Filosofia di Ruth

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FILOSOFIA DI RUTH

Commedia in un atto

Di S. GOTTA e M. MORTARA

PERSONAGGI

RUTH VINES,maestra di un balletto

FRANZ BOCH, proprietario del colibrì

GIORGIO DESSI, direttore del locale

PERSONALE DI SERVIZIO

Commedia formattata da

In una sala secondaria di un locale di danze romano, il « Colibrì ». A sinistra, una porta conduce al salone principale. A destra, un'altra porta semiaperta svela l’elegantissima saletta del bar americano. In fondo, un'ampia portiera di velluto cela incomple­tamente una scala a chiocciola che sale agli spogliatoi delle ar­tiste. Sono le sette. È appena terminato il tè danzante e passano veloci dei camerieri, carichi di tovaglie e strofinacci, frettolosi di sistemare il disordine lasciato dai clienti e di « vestire » il locale da sera. Per la sala, mentre un ragazzo sta finendo di strofinare il pavimento, passeggia il proprietario, Franz Boch, bell'uomo qua­rantenne, aitante, dallo sguardo imperioso. Dalla sua maniera esa­geratamente compassata di portare l'abito si arguisce il suo carat­tere rigido, un poco monotono.

Giorgio Dassi                - (Giovanotto slanciato, impeccabile, in monocolo. È gaio e brioso e la simpatia che gli dimostrano i frequentatori del locale lo rende impertinente. Entra dalla porta di sinistra fischiettando con sotto il braccio un pacco di listini, s'accorge di Boch, ma finge non vederlo e continua a zufolare. Improvvisa­mente guarda il proprietario e dischiude le labbra in un largo sorriso metà cerimonioso e metà beffardo) Oh, la cercavo, signor Boch!

Boch                             - (astioso) Anch'io cercavo lei, Dassi.

Dassi                             - (allegro) Son qua; ha ordini?

Boch                             - Ordini e altro. Ma di ciò, dopo. Dica pur lei.

Dassi                             - Ecco, si tratta dei liquori. Alcuni clienti si lamentano.

Boch                             - (aggressivo) Si lamentano?

Dassi                             - (tamburellando sul pacco dei listini) È come le dico. Si lamentano perché trovano ingiusto che la seconda, la terza, la quarta consumazione abbiano lo stesso prezzo della prima.

Boch                             - Tutto qui?

Dassi                             - (paziente) Forse non mi sono spiegato.

Boch                             - Spiegatissimo.

Dassi                             - Ma...

Boch                             - Niente ma. Sciocchezze. Capricci di « portoghesi ».

Dassi                             - (ridendo) Al contrario, signor Boch. I « portoghesi » non pagano.

Boch                             - (burbero) Tenga le facezie per le americane dell'« Excelsior ».

Dassi                             - (ironicamente rispettoso) Perdoni, signor Boch. Pure, mi permetto farle osservare che in molti rinomati locali si usa da tempo lo sconto progressivo dei liquori. Del resto, io penso...

Boch                             - Lei pensi tutto quello che vuole, ma se lo tenga per lei. Se altri locali praticano lo sconto, facciano pure. Il ce Colibrì » non sa che farsene di certi spilorci. Quei signori, se non sono contenti, vadano altrove. Me ne infischio. Capito?

Dassi                             - (remissivo) Benissimo, ja, ali right, très bien. (Affa­bile) Se non erro, lei aveva qualcosa da dirmi...

Boch                             - Sì, la incarico di licenziare il barman Tito.

Dassi                             - (meravigliatissimo) No?!

Boch                             - (scattando) Come no? Crede ch'io scherzi quando parlo?

Dassi                             - No, ma trovo che in questo caso parla e scherza.

Boch                             - Sia più rispettoso, Dassi.

Dassi                             - Ma, signor Bob., Tito, il nostro bravo Tito.

Boch                             - Esattamente, proprio Tito. E ce n'è anche per lei.

Dassi                             - Per me?

Boch                             - Per lei, sicuro, per lei. Sarà bene che allarghi gli occhi, direttore. Lei non vede o finge di non vedere. Cieco. Sulla mia parola, lei rap­presenta l'ideale per i subalterni.

Dassi                             - (seccato) Sarei indiscreto chiedendole di spiegarsi un tantino di più?

Boch                             - Lei continua a scherzare, ma non c'è nulla da scherzare. Qui dentro ne succedono di ogni colore.

Dassi                             - In che senso?

Boch                             - In tutti i sensi.

Dassi                             - Ossia?

Boch                             - Ossia si fa troppo il proprio comodo. Intrighi, cricche, tresche.

Dassi                             - In parole povere?

Boch                             - In parole povere il personale si crede autorizzato a concedersi libertà che non tollero.

Dassi                             - E ritornando a Tito?

Boch                             - L'ho intravisto, salendo le scale, scherzare con una girl.

Dassi                             - (divertito) Gran male, signor Boch! Tutte le sere, non è raro vedere qualcuno che scherza con una girl.

Boch                             - Questo qualcuno, Dassi, potrà essere chiunque ma non un barman o un membro del personale. E lei lo sa benissimo.

Dassi                             - Cioè io so che...

Boch                             - Lei sa che non tollero assolutamente abusi di questo genere. Io stesso dò l'esempio astenendomi da ogni familiarità con le artiste. Tito faccia il rubacuori fuori, se gli accomoda, ma qui dentro deve fare il barman.

Dassi                             - Tirando le somme?

Boch                             - Lo licenzio.

Dassi                             - Impossibile.

Boch                             - (ringhioso) Impossibile? Qui coman­do io, Dassi.

Dassi                             - Esatto.

Boch                             - E mando via chi voglio.

Dassi                             - Esattissimo. Ma non trovo logico li­cenziare Tito Verri, uno dei migliori barman di Roma, inventore del « Mezzanotte Cocktail », che ci ha procurato come clientela stabile buona parte dell'aristocrazia romana.

Boch                             - Uno screanzato che fuma e beve in servizio e tratta i milionari come fossero suoi compagni di collegio.

Dassi                             - Ciò sarà vietato dal « Manuale del perfetto barman» ma è praticamente utile alla casa. Quando il barman beve, paga il cliente; quando il barman batte sulla spalla del milio­nario, il milionario è brillo. Conclusione: in­casso.

Boch                             - Chiacchiere. Criteri da locale in de­cadenza. Io voglio disciplina, rispetto. Licenzi Tito.

Dassi                             - E con chi lo sostituiremo?

Boch                             - Non ci pensi. Finito un divo, se ne crea un altro.

Dassi                             - Ecco un proverbio moderno e molto saggio. Vuol dire che quando un cliente ci chie­derà una bibita indiremo un concorso per tro­vare il successore di John Gilbert.

Boch                             - Basta, Dassi; glie l'ho già detto, tenga i suoi frizzi per far bere più sciampagna alle newyorkesi. Licenzi Tito.

Dassi                             - Inutile insistere?

Boch                             - Perfettamente inutile, dovrebbe aver­lo capito. E si ricordi, Dassi, che al mondo non c'è nessuno d'indispensabile.

Dassi                             - Questo è per me?

Boch                             - Non so. A buon intenditor...

Dassi                             - ... poche parole. È la giornata dei proverbi.

Boch                             - Vada, Dassi, vada.

Dassi                             - (con la cantilena che gli è consueta) Benissimo, ja, ali right, très bien.

Boch                             - Le ho già detto che quella sua abitu­dine di annuire in quattro lingue mi dà terribil­mente ai nervi. Se ne astenga, la prego.

Dassi                             - Benissimo,... (S'interrompe con un gesto di scusa ed esce con lestezza).

Boch                             - (con tono di cattivo umore ad un capo-cameriere che s'affaccia ad una porta prima di andarsene a cena) È tutto pronto, Carlo?

Il Capo-cameriere         - Sissignore.

Boch                             - Il cotillon?

Il Capo-cameriere         - Disposto.

Boch                             - Anche il lancio delle nuove palline a sorpresa?

Il Capo-cameriere         - Se ne è occupato il si­gnor Dassi in persona. Nessuno meglio di lui...

Boch                             - (urtato) Lo so. Il servizio di buffet freddo?

Il Capo-cameriere         - In ordine. C'è Guppiesi, stasera.

Boch                             - Bene. Chi sono i camerieri di turno sino alle nove?

Il Capo-cameriere         - Renzo e Mario.

Boch                             - Mandatemi Renzo per. apparecchiar­mi la tavola.

Il Capo-cameriere         - Sissignore. Buona sera.

Boch                             - Buona sera. (Si siede borbottando pa­role incomprensibili. Si alza, va alla porta che conduce al salone, ritorna sbadigliando, si siede nuovamente traendo dalla tasca un giornale e spiegandolo. Subito dopo, entra un cameriere che apparecchia due tavolini vicini. Boch conti­nua a leggere per qualche secondo. Poi, alzando il capo) Ma cosa stai facendo, Renzo?

Il Cameriere                  - Apparecchio, signore.

Boch                             - Due tavoli?

Il Cameriere                  - Sissignore. L'altro è per la maestra delle girls, la signorina Ruth Vines.

Boch                             - (irritandosi e sbattendo il giornale) Cosa, cosa, cosa? Ma da quando in qua la capi-faine pranza al « Colibrì »?

Il Cameriere                  - Non so, signore. Ossia sì. La signorina Vines si è attardata per completare dei particolari del nuovo numero di danza e ha deciso di pranzare qui. Me lo ho comunicato in questo momento.

Boch                             - (con violenza) Ha deciso? E chi l'ha autorizzata?

Il Cameriere                  - Non saprei, signore. Forse il signor Dassi.

Boch                             - Ma chi crede d'esser diventato Dassi, il Padreterno?

Il Cameriere                  - (facendo un gesto come per dire che la faccenda non lo riguarda o che egli non sa cosa farci) Devo sparecchiare un tavolino?

Boch                             - (dopo un attimo di esitazione) No, lascia stare, lascia stare! (Si va a sedere davanti il suo tavolo, mentre dalla porta del bar entra:)

Ruth                              - (È giovane, graziosissima, elegantissi­ma, violentemente profumata. Camminando pi­gramente si dirige verso la sua mensa e vi si accomoda) Buona sera, signor Boch.

Boch                             - (senza alzare gli occhi) Buona sera.

Ruth                              - Voi perdonate il disturbo, non è vero?

Boch                             - (continuando a leggere) Uhm.

Ruth                              - Uhm sì o uhm no?

Boch                             - (stizzito) Sì.

Ruth                              - (intingendo il cucchiaio nel brodo che il cameriere Renzo le ha appena recato) Voi cenate sempre solo?

Boch                             - (appoggiando il giornale contro una bot­tiglia e prendendo a sua volta il cucchiaio) Come vedete.

Ruth                              - (sorridendo) Veramente non vedo. Siamo in due.

Boch                             - (ruvido) Badate, il brodo vi diven­terà freddo.

Ruth                              - Grazie e mille. È interessante l'arti­colo che state leggendo?

Boch                             - (arcigno) Interessante.

Ruth                              - Posso chiedervi di cosa tratta?

Boch                             - Di un ponte.

Ruth                              - Di un ponte?

Boch                             - (sbuffando) Sì, di un ponte che stan­no costruendo a Berlino.

Ruth                              - Voi siete tedesco, vero?

Boch                             - Tedesco.

Ruth                              - Di che città?

Boch                             - Amburgo.

Ruth                              - (con simpatia) Bella, Amburgo. Vi sono stata. Una città dinamica, possente. Ha una sua grande poesia: la poesia del ferro. Mi piace.

Boch                             - Me ne rallegro.

Ruth                              - Non credete che mi piaccia?

Boch                             - Perché non lo dovrei credere?

Ruth                              - Non so; avete detto in un certo modo...

Boch                             - Parlo come so, miss Vines.

Ruth                              - Oh, non offendetevi, vi prego.

Boch                             - No. (Si rimette a leggere).

Ruth                              - Io, invece, sono inglese, di Ports­mouth.

Boch                             - (fa mostra di non aver sentito).

 Ruth                             - Vi dicevo che sono inglese, di Ports­mouth.

Boch                             - Lo sapevo.

Ruth                              - (gradevolmente sorpresa) Davvero? Sapevate che sono di Portsmouth?

Boch                             - Ma no, che siete inglese.

Ruth                              - Oh, si capisce. Che sciocca!

Boch                             - Già.

Ruth                              - (molto risentita) Trovate che sono sciocca ?

Boch                             - Ma no, chi l'ha detto?

Ruth                              - Voi, proprio voi.

Boch                             - Io?

Ruth                              - Sì, voi.

Boch                             - Se l'ho detto, non me ne sono ac­corto. Scusate. Sono distratto. E stanco. E ner­voso. Vi prego, lasciatemi leggere.

Ruth                              - (rappacificata) Sì, vi lascerò leggere. Vi capisco. Un giornale della propria terra!... È come tener tra le mani un atomo di patria, della patria lontana. Solamente nella distanza si sa dare il giusto valore a certe cose. (Sospira) Vedete, mi fate diventare melanconica.

Boch                             - Due gocce dì vino. Vi faran passar tutto.

Ruth                              - Siete gentile. Grazie.

Boch                             - Prego. (Perfeziona l'equilibrio del giornale e vi si assorbe con puntiglio).

Ruth                              - (improvvisamente preoccupata) Scu­sate, non vi fa male leggere pranzando?

Boch                             - (esasperato) No, miss Vines, no!

Ruth                              - (materna) Ne siete certo?

Boch                             - Certissimo. Mi fa male mangiare e parlare.

Ruth                              - (con ingenuità) To', non avevo mai sentito dire che questo nuocesse.

Boch                             - Ora lo sapete.

Ruth                              - Sì, e ne sono contenta. Non trascuro mai occasione per istruirmi. A questo mondo c'è sempre da apprendere. Non trovate?

Boch                             - Trovo.

Ruth                              - Non mi sembrate convinto. Eppure è così. Un mio zio, capitano di lungo corso, so­leva dire che « ad ogni porto di mare c'è qual­cosa da imparare».

Boch                             - Non ho passione per le rime.

Ruth                              - Nemmeno io. Ma lui sì. Mio zio viag­giò molto in Cina e in Giappone e gli Orientali sono poeti nati. Siete mai stato in Cina?

Boch                             - No.

Ruth                              - E in Giappone?

Boch                             - Se fossi stato in Giappone sarei stato anche in Cina.

Ruth                              - Non è vero. Passate per piazza Co­lonna tutte le volte che venite al «Colibrì»?

Boch                             - Non amo le discussioni.

Ruth                              - Perché siete indolente.

Boch                             - (sorride suo malgrado gettando il gior­nale) Vedo che decisamente la mia lettura vi disturba.

 Ruth                             - Qualcosa di simile, infatti. Mio Dio, quanto pepe c'è in questo contorno!

Boch                             - Lasciatelo.

Ruth                              - Vi pare? Il pepe è come il pericolo: si teme ma stuzzica.

Boch                             - È obbligatorio sorridere?

Ruth                              - Facoltativo.

Boch                             - Allora, se permettete, me ne astengo perché il vostro paragone è poco intelligente.

Ruth                              - Ciò che vi fa difetto non è certo la franchezza, caro signore!

Boch                             - Caro? Usate spesso questo aggettivo?

Ruth                              - Tutte le volte che incontro una per­sona simpatica come voi.

Boch                             - (inchinandosi) Grazie.

Ruth                              - È la verità. Io non vi trovo affatto antipatico come...

Boch                             - Come?...

Ruth                              - ... come molti vi trovano. Sì, da una settimana che sono al « Colibrì » non sento ripe­tere altro che: quel nevrastenico di Boch, quel villano di Boch, quel bulldog di tedesco. Non è vero. Bisogna sapervi prendere, ecco tutto. In fondo, siete amabile. Del resto, a me piacciono gli uomini ispidi. E poi, pur ammettendo che non avete troppa fantasia nella scelta delle cra­vatte, trovo che siete molto distinto. Quanti anni avete, signor Boch?

Boc                               - (quasi affabile) Quaranta.

Ruth                              - Pochi.

Boch                             - Molti.

Ruth                              - Secondo i casi.

Boch                             - E voi, miss Vines? Ve lo chiedo perché ne dovete avere così pochi che la domanda non è indiscreta.

Ruth                              - È obbligatorio ringraziare?

Boch                             - Facoltativo.

Ruth                              - Allora, se permettete, me ne astengo perché il vostro complimento non pecca certo di soverchia originalità.

Boch                             - (piccato) Anche a voi non fa difetto la sincerità. Che volete? Non tutti possono avere il vostro brillante spirito.

Ruth                              - Siete permaloso. Facciamo la pace?

Boch                             - Non ve n'è bisogno.

Ruth                              - (infantile) Sì, facciamola. Alla ma­niera che s'usa in Uganda. Non sapete? Si fa così. In un solo bicchiere si mescolano due dita di un liquore nero e due dita di un liquore bianco. Il liquore nero simboleggia il sangue, quello bianco l'anima.

Boch                             - Scusate, avete detto fra i negri d'U­ganda?

Ruth                              - Sì.

Boch                             - Allora vi siete sbagliata. Il liquore bianco simboleggia il sangue e quello nero l'ani­ma. L'anima d'un negro non può essere...

Ruth                              - ... che nera. (Eccessiva) Ah ah, siete spiritosissimo!

Boch                             - Fate pure, miss Vines.

Ruth                              - Via, a questo punto la pace è neces­saria. Permettete? (Si alza, fa segno al came­riere che è rientrato con del vasellame di por­tare il suo coperto al tavolo di Boch e si siede vicino a lui).

Boch                             - Perché ?

Ruth                              - Avete scordato? Alla maniera d'U­ganda. Invece dei liquori adopreremo del vino. Fa lo stesso. Ecco qua, voi ne avete del bianco e del rosso. Ma siete distratto. A che pensate?

Boch                             - (urtato e intimidito dalla presenza di Renzo) Penso che avete una strana maniera d'invitarvi.

Ruth                              - È la migliore. Si prevengono i rifiuti. (Versa un po' dei due vini nel bicchiere di Boch, agita lentamente e beve la metà del liquido) A noi due!

Boch                             - (dopo aver atteso che Renzo si sia allon­tanato beve a sua volta) A voi, miss Vines!

Ruth                              - Diventate galante. Grazie. (Volubil­mente) Siete sposato?

Boch                             - (allarmato) No.

Ruth                              - Non v'inquietate. Non sono un'esa­sperata cacciatrice di marito. Tanto più che ho del tempo davanti a me. Ah, già, non mi avete chiesta la mia età? Venticinque anni. Garantiti.

Boch                             - E così giovane siete capitaine?

Ruth                              - Strano, vero?

Boch                             - Stranissimo. Non ho conosciuto capitaines che non fossero almeno cinquantenni. E scontrose, litigiose. Per me la capitaine è un es­sere strano: ballerina senza esserlo, donna senza esserlo. Un anfibio bisbetico che ragiona col compasso e col metronomo e che fa delle punte dei piedi degli altri le girelle del proprio si­stema...

Ruth                              - ... cardiaco. Bene. Siete eloquente. Vi piace questo intingolo?

Boch                             - Discreto, ma un po' pesante. Sono delicato di stomaco.

Ruth                              - Me ne duole. Volete che vi racconti come sono diventata capitaine?

Boch                             - Astenetevi. Mi fareste certamente un racconto nel quale, se foste russa ed anziana, sen­tirei parlare di una vostra infanzia e di una vo­stra prima giovinezza trascorse a contatto col granduca Cirillo Ordokoff o con la principessa Tatiana Fedorovna. Siccome siete inglese e ven­ticinquenne, mi narrereste che vostro padre, ca­stellano rovinato, vi voleva maritare ad un mer­cante di suini di Birmingham e che, per sottrar­vi a sì ignobile contratto, siete fuggita dal tetto paterno per seguire la vostra vocazione latente e avete scelto l'amministrazione dei lesti alluci che attualmente governate.

Ruth                              - Diventate corrosivo, mio caro. Ma vi sbagliate. Mio padre era impiegato postale e di mercanti di suini non ne ho conosciuto che uno, tedesco come voi, il quale in Germania si rimpinzava di wurstel con crauti e non poteva sop­portare, all'estero, la più anemica omelette-con­fiture.

Boch                             - Toccato!

Ruth                              - In guardia ancora. Sono diventata capitaine come voi siete diventato proprietario del « Colibrì »: non sapendo fare, ho preferito comandare. Succede spesso così.

Boch                             - Volete dire con questo ch'io non sa­prei essere un buon maitre?

Ruth                              - Al contrario. Ne avete tutti i requi­siti: alto, serio, compassato, decorativo.

Boch                             - (seccato) Vi contraddite, miss Vines.

Ruth                              - È così bello contraddirsi, non aver sempre la stessa opinione! La vita cambia fisio­nomia, si rinnova. Diventa meno uniforme, più briosa.

Boch                             - (assai ironico) Avete una psiche, mol­to complicata. Strano, perché le complicazioni femminili sono in ragione diretta dell'età. Si ve­de che siete precoce.

Ruth                              - Precocissima. In tutto. Non vi siete meravigliato poc'anzi del mio grado di capitana?

Boch                             - Certamente. Peccato però che le vo­stre scolare approfittino della vostra immaturità per fare il proprio comodo. I vostri sermoni, ap­punto perché pronunciati da due labbra così inadatte al compito, devono avere ben poco ef­fetto, anzi un effetto completamente negativo.

Ruth                              - E da cosa lo arguite?

Boch                             - (rannuvolandosi) Dal contegno delle vostre mocciosette. Oggi, salendo le scale degli spogliatoi, ne ho vista una fuggire dal mio barman.

Ruth                              - Poveretti!

Boch                             - Poveretti chi?

Ruth                              - Il vostro barman e la mia allieva. Li avete disturbati. (Convinta) Credete che è sec­cantissimo esser importunati in certi momenti.

Boch                             - (irritandosi) Sono dolente di non po­ter prendere la cosa come voi. Voi siete padrona di perdonare la vostra allieva e anche di darle una menzione onorevole, ma io sono padrone di punire il mio barman, come ho fatto.

Ruth                              - Già, ho sentito. Il vostro Tito si tro­vava nella sala rossa vicino a me quando è en­trato Dassi per licenziarlo. Avete fatto male, si­gnor Boch. Siete eccessivo. Povero Tito! Un così bravo, simpatico ragazzo!

Boch                             - Lo conoscete bene, a quanto sembra!

Ruth                              - Discretamente. Lo conobbi a Vene­zia. Alternava le sue miscele alle dispense di diritto.

Boch                             - Alle dispense di diritto?

Ruth                              - Sì, non conoscete la sua storia?

Boch                             - Voi avete una particolare inclina­zione per le storie.

Ruth                              - Pare. Tito Verri fa il barman in at­tesa di laurearsi in legge. Lavora e studia.

Boch                             - Commovente dramma! Voi mi interessate, miss Vines! Senza dubbio egli sarà un conte decaduto.

Ruth                              - Avete già fatto questo spirito, signor Boch. Voi siete cattivo. 0 volete mostrare d'es­serlo; il che è lo stesso. Non so cosa troviate di tanto grave nel fatto da ricorrere a misure così severe.

Boch                             - Non è per il fatto in se stesso. È per « dove » si è svolto il fatto. Se tutti i miei dipen­denti si abbandonassero agli entusiasmi del pro­prio cuore, vi immaginate cosa diventerebbe il «Colibrì»? Bisogna abituarsi a saper rinuncia­re. Anche quando le tentazioni sono molte. Ci sono dei cassieri di banca che giornalmente ma­neggiano dei milioni e non per questo...

Ruth                              - Siete saggio come Nestore ma avete scelto un pessimo paragone. Questo mese ci son state tre celebri fughe di cassieri.

Boch                             - Con voi è impossibile parlare seria­mente. Non potete frenare per un attimo il vo­stro inesauribile humour?

Ruth                              - Mi proverò.

Boch                             - (facendo segno a Renzo che ha servito i dolci di non disturbare oltre) Provatevi. Ne approfitterò per riprendere il mio discorso.

Ruth                              - Se credete, posso risparmiarvi la fa­tica riprendendolo io. Voi siete esagerato, ecco tutto. Diamine, il « Colibrì » non è un convento. Mi fate pensare a certe signore che vivono assai allegramente per tutto il ciclo consentito alla loro carriera e che si sdegnano se una loro figlia accetta a vent'anni un posto su una guida in­terna per una passeggiata a due lungo i viali del Pincio.

Boch                             - Con la differenza che io non sono come «certe signore».

Ruth                              - Che? Voi vorreste farmi credere?...

Boch                             - Vi faccio credere ciò che è. A mo' d'esempio, io mantengo nel mio locale la con­dotta più incensurabile.

Ruth                              - Veramente?

Boch                             - In parola.

Ruth                              - Questo vi torna ad onore ma vi do­vrà riuscire assai difficile.

Boch                             - Perché ?

Ruth                              - Mio Dio, come devo dire?... con il vostro fisico non vi devono davvero mancare le occasioni!

Boch                             - (compiaciuto) Non so se abbiate in­tenzione di burlarmi; in ogni modo vi ho detto la verità.

Ruth                              - (insinuante) Voi dunque resistete proprio sempre alle tentazioni?

Boch                             - (guardandola) Sempre.

Ruth                              - (con civetteria) Senza eccezioni?

Boch                             - (titubante) Senza eccezioni.

Ruth                              - (sospirando) Peccato!

Boch                             - Che dite?

Ruth                              - Oh, nulla, nulla. Seguivo un mio pensiero.

Boch                             - Vi prego, ditemelo, se è un pensiero gentile.

Ruth                              - (appoggiandogli negligentemente una mano sull'avambraccio) Si riferiva alle mie ultime parole. (Graziosamente) Via, siate sin­cero con questa vostra improvvisata piccola amica. (Ridendo) Tanto più che vi ho visto bere con­secutivamente due bicchieri di Capri, che dovete esser giunto almeno al decimo calice e che do­vete essere in vena di sincerità. Non vi è proprio mai capitato di trasgredire...

Boch                             - Siete davvero curiosa.

Ruth                              - La curiosità è femmina, signor Franz.

Boch                             - Franz? Sapete il mio nome?

Ruth                              - (avvicinando la sedia a quella di Boch) Non vi stavo dicendo che la curiosità è fem­mina?

Boch                             - (lusingato) E la vostra curiosità è sempre femmina?

Ruth                              - (provocante) Quando ne ha inte­resse.

Boch                             - Badate, voi vi state compromettendo!

Ruth                              - E voi mi state facendo la corte.

Boch                             - Nego. Non vi ho ancora detta una parola che possa farvelo arguire.

Ruth                              - Me la direte. In tutti i casi me la dicono i vostri occhi. La corte si può fare in due modi: per via orale e per via, diciamo così, vi­siva. Voi me la state facendo visiva.

Boch                             - (animandosi) Lo credete? Può anche essere.

Ruth                              - Me ne meraviglio. Ciò è in contrad­dizione con le vostre esemplari teorie.

Boch                             - Non avete detto voi stessa che con­traddirsi è bello, miss Ruth?

Ruth                              - To', anche voi sapete il mio nome?

Boch                             - La curiosità è... maschio.

Ruth                              - E la vostra curiosità è sempre maschio?

Boch                             - Quando ne ha tornaconto.

Ruth                              - Siete un plagiario.

Boch                             - E voi siete graziosa. Molto. E avete una stupenda bocca. Dei magnifici capelli. (Glie­li accarezza leggermente).

Ruth                              - (schermendosi) Debbo pensare che esiste una terza qualità di corte?

Boch                             - Se esiste è per colpa vostra. Mi tur­bate.

Ruth                              - Sarà il Capri.

Boch                             - È il vostro profumo. Delizioso. Ve ne posso chiedere il nome?

Ruth                              - Una donna non deve mai svelare il proprio profumo. È una parte del suo mistero.

Boch                             - Non vi danneggerebbe. Ne avete già tanto nei vostri occhi! Per quanto siano così chiari.

Ruth                              - Li trovate molto chiari, signor poeta?

Boch                             - Come un'alba.

 Ruth                             - Vi sono anche delle albe buie.

Boch                             - Alludevo ad un'alba soave, limpi­dissima.

Ruth                              - Sapete dire delle cose assai carine.

Boch                             - Per voi... Ruth!

Ruth                              - Là, là, sopprimiamo già le parole inutili ?

Boch                             - Se sono dei pleonasmi...

Ruth                              - Voi correte!

Boch                             - Non volete seguirmi?

Ruth                              - (simulando abbandono) Ora siete voi che cercate turbarmi.

Boch                             - (con trasporto) Io non possiedo le vostre pupille piene di velluto, le vostre guance di seta, di rosa!

Ruth                              - Signor Franz!

Boch                             - Io non possiedo la vostra voce armo­niosa, la vostra bocca fresca, rossa!

Ruth                              - (languida) Signor Franz!

Boch                             - Ruth...! (Improvvisamente la gher­misce e la bacia).

Ruth                              - (svincolandosi lentamente) Siete un tipaccio, un gran monello.

Boch                             - Ascoltatemi, Ruth...

Ruth                              - No, voi parlate troppo da vicino. Siate buono. Basta.

Boch                             - Vi piego, sentite...

Ruth                              - (con energia) No, non vi ascolto più. Siete pericoloso. Accettate una sigaretta. Ta­bacco egiziano: ottimo. (Sorride).

Boch                             - Perché sorridete?

Ruth                              - Nulla, seguivo un altro pensiero.

Boch                             - Quanti pensieri avete! Svelatemelo se è gentile come quello di prima.

Ruth                              - Non so se sia gentile. Certo è origi­nale.

Boch                             - Osavo lusingarmi, veramente, che in questo momento non pensaste a cose originali.

Ruth                              - Non avete torto. Tuttavia il pensiero non si governa; ed io ho un cervello così bal­zano...

Boch                             - Dite, dunque. Mi mettete in curio­sità.

Ruth                              - (dopo una sosta) Pensavo che voi... siete in mia mano.

Boch                             - (stupito) In vostra mano?

Ruth                              - Sì. Ammettiamo... che il vostro slan­cio non mi sia piaciuto, ch'io non abbia trovato di mio gradimento la vostra irruenza di conqui­statore, che l'alcool del vostro polveroso Capri mi abbia dato alla testa e che mi venga l'estro di indignarmi violentemente per il vostro con­tegno.

Boch                             - (un poco preoccupato) Non lo trove­rei logico dal momento che il mio contegno l'a­vete... sì in certo qual modo provocato voi.

Ruth                              - (molto seria) Benissimo. Ammettia­mo ancora che la vostra risposta mi urti, ch'io la trovi indelicata e poco cavalleresca e che, per un improvviso, insensato se volete, capriccio, io trovi piacevole lanciare un forte grido di pro­testa.

Boch                             - (con tono scherzoso) Ci tenete pro­prio molto a continuare?

Ruth                              - Ci tengo. A questo grido accorrereb­be Renzo, non è vero? forse dell'altro personale di guardia.

Boch                             - Ebbene?

Ruth                              - Ebbene, ammettiamo ancora io di­chiarassi a questo personale che voi mi avete sorpresa e che mi avete imposta, in cambio dell’ospitalità concessami al vostro tavolo, una tassa da strozzino amoroso comportandovi con bruta­lità. Fra due ore, tutto il « Colibrì » saprebbe il fatto, lo commenterebbe, ne riderebbe, ne gon­golerebbe, ne trarrebbe facezie ed epigrammi su voi e sulla vostra rigidità.

Boch                             - Trovo di pessimo gusto le vostre ipo­tesi.

Ruth                              - (sibillina) Lasciatemi divertire da! momento che si tratta d'innocenti arzigogoli. Ammettiamo per di più che oggi sulla scala a chiocciola ci fosse molto buio, che voi non ab­biate visto bene, che Tito non « flirtasse » con una girl ma con la presente capitana, che la pre­sente capitana sia la fidanzata del vostro bar­man, ch'essa gli narri tutto, che Tito, geloso come Otello, pensi voi l'abbiate licenziato per poter meglio sedurgli l'amata e che, per tutti questi motivi, ne nasca un clamoroso scandalo. Che pensereste, direste e fareste voi?

Boch                             - (glaciale) Penserei che mi sono im­battuto in un'avventuriera, direi che a quarant'anni sono stato incauto come il più stupido dei collegiali e probabilmente metterei mano al por­tafogli per evitare il chiasso smorzando l'indi­gnazione dell'onestissima coppia di fidanzati.

Ruth                              - (alzando come inavvertitamente la vo­ce) Ah, voi dunque agireste così, signor Boch? Ah, voi dunque vi comportereste in questo ci­nico modo?

Boch                             - (spaventato) Parlate più piano, vi prego, miss Vines!

Ruth                              - (scoppiando a ridere gaiamente) Per­donate. Le mie supposizioni mi trasportavano. Ma che avete? Siete impallidito. Vi sentite per caso poco bene?

Boch                             - No, ma avete una maniera così... evi­dente, persuasiva di formulare le vostre suppo­sizioni che...

Ruth                              - ... la vostra digestione ne ha sofferto.

Boch                             - (rasserenandosi) Un poco, lo con­fesso. Sapete che durante le vostre rocambole­sche fantasie ho avuto due o tre volte lo stolto dubbio che voi parlaste sul serio? Chissà perché vi è venuta in mente questa specie di celia?

Ruth                              - Per punirvi della vostra falsa presun­zione d'infallibilità. Ma la celia mi è costata cara. Mi è costata una delusione: quella di ve­dere nelle mie ipotesi, cioè nelle vostre ipotesi, un uomo che qualche momento fa componeva per me madrigali d'amore pronto ad odiarmi. Così è la vita: tutto fumo, egoismo dell'attimo.

Boch                             - Vi rattristereste per delle ipotesi?

Ruth                              - Le ipotesi, qualche volta, hanno l'a­nima della verità.

Boch                             - Perché dovrebbero avere l'anima del­la verità soltanto le mie?

Ruth                              - Sarebbe ingiustizia, è vero. Ed al­lora vi dirò che anche nelle mie c'era un bri­ciolo di sincerità.

Boch                             - Ancora, miss Vines? Non trovate mo­notono questo gioco? Cambiamolo, per favore.

Ruth                              - (con dolcezza) Non gioco, signor Boch. Questa volta non gioco. Io sono realmen­te... la fidanzata di Tito Verri.

Boch                             - (sobbalzando) No?!

Ruth                              - Sì. Ve l'ho già detto, c'era molto buio sulla scala a chiocciola e voi non avete visto bene. La girl d'oggi e la Ruth di questa sera sono proprio la stessa persona, sono io... che vi ringrazio d'aver perdonato a Tito.

Boch                             - (violento) Cosa, cosa? Voi impazzite. Io non ho perdonato e non perdono a nessuno. Tanto meno ora.

Ruth                              - (prendendogli affettuosamente una ma­no) Se non avete perdonato, perdonerete. Se siete giusto, perdonerete. Sbagliare è di tutti e l'infallibilità di nessuno.

Boch                             - Le prediche vogliate serbarle per le vostre smorfiose.

Ruth                              - Non interrompetemi, ve ne prego. Vi ripeto che tutti possono errare. Voi stesso, contro i vostri principi direttivi, mi avete corteggiata, nel vostro locale, non appena ve l'ho permesso. Un attimo di stordimento? Sta bene, comprendo. Ma non può averlo avuto anche Tito Verri con l'attenuante ch'egli ha quindici anni meno di voi? E allora indulgenza, compatimen­to. Al mondo, ognuno si conquista il suo posto al sole. Per Tito, momentaneamente, il posticino al sole è il banco del vostro bar americano. Vi avevo detto la verità, prima: egli è uno studente povero ed ha bisogno del suo lavoro. (Sorriden­do) In cambio, forse, egli vi farà vincere una causa contro una ditta che vi avrà venduto della merce avariata. Togliergli il posticino al sole? Perché ? Perché ha trasgredito una volta ad una vostra regola, del resto assurda? È eccessivo. Una picca? Non è elegante. E poi, signor Boch, non vale la spesa d'essere astiosi. Sono già molte le noie nella vita e una cattiveria, qualche volta, può diventare un atomo di rimorso, quindi una forma di noia morale. Non vi sembra?

Boch                             - Naturalmente tutto questo vostro brillante piano era premeditato ?!

Ruth                              - Se si può chiamare premeditata una cosa ideata in un minuto, ossia nel tempo che il vostro direttore ha impiegato per informare Tito della vostra decisione.

Boch                             - Avete una immaginazione molto pronta, niente a dire!

Ruth                              - Sono donna, signor Franz!

Boch                             - (indispettito) Premeditato certamen­te anche il bacio?

Ruth                              - No, quello è stato imprevisto e... (vezzosa) ... molto autentico!

Boch                             - Non disturbatevi, non abbocco più.

Ruth                              - Fate male. Una donna come me non concede nemmeno un mignolo se non ne ha pia­cere.

Boch                             - Oh, eravate tanto interessata! Co­munque trovo che avete una strana maniera di intercedere per il vostro diletto! Gli auguro di non aver troppo bisogno dei vostri interventi!

Ruth                              - Ho letto in qualche parte che una dama medioevale ottenne la grazia del suo con­sorte concedendo un'ora d'amore al signore del ducato. Io ho concesso assai meno.

Boch                             - Per non ottenere.

Ruth                              - Il rancore non è dei generosi.

Boch                             - Ma l'eccessiva bontà è degli imbe­cilli. (Ingrugnito) E voi vi siete divertita alle mie spalle per tutto il pranzo.

Ruth                              - (gioconda) Non potrete dire che an­che per voi, questa sera, la cena non abbia avuto più movimento del consueto! Andiamo, facciamo la pace. Ricordate? Alla maniera d'Uganda.

Boch                             - Ah, no, grazie, basta!

Ruth                              - (preparando in un bicchiere la mistura) Ecco pronto. Rifiutate il calice che vi offro? (Con buffa maestà) Bevete, ve lo comando!

Boch                             - (ubbidendo con malagrazia) E sia, se è per completare il vostro spasso.

Ruth                              - Vi ho fatto prima un piccolo dono. Vi aggiungo un supplemento. (Gli appoggia il dorso della destra sulle labbra).

Dassi                             - (entrando come una meteora dalla porta di sinistra per riprender servizio) Buona sera, miss Vines; buona sera, signor Boch.

Boch                             - Na sera.

Ruth                              - Buona sera, direttore, già di ritorno?

Dassi                             - (chiassoso) Eh, il dovere, il dannato dovere! Sono un povero schiavo. Buono il pranzo?

Ruth                              - Squisito. Il « Colibrì » potrebbe be­nissimo essere un ristorante.

Dassi                             - Ne sono lieto. Ha ordini, signor Boch?

Boch                             - No.

Ruth                              - Come no? Pensateci, signor Boch. Non vorrei vi dimenticaste di qualcosa. Per esempio, non mi avete detto che siete convinto d'avere esagerato con il vostro barman e che vo­lete ritornare sulla vostra decisione?

Dassi                             - (rivolgendosi a Boch) Ottima, eccel­lente idea! L'approvo con convinzione, con en­tusiasmo. Appena torna il bravo ragazzo, sarò felice di comunicargliela. (Fissando Boch con insistenza) Perdoni la confidenza, signor Boch, che ha all'angolo della bocca? (Si avvicina) Ah, un residuo di salsa. Ma che strana salsa! Sarà una nuova invenzione di Guppiesi. Sembra ros­setto.

Boch                             - (pulendosi frettolosamente) È tardi, Dassi, riprenda servizio.

Dassi                             - Subito. Corro. (Fa due passi verso la porta, poi, come pentito, si ferma e ritorna) Scusi, signor Boch, non le avevo detto prima di cena che è la giornata dei proverbi?

Boch                             - (sgarbatissimo) Be'?

Dassi                             - (mellifluo) Ecco, me ne viene in mente uno sciocco, a sproposito, assurdo: « Tan­to va la gatta al lardo che...».

Boch                             - (furioso) Se ne vada, se ne vada!

Dassi                             - (uscendo di corsa) Benissimo, ja, ali right, très bien.

FINE