Farsa all’italiana in un atto
di Anonimo spagnolo
dell’inizio del Seicento
Traduzione di Cesco Vian
da FARSE SPAGNOLE del secolo d'oro
Edipem Novara 1974
PERSONAGGI
orlando
durandarte
oliviero
l 'imperatore
ganellone
baldovino
gaifero
melisendra
Due MORI
Un PORTINAIO
Un USCIERE
Un SUONATORE
FARSA PRIMA DI MELISENDRA
PROLOGO MOLTO FACETO
Pubblico eminentissimo,
qui si darà una farsa
che, se la gente la guarda
bene dai piedi alla testa,
gli sembrerà improvvisata.
La storia di Melisendra
si vedrà con ogni particolare,
e così messer Orlando
che, con una mandorla sola,
mangerà una gran pagnotta.
E non solo voi vedrete
questi fatti tanto strani;
vedrete messer Gaifero
che per cent'anni, o quasi,
non si curò il gargarozzo.
Altre imprese famosissime
vogliamo ancor recitare;
perciò, se qualcuno ha gli occhi
cisposi per sudiciume,
farà molto bene a lavarseli.
Servirà pure saggiare
due morosi in un molino
perché vogliono sposarsi;
ma, passato il cetriolo,
non resta che dissimulare.
Ascoltateci dunque tutti
con la massima attenzione.
E questo serva da prologo.
Ma finisco, perché Orlando
ha fretta di venir fuori.
PRIMA GIORNATA
Entra orlando solo.
orlando Quanti dolori e quanti guai provochi nel mio petto, o amore! I tuoi echi rimbombano di notte nel mio triste letto e di giorno in queste caverne. Dimmi che cosa fa Donna Alda, la cui faccia e il cui collo mi piacciono a tal punto, che non c'è midollo di osso che soddisfi altrettanto i miei gusti.
Entra durandarte.
durandarte O amore, che con i tuoi inganni e le tue ghiotte dolcezze non risparmi i prodi, bensì li tramuti in imbroglioni con le tue frecce e i tuoi sortilegi! O mia bella Belerma, che una bocca e un naso come i tuoi, se non fossero così brutti, invano se ne cercherebbe di meglio in tutta Parigi e anche a Navas di Tolosa!
orlando O prode Durandarte, che si fa?
durandarte Meditavo sull'amore.
orlando Anch'io passeggiavo militando sotto i medesimi stendardi. Belerma vi si mostra forse ingrata?
duradarte Non c'è riccio di castagna né zecca come la mia Belerma amata. E la vostra Donna Alda, è tenera?
orlando Più dura d'una patata; giacché Ganellone le ha detto che io ho mutato pensiero.
durandarte Bel vigliacco è Ganellone! Non vive senza tradire!
Entra il portinaio.
portinaio Oliviero è alla porta. Desidera parlare con messer Orlando.
orlando Digli che entri. Oggi, qui, i paladini si sprecano.
Entra oliviero.
oliviero O prodi cavalieri!
orlando O signor di Montalbano!
oliviero Abbiamo ideato dei tornei che dalla Francia all'Algarafe e dal Sud fino a Gefate[1], i Pirenei non ne hanno mai visti di meglio!
orlando Il cuore mi fa già ticche-tacche.
oliviero Messer Gaifero ricusa di onorare con la sua presenza tanti paladini, poiché è intento a piangere l'assenza della sua amata Melisendra.
Entra il portinaio.
portinaio Alla porta è Ganellone.
durandarte Che può volere costui?
portinaio Devo farlo entrare?
orlando Senza dubbio colui viene a seccarci l'anima.
Entra ganellone.
ganellone Sono stufo di aspettare il vostro permesso d'entrare; e non ho atteso il portinaio perché ho fretta di vedervi. Ho riso come un matto perché messer Gaifero dice che i paladini non prenderanno parte al torneo. È arrabbiatissimo e mi vuol bene quanto al diavolo, perché mi occupo dei fatti suoi. Signori, badate che sto parlando con voi!
orlando Nessuno guardi dalla sua parte!
Entra il portinaio.
portinaio Messer Gaifero, mio signore, chiede di entrare in questa sala.
orlando Che attendi, o paggio? Con che umore ci parli? Parti tosto come una pallottola e fallo entrare. Presto, stupido!
Entra don gaifero.
gaifero O Durandarte! O Oliviero! O messer Orlando!
orlando O Gaifero, il galante! Ma come mai siete conciato così?
gaifero Per l'amore di Melisendra.
orlando Parlate apertamente con don Orlando!
gaifero Sì, parlerò.
orlando Dunque, che cosa avete?
gaifero Da ieri non entra un solo boccon di pane nel mio gargarozzo, e le budella mi si torcono.
orlando È amore, dunque, o è fame?
gaifero L'amore di Melisendra squilla in me come un tamburo. Neppure una mandorla entrerà in me, finché non vedrò salvo il suo onore.
oliviero Nel torneo potrà trovar fine la vostra malinconia.
gaifero Malinconia che nel mio ventre ha sede, solo con aria se ne uscirà. Oh, amata Melisendra! Ahi, Melisendra!
orlando Abbiate pazienza e cercate di stare allegro.
durandarte Finitela dunque.
gaifero Oh, amata Melisendra! Ahi, Melisendra!
orlando Se volete, giochiamo, e cosi potrete dimenticare.
gaifero Non debbo giocare, signori!
oliviero Perché volete ostentare tanto il vostro dispiacere?
durandarte Oh, massiccia malinconia! Come potete essere così?
orlando Mi rincresce della vostra tristezza.
oliviero Badate che cercate la morte.
gaifero Non rompetemi la testa!
ganellone Io che sono vostro amico di sempre, spero di ammansirlo. Volete correre la quintana, principe?
gaifero Come se me lo chiedesse il demonio dell'inferno! Fuori le carte, oppure i dadi. Va’ a cercarli tu, finiscila!
durandarte Lasciate le preoccupazioni e giochiamo ai dadi.
orlando A che cosa?
gaifero Agli aliossi.
orlando Sono, lieto che vi divertiate.
durandarteCerto, ogni cosa a suo tempo. Adesso vi conviene spassarvela.
orlando Ecco, portano il gioco della dama.
durandarte Bene, sia preparato.
orlando Sedetevi e confortatevi l'animo.
gaifero Signori, basta. Io non giocherò se non se ne va Ganellone.
durandarte Andatevene, signor di Maganza.
ganellone Se do fastidio me ne andrò, ma me la pagherete.
durandarte Andate con Dio.
ganellone Una lancia, se posso, gli tirerò.
orlando Sedetevi dunque, messer Gaifero; Ganellone se n'é andato.
gaifero Non ho denaro. Giochiamoci questo vestito.
oliviero Non è cosa da gentiluomini!
orlando Ci ha offeso tutti!
ganellone E subito, qui, faccia a faccia, che se mi fosse venuto incontro in campo aperto...
oliviero Basta, basta.
durandarte Andate con Dio, onorato messere.
gaifero Ti possano ammazzare!
orlando Giochiamo?
oliviero Ben lo potete.
gaifero Giochiamo dunque mille ducati, e che sia ai dadi.
Entra un suonatore con chitarra.
suonatore Che cosa fate, gentiluomini?
gaifero Per farmi dimenticare i miei guai, canta qualcosa di malinconico; così forse la mia pena si allevierà.
suonatore Canterò se mi ricompenseranno.
gaifero Sarai pagato. Canta una " Follia ".
Mentre il suonatore canta « Gioca a dama - don Gaifero » entrano l'imperatore Carlomagno e baldovino.
imperatore Dunque, Baldovino, il Moro afferma che non la restituirà in nessuno modo?
baldovino È arrabbiato come un toro e dice mille spropositi. Dice che non vuol darla, bensì maritarla con un moro.
imperatore Io non so quale salvietta possa pulire il mio onore!
baldovino Dev'essere una salvietta intrisa di sangue di quei cani, mio signore! Fa suonare le campane e muovi guerra al mondo; e tremino i monti e le colline rabbrividiscano di fronte a te!
imperatore Accidenti alla mia barba canuta e alla coperta che mi copre tessuta con tanta lana. Andrei io stesso a liberare mia figlia, se non soffrissi d'emorroidi!
baldovino Ben ti ode don Gaifero, che sta giocando a dama.
imperatore Basta, gentiluomini, basta! Bravo, Don Gaifero, giocate pure per tutte le sale, inamidato e azzimato, come un coraggioso paladino! Accidenti a me e ai miei soldi, che se non vestissi pantaloni di ferro, monterei il mio ronzino e andrei a far macello della Morena! Guardatelo, il gagarello, vestito di seta e col colletto inamidato, avvezzo al letto morbido, al muschio, all'ambra e allo zibetto!
gaifero Basta, signore, non hai diritto d'insultarmi, poiché non è suonata l'adunata. Suoni la sarabanda, e don Gaifero uscirà con la sua lancia a sbudellare qualcuno!
imperatore Io solo partirò a liberare mia figlia. Restate pure qui a giocare, ci penserò io a salvarla. Divertitevi pure, già che state divertendovi; io andrò a cercarla. Olà, portate le mie armi e i miei cavalli!
orlando Mi strapperei un dito per fermarlo con l'anello[2].
gaifero Chi non si meraviglierà e si spaventerà, vedendomi trattato a questa maniera? Oh, chi può mantenere tanta calma? Stramaledico i miei abiti e me! A che mi servono piume e cappello? A che il collo inamidato e i guanti profumati all'ambra? Non li voglio; né voglio i calzoni di broccato. Che mi tratti così un uomo che è mio suocero, solo perché mi vede seduto qui! O rabbia! O rigore! O impazienza! Messeri, col vostro permesso, me la batto!
orlando Messer Gaifero, udite la verità nuda e cruda, giacché il proverbio dice che il miglior rutto è quello del ravanello più grosso: Melisendra si trova a Sansuegna, voi a Parigi spensierato; voi siete lontano, ella è donna; v'ho detto abbastanza, pensateci!
durandarteCome parente vostro, io vi darò un bel consiglione, uno di quelli che valgono più di una buona zuppa con l'aglio: Melisendra è una zecca e voi uno scarabeo; voi siete un maschio e lei è una femmina. V'ho detto abbastanza, pensateci!
oliviero Da parte mia, pur non essendovi parente ma solo compare, di quelli devoti del venerdì santo, vi consiglio di mettervi a cavalcioni d'un somaro e di andare in cerca di Melisendra. V'ho detto abbastanza; pensateci!
baldovino Ed io, pur venendo in coda, e in questi casi la coda è più saporita, vi darò un consiglio sano: Melisendra si trova a Sansuegna, voi a Parigi spensierato; è donna, vorrà partorire. V'ho detto abbastanza: pensateci!
gaifero Io vi ringrazio, signori zio, amico, fratello, cugino e compare. Ma per il viaggio voi dovreste prestarmi circa un milione di ducati.
orlando È molto, perdio! Eccovi un borsone di soldi.
durandarte Prendi questo marsupio.
gaifero Nessuno di voi, messeri, potrebbe farmi un prestito, sulla garanzia dei miei quindici puledri?
baldovino Eccovi questa mia borsa che, in fede mia, è consistente.
oliviero Impegnate questo portafortuna, se vi troverete impegnato.
gaifero Cugino mio don Orlando, prestatemi il vostro cavallo, ché se torno io tornerà anche lui, credetemi.
orlando Giusto oggi gli ho comprato un freno di raso nero e una sella di broccato. Siete arrivato a proposito!
gaifero Abbracciatemi tutti e quattro, cavalieri.
durandarte Ti aiuti san Dionigi e anche quello del ramarro.
gaifero Nobili messeri, addio.
SECONDA GIORNATA
Entrano melisendra e due mori.
melisendra Lamentarmi voglio se stessi un poco su queste mura, come già mi vedeste, a meditare, ed egli mi udisse e cantasse, come sempre, tristi canzoni; poiché quelli che mi aspettano disperano e tacendo diranno alcune freddure. Ma se egli fa ciò, non si comporta da gentiluomo. Tristi pareti, che ne è del mio Gaifero? Ora starà passeggiando e facendo mille galoppate sul suo cavallo; e magari se la starà spassando con le dame, pettegole infami. E io me ne sto qui afflitta e piangente, e non distinguo più quando si scherza e quando si fa sul serio. Se egli fa ciò, non si comporta da gentiluomo. Tristi pareti, che ne è del mio Gaifero?
primo moroSignora, tu non fare storie, se mio signore vedere tutti ci fare morire. Noi dirti questo.
secondo moroSignora, tu stare zitta, io dire te altra volta; se tu piangere, morire; e se morire, sotterrare.
melisendra Dormite, carnefici crudeli! (I Mori si addormentano.) Tristi pareti, che ne è del mio Gaifero? Perseguitata da cose ingannevoli, da pensieri e da sentimenti, nonché dalle pulci che sono insopportabili; i capelli incolti perché non ho il pettine, e anche sporchi; le mani incatenate; piena di cimici, zecche e pidocchi... Non fa niente, purché lo possa rivedere. Non mi dimenticherò del mio don Gaifero!
Entra don gaifero.
gaifero Riposi il cavallo, ed io intanto dirò a queste muraglie il mio dolore, la mia pena e il mio pianto. Solo a contemplarle, mi conforto alquanto.
melisendra Oggi, o pareti alte ed odorifere, ed al mio bene sempre pigerrime, al mio male vi mostrate parecchio mortifere. Già in vita mia, sarete celeberrime; e se in questo sarete generosissime, le vostri lodi canterò spessissime. Se invece non lo fate, possiate morire ammazzate! Ma sembra che si avvicini un cavaliere.
gaifero Non sol qual pizzicorino sento in me, che mi dà i brividi, e mi mette fuor di me!
melisendra Voglio parlargli, ma non oso.
gaifero Vorrei parlare, ma non posso.
melisendra Grande è la mia paura.
gaifero Mi sento pien di timore.
melisendra Voglio parlargli. Ehi, gentiluomo! Ecco, si volta da questa parte!
gaifero Comandate, signora; sono ai vostri ordini.
melisendra Se non è Golia, è Alcide! Gentiluomo, se andate in Francia, cercate di Gaifero e ditegli che la sua sposa gli manda tanti ricordi.
gaifero Vivaddio, è Melisendra! Ma voglio dissimulare, perché son morto di fame e corro il rischio di crepare.
melisendra Non mi rispondi? Debbo riuscirti antipatica! Se lo trovate, dunque, ditegli che la sua sposa gli si manda a raccomandare.
gaifero Non posso più tacere! Sono don Gaifero, signora!
melisendra È mai possibile quel che odo? Mio conforto!
gaifero Mio sollazzo!
melisendra Mio boccale!
gaifero Mia borraccia!
melisendra Mia balestra!
gaifero Mia pallottola!
melisendra O urto mio!
gaifero O mio tocco!
melisendra Mio quattrino!
gaifero Mia svanzica!
melisendra Mia primiera!
gaifero Mio giolli!
melisendra Mio susino!
gaifero Mia albicocca!... Scendete, signora, scendete!
melisendra Mi si vedranno le gambe!
gaifero Io vi coprirò le caverne.
melisendra Entrate da codesto portello.
gaifero Entro a parole tenere.
melisendra Fate attenzione, non c'è corda; come mi afferrerete?
secondo moro Ehi, guardie, all'erta! Un francese se la squaglia portandosi via Melisendra!
Escono melisendra e gaifero, ed entrano l'imperatore, orlando, durandarte, oliviero e ganellone.
imperatore Quale sarà stata la sorte di mia figlia e di mio genero? Non c'è peggior fuoco all'inferno di quello che mi consuma il petto e mi tiene in pianto perenne.
ganellone Secondo la retta ragione, non avrebbe dovuto andare. Ma è andato, e non tornerà.
imperatore La vuoi piantare, Ganellone?
durandarte Se stesse zitto, creperebbe.
orlando Un corriere giunge al gran galoppo, pieno di ruchetta, e chiede di entrare in tua presenza.
imperatore Venisse pieno di lattuga, per rinfrescare la mia impazienza!
corriere Poiché reco buone notizie che rallegreranno la tua gente, dovresti darmi subito un regalo.
imperatore Questa catena!
orlando Suvvia, parla, dunque!
corriere Non è notizia da poco, bensì un notizione, e autentico!
imperatore Dilla, dunque, parla!
corriere Ascolta. Parti di qui don Gaifero, e appena giunto a Sansuegna, o per dir meglio alle sue mura, vide Melisendra. Guardandola, il principe calò la visiera. Al primo momento non la riconobbe: lei era su e lui giù; lei addolorata, lui anche; lei triste, lui stanco; lui afflitto, lei fuori di sé; lei a piedi, lui a cavallo; lei circondata da un muro, lui senza muro intorno. Ma poco importano le muraglie, se amore le penetra. Avendola riconosciuta e saputo che era lei, si scambiarono mille tenerezze, più dolci della besciamella. Lei si butta giù dalle mura, ma senza fracassarsi la testa, poiché don Gaifero la accolse fra le braccia. « Guerra, guerra! » strillano subito i Mori; ma lui non gli fa caso, sprona il ronzino e partono al galoppo. I crudeli gli sparavano gran copia di frecce, ma non c'è freccia che trapassi il vero ed autentico innamorato! Di tanto in tanto il principe voltava la testa, e voltandola combaciava con la faccia di Melisendra; e lei baciava lui, e da parte sua lui baciava lei. Così, passando il tempo, si stanno avvicinando a Parigi, signore. È dunque poco buona l'imbasciata che esce dalle fauci del sottoscritto?
imperatore Avverti le orchestre, si organizzino feste e spassi. Che cosa dicevi tu, Ganellone? Hai sentito che notizie? Ricevi la mia prediletta.
orlando Suvvia, andiamo, cavalieri.
imperatore Ganellone, tu non vieni?
ganellone Li accolga Belzebù con quattro scariche d'archibugio.
imperatore Ganellone, in nome di Gesù!...
orlando Sapendo ciò, che cosa facciamo? Muovetevi, Durandarte.
durandartePerché indugiare qui? Andiamo da questa parte e vedremo Melisendra.
Escono tutti. Entrano melisendra e don gaifero e l'imperatore e tutti gli altri, sotto una coperta vecchia, a modo di baldacchino.
imperatore Posso io parlare? Figlia mia amatissima, vieni, ché il prode Durandarte ti farà subito una mandorlata, per confortarti, e a mio genero don Gaifero, che sarà piuttosto giù di corda, dategli immediatamente, o gentiluomini, un po' del papero arrostito che mi presentò Oliviero.
durandarte Tutti ci sollazziamo del vostro arrivo.
imperatore Non fermiamoci qui. Si entri in palazzo, vi troverete scacchiere per giocare, e laverete i miei figlioli sia davanti che dietro.
orlando E con ciò diamo fine alla singolare avventura, che non l'avrebbe portata a termine nemmeno Merlino col suo cavallo di canna, e neppure un mattaccino di professione!
[1] Algarafe e Getafe erano due piccoli villaggi spagnoli.
[2] Sic nel testo. Si tratta forse di un'interpolazione.