Farsa delle streghe

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Farsa in un atto

di Agustín Moreto y Cabaña

Traduzione di Cesco Vian

da FARSE SPAGNOLE del secolo d'oro

Edipem Novara 1974

PERSONAGGI

TRINGINTANIA, ladra

SARCOSO, ladro

LAMPADOSA, ladra

Un CURATO

SINDACO(contadino)

Due ASSESSORI(contadini)

Tre STREGHE


FARSA DELLE STREGHE

Entrano tringintania, sarcoso e lampadosa.

sarcoso           Io non capisco, Tringintania, il sugo di tutte codeste frottole, che son roba da andare a raccontare agli albanesi! Per dieci notti abbiamo percorso le strade di questo villaggio, facendo attenzione a non farci scorgere da nessuno, paghi di spacciarci per stregoni, e di spaventare i ragazzini e le donne facendo chiasso, cantando e bal­lando, sicché abbiamo ottenuto di intimorire la gente a tal punto, che quella che meno ha visto ha più cose da raccontare. Informato di fatti tanto strani, il curato uscì a esorcizzare, e la popolazione si è calmata benché i più siano sempre spaventati e convinti d'aver visto la morte. Ma bada che se ci prendono, la schiena ce la fanno diventare del colore della ginestra!

tringintania    Capisco, Sarcoso, che, - da novellino che sei, - hai la fifa in corpo. Il tuo coraggio ha la statura d'un ravanello, che si alza d'un palmo dalla terra. Non capisci dunque che quello che im­portava era appunto d'intimorire e sgomentare questi rustici? Il vero ladro ha da essere coraggioso, e io riuscirò nel mio intento! Tu aspettami nel posto che sai, con tutto il bottino. E io darò prova del mio ingegno sgraffignando un po' di soldi in questo villaggio.

lampadosa       Da parte, mia andrò innalzando preghiere al cielo, affin­ché ti liberi da ogni timore di polizia e di cancellieri, che uccidono con la penna e con la mano!

tringintania    Zitti, che siete ladri dappoco! A evitare le trappole, ci penserò io!

Escono, ed entrano  il  sindaco e due assessori, in abiti contadi­neschi.

sindaco            Ho voluto riunirvi a consiglio, per studiare insieme con me, che sono il più vecchio, questa faccenda delle streghe che da dieci notti non lasciano dormire la gente, e intimoriscono tutti, sapendo come sono assetate del sangue dei bambini, che gli serve per le loro fattucchierie! E il fatto più grave accaduto nel villaggio è la scom­parsa del maiale del curato, che era grasso più del doppio di me!

primo assessore  Per questo ti preoccupi? Basta emanare un'ordi­nanza con la quale si castighi tanto ardire. Oh, basterebbe ch'io ne avessi acchiappata una sola, di streghe, e l'avrei già espulsa da tutto il territorio comunale!

secondo assessore  Bella idiozia![1] Espulsa solamente, una strega? Impiccarle bisogna, e così non ci daranno più fastidi! Perché sono capaci di trasformarsi in spiriti e vederci dappertutto!

sindaco            Dunque mi sarà impossibile farle arrestare?

primo assessore  È gente capace di volare, nel tempo di un'ora sol­tanto, dalle Fiandre a Zamora!

sindaco            Tu devi saperla lunga sul loro conto, se dici che volano come uccelli. Una notte mi afferrarono per una gamba e mi tennero per un bel pezzo appeso in aria! È spiacevole davvero, per noi sindaci, non aver autorità su codesta gentaglia! Ma questa volta, se sarà pos­sibile, con indizi e trappole, si dovrà fare una giustizia esemplare!

tringintania entra vestita di nero, con lunga tonaca e mantello clericale.

tringintania    Audite, sindaco, o sindaco! E se per caso non volite, non lo fate! Io sono, insigni magistrati municipali, un reverendo negromante, venuto a liberare dalle streghe questo miserabile paese! La mia scienza è tale ch'io sono capace di far mangiare un affamato, purché abbia qualcosa da mangiare, e sono capace di far mentire un sarto!

sindaco            Grande abilità codesta, veramente!

tringintania    Mi stia a sentire, signor sindaco: la mia scienza mi ha fatto sapere che da queste parti c'è un esercito di streghe che fra musiche e balli devasta le proprietà e succhia il sangue dei bambini. Per questo sono venuto volando, per incantamento, dalla mia tene­brosa caverna, a scongiurare tale pericolo. Salito su quel nero colle, ho chiamato Plutone e gli ho detto di mandarmi le streghe; ma Plu-tone, arrabbiato peggio di un cardatore di panni, mi ha risposto che questo villaggio lo ha insultato, e perciò ha mandato le streghe a castigarlo e a percuoterlo. Alla fine io sono riuscito a calmarlo pro­mettendogli cinquanta scudi d'oro; ma lui vuole che sia il sindaco stesso a portargli i soldi, in mia compagnia, in modo che possa rila­sciargli un attestato, che sarà poi custodito nell'archivio comunale. Questo è il messaggio che porto; e già la sera si avvicina, e se non verrete meco, Plutone si arrabbierà talmente, che vi strapperà l'anima a unghiate e a calcioni.

sindaco            Signor chiromante, dica al signor Plutone che nessuno avrà il coraggio di salire lassù.

tringintania    Che cosa avete detto, sindaco? Volete forse che vi colpisca una maledizione di Sua Maestà Plutone, e vi tramuti in rospo, in girifalco o in lupo, in astragalo o in zampa di bue, o in un fante delle carte, o che faccia precipitare sul villaggio mille navi di marzapane?

primo assessore  No, no, per amor di Dio! Si tiri fuori immediata­mente il denaro dalla cassa, e si vada a portarglielo!

sindaco             Non potrebbero accompagnarmi due assessori?

tringintania    Non  possunt.

sindaco            Gesummio, non fossi sindaco! Ma dica un po': proprio sta­notte ha da essere?

tringintania    Plutone esce sempre la notte, perché di giorno il sole gli farebbe male.

sindaco            Se è proprio necessario andare, andiamo pure.

tringitania      Io vi precedo per avvertire il gran Plutone, affinché le streghe ballino e vi preparino la cena.

sindaco             Mangiano dunque?

tringintania                Come frati!

sindaco            A me basta mangiare, e una volta mangiato, m'ammazzino pure!

tringintania                Vedete quella collina?

sindaco             Sì.

tringintania                Andateci e aspettatemi lassù.

sindaco             Sta bene.

tringintania                E fra mezz'ora anche gli altri possono venire a cercarmi.

secondo assessore   Andiamo a prendere il denaro dunque.

sindaco             Voglia Iddio che riesca a cavarmela senza guai!

Escono il sindaco e gli assessori. Rimane tringintania. Entrano i due ladri.

sarcoso           Tringintania tarda. Il cielo voglia che non l'abbiano presa i contadini, con la loro malizia e i loro inganni.

lampadosa       Ma non è lei che arriva, la nostra stella, in abiti da studente?[2]

sarcoso           Non temere, è proprio lei: lei, che sa far sparire le proprietà altrui, e che è stata sferzata tante volte quanti merli ci sono in un castello, e quanti auguri si fanno una vigilia di Natale!

lampadosa        Siamo felici di riaverti infine con noi.

tringintania    Venite, che vi racconterò com'è andata. E non preoccu­patevi di nulla!

Escono. Entra il sindaco con il denaro.

sindaco            Piaccia a Dio che questo Plutone non voglia la mia morte, e non mi prenda a sferzate con le redini d'un ronzino. Porto cin­quanta ducati per darglieli, e non mi farà del male, giacché di fronte ai quattrini anche il più feroce si placa. Ma eccomi giunto sulla col­lina, e non ci vedo nessuno, né Plutone né le streghe.

Entra tringintania vestita da strega.

tringintania    In nome di San Quintino, ti scongiuro, o sindaco, di starmi ad ascoltare un momento! Se hai gli occhi di una lanterna o di uno sbirro, vedrai ch'io sono la dispensiera delle streghe, che abi­tano in questo paese. Sessantamila di esse vivono sopra quella nera collina, in ricchi palazzi pieni di perle e di rubini. Osserva quell'ar­chitettura, guarda quell'arco snello e quelle finestre d'oro.

sindaco            Finestre d'oro? Dove?

tringintania    Non le vedi?

sindaco            No, non le vedo.

tringintania    Certo, sei un uomo dappoco e non ti è concesso di vedere le cose che Plutone racchiude colà. Se foste uno stregone, fratello, potreste vedere il castello meraviglioso, le cui fondamenta sono le spalle di uno squamoso delfino.

sindaco            Siete una strega, voi?

tringintania    Sì, sono una strega, come quelle che arrivano adesso.

Vanno entrando tre vestite da streghe.

prima strega    Dov'è la strega Saltana, cugina prima del Sufí, nipote del conte d'Ibernia e moglie di un questurino?

seconda strega  Io sono la strega Mirlanda, moglie del re Amadigi, nipote del conte Chiaro, a tal punto che mi ha potuto vedere senza lucerna[3].

terza strega     Io sono la strega Bassina, perché nacqui a Sottoripa. Ho la voce del corvo e la schiena del Cid. Sono molto delicata, tanto che una volta divorai un suonatore d'orchestra, ma non mi riuscì di digerire il flauto del medesimo.

sindaco            Dunque siete voi le streghe che vanno sempre in giro a stre­gare i ragazzini e tutti gli altri?

tutti                 Sì.

prima strega    Scemo, son cose da dire? Donne siamo!

sindaco            Con la barba?

terza strega     È la barba di quis vel quid.

sindaco            Ma ditemi un po':  perché siete streghe?

seconda strega  Affari nostri! Non c'è niente di più bello che essere streghe, e fare il giro del mondo in un'ora da Getafe a Parigi, svo­lazzando per le arie in sottile stormo e cantando e suonando con l'accompagnamento di questo tamburello.

(Cantano.)

Andando di trave in trave

passiamo il tempo piacevolmente

facendo del male a tutti:

oh, che bel modo di vivere!

Forza con la piva,

soffia la trombetta,

e noi balleremo

volando così!

prima strega    Poi su un bel prato si preparano cinquanta tavolate, per brindare e riempirci la pancia, su tovaglie profumate d'Olanda e di tela indiana. Ivi vedrai mille pani d'angelo fra altre mille leccornie; vedrai il coniglio arrostito e la pernice rosolata, e la vitella in salsa piccante e il francolino al marsala.

terza strega     E alle streghe che son novelline, gli mettono davanti trenta scodelle di minestra e sei pertiche da misurare, con le quali pertiche, amico mio, tirano fuori di fra il prezzemolo salsicce e san­guinacci dei più belli che si siano mai visti.

sindaco            E chi non vorrebbe diventar strega, di fronte a ciò?

tringintania    Non tutti possono aspirare a diventare streghe, che è una carica più elevata d'un palanchino. Bisogna subire un'inchiesta, e dimostrarsi capaci di inghiottire in due bocconi sei polpette di biancomangiare molle e sottile.

sindaco            Ma io ne metto in bocca anche venti, e persino trenta, e se capita anche mille! Si potrà provare qui stesso?

tringintania    Se vuoi essere dei nostri, dovrete prima spogliarvi e ungervi, e sborsare cinquanta ducati d'entrata e per il moggio.

sindaco            I soldi li ho qui pronti, voglio diventare strega!

prima strega    Toglietevi codesto vile vestito di rozza stoffa, e unge­tevi con questi unguenti, che vi faranno diventare invisibile e per tutta la vita vostra vi renderanno immortale!

sindaco            Strega ho da essere per sempre. Ungetemi e partiamo subito al volo.

tringintania    Dovete prima bendarvi gli occhi, affinché l'impressione di volare non vi faccia sbattere contro qualcosa e fracassarvi in mille pezzi. Olà, suonate il tamburo. E voi, amico, state fermo con le braccia e seguite i nostri fratelli!

(Suonano e cantano così:)

Suvvia, di trave in trave,

orsù, di qua e di là,

noi streghe cantando

abbiamo da vivere!

Forza con la chitarra,

fiato alla trombetta,

e noi balleremo

volando così!

Ballano tutti intorno al sindaco; a un certo punto se ne vanno, e quello resta solo a ballare, con gli occhi bendati, e senza il vestito che gli hanno tolto.

sindaco            Ehi, streghe, basta! Un momento, streghe, che non ne posso più! Sono stanco di volare, e ormai dobbiamo trovarci di­stanti duemila leghe dal mio villaggio. Voglio sbendarmi gli occhi! (Si sbenda e dice); Ma... Dio mi assista! Non sto al mio paese? E le streghe si sono squagliate tutte?... Ma quelli che stanno venendo qui, non sono forse Biagio e Bartolo?

Entrano i due assessori.

primo assessore  Che cosa fate qui, sindaco?

secondo assessore  Una strega, voi?

sindaco            Sì, una strega! Sapeste com'è bello fare il giro del mondo, in un'ora, da Getafe a Parigi!

primo assessore  Il poveraccio è stregato!  Tornate subito indietro e avvertite il curato che il sindaco è stato stregato e bisogna fargli gli esorcismi!

sindaco            (canta):

Cantando e suonando,

al suono di questo tamburello,

suvvia, di trave in trave,

orsù di qua e di là,

noi streghe, cantando

abbiamo da vivere!

secondo assessore  Il sindaco è stregato! (Esce.)

sindaco            Poi, su un bel prato, cinquanta belle tavolate per sbron­zarsi e rimpinzarsi!

primo assessore  Prendetelo, tenetelo fermo!

sindaco            E fra altre mille leccornie, il coniglio arrosto e la pernice rosolata!

Entra il curato con l'acqua benedetta, insieme con il secondo as­sessore.

curato             Il sindaco stregato?!

secondo assessore  E dice di quelle scemate da far crepare dal ridere!

sindaco            In piatti di tela indiana, alle streghe che sono streghe dategli trenta scodelle di minestra e sei pertiche da misurare, e con queste pertiche, amico mio, misurano, fra il prezzemolo, salsicce e sangui­nacci dei più belli che mai si siano visti!

curato             Bisogna spruzzarlo con l'acqua benedetta!

sindaco            Morirete tutti! Come osate trattare in questo modo una strega dabbene? Morite tutti!

primo assessore  Il demonio insatanassato gli è entrato nel corpo!

curato             Io ti scongiuro, o Satana! Vade retro, Satanuccio!

sindaco            Ah, cani!

secondo assessore   Ahi, ahi, mi ha ammazzato! San Cosma, San­t'Antonino! Aiuto, scappiamo tutti!

sindaco            Ma io vi rincorrerò!

(Si mette a ballare e a cantare.)

Suvvia, di trave in trave,

orsù, di qua e di là,

noi streghe cantando

abbiamo da vivere!

Il sindaco li fa fuggire tutti quanti a bòtte, e così termina la farsa.


[1]   Nel testo alcaldada, ossia letteralmente «sindacata». Gli spagnoli non dovevano avere troppa fede nell'intelligenza dei loro alcaldes, se si permisero di coniare un termine così poco rispettoso per i capi del comune!

[2] Gli studenti, come i negromanti e i sacrestani, vestivano abiti eccle­siastici, con tonaca lunga e mantello.

[3]   Gioco di parole basato sul nome del conte Chiaro (Claro), personaggio del Romancero.