Fantasmi a Pavia

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Ghost Widows A Pavia

FANTASMI A PAVIA
(Ghost Widows A Pavia)

di Fedeli Giuliana

Voce fuori campo:

  …Fa' …che ciascuno di noi…sappia tenere desta l'attesa

  e aiutare ogni donna e ogni uomo a credere

 che la morte non è l'ultima parola sulla vita…

                                                Mons. Vescovo Giovanni Giudici

     Via Crucis Cittadina, Pavia, 24/3/2006                            

A sipario tirato, un’attrice si rivolge al pubblico:

Non seppi cosa risponderle.

Chiedo a voi: che dovevo dirle?

Era stata una giornata irritante. Sul lavoro, il bilancio delle prestazioni era risultato negativo, il responsabile aveva cercato un capro espiatorio, le colleghe fatto a scaricabarile e mi toccava, entro tre giorni, rivedere i conti, trovare la  disfunzione e predisporre una strategia riparatrice; a casa, la lavatrice s’era guastata ed era da cambiare.

Quando Selene suonò,  avevo fatto la doccia, cenato e messo un DVD nel lettore, per rilassarmi con un’avventura a lieto fine.

Le apersi in vestaglia, trattenendo a fatica l’irritazione.

“Disturbo?” chiese “ Sono molto stanca… è stato un giorno faticoso…”

“Ho una cosa da farti leggere.  Ci tengo  al tuo parere. Se mi dici che ti piace, forse domani la spedisco a un concorso per opere teatrali che ho trovato in internet. Posso entrare ?”  Dio me ne scampi e liberi, pensai. Selene è una scrittrice dilettante seriosa e stilisticamente stonata, che tende a produrre lunghe opere riparatorie per fatti modestamente tragici.  L’anno scorso Il cancro le ha preso chi l’ascoltava, comprendeva e faceva sorridere,  lasciandola come una tartaruga ruotata sul dorso, che non riesce a ripartire. Cerco d’essere gentile, ma gli incontri con lei non mi  rasserenano. Quella sera,poi,la lettura di un suo testo, mi sembrava  davvero“troppo”.

“E’ un’opera lunga?” chiesi  “Un atto solo” mi rassicurò.

Dovetti farla accomodare, preparare un caffè e rassegnarmi ad ascoltare.

“ S’intitola Ghost Widows A Pavia, ma in via provvisoria, finché non  troverò un bel titolo italiano . Ecco il dattiloscritto. Vuoi che legga io o preferisci farlo tu?”

Presi il testo e lessi

                                                                

                     

Si apre il sipario

Monolocale con angolo cottura  e ampia zona studio con grande libreria, poltrona a dondolo,  divani e tavolini stracolmi di libri..Tra le stampe appese alle pareti giganteggia la riproduzione dei capitelli di S. Michele Maggiore a Pavia, su un ripiano c’è lettore di  CD

Squilla la soneria di un cellulare. La protagonista depone il libro che sta leggendo e s'affanna a cercarlo

Protagonista:

Finalmente chiama qualcuno, mi pareva d'essere una sepolta viva

 Trova l'apparecchio

Pronto?

Ciao! Sì, sono a casa! Come stai?

Ah, sei andata?

E' stato bello?

Sono felice che ti sia divertita…

Ottimo…è stata una  giornata da ricordare…

Io?

Niente di speciale….Sono andata a provare il vestito…

Si, mi sta bene, ma la prova è stata imbarazzante…Ci sono andata dopo il lavoro, non ero fresca, ero anche vestita male, indossavo un paio di pantaloni vecchi, di una foggia che non si usa più da secoli…  mi sono sentita a disagio…

Come?

Ma sì, sì, so che l'obiettivo era di provare il vestito, l'ho raggiunto, devo essere contenta..Sì, conosco il significato di  “take it easy”… Ma invece "io"  mi sono vergognata di me stessa, sono rientrata in casa di malumore e, adesso, mi sento infelice

Già, "io" sono sempre scontenta.

Sì, sì mi ricordo che me l'hai già detto: sono depressa e devo vedere un dottore…

Sì,  lo farò sicuramente.

Si, organizzeremo presto qualcosa di carino…certo, per la “fitness”… sì da fare insieme

Sì, senz’altro sarà bellissimo… sì…fra tre settimane andrà benissimo…

Bene...Allora ci sentiremo.

Ciao, un bacione, saluta tutti, grazie della telefonata

Si alza dalla poltrona e getta il cellulare

Autostima, relax, benessere… e io mi sento sempre peggio Era una chiamata di conforto, ma non mi ritrovo per niente consolata

Prepara asse, ferro da stiro, panni e comincia a stirare. Ne esamina alcuni e dichiara

 Sono tutti stracci.

 Sceglie un capo più carino degli altri. Lo liscia con dolcezza sul piano e l'osserva desolata 

 Le uniche cose belle che mi sono rimaste sono le ultime che avevo comprato per te.

In quel periodo atroce, dopo la diagnosi, quando abbiamo saputo che saresti dovuto andare all'ospedale, ho fatto provvista di vestiti per venirti a  trovare. Volevo essere carina, perché tu ne fossi contento. Sono state le ultime volte che mi sono vestita per farti piacere

Le trema la voce per il pianto

Era così bello prepararmi per te…ti amavo tanto……è stato così triste vederti andare via….

O Dio mio, mi sento male, qui allo stomaco, al petto, alla gola..

Singhiozza

“Non far così, cara, mi dispiace vederti così. Fa del mio Paradiso un Purgatorio…”

O santo cielo! Parlo di nuovo come se fossi te. Ecco. Lo sapevo: sono impazzita

Intanto, è comparsa una donna con tunica bianca e velo bianco sul viso. S'è silenziosamente seduta su una poltrona a dondolo, nell'angolo studio.

Prende a dondolare

La protagonista si volta verso di lei; è attonita

La figura spettrale si toglie il velo e ravvia i lunghi capelli grigi. Mostra un viso severo ma dolce, con gote morbide e naso pronunciato.

Colomba:

 Che c'è? Sei sorpresa?

La protagonista annuisce

Protagonista:

 Chi sei?

Colomba:

 Colomba. Tu mi conosci. Lì  ( indica un libro), nel libro “cronistorie della basilica di San Michele, quello scritto da don Orticelli, a pagina   settantacinque c'è l'iscrizione che fu posta sulla mia lapide  Fui sepolta in San Michele, dove pregavo…su, nel matroneo, là dove guardi durante la messa…

La protagonista prende il libro e legge

Protagonista:

 Hac tumulatur humo claro de stemmate creta

Nomen avis tribuit cui de baptismati Christi….

Riposa ora in questa nobile terra

ebbe al battesimo il nome dell'uccello di Cristo.

Di lei ti gioverà sapere, o lettore,

quanto la penna costringe su questa breve pietra:

Basti sapere che fu madre ai bisognosi,

il suo lesto soccorso invocavano a gran voce

rendendo grazie  Angli, Geti, Vasconi, Svevi

le genti del Reno, Burgundi, Grai, Iberi,

placò più volte le mormorazioni dei Bretoni;

nutriva gli infermi e i carcerati,

ne ristorava il petto gemente,

infine anche le donne più illustri fra noi

attinsero al nettare che dispensava.

Pianse l'uomo per cui portò il lutto, ramingo e esule,

poi la morte le colse il figlio

e ancora, due volte infelice vedova, si vide rapire il marito.

Ad esso avvinta coi mezzi e col cuore

servì fedele il re; con esso restando casta raggiunse l'età più grave.

Ecco, Colomba, ecco signora  le nostre invocazioni,

che ho affidato a questo marmo a nome di Bariona come di tutti.

La protagonista tace. Colomba la scruta. Ha uno sguardo sapiente e tenero.

Colomba:

  Perché taci?Che pensi?

Protagonista:

 Nulla. Sono senza parole. Devo rileggere

Riposa ora in questa nobile terra

ebbe al battesimo il nome dell'uccello di Cristo.

Di lei ti gioverà sapere, o lettore,

quanto la penna costringe su questa breve pietra:

Basti sapere che fu madre ai bisognosi,

il suo lesto soccorso invocavano a gran voce

rendendo grazie  Angli, Geti, Vasconi, Svevi

le genti del Reno, Burgundi, Grai, Iberi,

placò più volte le mormorazioni dei Bretoni;

nutriva gli infermi e i carcerati,

ne ristorava il petto gemente,

infine anche le donne più illustri fra noi

attinsero al nettare che dispensava.

Guarda il fantasma con ammirazione,

L'altra la sollecita

Colomba:

Dunque?

La protagonista fatica a spiegarsi

Protagonista:

 Qui c'è una strada…

In queste parole c'è il modo….

Ho visto in te il modello…

Acciderba! Non sono mai stata brava ad esprimere ammirazione…

Insomma: sei stata formidabile…E ho capito come le donne del passato hanno affrontato la globalizzazione….

Colomba:

 Globalizzazione? Ah sì globalizzazione! Sappiamo come vi arrabattate per venirne a capo…

Protagonista:

 Sappiamo? Tu e… gli altri chi sono?

Colomba:

Ma… i transìti, naturalmente.  Sappiamo bene che voi transeunti state di nuovo lavorando per universalizzare il vostro modo di vivere

Protagonista:

Non dobbiamo farlo?

Colomba:

Certo che sì, ma lasciate semi di disomogeneità, perché da quelli nascerà il nuovo, quando l'odierna universalizzazione sarà logorata…. La terra è fatta di strati d' universalizzazioni, ognuna con un proprio epicentro, che si sono susseguite, intercalate da periodi di particolarizzazioni….Conosci la storia?

Protagonista:

Non bene come vorrei…

Colomba:

 Come potresti? Sei una vivente!….L’ Eterno conosce la storia del mondo, anche quella dei desideri, delle convinzioni, delle intenzioni degli uomini…La comprende tutta, dal passato al futuro…e noi in Lui…Comprende anche quella delle galassie e di ciò che è extragalattico e di Sé stesso… e noi in Lui…Riesci a capire?

Protagonista:

 No.

Colomba:

Già, tu sai capire solo la mente umana. Sei una psicoterapeuta, no?

Protagonista:

Sì, e nemmeno troppo brava. Spesso non capisco neppure i miei pazienti, quelli di cui dovrei curare le menti….

Colomba:

 Cosa significa " curare le menti"?

P.: Liberarle dai sistemi di pensiero che le opprimono ….che le stritolano nelle loro convergenze e che le smembrano con le loro divergenze

Colomba:

 Ah…quello che raccontano i capitelli delle colonne di San Michele, qui a Pavia? (indica la gigantografia dei capitelli)

Protagonista:

 Già

Si sorridono. La protagonista  prosegue nella lettura

Pianse l'uomo per il quale portò il lutto, ramingo ed esule,

poi la morte le colse il figlio

e ancora, due volte infelice vedova, si vide rapire il marito.

Il tuo primo marito è stato esiliato?

Colomba:

 (tristemente) Sì e ingiustamente…. E' stata una ferita mortale per la sua anima…L'amarezza l'ha indebolito:credo sia morto per questo……

Protagonista:

 e il tuo amore non ha potuto salvarlo.  E una cosa che fa impazzire….

Colomba:

Sono impazzita, poi è morto mio figlio. E con loro sono morta anch'io.

Protagonista:

 E l'altro marito?

Colomba:

 Un uomo aveva bisogno d'amore e io ho cercato di darglielo. L'amore che davo mi tornava quintuplicato e io piano piano mi sentivo rivivere…Ma è stato per poco

Protagonista:

 ( legge) Ad esso avvinta coi mezzi e con il cuore

servì fedele il re; con esso restando casta raggiunse l'età più grave…

Hai servito il re che ha esiliato il tuo uomo?

Colomba:

No, era il figlio.  Il padre, al momento dell'esilio, aveva confiscato tutti i nostri beni e il figlio, senza restituirli, mi passava una rendita…Dipendevo da lui, per vivere. Ma egualmente non lo avrei tradito, per somigliare a mio marito che aveva saputo restare fedele al suo re e condividerne i progetti, nel bene e nel male. Furono  calunnie ad accusarlo….

Protagonista:

  Vili! Ti sei vendicata sugli accusatori?

Colomba:

No, ho solo continuato a fare il mio dovere, con onestà e umiltà. Altre, prima di me, furono più inquiete.

Indica il "De consolazione philosophiae" di Severino Boezio. Entrano due figure femminili, con  tunica bianca e  sudario dello stesso colore. Si scoprono il viso. Una delle due, una donna bruna, dal viso romano chiede

Rusticiana:

 E’ di me che state parlando?

Protagonista:

 Chi sei?

Rusticiana:

 Rusticiana, figlia di Simmaco e moglie di Severino Boezio, entrambi ingiustamente condannati a morte da Teodorico per calunnie prezzolate. Tu mi conosci, senti la mia presenza quando scendi nella cripta di S. Pietro in Ciel d'Oro, qui a Pavia, e accendi un lume davanti all'urna del mio sposo. Io sono lì, presso il corpo che ho amato…. E che tu  veneri…

Protagonista:

 E' vero. Lo sento molto simile a noi, uomini del 2000, immerso com'è stato nelle impetuose correnti di pensiero del suo tempo: romanesimo, barbarismo, cristianesimo, paganesimo. Valori antichi corrotti e valori emergenti rozzamente abbozzati….In perenne lotta con ciò che minacciava la stabilità del suo mondo e infine travolto dall'ondata di trasformazione che gli si stava riversando contro... Aggrappato alla consolazione di un pensiero che, impotente a salvarlo, gli ha però fatto dono di passare ai posteri…Appassionato della romanità al punto di non saper nascondere che l'amore per  la stirpe d'Enea e per Roma superava quello d'una voluta amicizia con il re dei Goti….

Rusticiana:

 E Teodorico se ne disperò, al momento del tramonto, quando comprese che niente mai l'avrebbe reso veramente romano. Uccise il mio sposo e mio padre, solo perché difesero il Senato e Roma dalle tendenze usurpatrici dei Barbari

Entrano otto donne con tunica e sudario

Donne Barbare:

  Un secolo prima anche i nostri sposi difesero l'Urbe, ed erano barbari.  Roma li uccise. Furono uomini del vandalo Stilicone, i più insigni ufficiali dell'impero. 1° donna  mio marito, il Prefetto del Pretorio dell'Italia, 2° donna  e il mio, il Prefetto del Pretorio della Gallia,  3° donna  e il mio, Comandante Generale  della Cavalleria, , 4° donna  e il mio, Comandante Generale della Fanteria, 5° donna  e il mio, Maestro degli Uffici, 6° donna  e il mio, Conte Palatino, 7° donna  e il mio, il Questore, 8° donna  e il mio, il Tesoriere tutte insieme  tutti lottarono per Roma  ma  vennero massacrati dalle truppe romane, nemiche di Stilicone e degli ausiliari barbari, istigate da Olimpio con il beneplacito di Onorio…Avvenne qui, a Pavia, dove Stilicone aveva posto il suo quartier generale…Leggi ciò che dice Gibbon  in “ declino e caduta dell’Impero Romano”  Dice : “Molte vite andarono perdute, molte case furono saccheggiate: la furiosa rivolta continuò a perseverare sino a tarda sera, e l'imperatore che fu visto tremante per le strade di Pavia   senza il manto o il diadema, cedette alle persuasioni del suo favorito (Olimpio), condannò la memoria degli uccisi e proclamò solennemente l'innocenza e la fedeltà dei loro assassini". Fu l'inizio dell'ingrata fine di Stilicone, di suo figlio Eucherio e di sua moglie Serena, dell'ingiusta strage dei loro amici e dell'inimicizia  verso Roma di una moltitudine di soldati barbari tra i più coraggiosi che lasciarono in massa le file dei romani per passare a quella dei Goti.

Così si preparò il potere di Teodorico, la sottomissione del senato romano, la fine di Boezio e Simmaco…e poi di Roma tutta

Rusticiana:

 Così era già  stato progettato da Stilicone, che indusse il senato a comprare da Alarico una tregua precaria e vergognosa, indegna della nobiltà dell'Urbe. Ben fece Lampadio ad esclamare "questo non è un trattato di pace, ma di schiavitù" e i romani a cercare di liberarsi da chi l'indeboliva….

Protagonista:

Forse erano già indeboliti e non se ne rendevano conto…..

Rusticiana:

 No, Roma ancora era grande

Protagonista:

Tu  eri dunque dalla parte del senato?  Fosti perseguitata?

Rusticiana:

 Non troppo Continuai la mia vita  impegnandomi con costanza ad imitare Dio Padre, secondo gli insegnamenti di Suo Figlio, e amare in eguale maniera romani, goti, vandali e tutti i popoli, cristiani o pagani che fossero. Così, prima di me, fecero mio padre Simmaco e il mio sposo Severino e le mie sorelle Proba e Galla…tutti furono giusti e generosi, pronti a soccorrere i bisognosi, così cittadini come estranei.  Come loro anch'io usai i miei beni per aiutare i più poveri. E come Galla, indica l'altra donna, che ha il labbro superiore e il mento ricoperto di peluria scura,  tentai di vivere con cuore semplice, in preghiera e carità. Cercai di perdonare. Volevo bene alle figlie di Teodorico. Mi dolsi sinceramente per la vedovanza di Teodogota e Amalasunta, per la morte d'Ostrogota e del piccolo Sigerico. Quando Alarico, figlio d' Amalasunta , divenne re e lei prese a regnare per lui, furono restituiti ai miei figli i beni che Teodorico aveva confiscato al loro padre e  i romani tutti furono rispettati. Le fui grata e piansi quando il piccolo morì e lei stessa fu  uccisa….Ma Teodorico no, non lo perdonai. Distrussi con ira le sue immagini e desiderai vendetta. Finanziai l'esercito dei romani e pregai perché vincesse  sui Goti.

Videro bene i guerrieri di Totila che saccheggiarono Roma: fui loro nemica e li odiai ancora di più quando ci affamarono e resero mendichi. Essi chiesero la mia morte…Qui, leggi Procopio  “De bello Gothico”

La protagonista legge

Protagonista:

 Piegandosi Totila a tal preghiera….

Rusticiana:

 quella del religioso Pelagio, che l'aveva supplicato di fermare la strage e risparmiare chi era oramai suo servo

Protagonista:

 continua  vietò ai Goti di mai più uccidere qualchessia  dei Romani; le cose  però più preziose riserbassero per lui, e di tutte  le altre facessero tra lor bottino liberamente. E molte ricchezze trovò nelle case dei patrizi….eccetera eccetera E così i  Romani e gli  stessi senatori ed anche  la stessa  Rusticiana, moglie di Boezio e figlia di  Simmaco, che le sue sostanze avea sempre largite ai  bisognosi, in veste  di schiavi e di villani furono ridotti a vivere mendicando dai nemici il pane ed ogni altro vitto; ed andando attorno per le case, picchiando alle porte pregavano per avere cibo, né di ciò fare sentivano vergogna.

I Goti invero avean gran voglia d'uccidere Rusticiana, accusandola d'aver profuso danaro ai duci dell'esercito romano  e di aver distrutto le immagini di Teodorico per vendicare l'uccisione di Simmaco, suo padre, e del suo consorte Boezio. Totila però  non permise che alcun male le fosse fatto, ma anzi protesse contro ogni offesa così lei come tutte le altre, quantunque i Goti molto agognassero a giacer con esse. Così niuna di loro, né maritata, né ragazza, né vedova subì violenza nella persona, e Totila per tal fatto si procacciò gran lode di moderazione "

Rusticiana:

addolcita Totila mi comprese, mi perdonò e mi protesse. E con me le altreCapisci?Ricevetti comprensione, protezione e perdono, io, che non avevo saputo darlo…Dopo di allora fui saggia e serena come mia sorella Galla

Protagonista:

 Galla?

Rusticiana:

 con sorridente orgoglio   Già, Galla… la santa!

Galla:

 Conosci la mia storia è lì… in quel volume….qua leggi  E' quanto scrisse Gregorio Magno, nei  Dialoghi, libro  IV

La protagonista legge

Protagonista:

 Gothorum namque temporibus Galla, huius orbis nobilissima puella…… E' in latino..Aspetta: meglio quest'altra versione in italiano antico.

Cerca un altro testo e legge

Non è da tacere quello che da persone grave di fede mi è stato detto di una gentilissima donna di Roma che ebbe nome Galla: questa nobilissima donna fu figlia di Simmaco console e patrizio. Essendo maritata al tempo dei Goti ad un nobile giovane per spazio d'un anno rimase vedova. La quale essendo indotta a rimaritarsi e perché era molto lieta giovane e per le ricchezze, che ne aveva molte, elesse piuttosto di copularsi e congiungersi a Dio per matrimonio spirituale, lo quale s'incomincia con pianto e termina in eterno gaudio, che essersi più sottoposta a matrimonio carnale, lo quale comincia con allegrezza e terminasi in pianto. Ora essendo ella d'una natura molto calda, dicongli gli medici che se ella non si maritasse   per lo troppo caldo metterebbe barba come uomo e così gli avvenne.

Ma la santissima femmina non si curò della laidezza di fuori, la quale aveva preso in sposo quello che non  cerca se non la bellezza dentro. Ora in quella studiava e quella a lui serbava e non si curava quella parte in lei diventasse laida, la quale dal suo sposo celestiale sapeva che non era amata. Incontinente adunque che lo suo marito fu morto, pigliò abito di religione ed entrò in uno monastero presso la chiesa di Santo Pietro. E quivi molti anni menò una santa vita in simplicità di cuore e in continua orazione e molte limosine, e volendo l'Onnipotente Dio rimunerarla eternalmente  teneramente la percosse nella mammella    d'una laida infermità che  si chiama cancro. Ora  aveva ella questa usanza che sempre dinanzi al suo letto faceva ardere due ceri in su due candelieri, però che tanto amava la luce che non solamente le tenebre spirituali, ma etiandio le temporali avea in orrore. E stando una notte molto affaticata da quella infermitade, vide lo beato sancto Pietro apostolo stare fra l'uno candeliere e l'altro   inanzi al suo letto. Et no temendo, anzi dal grande amore prendendo audacia, rallegrossi e dissegli "che è questo, signor mio? Or sonomi perdonati gli peccati miei?" Alla quale sancto Pietro rispuose con cenno del capo e con volto benigno "lo sono, vieni". Ma perché ella nel predetto monastero aveva una compagna  la quale molto amava, più delle altre, soggiunse e disse "priegoti padre che suora Benedecta ne venga meco", alla quale sancto Pietro rispose e disse "no sia così, ma la tale ne verrà teco e questa che tu dimandi   ne verrà lo trigesimo giorno." E dette queste parole la visione disparve. Et Galla incontinente fece venire  a sé la madre e badessa di quella congregazione e disse per ordine quello che avea veduto e udito e il terzo dì con quella che sancto Pietro gli aveva detto passò di questa vita. Et poi suora Benedecta passò il trigesimo giorno, la qualcosa è molto memoriale nel decto monasterio. Et quelle che oggi vi sono lo narrano così ordinatamente come se loro vi fossero state presente.   (chiude il libro)

 Fu la tua storia? Davvero "nihil exterius deformitatis timuit? Non ti curasti della laidezza di fuori?"

Galla:

No, avevo preso in sposo chi non cerca che la bellezza interiore…perciò" di quella mi occupai, quella a lui serbai, e non mi curai della parte di me che si stava abbruttendo, perché sapevo che non era quella che lui amava.."

Protagonista:

 Come lo sapevi?

Galla:

Perché lo sposo terreno, che mi fu donato perché comprendessi l'amore, così sempre mi diceva. Mi faceva sentire splendida come figlia premurosa e sposa amorosa e donna generosa…

Mai mi umiliò con confronti sfavorevoli con donne di me più belle. Amava l'armonia e la grazia e la lodò nel mio pensare e nel mio sentire…

E in tutti gli anni trascorsi in monastero, in semplicità di cuore e continue orazioni e molte elemosine, sempre a lui pensai  per raffigurarmi la tenerezza di Dio…

Questa è la forza delle vedove: le donne amate dai loro uomini negli ultimi loro istanti, quelli in cui non conta la bellezza o l'attrazione, ma solo la gentilezza, il coraggio e la speranza cristallizzano nella loro anima una diamantina certezza del proprio valore interiore…sorride…e sappiamo tutte quanto ne hanno bisogno

Entrano altre due figure con sudario, una è una donna matura (Cristina), l'altra è una giovane (Roza)

Roza:

 Non per tutte fu così. Io pure persi giovane il mio sposo, Gilberto, conte di palazzo, come pure il fratello, Pietro, vescovo di Como. Ma non seppi stare senza un altro uomo … Ugo di  Arles e Provenza fece di me una delle sue concubine e io gli generai una bellissima figlia

Cristina:

 Nipote infelice, figlia d'un padre che uccise il nonno e d'una madre che nomavano Giunone a causa dei litigi e del perpetuo odio che la legavano all'amante.

Roza:

 Odiai, è vero, il conte d'Arles, ma non da subito. Cedetti alle lusinghe e credetti d'essere seconda solo alla moglie. Così non fu: Pezola, Stefania ed  innumerevoli altre mi furono rivali e preferite…

Concubina fui e non solo del re…

 Il padre magistrato, addolorato per il mio disonore e sobillato da Gezone, prese a congiurare per assalire Ugo, senza mai trovare la ferocia per risolversi.

Cristina:

 Troppo mite fu, troppo giusto, da gran giudice che era, troppo pronto a perdonare, come nostro figlio vescovo, prematuramente scomparso, troppo incline a credere alla buone disposizioni del conte di Provenza, come nostra figlia Roza da lui tanto ingannata Oh, se la sommossa   avesse avuto buon fine!Oh, se non avesse creduto alle promesse di ravvedimento! "Che motivo c'é, uomini forti, - diceva Ugo - per cui vi siete mossi così grandemente e insperatamente contro il vostro signore, anzi contro il re?Se è stato fatto qualcosa che vi dispiaccia, vi si ponga rimedio. Infatti non si suol rimproverare la correzione tarda, soprattutto    se non è stata tralasciata per negligenza"  E Gualperto fiducioso mitigò il suo animo…

Ma il re implacabile tramava la vendetta e complottò con Sansone e Leone vescovo di Pavia, entrambi traditori, per adescare Gualperto e Gezone fuori dalla città e impedir loro il ritorno….Il poi, fu  umana crudeltà

 Leggi  Liutprando  da Cremona, qua dall’Antapòdosis, libro 3°, capitolo III….

Protagonista:

 “ Titolo: Gualperto è decapitato e Gezone accecato. Pertanto re Ugo subdolamente, come se non facesse alcun conto di tutte queste cose, uscito da Pavia, si affretta ad andare lontano in altro luogo e, mandati in giro messi e lettere, ordinò ai suoi militi di venire da lui. Fra questi era giunto  Sansone, conte potente, che era inimicassimo del già detto Gezone. Egli dunque, come vide il re, così gli parlò: “ Vedo che tu sei preoccupato per i fatti che si sono svolti in città in questi giorni con tumulto e danno contro di te; ma se mi dai ascolto e mi obbedisci, saranno presi  nella loro stessa trappola. Infatti non se ne può trovare un altro che ti possa dare un consiglio meglio di me; a te certamente nessuno ne darà uno migliore. Chiedo solo una cosa, che, quando saranno presi per opera mia, Gezone mi venga dato in mano con ogni sua sostanza”. Quando udì dal re che quegli veniva dato a lui, aggiunse: “ Leone vescovo di Pavia non è amico di Gualperto e di Gezone: quelli infatti, dovunque possono, gli sono avversi in ogni modo Sapete poi che è d’uso che, quando il re da altri luoghi si dirige a Pavia, i cittadini più ragguardevoli gli vanno incontro fuori dalla città. Mandate dunque a dire di nascosto al vescovo che, quando al tempo stabilito verrete a Pavia ed essi muoveranno incontro a voi fuori dalla città, ne faccia serrare le porte e tenga personalmente le chiavi, affinché, quando cominceranno a catturarli, non possano né rifugiarsi in città, né aspettarsene un aiuto.” E ciò fu fatto. Quando al tempo stabilito il re si diresse a Pavia e i menzionati gli andarono incontro, il vescovo fece volentieri come gli era stato ordinato. Il re dunque li fece prendere tutti, come Sansone aveva consigliato. Subito quindi Gezone, consegnato a Sansone viene privato di entrambe gli occhi e gli viene tagliata la lingua, che aveva pronunciata bestemmia contro il re. Oh bella azione se, come fu cieco, così fosse stato per sempre anche muto! Ma (oh scelleratezza) poiché la lingua tagliata non perdette la favella, secondo i miti greci, con la privazione degli occhi si prolungò la vita, che, per rovina di molti, non cessò di durare fino ai giorni presenti. Inseriamo a questo punto la piacevolezza di una favola mitica eccetera, eccetera…” Qui, ecco: “Ma ritorniamo all’argomento. Gezone, come abbiamo detto, è deturpato con la mutilazione delle membra e la sua sostanza è saccheggiata. Gli altri in gran numero sono imprigionati. Gualperto è decapitato l’indomani, il suo immenso tesoro è saccheggiato, Cristina sua moglie viene presa e torturata con vari tormenti perché consegni i tesori nascosti. Da allora crebbe, non solo a Pavia, ma anche in tutti i territori d’Italia il timore  del re, né lo stimavano uno zero, come gli altri re, ma lo onoravano in tutti i modi”

Tu sei Cristina? Ti ha torturata?

Cristina:

 Sì, e fui debole. Consegnai presto i tesori che cercava. Ma più del corpo, torturò l'anima, che maledì l'uccisore del marito e fu costretta ad amare come nipote l'odiata sua figlia….

Protagonista:

 Riuscisti a perdonare?

Cristina:

 Non in vita….Ma del nemico amai la discendenza …e  fui perdonata.

Entrano molte donne, anziane, giovani, bambine….

Donne Pavesi:

 Ugo fu chiamato per controllare Rodolfo, che fu chiamato per contrastare Berengario….E furono gli Ungari alleati di Berengario che uccisero tutte i nostri uomini  primo gruppo   e i nostri padri  secondo gruppo  e le nostre madri terzo gruppo  e i nostri fratelli  quarto gruppo e le nostre sorelle quinto gruppo e i nostri figli

Per loro e per noi non c'è un nome, non un posto nella storia…. solo il pianto per la città che ad essi sopravvisse.  Leggi ancora Liutprando da Cremona

Protagonista:

 Titolo: Descrizione poetica del lamentevole incendio di Pavia

Lo splendido Febo, separandosi dalla costellazione acquosa, entra nella prima costellazione dello Zodiaco, come al solito, ed Eolo comincia a sciogliere le gelide brine sul colle ed a mandare i quattro suoi soffi, quando la furibonda schiera degli  Ungari gode di gettare  contro la città le fiamme, aiutata  dai soffi eolii. Per la forza dei venti il fuoco si diffonde. Nè piace agli Ungari ardere con le sole fiamme questi; da ogni parte convengono e minacciano di recare morte, trafiggendo coi dardi quelli che atterrì il caldo fuoco. Arde l'infelice Pavia, così bella un tempo! E Vulcano levando le sue braccia per i soffi, sale alle chiese e contemporaneamente su tutta la patria. Vengono estinte le madri, fanciulli e vergini fanciulle. A caterve muore la santa plebe dei catecumeni, in questa sua città muore il presule e  santo sacerdote che dal nome proprio Giovanni è detto il buono. Quell'oro che era rimasto per lungo tempo chiuso nelle teche, perché   una mano estranea non lo toccasse, ecco giace e nelle immense cloache si fonde al fuoco. Arde l'infelice Pavia, così bella un tempo! Si potevano vedere rivoli d'argento e rilucenti patene, qua e là i corpi abbruciati dei maggiorenti. Qui si disprezza il valore del verde diaspro e del rutilante topazio, ed il caro zaffiro ed il bel berillio. Ahimé! Nessun mercante volge allora la faccia all'oro! Arde l'infelice Pavia, così bella un tempo! Il lucido Ticino non sottrae le immense carene con l'acqua, mentre per la stiva si diffonde il fuoco. E' arsa l'infelice Pavia, così bella un tempo! Nell'anno 924 dell'incarnazione del Signore, il 12 marzo indizione dodicesimo, di venerdì, all'ora terza

Prego vivamente voi, e chiunque leggerà che ricordiate con sentimento di pia memoria coloro che in quello stesso luogo furono arsi

Nel frattempo una figura spettrale è entrata e ha messo in funzione un lettore di CD.

Le note del ritornello di " The fields of Athenry"  cominciano a risuonare e alle parole" Our love was on the wing " prende a cantare

Donna Irlandese:

Our love was on the wing, we had dreams and songs to sing… It's so lonely 'round the fields of Athenry….

Protagonista:

Chi sei? Perché questa canzone irlandese….

Donna Irlandese:

 Fui irlandese e in Irlanda rimasi quando vidi partire Guniforto con Gunibaldo e le sorelle. Ero compagna di giochi di Favilla e Pusillana, ma  al loro fratello Guniforto nella primavera della mia vita diedi mente e cuore. Insieme guardammo il volo libero degli uccelli e le stelle cadenti, al profumo dell'erica e del mare, e ci chiedemmo della vita e della morte.  Cristiano  fu e perseguitato. Volle andare con i  fratelli alla corte dell'impero, per fermare la persecuzione o per  comprenderla….Vidi partire la loro nave e  presi a vivere  scrutando il mare, in speranza e  preghiera.

canta  It's so lonely round the field of Athenry

Seppi che il mio amore era stato martirizzato da una gragnola di frecce, che, abbandonato, s'era riavuto, che s'era trascinato a morire a Pavia, in santità….   Da allora vissi solo  di preghiera…I suoi resti sono ancora lì, in S. Gervasio e Protasio, dove vedo che anche tu preghi… per i tuoi pazienti….

Protagonista:

E sì, è un retaggio  dell’antichità… Quando sono disperata per loro e non so come aiutarli…prego San Guniforto

Tutti gli spettri:

 L'abbiamo pregato anche noi.  San Guneforto era molto venerato a Pavia, al nostro tempo…Ma  non dovrai più sentirti disperata… Ci saremo noi ad aiutarti, per conto dell'Eterno…E non preoccuparti: abbi solo pazienza, come  l'abbiamo avuta noi… poi finalmente vedrai il sorriso di Dio e in Lui ritroverai tutto ciò che t'è stato caro…

Protagonista:

 grazie….

si riscuote O mamma! Ringrazio fantasmi e conto su di loro….sto comportandomi proprio come una pazza! Logicamente, tutte loro sono proiezioni della mia mente…immagini costruite dal mio inconscio per rappresentare irrisolte problematiche esistenziali  e anche darvi una parziale risposta…Sono configurazioni di pensiero che si offrono per ulteriori riflessioni…

Le figure spettrali scoppiano a ridere sonoramente, di gusto, a lungo.

Rusticiana:

 Ah ah  ah la razionalità del ventunesimo secolo

Cristina:

Certo che nel duemila ne hanno di superstizioni….

Galla:

Non riescono proprio  a conoscere la  verità

Colomba:

 Andiamo, che la spaventiamo

Tutti gli spettri:

Si, andiamo...andiamo

Cominciano ad uscirei scena Rimane ferma al centro della scena la giovanissima vedova – poco più d’una bambina – di uno dei periti nell’incendio di Pavia

 Le figure spettrali la chiamano

Tutti gli spettri:

 Parti con noi…Perché non vieni?…Non turbare oltre questo esemplare femminile di homo rationalis …

Protagonista:

 Tu sei la vedova di uno dei morti senza nome e senza un posto nella storia…Perché sei rimasta? Quale problema deve divenirmi conscio?

Tutti gli spettri:

 Vieni, su, vieni con noi, lasciala  con il suo ragionare…

Giovane Vedova Pavese:

alle compagne  Ma no, restiamo: ha bisogno di noi    alla protagonista  Senza di noi….saresti troppo sola

Cala il sipario. Esce la prima attrice:

Smisi di leggere. Alzai gli occhi e incontrai lo sguardo scrutatore dell’autrice.

“Non ti piace, vero?” chiese. Odio rispondere a domande come questa: un testo deve decantare nella mente del lettore prima di poter essere gustato, sino ad allora, nessun giudizio è possibile. Farfugliai qualcosa sul fatto che si sarebbe potuto limare qua e là, poi ammisi che non avevo capito la fine.

“Non è finito” mi spiegò.

Non era riuscita a completarlo perché non sapeva cosa avrebbe fatto la protagonista quando i fantasmi se ne fossero andati. Avrebbe potuto andare a comprare un vestito, fissare un appuntamento dall’estetista o consultare un dottore per tranquillanti ed antidepressivi, sacrificando tempo e denaro alla Moda, all’Estetica, alla Sanità ed altre divinità dell’odierno paganesimo, per riceverne benevola protezione ed essere colmata della loro benefica energia. Oppure chiedere agli spettri di restare.

“Tu cosa faresti, al posto suo?” domandò

Guardai la croce d’oro che portava sul petto e suggerii che la   protagonista avrebbe potuto fare come Gesù e restare inchiodata al suo posto cercando di capire fino in fondo la crudeltà, la debolezza e il dolore della condizione umana.

 “Non parlare come una madre badessa” mi rimproverò “Rispondi sinceramente: tu cosa faresti, al posto suo?”

Non seppi cosa dire,  mi strinsi nelle spalle infastidita e cambiai argomento. Selene s’accomiatò.

 Sulla porta dell’ascensore si fermò di nuovo a guardarmi, indicò il rotolo dello scritto, che reggeva tra le braccia come  fosse un bambino e mi annunciò che non l’avrebbe spedito, anzi l’avrebbe strappato. Io rimasi in silenzio.

Distrusse il suo lavoro e non me ne parlò più.

Ci vediamo ancora, ma il nostro rapporto s’è fatto  superficiale e le conversazioni vuote

Nel momento della sincerità, non seppi cosa rispondere.

Lo chiedo a voi: che dovevo dirle?