita e lo porge a Bettina).

Bettina                          - (ha preso i due biglietti da visita, uno per mano: legge il primo) Roberto Rosani... (guarda Roberto).

Roberto                         - (inchinandosi, ironico) Molto piacere!

Bettina                          - Oh, il piacere è tutto mio! (Legge l'altro biglietto) Avvocato Duccio Battistella... (Sgrana gli occhi su Duccio) Ella?

Duccio                          - (seccato) Ella, ella, Battistella... Non vi piace?

Bettina                          - A me? Per carità... Molto grazioso, anzi... Battistella! (Ha un breve riso).

Duccio                          - Cosa c'è da ridere?

Bettina                          - Niente... mi mette in allegria... (Breve riso) Battistella!

Roberto                         - (seccato) Annunziateci alla signora.

Bettina                          - Non c'è.

Duccio                          - Come non c'è?

Bettina                          - Non c'è.

Roberto                         - A me risulta che c'è!

Bettina                          - A me no!

Duccio                          - Se abbiamo parlato con la portinaia!

Bettina                          - Male, non bisogna mai fare pettegolezzi con. le portinaie!

Duccio                          - Via, non perdiamo tempo, andate ad an­nunziarci.

Bettina                          - Se v'ho dello che non c'è!

Duccio                          - (ha un gesto violento).

Roberto                         - (paziente) Dov'è andata?

Bettina                          - Ma siete della polizia?

Duccio                          - (esasperato) Oh!

Roberto                         - (lo calma con un gesto, poi, con la pazienza dell'ostinato) Sentite, cara ragazza...

Bettina                          - Oh, signore, troppo buono!

Roberto                         - Eh?

Bettina                          - Quel cara ragazza mi fa un'impressione, ma un'impressione...

Roberto                         - State attenta. Noi desideriamo parlare con questa signora, dobbiamo parlarle e le parleremo.

Bettina                          - Bravo, mi piace la gente energica. Io...

Roberto                         - Non divagate. E' perfettamente mutile tentare di fuorviarci, confonderci, prenderci in giro. lo quando ho stabilito di fare una cosa la faccio, ca­scasse il mondo. La vostra padrona non c'è? Molto bene. Noi ci siederemo e aspetteremo il suo ritorno. (Fa per sedersi).

Bettina                          - Ma è quello che stavo per dire! Per­messo... (gli toglie il cappello di mano, fa per levargli il pastrano).

Roberto                         - Non occorre.

Bettina                          - Ma sì, anzi... Ci si abitua, al chiuso, tutti infagottati... (gli sfila intanto il soprabito) e poi si prende freddo quando si esce dopo due o tre ore. (De­pone il pastrano di Roberto e s'avvicina a Duccio per aiutarlo a sbarazzarsi).

Duccio                          - (si è tolto il soprabito con gesti decisi ed ora lo porge, col cappello a Bettina),

Bettina                          - (lo fissa ed ha una breve risata).

Duccio                          - (furioso) Ma cosa c'è da ridere?

Bettina                          - Niente, ma... (ride prendendo pastrano e cappello) quell'affare di Battistella... (ride).

Duccio                          - Ebbene?

Bettina                          - Una che non c'è abituata, capite? Sente Battistella, si volta, s'aspetta un'altra cosa, e allora... eh, eh, eh!...

Duccio                          - (seccato) Oh, oh, oh!

Bettina                          - Ma accomodatevi, senza cerimonie.

Roberto                         - (siede) Grazie. (Dà un'occhiata al ritratto di Rosetta).

Bettina                          - (accostando una poltrona per Duccio) Prego, avvocato. (Ha un breve riso).

Duccio                          - (ride contraffacendola, siede seccato).

Roberto                         - (ironico) Quando tornerà la signora?

Bettina                          - Ah, non lo so... ma credo tardi.

Roberto                         - lo non ho niente da fare.

Bettina                          - Nemmeno io. Se permettete seggo anch'io.

Roberto                         - Sedete, sedete.

Bettina                          - (siede) Così ci facciamo un po' di compa­gnia e il tempo passa.

(Pausa. I tre si guardano; Bettina sorride; Duccio sbuffa. Roberto volteggia a bocca chiusa, Bettina lo segue accennando un motivo popolare. Roberto cava una siga­retta, la mette con accurata lentezza in un bocchino, ac­cende, fuma; Bettina gli mette vicino un portacenere).

Roberto                         - Grazie.

Bettina -                        - Prego.

(Pausa, Roberto fuma, guardando con occhio critico il ritratto di Rosetta e quindi in giro; Bettina lo  guarda, poi si volta a guardare Duccio che la sta fissando, ed ha un breve riso).

Duccio                          - (esasperato) Battistella!

Bettina                          - (ridendo) Non ci posso pensare!

Duccio                          - E’ una cosa inverosimile!

Roberto                         - (tranquillo) Non v'arrabbiate, avvocato, è una donna di temperamento allegro.

Bettina                          - Ecco, mi viene subito da ridere, non è colpa mia...

Roberto                         - Sicuro, e io scommetto ch'è una bravissima persona, non è così?

Bettina                          - Nessuno m'ha mai detto che sono cattiva.

Roberto                         - Ci credo. Come ti chiami?

Bettina                          - Bettina.

Roberto                         - Bel nome. Ti piacerebbe un biglietto da cinquanta lire?

Bettina                          - Anche due!

Roberto                         - Che fanno cento. Bene, perché no? Te le daremo.

Bettina                          - Grazie.

Roberto                         - Sentiamo allora. Dov'è andata la signora?

Bettina                          - Non lo so.

Roberto                         - (guarda Duccio).

Duccio                          - Credo che forse è meglio dargliele subito queste cento lire.

Bettina                          - Lo credo anch'io.

Roberto                         - (cava cento lire, le porge a Bettina).

Bettina                          - (prende il biglietto di banca, lo guarda con­troluce, lo intasca soddisfatta).

Roberto                         - Obbligatissimo della fiducia!

Bettina                          - E per evitare discussioni dopo.

Roberto                         - Sentiamo. Dov'è andata?

Bettina                          - Non lo so!

Roberto                         - Ma questa è una canzone!

Bettina                          - Non è una canzone: è salita in automobile, è sparita...

Roberto                         - (sussultando) Nell'automobile di quel cretino?

Bettina                          - Quale cretino?

Duccio                          - Ce ne sono diversi?

Bettina                          - Secondo i giorni.

Duccio                          - (furioso) Oggi, per esempio, ce ne sono due di più, eh?

Bettina                          - Chi?

Duccio                          - Io e lui! E' questo che volete dire?

Bettina                          - Io?

Duccio                          - Voi! Cos'avete detto?

Bettina                          - Cosa ho detto?

Duccio                          - Niente!

Bettina                          - E allora perché v'arrabbiate?

Duccio                          - (furibondo) Oh!

Roberto                         - Non ei riscaldiamo... Hai detto che la tua padrona è uscita in automobile con quel cretino di mio zio... Conosci mio zio, vero?

Bettina                          - (accennando il pizzo) Ferdinando.

Roberto                         - Ferdinando. Se è vera questa uscita in auto­mobile, come sì spiega che la sua Balilla è nella rimessa dello Stabilimento?

Bettina                          - Ah, non sono affatto andati in Balilla, ma in una macchina lunga mezzo chilometro, di gran lusso...

Duccio                          - Di gran lusso?

Roberto                         - (furente) Si vede che fa una doppia vita quel disgraziato!

Duccio                          - Senza dubbio!

Roberto                         - In stabilimento, quieto come una marmotta-, fuori, splendido e spaccone!

Bettina                          - Il danaro degli altri, di Emilio Gaboriò! Su, cassiere, hai fatto il sacco, batti il tacco, batti il tacco!

Roberto                         - Ma cosa dici?!?

Bettina                          - £' una strofetta che c'è nel romanzo!

Roberto                         - (furioso, a Duccio) Bisogna agire senza indugio, lo non posso permettere che mio zio si lasci abbindolare da questa sirena!

Bettina                          - (stupita) Sirena? (Ragionando) Oh Dio, dato il marinaio...

Roberto                         - Cosa dici?

Bettina                          - (con simpatia) Niente, signor Roberto bello!

Roberto                         - Ma che bello!

Bettina                          - Non mi dite che siete brutto!

Roberto                         - Stai attenta: io sono disposto a darti mille lire, ed anche di più, se ci aiuti!

Bettina                          - Figuratevi se non v'aiuto!

Roberto                         - Devi dirci tutto quello che sai. Prima di nato: mio zio ne è veramente innamoralo?

Bettina                          - Come un asino... Oh!...

Roberto                         - Non scusarti, è la vera parola. E lei, na­turalmente, gli dà la cordo!

Bettina                          - Certo! Gli vuol bene...

Roberto                         - Ma che bene, andiamo! Davanti gliela dà ad intendere, ma di dietro gli fa dei vagoni di corna!

Bettina                          - (sbalordita) Dei vagoni?

Roberto                         - ...di corna! Non mi dire che non gliele fa!

Bettina                          - Oh Dào, non metterei la mano sul fuoco per nessuna, ma dei vagoni... in coscienza non mi pare! Sembra così presa!

Roberto                         - Escludo qualunque presa!

Bettina                          - Vi dico che è cotta!

Roberto                         - E' impossibile che un vecchio caprone indolenzito come mio zio possa far cuocere una radazza fresca e graziosa come quella! (indica il ritratto dì Ro­setta).

Bettina                          - (trasecolata, fissa Roberto, chiude e riapre gli occhi due o tre volte) Voi... non la conoscete la... la famosa Rosetta?

Roberto                         - No, non la conosco la famosa Rosetta!

Bettina                          - (prende la fotografia di Rosetta, la guarda, ne spolvera un po' il vetro col grembiale, l'offre meglio all’ammirazione di Roberto) E' bella!

Roberto                         - (gridando meglio il ritratto) Ah, non dico di no... (Legge la dedica) «Alla sua bella mamma, Rosetta...». (Quasi involontariamente) Anche la madre è bella?

Bettina                          - Ah, un sogno... Me la ricordo da giovane... ( sospira).

Roberto                         - E' morta?

Bettina                          - No, è... (indica: lontana, come adombrando un mistero di cui è bene parlar poco).

Roberto                         - Dov'è?

Bettina                          - Un po' qua, un po' là... è l'amante di un principe russo, ricchissimo, che aspetta la morte della moglie per sposarla!

Roberto                         - Hai capito!

Bettina                          - (sospira) E' una famiglia di donne fatali! (Toccatina ai capelli).

Duccio                          - Bisogna assolutamente liberare vostro zio da questa catena!

Roberto                         - Assolutamente! Non sa cavar le mani da un ufficietto di segreteria, figurarsi se può governare una donna simile!

Bettina                          - Sarà lei a governare lui!

 Roberto                        - Proprio quello che voglio impedire, e ad ogni costo! Io t'ho parlato di mille lire... sciocchezze!

Bettina                          - Eh?

Roberto                         - Ne avrai molte di più! Ma dovrai por­tarmi la prova... molte prove, anzi.» che Rosetta lo tra­disce!

Bettina                          - Che Rosetta... Benissimo! Le cercherò!

Roberto                         - Non devi cercarle, devi trovarle! Se non ci sono, inventale!

Duccio                          - Eh no, piano, questo è codice penale!

Roberto                         - II fine giustifica i mezzi!

Duccio                          - Sì, ma non dobbiamo ingolfarci in un pro­cesso per diffamazione per non far sposare vostro zio!

Roberto                         - Se non gli si mette sotto gli occhi la prova che è becco, nessuna violenza lo indurrà a lasciare quella donna!

Duccio                          - E va bene, ma evitiamo di comprometterci!  Io intanto, come avvocato, faccio conto di non aver sentito!

Roberto                         - Bravo, l'importante è che abbia sentito Bettina. Hai sentito?

Bettina                          - Altro che!

Roberto                         - Allora d'accordo. Quando mi farai avere queste prove?

Bettina                          - Al più presto.

Roberto                         - Ossia?

Bettina                          - Domani, dopodomani». Stasera se posso.

Roberto                         - Benissimo. Dopo di che ritengo mutile trattenerci oltre (guarda ti ritratto di Rosetta) nell'antro della belva. (S'è alzato).

Bettina                          - (gli porge premurosamente il pastrano).

Duccio                          - (comincia ad infilare il suo).

Roberto                         - (indossando il pastrano con l’altro di Bet­tina, prendendo dalle mani di questa il cappello) E in quanto a quello che t’ho promesso, se mi servi a dovere...

Bettina                          - Vi servirò come meritate.

Roberto                         - Ed io ti compenserò come se fossi il prin­cipe russo. (Si muove). Anzi... guarda, voglio fidarmi di te! Dammi quelle cento lire! (Cova il portafogli).

Bettina                          - (esitando) Allora son io che devo fidarmi di voi.

Roberto                         - Dammi quelle cento lire! (Le prende dalle mani esitanti di Bettina, le dà un altro foglio, pie­gato in quattro, da cinquecento) Tieni!

Bettina                          - (trasecolata) Un cinquecentone!

Roberto                         - E ne avrai altri dieci se mio zio si con­vincerà che quella ragazza non Io ama!

Bettina                          - Fate conto che sia già convinto.

Roberto                         - Addio, Bettina! Bada che t'aspetto!

Bettina                          - State tranquillo.

Roberto                         - (esce dal fondo mettendosi il cappello).

Duccio                          - (sta per uscire dal fondo, e quasi si urta con Bettina che vuole accompagnare Roberto. La fissa).

Bettina                          - (fissa Duccio; ha la solita breve risata).

Duccio                          - (esasperato, insieme a Bettina) Battistella!

Bettina                          - (allegra, insieme a Duccio) Battistella!  (Poi continua, sola) Scusate, non so perché, ma mi fa tanto ridere!

Duccio                          - (furioso) Oh! (Esce dal fondo).

Bettina                          - (lo segue).

Ferdinando                   - (irrompe dalla destra, con i capelli irti, sconvolto).

Donna Rosetta              - (lo segue).

Rosetta                          - (entro ansiosa dalla sinistra).

Clelia                             - (senza grembiale e senza crestina, entra dal fondo).

Ferdinando                   - (convulso) Ma... ma.» cosa ha combi­nato dico io, cosa ha combinato!? Bisogna correre, te­lefonare, spiegare tutto, subito... E in quanto a quella forsennata, Subito medico, barella, camicia di forza, chiu­derla in manicomio, senza perdere un secondo!

Bettina                          - (rientra trionfalmente dal fondo agitando il biglietto da cinquecento lire) Vittoria!

Donna Rosetta              - (smarrita) Ma cos'hai fatto?

Bettina                          - (stupita) Cos'ho fatto, cosa?

Donna Rosetta              - Abbiamo udito tutto!

Bettina                          - Bene, così non occorre raccontarvi!

Ferdinando                   - Mi avete rovinato, coperto di ridicolo, insozzato me, lei  (indica Donna Rosetta), tutti!

Bettina                          - Ma non dire corbellerie, tutto è per il me­glio, ho sistemato ogni cosa!  Quel tuo nipote è un amore!

Ferdinando                   - (fischiante) Ah, sì?

Bettina                          - Tutto lati buoni; violento, appassionato, pieno di cuore!

Ferdinando                   - (furente) Pieno di cuore? Pieno di cuore un malcreato che mi chiama vecchio caprone in­dolenzito?

Bettina                          - Ma perché ti vuol bene, scemo! Come fai a non capirlo, questo?

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La stessa scena del primo. Il mattino seguente. L'am­biente è migliorato e arricchito da una distribuzione dei mobili fatta con più gusto, da tendine, tappeti, scialli, cuscini, quadri. Una chitarra ornata di nastri sul divano a sinistra; una scala spiegata verso il fondo a destra. Due grandi bauli, aperti, vuoti, verso sinistra.

Antonio                         - (è sulla scala, mettendo a posto un quadretto contro la parete di fondo a destra, attento ai comandi di Bettina).

Bettina                          - (in abito da casa, dirigendo) Ecco, così... bravo.

Clelia                             - (sta trascinando fuori dalla sinistra uno dei bauli: esce con quello).

Rosetta                          - (ha un grosso grembiale di rigatino, un fazzolettone annodato in testa, un piumino da spolverare in mano: è seduta e guarda estatica Bettina).

Bettina                          - Adesso scendi, porta via tutti gl'imbrogli, e poi vai sul terrazzo ad aiutare a pulire i bauli e le valige.

Antonio                         - (cominciando a piegare la scala e a raccogliere i ferri, come ripetendo una lezione) Rispolverare accuratamente di dentro e non solo di fuori dove guarda la padrona.

Bettina                          - Ecco, bravo.

Antonio                         - E naftalina, molda naftalina!

Bettina                          - Molta, non molda. Con la ti, come Torino!

 Antonio                        - E io molda ho detto, con la di, come Dorino.

Bettina                          - Dici come ti pare, tanto a me che me ne importa?

Antonio                         - Quello che dico io, che ve ne preme a voi?

Clelia                             - (rientra dalla sinistra e comincia a traspor­tare l’altro baule).

Antonio                         - Sbrigatevi, ragazza, che dobbiamo dispol­verare inori il terrazzo.

Clelia                             - (gli vibra un’occhiataccia, alza con un gesto violento il baule, esce dalla sinistra).

Antonio                         - (calmo) A te e sorella.

Bettina                          - (severa) Cos'hai detto?

Antonio                         - Ah, niente, una precauzione.

Bettina                          - Hai detto una parolaccia!

Antonio                         - Nossignore, nessuna parolaccia, le ho cor­risposto come si doveva!

Bettina                          - Ma che corrisposto, se quella poveretta non ha nemmeno parlato!

Antonio                         - Ma ha pensato, e siccome io ho capito che cosa ha ponzato le ho corrisposto a te e sorella.

Bettina                          - Be', be', basta, pensa ai bauli.

Antonio                         - Sissignore, pulire, dispolverare e naftalina.

Bettina                          - Molda!

Antonio                         - Molda. Ci buttiamo anche un po' di filippo?

Bettina                          - (iabbrutka) Eh?

Antonio                         - Filippo, quello che si soffia... (Fa l’atto di chi sparge del liquido insetticida manovrando lo stan­tuffo del polverizzatore) S... ff... ff...

Bettina                          - Il flit?

Antonio                         - Eh, ilflip.

Bettina                          - Non lo so... fa effetto sulle tarme?

.Antonio                        - Ah, questo, quando diventerò tarma, ve lo potrò dire,

Bettina                          - (si passa una mano sulla fronte) Senti, caro, vuoi andartene?

Antonio                         - Me ne vado subbilo. (Esce con la scala e gli arnesi dalla sinistra).

Bettina                          - (ha un sospirane di sollievo) E’ spaven­toso... (Guarda Rosetta che la fissa, estatica) Cosa stai pensando?

Rosetta                          - Che siete un amore.

Bettina                          - Grazie, cara, grazie. (Guarda in giro) Così sta un po' meglio, no?

Rosetta                          - Quattro straccetti, due cuscini e il tocco d'una mano di fata...

Bettina                          - Adesso sei un amore, tu. (Siede) Ah! ripo­siamoci un poco.

Rosetta                          - (comincia a togliersi il fazzolettone, il grem­biale  deporrà il piumino) Mi pare di ricominciare a vivere... mi sento piena di speranza! E non è cambiato niente; siamo nelle stesse condizioni di ieri. Ma c'è un'altra aria.

Bfttina                          - Dove arrivo io camino subito aria.

Rosetta                          - Pure non l'avrei detto quando siete en­trata... Semibravate anzi di cattivo umore.

Betona                          - Quella stupida di ragazza mi lasciava con le valige in mano...

Rosetta                          - iNo, voglio dire... Era negli occhi che ave­vate come una stanchezza, una malinconia... Vho guar­data attentamente e ho pensato... (La guarda, si ferma interdetta).

Bettina                          - (allarmata) Che cosa?

Rosetta                          - (confondendosi) Che... stavate bene.

Bettina                          - (la fissa con indagine) Dimmi tutto.

Rosetta                          - Con voi non so dir bugie.

Bettina                          - Adesso me n'hai detta una!

Rosetta                          - E mi sono accorta che ve ne siete accorta.

 Bettina                         - Dimmi cos'hai pensato.

Rosetta                          - Non vi offenderete?

Bettina                          - (allarmata) Dico, non avrai pensato una porcheria troppo grossa?

Rosetta                          - (spaventata) No, no, niente di questo, ma ho avuto come un presentimento vedendo tutte quelle valige e quella faccia imbronciata... Ho detto fra me... Questa non viene a portare aiuto...

Bettina                          - ... viene a chiederne!

Rosetta                          - Proprio così!

Bettina                          - E per quello ero stanca e malinconica. Io non sono fatta per ricevere aiuto, elemosine...

Rosetta                          - Oh!...

Bettina                          - Sono un temperamento direttivo. La sola cosa di cui ho veramente bisogno è di gente che abbia bisogno di me. In quindici anni il povero Arturo non s'è mai soffiato il naso senza chiedere il mio parere. Così, sola, senza nessuno da dirigere, ero avvilita. Sono venuta da mia sorella per chiederle un piatto di minestra e un angoletto nel quale rintanarmi e farmi piccina pic­cina... E quando ho capito che stavate nei pasticci fin qui (si tocca il labbro inferiore) senza una lira, ho det­to: Ah! sia ringraziato Iddio! Ora sì!

Ferdinando                   - (appare sul fondo, col cappello davanti alla bocca, mascherando al meglio possibile la scomparsa dei baffi e del pizzo. Si ferma, guardando Bettina con lo sguardo carico di rimprovero).

Bettina                          - Ah, sei qui?

Ferdinando                   - (senza muovere il cappello) La porla è accostata...

Bettina                          - Fa’ vedere.

Ferdinando                   - (con lo smarrimento del bambino che si confonde nel vestito nuovo, esitando, sposta il cappello, fa vedere la faccia nuda. Intimamente ne è anche un po' compiaciuto, ma la vergogna è più forte).

Bettina                          - (contenta) Oh!

Rosetta                          - (sincera) State benissimo!

Bettina                          - Ti si danno cinquant’anni di meno!

Ferdinando                   - (fra l’incredulo e il quasi contento) Sì!?

Bettina                          - Sembri un neonato. Vieni avanti.

Ferdinando                   - (avanza col suo solito passo).

Bettina                          - Adesso devi cambiare andatura.

Ferdinando                   - (sbalordito) Cosa?

Bettina                          - Innesta un'altra marcia... (Sì alza). Cam­mini come se avessi ancora la barba, mentre devi cam­minare corno uno che non ha mai avuto la barba, così... (Ritmando la battuta, mano sul fianco, segnando il passo) Alta la testa, bust'in fuori, dritto lo sguardo, che pass'il maggior... nò! due!

Ferdinando                   - (disperato, nascondendo la faccia) Dio onnipotente, sono tornato sotto le armi!

Bettina                          - E non ringrazi la tua stella? Fra quei bei ragazzacci, alti, .dritti... (Accenna: con tanto di spalle, di muscoli, di torace, allarga le braccia chiudendo ì pugni) Dove vuoi star meglio?

Ferdinando                   - Io non oserò mai ritornare in ufficio in questo stato!

Bettina                          - Allora, caro, siediti e aspetta che ricresca.

Ferdinando                   - Ma cosa dirò a Roberto quando mi chie­derà il perché!

Rosetta                          - Ditegli che il barbiere s'è sbagliato.

Ferdinando                   - Bella sciocchezza!

Bettina                          - Digli che te la sei bruciata.

Ferdinando                   - E come?

Bettina                          - Dio santo! Accendendo la sigaretta!

Ferdinando                   - Non fumo.

 Bettina                         - Benissimo; digli che hai voluto provare a fumare, e, poco pratico, ti sei bruciato il pizzetto.

Ferdinando                   - Ma è inverosimile; perché avrei vo­luto fumare?

Bettina                          - Perché te n'è venuto il desiderio!  

Ferdinando                   - Si sa benissimo che a me non vengono desideri simili!

Bettina                          - (esasperata) Tu non sai che criticare, per­ciò non riesci mai a concludere niente! E’ tanto sem­plice guardarlo nel bianco degli occhi e dirgli: Senti, caro nipote, siccome m'hai fatto venire una barba così (si tocca lo stomaco) me la sono tagliata per non inciam­parci!  

Ferdinando                   - (disperato, nascondendo la faccia) Oh!

Bettina                          - E’ una questione tutta fisica; stai attento; ora t'insegnerò come devi fare... Guardami... E guardami!

Ferdinando                   - (senza guardarla) Vi seguo.

Bettina                          - Ma che seguirmi: alza la faccia, spalanca gli occhi... anzi no, alzati in piedi...

Ferdinando                   - (infastidito) Santa pazienza!

Bettina                          - Alzati in piedi, con te bisogna cominciare dal principio, sei tutto da rifare. (Ferdinando si alza, seccato). Primo: tu non stai dritto sulla persona, e non pesi su tutte e due le gambe...

Ferdinando                   - Ma che c'entra...

Bettina                          - Non m'interrompere! Stai sempre legger­mente inclinato a sinistra, pesando tutto su questa gam­ba  (si batte energicamente la coscia sinistra). Questo ti produce una mancanza di sicurezza nella posizione. (Gli dà un improvviso spintone e Ferdinando vacilla) Vedi? Perché non sei ancorato. Comincia con l'ancorarti. (Si pianta sulle due gambe, energicamente, e Ferdinando, istintivamente, la imita) Vedi? Sei già diventato mezzo metro più alto. Ora, da quell'altezza, guarda chi è più basso di te come se stessi su un campanile, così! (guarda fieramente una sedia).

Ferdinando                   - (riprende sconfortato la solita posizione) Io non so come vi vada di scherzare!

Bettina                          - Non sto affatto scherzando!

Ferdinando                   - Ma come si può dividere l'umanità in alti e bassi! Se mi capita uno più alto di me...

Bettina                          - (esasperata, unendo razione, alle parole) Prendi una sedia e gli dici: siedi!

Ferdinando                   - (istintivamente siede, al comando di Bet­tina, sulla sedia che questa gli ha messo accanto).

Bettina                          - (si muove, furente, poi si calma) In sostan­za, la situazione è questa: ci troviamo di fronte ad una inversione di personalità...

Ferdinando                   - (abbrutito) Eh?

Bettina                          - ,..tu e Roberto siete effettivamente nipote e zio: l'uno giovane, l'altro sulla vena. Senonchè lui fa lo zio…

Ferdinando                   - (aggrappandosi disperatamente a quest'ar­gomento) Ecco, è proprio così, mi tratta come un ra­gazzo, quell'animale!

Bettina                          - Bravo, c'è un progresso ; già lo chiami animale. Lui ti tratta come un ragazzo, benissimo: e tu fa' il ragazzo!

Ferdinando                   - (sbalordito) Io?

Bettina                          - E fa' il ragazzo discolo. Così sei un ra­gazzo troppo comodo: timidino, stupidino; dove ti met­tono, là ti ritrovano: il primo della classe. E’ facilissimo governarti, e tutti ti governano. Devi diventare uno scavezzacollo invece, un puledro; sgroppare, tirar calci: un perfetto mascalzone!

Ferdinando                   - A questo, grazie a voi, ci siamo già arrivati: mio nipote ormai è convintissimo che sono un mascalzone!

Bettina                          - Vedrai come ti sentirai meglio. Nella con­siderazione di Roberto sei già salito d'un centinaio di chilometri; secondo lui fai una doppia vita, sei un Don Giovanni tenebroso...

Ferdinando                   - ...amante dell'amante d'un principe russo...

Rosetta                          - Prego: della figlia di quest'amante!

Bettina                          - Bell», fresca e giovane.

Ferdinando                   - Bella figura che ci fa anche lei!

Bettina                          - Sicuro, sarà notata, discussa, e prima nes­suno se ne incaricava. Cos'altro vuoi dal Cielo?

Ferdinando                   - (disperato guarda l'orologio) Le quat­tro! Bisogna proprio che vada in ufficio!

Bettina                          - Sbrigati, sono ansiosa di sentire le impres­sioni!

Ferdinando                   - (si tocca il mento).

Bettina                          - E basta con quella barba! Vattene, che debbo uscire.

Ferdinando                   - Dove andate?

Bettina                          - A zonzo! C'è questo bel sole... Non rivedo il mio Milano da un secolo. Ciao. (Fa per uscire dalla sinistra).

Ferdinando                   - (spaventato) Aspettate, non mi lasciate così, devo ancora domandarvi tante cose...

Bettina                          - Male, dovevi domandarmele prima: ora devo vestirmi. Poi abbiamo già troppo parlato, oggi. Va', bussa, entra... (cammina un po' da solo, insomma-, anche se cadi!

Ferdinando                   - Era appunto questo che volevo dire! Se cado?

Bettina                          - Ti rialzi! E stai più attento un'altra volta! (Lo fissa, poi, come ripetendogli la lezione, stringe i pugni, alza la testa, sporge il busto, esce dalla sinistra a passo cadenzato).

Ferdinando                   - (si tocca il mento, perplesso).

Rosétta                          - (con. simpatia) Credetemi, state molto meglio.

Ferdinando                   - Davvero?

Rosetta                          - Più giovane, più simpatico... E' una donna che ve lo dice!

Ferdinando                   - Già, difatti... non siete più una bam­bina... Sei una donna... Ti dispiace se ti dò del tu?

Rosetta                          - Affatto! Volete che ve lo dia anch'io?

Ferdinando                   - Non ti pare un po' troppo intimo?

Rosetta                          - Una volta bisognerà pure incominciare!

Ferdinando                   - Già... già... dato che ormai sono fi... il tuo... (si ferma. Rosetta sorride, Ferdinando si muove agitato; Rosetta ride, Ferdinando la guarda, prima di sfuggita, poi con maggiore attenzione. Ha un brivido, un gesto violento per scacciare il pensiero molesto). Certe cose non bisogna dirle nemmeno per ischerzo! Io sono quasi tuo padre!

Rosetta                          - Ma sì!

Ferdinando                   - (furibondo) Tuo padre!

Rosetta                          - (ridendo) Certo! E adesso coraggio, datemi un bacio; è tanto «he avreste dovuto darmelo! (gli si avvicina, gli mette le mani sulle spalle).

Ferdinando                   - (è sconvolto, ma comincia a decidersi) Un bacio?

Rosetta                          - Un bacio... così… (gli dà un bacio sulla guancia).

Ferdinando                   - (le dà un bacio in fronte).

Rosetta                          - E adesso un altro, qui! (gli porge la guancia).

 Ferdinando                  - (la bacia su una guancia, poi subito sul'altra) Ah, Rosetta, Rosetta, come potrei esser felice se non fossi così somaro! (l’abbraccia strettamente).

Raimondo                     - (cinquant’anni, grigio, un pò curvo a sini­stra, cappello in mano, borsa, di cuoio, dal fondo: si ferma un istante sbalordito per quello che vede, poi) Permesso?

Rosetta                          - (contenta) Oh, avvocato, grazie d'esser ve­nuto; avverto subito la zia. Accomodatevi. (Si è sciolta dall'abbraccio di Ferdinando; esce dalla sinistra).

Raimondo e Ferdinando        - (si guardano imbarazzati, si muovono, allontanandosi).

Raimondo                     - (dopo una pausa comincia a fissare intensa-mente Ferdinando, come chi è in dubbio sull'identità d'una persona).

Ferdinando                   - (si confonde, s'irrita, poi si tocca il mento).

Raimondo                     - (riconoscendolo al gesto) Ah, ma volevo ben dire... Il cavalier Rosani?

Ferdinando                   - (imbarazzato, sforzandosi d'esser disin­volto) Sì, avvocato, buongiorno.

Raimondo                     - Mi domandavo perché la signorina non ci aveva presentati, lei di solito così compita... (si volge verso la sinistra parlando) e mi dicevo chi sarà mai questo giovanotto...

Ferdinando                   - (rifà istintivamente Raimondo, piegandosi un po' sul lato sinistro).

Raimondo                     - (voltandosi verso Ferdinando) Eh, eh!... Cosa v'è successo? (Si tocca il mento) Un incidente?

Ferdinando                   - (s'è piantato sulle gambe e si tiene dritto, spalancando gli occhi su Raimondo, parlando con voce breve, nervosa) Un incidente. Una bruciatura.

Raimondo                     - (ridendo) Una bruciatura?

Ferdinando                   - (c. s.) Una bruciatura. Volete saper altro? Accendendo la sigaretta. Vi basta?

Raimondo                     - (smontato) Ma., voi... fumate?

Ferdinando                   - (feroce) Fumo! Non posso fumare? Cosa ve n'importa-?

Raimondo                     - (sbalordito) Ma... io ho detto così, per dire...

Ferdinando                   - (piantandogli la sedia dietro) Sedete!

Raimondo                     - (esitante) Io...

Ferdinando                   - Sedete!

Raimondo                     - (siede).

Ferdinando                   - (prende il cappello, se lo calca in testa, esce per il fondo a passo cadenzato).

Raimondo                     - (lo guarda uscire, sbalordito, poi si alza ti­midamente, sempre guardando al fondo).

Rosetta                          - (rientra dalla sinistra).

Bettina                          - (la segue: è in abito da passeggio, col cap­pello).

Rosetta                          - Ecco mia zia. L'avvocato Raimondi.

Bettina                          - Ah, molto bene, piacere.

Raimondo                     - Io sono felicissime- di fare questa pre­ziosa conoscenza perché...

Bettina                          - (interrompendo) Sedete.

Raimondo                     - Grazie (non siede). La signora vostra so­rella mi ha detto...

Bettina                          - Sedete.

Raimondo                     - (sedendo) Grazie. La signora m'ha detto che mi avreste, voi, spiegato tutto. Sono a vostra dispo­sizione.

Bettina                          - E' semplicissimo. Bisogna iniziare una causa alle Ceramiche.

Raimondo                     - (piegando un po' la testa) Una società potente.

Bettina                          - E' il mio genere. Reclamiamo l'indennità di licenziamento di mia sorella, più i danni e gli arre­trati.

Raimondo                     - Una causa un po' complicata.

Bettina                          - Questo è il bello.

Raimondo                     - E costosa!

Bettina                          - Nient'affatto: Magistratura del lavoro, sol­dini, bronzo, quisquilie!

Raimondo                     - No, no, scusate; la signora si è dimessa volontariamente e...

Bettina                          - Non c’è nessuna lettera di dimissioni.

Raimondo                     - Ce la dimissione in atto con l'abbandono dell'impiego. Vostra sorella... (si alza).

Bettina                          - Sedete.

Raimondo                     - (siede) Vostra sorella, un bel giorno, non s'è più recata in ufficio e...

Bettina                          - Non s'è più recata in ufficio perche sec­cata, perseguitata, molestata da un corteggiatore impor­tuno...

Raimondo                     - (trasecolato) Chi?

Bettina                          - Il cavalier Rosani!

Raimondo                     - Se era qui due minuti fa!

Bettina                          - E che c'entra?

Raimondo                     - E' un amico di casa!

Bettina                          - Sono due persone giuridiche: qui è un amico di casa, in stabilimento un corteggiatore importuno.

Raimondo                     - (pensoso) Mio Dio, sì, la causa è im­piantabile...

Bettina                          - Dunque impiantatela.

Raimondo                     - Ma sono trascorsi cinque mesi...

Bettina                          - E che c'entra?

Raimondo                     - Le si chiederà come mai non l'ha fatta prima quest'azione!

Bettina                          - Perché prima si sarebbe trovata di fronte proprio il corteggiatore, mentre adesso c'è il nipote, gio­vane serio, corretto, galantuomo!

Raimondo                     - (sbalordito) Il cavaliere non è un ga­lantuomo?

Bettina                          - Uff, come siete lungo, voi! Loro non ci danno l'indennità, noi la vogliamo e ci attacchiamo' a tutti i rampini! Cosa c'è di straordinario?

Raimondo                     - (poco convinto) Va bene... Riferirò all'avvocato Ottavi...

Bettina                          - A chi?

Raimondo                     - All'avvocato Ottavi!

Rosetta                          - Le cause le fa l'avvocato Ottavi. Lui è il sostituto.

Bettina                          - Dio santo, ho bisogno del generale in capo e mi fai parlare col caporalmaggiore. Dov’è questo av­vocato Ottavi?

Raimondo                     - (s'è alzato, stupefatto) Io sono un caporal­maggiore?

Bettina                          - (si volge di scatto, lo fissa. Raimondo intimi­dito fa per sedersi) Non sedete! (Raimondo si ferma col sedere a mezz'aria) Dov'è questo avvocato Ottavi?

Raimondo                     - In studio!

Bettina                          - Bene, andiamo (esce per il fondo).

Raimondo                     - (fissa Rosetta sbalordito, poi esce dal fondo, mettendosi il cappello e ritogliendoselo subito, impaurito di finta audacia).

Rosetta                          - (ha un breve riso; fa per uscire dalla si­nistra).

Antonio                         - (rientrando dalla sinistra) La signora è stata servita di barba e parrucca... (Si guarda intorno)E dove sta?

Rosetta                          - (fa per uscire dalla sinistra) E’ uscita.

Antonio                         - E quando torna?

 Rosetta                         - (fermandosi) Vi serve qualcosa?

Antonio                         - Le urie addizioni. (Gesto di Rosetta). Ma queste sono pampuglie. Aspetterò che torni!

Rosetta                          - Per forza! (Esce per la sinistra).

Antonio                         - (la guarda uscire, poi fissa Clelia che lo av­volge in uno sguardo ironico) Perché mi guardi e non favelli?

Clelia                             - Quanto sei scemo, povero piccolo, quanto sei scemo!

Antonio                         - E tu quanto sei piccola, povera scema, quanto sei piccola! (Campanello). Vai ad aprire.

Clelia                             - Apri tu, visto che te ne stai andando! (Va alla destra) Disgraziato!

Antonio                         - Sventurata! (Esce per il fondo).

Clelia                             - (esce per la destra).

Antonio                         - (dall'interno) Ah, sì, sì... benissimo! (Rien­tra dal fondo) C'è il piano.

Clelia                             - (rientrando) Cosa?

Antonio                         - Il piano.

Primo e Secondo Facchino    - (entrano dal fondo por­tando un pianoforte).

Antonio                         - Dove si deve situare?

Clelia                             - Dov'era situato prima, no? Vado ad avver­tire la signorina. (Esce dalla sinistra).

Antonio                         - Non c'è pericolo che dia una mano, quel­la... (aiuta i facchini a mettere a posto il pianoforte nell'angolo a sinistra).

Clelia                             - (rientra dalla sinistra) La signorina dice di metterlo dov'era, in quanto alla mancia per i facchini ripassino, perché adesso non ha spiccioli. (Fa per uscire).

Antonio                         - Ci penso io alla mancia!

Clelia                             - (fermandosi) Eh?

Antonio                         - Non ci ho il resto delle cinquecento lire del cavaliere?

Clelia                             - (vivamente) Ah sì, sì, sì... Dai la mancia e poi.-

Antonio                         - ...e poi me lo tengo io: il resto si versa nelle mani della padrona, non della volgare serva!

Clelia                             - (esce dispettosamente per la sinistra) Ah! Chi mi tiene!

Antonio                         - Ti tengo io! (Ha cavato dieci lire e le porge al primo facchino', guardando verso sinistra e par­lando forte) Queste sono venti lire!

Primo Facchino             - (stupito) Ma...

Antonio                         - Queste sono venti lire! Le vuoi o non le vuoi?

Primo Facchino             - (prende le dieci lire).

Antonio                         - (forte, accennando cinque lire con la mano) E fate dieci per uno! Hai capito?

Primo Facchino             - Ho capito! Anche troppo!

Antonio                         - Non capire mai troppo se non vuoi avere dolori di testa!

Roberto                         - (entra dal fondo, seccatissimo, col cappello in testa, pastrano sbottonato; guarda stupito i facchini e Antonio).

Primo e Secondo Facchino    - (escono per il fondo).

Antonio                         - E chiudete la porta! Qui la gente va e viene come al mercato!

Roberto                         - (seccato) Chiamatemi la signora.

Antonio                         - E' dal barbiere.

Roberto                         - Cosa?

Antonio                         - Si fa i ricci!

Roberto                         - Dal parrucchiere!

Antonio                         - (spallucce) Dal barbiere!

Roberto                         - Chiamatemi la cameriera.

Antonio                         - (avvolge Roberto in uno sguardo ineffabile diffidenza, poi va alla sinistra scuotendo la testai im­provvisamente si ferma e si volge) Neh, perché?

Roberto                         - Perché ho bisogno di parlare con qual­cuno, e subito.

Antonio                         - Parlate con me, io sono il portiere titolare dello stabile.

Rosetta                          - (entra dalla sinistra) Cosa c'è? (Vede Ro­berto, ha un gesto d'esitazione) Oh!...

Roberto                         - (si toglie il cappello quasi a malincuore, seccatissimo).

Antonio                         - (si toglie anche lui il berretto gattonato).

Rosetta                          - (s'è rimessa subito: « Roberto) Desiderate?

Roberto                         - Sono Roberto Resani!

Rosetta                          - Ah!... (lieve imbarazzo, poi, ad Antonio) Andate pure, Antonio, non m'occorre altro.

Antonio                         - (è poco convinto di Roberto, ma sente che deve obbedire. Si rimette il berretto,, guarda Roberto, poi a Rosetta, con intenzione) In caso di bisogno basta un fischio e sono qui. (Esce dal fondo).

Rosetta                          - (fissa Roberto, ha un breve sorriso) Acco­modatevi. (Siede, incavalca le gambe, sorride di nuovo; gli ripete, col gesto, rinvilo di sedersi).

Roberto                         - (la guarda, scuote la testa, siede: s'è un pò calmato) Siete più giovane della vostra fotografia.

Rosetta                          - Ah, sì?

Roberto                         - Sì.

Rosetta                          - (prende una sigaretta, ne offre a Roberto) Dove l'avete vista?

Roberto                         - No, grazie; se permettete fumo le mie... (Guarda le sigarette) Ah, ma sono le stesse!

Rosetta                          - Prendete, allora!

Roberto                         - Grazie. (Prende una sigaretta, offre fuoco a Rosetta, accende, fuma) Abbiamo gusti comuni.

Rosetta                          - Ne sono molto lusingata.

Roberto                         - (sente lo sfottetto nel tono, s'irrita di nuovo) Difatti anch'io amo queste sigarette.

Rosetta                          - Ne sono felice.

Roberto                         - Anch'io amo mio zio.

Rosetta                          - Ah? Amate il gelato di fragola?

Roberto                         - No!

Rosetta                          - Peccato. Io lo adoro.

Roberto                         - Mi prendete in giro, eh?

Rosetta                          - Mi state insultando. Cosa dovrei fare? Un fischio al portiere?

Roberto                         - Fate pure!

Rosetta                          - Non so fischiare! (sorride). Del resto non siete ancora troppo insolente: nel caso doveste esage­rare, vedremo.

Roberto                         - Signora io non sono mai insolente con le donne.

Rosetta                          - Male.

Roberto                         - (stupito) Perché?

Rosetta                          - -E' segno che non le amate.

Roberto                         - E vi dispiace?

Rosetta                          - Enormemente... (Gesto di Roberto). Oh, non per me particolarmente, per il sesso in generale.

Roberto                         - Grazie.

Rosetta                          - Gli uomini interessanti sono già così po­chi, che vederne sfuggire uno dispiace.

Roberto                         - Io sono un uomo interessante?

Rosetta                          - Ma siete venuto in cerca di complimenti?

Roberto                         - (si stringe nelle spalle) Non mi stupisco che mio zio si sia innamorato di voi.

Rosetta                          - E' un uomo di buon gusto.

Roberto                         - (irritandosi) E voi siete una donna di cat­tivo gusto! Mio zio è un vecchio!

Rosetta                          - Ha quarantacinque anni!

Roberto                         - E per me è vecchio.

Rosetta                          - Per me, no!

Roberto                         - Lo avete fatto impazzire, s'è tagliata la barba, sta come una belva e fa sedere tutti quelli che entrano da lui!

Rosetta                          - Segno di buona educazione! Invitare a sedere

Roberto                         - Non invita, comanda... a tutti!

Rosetta                          - (ride) Oh... anche a voi?

Roberto                         - Ci ha quasi provato, e se non fossi uscito subito avrebbe offerto una sedia anche a me!

Rosetta                          - (ride) Oh, che carino!...

Roberto                         - Per questo ho rotto ogni indugio e sono venuto qui!

Rosetta                          - E che c'entro io?

Roberto                         - Voi dovete sparire. Sentiamo, parlate fran­camente; io sono un uomo d'affari. Dovete uscire dalla sua vita, andarvene in un'altra città..

Rosetta                          - Addirittura!

Roberto                         - In un altro quartiere almeno, ma sparire. Questa relazione non può avere importanza per voi.

Rosetta                          - Vi sbagliate, ne ha una grandissima!

Roberto                         - Io sono disposto a riconoscere quest'im­portanza, e a monetizzarla.

Rosetta                          - Ah, guarda!

Roberto                         - Al suo giusto valore, beninteso.

Rosetta                          - Sembrate il padre nobile della « Traviata ».

Roberto                         - (furioso) E voi sembrate... (si ferma).

Rosetta                          - ...la Traviata in persona!

Roberto                         - Non l'ho detto!

Rosetta                          - Che m'importa che non lo abbiate detto! Ah, è così che ci giudicate, voi, eh?

Roberto                         - Io giudico le persone dai fatti!

Rosetta                          - (furiosa) Se dipendesse da me lo prende­rei per il colletto e... (si ferma terrorizzata di quanto sta per dire).

Roberto                         - Se dipendesse da voi, cosa?

Rosetta                          - Niente, mi capisco io. Andatevene!

Roberto                         - Oli prendereste per il colletto?

Rosetta                          - Anche voi, andatevene!

Roberto                         - (prende il cappello, pensoso) Così rifiu­tate la somma che vi offro?

Rosetta                          - Non ho bisogno del vostro danaro!

Roberto                         - Questo sarebbe naturale se foste innamo­rata, ma

Rosetta                          - (furiosa, imprudentemente) Non sono in­namorata!

Roberto                         - (con gli occhi brillanti) Ma allora...

Rosetta                          - Allora niente, m'avete seccata; avevo pensato per un istante di... insomma, basta, andatevene!

Roberto                         - Ma scusate, non si potrebbe...

Rosetta                          - E non offritemi danaro! Me ne infischio del vostro danaro!

Bettina                          - (irrompendo dal fondo allarmata) Eh?

Rosetta, Roberto           - (si volgono vivamente, la fissano trasecolati).

Bettina                          - Quale danaro?

Rosetta                          - (indicando il vestito di Bettina, spaventata) Ma...

Roberto                         - (sbalordito) Bettina?

Bettina                          - (si ricorda immediatamente, giunge le mani)

                                      - Ah, signora, perdonatemi, ho preso uno dei vostri vestiti, ma non mi condannate prima d'avermi intesa! (A Roberto) Perdonatemi anche voi!

Roberto                         - Mah, per me.„ finché non vi metterete i miei pantaloni!

Bettina                          - (a Rosetta) Ho pensato che quelle povere suore, quei cari bambini, abituati a veder voi, così bella, così buona, sarebbero rimasti male ricevendo i soliti doni dalle mani d'un'umile cameriera, e allora...

Roberto                         - Ah, la signora fa della beneficenza?

Bettina                          - Dolci, balocchi, piccole somme ai figli del Sacro Cuore, ogni mercoledì.

Roberto                         - Ma oggi è martedì!

Bettina                          - Appunto, si portano il giorno prima perché se lì trovino pronti la mattina presto... E a propo­sito, signora, debbo riferirvi una cosa molto grave da parte della superiora... (A Roberto) Scusate un mo­mento, vero?

Roberto                         - (senza entusiasmo) Oh, io posso anche an­darmene!

Bettina                          - (vivamente) No!... no, perché c’è una no­tizia anche per voi...

Roberto                         - Che notizia?

Bettina                          - Vi dirò cubito. (Trascina Rosetta verso la sinistra).

Roberto                         - (si stringe nelle spalle, va alla finestra, guarda fuori, ma senza affacciarsi).

Bettina                          - (basso, a Rosetta) Catastrofe. Dall'avvocato Ottavi ho trovato Duccio...

Rosetta                          - (basso) Duccio, chi?

Bettina                          - (c. s.) Battistella, l'avvocato suo! (ride). Era lì per caso. Quell'animale di Raimondi ha comin­ciato a parlare con l'idea di fare una transazione lì per B, e prima che io potessi aprir bocca gli ha spiattellato che io sono tua zia, che tua madre è una povera vedova...

Rosetta                          - (atterrita) Dio santo!

Bettina                          - Era fatale che dovesse accadere, ma non pensavo che sarebbe accaduto così presto. Bisogna che questo giovine incosciente non esca di qui senza aver concluso qualcosa di solido.

Rosetta                          - Signore Iddio! Che cosa?

Bettina                          - E chi lo sa, ora vedremo. L'altro s'è subito precipitato a cercarlo; andrà allo stabilimento, non lo troverà; se sa ch'è venuto qui, piomberà qui...

Rosetta                          - Oh che imbroglio.»

Bettina                          - Antonio sta di sentinella al portone con l'ordine di non lasciar salire nessuno... (Atterrita, dando uno sguardo di sfuggita a Roberto che è alla finestra) Accidenti, quella finestra!... Se lo vede Battistella dalla strada... Svieni!

Rosetta                          - (ha un urlo, sviene).

Bettina                          - Oh! (l’afferra).

Roberto                         - (precipitandosi) Cosa c'è?

Bettina                          - Le ho dato la notizia con troppa precipi­tazione... è così sensibile... e così pesante anche.,.

Roberto                         - (premurosamente fa per prendere Rosetta).

Bettina                          - Toglietevi il pastrano...

Roberto                         - (si sfila il pastrano in un lampo, prende Ro­setta fra le braccia).

Bettina                          - E' una falsa magra...

Roberto                         - (emozionato) Difatti!

Bettina                          - Vado a prendere i sali... (esce senza fretta dalla sinistra).

Roberto                         - (rimane imbarazzatissimo con Rosetta fra le braccia).

Rosetta                          - (s'è disposta in modo da poter essere ben guardata da Roberto).

Roberto                         - (dopo una pausa comincia a stancarsi: cerca di rinfrancarsi meglio fra le braccia il corpo della svenuta, ma Rosetta s'abbandona ancora di più, e Roberto, emozionato, è costretto a sedersi, quasi cadendo sulla poltrona. Rosetta s'accomoda tenerissimamente, e Ro­berto comincia a sentir caldo, alza la testa, respira forte),

Bettina                          - (rientra dalla sinistra, senza cappello, con una boccetta in mano) Ecco i sali... (li odora, perdendo tempo). Povero signore, vi sarete stancato...

Roberto                         - (emozionato) Sì... alquanto... non sono abituato a... ma fatele odorare questi sali, presto.

Bettina                          - Ah, sì, sì... (mette la boccetta dei sali sotto U naso di Rosetta).

Rosetta                          - (resiste finche può, poi ha uno starnuto).

Roberto                         - (spaventato) Eh?

Bettina                          - Fa sempre così.

Rosetta                          - (apre gli occhi, senza staccarsi da Roberto) Dove sono?

Bettina                          - Sulle ginocchia del signor Rosani!

Rosetta                          - (senza guardare Roberto, abbandonandosi) Oh, Ferdinando!

Bettina                          - No, non Ferdinando, Roberto!

Rosetta                          - (si volge di scatto, fissa Roberto, e, senza al­zarsi, si ritrae indignata) Ah, questo poi...

Roberto                         - (balbettando) Scusate, ma io...

Bettina                          - Evvia, signora, cosa volete che sia! E' vo­stro nipote!

Roberto                         - Ma che nipote d'Egitto! (fa per alzarsi).

Rosetta                          - (sì alza indignata) Ma com'è brutale, quest'uomo!

Bettina                          - (dolcemente) Non siate brutale!

Roberto                         - (convulso riassettandosi i pantaloni un pò sgualciti) Io non sono brutale! Sono... Insomma, non sono brutale, basta!

Bettina                          - (sorreggendo Rosetta) E' stato così affet­tuoso, vi ha tenuta fra le braccia così teneramente...

Roberto                         - Era in quello stato!

Bettina                          - Si capisce! Ah, voi avete un cuore così... (lascia per un istante Rosetta per fare il gesto, ma Rosetta vacilla, e Bettina la riprende) Ho notato il vostro sguardo di terrore, ho udito il vostro grido d'angoscia...

Roberto                         - Io ho gridato?

Bettina                          - Come una tigre a cui si strappino i pop­panti!

Roberto                         - Sentite….

Bettina                          - Baciate la mano alla zia e...

Roberto                         - (furibondo) Ba-sta con la zia! Io non ho zie!

Bettina                          - L'avrete quando vostro zio la sposerà!

Roberto                         - E mio zio non la sposerà!

Bettina                          - Ma volete contraddirla proprio in questo momento? (Dà uno spintone a Rosetta; questa vacilla, Bettina la sorregge) Signora... signora bella, un po' di coraggio... mettetevi un po' sul letto... (A Roberto) Scu­sate un momento... (esce per la sinistra sorreggendo Rosetta).

Roberto                         - (è indeciso se rimanere o andarsene: dopo una pausa prende il pastrano, ma si limita a cavare le sigarette da una delle tasche di questo. Accende, fuma, si stringe nelle spalle, si ferma a guardare il ritratto di Rosetta).

Bettina                          - (riappare sulla sinistra, sì ferma vedendo Roberto in ammirazione del ritratto. Dopo un secondo o due squilla il campanello del telefono. Roberto si volge verso il telefono. Bettina si precipita all'apparecchio, stacca il microtelefono) Pronto... No, avete sbagliato numero... (rimette a posto il telefono: a Roberto) E' una benedetta donna, così sensibile... M'ha detto adesso ch'è così dispiaciuta per voi», (squilla il campanello del te­lefono, Bettina riprende il microtelefono seccata) pron.» Scusate, se v’ho detto che avete sbagliato numero! (ri­mette a posto il telefono). Adesso s'è rimessa e fra poco spero di farla ritornare qui... Ma voi le avete parlato in un modo, siete stato d'un'imprudenza... (squilla di nuovo il campanello del telefono,, e Bettina esclama esasperata Oh! (fa per andare all'apparecchio).

Roberto                         - Aspettate che rispondo io, sentendo una voce d'uomo... (Prende il microtelefono).

Bettina                          - (gli toglie il microtelefono) Ah, no! No! Non ci mancherebbe altro... So chi è! (Al telefono) Pron­to... Siete un bel maleducato, -sapete! E che m'importa se avete riconosciuto la mia voce? Sì, ho capito benis­simo chi siete... Sì... (ride). Sì... (ride). Che volete, mi fa tanto ridere... No, non c'è. Non è venuto. Non v'in­comodate, perché non possiamo ricevere. No. No. Tanto il portiere non vi fa salire... (Riappende il telefono). Pre­suntuoso!

Roberto                         - Un adoratore?

Bettina                          - Uno dei tanti.

Roberto                         - Sono molti, eh?

Bettina                          - Legioni.

Roberto                         - Curioso, però. Questa donna che ha tanti uomini intorno, in sostanza non è venale.

Bettina                          - Ah, per niente. Non sa cos'è il denaro.

Rorerto                          - Ha rifiutato quello che le ho offerto io.

Bettina                          - Quanto?

Roberto                         - Non m'ha labiato il tempo di dire una cifra.

Bettina                          - Rifiutare prima di sentire la cifra... Roba da matti!

Roberto                         - Ma io non dispero.

Bettina                          - Nemmeno io.

Roberto                         - Intanto voglio conoscerla più profondamente.

Bettina                          - Ottima idea.

Roberto                         - Avrei forse dovuto informarmi di più sul suo conto, ma ho preferito non far domande fra gli im­piegati per non coprire di ridicolo mio zio.

Bettina                          - Giustissimo, molto delicato, questo.

Roberto                         - Mio zio è un stupido.

Bettina                          - D'accordo.

Roberto                         - (seccato) Come d'accordo?

Bettina                          - Che è stupido!

Roberto                         - Ma questo devo dirlo io!

Bettina                          - Ah? Ah, sì.

Roberto                         - Questa ragazza ha dei grandi difetti, ma anche delle grandi qualità.

Bettina                          - Ah, questo sì, enormi!

Roberto                         - Ho sviscerato un po' la storia dell'azienda negli ultimi tre anni... da quando il mio povero papà cominciò a non poter più occuparsene... Era lei che fa­ceva tutto!

Bettina                          - L'ho sempre detto, io!

Roberto                         - Dal giorno che se n’è andata, mio zio non ha fatto che corbellerie!

Bettina                          - Me lo immagino!

Roberto                         - Grandi come case!

Bettina                          - E' tale uno stupido... Ah già, scusate.

Roberto                         - Ora io escludo in modo assoluto ch'egli la sposi...

Bettina                          - Ah!

Roberto                         - Ieri lo escludevo per lui, ma oggi lo esclu­do per lei. Non se la merita!

 Bettina                         - Certo, una ragazza così potrebbe sperare qualcosa di meglio.

Roberto                         - Naturale!

Bettina                          - Un giovane, innanzi tutto.

Roberto                         - Si capisce. Mio zio è del secolo scorso.

Bettina                          - Si tiene su, ma un po' di pancetta c'è.

(Roberto                        - Gli mancano tre denti!

Bettina                          - Quattro!

Roberto                         - Ha quella ridicola barba... cioè, no! Se l'è tagliata!

Bettina                          - Già, l'ho visto stamattina...

Roberto                         - Ah, è stato qui?

Bettina                          - E’ corso subito a farsi ammirare... Francamente non sta male...

Roberto                         - (spallucce) Oh Dio, non sta nemmeno bene...

Bettina i                        - Sembra più giovine...

Roberto                         - Sembra!

Bettina                          - L'apparenza è già qualcosa. I denti si ri­mettono, nessuno ci fa caso».

Roberto                         - (spallucce) Certo, non...

Bettina                          - La pancetta, con un po' di «ginnastica, spa­risce...

Roberto                         - Non dico di no.»

Bettina                          - ili secolo scorso, quando non è proprio giù giù giù può far ancora vedere i sorci verdi...

Roberto                         - Adesso non facciamolo diventare un Balilla!

Bettina                          - No, ma voglio dire che è pericoloso...

Roberto                         - Oh!

Bettina                          - Può essere pericoloso! Una donna giovane, sola, senza difesa, finanziariamente imbarazzata, può fa­cilmente...

Roberto                         - Scusate: avete detto finanziariamente im­barazzata?

Bettina                          - Mi pare di sì.

Roberto                         - E se è finanziariamente imbarazzata perché ha rifiutato la mia offerta?

Bettina                          - Perché è cretina!

Roberto                         - Come?

Bettina                          - Cretina... come vostro zio, capite? Senti­mentale, piena di pregiudizi, sempre preoccupata di ciò che si può pensare di lei... Sapete cosa m'ha detto ora che l'ho messa sul letto? Da tutti accetterei, ma da quel povero ragazzo, no!

Roberto                         - Il povero ragazzo, io?

Bettina                          - Oh, l'ha detto con una tale tenerezza... con una voce che pareva un soffio... (Tenerissima) Quel po­vero ragazzo... E' una sentimentale!

Roberto                         - (vivamente) Scusate, secondo voi...

Bettina                          - Ieri mi davate del tu.

Roberto                         - Ah, già. (Indica il vestito) Secondo te, si potrebbe indurla ad accettare?

Bettina                          - Ma senz'altro!

Roberto                         - Se ha urlato di no!

Bettina                          - Se si prendessero sul serio tutti i no delle donne finirebbe il mondo.

Roberto                         - Forse hai ragione.» Bisogna ch'io trovi modo di venirle incontro. Ora ci penserò; cerca anche tu qualcosa, preparala, e domani... (Si alza).

Bettina                          - (costringendolo a sedere) Sedete.

Roberto                         - (sedendo) Eh?

Bettina                          - (basso, misteriosa) Bisogna battere il ferro quand'è caldo! Se oggi andate via senza sistemare que­sta faccenda, addio! Non se ne parla più!

Roberto                         - Perché, perché?

Bettina                          - E’ in collera con lo zio... indignata!

 Roberto                        - E perché?

Bettina                          - Oh bella! Per la barba!

Roberto                         - Ah!

Bettina                          - Tu... dice... tu, fai il giovanotto...

Roberto                         - Ah, ah!

Bettina                          - Il bellimbusto!

Roberto                         - -Giustissimo!

Bettina                          - Ed io sto qui sacrificata!

Roberto                         - Ha ragione!

Bettina                          - In fondo lei è giovane!

Roberto                         - Naturale!

Bettina                          - Mentre lui...

Roberto                         - (disgustato) Oh!

Bettina                          - Per me si tinge!

Roberto                         - Io ci giurerei!

Bettina                          - Ora, mettersi a fare lo sbarazzino a quell'età è odioso!

Roberto i                       - Nauseante!

Bettina                          - Voi dovete cogliere il momento psicolo­gico, ma subito! Senza perdere un secondo! Proponetele di piantare lo zio...

Roberto                         - Ah, ah!

Bettina                          - Offritele una somma... (gesto di Roberto, Bettina continua persuasiva) forte!

Roberto                         - (raffreddandosi) Ah!

Bettina                          - (travolgente) Ma senza buttargliela in fac­cia, come Alfredo di questo cuore! Bisogna indorarle la pillola! Abbellire l'offerta con un pizzico di senti­mento!

Roberto                         - (di nuovo preso) Ah, ah!

Bettina                          - Sparatele che vi piace... là!

Roberto                         - Sì, sì, questo mi persuade!

Bettina                          - Che dal primo momento che l'avete vieta... il ritratto, il pensiero assiduo, non avete fatto che pen­sarla...

Roberto                         - Sì, sì, è vero!

Bettina                          - Ah, è vero?

Roberto                         - No, ma... sì, in quel senso e... ma conti­nuate, continua!

Bettina <                       - Che l'idea di saperla con lo zio vi è in­tollerabile!

Roberto                         - Proprio così!

Bettina i                        - . Che la volete per voi...

Roberto                         - E lei non mi metterà alla porta?

Bettina                          - (gestendo) Buttate la bomba... e poi il piz­zico di sentimento... non dimenticate il pizzico! Ditele che la volete, ma non a tamburo battente...

Roberto                         - Ah, ah!

Bettina                          - Che intendete darle il tempo di abituarsi all'idea, convinto che, in seguito, vi amerà...

Roberto                         - Giustissimo!

Bettina                          - E' proprio quando l'uomo decide di rin­viare che alla donna vien voglia di concludere!

Roberto                         - Un sesso bizzarro!

Bettina                          - Dispettoso!

Roberto                         - E allora... dovrei andar subito all'attacco?

Bettina                          - Di volata! Avete il libretto d'assegni?

Roberto                         - (vivamente) Sì... (Lo cava) Quanto?

Bettina                          - (subito) Cinquantamila!

Roberto                         - Eh?

Bettina                          - Primo acconto. Condizioni: piantare lo zio: sgombrare di qui, trovarsi un altro appartamento...

Roberto                         - (vivamente) Ne ho uno io!

Bettina                          - Siete un tesoro!

Roberto                         - (scrive rapidamente).

 Bettina                         - (segue la scrittura) Rosetta Robelli... alla signora, benissimo!

Roberto                         - (terminando di scrivere) Oggi stesso farò rimettere in ordine l'appartamento! (Stacca l’assegno).

Bettina                          - Bravo! (Glielo toglie).

Roberto                         - Ed ora...

Bettina                          - Sotto con le condizioni. Non vi preoccu­pate, parlate alto e forte, l'assegno è qui e questo è l'importante. (Alla, sinistra) Signora, vi sentite meglio adesso?

Rosetta                          - (rientra dalla sinistra; è accigliata) Sto be­nissimo!

Bettina                          - Ah, bene. Il signor Roberto...

Rosetta                          - (secca) Ho udito tutto. Datemi quell'as­segno!

Bettina                          - (sinceramente inquieta) Che volete farne?

Rosetta                          - L'avrei accettato se...

Bettina                          - (interrompendo) Ma che l'avrei! Non comin­ciamo a fare sciocchezze! L'assegno è della signora Ro­setta Robelli e...

Rosetta                          - Precisamente, ed io l'avrei accettato con tutto il cuore se il signore me l'avesse offerto con tutto il cuore!

Roberto                         - Ma io...

Bettina                          - (allarmatissima) Cara signora Rosetta.,.

Rosetta                          - Lui invece non ha fatto che ripetere le pa­role che gli avete suggerite voi...

Bettina                          - (comprendendo istantaneamente) Ah sì!

Rosetta                          - L'idea non è stata sua, ed è questo che mi ferisce!

Bettina                          - (a Roberto) Vedete? E' una sentimentale!

Roberto                         - (deciso) Signora, le parole sono sue, ma l'idea è mia, è da ieri che ci penso!

Bettina i                        - Bravo!

Roberto                         - E forse da molto prima di ieri. L'ufficio è pieno di voi, in ogni cosa si sente la vostra personalità. Tante volte mi sono domandato perché mio zio s'era pri­vato d'una collaboratrice simile... Io vi giuro che..,

Duccio                          - (irrompe dal fondo) Piano, non giurate!

Donna Rosetta              - (elegantissima, pettinata di fresco, al­larmata, segue).

Antonio                         - (segue).

Bettina                          - Eh!? (Ad Antonio) Ma...

Antonio                         - (indicando Donna Rosetta) E quella, la signora, l'ha fatto salire!

Duccio                          - (furibondo) Siamo presi in giro! (Indicando Donna Rosetta) Questa è la signora Rosetta Robelli!

Donna Rosetta              - Sicuro!

Bettina                          - Brava la bestia!

Duccio                          - (indicando Rosetta) E quella è la figlia, che si chiama Rosetta anche lei! Vostro zio è l'amante di questa, non di quella!

Bettina                          - Oh, oh, che amante! Bada come parli o ti butto giù per le scale! Ndonie!

Antonio                         - Io lo butto dalla finestra se volete! Vio­lazione di domicilio!

Duccio                          - (si scosta con prudenza da Antonio).

Rosetta                          - (è atterrita}.

Roberto                         - (è addolorato, ferito, profondamente sdegnato) Ah, è così?

Bettina                          - (sempre ottimista) Ecco, vedete, non...

Duccio i                        - E quella non è la cameriera, ma la zia! (sfugge ad Antonio).

Bettina                          - Ma non ti si può nascondere niente!

Duccio                          - E' tutto un castello di bugie, niente principe russo, niente donne fatali!

Bettina                          - Scusate, e non è meglio così? Siamo tutte persone rispettabili: una donna irregolare (indica Donna Rosetta) diventa una buona madre di famiglia, ramante d'un tardone si trasforma in una signorina per bene, una volgare cameriera ridiventa una gran dama...

Duccio                          - Ma che gran dama! Sono piene di debiti!

Bettina                          - Vuol dire che abbiamo credito!

Donna Rosetta              - Se ho dei debiti la colpa non è tutta mia!

Bettina                          - Si capisce! E poi che male c'è? Ci sono delle Nazioni che hanno miliardi di debiti e non li pagano!

Duccio                          - E’ debito pubblico.

Bettina                          - E il nostro è debito privato, più discreto; anzi, dà meno nell'occhio! Vogliamo litigare per questo?

Ferdinando                   - (irrompe dal fondo, furioso) Cosa c'è?

Duccio                          - (indignato) Ah, arrivate a buon punto voi! Queste persone...

Ferdinando                   - (furibondo) Sedete!  ( Guarda ferocemente Duccio).

Duccio                          - (siede) Io volevo dire...

Ferdinando                   - Silenzio! (A Roberto) Cosa fai qui, tu?

Roberto                         - (risoluto, ma con la doverosa gentilezza per il parente) Ve lo dirò dopo, in ufficio. (A Bettina) Quell'assegno.

Bettina                          - (come se le si chiedesse la luna) Eh?

Roberto                         - Datemi quell'assegno!

Bettina                          - Ma tu sei semplicemente scemo, povero bimbo!

Roberto                         - Va bene, vuol dire che lo farò fermare alla banca! (prende il pastrano e il cappello).

Bettina                          - E non lo farai fermare! L'assegno è inte­stato alla signora Rosetta Robelli e rappresenta un cre­dito legittimo!

Roberto                         - Estorto con la forza!

Bettina                          - Da me? E che sono un lottatore?

Duccio                          - (alzandosi) Estorto con raggiro!

Bettina                          - (furiosa) Tu...

Ferdinando                   - (furioso, a Duccio) Sedete!

Duccio                          - (siede).

Bettina                          - Bravo! L'assegno è la liquidazione della signora Robelli...

Roberto                         - Si è dimessa!

Bettina                          - Non esistono dimissioni scritte!

Roberto                         - Le proveremo con testimoni.

Bettina                          - Ferdinando negherà!

Ferdinando                   - Ah, altro che negherò! Sono stufo! Siedi!

Bettina                          - La verità innanzi tutto!

Roberto                         - (guarda Bettina, poi fissa Rosetta, ed ha un sorriso sdegnoso).

Rosetta                          - (abbassa la testa, umiliata).

Roberto                         - (accentuando il sorriso, raccogliendo il porta-sigarette, con disinvoltura) Bene. Siamo stati burlati.

Antonio                         - Vi hanno fatti fessi.

Roberto                         - E ci sta bene. (Si volge a Ferdinando, co-prendosi) V'aspetto in ufficio, zio.

Ferdinando                   - Io...

Roberto                         - V'aspetto in ufficio. (A Duccio) Andiamo.

Bettina                          - (s'è tolto in fretta rassegno dal seno, lo porge a Rosetta, e, basso) Tieni, stracciaglielo sul muso!

Rosetta                          - (prende l’assegno, si slancia, oltrepassa Ro­berto) Ecco il vostro assegno! (lo straccia, gliene getta i pezzi sul viso).

Roberto                         - (sbalordito) Ma...

Rosetta                          - E levatevi il cappello in casa mia. (Gli toglie il cappello, lo getta oltre il fondo).

Roberto                         - (la guarda trasecolato, poi esce in fretta).

Duccio                          - (lo segue).

Rosetta                          - (scoppia in pianto).

Bettina                          - (l’abbraccia) Non temere!

Antonio                         - (si tocca il berretto, esce dal fondo).

Ferdinando                   - (trasecolato) Ma... ma era veramente l'assegno?

Bettina                          - (gran dama) Naturale! Ci credete capaci di simili trucchi?

Ferdinando                   - E di quanto era?

Bettina                          - Miserie. Cinquantamila lire!

Donna Rosetta              - (siede, sentendosi mancare) Cinquan­tamila lire!

Ferdinando                   - (convulso) E voi avete osato distruggere una somma simile?

Bettina                          - Pih!

Ferdinando                   - Nelle condizioni in cui siamo?

Bettina                          - Ne ho conosciute delle peggiori!

Ferdinando                   - Ma disgraziata, se non possiamo resistere altri quindici giorni!

Bettina                          - E con questo? Io quando ho quindici giorni di vita assicurati mi sento una leonessa!

Ferdinando                   - Ma...

Bettina                          - E' così!

Ferdinando                   - Scusate...

Bettina                          - Silenzio!

Ferdinando                   - Io dico...

Bettina                          - Oh, basta! Siedi!

Ferdinando                   - (siede rassegnato).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La scena è la stessa, solo che il pianoforte è stato collocato un po' più avanti. Quattro giorni dopo gli av­venimenti del secondo atto. Pomeriggio.

Bettina in abito da casa, seduta al pianoforte, suonando un pezzo molto allegro. Dopo una pausa s'ode il cam­panello).

Clelia                             - (attraversa il fondo da sinistra a destra, poi rientra dal fondo annunziando) Il signor avvocato

Battistella                      - (ride).

Bettina                          - (smette di suonare, comincia a ridere).

Duccio                          - (entra dal fondo, altro vestito, cappello m mano, borsa, seccatissimo, fissa Clelia).

Clelia                             - (continua a ridere).

Bettina                          - (severa, a Clelia) Perché ridi?

Clelia                             - (ridendo) E io non rido!

Duccio                          - Come, non ridete!

Clelia                             - Non me ne accorgo!

Bettina                          - Via!

Clelia                             - (esce dalla sinistra ridendo).

Bettina                          - (la guarda uscire, severa; poi scuote la testa come giustificandola; ride; si volge a Duccio).

Duccio                          - (furibondo) Ma non ridete, signora, oh!

Bettina                          - (ridendo) Scusate, non so perché, ma mi fa tanto ridere!

Duccio                          - Sì, ma adesso è troppo! Il portinaio ride, la cameriera ride, la signorina ride...

Bettina                          - Ridete anche voi! (ride).

Duccio                          - Non ho voglia di ridere!

Bettina                          - Peccato (ride).

Duccio                          - E se mi permettete di parlarvi francamente vi dirò che questa persecuzione è antipatica, odiosa!

Bettina                          - Eh?

Duccio                          - Io non v'ho fatto niente di male, sono l'av­vocato delle Ceramiche come domani potrei essere il vostro. Vi sembra giusto mettermi in una condizione si­mile?

Bettina                          - (sorride) Ma io...

Duccio                          - Di questo passo, fra qualche giorno, dovun­que arriverò io la gente si metterà a ridere. E questo perché a voi è venuto il capriccio, il ghiribizzo di...

Bettina                          - (ridendo) Avvocato, non dite più ghiribizzo, se no... (ride).

Duccio                          - (addolorato) Vedete? Non è una persecu­zione ?

Bettina                          - (ridendo) Ci sono certe parole che mi fanno effetto... (ride).

Duccio                          - Ma io non posso star lì a cercare le parole nel dizionario! Vivo dicendo parole! Vendo parole! Sono e debbo essere un uomo serio! Voi mi ridicolizzato e mi rovinate! Vi avessi fatto del male, Io capirei! Ma cosa v'ho fatto di male?

Bettina                          - Avete ragione...

Duccio                          - Oh!

Bettina                          - Non è giusto!

Duccio                          - Santo Cielo!

Bettina                          - (Non rido più. (Si passa una mano sul volto, fa Volto di chiudere un rubinetto immaginario sulla guan­cia, assume un'espressione seria) Avanti con gli affari. (Siede).

Duccio                          - Avanti con gli affari (siede). lì signor Ro­berto.,.

Pettina                           - Non volete levarvi il fodero? (fa il gesto di chi si leva il pastrano).

Duccio                          - (fissandola, serio) Signora, sono esattamente undici volte che salgo queste scale in quattro giorni. Da oggi questa è la terza visita che ho l'onore di farvi. Ogni volta voi m'avete accolto oltre che con la solita risata, con l'invito a levarmi il fodero.

Bettina                          - Scusate, vi dispiace anche questo?

Duccio                          - No... no. In coscienza non posso sostenere che sia la frase più bella che abbia udita in vita mia, ma non mi dispiace. (Bettina ha un gesto). Però mi terro­rizza... perché ogni volta che l'avete detta, e che io, dopo essermi sfilato il fodero, ho sfilato dalla borsa le condi­zioni di pace, voi le avete sistematicamente e ferocemente massacrate benché nella seduta immediatamente prece­dente fossero state faticosamente e minuziosamente di­scusse ed approvate. (Duccio ha detto la fine della bat­tuta quasi tutta d'un fiato).

Bettina                          - (ha un rantolante sospiro alla fine della bat­tuta).

Duccio                          - Ho provato a convincervi con la logica, col «buon senso, con l'equità, con la giustizia: non ho appro­dato a nulla. Voglio fare l'estremo tentativo di riuscire con la scaramanzia, e quindi (scandendo bene le parole) non mi toglierò il fodero! Va bene?

Bettina                          - Benissimo. Mi permetto solo di farvi pre­sente che se quelle condizioni di pace, faticosamente e minuziosamente discusse e approvate, sono state, in se­guito, massacrate la colpa è...

Duccio                          - Tutta nostra! Questo è assodato, indiscu­tibile ed irrevocabile. C'è una colpa che non sia nostra?

Bettina                          - Mi piace di vedervi così ragionevole.

Duccio                          - Io finirò col diventare uno degli esseri più ragionevoli della terra. Fra voi che non sapete più cosa chiedere e Roberto che non sa più cosa offrire, io sono diventato l'uomo che dice sempre sì, ed accetta tutti i torti. Senza andare molto indietro nella storia, mi sono convinto d'aver fatta scoppiare io la guerra europea...

Bettina                          - Oh guardai

Duccio                          - ... d'aver creata io la Società delle Nazioni...

Bettina                          - Questa è imperdonabile!

Duccio                          - ... d'essere stato io il primo a dire pedoni a sinistra...

Bettina                          - Siete uno sciagurato!

Duccio                          - Tutto quanto sopra premesso, passo a sfi­lare le condizioni.

Bettina                          - Sfilate.

Duccio                          - (toglie, sfilandolo con destrezza, un foglio pro­tocollo dalle altre carte che ha nella borsa, e lo porge a Bettina).

Bettina                          - (prende U foglio, comincia a leggere) Be­nissimo.

Duccio                          - (respirando) Oh! C’è qualcosa che va be­nissimo!

Bettina                          - ... fin qui: si conviene quanto segue.

Duccio                          - Eh, direi! (Recitando a memoria) Fra la Società Ceramiche, eccetera, rappresentata, eccetera, e la signora, eccetera, si conviene quanto segue, non può che andar benissimo!

Bettina                          - Ed io questo sto dicendo: benissimo!

Duccio                          - Vorrei vedere come avreste potuto dir ma­lissimo

Bettina                          - Ma io non ho detto malissimo, ho detto benissimo!

Duccio                          - Benissimo, avanti!

Bettina                          - Avvocato, siete tale un caratteraccio...

Duccio                          - Ah, io sono un caratteraccio?

Bettina                          - Trovate da ridire su ogni mia parola!

Duccio                          - Io trovo da ridire?

Bettina                          - Non ho detto che benissimo, e voi...

Duccio                          - Signora, vogliamo andare avanti?

Bettina                          - Andiamo avanti.

Duccio                          - Deo gratias!

Bettina                          - Io cedo sempre!

Duccio                          - Sicuro.

Bettina                          - Naturalmente quando posso!

Duccio                          - Signora, vogliamo andare avanti?

Bettina                          - (lo fissa, piega il foglio fra le mani che in­crocia in grembo) In questa vostra pretesa di voler cedere, c'è tale un vittimismo, un tale nonsochè d'indisponenza che mi esaspera.

Duccio                          - (la guarda, non risponde).

Bettina                          - Cosa avete detto?

Duccio                          - Niente.

Bettina                          - (alza gli occhi al cielo rassegnata, sospira, riprende a leggere) Primo... (Ha una smorfia di di­sgusto) Oh!

Duccio                          - Cosa c'è?

Bettina                          - Quest'articolo primo non va.

Duccio                          - Lo sapevo. Perché non va?

Bettina                          - La signora Rosetta Robelli riprende ser­vizio alle Ceramiche...

Duccio                          - Non lo riprende?

Bettina i                        - Non ha mai lasciato il servizio: questo so­steniamo noi. Ora, avendo deciso di transigere...

Duccio                          - (con la penna in mano) Allora diremo: prende servizio.

Bettina                          - Nemmeno: se lo prende vuol dire che prima non lo teneva. Ora bisogna pensare che i contratti si fanno fra vivi, ma...

Duccio                          - « ... lo so, si può morire; non si sa chi viene al posto del contraente, è necessario cautelarsi...

Bettina                          - Siete un tesoro.

Duccio                          - Allora cosa scriviamo? Riprende servizio, non va; prende, nemmeno; non lo riprende, meno che mai. Disgraziatamente la questione non ha altre alter­native: o prende o riprende o non riprende: di qui non s'esce.

Bettina                          - Scusate: possiamo dire: la signora Rosetta Robelli è in servizio, eccetera, eccetera.

Duccio                          - Benissimo. (Corregge) E' in servizio.

Bettina                          - (leggendo) E' in servizio con lo stipendio... (Si fermo) Sensate...

Duccio                          - Ahi.

Bettina                          - Se «è» in servizio che bisogno c'è di dirlo?

Duccio                          - Se lo è!

Bettina                          - Se lo è! (Non si fa un contratto semplice­mente per affermare una cosa che; è! Sarebbe lo stesso fare un contratto per dire: Milano è in Lombardia!

Duccio                          - (estenuato)  Signora, cosa volete fare?

Bettina                          - Io dico che questo articolo primo è su­perfluo.

Duccio                          - Aboliamolo.

Bettina                          - Allora l'articolo due diventa l'articolo uno.

Duccio                          - Precisamente.

Bettina                          - Cancellate.

Duccio                          - Cancelliamo (cancella).

Bettina                          - (legge) Secondo. Di tale stipendio la si­gnora suddetta riceve l'arretrato completo in mesi cin­que, più la differenza fra l'aumento retrodatato di anni due, all'atto della firma del presente contratto. (Guarda Duccio con commiserazione).

Duccio                          - Non va?

Bettina                          - (legge) Di tale stipendio la signora sud­detta riceve... Quale stipendio? E per quale cifra? E chi è la signora suddetta?

Duccio                          - (eroico) Tutte queste belle cose erano nell'articolo primo, che è stato abolito.

Bettina                          - E perché l'avete abolito?

Duccio                          - (la fissa, poi sì alza).

Bettina                          - Volete levarvi il fodero?

Duccio                          - No, signora. Voglio abbottonarmelo (si abbottona). Dopo di che prenderò il cappello  - (esegue), la borsa - (esegue), e null'altro avendo da dirvi ben di­stintamente: vi saluto. (Esce per il fondo).

Bettina                          - (si stringe nelle spalle, va al pianoforte, rico­mincia a suonare).

Donna Rosetta              - (dalla sinistra, si ferma sulla soglia).

Bettina                          - (la vede dopo una pausa) Oh, sei lì!

Donna Rosetta              - Allora?

Bettina                          - Allora, cosa?

Donna Rosetta              - L'hai mandato via anche questa volta?

Bettina                          - (suonando) Non hai visto che insolente?

Donna Rosetta              - (viene avanti con le mani alle tempie) Io non so vivere così.

Bettina                          - (lascia il pianoforte, prende la chitarra) Cara, nessuno sceglie il modo di vivere.

Donna Rosetta              - Io sì, lo sceglierei volentieri... Vor­rei star tranquilla, senza guai...

Bettina                          - Anch'io! Chi vuole i guai? D'altronde que­sti non sono guai: sono schermaglie.

Donna Rosetta              - Io non vorrei schermaglie.

Bettina                          - Tu non vorresti niente. Di che ti lagni? Stavi con l'acqua alla gola, e da tre giorni non facciamo che rifiutar danaro!

Donna Rosetta              - E stiamo lo stesso con l'acqua alla gola!

Bettina                          - Ma col salvagente a portata di mano!

Donna Rosetta              - Se almeno sapessi cos'altro vuoi ot­tenere! Gli arretrati li dà, l'aumento lo dà, il permesso di sposarci lo dà...

Bettina                          - Scusa: gli arretrati ne avevamo diritto, l'aumento ci spettava, del permesso di sposarti non ne abbiamo bisogno perché potevi sposarti anche senza... Cosa dà? Niente! (Cava degli accordi dalla chitarra; can­terella).

Donna Rosetta              - Ma scusa, dove vuoi arrivare?

Bettina                          - Al traguardo! (Suona).

Donna Rosetta              - Ossia?

Bettina                          - Al traguardo! Hai visto mai una corsa, al naturale o al cinematografo? A un certo punto c'è una striscia di tela bianca con su scritto «traguardo». Dob­biamo arrivare là!

Donna Rosetta              - Ma scusa, se consideriamo tutto quello che abbiamo ottenuto, di traguardi ne abbiamo oltrepassati diversi!

Bettina                          - Traguardi di tappa! Semplici traguardi di tappa!

Rosetta                          - (dal fondo, elegante abito da mattina, fresca, bellissima).

Bettina                          - (continuando, contenta) Oh!

Rosetta                          - (sorridendo, felice) Buongiorno!

Bettina                          - Bella passeggiata?

Rosetta                          - Deliziosa.

Donna Rosetta              - (si stringe nelle spalle) Vai a spogliarti, piuttosto!

Rosetta                          - (lieve fastidio) Ma sì, mamma... un mo­mento!

Donna Rosetta              - Anche se non si debbono pagare, non è una ragione per sciuparli, i vestiti! (Esce dalla si­nistra).

Rosetta                          - Io non so cos'ha la mamma! (Si toglie il cappello, lo mette sul pianoforte).

Bettina                          - Io lo so: ha paura.

Rosetta                          - Che finisca male?

Bettina                          - Ecco.

Rosetta                          - Io invece sono convinta che finirà benis­simo. Non so come, non so perché, ma so che tutto an­drà magnificamente!

Bettina                          - Cara, è così che si vincono le battaglie. Bisogna sentirsi certi di vincere prima di cominciare! Se parti con l'idea di prenderle, è finita!

Rosetta                          - Certo! Pensa se i generali avessero paura!

Bettina                          - I generali? Ma quelli, almeno, hanno gli eserciti! S'appoggiano su qualche cosa! Ma pensa agli agenti d'assicurazione! Escono di casa col problema del pranzo da risolvere... Sanno di dover andare da una persona sconosciuta a dirle che deve morire e che perciò è bene che prepari un'eredità da lasciare... E riescono a farsi dar dei quattrini dopo Un discorso simile! Cos'è Ercole in confronto? Zero! In ogni essere umano c'è un eroe, ed è per questo che l'uomo domina la terra. Altrimenti, che differenza ci sarebbe fra noi e gli ele­fanti?

Rosetta                          - Oh Dio, fra voi e un elefante mi pare che una certa differenza c'è!

Bettina                          - Certo, io sono un po' più guizzante. Ma adesso basta con la storia naturale. Affari. Sei passata?

Rosetta                          - (seria, ma le brillano gli occhi) Sono pas­sata.

Bettina                          - Cera?

Rosetta                          - Cera.

Bettina                          - Contegno?

Rosetta                          - Lo stesso, purtroppo.

Bettina                          - Come purtroppo?

Rosetta                          - Non fa nessun progresso... Era lì fermo fra gli altri salami davanti al caffé; m'ha guardata, io ho finto di non vederlo...

Bettina                          - E perché?

Rosetta                          - Così, un'idea improvvisa... Vi confesso... si vi confesso che, in un certo senso, mi sento umiliata di fare questo giacchetto; preferirei prenderlo per il collo, dargli un bel paio di ceffoni...

Bettina                          - Cara, avrai tanto tempo per darglieli quan­do t'avrà sposata!

Rosetta                          - Voi pensate sul serio che mi sposi?

Bettina                          - Sul serissimo... Per me t'ha già sposata l'altro ieri quando gli stracciasti l'assegno in faccia... L'uomo è pieno di contraddizioni: basta che rifiuti il suo danaro per fargli venir la voglia di mantenerti tutta la vita! (Prende la chitarra, ne cava un accordo in mi­nore, canterella) «L'uomo è un animai, scemo ma so­cial, con l'istinto coniugal... Ti  ra-ra-ra-ra... ».

Rosetta                          - (è pensosa) Zia.

Bettina                          - Eh! (suona).

Rosetta                          - Se non ci pensasse affatto?

Bettina                          - A che?

Rosetta                          - A sposarmi?

Bettina                          - Ah, ma è così! Lui non ci pensa affatto!

Rosetta                          - (colpita) Ah?

Bettina                          - Gli uomini di solito non ci pensano, ed è così che si trovano sposati senza saper come! Se ci pen­sassero, saremmo rovinate.

Rosetta                          - Sarà.

Bettina                          - E’ così, credimi. Sai quando gli uomini pensano seriamente al matrimonio? Quando hanno delle figlie da marito.

Rosetta                          - (un pò nervosa) Voi scherzate, ed io... (ha un gesto).

Bettina                          - Tu?

Rosetta                          - Io... io mi sento nervosa, c'è qualcosa che-Insomma ho dei presentimenti cattivi!

Bettina                          - Poco fa mi dicevi d'avere una fiducia sconfinata!

Rosetta                          - Alle volte sì, alle volte no... sono mo­menti.

Bettina                          - Alti e bassi. T'interessa proprio tanto quel giovanottino?

Rosetta                          - Se lo odio!

Bettina                          - Brava, continua a odiarlo cosi, e a qual­che cosa arriveremo.

Rosetta                          - (dispettosa) Io alle volte mi domando se vale la pena di soffrir tanto per arrivare a questo qualche cosa. Vestirsi, dipingersi, sorridere, mettersi in vetrina, perché un idiota si decida a comprarci...

Bettina                          - Cosa vuoi farci se il mondo è fatto così!

Rosetta                          - E' fatto molto male!

Bettina                          - Non chiedermi di aggiustartelo perché non ho tempo.

Rosetta                          - (esasperata) Io dico: gli piaccio a quell'animale? Allora mi prenda e mi porti via!

Bettina                          - (seccata, gettando all'aria la chitarra) Ed io cosa sto facendo? Di tutto perché ti prenda e ti porti via! E' colpa mia se tu non hai pazienza?

Rosetta                          - (sbalordita) Come, voi...?

Bettina                          - Perché farei andare e venire quel povero Battistella? (Ride). Non so perché, ma mi fa tanto ri­dere... (Seria) Gli ho fatto rifare undici volte il contratto; tua madre scalpita... Già, povera donna, non ha mai ca­pito niente... Ferdinando frigge come un merluzzo senti­mentale e sospira che vuol coronare il suo sogno d'amo­re... Perché faccio la pazza, l'incontentabile, se non per costringere quel giovane e diffuso cretino a venir qui, lui, in persona?

Rosetta                          - (abbracciandola) Oh zia, zietta cara, per­donatemi! Io... ho l'impressione di volergli sempre più bene!

Bettina                          - Naturale, è l'idea che cammina, il cer­vello che lavora per conto suo! E anche in lui accade Io stesso, capisci? L'importante è gettare il seme di un'idea nella testa d'un uomo, farglielo entrare bene nella memoria, poi puoi anche andartene a badare alle faccende di casa. Il seme si gonfia, s'apre, comincia ad affondare le radici: un bel giorno quell'uomo passan­dosi una mano nei capelli ci trova una pianta. Sai come succede? Lui ti vede passare, e il primo pensiero è di genere umoristico - compassionevole. (Guarda avanti, compassionando) Rosetta? Oh!... (Ride, come per dire: « disgraziata illusa » ; poi ride meno. Accenna al seme che si gonfia) Rosetta? Oh! (Ride un po' stentato) Ro­setta... (Poi, come premettendo un «però» e sempre accennando al seme che si gonfia, mette fuori le radici, germoglia, ecc.) Rosetta... (Guarda come chi sordide a una idea graziosa) Rosetta... (Ora è come se la vedesse arrivare dopo una lunga attesa) Rosetta! (Comincia un discorso, umile) Rosetta... (Appassionata, vibrante) Rosetta!  (Invocando) Rosetta!  (Piangendo) Rosetta!  (Fu­riosa) Rosettaaaa! (Sospira di soddisfatta gioia, come chi ha ottenuto ciò che voleva) Rosetta! (l’abbraccia) Ah!

Rosetta                          - (entusiasmata) Oh, zia!

Bettina                          - Il mondo va così, e secondo me va bene. Sai come sarebbe monotona la vita senza queste stupi­daggini? (Suona il campanello dall’interno). Zitta, ecco il diffuso cretino! Vai ad aprire!

Rosetta                          - (agitata) Io?

Bettina                          - Naturale! Corri!

Rosetta                          - (fugge dal fondo).

Bettina                          - (afferra la chitarra).

Clelia                             - (entra dalla sinistra).

Bettina                          - (le fa cenno d'andarsene).

Clelia                             - Hanno suonato...

Bettina                          - (le fa cenno di nuovo d'andarsene).

Clelia                             - (esce dalla sinistra).

Rosetta                          - (rientra dal fondo, nauseata).

Ferdinando                   - (la segue: cappello in testa, sigaretta:  molto più elegante: bastone, guanti, dritto, deciso).

Rosetta                          - (lo indica a Bettina, come per dire: «Non c'è che questo! », Viene avanti seccata, siede).

Bettina                          - (fissa compiaciuta Ferdinando).

Ferdinando                   - Buongiorno! (la saluta con la mano).

Bettina                          - Buongiorno! (lo saluta con la mano). Come stai?

Ferdinando                   - Bene, grazie, e tu?

Bettina                          - Tu?

Rosetta                          - (sussulta).

Bettina                          - (continuando) Ah, io... (Ride). Ma bravo Ferdinandino! Così mi piace! Sei un amore, sai?

Ferdinando                   - (si rigira, si fa ammirare) Che ne dici del nuovo sarto?

Bettina                          - Oh, il sarto è niente; il vestito echi lo porta. Bravo, il progresso c'è. Ancora un po' cafoncello, ma...

Ferdinando                   - Come cafoncello?

Bettina                          - Hai quel non so che che distingue il signore di razza dal vincitore della lotteria, ma non ti scorag­giare...

Ferdinando                   - Io? (ride). Non mi scoraggio affatto. (Viene avanti: egli sta imitando Bettina senza render­sene esatto conto) Bene bene, come va, come va, come va?

Bettina                          - No, scusa, io lo dico due volte. Come va, come va, è energico e cordiale; come va, come va, come va, è lunghesso. Sembra la marcia reale: come va, come va, come va...

Ferdinando                   - (la fissa, colpito, ma non ferito a morte) Io non ani smonto.

Bettina                          - Non t'ho insegnato altro. Hai imparato a memoria quello che devi dirmi?

Ferdinando                   - Sì!

Bettina                          - Bravo, siediti e levati il cappello. Il cap­pello in testa davanti a una signora non tè energia, è cat­tiva educazione. (Ferdinando si leva il cappello). Bravo, siedi.

Ferdinando                   - Seggo perché « voglio » sedere.

Bettina                          - Naturale, t'ho detto           - (gentile) siedi, non (brusca) siedi!

Ferdinando                   - (siede di colpo, poi la fissa sconcertato).

Bettina                          - Adesso vai avanti.

Rosetta                          - (scoppia a ridere).

Ferdinando                   - Perché ridi?

Rosetta                          - (ridendo) Io non rido! Eh, eh!...

Ferdinando                   - Oh, oh!...

Bettina                          - Non ridere, caro. Dimmi tutto.

Ferdinando                   - Vengo dall'ufficio. Ho parlato con l'av­vocato Battistella...

Bettina e Rosetta          - (ridono).

Ferdinando                   - (seccandosi) Ma insomma!

Bettina i                        - Cosa vuoi, mi fa tanto ridere!

Ferdinando                   - Era su tutte le furie.

Bettina                          - Mi dispiace proprio.

Ferdinando                   - Ora la situazione è questa: Roberto annulla il passato; Rosetta, madre, torna in ufficio; io posso sposarmela, le pagano gli arretrati ed è una som­metta che fa comodo...

Bettina                          - (scandalizzata) Come, tu, un uomo, ose­resti far calcolo sui pochi soldini d'una povera vedova per...

Ferdinando                   - Io ho il mio stipendio, che è rispet­tabile; l'ho preteso con la massima energia e l'ho ot­tenuto!

Bettina                          - Bravo, mi darai la provvigione.

Ferdinando                   - Non scherziamo. Cosa s'aspetta per fi­nire questa storia?

Bettina                          - Che il contratto sia perfetto.

Ferdinando                   - Per me lo è.

Bettina                          - Per me, no.

Ferdinando                   - (si alza, va alla finestra a destra, fa cenno a qualcuno di salire).

Bettina                          - Eh, eh!... Cosa fai?

Ferdinando                   - Niente di straordinario. Ho deciso di farti accettare questo accordo a qualunque costo, anche a quello d'un delitto.

Bettina                          - Vuoi commettere un delitto?

Ferdinando                   - Lo sto commettendo: violazione di domicilio. M'installo qui.

Bettina                          - Eh?

Ferdinando                   - Mi stabilisco qui. (Esce dal fondo).

Bettina                          - Ma, dico... ehi! (A Rosetta) Il seme, il seme! (cenno: « mette fuori le radici! »).

Ferdinando                   - (rientra dal fondo).

Bettina                          - Cosa sei andato a fare di là?

Ferdinando                   - Ad aprire la porta.

Autista                          -  (uniforme; grossa valigia in una mano grossa borsa nell’altra; entra dal fondo).

Margherita                    - (segretaria di Duccio, cappello, abito da passeggio, graziosa, sorridente, macchina da scrivere portatile in una mano, borsetta nell’altra, segue).

Bettina                          - Ma sei impazzito?

Donna Rosetta              - (entra stupita dalla sinistra).

Ferdinando                   - E' proprio quello che non voglio fare: impazzire. Questa è una valigia con il necessario per otto giorni... Se non basterà, fra una settimana la fa­remo rinnovare. (Apre la destra) Oh... (All’autista) Di qua, seconda porta a sinistra.

Autista                          - (esce per la destra).

Donna Rosetta              - Ma cosa fai?

Ferdinando                   - (presentando Margherita) Questa è la segretaria dell'avvocato, signorina Margherita Rossi», Salutate, signorina; un breve inchino, basta così. Trovate un posto dove mettervi con la macchina.

Margherita                    - (depone la macchina sul tavolino accanto alla finestra e comincia a toglierne il coperchio).

Ferdinando                   - Le carte?

Margherita                    - Sono nella borsa.

Ferdinando                   - Ah, sì. (Esce per la destra).

Donna Rosetta              - (lo segue, spaventata).

Bettina                          - (a Margherita) Ma signorina, cosa fate?

Margherita                    - Preparo la macchina!

Bettina                          - Ma, dico... è pazzo il vostro principale?

Margherita                    - Oh, signora... E’ un uomo tanto equi­librato!

Ferdinando                   - (rientra dalla destra, terminando d’allacciarsi una giacca da casa) Oh!... per lavorar bene ho bisogno di tutti i miei comodi.

Autista                          - (l’ha seguito).

Ferdinando                   - (soddisfatto) Oh!.., (siede, poi all’autista) Alle cinque un tè, con crostini; alle otto, cena, leg­gera.

Bettina                          - Se speri che io ti dia da mangiare morrai di fame!

Ferdinando                   - E’ per questo che dò gli ordini a lui! Provvederà tutto lui. Mi permetterò anzi d'invitarvi. (All’autista) Abbondanti, tè e cena, eh?

Autista                          - Sì, signore.

Ferdinando                   - Oh, e per il resto tienti pronto, eh!?

Bettina                          - Ah, c'è un resto?

Ferdinando                   - Sì, madama.

Bettina                          - E sai che c'è anche un telefono con cui posso chiamare il commissario di polizia?

Ferdinando                   - (all’autista) Vincenzo?

Autista                          - Eccomi.

Ferdinando                   - Rompete quel telefono.

Autista                          - Sì, signore. (Va al telefono, esamina) E’ a spina, signore. Basterà staccarlo.

Ferdinando                   - Staccate.

Autista                          - (esegue).

Bettina                          - Sei uno stupido, caro, potresti aver bi­sogno di telefonare tu!

Ferdinando                   - Nessun bisogno. Tutto calcolato e sta­bilito. Non ho nient'altro da fare oltre che costringerti a cedere.

Bettina                          - E stai fresco.

Ferdinando                   - Quando avrai ceduto si telefonerà, si scriverà, ei ricomincerà a vivere. Prima, no!

Bettina                          - Benissimo! Io mi chiudo nella mia stanza e non ne uscirò se tu non avrai sgombrato il campo!

Ferdinando                   - Cara, morrai di vecchiaia nella tua stanza!

Bettina                          - Vedremo!

Ferdinando                   - Vedremo!

Bettina                          - (esce per la sinistra).

Donna Rosetta              - (la segue, spaventata).

Ferdinando                   - Oh, energia, perdinci. (All'autista) Hai pensato a mettere una bottiglia di cognac nella valigia?

Autista                          - No!

Ferdinando                   - Portane due! Marsh... Alta la testa, bu­sto in fuori... Nò! Due!

Autista                          - (è uscito dal fondo a passo ginnastico portando via il telefono).

Ferdinando                   - (a Margherita) Voi, signorina... visto che la firma della capitolazione è rimandata di qualche ora... o di qualche mese... mi farete un po' da fattorino. Vi dispiace?

Margherita                    - Oh, affatto!

Ferdinando                   - Allora scendete ed avvertite che fra cinque minuti si può passare al secondo numero del programma.

Margherita                    - Si, signore. (Esce per il fondo).

Ferdinando                   - (fissa Rosetta) Tu...

Rosetta                          - (si stringe nelle spalle, fa per uscire dalia sinistra).

Ferdinando                   - (la prende per un braccio) Dove vai?

Rosetta                          - Non è questo il modo!

Ferdinando                   - Non c'è che questo modo! Roberto ti vuol bene...

Rosetta                          - (ironica) Sii

Ferdinando                   - Ti adora! E tu vuoi sacrificarti perché quella pazza bisbetica ottenga una soddisfazione d'amor proprio?

Rosetta                          - (sbalordita) Una soddisfazione d'amor proprio?

Ferdinando                   - Certo, vuole vincere, stravincere; non sa più cosa vuole, disgraziata! Io sacrificato, tua madre sacrificata, tu, Roberto, tutti sacrificati, e perché? Ri­belliamoci: io e tua madre, per conto nostro, ci siamo già ribellati. Stasera ci sposeremo: siamo d'accordo!

Rosetta                          - (sbalordita) Oh!

Ferdinando                   - Ribellati anche tu! Roberto m'ha detto che non mi darà pace se tu continui a trattarlo così!

Rosetta                          - Ah, è per voi dunque, non per me! Per paura di...

Ferdinando                   - Che paura! Io sono una sorgente, una cateratta d'energia! Roberto fra un minuto sarà qui...

Roberto                         - (entrando dal fondo) E’ qui!

Ferdinando                   - Bravo, energia! Dille ciò che devi dirle, e sbrigati! Ti dò cinque minuti di tempo! (Esce dalla destra).

Roberto                         - Signorina... io dovrei dirvi... tante cose...

Rosetta                          - (trepidante) Coraggio...

Roberto                         - Dovete credere alla mia sincerità. Io... (si ferma).

Rosetta                          - Dio santo, avete solo cinque minuti di tempo!

Roberto                         - Quattro!

Rosetta                          - Sapete com'è preciso lo zio!

Roberto                         - Io vi voglio tanto bene!

Rosetta                          - (vacillando) Oh!...

Roberto                         - (allarmato) Cos'avete?

Rosetta                          - Questa dichiarazione così improvvisa, cosi inaspettata...

Bettina                          - ( irrompe dalla sinistra con una valigia in mano) Ecco... (Finge di veder solo allora Roberto) Ah, sei qui anche tu?

Roberto                         - Signora, io...

Bettina                          - (a Rosetta) Voglio star sola nella mia camera. Questa è la tua roba. Arrangiati. (Esce per la sinistra accennando: «il seme si gonfia»).

Rosetta                          - (addolorata) Oh!

Roberto                         - (deciso) Signorina, ho un'idea!

Rosetta                          - Ditela subito!

Roberto                         - Vostra zia è una donna insopportabile!

Rosetta                          - Insoffribile!

Roberto                         - Ostinata!

Rosetta                          - Testarda!

Roberto                         - Crudele!

Rosetta                          - Feroce!

Roberto                         - Per dirvi tutto ciò che voglio ci vuol tem­po, e a momenti rientra lo zio!

Rosetta                          - Santo cielo, sbrigatevi allora!

Roberto                         - Fate così, venite via con me!

Rosetta                          - Oh!

Roberto                         - V'ha cacciata via... D'altronde stasera mio zio sposa vostra madre, che paura avete?

Rosetta                          - (mettendosi il cappello) Oh, mio Dio, che emozione; non potrò mai decidermi!

Roberto                         - (prendendo la valigia) Dovete decidervi!

Rosetta                          - (c. s.) Ma come farò? Oh, che cosa ter­ribile! (Esce per il fondo).

Roberto                         - (la segue con la valigia).

Ferdinando                   - (entra dalla destra, vestito per uscire: cappello, bastone, guanti) Ah, ah... la vedremo! (Va alla sinistra e chiama, forte ed energico) Rosetta madre!

Donna Rosetta              - (dall’interno) Eccomi... (Entra dalla sinistra, in abito da passeggio e cappello, tremante, spa­ventata) Dio mio, cosa succederà adesso!

Ferdinando                   - Niente! Da oggi comando io in que­sta casa! Andiamo! (Esce per il fondo).

Donna Rosetta              - (esitante, dando un ultimo sguardo a sinistra, lo segue).

Bettina                          - (entra dalla sinistra, corre alla finestra a de­stra, s'affaccia, poi si ritrae per non farsi vedere, na­scondendosi dietro le tendine).

Duccio                          - (appare sul fondo, si ferma, sorridendo bef­fardamente).

Bettina                          - (si volge, lo vede, ha un piccolo grido) Oh!

Duccio                          - (ironico, scoprendosi) Sono io, signora.

Bettina                          - (ride).

Duccio                          - Battistella!

Bettina                          - Battistella... dovete scusarmi, ma non so perché, mi fa tanto ridere...

Duccio                          - Ridete, ridete... Ride bene chi ride l'ul­timo!

Bettina                          - Fra i due litiganti il terzo gode!

Duccio                          - E che c'entra?

Bettina                          - Niente, ho voluto dire un proverbio anch'io!

Duccio                          - (viene avanti) Ho la vaga impressione che ora accetterete l'accordo!

Bettina                          - Perché no! (Vedendo che Duccio si to­glie il soprabito) Vi levate il fodero?

Duccio                          - Mi levo il fodero. (Si toglie il pastrano) A voi! (Cava di tasca una carta piegata in quattro, la porge a Bettina) Se vi piace così ne sarò molto felice!

Bettina                          - (prende la carta) E se non mi piace?

Duccio                          - Ne sarò felice lo stesso! Tanto non cambio più una sillaba! I vostri protetti si sono ribellati!

Bettina                          - Ah quei ribelli, quei ribelli! (Spiega la carta) Come, ci sono già le firme?

Duccio                          - Tutte, meno la vostra. La quale non ci oc­corre perché non è indispensabile!

Bettina                          - (legge, scoppia a ridere) Ah, questa è enorme!

Duccio                          - Cosa?

Bettina                          - La vostra firma... Non contento di chia­marvi Battistella vi chiamate anche Paride?

Duccio                          - Duccio, prego.

Bettina                          - Qui è scritto Paride!

Duccio                          - Paride, Pariduccio, Duccio!

Bettina                          - Oh che carino! Uno che si chiama Vercingetorige, allora, fa Vercingetorige, Vercingetorigino...

Duccio                          - Gino!

Bettina                          - Veronica, Veronicuccia...

Duccio                          - Nicuccia!

Bettina                          - Cuccia!

Duccio                          - Eh?

Bettina                          - Più vezzeggiativo! Cuccia! iride).

Duccio                          - (sufficiente) Signora, vogliamo andare avanti ?

Bettina                          - Ma sì! Per quanto, ormai... ho paura d'es­ser proprio fuori combattimento...

Duccio                          - Eh, ho paura anch'io!

Bettina                          - Bisognerà che mi trovi qualcosa da fare. Spero nel vostro aiuto.

Duccio                          - Oh Dio... Non è facile, buona donna, non è facile!

Bettina                          - Quando si vuole... Io, se mi metto in testa una cosa la spunto sempre!

Duccio                          - Si, come avete appuntata la transazione!

Bettina                          - E non l'ho spuntata? Ho collocata la madre e la figlia, .cos'altro potevo volere?

Duccio                          - (sbalordito) Cosa, voi...

Bettina                          - Eh!

Duccio                          - (perdendosi) Ma... ma «e c'è stata la ribel­lione...

Bettina                          - Quale? Vi pare ch'io possa permettere ri­bellioni?

Duccio                          - (comprendendo) Perdinci!

Bettina                          - Quindi poche storie e basta col discutere. Trovatemi qualcosa da fare!

Duccio                          - Ma, alla vostra età...

Bettina                          - Cosa c'entra l'età? Voi vi credete un gio­vanotto?

Duccio                          - Io sono un uomo!

Bettina                          - Ed io una donna! Posso aprire un negozio, impiegarmi, sposarmi!

Duccio                          - Sposarvi?

Bettina                          - Perché no? Sono signorina Un uomo d'una certa età, solo, potrebbe aver tutta la convenienza. Voi, per esempio!

Duccio                          - Signora, non scherziamo!

Bettina                          - Non scherzo mai su certe cose! Voi avete bisogno d'una moglie!

Duccio                          - (nervoso) Io ho bisogno d'una ragazza di vent'anni!

Bettina                          - Per farne che? Vendemmie di corna?

Duccio                          - Oh, insomma! (Si alza).

Bettina                          - Sedete!

Duccio                          - Ma...

Bettina                          - Sedete!

Duccio                          - (siede rassegnato) Signora, scusate...

Bettina                          - Ora vi dirò io cosa dovete fare...

Duccio                          - (disperato) Io...

Bettina                          - ... e che farete. Alla vostra età è neces­sario...

Duccio                          - (interrompendo, seccato) Signora, io non ho che cinquantun anno!

Bettina                          - Siete già nel secondo mezzo secolo. Fra ventinove anni ne avrete ottanta. Un uomo a ottant'anni deve avere una moglie...

Duccio                          - Ma io non ho ancora ottant'anni!

Bettina                          - Li avrete! Una sistemazione è quindi ne­cessaria. Ora, avendo deciso d'ammogliarvi non resta che scegliere la donna. Non è difficile. Vi dirò io il tipo che fa per voi...

Duccio                          - (in un estremo tentativo di fare dell’ironia) Lo conosco già! Non più giovine...

Bettina                          - Per la tranquillità della famiglia!

Duccio                          - Capelli... be', diciamo biondi!

Bettina -                        - I vostri sono paonazzi!

Duccio                          - Figurina snella...

Bettina                          - ... svelta...

Duccio                          - (contenendosi) Sette diavoli in corpo!

Bettina                          - Ma questo è il mio ritratto!

Duccio                          - (scoppiando) Direi!

Bettina                          - Caro... con quanta delicatezza m'avete fatto capire i vostri sentimenti!

Duccio                          - (allarmato) Eh?

Bettina                          - Ebbene, cosa volete che vi dica? Accetto! (Gli cade sulle ginocchia, gli getta le braccia al collo).

Duccio                          - (urlando) Ma... dico... ehi!

Bettina                          - Non parlare così forte, caro! Potrebbero sentirci!

FINE