Filottete

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FILOTTETE

di Francesco Randazzo

Un’astrazione

La nostra unica salute è la malattia

Se obbediamo all'infermiera morente

La cui cura costante non è di piacere

Ma di ricordarci la maledizione nostra e d'Adamo

E che per guarire la nostra malattia deve peggiorare.

Ho detto alla mia anima: taci, e lascia che scenda su di te il Buio

Che sarà l'oscurità di Dio. Come in un teatro,

Si spengono le luci, per poter cambiare la scena

Con un cupo rombo d'ali, con un moto del buio sul buio

E l'ardita facciata imponente, tutto viene arrotolato e messo via.

T.S. ELIOT

(Four Quartets, E.C., IV, III)

PERSONAGGI

FILOTTETE

ODISSEO

NEOTTOLEMO

UNA RAGAZZA

CORO D'OMBRE E VOCI CHE ANIMANO

L'EDIFICIO

*

ISOLA DI LEMNO.

All'interno di un grande, vecchio edificio.

PROLOGO

DANZA DELLE VOCI CHE POPOLANO L'EDIFICIO. CORPI DI

PIETRA CHIAMANO, EVOCANO, RIVIVONO, DISCHIUDONO

LO SPAZIO DEL MITO RISORTO, CAMBIATO.

CORO

Isola.

Solo isola.

Isola sola.

Solo isola sola.

Isola l'isola sola.

Isola l'uomo l'isola.

FILOTTETE CHIAMA LA TEMPESTA.

CORO

Le anime si spingono ancora,

volano, fremono, incespicano

mai s'adagiano sempre

urlanti invece, povere

povere menti ancora qui

costrette.

Sta qui l'unico punto,

tutto è adesso ieri e dopo:

l'uomo solo, l'esiliato,

il malato, l'uomo in più

ha vinto e dalla lotta

ha acquistato potere, forza.

Le sue mani ora stringono

l'universo, lo Spirito

è con sé, egli fa le cose,

muove gli eventi.

Ora scrive il suo epilogo,

ora chiama la sua storia,

ora chiama la fine

e la Continuazione.

QUADRO PRIMO

Grande stanza dall'alto soffitto. Tutto è roso dal tempo. Un

bancone da bureau, sulla destra. Grande porta a sinistra; una

porta-finestra con vetri bianco opaco che lasciano trasparire nella

stanza una luce lattiginosa, in fondo al centro. Dietro il bancone,

una piccola finestra con tendine oscuranti.

Dalla porta entra un giovane. Si ferma sulla soglia e scruta

all'interno della stanza; va verso il bancone, gli gira intorno, scosta

le tendine: un raggio di sole gli illumina il viso. Richiude. Si volta

e va verso la porta-finestra, tenta d'aprirla ma non ci riesce.

Rimane per un attimo fermo poi esce.

Irrompe nella stanza un altro uomo: è notevolmente d'età più

avanzata, ha il viso più scavato, il gesto più veloce ma anche più

controllato, la parola più pesata ma più lesta. Gira rapidamente per

la stanza, poi va verso la finestra e con un solo gesto ne strappa le

tendine. Appare sulla soglia il giovane.

ODISSEO

Il luogo è questo. Alla luce lo riconosco.

Sono passati dieci anni, tutto qui è coperto

dalla patina grigia del tempo; il silenzio

avvolge ogni cosa nel sonno della memoria.

Ma questa luce risveglia la polvere,

che si anima ora, per me, in nugoli

d'immagini già viste, vive direi

se non ci fossi tu, qui, a ricordarmi

che il tempo di oggi è diverso dal loro.

NEOTTOLEMO

É dunque questo, l'Ospedale di Lemno,

il luogo famigerato, temuto;

la Cayenna degli egri; il palazzo

delle menti perdute, dei corpi martiri;

l'antro dell'urlo che sfrigola

da cellule disfatte e s'irraggia

fino al diapason che infigge il dolore

contro il muro della morte.

Ma tutto è silenzio qui, ora.

Sento solo l'angoscia del grigio

che ha troppo ascoltato e tace

greve di paura...

ODISSEO

Io lo sento di nuovo quell'urlo.

Per me questo sole, questa polvere,

queste mura cantano l'inno del rimorso.

Ma non voglio ascoltarlo.

Basta! Via, via!

.....

Siamo qui per altro. La nostra missione

ci impone doveri che da soli

devono bastare alle nostre menti.

Tu l'onesto, forte, giovane;

io il vecchio reo, l'astuto...

Dobbiamo riportarlo indietro con noi.

Lo si esige dall'alto e i segni

sono stati chiari e imperativi.

Dal suo ritorno dipende il nostro destino,

la sua mente è ora indispensabile

ai nostri progetti di vittoria.

Ma la sua volontà sarà ferocemente rivolta

contro chi ora lo desidera e allora

segnò con marchio indelebile e sanguinoso

la sua vita.

NEOTTOLEMO

Quando saprà chi sono e di chi figlio

sarà disposto ad aiutarmi. Sta tranquillo,

Odisseo, certo non saremo venuti qui invano.

ODISSEO

Ammiro e mi commuove il tuo entusiasmo

e la fiducia che riponi nei tuoi simili.

Io, che mai l'ebbi,

nemmeno quando avrei potuto,

l'invidio ma essendo d'altra fatta,

ne ho paura.

Temo che la verità, da me qui impersonata,

e che viene da un passato di odio e stoltezza,

inneschi in lui il movimento della negazione

che ruota e capovolge le sorti.

perciò sarà meglio che non mi veda.

Tornerò più tardi, origlierò

i vostri discorsi

e se non sarai giunto a buona soluzione

mi svelerò: confido nel tempo

e nella maschera della vecchiaia

perché non mi riconosca, ma

ne dubito: sopperiranno allora,

l'affilatezza della mia lingua

e la forza dei nostri soldati,

se sarà necessaria.

Per un lungo attimo i due si guardano in silenzio.

All'improvviso, una figuretta femminile sbuca dalla porta, si ferma

qualche passo oltre la soglia, guarda stupita i due uomini immobili

altrettanto stupiti, poi corre via.

ODISSEO

Vado.

NEOTTOLEMO

Ma chi era?

ODISSEO

Le sue gambe.

(Esce.)

Neottolemo resta solo. La luce del giorno declina, egli va verso la

finestra e si ferma a guardare oltre, fino a che ombra dissolta dalla

luce morente svanirà.

Si sente un battere d'ali.

CORO

L'anima del mondo vola,

sfiora con ali leggere, carezzevoli,

il volto degli uomini malati,

il sorriso dei neonati innocenti

e rei, il ventre delle giovani

gravide e vergini, e quello delle vecchie

ormai sterili, consunte, le braccia forti

dei giovani guerrieri sul campo di nuove

ultime battaglie: è questo battito

vento leggero, colore del cielo,

musica del silenzio che tutto circonda,

tutto rigenera sempre, nel primo e

nell'ultimo attimo, sempre.

Tutto così rende, pur nella morte,

eterno.

L'anima del mondo è una fanciulla

che accompagna l'uomo tenendogli la mano,

essa è la guida dei forti che la rinnegano

e si perdono; dei deboli che l'accolgono

e divengono forti e s'innalzano fatti

azzurro del cielo, nero della terra,

rosso del cuore dell'universo, e

contengono in loro tutto:

bene e male, principio e fine.

Entrano così nel gioco della storia,

divengono protagonisti di una eternità

che grida di dolore e d'allegria.

La fanciulla serena conduce tutti

alla pietra rossa della vita e fa

d'ognuno che l'accoglie un ramo fiorito

sull'albero che mette radici nel cuore

del fango soffiato dal Dio.

QUADRO SECONDO

Altra stanza dello stesso edificio. É resa però più viva dai segni

evidenti della vita che accoglie.

La ragazza è seduta e sta rammendando la tendina strappata da

Odisseo. Una porta sulla destra dà sull'interno del palazzo. Un

tavolo coperto da libri e una lampada spenta su esso. In fondo una

finestra e sotto un letto di ferro da ospedale. L'ambiente è

illuminato dalla luce gialla d'una lampada che pende dal soffitto.

Dalla porta entra un uomo alto, robusto, quadrato: dà

l'impressione di fermezza e stabilità. Con la mano destra impugna

un bastone. Va verso la ragazza e carezzandole il volto la bacia

sulla fronte. Zoppica. Getta il cappotto sul letto e va alla

scrivania,prende dalla tasca un paio d'occhiali li mette, accende la

lampada e comincia a leggere un libro.

RAGAZZA

Sono arrivati.

FILOTTETE

Lo so.

RAGAZZA

Un giovane...

FILOTTETE

Chi sarà?...

RAGAZZA

É bello... l'altro è più... è come te.

FILOTTETE

Odisseo, si chiama Odisseo.

É da tanto che l'aspetto.

RAGAZZA

Odisseo... è lui...

Non andrai con lui?

FILOTTETE

No, non preoccuparti.

Questo è, ormai da anni, il mio spazio,

I miei pensieri si librano oltre le finestre,

nell'aria calda, solare di quest'isola,

e non sanno tornare altrove che qui, da te;

qui ho vissuto e vivrò ancora il mio tempo,

fra queste mura che una volta fratturarono

la mia esistenza, ed ora m'accorgo, e so,

che la risanarono e la rendono come mai

avrei potuto sperarla altrimenti.

Guarda. Guardami, ti dico: zoppico,

lo vedi. Ma cammino. Riesco a camminare.

Ci sono voluti dieci anni...

.....

Ci sono annegato in questi dieci anni,

ma quando sono risalito a galla non ero

gonfio e rigido, non pupazzo tumido ma

vivo. Sono risalito su nuovo.

Un altro uomo. Filottete.

Prima no.

Prima, quando stavo là, con loro,

quelli che ora sono tornati,

e mi chiamavano così, quello era già il mio

nome, io non ci stavo che dentro, lo vestivo

come un abito. - Mi piaceva, sai,

vestirmi bene una volta...

Odisseo me l'invidiava... Lui,

qualsiasi abito mettesse, era questo

a portarlo a spasso: non riusciva nemmeno

a portare un abito, era talmente

goffo nella sua eleganza!...

Bisogna scordarsi

d'averli indosso gli abiti.

Ma non è da tutti.

Io me li scordavo.

Li sceglievo con cura,

e poi li dimenticavo.

.....

Ma ero simile ad Odisseo,

indossavo il mio nome e lo sapevo:

il mio nome portava a spasso me.

RAGAZZA

Filottete. Ora sei Filottete.

Il tuo nome sei tu.

FILOTTETE

... Sì.

RAGAZZA

Però non è un gran bel nome!

FILOTTETE

Come? Cosa?

Senti chi parla! La sconosciuta

senza nome che critica chi ce l'ha!

Ah, no! Questo è troppo! Vieni qui!

RAGAZZA

Il mio nome lo saprai,

quando verrà il momento

te lo dirò. Ma il tuo!

Fì - lò - ttè - tè!

É buffo, sembra

una parola inesistente,

inventata da un bambino.

FILOTTETE

Vieni qui, piccola impertinente,

vedrai come ti sculaccerò!

Ahà! Presa.

RAGAZZA

Ti prego, ti prego, no!

FILOTTETE

No? Sì invece!

Ma no, piccola mia, hai ragione tu

è proprio un nome buffo. Ma è il mio

ed io sono così.

RAGAZZA - Lo so. Per questo sto con te.

Per questo non sono andata via

con gli altri. Tu sei tu.

( Ritorna a sedere, riprende il lavoro in mano.)

CORO

Luce luce luce,

chiaro occhio del giorno,

guida ai vani occhi,

Luce madre della vita,

Luce assassina fuggiasca,

Luce meritevole amata,

Luce impalpabile amica,

le mie mani ora ti possiedono,

le mie dita ti rendono viva

e così ravvivano me, così il mondo

torna a scaldare i miei occhi.

La mia mano carezza la tua forza

che mi fa prospero e di felici

azioni.

QUADRO TERZO

Hall. Neottolemo, accanto alla porta armeggia con l'interruttore

della luce senza riuscire ad accenderla. Entra silenzioso Filottete.

Non visto va al centro della stanza, alzando un braccio fa

schioccare le dita. Contemporaneamente s'accende la luce.

NEOTTOLEMO

Oh, finalmente!

FILOTTETE

Buona sera.

NEOTTOLEMO

Buona ...sera...! Ma, come?...

FILOTTETE

Sono entrato un attimo prima

che la luce si accendesse,

perciò non mi avete visto,

nulla di inspiegabile.

Voi piuttosto, cosa fate qui?

NEOTTOLEMO

Io... ecco... sono arrivato oggi...

Una tempesta... per fortuna...

sono riuscito ad arrivare qui.

FILOTTETE

Come siete arrivato?

NEOTTOLEMO

A piedi. Speravo

d'incontrare un luogo abitato,

per chiedere aiuto. Poi

ho visto quest'edificio

e ho pensato che ci fosse

qualcuno,

ma è da quattro ore che gli giro intorno,

dentro e fuori,

senza incontrare anima viva...

FILOTTETE

Non c'è nessuno

né sull'isola, né qui.

Soltanto io.

NEOTTOLEMO

E una ragazza...

FILOTTETE

Quale ragazza? Nessuno vi dico,

oltre me. A parte voi,

ora, naturalmente.

NEOTTOLEMO

Già...scusate... la stanchezza...

FILOTTETE

Non occorrono scuse.

Chi siete?

NEOTTOLEMO

Sono Greco, di Sciro, Neottolemo

è il mio nome, figlio d'Achille.

FILOTTETE

Tu? Neottolemo! Io... io... non...

non riesco a crederci!

.....

Tuo padre, ragazzo mio, è nel mio cuore

una delle poche persone vive e presenti,

fra quelle della terra di Grecia. Noi

fummo compagni, di studi, di giochi, d'armi...

Salpammo insieme, dieci anni fa...

per conquistare Troia.

NEOTTOLEMO

Voi? Eravate anche voi

nella prima spedizione?

FILOTTETE

Sì, per poco, vi fui anch'io. Poi...

Abbiamo giocato insieme noi due, sai?

Quando eri bambino, dovresti ricordarlo,

o forse no: è passato molto tempo da allora,

molte cose sono cambiate, - anche io -

e tu sei un uomo, io stesso non ti riconosco

nel bambino d'un tempo. Tuttavia ...

devi essere giovane...

NEOTTOLEMO

Ho venticinque anni.

FILOTTETE

E sei già Maggiore vedo,

buon sangue non mente,

tuo padre sarà fiero di te.

NEOTTOLEMO

Sì, lo era.

FILOTTETE

Lo era?

NEOTTOLEMO

É... morto.

FILOTTETE

Come?... Quando?...

NEOTTOLEMO

Due mesi fa... ucciso...

un Dio avverso l'atterrò...

Febo... dicono...

FILOTTETE

Sciocchezze! Gli uomini!

Gli uomini, figlio mio, si ammazzano tra loro

ed inventano Dei che li giustifichino!

La guerra!... Tuo padre...

l'ho amato come un fratello,

era giovane, forte, pieno di spirito...

Se lo sentiva addosso anche lui il suo nome,

ne parlavamo... ma eravamo incapaci...

è morto... ucciso... col destino...col suo...

nome... addosso...

un tumore posticcio...

.....

Non ti stupire. Ti prego,

avvicinami il bastone.

NEOTTOLEMO

Forse avete ragione voi.

FILOTTETE

Sì, purtroppo sì.

Grazie.

NEOTTOLEMO

Ma ditemi, questo posto cos'è?

E quest'isola qual è il suo nome?

FILOTTETE

Vedi questa stanza? Cosa ti pare che sia?

Un ingresso, tanto spazio.

Pare proprio un atrio, ma non è quello

di un grande albergo su un'isola paradiso

per ricchi mercanti in vacanza.

Questa era l'accettazione di un luogo

meno piacevole, un luogo triste,

marchiato dall'infamia. Un Ospedale.

Non uno come tutti gli altri, però.

"Specializzato". In rifiuti.

La società, la sana, integra, civile

collettività d'oltremare qui

scaricava i suoi rappresentanti

mal riusciti.

Matti, inguaribili, pervertiti,

vecchi soli ed inutili, ma anche

dissidenti, sovversivi o semplicemente

personaggi scomodi. Stavano in un'ala

a parte, divisi dai veri malati,

ma stavano qua. A Lemno.

Nel grande e purificatore

Ospedale di Lemno.

.....

Qui la bagarra, lo scempio, l'ammuina,

il caos, il disturbo rigettato dall'ordine,

dalla pura civiltà dei Greci. Questo

è il ricetto, la grande palude vischiosa,

il lazzaretto approntato nell'illusione

del suo alleggerimento, della sua necessaria

rimozione. Tutto è urlo qui. L'aria ancora

freme lacerata, sanguinante

per il coltello delle anime

infisse, inchiodate, disfatte qui.

NEOTTOLEMO

Io... lo so.

FILOTTETE

Tu? Cosa sai? Non puoi saperne nulla tu.

Nessuno che non sia stato parte

di questo rinchiuso universo vermicante, può.

E tu non sei mai stato qui, no?

Non sapevi nemmeno dov'eri

fino a qualche minuto fa,

non sapevi che questa è Lemno,

di trovarti nel grande ricovero.

Come non sai chi sono io,

o mi sbaglio?

NEOTTOLEMO

Sì, cioè no... avete ragione... non lo sapevo...

non lo so.

FILOTTETE

Non lo sai?

NEOTTOLEMO

No.

FILOTTETE

Sei sicuro?

NEOTTOLEMO

.....

FILOTTETE

Sei sicuro di non ricordare questo volto

che ti ha sorriso quando eri bambino,

quest'uomo che ti sta davanti e che allora

ti rincorreva fingendo d'essere Asterione,

ed essendo tu il valoroso Teseo, soccombeva,

quest'omone, a un bimbetto corazzato

del nome invincibile d'un eroe?

Non ricordi?

NEOTTOLEMO

No... forse... immagini...nient'altro.

FILOTTETE

No?

NEOTTOLEMO

... No.

FILOTTETE

Certo, certo.

Sei stato istruito bene, figlio mio.

Come potresti riconoscere in questo

abbandonato relitto, il vigore

dei tuoi giorni bambini? Sì,

hai ragione, non puoi. Tutto

è cambiato. Ed io sono un altro.

NEOTTOLEMO

Ma chi?

FILOTTETE

Devo proprio essere io a dirtelo?

Vuoi andare fino in fondo?

NEOTTOLEMO

Non capisco...

FILOTTETE

Dov'è?

NEOTTOLEMO

Ch...cosa?

FILOTTETE

Va bene.

Il mio nome è Filottete.

E tu già lo sapevi, vero?

(Batte il bastone in terra)

QUADRO QUARTO

Camera di Filottete. La ragazza è ancora seduta ma la tendina è a

terra. Odisseo accanto a lei, in piedi, la interroga.

ODISSEO

Dunque è guarito?

RAGAZZA

No.

ODISSEO

Allora come mai tu non sei con lui?

Come può muoversi da solo se è infermo?

il suo male, lo ricordo bene,

lo assaliva improvviso,

impedendogli qualsiasi possibilità di movimento.

A malapena il bastone lo aiutava. Tu

lo sorreggevi. Tu,

risulta dagli atti dell'Ospedale,

eri la sua Ombra, le sue gambe.

Sei rimasta per questo, non negarlo, lo so.

perché non sei con lui?

RAGAZZA

Sono sempre con lui.

ODISSEO

Non adesso. Sei qui

e lui non c'è. Dov'è?

RAGAZZA

Non lo so.

ODISSEO

É vivo?

RAGAZZA

Sì.

ODISSEO

Dunque è guarito. Non mentire.

RAGAZZA

No. Non del tutto, almeno.

ODISSEO

Ma cammina?

RAGAZZA

Sì.

ODISSEO

Col bastone?

RAGAZZA

Sì.

ODISSEO

É incredibile...

RAGAZZA

Molte cose sono incredibili,

qui; e del tutto normali.

ODISSEO

Ma certo, piccola, tutto qui è abnorme.

Tu, lui, quest'edificio.

un enorme palazzo, un'immensa costruzione

per un solo uomo e la sua guida;

tutto per un uomo, tutto

per emendare un errore,

per la vergogna di un'azione vile.

Per questo non è stato distrutto.

E sarebbe stato meglio rimuoverlo

questo monumento all'infamia.

Ma c'era qualcuno, qui, col quale

ci sentivamo in debito.

L'irriducibile malato doveva restare.

E tutto fu lasciato com'era. Vuoto di senso

ormai, se non per l'ultima cancellazione:

quella di Filottete. Io

lo sostenni. Io me ne pento.

RAGAZZA

Voi?

ODISSEO

Sì. Non stupirti.

Mi pento di non aver voluto radere al suolo

lui e il suo simulacro. Ora non sarei qui,

con l'affanno di dieci anni di granitica coscienza.

Ogni pietra avrei dovuto distruggere

e adesso mi sentirei libero. Tranquillo

a portare indosso la mia superdecorata

uniforme. Sarei un eroe. Invece,

sono il solito... Odisseo.

RAGAZZA

É già molto.

ODISSEO

Dieci anni. Giorni, notti,

stagioni sempre uguali,

trascorsi a combattere,

ad invecchiare sull'uso

di strategie geniali e corrosive.

Campagne vittoriose e vinte.

Morti e medaglie. Per cosa?

perché Odisseo - Io! -

fosse messo da parte

dal soffio irresponsabile

d'un oracolo che spiazza tutti

e proclama un cancro Eroe,

vittoria per i Greci.

Da un rifiuto, una pustola lamentosa

che implorava pietà quando,

per lo stesso cinico oracolo,

lo lasciammo qui, a decomporsi

lontano dalle nostre luccicanti panoplie.

Sì. É già molto

che io sia ancora in me.

É troppo, troppo, tutto questo,

per chiunque. Anche per lui.

RAGAZZA

Adesso non implora più.

La sua voce è ferma.

QUADRO QUINTO

Hall. Filottete, Neottolemo.

FILOTTETE

Mi gettarono qui

non appena l'oracolo sentenziò.

Era la mia gamba, malata

per il morso di un serpe,

la causa dei mali dei Greci!

Furono ben felici di eliminarmi,

anche soltanto per non udire

i miei continui lamenti. M'esiliarono,

rasserenati nel farlo, dal divino suggello;

mi ricoverarono a Lemno,

dove avrei potuto vivere col mio male

senza nuocere. Ho trascorso,

in quei primi tempi, giornate

piene solo di stordimento,

volontà straziata, urlo indefesso

della carne che trafiggeva la mente.

Ma fu proprio la mente a salvarmi.

Essa si acuì nel dolore a tal punto

da stravolgersi e giungere fino alle nere porte

della follia.

Un'alba mi salvò.

La vidi nascere pallida

come una fanciulla malata

che apra gli occhi nel mattino

della sua guarigione.

Il cupo mantello notturno si ritraeva

all'avanzare timido ma sicuro di lei.

Tutto apparve nuovo. Solo

un punto nero, improvvisamente svelato

dall'aura rischiarata, appariva

su quella tela pulita,

crescente. Un punto lontano disegnava

evoluzioni circolari, linee precise,

anche angoli a volte, decisi, acuti.

Si avvicinava sempre più, ed io,

nel giorno sempre più avanzato,

l'osservavo attento, curioso.

finché il nero fu grigio, bianco e azzurro.

Volteggiò infine, stridendo con voce allegra,

fra gli alberi, nel giardino, oltre la finestra

dalla quale osservavo. Mi vide. Volò

sfiorando, due o tre volte, con le ali,

i vetri chiusi. Aprii piano la finestra

e venne a posarsi sullo stretto davanzale.

Era un uccello bellissimo e singolare.

Il suo volo sicuro, ora, era divenuto

saltellare incerto, su una sola zampa.

Ma se non fossi stato tanto vicino,

non avrei notato la sua anomalia.

Stette lì a guardarmi immobile,

fisso, per pochi secondi. Rise,

infine, con un ultimo strido

e volò via. Scomparve

con sicure ed eleganti volute,

lasciandomi lì a guardarlo invidioso.

Quel giorno, mi alzai dalla sedia a rotelle

e saltellai dolorante ed entusiasta

per la stanza. Anch'io dovevo, potevo volare.

Ed ora è così.

(Batte le mani, la luce si spegne.)

CORO

Ricercare, inseguendo un principio,

un destino, la verità che è sempre

come la si immagina e non così

la si vorrebbe.

Il vento ci insegue nella corsa

e ci spinge nell'affanno, paura,

dell'indagine che spoglia ciascuno

delle proprie certezze, delle proprie

illusioni. Materiali archiviati

nella mente si scompaginano, tutto

si sparge, volano i fogli, si spezzano

le penne, cola l'inchiostro a chiazzare

come velo luttuoso la chiarezza

della nostra retorica intatta.

Le risposte sono schiaffi violenti

sul volto delle nostre maschere

incipriate di bianco, che ora cola

sporco di sudore, di rosso, e la mente

diviene grumo, ematoma cerebrale,

sale secco, mentre il nostro vapore

esala dagli occhi atterriti,

dalle nari brucianti dell'inquisitore,

ora vittima, ora cosciente, ora

alla svolta. Crocicchio di strade

decisive, irreversibili, uniche.

Scegliere è scoprire la nudità

delle ossa annerite o il fluire

caldo della lava sulla carne.

Non chiedere, non chiedere

se temi la risposta,

l'alterno destino

delle verità.....

QUADRO SESTO

Hall. Ragazza, Neottolemo.

RAGAZZA

Perché hai mentito?

NEOTTOLEMO

Chi sei?

RAGAZZA

perché?

NEOTTOLEMO

Chi sei?

RAGAZZA

perché hai mentito?

NEOTTOLEMO

Non lo so. Avrei voluto dirgli tutto.

Ma non ce l'ho fatta. Lui lo sa.

Ha provato a farmi parlare, mi ha confuso

e quasi ci riusciva. Anzi

c'è riuscito. Ho negato

ma è stato come ammettere.

RAGAZZA

É stato inutile, lo vedi?

NEOTTOLEMO

Era come se mi guardassi in uno specchio.

Mi riflettevo in lui. Nudo. Bambino.

Giocavo a correre dentro ai suoi occhi,

guardandovi, ma vedevo anche me,

abbassando lo sguardo, così

come sono ora, un nome soltanto,

una persona pilotata, costruita

da altri. Falsa.

Avrei voluto, avrei voluto...

RAGAZZA

Ciò che conta è se lo vuoi.

Ora.

NEOTTOLEMO

Non so... sì... vorrei...

sì... ma come?...

RAGAZZA

Guardati.

In me.

NEOTTOLEMO

Sì.

RAGAZZA

Nei miei occhi.

Guarda.

NEOTTOLEMO

I tuoi occhi...

RAGAZZA

Sì...

NEOTTOLEMO

Sono i suoi!

RAGAZZA

E i tuoi.

NEOTTOLEMO

I miei.

RAGAZZA

Chiudi gli occhi e guarda.

NEOTTOLEMO

Ti vedo. Ma vedo me.

RAGAZZA

Com'è?

NEOTTOLEMO

Strano.

Mi sento disperdere.

Fa male. Ma mi da forza.

RAGAZZA

É giusto.

NEOTTOLEMO

Chi sei?

RAGAZZA

É così importante

il mio nome?

NEOTTOLEMO

Sì. O forse no.

...

Tu non hai nome.

Io...

RAGAZZA

Non dirlo. Lascia

che tutto si compia.

QUADRO SETTIMO

Stanza di Filottete. Filottete, Neottolemo.

FILOTTETE

Cosa vuoi, dunque?

NEOTTOLEMO

Voglio portarvi via, con me , a Troia.

Lì, come un padre e un figlio, valorosi

e superbi, innalzeremo i nostri nomi

fino al cielo. Vinceremo e le nostre lame

sigleranno la Storia. Noi saremo la Grecia.

Venite via con me. Gli oracoli lo dicono,

gli Dei lo vogliono.

FILOTTETE

Li conosco,

gli oracoli, conosco i tuoi Dei.

perché credi d'essere qui?

Per gli oracoli? Per gli Dei?

NEOTTOLEMO

Certo e per che altro se no?

FILOTTETE

E se ti dicessi che vi aspettavo?

NEOTTOLEMO

Cosa?

FILOTTETE

O meglio, che aspettavo Odisseo

e i suoi soldati. Anche te...

ma non sapevo quando saresti arrivato,

non sapevo chi... É strano... il destino...

Io vi ho chiamati.

NEOTTOLEMO

Voi? É impossibile,

io stesso ho ascoltato la voce

dell'oracolo! Ed era...

FILOTTETE

Sì, era?...

NEOTTOLEMO

Era...

...

la vostra!

FILOTTETE

Non stupirti. Il vento

che soffia dalla terra reca la voce

di chi sa condurvi le proprie parole.

La natura trasporta nell'aria il suo messaggio

e la sua semplicità lo fa apparire insignificante

agli uomini. Ma chi sa, può parlare con esso,

chi vuole può ascoltare le sue parole

e comprenderle. Io ho parlato,

tu hai ascoltato il vento e le mie parole

ti hanno portato qui. É un principio

semplice, che bisogna scoprire

in noi stessi, in tutte le cose.

Divenire tutto per comprendere

e governare il tutto. Attraverso

il dolore, per una gioia sicura,

incrollabile. Il mio fu inconsapevole,

superbo. Il tuo sarà una scelta.

NEOTTOLEMO

Vi guardo. E non comprendo.

Ma vedo la ragione nei vostri occhi.

Io vi somiglio.

FILOTTETE

Sino alla fine.

NEOTTOLEMO

Ma dovrò scegliere...

FILOTTETE

Da solo.

CORO

Tutto crolla mentre mani esperte

già rifanno nel buio ciò che si sfa.

La luna taglia la schiuma delle onde

e i fiocchi biancastri sbavano la terra,

la terra che s'ingravida così dei pensieri

del cielo. Chi dirà mai che niente

di nuovo accade? Chi avrà il coraggio,

l'incoscienza di soffrire ancora per sé

altrui dolori già sofferti, già mortali,

già nuovi?

Nell'aria si nutrono eventi che l'uomo

ritrascrive, illuso di crearli, eventi

neri per la caligine dell'eternità, eventi

candidi per l'innocenza di chi li ha commessi.

Sempre diversi sempre uguali.

Il capo reclino dell'uomo

sul grembo della madre

è solo una vecchia foto

passata di mano in mano

per i secoli a venire,

per sempre.

QUADRO OTTAVO

Hall. Ragazza, Filottete.

RAGAZZA

Filottete!

FILOTTETE

Sono qui. Cosa c'è?

RAGAZZA

Ti cerca. É venuto da me.

sa che sei guarito, presto

capirà tutto. Ti vuole

ad ogni costo, anche se

preferirebbe cancellare te,

questo posto ed anche me.

FILOTTETE

Odisseo?

RAGAZZA

Sì. Dobbiamo far presto.

FILOTTETE

No. Sarà lui

ad andarsene.

Gli darò quello che vuole.

Un archè.

Fa in modo che arrivino in biblioteca.

Lì si compirà tutto.

RAGAZZA

Perderai il tuo nome.

FILOTTETE

Li avrò tutti.

RAGAZZA

E il giovane?

FILOTTETE

É il figlio d'Achille. Sarà con noi.

É stato istruito bene, da vero soldato.

Ma il suo cuore è aperto e la sua mente

lo sarà presto. Attende solo il momento.

Il mio...

.....

Tu dovrai aiutarmi.

RAGAZZA

Lo so.

CORO

Esiste nel centro della terra,

nel cuore, nel punto segreto della mente,

nelle bolle compresse delle stelle non nate,

nel carico vuoto dell'universo,

una stanza

ch'è figura poetica e suprema architettura,

bosco e deserto, embrione e sviluppo, dove

tutto si genera e ritorna, dove tutto

si compie e finisce per rinascere

ancora. Gli occhi del Dio sono posti

in quel punto, posati sul capo

dell'eletto che lì in nome suo

tutto custodisce e governa.

Egli è l'esecutore della suprema

partitura e fa delle sfere di carta,

di vetro, di nulla, gli strumenti

infiniti dell'eterna creazione, del mutamento

sereno, uguale, ripetuto, luce sonora,

vita irresoluta sempre, compiuta sempre,

parola e silenzio, nome e indistinto,

sillaba e numero, bianco e arcobaleno,

pioggia, sole, nuvola, luna,

eterna presenza, sublime assenza.

QUADRO NONO

Sulle scale. É quasi buio. Neottolemo scende tenendosi alla

ringhiera. Sotto la rampa, appare per un istante Filottete.

NEOTTOLEMO

Siete voi?

perché avete spento tutto?

Filottete!

Appare Odisseo.

ODISSEO

Filottete! Filottete! Maledetto fantasma,

tribolatore di malefizi, non sfuggirmi!

Dannazione, l'ho perso, non si vede nulla.

Sono un cieco privo di luce, non vedo!

Dei, Dei maledetti! perché tutto questo?

perché io, perché? L'ombra che mi ha inseguito,

ogni notte, in questi dieci anni di nera guerra,

ora mi sfugge e si vendica, annegando me

nella stessa oscurità nella quale l'abbandonai.

Io, Odisseo,

inseguo un nulla che mi pesa sul petto,

io inseguo me stesso chiamando Filottete...

io... io.... sono... sono... confuso....confuso...

NEOTTOLEMO

Anch'io come voi.

ODISSEO

Neottolemo?

NEOTTOLEMO

Sono io. É sparito e tutto

è sprofondato nel buio.

Volevamo prenderlo, ma è stato lui

ad ingabbiarci nell'oscurità di queste scale.

......

Questa luce!

ODISSEO

Chi è?

NEOTTOLEMO

O Dei, è la ragazza!

RAGAZZA

Zitti. Seguitemi.

NEOTTOLEMO

Dove?

ODISSEO

É una trappola, un trucco!

RAGAZZA

Vi aspetta. Andiamo.

ODISSEO

Vattene!

RAGAZZA

Seguimi. Tutto si chiarirà.

...

NEOTTOLEMO

Andiamo.

Scompaiono. Odisseo rimane solo.

ODISSEO

Se ne va. Con lei. Che non esiste.

Ma c'è.

Quella donna è il mistero di Lemno.

Comparve poco dopo che lasciammo lui qui.

Ma non si sa chi sia, non risulta

da nessun registro dell'Ospedale,

non lo scoprirono mai.

Aveva perso la memoria, dissero.

Bussò, un giorno, e chiese di lui.

Senza spiegazioni.

Una povera pazza. Smemorata.

"Avrà sentito il suo nome per caso,

è un personaggio noto se ne parla molto

in questi giorni, della sua triste sorte..."

Così pensarono e la lasciarono vivere

qui, accanto a lui, che la gradiva,

unica compagna alla sua sofferenza.

E con lui restò, quando tutti se ne andarono.

.....

Ed io, che ho sempre lottato,

che ho intrigato sempre, perché la mia ragione

fosse di diamante, io qui vedo dissolversi

i cristalli durissimi - credevo -

della mia mente.

Polvere, polvere soltanto resta di me.

Ho solo creduto nell'attimo e nel colore

in cui volevo credere. Rifiutarsi...

la mia colpa...

Sono solo adesso... Filottete

tu hai lei ed in lei te, io solo

resto così... e mi dissolvo.

No!

Ora che ho capito, ora che so,

se ho ragione, devo seguirla,

devo vedere, vederli insieme:

lei e Filottete. E vincerli.

Portarli via. Distruggerli.

Scenderanno a me!...

( Esce.)

QUADRO DECIMO

Biblioteca. Scaffali colmi di libri, schedari, nastri magnetici.

Su un tavolo, un computer. Non c'è nessuno tranne Filottete,

seduto, invisibile.

Entrano Odisseo, Neottolemo e la ragazza.

ODISSEO

Lo sapevo! Non c'è nessuno.

NEOTTOLEMO

Ma allora...

ODISSEO

É una trappola. L'avevo detto.

NEOTTOLEMO

Dov'è Filottete?

perché ci hai portato qui?

ODISSEO

Per permettergli di fuggire,

nascondersi, è chiaro:

come fai a non capire?

RAGAZZA

Siete voi che non potete capire.

NEOTTOLEMO

Cosa? Cosa?

ODISSEO

Basta! Ci hai giocati

ma non la passerai liscia!

Maledetta!

La ragazza scompare.

FILOTTETE

Sempre lo stesso tu,

Odisseo!

NEOTTOLEMO

Chi...?

ODISSEO

Ma...

FILOTTETE

La tua "forza", la usi sempre

contro chi non può difendersi.

Oggi come allora.

Prima un malato, ora una donna

Vedo che sei sempre uguale

alla serpe che ricordavo.

Forse è meglio così.

Sarà tutto più facile.

ODISSEO

Se credi d'impressionarmi

con questi trucchi da fiera...

NEOTTOLEMO

Cosa sarà più facile ?

ODISSEO

... t'inganni!

FILOTTETE

Sta calmo.

Qui la tua agitazione è superflua,

la tua violenza e la tua astuzia inutili.

Ti avverto, al prossimo scatto d'ira pagherai...

ODISSEO

Cosa pagherò, cosa?

Mistificatore, storpio saccente,

cosa, come?

FILOTTETE

Così.

QUADRO UNDICESIMO

In nessun luogo.

NEOTTOLEMO

Siamo prigionieri.

Di questa luce.

ODISSEO

Di questo buio.

NEOTTOLEMO

Ma cos'è, questo grumo di nulla

e di materia nel quale siamo

racchiusi?... Odisseo?

ODISSEO

Il principio. Il tutto.

Il nulla. Filottete

l'ha trovato e lo governa,

forse lui stesso non è che parte di esso.

Non lo avremo mai. Egli

può tutto.

Noi possiamo solo subirlo.

NEOTTOLEMO

Io posso scegliere.

Divenire

come lui.

ODISSEO

Sì, purtroppo.

Sei giovane come lui

lo fu un tempo. E tuo padre

era come un fratello per lui.

Potresti essere suo figlio.

Ti ha parlato, allora? Tu

stai andando dalla sua parte.

Attento, soffrirai, molto. E forse,

dopo tanto dolore, t'accorgerai

che il risultato non valeva tanto.

Ti consumerai, annullandoti...

NEOTTOLEMO

Sarò un altro.

Troverò me stesso.

ODISSEO

Ti distruggerai. Lui ti userà

per qualcosa di inutile.

La vita è solo così come la vediamo.

Tutto il resto non esiste.

NEOTTOLEMO

No!

ODISSEO

Vorrei avere torto.

NEOTTOLEMO

Ho paura.

QUADRO DODICESIMO

Biblioteca.

FILOTTETE

Non hai nulla da temere.

NEOTTOLEMO

Dei, vi ringrazio!

ODISSEO

É lui che devi ringraziare.

FILOTTETE

Non occorre. Capirà.

ODISSEO

Ascoltami, Filottete.

Sono calmo, ascoltami.

Tu sai perché io sono qui, è vero?

FILOTTETE

Certo.

ODISSEO

Verrai?

FILOTTETE

No.

ODISSEO

Ma non puoi!

Non puoi. Gli uomini muoiono

sotto le mura di quella dannata città.

Le donne di Grecia sono ormai solo

vedove, i giovani orfani di padri

che tu condanni ad una morte inutile.

FILOTTETE

La morte non è mai inutile.

La guerra...

ODISSEO

Ma dobbiamo vincerla!

FILOTTETE

Non occorre.

ODISSEO

Come non occorre! Che

vuol dire? Come puoi tu,

che te ne stai qui, solo,

da dieci anni, tranquillo...

FILOTTETE

Tranquillo?

Tutto si rianima come se l'ospedale esplodesse di malati, di

dolore, di urla. S'ode il fragore del mare infuriato. Un'ombra

si agita, lacerando tutti gli altri suoni. La ragazza, pallida,

corre, singhiozza. Infine tutto si placa.

FILOTTETE

Eccola la mia tranquillità di dieci anni.

L'hai vista. Ecco la guerra che io

ho combattuta. Mi vedi. Ho vinto.

Ho conosciuto il male tanto a fondo

che adesso non può esistere dinanzi a me.

Da esso ho imparato tutto.

L'ho rivoltato, posseduto.

Ora non è più. É bene. É

tutto. Può ancora nuocere ma

io so dominarlo. Non tentarmi,

Odisseo...Tranquillità!...

Vuoi provarla?...

ODISSEO

A che servirebbe? Tu

non cerchi nemmeno vendette.

Ma una cosa ti sfugge.

Tu dimentichi d'essere il solo,

l'unico uomo che può rifiutarsi di subire,

tu puoi non piegarti, puoi tutto.

Ma gli uomini, tutti gli altri uomini,

cosa potranno fare? Null'altro,

se non continuare a muoversi

senza rendersene conto, a subire

gridando: "Vittoria!", dinanzi a falsità!

tu hai tutto. Sai.

Ma non puoi cambiare gli uomini!

Sei impotente anche tu!

.........................

FILOTTETE

É come dici. Io però,

posso muovere il mondo,

le cose, gli avvenimenti.

Nel grande libro dell'universo

io sono soltanto colui che sfoglia

le pagine, in silenzio,

attento che non si strappino.

Gli uomini possono o non possono,

vogliono o non vogliono capire,

penetrare il mistero ma sempre,

in ogni caso, ne sono parte.

La luce piove su di loro,

in eterno.

NEOTTOLEMO

La ragazza!

ODISSEO

Non ci credo.

Sotto le mura di Troia si muore.

FILOTTETE

Nessuno vincerà.

Non occorreranno più vittime.

Gli uomini moriranno vecchi,

sorridendo. Ma non subito.

Un giorno, che sarà figlio

di un'alba vecchia

di sofferenze, di martirio,

di lotte, di gioia,

di conoscenza.

ODISSEO

E adesso?

FILOTTETE

Adesso vai,

hai già vinto.

ODISSEO

Come?

FILOTTETE

(Aziona il computer e legge)

“O musa narrami di quell'uomo dall'ingegno

multiforme, che tanto errò, dopo che distrutte

ebbe le sacre mura di Troia. Colui che vide

molte città e l'indole delle genti conobbe.”

ODISSEO

Tu farnetichi.

FILOTTETE

No. Leggo. La tua storia. Di come

tu vincesti Troia. Ascolta:

“Via, seguita dunque e canta la costruzione

del grande cavallo di legno che Epeo

con Pallade a sé accanto, fabbricò,

e fece Odisseo penetrar nella Troiana rocca:

pieno il cavallo ( o meraviglioso ingegno!)

degli eroi che fecero di Troia cenere...”

ODISSEO

Questa è poesia non è la verità.

FILOTTETE

La verità non esiste: è una nave

che va su mari dai colori che cambiano

ad ogni porto cui approda.

Va torna a Troia. Ritiratevi,

in pace. Troverai

tua moglie ad aspettarti.

Morrai felice.

E grazie al libro, sarai per sempre

un Eroe.

Questa sarà la tua storia.

Gli uomini ci crederanno.

Tieni.

Odisseo prende il libro.

ODISSEO

Io.

Che sono come te.

Che fui , una volta, più di te.

Non ho capito, non ho voluto vedere

oltre il mio sguardo. E stupidamente,

credetti d'annullarti facendoti

sparire dalla mia vista.

Io.

Che sono ciò che dicono.

E so di non essere. Io,

che devo ora chinarmi,

accontentarmi di una menzogna

che mi farà per sempre

ciò che mai sono stato.

E avrei potuto,

troppo tardi, ora.

CORO

Le vele... le vele

sono alte, il sole

bacia il vento

che si prepara

a spingere te,

Odisseo, Signore,

Capitano dell'infinito

viaggio. Le vele...

il vento....

vele... vento...

ODISSEO

Sì, le vele! Alzate

l'àncora, io salperò

per sempre: andiamo!

( Esce )

QUADRO TREDICESIMO

Stesso luogo.

NEOTTOLEMO

Voi potete anche questo?

FILOTTETE

Sì.

É così, la Storia. Solo

ciò che ci si dice, si tramanda.

Le verità sono queste.

Parole scritte. Parole dette. É così.

Semi nel vento. Principi che non esistono.

La sabbia e il tempo li copriranno sempre

e sempre gli uomini riscopriranno

ciò che già costruirono. Sistemi

e pensieri, di per sé inabili ma

rassicuranti.

NEOTTOLEMO

Ma qual è, allora, il fondamento di tutto?

FILOTTETE

La natura non ha contrari:

il giglio che nasce, il giglio

che muore, sono lo stesso fiore.

Nel sorriso della nascita c'è

già il sorriso dell'agonia. Noi

siamo ciò che sappiamo e ciò

che non sappiamo di essere.

Bisogna negarsi per comprendere.

NEOTTOLEMO

La materia e la sua negazione.

Dolore, dolore! State

parlando del dolore...

FILOTTETE

É necessario ma non temerlo.

NEOTTOLEMO

Voi lo avete temuto

quanto me adesso.

FILOTTETE

Sì l'ho temuto. Ancora,

forse, lo temo. Ma ho provato

che oltre il muro della notte

c'è un'apertura dischiusa

verso un sole accecante

che ti percuote e ravviva come il primo

schiaffo: improvviso risveglio

in un mondo nuovo, ignoto...

NEOTTOLEMO

Avete paura?...

FILOTTETE

Non avresti paura tu,

se il tuo braccio, tutto,

tutto ciò che hai, che ti permette

di sentire, vedere... tutto

dovessi bruciare per qualcosa

che sai giusta ma che fino in fondo

non conosci?

NEOTTOLEMO

Perché, perché allora?

Io ho veduto...qui

ho veduto, sentito

soltanto

dolore, sofferenza...

FILOTTETE

Soltanto questo?

NEOTTOLEMO

... No...

No... Solo voi avete

il germe della soluzione.

Ma devo vederla. Essere

con voi.

FILOTTETE

Il mio tempo è giunto al suo termine.

Consegnando ad Odisseo la sua storia

ho ho compiuto anche la mia. Sono anch'io

soltanto un uomo. Bisogna negarsi

per comprendere.

NEOTTOLEMO

Devo... vedere.

FILOTTETE

Bene è tempo.

Io sparirò. Mi unirò

a lei per sempre. A lei

che tornerà. Tu

sarai la mia memoria. Puoi

rifiutarti o accettare...

Filottete s'appresta al riposo, alla mutazione, ultima guarigione, e

l'invoca.

FILOTTETE

Ora,

Sonno d'angoscia ignaro,

Sogno privo di dolore,

Alito soave,

Dolce, dolce piacere,

Vieni a me, Signore.

La luce brucia ogni cosa.

RAGAZZA

E serba sempre

A queste ciglia chiuse

Questa vivida luce,

Sole diffuso ora.

FILOTTETE

O scendi, scendi

Dio salutare,

A me scendi.....

......

Il tuo nome...

RAGAZZA - ... Il tuo...

Filottete svanisce. Sulla luce che muore l'edificio canta “ciò che per

l'universo si squaderna”.....

La Ragazza volge lo sguardo a Neottolemo.

NEOTTOLEMO

Accetto.

L'edificio si rianima, le urla trafiggono l'aria.

Stride un uccello.

EPILOGO

Stesso luogo, altro tempo. Tutto è calmo. Neottolemo scrive

dettando ad alta voce.

NEOTTOLEMO

“Nel ciel che più de la sua luce splende

fu' io, e vidi cose che ridire

né sa né può chi di la sù discende...”

Ora la ragazza è accanto a Neottolemo.

S'ode il frullo d'ali d'uno stormo che si leva in volo.

Un antico uccello stride, ride...

IN LIMINE

Il Cielo colpisce i piedi degli uomini,

i loro occhi, sempre allo stesso modo

con lo stesso spillo, perché sa che essi

reagiranno sempre allo stesso modo,

sempre uguali. Solo si può, si deve,

supporre l'eccezione, creare un caso,

narrarlo e farne ciò che si dice

un mito. L'uomo colpito al piede

vince la sfida, ribalta l'esito e

diviene padrone del destino, motore

della storia. Ciò che egli fa

non è se non per sempre, tutto per lui

si crea ed è increato. Astrazione,

utopia, sogno, ricerca, equilibrio

alchemizzato fra ciò che appare e

ciò che potrebbe essere, fra ciò che

ci diciamo e ciò che siamo.

Noi ci illudiamo così d'essere

più che gli Dei, noi siamo sicuri così

del nostro essere uomini.

Noi che piangiamo e ridiamo

nel sonno e nella veglia;

noi che incerti confondiamo sipari

senza mai sapere se s'aprono

o chiudono a qualcosa, a qualcuno;

noi che spento il riflettore

scompariamo ma

siamo ancora.

Ancora.

Ancora astrazioni.

Ancora uomini.

Ancora sogni.

Ancora teatro.

* * *

Menzione Speciale al Premio “Mario Giusti” 1990

“per la pregevole qualità letteraria della scrittura e per la

risonanza attuale e incisiva che la rivisitazione del mito

comporta”

Prima rappresentazione: Maggio 1991, Teatro in

Trastevere, regia dell’autore, scenografia:

Carmelo Biondo, costumi: Elena Mannini, musiche

originali: Giovanni Guaccero, interpreti: Massimo

Foschi (Filottete), Maurizio Gueli (Odisseo), Eljana

Popova (la ragazza), Francesco Apolloni

(Neottolemo).

* * *

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