Farsa della caldarrostaia

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Farsa in un atto

di Alonso de Castillo Solórzano

Traduzione di Cesco Vian

da FARSE SPAGNOLE del secolo d'oro

Edipem Novara 1974

PERSONAGGI

GIOVANNA

LUCIA

Un LACCHÈ

Un SARTO

Un CALZOLAIO

Un  FARMACISTA

SUONATORI


FARSA DELLA CALDARROSTAIA

Entrano lucia e giovanna.

lucia             Benvenuta nella capitale, Giovanna!

giovanna      E tu, ben trovata, amica Lucia. Mi rivedi in posizione so­ciale ben più elevata!

lucia             Infatti: e mi meraviglia molto ritrovarti signora, dopo averti conosciuta venditrice di castagne.

giovanna      Ti sembro a posto nella parte di signora?

lucia             Eccome! La tua bellezza e la tua disinvoltura danno alla vista soddisfazione piena.

giovanna      Sono i miracoli dell'amore! Questo mio visino, amica cara, costituì una tale batteria d'assalto, per un mercante, da conquistarlo in pieno fino alle viscere; ed è lui che mi ha fatto smettere di ven­dere castagne. Mi dichiarò la sua passione, il suo amore; gli credetti; mi fece balenare l'idea di Siviglia, e lo seguii. Passata Sierra Mo­rena[1], lascia perdere la Giovanna e diventai donna Maddalena. Mi dette abiti, gioielli, denaro, e complimenti di galanti altolocati; perché colei che si accontenta di parole, vivrà triste, povera e sola. Io seppi irretire un tale amante, mi diedi alla gran vita, sprecai lussi, non perdetti l'occasione, affilai le unghie e le adoperai sgraffignan­dogli il patrimonio.

luciaE com'è finita?

giovannaÈ finita che mi piantò e s'imbarcò per l'America, e rimasi sola, ma ben provveduta di quattrinelli!

luciaCosì va bene!

giovannaVolle il suo piacere, io lo svaligiai, e siamo pari! Sono tornata a Madrid sconosciuta a tutti, da caldarrostaia che ero, diven­tata una dama; e non sono certo la prima che, grazie all'amore, da una bassa condizione sia salita in alto! La mia casa, come vedi, è molto ben messa; sono ben vestita, applaudita e corteggiata; e sic­come ho intenzione di maritarmi, piovono qui i pretendenti, e d'ogni genere!

lucia             Sono sicura che ne hai da buttar via di pretendenti!

giovanna      Oggi ne attendo quattro, da cui sono corteggiata con cau­tela: un farmacista, un sarto, un calzolaio e un lacchè aspirano al mio denaro; ma tutti mi hanno occultato il loro mestiere, afferman­domi invece che vivono di rendita.

lucia             Vogliono dartela a intendere, eh?

giovanna      Ma non ci riusciranno, finché io vivo! Oggi devo rispon­dere alle loro menzogne in maniera tale che, come vedrai, gli farò capire che ho capito benissimo quel che sono in realtà, spiegan­dogli i loro mestieri con ogni annesso e connesso, e alla fine riu­scirò ad ottenere quel che mi propongo.

lucia             Ammiro il tuo ingegno, lodo la tua spigliatezza!

Entra il farmacista.

farmacista    È in casa la luce che indora il globo terracqueo, quella al cui paragone l'aurora è brutta?

giovanna      Vossignoria sia il benvenuto.

farmacista    Felicissimi i miei occhi, che hanno la fortuna di godere di tanta bellezza! Vivo io, per caso, nella vostra memoria? Merito di essere consorte di essa, consacrato sull'ara d'Imeneo?

giovanna      Signor Gandul[2] la sua insistenza è già tanta, che quasi mi fa spazientire. Di matrimonio si deve parlare al momento oppor­tuno, signor mio! Parlarne sempre, mattina e pomeriggio, significa far perdere la voglia persino a chi schiatta per maritarsi. Non con­tinui a macinare sempre questo tema, se no sembra uno che pesta continuamente in un mortaio!

farmacista    (fra sé) Che cosa significherà questo paragone del mor­taio? Avrà capito chi sono? Ma no, dev'essere un'immagine qualsiasi.

giovanna      L'amore, signor Gandul, è come una pillola!

farmacista    (fra sé)  Questa è più secca.

giovanna      Una pillola che ha sopra una copertura dolce per incitare, anche chi non ha voglia, a inghiottirla!

farmacista    (fra sé) Questa ragazza insiste su cose di farmacia, come se i miei sotterfugi fossero riusciti vani. Ma non sarà che vuol allu­dere al fatto che finora non le ho fatto regali? (Forte, a Giovanna.) Signora, ho capito la faccenda del dolciume sulla superficie della pillola, e mi dispiace di non averci pensato prima: vi offro un gioiello!

giovanna      Con codesta offerta mi offende ancor di più! Ella sa, signor Gandul, che il matrimonio, venendo ad essere un'unione di cuori, somiglia a ricette di farmacia, nelle quali si uniscono in esatte proporzioni le qualità di diversi medicinali, formando pastiglie, com­presse e bocconcini. Ma se l'amore non è purissimo nelle unioni, sembrerà un'appiccicatura simile a un empiastro. Franco ha da essere l'amore, e senza ombre; non una distillatura d'alambicco, perché la volontà non lo può prendere se non è puro come acqua di ampolla. Ha capito, o vuole che glielo diluisca con una spatola?

farmacista    Qui non c'è più niente da fare. Me ne vado sbertucciato.

giovanna      Se ne va?

farmacista    Sì, perché sono stato smascherato. (Esce.)

giovanna      Che cosa te ne sembra, di'?

lucia             Sei fortunata! La voglia di farti la corte gli dev'essere passata.

Entra il sarto.

sarto            Mille congratulazioni devo fare ai miei occhi che sono riusciti a vedere codesta beltà, che è il non plus ultra di ogni avvenenza! Codesto garbo, codesta grazia, codesto fascino, sono altrettante frecce d'oro del dio Cupido, ed io, trapassato da esse, giaccio ai vostri piedi come spoglia trionfata! Si è finalmente decisa vossignoria a sotto­porti al giogo castissimo? Finora ella ha ritardato la risposta, e con ciò non ha fatto che rendermi sempre più schiavo della sua pun­gente bellezza!

giovanna      Pungente? Ho io aghi o spilli?

sarto            (fra sé)  Ahi, la cosa si mette male! Vuol giocare a scopone, oppure affila le sue armi per pungermi di più.

giovanna      Si è risentito, o è una scaramuccia?

sarto            (fra sé) Meglio far finta di niente. (Forte.)  Mi ha punto a morte!

giovanna      Si faccia dunque seppellire sotto il tavolo del taglio! Signor Zaldivar, parliamo sul serio: vossignoria mi sembra un innamorato molto noioso.

sarto            Perché?

giovanna      Già che me lo domanda, glielo dirò. Lei continua ad andare su e giù mille volte per la strada, come se la stesse imbastendo; e ciò perché ha la speranza di vedermi alla finestra, come un mani­chino. Io invece preferisco starmene chiusa, come in un ditale; perché ho vicine talmente linguacciute, che tagliano i panni ad­dosso peggio delle forbici. Lasci stare questo matrimonio, per la mia vita eterna, o qualcuno farà un sarticidio.

sarto            Vivadio, che furbona maliziosa! Mi ha scoperto! Qui non c'è più niente da fare. Domando permesso.

giovanna      Se ne va?

sarto            Sì, perché sono stato riconosciuto.

Esce il sarto ed entra il calzolaio.

calzolaio      Il Cielo guardi e faccia prosperare codesta bellezza, mera­viglia della natura!

giovanna      Vossignoria sia il benvenuto.

calzolaio      Si è ricordata la signoria vostra di me? Si è finalmente decisa ad accettarmi come marito?

giovanna      Dirò a vossignoria tutto il mio pensiero. Ogni donna che aspira a codesto contratto, tende evidentemente a cercare la forma della propria scarpa.

calzolaio      (fra sé)  Ha detto forma e ha detto scarpa? Sono busche­rato! Ha certamente saputo il mestiere che faccio!

Giovanna      Ed io la cerco, perché ho stima di me, in un fidanzato che non sia proprio un pezzo di suola; giacché se vedo ragazzine sven­tate che prendono marito per aumentare di statura, come se si trat­tasse di una scarpina col tacco alto, penso che sia preferibile mari­tarsi con chi non porti scarponi grossolani; ché anche la natura - non si inquieti! - è capace di ritagliare le suole, anche se non possiede trincetto! E così, signor Galbàn, io cerco marito di alto casato, più alto del vostro[3], giacché possiedo dote sufficiente a libe­rarmi dalla necessità di sopportare l'odor di pece!

calzolaio      Vivaddio, è intelligente e mi tartassa forte!

giovanna      Ritorni dunque al suo trono.

calzolaio      Quale trono?

giovanna      Il deschetto.

calzolaio      Non ho nulla da rispondere, e mi congedo.

giovanna      Se ne va?

calzolaio      Sì, perché sono stato riconosciuto.

Il calzolaio esce; entra il lacchè.

lacchè           Il cielo maledica e stramaledica colui che al vedervi non prende le sue precauzioni contro le stregonerie!

giovanna      Costui, amica mia, è il lacchè!

lacchè           S'è mai visto Maggio più bello tra i fiori, o lo zéfiro che pet­tina i giardini?

giovanna      Lo zéfiro li pettina! Ma che sono, i giardini, una criniera di cavallo? E non mi dirà, sperò, che passa la striglia sui fiori!

lacchè           (fra sé) Vivaddio, ha fiutato il trucco! L'impresa che tento è disperata, poiché deve aver subodorato già il mestiere che faccio.

giovanna      Che cosa pensa? Mi dica!

lacchè           Penso alle mie preoccupazioni.

giovanna      Non pensi vossignoria, ché ha pensato abbastanza alle be­stie[4], e senza preoccuparsi di pensieri!

lacchè           (fra séContinua a grandinare!

lucia             (a Giovanna)  Ha già capito le tue intenzioni.

giovanna      (a Lucia) Tanto meglio. Perché non mi annoi più, gli dirò chi è, a costo che si arrabbi! (Al Lacchè.) Che cos'ha vossignoria, che sta così sospeso?

lacchè           Che cosa può temere colui che rende omaggio all'amore?

giovanna      Tanto ama?

lacchè           Il fuoco che sento in me è tale, che mi ha già quasi arro­stito del tutto. Ha mai visto una padella da arrostir castagne, tutta crivellata di buchi e piazzata sopra un forno acceso, e la caldarrostaia che si preoccupa di ravvivare la brace con una ventola, quasi non bastasse l'aria che corre sempre per le strade? Ebbene, il mio cuore, in modo del tutto simile a quella padella, soffre tal fuoco d'amore, che sta per essere arrostito; e tutto perché ti amo! E sappi anche che il mio tormento è più stabile e fisso in me di quel che non sia una caldarrostaia all'angolo di una strada!

giovanna      (a Lucia)  Amica mia, le cose si mettono male!

lucia             (a Giovanna)  Perché?

giovanna      (a Lucia)  Perché questo furbacchione mi ha smascherata!

lacchè           Ho fatto centro, non è vero?

giovanna      Briccone!

lacchè           E chi fa centro, ha vinto il primo premio! Vossignoria mi ha compreso, ormai signora! La strada aspra si è o no spianata?

giovanna      Dico che sei il mio sposo. Eccoti la mia mano!

lucia             Bella cosa hai fatto, per la mia vita!

giovanna      Che cosa potevo fare, se sono stata riconosciuta?

lacchè           Avevo già predisposto i suonatori, e tre camerieri miei amici. Cercate qualche vicina, e tutti insieme balliamo e celebriamo queste liete nozze.

Ballano e cantano:

Una bella ragazza,

caldarrostaia,

le cui aspirazioni

troppo alte andarono

 per prender marito

 riunì pretendenti,

e tra quattro galanti

ha scelto il peggiore.

Fermatevi, udite, venite,

sentite e fate attenzione:

oggi la striglia si unisce alle caldarroste!

Quella spiritosa

che tre ne smascherò,

nel quarto ha trovato

chi l'ha smascherata.

Colei che di dama

fece professione,

ha infine trovato

un marito lacchè!

Fermatevi, udite, venite,

entrate e fate attenzione:

oggi la striglia si unisce alle caldarroste!

Caldarrostaie che siete a Madrid,

venite, venite, venite alla festa,

offrendo a gran voce le vostre castagne!

Lacchè col grembiule e la striglia,

venite, venite, venite alle nozze,

con le calze rotte che miseria palesano!

Qui ha termine la farsa della caldarrostaia.


[1]   Catena montuosa che  separa l'Andalusia dal centro della Spagna.

[2]   Gandul significa vagabondo, fannullone.

[3]   Nel testo c'è un intraducibile gioco di parole fra solar (casato illustre), e solar, suolare.

[4] Gioco di parole del tutto intraducibili:   pensar, oltre che il primo si­gnificato di pensare, aveva anche quello di « dar da mangiare agli animali » incombenza del lacchè, per quanto  si  riferiva ai cavalli.