Finalmente è crisi

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L'alberodellascorsanotte

 

Finalmente è crisi

di

Rolando Attanasio

               

Personaggi

Nonno

Carlo

Rosario

Irene

Giovane uomo

La Sposa

Il Vecchio

La Madre

Anima prima

Anima seconda

Anima terza

Zio Elio

Zia Fernanda

Alina

Michele


I Atto

Scena: Una stanza, un grosso televisore vuoto al centro, in modo da permettere a Carlo di visualizzare il pubblico e viceversa. Diversi quadri di un pittore contemporaneo alla parete,il ritratto di Marx e un cavalletto da pittore, un telefonino ben in vista, un divano, un tavolo con sedie, una finestra, alla sinistra del pubblico, una libreria, giornali sparsi un po’ ovunque, una porta al lato sinistro delle quinte. Un vecchio dipinge ad un cavalletto una grande tela. ( immondizia e antiche sculture ovunque )

Nonno: (Il vecchio dipinge, dall’esterno gli vengono gettati contro sacchi d’immondizia. Si alza, porta via i rifiuti ed esce di scena ).… ci mancavi solo tu a Napoli! Che immondizia, immondizia e sangue, “sputazza” e accattoni … i furbi napoletani? … che gente … che brutta falsa gente!

Carlo: (Entra in scena con un giornale tra le mani) Lui si è suicidato, facendosi travolgere da un treno; alla notizia lei è morta d’infarto. É accaduto a Pistoia. Entrambi avevano 67 anni. La coppia era separata da dieci anni, ma i due erano rimasti in buoni rapporti. Lui commerciante, da qualche settimana in cura per una forma depressiva, si è gettato sotto il treno Viareggio-Firenze. A trovare la donna senza vita e stroncata da un infarto, sono stati i figli.              

Squillo del telefono.

Carlo: (Risponde al telefono) Pronto! (pausa) una storia pazzesca, la solita tragedia di una coppia separata che finisce sui giornali, lui suicida e lei che… muore d’infarto. Perché mai si saranno separati?

Voce di Rosario: (La voce proviene da fuori scena, è una voce telefonica) Dove hai saputo di questa storia incredibile?… L’ hai letta su qualche giornale?

Carlo: (Tragico)Sul giornale certo, il giornale di oggi!

Voce di Rosario: Sempre il solito pessimista?

Carlo:  Realismo, mio caro… ti prego di non minimizzare più d’ora in avanti.

Voce di Rosario: Probabile, ma tu riesci solo a cogliere gli aspetti negativi di ogni cosa.

Carlo: E secondo te, quali sarebbero quelli positivi, invece?

Voce di Rosario: Non so, (breve pausa) nel caso specifico, (con tono da luogo comune) forse…  Se la coppia avesse ponderato tutto prima del matrimonio? Per poi…?

Carlo: (Interrompendo, accanito e brusco) Prima del matrimonio?

Voce di Rosario: Ho capito…ma cosa ci frega a noi dei morti? É la tua giornata…? La tua solita giornata?. (Pausa) Resti a casa o esci con noi stasera?

Carlo: No grazie, preferisco un amaro, poi… non mi sento neanche tanto bene, mi sento un po’ giù… andate voi, andate pure.

Voce di Rosario: Guarda che c’è da divertirsi stasera! C’è Giusy che ti aspetta, se non te la becchi tu arriva qualcun altro prima di te, io ti consiglio…

Carlo: (Insofferente) Li conosciamo i tuoi consigli! “Muoviti, che chi tardi arriva male alloggia”, oppure “Carpe Diem”, o peggio “Si vive una volta sola”, tranne quando qualcuno non ti frega perché è più veloce di te vero?

Voce di Rosario: (Stancamente) Diavolo, sei proprio insopportabile! Se ti va, comunque, telefonami… Sono al  Bar Metrò, il numero è il solito, ci sentiamo.

(Carlo spegne le luci, posa il telefono e si siede sul divano davanti al televisore. Spot pubblicitario. Squilla il telefono: è Irene).

                                        

Voce di Irene: (Languida e fiduciosa) Come stai? (pausa) Sei ancora davanti alla tv? (Pausa, come di chi già è a conoscenza dello stato d’animo) Che hai?

Carlo: Sì…!

Voce di Irene: (Attonita) Sì, cosa?

Carlo: Io direi che forse non mi sono spiegato… Suona meglio? Non è come dire nulla…? eh? Napoli è diventata un inferno, questa politica apparentemente volta alla causa comune è un inferno, un paradiso per pochi.

Voce di Irene: (Annoiata) Dio mio… ci risiamo… che hai?

Carlo: (In tono ironico) Io direi “sorpreso” di come gira il mondo e di come invece non giro io, (breve pausa) ma per girare dovrei forse correre all’indietro come i gamberi e mi troverei al passo con tutti… felice e beato, e così finalmente potrei gridare: viva la vita! Viva la gioventù!  Allora griderei come tutti voi: viva la pace! Ipocriti … Ma io penso alla guerra… Viva la verità! Ma poi io ci trovo la menzogna… Viva la libertà! E vedo la schiavitù… Evviva la forza! E credo sia solo superbia, volgare ignoranza e null’altro… null’altro. (Pausa, stancamente) Una laurea in filosofia conquistata con tanto amore ed entusiasmo, solo per provare a me stesso che, in fondo, potevo farcela… Sì perché, scava scava… poi non credevo di farcela. Avevo quella che il mio psicologo chiama “carenza di autostima”, avevo idealizzato il mondo accademico (disilluso), ma no! Sono pensieri che tutti fanno prima o poi, ognuno spera di finirla con il suo grigiore. Il problema è che non tutti riescono a riconoscerlo… E poi parlo, parlo, ne parlo ancora.

Voce di Irene: Mi avevi promesso che saresti venuto a prendermi.

Carlo: Il mio è disgusto… puro disgusto, immacolato disgusto, anche nausea.

Voce di Irene: (pausa) Cosa facciamo? Allora? (Lunga pausa) Ho avuto un’esperienza molto scottante, hai capito a cosa mi riferisco no?

Carlo: Al profondo e prospero futuro che ti hanno promesso in quell’ufficio di Import –Export?

Voce di Irene: Carlo, vengo domani io da te…

(Carlo si stende sul divano)

Carlo: (Parla con se stesso) Vedo le ombre dei miei genitori, soprattutto quella di mio padre, curva e avvolta nel suo pessimismo, sfiduciato, come questa città e penso per un attimo che la società ha inconsapevolmente scaricato su di me, nel suo rituale quotidiano, quintali di merda! Ho sempre criticato mio padre, e poi…? Ho fatto esattamente le stesse cose, ho pensato gli stessi pensieri… e ho probabilmente intessuto le stesse trame. (Guardando verso l’alto, pausa lunga) Ero  solo (pausa lunga) nella stanza blu.

(Si spengono le luci e si sposta il televisore, viene portato il manichino di un bambino ben vestito. Si accendono luci blu, la stanza è blu, il manichino è al centro. Vi si avvicinano e girano intorno tre figure: una donna in abito da sposa, un uomo anziano e uno giovane).

Sposa: Ci sono io e ora! Domani? No ora…ora…sposa! Forse non amo quest’abito bianco… Non lo comprenderò! Non lo comprenderò mai!

Il Vecchio: L’età mi dice e insegna che… l’uomo raggiunge l’apice della saggezza sul finire dei suoi anni, quando l’uso che ne può fare non è più tanto necessario, dato che egli si avvia alle sorgenti gialle.

Giovane uomo: Io credo di non avere paura della vita, ma non ne sono sicuro… Ci devo pensare ancora molti anni.

La Sposa: Allorquando il tempo imbrunirà (lunga pausa) io non mi farò trovare vecchia, io no  (pausa) non ci sarò… Nel verde cammino dell’anima (pausa) io mi nasconderò nel bianco di questo vestito.

La Madre: (Entrando dalla scena laterale, atteggiamento autoritario e sprezzante) Dove diavolo sono finite le risposte sul futuro? … Ma che ho fatto per meritare tutto questo? Che ho fatto? Voglio le mie risposte

Carlo: (Entrando dalla scena laterale) Che ci fai qui? I partiti politici ti hanno rigettata fuori dai congressi inutili?

La Madre: Non trovo le risposte a tutto questo inutile vociare televisivo… La strada è piena d’immondizia e tutto procede male…male!

Carlo: Perché non ci ribelliamo tutti a questa città? Ai mostri di questa giunta ipocrita e perbenista?

La Madre: Dove hai messo le mie domande? Dove?

Carlo: Non lo so, perché non le ho prese io, sei tu che le hai perse!

La Madre: Tutto inutile, con il via vai di gente qui sotto, in questa strada borghese, tutto inutile anche oggi…poi.

Carlo: (Nervosamente) Ti prego di non cominciare ad insultare l’inutilità di questa umanità.

La Madre: L’umanità corre per i negozi e per i caffè, babà e cose affini.

Carlo: Non esiste più?

La Madre: Che stupidaggine! L’umanità …!(Esce di scena).

Carlo: (Si avvicina al gruppo in primo piano) Eccovi qui (lunga pausa) come una vecchia foto, tutta la mia vita! I nostri pensieri, le nostre vite! I nostri ideali o illusioni (pausa) eccoli… trasportarsi incuranti tutte le macerie umane, l’anima bianca, l’egoismo, il silenzio, (disgustato) tutti tenuti segretamente sotto chiave, sotto strettissima sorveglianza (breve pausa, ironico). “Buon giorno” ci diciamo, “salutatemi vostro marito” ci diciamo. Trasportiamo cadaveri nell’anima e ci vestiamo, ci trucchiamo, andiamo a teatro, a messa… Pretendiamo di essere compresi e amati anche quando siamo solo umanità! Siamo tutti in pace con noi stessi… (portandosi sul proscenio) “Guarda che bel pantalone mi sono comperato! Ti piace?

(La donna, il vecchio e il giovane uomo si muovono ed escono di scena, ricurvi su se stessi, in fila indiana. Restano solo il manichino e Carlo. La luce viene proiettata sul manichino).

Carlo: (Rivolgendosi al manichino) Tu no! Queste cose non le sai, tu hai ancora il diritto di meravigliarti, ma non puoi protestare perché sei ancora piccolo, il tuo parere non conta come quello degli adulti, tu sei un manichino per loro: misero, sordo, incapace manichino. Dopotutto noi ti abbiamo creato e possiamo distruggerti… Ti conviene startene buono, è vero? Tu sei buono no? Noi ti dobbiamo programmare affinché tu possa diventare adulto e responsabile… Noi ti manderemo a scuola, ti insegneremo la morale, la forza, l’astuzia, solo se ubbidirai, se sarai buono, è vero? Faremo di te un uomo forte! Che saprà vincere in politica! E sempre dritto su se stesso. Del resto non ti devi curvare, penseremo a tutto noi… Guarda che compassione, guarda che altruismo che ti riserviamo… E tutto al solo prezzo di fare quello che ti consigliamo di fare… Solo per il tuo bene, nient’altro… Solo per il tuo bene.  Ma ora sei stanco e devi dormire, ti ho già detto troppo, il resto lo scoprirai crescendo giorno dopo giorno. Vieni, tu devi dormire… perché hai sonno… Poi devo accendere la televisione… la televisione… la televisione … la televisione!

(Carlo prende il manichino tra le braccia e lo porta con sé dietro le quinte. Entra in scena Irene).

Irene: (Nervosamente, rivolgendosi a Carlo) Hai dimenticato l’appuntamento!

Carlo: (Interrompendola) É tutto blu cobalto.

Irene: Non ho voglia di fare discussioni sui colori.

Carlo: Ma queste non sono discussioni mia cara, sono realtà, tangibili realtà, come le truffe di tutti i giorni.

Irene: Realtà? Tu stai sognando…

Carlo: E allora va via d a me, finiamola con questo sogno.

Irene: Purtroppo sono con te in questo sogno e sogno di te continuamente.

Carlo: Forse è l’amore (pausa)

Irene: Sto attraversando un momento così difficile…

Carlo: Non voglio sognare più.

Irene: Ecco qua! Non è semplice come credi?

Carlo: E quale sarebbe il modo per uscire dal sogno? Quale?

Irene: Certo non questo!

Carlo: Richiede uno sforzo disumano.

Irene: Chiamalo come vuoi! Ma se...

Carlo: (La interrompe) Io mi domando allora perché, perché sei ancora qui con me, cosa ti trattiene con me? (pausa) Forse lo so: il sesso… è vero?

Irene: (Piangendo) Vattene via da me, tu non conosci l’amore, confondi ancora tutto.

(Esce di scena. Pausa lunga. Luci viola in scena).

Carlo: E me ne andrò, sì… me ne andrò… me ne andrò… (Si stende sul divano, mentre Irene esce di scena) me ne andrò… prima o poi mi sveglierò sul serio e me ne andrò da questa città atroce.

(Dopo un po’ bussa Rosario. Entra allegro e vivace).

Rosario: Caro, come stai?

Carlo: Non ti accorgi di nulla, tu?

Rosario: E di cosa dovrei accorgermi?

Carlo: Che stiamo sognando tutti.

Rosario: ( Sorride ).

Carlo: Eppure…questa stanza, gli oggetti che ci circondano sembrano veri, tu stesso… sembri vero, un vero amico, uno che può darti un consiglio giusto, che può dirti che il presidente di qualsiasi organismo è una persona giusta è buona, e non è vero e tu lo sai.

Rosario: Perché non dovrebbe essere così?

Carlo: Ma come? Non vedi che è tutto assurdo?

Rosario: Che importanza può avere stabilire ciò?

Carlo: Tu non sei mai in crisi perché ti nutri di mediocrità continuamente.

Rosario: Lascia perdere queste speculazioni astratte.

Carlo: Credi di esserti salvato tu? Non è così.

Rosario: Macosa? Cosa è vero? Che importanza può mai avere stabilirlo?

Carlo: Rosario…siamo tutti intrappolati in un sogno, questa realtà è solo pura illusione, gioco pericoloso e sublime.

Rosario: Ma cosa stai dicendo? Lascia stare la filosofia amico mio, guarda la realtà.

Carlo: Ogni giorno qualcuno viene inquisito in questa città, uomini apparentemente notabilissimi, Direttori Artistici, Direttori che sono divenuti politici... politici che sono diventati camorristi, burocrati e avidi, grassi, apparentemente utili.

Carlo: Tu hai baciato Irene!

Rosario: É tutto un sogno…che importanza può mai avere?

Carlo: Anni, gli anni del liceo trascorsi nello stesso banco, i progetti per l’avvenire, tutto il tempo passato insieme… è spaventoso!

Rosario: Lascia stare, lascia correre tutto, non scopriremo mai altro…

Carlo: Illusione…tutta una grande illusione è questa vita, un’illusione creata da voi, da tutti gli uomini che contribuiscono ad incatenare il mondo … solo tacendo e dicendo sempre di si … si signore, si!  

Rosario: Carlo, io non volevo.

Carlo: Lasciami stare solo, te ne prego…lasciami stare.

Rosario: Nessuno di noi può  spiegare questo, lo capisci?

(Rosario esce di scena. Carlo si stende sul suo divano. Nel frattempo rientra la madre).

Madre: (Guardando l’orologio) Che tempo noiosamente lento!

Carlo: No, è velocissimo invece, ma tu lo percepisci lento ecco tutto, questioni relative madre amata, relative cara regina.

Madre: Io penso che mancherò qualche giorno, vado fuori città. Tu puoi, se vuoi, restare qui.

Carlo: Bene…lo farò.

Carlo: (Pensosamente, parlando con se stesso, camminando, ammirando e correggendo la disposizione dei di alcuni oggetti. Poi, prelevando un libro dalla libreria) Perché mi devono fare domande sul tempo? Perché!

(Gettando il libro, si stende sul divano e si addormenta mentre squilla il telefono, invano, perché Carlo non risponderà. Si abbassano le luci, trascorrono molti secondi).

Rosario: (Bussando alla porta) Apri, apri…

Carlo: Chi vuole entrare in questo utero lacero e infinito? Tempio della metafisica?

Rosario: (Entrando) Sei un bugiardo.

Carlo: Prendo nota!

Rosario: (Alzando la voce)Sono tutti vivi per strada e non c’è nessun sogno, capisci??!

Carlo: Ma sei tu quello che non si pone domande?

Rosario: Questo cosa significa? Sono tutti vivi.

Carlo:  No…sono tutti sogno.

Rosario: E quale sogno?

Carlo: Un sogno che ci conduce lontano dal sogno, perché la realtà è sogno, caos che sembra ordine, ordine che nasce dal caos. (Carlo cerca di reggersi a una sedia, barcolla e poi sviene, cadendo sul pavimento).

Rosario: (Meravigliato, gli si avvicina, lo scruta) Carlo, Carlo, cos’ hai?

La Madre: (Entra in scena la madre) Oh Dio…!

Rosario: (Timidamente)É svenuto d’improvviso.

La Madre: Proviamo a metterlo sul divano, allora.

Rosario: Va bene… va bene (I due sollevano  Carlo e lo portano a braccio sul divano).

Carlo: (Farfugliando, come se stesse delirando) Merda! (Pausa) Tutta merda, sì …(C’è grande attenzione per quello che dice, pausa lunga).

Rosario: Carlo, come ti senti?

Carlo: (Farfugliando, come se stesse delirando) Tu sei … ?

Rosario: Ma cosa?

Carlo: (Farfugliando, come se stesse delirando ) Vedo…(Pausa) Ah… le girandole… gli angeli… che… sputano fiori… ogni genere umano… genere… anche animale…

La Madre: (Rivolgendosi a Rosario) Ma cosa sta dicendo?

Rosario: Frasi incomprensibili, signora cara (pausa lunga), incomprensibili.

La Madre: Ah…

Rosario: Carlo è così, è stato sempre così…

La Madre: Carlo non era così, ma ora forse è così

Rosario: Comprendo fino ad oggi sempre le stesse cose.

La Madre: Silenzio.

Rosario: Silenzio e basta?

La Madre: Si … silenzio!

Rosario: Capisco meno di prima allora.

La Madre: Lasciamolo respirare.

(I due escono lentamente di scena).

(Musica. Dal mobile che si apre, lentamente, escono quattro anime bianche. Anima prima è calva e porta una maschera e un libro. I quattro entrano in fila indiana con Anima prima in testa, compiono alcuni giri per la stanza, poi si posizionano in cerchio intorno al letto e Anima prima si siede su una sedia, a destra, accanto al letto. Fine musica).

Anima prima: (Rivolgendosi a Carlo) L’ alberodellascorsanotte…ricordi?…Nell’abisso dei sogni, ogni uomo smarrisce la strada. L’albero no. Non confonde i suoi passi,  il suo cammino è sicuro, dimora in un dove…ricordi?…E poi…Riverbera una nuova luce, (pausa) una coscienza che descrivere non si può con le parole (dirigendosi verso il pubblico)… Nel buio vaghiamo senza tempo… Con noi solo i ricordi delle nostre vite e dei nostri pensieri che si espandono nell’aria come lampi, si asciugano e subito volano via…noi sogni oltrepassiamo il tempo e voliamo, in un turbine di immagini e di pensieri… Oltrepassiamo la materia e non siamo materia e non siamo freddi, non caldi… eppure siamo….L’alberodellascorsanotte…ricordi?

Carlo: (Fievole e confuso) Ahi, ahi (si tocca la testa).

Anima seconda: (Si accosta ad Anima prima e sussurra) Si sta svegliando!

Anima prima: (Ritorna a sedersi sulla sedia) Come può mai svegliarsi?

Anima seconda: É difficile che ci possa sentire, vero?

Anima prima: Ci ascoltano, spesso sotto forma di pensieri… Non sempre, qualche volta…

Carlo: Ebbene, cari amici, noi crediamo tutto questo sia un sogno, ma è realtà, tutto questo è realtà.

Anima seconda: Ha risposto! Ma può vederci?

Anima prima: (Rivolto a Carlo) Non può vederci! Carlo mi senti? (pausa lunga) Mi senti?

Carlo: (Confuso)Chi è (pausa) Chi parla? Chi è?

Anima terza: (Spaventato) Dobbiamo andare, altrimenti saremo puniti.

 

(Musica. Le anime escono di scena. Fine musica).

Carlo: (Comincia ad alzarsi faticosamente dal letto, in pigiama) M’è sembrato di aver udito la voce di qualcuno in lontananza. Tutte le medicine che mi hanno dato… (guardandosi allo specchio).

Zio Elio: (Entrando in scena e sedendosi al tavolo) Malafede… Ecco quello che è, solo malafede. In un attimo stava rubando tutto. Ah, ma a me no! Non mi fa fesso, quello lì… Eh, a me no… É pazzo… E di chi è la colpa? Di chi?

Zia Fernanda: (Bussando alla porta e gridando) Apri Elio, lo so che sei in casa… Apri!

Zio Elio: (Va ad aprire la porta, ironico) Eccoti qua: la grande psicologa “Fernanda”!

Zia Fernanda: (Entra veloce, nervosamente e acida) E dove potevi essere se non a casa di Carlo… Quando ti devi rifugiare, sempre qui te ne vieni.

Zio Elio: (Nervosamente) Questo è un bunker ormai vecchio per me!

Zia Fernanda: (Stancamente, con tono accusatorio) Dove sono finiti gli ultimi risparmi? Lo sai che Paolino ha già quindici anni e tu non te ne curi proprio: sempre in quelle sale da giuoco con donne più giovani, ma non ti vergogni? Io al posto tuo mi vergognerei. Hai sempre fatto quello che volevi, ma stavolta…

Zio Elio: (Nervosamente e risedendosi al tavolo) Ti ho dato quello che ti dovevo dare per legge, ora cos’altro vuoi da me? Il mio sangue?

(Ritorna Carlo, con il caffè).

Carlo: Cara zia Fernanda, come stai? … Caro Zio Elio!

Zia Fernanda: (Meravigliata) Come stai, Carlo? Mi hanno detto dell’incidente e… Che hai fatto alla testa?

Carlo: (Sedendosi al tavolo con zio Elio) Mentre discutevo animatamente, sono svenuto e ho battuto la testa. Ora sapessi come mi sento.

Zio Elio: (Rivolto a Fernanda) Sei stato fortunato!

Zia Fernanda: (Meravigliata) Ora come ti senti?

Carlo: Uno straccio … una pezza … un balcone! (finendo di bere il caffè).

Zia Fernanda: Il Signore Celeste non sa proprio a chi deve colpire! É vero, caro Elio?

Zio Elio: (Rivolto a Fernanda) É vero: se fossi io il Signore Eterno saprei dove colpire!

Zia Fernanda: (Acida) E fammi sentire, dove colpiresti?

Zio Elio: (Noncurante) Sono affari che non ti riguardano.

Zia Fernanda: (Acida e paranoica) Ho capito cosa volevi dire! Cosa credi? Volevi dire che se fossi il Padreterno tu… avresti colpito me!

Zio Elio: (Ironico) Colpisco dove mi pare e piace!

Zia Fernanda: E allora, se sei un uomo, abbi il coraggio di dire dove colpiresti!

(Carlo si alza dal tavolo e si avvia verso il letto).

Zio Elio: E secondo te, questo è il coraggio?

Zia Fernanda: (Nervosamente) Certo, anche questo è coraggio.

Zio Elio: Come era coraggioso quella specie di uomo che ti sei messo a fianco, non è vero? Poi vai dicendo che Paolino ha problemi psicologici… Il ragazzo è strano, fa stranezze anche a scuola!

Zia Fernanda: (Nervosamente) Come ti permetti! Se tu hai avuto il coraggio anche di negare il nostro rapporto, e davanti ai nostri migliori amici! Che vergogna… Che figuracce che mi hai fatto fare… E io non avevo il diritto nemmeno di avere un cavolo di uomo vicino?

Zio Elio: E chi ha mai detto questo… Ma un uomo, non uno che va in giro fingendosi maresciallo della polizia a 53 anni.

Zia Fernanda: (Nervosamente e alzando la voce) Questi non sono affari che ti riguardano, capito? La mia vita privata non ti riguarda più.

(Si accende per errore il televisore, spot pubblicitari).

Zia Fernanda: Che sta succedendo?

(Carlo spegne il televisore).

Zio Elio: Una bolgia Carlo, un serraglio.

Nonno: (Entrando in scena con un megafono e su una sedia a rotelle, mettendo volgarmente una mano in culo alla polacca, portato da una donna dell’est, Alina la serva) Per favore, fate spazio, abbiamo bisogno di spazio: aria, aria, aria…. W la vecchiaia … w la vecchiaia …. Siamo giovani.

Zia Fernanda: (Sconvolta) Eh!

Nonno: (Usa il megafono) Sgomberare la casa, sgomberare la casa ora, sgomberare l’edificio!

Zio Elio: Ah, va bene, ho capito, c’è ne andiamo subito. (Rivolto a Fernanda) Questo quando attacca non la finisce più… Ti avverto: sta diventando pazzo!

Zia Fernanda: (Andandosene via con Elio) Ma questo è impazzito completamente, e da quanto tempo usa pure il megafono?

Zio Elio: (Rivolto a Carlo) Carlo riguardati, tanto è una sciocchezza, vedrai che guarirai presto. Andiamo, dolce Fernanda… (uscendo con Fernanda) Eh, che ti devo dire… Un anno, ma non solo, butta le cose dal balcone, dice parolacce, fa scherzi in continuazione, si mette a giocare coi pupi siciliani per tutta la casa. Eh, non è come prima… Papà è cambiato, la malattia lo ha cambiato totalmente ormai!

Zia Fernanda: Siete proprio strana gente voi… Con l’età peggiorate pure!

(Restano soltanto il nonno e Carlo, nella stanza).

Carlo: (Nervosamente, rivolto al nonno) Ma qui state impazzendo tutti? E pure tu, sì, pure tu, ma non lo vedete come sono conciato, posa ‘sto cavolo di megafono… Ma chi te l’ ha dato? (Toccandosi la testa) Io sto combinato così, e voi fate ‘sto casino? Mi è scoppiato un mal di testa… Dove me ne devo fuggire? Dove?

Nonno: (Rivolto alla serva) Eh, lasciami qui e… qui, vicino a mio nipote. Sì, qua, qua… E portati pure il megafono tié, te ne puoi andare… Va, va, vattene… Vai a prendere un po’ d’aria va’. (La cameriera lo lascia vicino al letto del nipote, prende il megafono e se ne va) Tu devi capire… Ho escogitato dei trucchi per non essere molestato dai miei figli!

Carlo: (Nervosamente) Ho bisogno di calma e di silenzio, ma a me sembra che proprio non riesco a trovare un po’ di pace in questa casa!

Nonno: Da quanto tempo non ti vedevo, caro Carluccio. Ti ricordi quando eri bambino? Eh, sembra ieri… Avevi una testa così grande.

Carlo: (Offeso) Ma quando mai!

Nonno: No, la rovina di tutto sono stati solo tuo padre e tua madre! Anni di litigi inutili. Soldi spesi a vuoto per mantenere i loro puntigli. Un flagello…anche tuo padre che non si è mai saputo imporre!

Carlo: E certo, con quella vipera di tua figlia…cosa vuoi che importi… che caos.

Nonno: Tuo padre, con tutte le proprietà che ha venduto, eh… Potevate fare la vita dei pascià, e invece anni interi di difficoltà… Rotolavate qui e là come dei miserabili… E tutti i soldi che io gli ho prestato… Lasciamo stare! Ora però stammi a sentire: la situazione si è ingarbugliata.

Carlo: Ancora?

Nonno: Mi spiego… Ma tu mi prometti che non parli?

Carlo: Prometto.

Nonno: Ti ricordi quell’uomo che tua madre stava frequentando? E che poi non si è rivisto più? Bene, lui ha intenzione di ampliare la sua azienda!

Carlo: Ho capito. E che c’entra mia madre con la sua azienda?

Nonno: Gli ha fatto una proposta: siccome sono rimaste alcune proprietà, tua madre vorrebbe fargli un prestito vendendo la casa e, insieme a lui, fare un’ investimento che vi potrebbe far guadagnare tantissimi soldi.

Carlo: Ho capito: vende e gli presta i soldi!

Nonno: Io oramai sono vecchio. Questo potrebbe giovare a te e a tuo fratello.

Carlo: Sì! Mio fratello! Chissà se tornerà… e come tornerà! D’altronde, non è che qui non ci siano guerre: non spariamo con i cannoni, ma…

Nonno: (Rivolgendosi alla serva a voce alta) Alina! Alina! Vieni, portami il mio bagaglio.

(La cameriera  torna con una valigetta che deposita sul tavolo).

Nonno: (Dolcemente)Mi dai un bacetto?

Alina : Ma siete impazzito? (Rivolgendosi al nipote) L’età a vostro nonno gli è andata in testa!

Nonno: Io sono vecchio, lo so, ma la cosa che a noi vecchi ci tormenta di più è che la testa resta giovane, ma voi questo non lo sapete. Oravai, vai, vattene. Tutte uguali queste russe: sono solo buone a spenderti il denaro!

(Musica. La cameriera  va via mentre il nonno va al tavolo e tira fuori dalla valigetta stranissimi arnesi e oggetti stravaganti).

Nonno: (Rivolgendosi a Carlo) Carlo, se vuoi, ti porto la televisione qui?

Carlo: Per carità!, Chissà come me ne sono liberato in questi giorni… Sai, io ho un’avversione per quella scatola… Spesso la temo…

Nonno: (Rivolgendosi a Carlo) Ah, sì… A me piace, mi fa compagnia, è illuminata… Illumina, poi c’è tanto da vedere… Veline e feste e giochi … molte veline.

Carlo: Nonno,ma come ti sei conciato i capelli!

Nonno: Mi dai una mano?

Carlo: A fare cosa?

(Il nonno si alza dalla sedia a rotelle e prende uno spago con dei pupazzi).

Carlo: Ti alzi pure? Altro che malato… Fai come Pinochet.

Nonno: Chi?

Carlo: Il dittatore cileno, quello che era paralitico per convenienza e poi si alzò miracolosamente dalla sedia quando fu rimpatriato.

Nonno: (Mettendosi gli occhiali) Mi dai una mano ad attaccare lo spago da un capo all’altro della stanza? Lo spago, questo filo, vedi?

Carlo: Ma che devi fare? Bah, non s’ è capito!

(Carlo aiuta il nonno a mettere lo spago da un lato all’altro della camera).

Carlo: Io sono stanco nonno, mi vado a stendere sul letto!

Nonno: Vai, io intanto tiro i pupazzi fuori. Vai a letto, vai, vai! Quando ero giovane dormivo ore… Tutta la giornata dormivo… Dopo, la sera, però… dopo, la sera però!

(Carlo si stende sul letto mentre il nonno tira fuori strani pupazzi o pupi siciliani. Alcuni viaggiano su di un filo. Il nonno si muove lentamente e in maniera goffa con i pupazzi tra le mani. Musica di sottofondo. Luci sul nonno).

Nonno: (Rivolgendosi ai pupi)Eccoli qua, ognuno con il suo vestitino, la sua storia. Mi ricordo, quando ero bambino, a papà piaceva tanto portarci la domenica in villa comunale. C’era un piccolo teatrino di legno (pausa) dove ogni domenica andava in scena uno spettacolo… uno spettacolo di pupi siciliani. Era il millenovecento e… non ricordo. É passato tanto tempo. Se vedo uno spettacolo mi sento ancora bambino. Strano, come se il tempo non fosse passato… Vedo i visi (pausa), sento le voci di un tempo, e spesso mi chiedo: ma dove sono finiti tutti quei visi, le voci?  In Villa Comunale si sentiva ancora il profumo del mare. Cominciava lo spettacolo (pausa)… Ora lo faccio io lo spettacolo! Se aspettate, lo faccio io lo spettacolo: faccio il don Chisciotte, quello che combatte con i mulini? No, invento io uno spettacolo. Sì, lo invento io… (Prende i pupi e si porta sul proscenio. Calano le luci, solo i pupi illuminati).

Nonno:

-Primo pupo: Ragazzo, tu devi andare a scuola, capito?

-Secondo pupo: Non voglio andare a scuola, perché invece non mi porti a vedere lo spettacolo?

-Primo pupo: Lo spettacolo non c’è più!

-Secondo pupo: Non è vero! Lo dici perché non mi vuoi portare.

-Primo pupo: E allora vai a vedere da solo se c’è lo spettacolo!

-Secondo pupo: Ma io sono piccolo, non so andarci da solo.

-Primo pupo: Se sei piccolo allora vai a dormire!

-Secondo pupo: Non mi porti mai da nessuna parte. Resto sempre solo, senza giocare mai!

-Primo pupo: Il gioco… Già stai giocando.

-Secondo pupo: A cosa?

-Primo pupo: (Ridendo) Ha, ha, ha, ha, ha… Al gioco della vita!

-Secondo pupo: Hai creato tu questo gioco?

-Primo pupo: No!

-Secondo pupo: E chi lo ha creato?

-Primo pupo: Non lo so… Dobbiamo giocarci tutti. Anche io sono costretto a giocarci, poi puoi sempre pensare che è tutto un sogno.

(Man mano si riaccendono le luci a intermittenza. Inizia il suono, inizia il bombardamento aereo, il rumore delle sirene. Il nonno getta i pupi sul pavimento e si avvia alla sedia a rotelle con le mani sulle orecchie. Entrano i sogni che ballano al suono delle bombe e poi escono di scena con il finire della musica).

Nonno: (Gridando)Aiuto! Alina, aiuto… I bombardamenti… Non voglio morire… Io non voglio morire… Non voglio! Gli americani … gli Americani … aiuto le bombe Americane!

(Alina corre e trova il nonno sulla sedia con le mani sulla testa, lo porta via con sé. Si accendono le luci, entra la madre di Carlo. Carlo si è addormentato).

Madre: C’è nessuno? Carluccio, come stai a mamma? Stai dormendo? Stavi così stanco che… Alina… Alina?

Alina: (Arrivando di corsa) Signora dite, di cosa avete bisogno?

Madre: Dov’è mio padre?

Alina: È andato fuori, al balcone, si è messo a gridare per tutta la casa: la guerra, la guerra… Dice anche tante parolacce alla gente che passa.

Madre: Mio Dio! É proprio impazzito papà! Prima o poi l’arrestano… questa fissazione della guerra l’ ha sempre avuta! (pausa) Durante i bombardamenti, a Napoli, lui era giovane e una bomba gli cadde vicino, ha visto morire diverse persone… É da allora che quando pensa alla guerra si mette a fare il pazzo!

Alina: Poverino, chissà cosa ha dovuto vedere, avrà sofferto tanto.

Madre: Chi lo capisce… Dice che non se lo ricorda, ricorda solo alcune cose!

Alina: Ha paura forse di ricordare?

Madre: Chi lo sa… Comunque io ho una cosa importante che gli dovevo dare, perché lui la firmasse. (Tira fuori il documento dalla borsa) Ora lo dico a te: digli che la deve firmare e che la lascio qui sul tavolo. É un atto notarile, è una cosa importantissima! Lui sa già di cosa si tratta. E mi raccomando (posa il documento sul tavolo), tanto se non passa un po’ di tempo non ritornerà in sé papà…è fatto così, come tutti noi.

Alina: Appena si calma lo dico a suo padre.

Madre: Bene. Io ora devo andare, ho… un appuntamento importante! A rivederci …

Alina: Arrivederci, signora!

(Musica. Calano lentamente le luci. Alina accompagna la madre di Carlo alla porta, la fa uscire, chiude la porta ed esce di scena mentre, nel frattempo,o entra in scena Anima prima, con la maschera sul viso. Fa un giro per la stanza in cerca di qualcosa, rovista un po’ dappertutto, anche dietro i quadri, poi si avvia al tavolo, prende il documento e se lo sistema in tasca).

Anima prima: Eccolo qua, il mio documento! Volevano vendere tutto, vogliono fare affari sul sangue della nostra famiglia! Ora vedrà cosa gli combino! E questo è solo l’inizio… solo l’inizio. (Si avvia sul proscenio e nota i pupi siciliani, li prende da terra) Che bei pupi… (Girando per la stanza).

(Entra il nonno vestito di bianco).

Nonno: (Con voce fievole) Ah?

Anima prima: Mi puoi vedere?

Nonno: Chi sei?

Anima prima: Non spaventarti!

Nonno: (Con più decisione)Chi sei?

Anima prima: Sono uno come te… Un pensiero… Ma non pensarci su!

Nonno: Un pensiero?

Anima prima: Un sogno…

Nonno: Un sogno?

Anima prima: Anche tu sei un sogno, sai? Cosa credi ?

Nonno: Ah?

Anima prima: Se anche questa casa, questa misera casa, fosse un sogno inutile?

Nonno: E perché mai dovrebbe?

(Anima prima sale sul tavolo).

Anima prima: Immagina per un attimo, per assurdo, che al di là di questa parete, sì al di là, ci fosse della gente, della gente seduta a guardare uno spettacolo. Sarebbe magnifico, non credi? Vivere è come stare al cinema o al teatro, è solo un osservare continuo… Prova a salire, a vedere oltre quello che vedi.

Nonno: No.

Anima prima: Donne e uomini che guardano uno spettacolo, oltre questa misera parete, Ma… purtroppo non è così, noi stiamo solo sognando, noi tutti.

Nonno: Io sono vecchio… ed ho paura!

Anima prima: Tu dici?

Nonno: Questa è la casa di Carlo.

Anima prima: Metafore, solo metafore.

Nonno: Lasciami perdere, cosa vuoi da me?

Anima prima: Bene.

Nonno: Dove sono?

Anima prima: Forse,questa non è la casa di Carlo!

Nonno: No?

(Scende dal tavolo).

Anima prima: Spesso mi trovo a oltrepassare muri, a entrare nei pensieri degli uomini… E spesso, ancora… confondo i luoghi… Dicono che nei pensieri… e anche nei sogni, possiamo fare questo.

Nonno: Sogni?

Anima prima: Siamo sogni nel vento.

Nonno:É assurdo…!

Anima prima: Devi abituarti!

Nonno: Perché?

Anima prima: Ma tu cosa sei?

Nonno: Non ne posso più!

(Il nonno si avvicina alle sedie e ad alcuni oggetti, gettandoli in terra all’impazzata, qui e là, ovunque. Poi si siede in un angolo, sul pavimento).

Anima prima: (Avvicinandosi al vecchio) Guardati intorno… Non hai rotto nulla, proprio nulla!

Nonno: Perché?

Anima prima: E alloraguardati lo spettacolo!

Nonno: Quale spettacolo?

Anima prima: Il teatro dei pupi, quello che a te piace tanto, non lo ricordi? Vecchio, ora comincia lo spettacolo…

(Musica. Anima prima prende i pupi siciliani e si porta sul proscenio.

Le luci illuminano solo Anima prima, il nonno resta a guardare).

-Primo pupo: Che cos’è la vita?

-Secondo pupo: Una moltitudine di fiori che sbocciano.

-Primo pupo: E la morte?

-Secondo pupo: Una moltitudine di fiori che appassisce e aspetta di rifiorire.

-Primo pupo: E allora cos’è?

-Secondo pupo: É tutte e due le cose.

-Primo pupo: Non ci avevo pensato!

-Secondo pupo: Neanche io ci pensavo, sai?

-Primo pupo: E ora?

-Secondo pupo: Ora cosa?

-Primo pupo: Cosa siamo?

-Secondo pupo: Che importanza ha?

-Primo pupo: E chi l’ ha creato questo?

-Secondo pupo: Non lo so, non lo so… Ma dobbiamo giocarci comunque, non possiamo sottrarci. É come  sognare, un sogno nel sogno, un sogno nel sogno nel sogno, solo… un sogno, in fin dei conti! Il resto…dobbiamo credere assolutamente, non trovi?

(Anima prima resta immobile, sul proscenio).

Nonno: Un sogno nel sogno? Tu non sei vivo, e neanche io… Soli, come pensieri… Rispondimi ora: anche questo posto non c’è, non è mai esistito! Io sono stanco. Resterò qui. Non mi muoverò di qui, fin quando non avrò capito. Solo allora mi sposterò di qui, solo allora. (Pausa lunga) Pensavo di non essere solo un pensiero, un sogno… nell’infinito oceano! Ma forse è solo un sogno, un sogno …  solo un sogno …

(Musica. Chiusura sipario. Fine 1° atto).


II Atto

 

Carlo: Ora che sei tornato, ricomincerai un’altra vita, no? Basta con l’esercito … ci apriamo un’attività io e te, che ne dici?…  Vivremo insieme come i vecchi tempi, ti ricordi? I fratelli … vecchio mio!

Michele: Vedremo, vedremo. E Rosario? Come sta Rosario?

Carlo: (Nervosamente) Non mi nominare Rosario …!

Michele: (Ironico) Anche con Rosario?

Carlo: Ti dicevo… Ma ora basta con la tristezza, ti faccio sentire una cosa (Carlo va a prendere la bandiera di Cuba e un disco, inserisce il disco in uno stereo, parte un pezzo di Silvio Rodriguez: Ojalà) Te la ricordi questa? Le manifestazioni che abbiamo fatto insieme? Gli “indivisibili”, ci chiamavano! Ti ricordi quel viaggio a Cuba? E tutte quelle ragazze che conoscemmo? Come si chiamava quella che piaceva a te? (Pausa riflessiva) Paula, te la ricordi Paula?

Michele: Sì, quelli sì che erano tempi, ma ora togli questo frastuono!

Carlo: (Meravigliato)Frastuono? Il grande Silvio Rodriguez, che a te piaceva tanto, frastuono?

Michele: (Nervosamente)Sì, sì… Hai sentito bene, proprio così: frastuono!

Carlo: (Tristemente, spegne la musica) Ora capisco, sei cambiato!

Michele: (Infastidito) Carlo, spesso siamo naufraghi di un destino inetto, noi uomini…

Carlo: (Meravigliato, ad alta voce) Sei arrivato fino a questo punto?

Michele: (Con voce alta, nervosamente) Io? Ma ti rendi conto in che mondo vivi? Qui per nulla … ci si uccide come niente!

Carlo: É proprio questo che mi preoccupa. Stiamo esagerando, non è questione di soldi, quella è una scusa. Penso che anche noi abbiamo delle grosse colpe!

Michele: Carlo, ti prego, ora sono tornato. Non mi va di sentire una lezione morale!

Carlo: Hai ragione…che ne parliamo a fare. Vogliamo invece parlare dei tuoi futili progetti, visto che hai fatto soldi, ora?

Michele: Ma la vuoi finire di fare il bambino?

Carlo: Il bambino?

Michele: Quante peripezie, quante illusioni.

Carlo: É  vero, io sogno poco…forse.

Michele: Tu sei ancora puro?

Carlo: Cosa vuoi dire?

Michele: Non ti sei contaminato, ancora?

Carlo: Forse io vegeto in questo mondo.

Michele: Il comunismo è finito?

Carlo: Penso non sia mai esistito, almeno come lo intendevo io.

Michele: Certo che è strano.

Carlo: É strano … eh

Michele: Tutto questo è strano… per anni ho creduto in alcuni valori che si sono sciolti come un muro di rugiada al sole d’estate.

Carlo: brillante esempio

Michele: Però siamo ancora vivi.

Carlo: Vero…

Michele: Lo vedi che non sono stupido?

Carlo: Chi mai lo ha detto.

(Entra la madre)

Madre: Come state? E’ quasi primavera.

Carlo: Stavamo pensando  di andare a prendere un caffè.

Madre: Noi intanto ci sediamo qui a sbrigare alcune faccende.

Carlo: Storie di donne, immagino. Andiamo Michele, andiamoci a prendere una boccata d’aria, come ai vecchi tempi, sul divano cobalto.

(Michele e Carlo escono di scena, zia Fernanda e la madre si seggono al tavolo).

Zia Fernanda: Capito, Carmela? Un coltello, ti dico un coltello. Mi ha detto: “Svergognata, se non mi fai il nome di quell’uomo io t’ ammazzo”. Aveva gli occhi che sembravano di fuoco, era impazzito.

Madre: E tu che hai fatto?

Zia Fernanda: Gli ho bloccato il braccio, lui gridava. Mi voleva uccidere. Nei suoi occhi leggevo solo odio, odio e rancore. E io gli ho giurato che non era vero… Una bugia per farlo calmare, una bugia…

Madre: Che assurdità racconti?

Zia Fernanda: Allora lui è impazzito e ha cominciato a schiaffeggiarsi da solo, era in preda a un raptus.

Madre: Eh, gli uomini, lo fanno … lo fanno…

Zia Fernanda: Sì Carmela, ma io da quando seguo i tuoi consigli, non vorrei dirtelo, ma… mi trovo proprio in difficoltà.

Madre: Davvero?

Zia Fernanda: Non volevo dirtelo, ma…

Madre: E l’ hai detto. Vai a fare bene, vai… vai vecchio marinaio vai.

Zia Fernanda: Carmela, ma spesso tu dai certi consigli…la nave, il vento, i marinai.

Madre: Fernanda, ma tu non mi ascolti, non sai mettere in pratica quello che ti dico, forse è questo il punto, non credi?

Zia Fernanda: Il punto è che io mi trovo in un casino senza precedenti, di quei casini che…insomma,  non so proprio come uscirne.

Madre: Io, questa volta, mi dispiace ma… consigli non te ne dò, visto che ti sei trovata male.

Zia Fernanda: Adesso che c’è? Chi ci potrà svegliare mai?

Madre: Fernanda, tu sei una bambina, solo una bambina e nulla più!

Zia Fernanda: Carmela…io non ne posso più di dormire.

Madre: Ho un tale nervosismo … anch’io …

(Esce di scena la madre)

Zia Fernanda: Angeli al loro fianco e vedessi loro che donne sono…che donne!

(Entrano Anima prima, seconda e terza, in fila).

Anima seconda: Forsenon ho mai provato a capire che l’amore non muore.

Zia Fernanda: No…cos’è l’amore? Noi lo conosciamo?

Anima seconda: In fondo io non c’entro. É colpa degli uomini vivi, non dei sogni … mai dei sogni sognanti … i sogni sono elaborazioni, sono elucubrazioni dell’anima, non dei pensieri umani …

Zia Fernanda: Anni interi di sofferenze inutili, di complicate elucubrazioni … per cosa?

Anima seconda: Sì, e quel ragazzo che si uccise per te?

Zia Fernanda: Mio Dio… Fulvio…quanti anni sono passati.

Anima terza: (I fantasm-anime-sogni si portano sul proscenio e intavolano una scenetta) Lasciami Fernanda, allora. Che senso ha restare insieme?

Anima seconda: Io devo distruggerti, come tu hai annientato me!

Anima terza: Io non ho distrutto nessuno. É solo un tuo sogno.

Anima seconda: Sei un egoista e basta, ecco quello che sei: un egoista.

Anima terza : Ti ho amato e ti amo ancora. Tu invece sei incapace di provare amore, ecco la verità.

Anima seconda: Con queste parole devi sparire dalla mia vita, subito… Capito?

Anima terza: Dammi un’ultima possibilità, te ne prego… Solo una possibilità.

Anima seconda: No, mi fai schifo! La tua pelle mi fa schifo, tutto di te mi fa schifo.

Anima terza: Ingiusta !

Anima seconda: Sei brutto e debole.

Anima terza: Sono solo. Ora nessuno potrà riempire questo vuoto…(Pausa) nessuno!

Anima seconda: Lasciami, vattene via! Non ho bisogno di te.

Anima terza : Me ne andrò. Volerò oltre l’ Oceano.

 

Anima seconda: Sono io ad andarmene.

Anima terza: Va bene … accetto!

Anima seconda: La vittima, la solita vittima stupida.

Anima terza: Ti ricordi il foulard verde? (Musica. Si accendono le luci verdi sul terzo fantasma, che estrae un foulard verde dalla tasca) Era questo il foulard che mi hai regalato tre anni fa, è così? Non è vero? Io avevo fiducia in te, una fiducia cieca… Il mio faro si è spento in una notte gelida. Tutto muore, ancora una volta tutto fugge via in questo mondo, e tu ora lo sai.

Anima seconda: No, non è possibile, non te ne andare, ho sbagliato tutto!

Anima terza: Ho tenuto tutto questo dolore dentro di me fino ad ora, ho mascherato tutto il mio malessere per anni. Come isole in un oceano in burrasca siamo stati. Ora io devo andare!

Anima seconda: Un vuoto, un grande vuoto eterno.

Anima terza: I nostri pensieri sono volati già via. Tutto fugge via, in questo mondo! (Si fermano Anima terza e Seconda; sulla scena, interviene Anima prima).

Anima prima: (Rivolgendosi a Fernanda) Non è casuale di certo!

Fernanda: (Prostrata) Cosa devo dedurre?

Anima prima:  Le dinamiche dei tuoi genitori, cara Fernanda!

Fernanda: Non è vero, non ci credo!

Anima prima: Siamo noi gli attori, devi accettarlo questo.

Fernanda: Non è vero e non ci credo.

Anima prima: La sfortuna ... eh … miserabile sfortuna …

Fernanda: Non posso sopportare il nulla.

Anima prima: Non sopportare più nulla, allora!

Fernanda: Acosa servirebbe?

Anima prima: La verità…tutta la verità, nient’altro che la verità! Giura di dirla.

Fernanda: Perché?

Anima prima: (Si avvicina alle anime sul proscenio, le tocca ed esse ricominciano a muoversi) Allora guarda…

Fernanda: No! Ti prego…

Anima terza: (Scappando sul palco)E allora sono fuggito lungo il viale, ho attraversato la strada piangendo,  il mio cuore era in frantumi!

Anima seconda: Dove?

Anima terza: Voglio liberarmi.

Anima seconda: Attento.

(Anima terza cade a terra morta e Anima seconda si avvicina).

Anima seconda: Non puoi sognare così, così no!

Fernanda: (Gridando in lacrime) Basta…basta!

Anima prima: (Applaude la scena) Bravi, bravi! Potete andare ora. (Anima seconda e Terza escono di scena ricurve, in fila indiana) Bello spettacolo.

Fernanda: (Freddamente) Sei disarmante … è orribile tutto questo!

Anima prima: Chi? Cosa?

Fernanda: Forse … sto vivendo … è un’allucinazione.

Anima prima: (Ridendo) Ma tutto questo lo hai creato tu!

Fernanda: Io? Non ho mai fatto male ad una mosca, io.

Anima prima: La professione di psicologa non ti ha insegnato a frugare i recessi dell’anima altrui?

Fernanda: No!

Anima prima: Credevi che conoscendo i meccanismi che spingono l’uomo a determinati comportamenti ti saresti potuta mettere al riparo da essi?

Fernanda: Lasciami perdere! Vattene, vattene!

(Rientra in scena la madre di Carlo)

Madre: Fernanda?

(L’anima fa un inchino alla madre ed esce di scena).

Fernanda: Io non sono pazza! La casa, questa casa… Accadono fatti strani in questa casa!

Madre: Là succedono cose strane!

Fernanda: Quelli che vengono da me non sono pazzi!

Madre: Dai, non pensarci più, forse sei stanca. Hai bisogno di dormire ancora?

Fernanda: Potrei, ma i sogni sono ovunque.

Madre: Allora prova a non dormire.

Fernanda: Ti ricordi di Fulvio?

Madre: Quel ragazzo con cui sei stata fidanzata per due anni… se non sbaglio, vero? Ma ora come ti viene in mente?

Fernanda: Oggi, per la prima volta e dopo anni, è saltato fuori, come dal nulla!

Saltato fuori dal mio passato … come dal nulla!

Madre: Invece di pensare all’ingegner Calabria: quello sì che era un buon partito…l’ingegnere Calabria però è morto…forse.

Fernanda: Forse ho sbagliato tutto nella mia vita.

Madre: Parenti … conoscenti anche … ma i parenti …

Fernanda: Responsabilità, inutili giri di parole … borghesia asfissiante!

Madre: Un consiglio per il tuo bene volevo … io lo volevo…

Fernanda: Ma quali sono le cose per il mio bene? Quali?

Madre: Che cosa è tutto ciò se …  non … il tuo bene?

Fernanda: Il bene … Giusto. Inconcepibilmente giusto.

Madre: Ho sempre accettato i consigli di tutti, io.

Fernanda: Incredibile tutto questo…proprio incredibile … ecco perché sei …

Madre: Cosa?

Fernanda: Tutto questo … tutto questo … tutto questo mondo fatto di ratti e tartufi

Madre: Fernanda, vedi marcio dappertutto tu…vivi come se fossi in Danimarca dormiente, eternamente dormiente … eternamente … svegliati una buona volta!

(Musica. Sigla de “L’Isola dei famosi”. Improvvisamente irrompe Carlo con maschera di piume, foulard, vestito stravagante ed eccentrico, con Michele che strombetta, anche lui travestito).

Madre: Cosa significa tutto questo?

Carlo: Ho deciso di distruggere la malinconia, di far trionfare il buon umore. Dai Michele, suona, non ti preoccupare (Michele strombazza), tu sei il numero uno. Senti tutte le vibrazioni del suono nel basso ventre azzurro!

Madre: Basta! Vi prego, basta!

Fernanda: Ma cosa significa?

Carlo: (Portando a zonzo Michele) Dai Michele, suona…suona! Distruggiamo il rumore dell’ipocrisia. (Michele continua a strombazzare, mentre Carlo si avvicina alla madre e a zia Fernanda) Lasciatelo fare!

Fernanda: Ma questo è rumore, puro rumore e nient’altro .. non è musica

Carlo: Lascia perdere i luoghi comuni, questa è musica … non è rumore  

Madre: Questa è un’altra tua invenzione?

Carlo: Questa è arte, cara madre, arte.

Madre: A me sembra solo rumore.

Carlo: (Rivolto alla madre e a Fernanda) Questo è il mistero dell’arte.

Fernanda: (Rivolta a Michele) Ma basta, basta ordunque!

Carlo: Ho capito: preferite precipitare nel grigiore delle note monotone del quotidiano, a cui siete assuefatte, vero?

Fernanda: Ma che dici?

Carlo: Vai Michele, fai sentire la tua musica, lascia perdere gli uomini

Madre: Io non ci sto in questo sogno… (esce di scena).

Carlo:É vero! Sei in un manicomio più grande, tu. Michele non ti distrarre, ora io ballo (Balla bizzarramente. Nel frattempo,  Fernanda piange coprendosi con le mani il volto).

Carlo: (Avvicinandosi a Fernanda e rivolgendosi a Michele) Basta Michele, finiamola. Cosa c’è zia? Dimmi, cos’ hai? Michele, per favore, lasciaci soli. (Michele esce di scena. La luce illumina solo Fernanda e il volto di Carlo) Con me puoi parlare, lo sai. Cosa ti è successo?

Fernanda: (Allucinata) É tornato dal nulla, come uscito da un sogno, un pensiero, nella mia mente assillante…una ossessione.

Carlo: Chi? Chi?... Chi?

Fernanda: Il fantasma di… Fulvio è ancora nella mia vita. Credevo di averlo sepolto nella mia mente, tenuto nascosto, sotto un macigno. Non sarebbe mai venuto a galla… e invece no. Proprio io, che ho sempre detto ai miei pazienti di non cercare di rimuovere le cause delle loro angosce… Proprio io sono caduta nella stessa trappola, senza difese… più.

Carlo: Chi è Fulvio?

Fernanda: Erano gli anni del liceo, eravamo due giovani ragazzi che si affacciavano alla vita, lui razionale e onesto, io più istintiva e sognatrice … romantica

Carlo: Capisco, e poi?

Fernanda: In un giorno d’inverno finì tutto: mi ero innamorata di un altro, lui non rappresentava più nulla per me, era uscito dal mio sogno d’amore.

Carlo: Una normale fine di rapporto…e allora?

Fernanda: No! C’è dell’altro ancora. Volevo liberarmi, essere libera, non ne potevo più.

Non so, ero confusa, anche ora sono confusa, il sogno rende confusi; volevo distruggere mio padre, e lui in quel momento rappresentava mio padre; mio padre è andato via da me quando avevo appena dieci anni e non è più tornato, io ho cercato sempre di allontanare tutti gli uomini che ho amato.

Carlo: Confusione … stupida inutile confusione Fernanda

Fernanda: Sì. Lui, forse, rappresentava -in quel momento- solo un muro da scavalcare, un muro che mi impediva di vedere …  vedere me stessa.

Carlo: Follia.

Fernanda: Assurda finzione, solo pura finzione, e nulla più…forse sogno.

Carlo: Giochi misteriosi intesse la vita per noi!

Fernanda:Già!

Carlo:È un gioco, il gioco del rovescio!

Fernanda: Poi arriva la notte e ci strappa via come l’erba … tutti, perché tutti … tutti

Carlo: Orrore … e non vogliono ricordarlo … moiono

Fernanda: Cosa hai?

Carlo: Abbiamo creduto a tutto, abbiamo davvero creduto a una nostra fantasia! Anche l’inconscio è una nostra proiezione, allora? Come un gioco perpetuo, il gioco degli specchi…e la nostra identità non c’è…naufraga di un sogno…noi ci aggrappiamo ad essa, crediamo che sia tutto vero, reale…ma è solo un sogno, come un riflesso sull’acqua, caduco e fugace.

Fernanda:Assurdo … ma vero … folle e sincero …

Carlo: Tutto falso …

 Fernanda: Cosa stai dicendo?

Carlo: Solo un ricordo piccolo piccolo è la vita

Fernanda: Ho le prove, io ho le prove … che la vita tutta è anche altro … altro ancora.

Carlo: Non voglio dire che non c’è stato il fatto, la vita sussiste comunque, ma solo che tutto è distorto da quella lente della nostra mente, della nostra memoria, della nostra fantasia, e forse della nostra stessa vita, spesso vittima di un’illusione e nulla più   … solo di un’ illusione … comprendi?

Fernanda: La memoria … l’Amore … i figli … la conoscenza, come noi la conosciamo è un martello nel cervello, un tumore se non c’è amore autentico … un inutile tumore da asportare ... a cosa può servire allora tutto ciò? Solo a farci comprendere l’amore autentico per la vita … senza zavorre inutili, incrinati, sanguinanti uomini soli, fatti anche di ideologie … Astrazioni … paraventi …

Carlo: (Interrompendola) Questa è la vita come noi la conosciamo, la vita di questo secolo, in questa città assurda, asfissiante. Ora per favore lasciami solo!

Fernanda: La nostra memoria, la nostra mente… (Uscendo di scena) è meglio per tutti, sì… meglio non pensarci su…tanto non possiamo far nulla … nulla più!

Carlo: Se riuscissimo a scoprire qual’ è la trama di questo nostro sogno, quale parte ci è assegnata, allora potremmo cambiare personaggio, cambiare copione? E così cambiare tutta la nostra vita.

Eppure tutto resta un sogno, un riflesso sull’acqua… (Si porta sul proscenio) In un istante quel sogno si fa solo più ampio, tanto da riempire e contenere l’altro sogno, l’altra illusione. (Si stende sul proscenio) Io provo a uscire fuori da questo sogno, ci continuo a provare da anni. (Fantasma terzo vestito di bianco si stende sul proscenio. Carlo scende tra il pubblico) È bello…Sì, trovarsi al di fuori del nostro sogno,  come se la vita che abbiamo condotto non ci appartenesse più o…non ne fossimo responsabili più. Come andare a cinema, a teatro. Per questo ci piace tanto il teatro: per osservare quello che ognuno di noi è, o porta dentro, per guardare il sogno da spettatore; non più colpevoli di nessun reato …

Noi guardiamo solo la scena comodamente, vediamo quello che accade. Non c’entra proprio nulla con noi, eppure ne siamo dentro, dentro a tal punto da non rendercene conto. Poi, di tanto in tanto, un ricordo affiora alla nostra memoria, un ricordo di qualche sogno che abbiamo intravisto, vissuto da uomini vivi…ci ritorna alla mente. La nostra coscienza spinge verso l’alto e noi…che facciamo? La rispediamo sempre al mittente, quasi sempre.

Meno male che c’è il teatro; lì il sogno diviene vita, certo è facile, la vita è un sogno … il sogno stesso è la vita …

(Carlo sviene. Il fratello, entrando, scorge Fantasma Terzo sul proscenio che, steso a terra, ha preso il posto di Carlo, mentre Carlo esce di scena).

Michele: Carlo, Carlo! (Stendendosi sul fratello) Carlo, cos’ hai? Rispondimi! Sono Michele, tuo fratello!

(Entra anche la madre).

Madre: Mio Dio, che succede?

Michele:  È Carlo. È svenuto!

(Entra zio Elio).

Zio Elio: Ma cosa è successo?

Michele:È svenuto!

Zio Elio: Presto, aiutami a metterlo sul letto.

(Sollevano Anima terza e la sistemano sul letto).

Madre: Che facciamo?

Zio Elio: (Gli controlla il polso) Il respiro è regolare e anche il battito.

Michele: Uno dei suoi soliti sogni … la sua solita vita …

Madre: Vado a prendere un bicchier d’acqua.

Zio Elio: Non è guarito dalla vita … eh eh eh eh …

(Rientrando con il bicchiere d’acqua).

Madre: Ne soffre ancora … ne soffre ancora purtroppo …

Zio Elio: Che normalità … noiosa, noiosa normalità, noia che crediamo normalità, notte e oblio, città che sembra infuocata … insanguinata tutta!

Michele: (Uscendo di scena) Io non vi sopporto più!

Madre: Vai Micheluccio, vai, tanto… (Rivolta a zio Elio) Che cavolo intendi dire tu? Cosa puoi mai dire tu ? Povero figlio debole e indifeso, inutile figlio mio?

Zio Elio: Vorrei dire quello che ho detto. Anzi, aggiungere qualcosa che non ti ho mai detto!

Madre: Cosa?

Zio Elio: Vorrei dire che voi…

Madre: Voi cosa, Elio? Cosa?

Carlo: Diglielo se vuoi, tanto lei continuerà a sognare. Dille che, tutti,  sono ipocriti…

Zio Elio: Ma sì, Carmela…sai cosa ho sempre pensato di te?

 Madre: (Applaudendo) Che bravo! Tu invece? Hai distrutto la vita di quella povera sorella mia, con tutti i vizi che hai, ai quali hai dato sfogo senza ritegno. Hai solo saputo sperperare il denaro, nella tua vita, nel tuo sogno stupido di vita.

Zio Elio: Che importanza può avere allora? Se è tutto un sogno?

Madre: Cosa vorresti dire?

Zio Elio: Vorrei dirti quello che ho detto, ma anche questo è superfluo ora … anche quello che ho detto!

Carlo: (Sotto il proscenio) Ora basta Elio, fuggi via se puoi. Dire alcune cose qui non ha senso alcuno più … è tutto inutile ora … posso vederlo …

Zio Elio: Io credo che noi viaggiamo senza tempo.

Madre: Ecco la riconoscenza?

Zio Elio: Anche Carlo crede questo.

Madre: Anche per quella povera anima di mia sorella.

Zio Elio: Sei stata proprio tu a spingermela tra le braccia, non è vero?

Madre: Dovrei sentirmi anche in colpa per tutti voi? Dopo tutto quello che ho fatto per voi?

Zio Elio: Con voi è fiato sprecato.

Madre: Povera Fernanda … povera incompresa donna … povera!

Zio Elio: Ah, la psicologa!

Carlo: Fernanda credeva d’esser libera, perché scappava da se stessa continuamente, e invece era profondamente infelice; è inutile scappare dal proprio sogno, è un’illusione anche questa.

Zio Elio:  La famiglia, il dovere, il dovere … tutto per la famiglia … tutto … anche morire se ci riesci!

Madre: Non è possibile tutto questo! Mia sorella è stata felice. Tu l’ hai fatta diventare così, povera sorellina mia. Ma lei non ti avrebbe dovuto sposare mai, mai! Capisci? Io l’havevo detto, l’avevo avvertita!

Zio Elio: Ero io che non dovevo mettere piede nel vostro felice incubo, sarei dovuto restare solo nel mio …ma ora che importanza può avere tutto ciò? Un incubo resta sempre un incubo!

(Entra Zia Fernanda, portando tra le mani un mazzo di fiori).

Zia Fernanda: Buondì a tutti. (Rivolta a Zio Elio) Che ci fai qui bestia?

Zio Elio: Sono caduto da un aeroplano in volo e, coincidenza ha voluto, che cadessi proprio sulla casa di tua sorella. E meno male che sono caduto qui, altrimenti mi sarei fatto male seriamente … sarei potuto morire, lo sai?

Zia Fernanda: Il solito giocatore di poker.

Zio Elio: Ah, tu invece di che umore sei oggi?

Zia Fernanda: Sono felice. Non voglio pensare più a cose tristi.

Zio Elio: Bene … allora non pensare a te stessa!

Zia Fernanda: Il superuomo che ha paura di diventare impotente!

Madre: (Lunga risata).

Zio Elio: La superdonna che dorme ancora abbracciata a  una bambola di pezza perché non riesce a dormire senza… E sapete perché? Sogna sempre un uomo nudo che la vuole violentare.

Zia Fernanda: (Avvicinandosi a zio Elio) Sei l’uomo più spregevole che io abbia mai conosciuto! Proprio te ho dovuto sposare?

Carlo: Dille che l’ hai amata, diglielo!

Zio Elio: Fernanda, io…

Carlo: Dille che l’ hai amata veramente.

Zia Fernanda: Resti fermo ora? Ti sei pentito? Sei un vigliacco, ecco cosa sei: un vigliacco, sognatore e fannullone.

Zio Elio: Tanto è un sogno … non serve tutto ciò … non serve …

Zia Fernanda: Anche questo, ora?

Zio Elio: Sempre la stessa storia … Abbiamo sprecato la nostra vita in futili litigi, ma poi… puf…è arrivato il vento d’inverno e ha spazzato via tutto. Ora ti trovi la polvere addosso e te la prendi con me, vero? Non siamo riusciti a ricostruirci una vita serena: abbiamo fallito, Fernanda, non è un sogno questo? Perché non abbiamo avuto il coraggio di voltare pagina? Perché ci portavamo ancora addosso il peso della nostra educazione.

Madre: (Avvicinandosi a zia Fernanda e abbracciandola) Elio, in questi anni, tu non hai fatto altro che spendere i tuoi soldi. Non ti sei curato di mia sorella, e poi?

Zio Elio: Non c’era tutto questo nel mio cuore, ha creato tutto lei e mi ha coinvolta nel suo sogno; il suo incubo o copione prevedeva un uomo spendaccione e fannullone e lei, inconsapevolmente, ha fagocitato queste mie tendenze negative, al punto da distruggermi per poter giustificare una fuga da me. Tutto questo è mostruoso, capite? Io sono solo stato un debole…ma ero lucido, lucidissimo; ho cominciato ad osservare il sogno da lontano … stavo guarendo dall’incubo … provavo gioia per la prima volta … una gioia infinita … incontaminata … purissima …

Madre: E allora cosa vorresti insinuare?

Carlo: Dille che c’era amore, diglielo come lo hai detto a me!

Zio Elio: Bene, ho perso troppo tempo. Se ti occorre denaro per Paolino, puoi chiedere a me… ho fatto dei piccoli risparmi. Lasciatemi perdere, tanto tutto questo non potrà servire né a me né a voi. (Esce di scena).

Zia Fernanda: Hai visto che uomo?

Madre: Povero cimitero fatto di uomini vivi … tutti uomini inutili, ma gli uomini in fondo sono inutili …!

(Entra Michele, portando un foglio con su scritta una poesia).

Michele: Ho scritto una poesia fatta di poesia!

Madre: Poesie?

Michele: In questi anni ho scritto poesie…una maniera per capire cosa provavo mentre il film scorreva via.

Michele:

È passato un anno ancora di solitudine

Un tempo lungo senza amore e abbracci

Il tuo femore trema senza gesso

Abbracciami, sorridimi, non gelare

Non morire nei bicipiti dei tuoi pensieri

Non annegare nel sudore acido della tua fronte

Il  tempo verrà e inghiottirà tutto del tuo corpo

I tuoi polpacci che affondano nella terra

Le tue costole che sottili si piegano come rami d’abete.

Madre: È triste.

Michele: La poesia vuole dire sempre qualcosa.

Madre: Ah, capisco, capisco… Quello che vogliamo?

Michele: Quello che vuoi tu..ora.

Madre:È così?

Michele: Ti è piaciuta?

Madre: Non so, ci devo pensare.

Michele: Bene, pensaci allora!

Zia Fernanda: Forse è l’unica via di uscita che abbiamo: scrivere poesie o morire, nel frattempo viviamo.

(Spot pubblicitari alla TV).

Madre: Spegnetelo!

Michele: Spegniamo tutto …  spegniamo filistei …

(Michele spegne il televisore. Anima terza si alza dal letto, prende il suo posto Carlo. Anima terza si avvicina a Michele).

Anima terza: Chissà…se tu scrivessi poesie?

Michele: Perché non scrivi una poesia?

Madre e Fernanda: (Insieme)Cosa?

Michele: Scrivi una poesia!

Fernanda: Non so scrivere, io,

 

Michele: Tu dici?

Fernanda: Non lo so fare, sono annegata nel 1945 e sogno ancora.

Michele: Provaci.

Fernanda: Così, su due piedi?

Michele: Ora, su due piedi.

Fernanda: Io non sono poeta.

Michele: Siamo tutti poeti e non lo siamo.

Fernanda: No, il poeta è colui che riesce a trasmettere… con i versi, a far sognare, a illuminare un aspetto della realtà o tutta la realtà … la vita …

Michele: Non è l’umanità stessa una poesia?

Carlo: (Farfugliando) La bella deliziosa aurora che sorge al mattino sul mare, nel blu profondo di un’isola. Io ramingo… (Gli si radunano intorno al letto la Madre, Michele e Fernanda) Piccoli uccelli fuggono via come pensieri.

Zia Fernanda: Questa è una poesia.

Carlo: All’imbrunire…

Michele: Quando possiamo scoprire i nostri fantasmi?

Carlo: Noi che facciamo?

Madre: Secondo me.

 

Zia Fernanda: Chiamiamo un medico.

Madre: Fa sempre così, poi si rimette in sesto.

Carlo: (Ridestandosi) Portatemi un frigorifero, ve ne prego.

Zia Fernanda: Gli prepariamo un bel caffè, che ne dici, Carmela?

Madre: Mi sembra proprio un’ottima idea. (La madre e Fernanda escono di scena).

Carlo: Michele, mi sento uno straccio.

Michele: Non ti preoccupare, passerà. Ti faccio il gioco dei pupi siciliani?

Carlo:Vai a prenderli.

(Michele esce di scena e torna con i pupi siciliani. Si porta sul proscenio).

Michele:

-Primo Pupo:Scrivi una poesia.

-Secondo Pupo: L’ ho già scritta

-Primo Pupo:Leggila.

-Secondo Pupo:Tutt’intorno gli alberi affogano nel terreno

Nella roccia bagnata, solo silenzio che muore brutalmente

Maledetto Autunno…vaffanculo…vecchio uomo, freddo, umido e malato

Appoggi il tuo suicidio al vento

Ti rallegri delle cose che vengono a te nella tarda sera malata.

(Buio di scena. Si accende il televisore, spot pubblicitari. Entra Rosario, mentre Carlo si alza e si siede con una sigaretta accesa tra le labbra).

Rosario: Quindi non siamo più amici?

Carlo: L’amicizia…

Rosario: Io credo che quando una persona trova un amico…

Carlo: Trova un tesoro…e ora invece?

Rosario: Un gran tesoro.

Carlo: Cosa c’è dentro questo forziere che noi chiamiamo tesoro?

Rosario: Cosa mai ci può essere dentro un forziere? … Un tesoro …

Carlo: Tu dici?

Rosario:  Io dico così.

Carlo: Quindi io sono un tesoro per te e tu per me?

Rosario: Due tesori.

Carlo: Piccoli tesoretti, ma sempre due tesori.

Rosario:  Amici da sempre

(Musica).

Carlo: Amici.

Rosario: Cosa hai capito? Sei il mio più grande amico.

Carlo: Che bello.

Rosario: Sei sorprendente. Ho sempre pensato che avevi qualcosa di particolare, di diverso, un non so che, un carisma, un carisma…ca…ri..sma capisci?

Carlo: Ti ringrazio. Se fossi stato più furbo avrei potuto fare qualcosa … di più!

Rosario:È vero, non avevo pensato a questo. Sei così persuasivo … con le donne!

Carlo: Coincidenze. Diciamo che sono stato sbadato…

Rosario: Perché?

Carlo: Divertiamoci un po’, che ne dici?

Rosario: Sì, sdrammatizziamo.

Carlo: Bene, allora fai il fantoccio.

Rosario: Il fantoccio?

Carlo: Non volevi sdrammatizzare?

Rosario: Così, si sdrammatizza?

Carlo: Certo, e come altrimenti?

Rosario: Come?

Carlo: Fai il manichino qui, su questa sedia. Vieni, siediti! (Carlo prende una sedia e fa accomodare Rosario) Devi parlare come un manichino.

Rosario: Va bene, se serve a sdrammatizzare!

Carlo: Ora ripeti con me: “Io voglio imparare cos’è l’amicizia”.

Rosario: (Come un manichino) Io voglio imparare cos’è l’amicizia.

Carlo: “Non voglio fare la scimmia ammaestrata”.

Rosario: Ma cosa mi fai fare: non lo voglio fare.

Carlo: Stai facendo il tirocinio!

Rosario: Il tirocinio?

Carlo: Sì, il tirocinio.

Rosario: (Alzandosi nervosamente) Ma basta, tu mi stai prendendo in giro.

Carlo: Ti giuro, non mi sarei mai permesso.

Rosario: E comunque, a me non piace questo gioco.

Carlo: Come sei permaloso.

Rosario: Sì, permaloso.

Carlo: Perché?

Rosario: A me non piace giocare, ora.

Carlo: Capisco, tutto è divenuto duro,

Rosario: Esattamente.

Carlo: Perché non esci dalla mia vita?

Rosario: Per sempre?

Carlo: Fai tu.

Rosario: Allora,non ti rispondo io più,

Carlo: No, l’ ho detto per giocare.

Rosario: Ma cosa dici…

Carlo: Contraddittorio.

(Si accende il televisore, spot pubblicitari. Carlo va a spegnere il televisore).

Carlo: Aspetta!

Rosario: Fa freddo!

Carlo: Allora, aspetta! (Carlo esce di scena e rientra con dei fiori).

Rosario: Dove sei?

Carlo: Ti piacciono?

Rosario: Che c’entra? Pensavo fosse un cappotto?

Carlo: I fiori sono il cappotto.

Rosario: Non credevo fossi diventato un fioraio! Da sindacalista a fioraio?

Carlo: Il comunismo, il sindacato: tutto un sogno, un’illusione per raggirare. Demagogia.

Rosario: Allora. perché ci andavi? Cos’eri, un’ illusionista?

Carlo: Per vivere la mia illusione da illusionista.

Rosario: Capisco.

Carlo: Io no, non ci capisco niente.

Rosario: Avevi detto che era per vivere la tua illusione?

Carlo: È stata sempre la mia disillusione.

Rosario: Non capisco.

Carlo: Lo vedi che non ci capisci niente?

Rosario: Tu giochi con le parole.

Carlo:È vero. Tu con la vita.

Rosario: Posso andarmene, se vuoi!

Carlo: Se vuoi andartene, lo decidi sempre tu.

Rosario: Va tutto bene.

Carlo: Le tue responsabilità!

Rosario: Perché non vai a fare in culo?

Carlo: Cosa ci fai ancora qui?

Rosario: Voglio vedere come va a finire tra noi.

Carlo: Fratellanza universale.

Rosario: Non c’è tempo.

Carlo: La pazzia non ha tempo, la tua testardaggine e la mia.

                                          

Rosario: Adesso sono io quello enigmatico?

Carlo: In questo momento sì.

Rosario: Dove eravamo nel 1935?

Carlo: Ionon lo so, non so niente.

Rosario: E poi?

Carlo:  Opinioni, sono le tue opinioni queste.

Rosario: Comprendi tutto tu…sei un megalomane, lo sei sempre stato.

Carlo: Tu sei un approfittatore di basso livello.

Rosario: Anche tu non vivi.

Carlo: Sei la mia sconfitta, sei sempre stato la mia sconfitta!

Rosario: Non è così che vive il mondo.

Carlo: Il mondo gira, anche senza di te.

Rosario: Che cosa hai deciso di fare?

Carlo: Ho deciso di preparare un caffè per noi.

Rosario: Del tuo futuro?

Carlo: (Uscendo di scena) Quanto zucchero?

Rosario: Un cucchiaio chiaio!

(Rosario va a curiosare tra i libri e ne prende uno, si porta sul proscenio e legge).

Rosario: (Declamando) Ascolta o fulgente Regina Immortale, o divina Selene, o Mene dalle corna taurine, errabonda pellegrina del cielo, virginea Mene che porti la luce e rischiari la notte, che cresci e decresci e sei femmina e maschio, o luminosa che ami i cavalli e che sei madre del tempo e i frutti ci arrechi!

(Entrano in scena Anima prima, seconda e terza, in fila indiana e con una candela accesa. Si mettono a tavola, in cerchio).

Anima prima: Vieni.

Anima terza: Bene.

Anima prima: Prepariamo tutto.

Anima terza: È già pronto tutto!

Anima prima: Bene.

Anima terza: Quanti morti nel mondo!

Anima prima: Tusei un poeta?

Anima terza: Lo sono!

Anima prima: Bene!

Anima terza: Io sono un uomo!

Anima prima: Tu dici di essere un uomo?

Anima terza: Io sono stato un marinaio in un sommergibile, affondato nel Pacifico, durante la seconda guerra mondiale … tu … tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu tu

Anima prima: Nel Pacifico…mare, oceano, freddo.

Anima terza: E tu? Cosa sei stato?

Anima prima: Forse uno scoiattolo!

(Nel frattempo entra Michele, suonando la tromba).

Anima prima: Senti anche tu un rumore stonato di tromba in lontananza?

Anima terza: Si, lo sento. Lo sento!

Anima prima: Dicono che in questa casa ci sono dei sogni che si attaccano alle pareti.

Anima terza: Credi ancora a queste storie?

Michele: ( Gridando ) Questa casa è piena di sogni!

(Rientra Carlo, portando il caffè).

Carlo: Ciao, Michele. Come promesso, ho preparato un bel caffè. (Lo porge a Rosario).

Michele: Carlo, ma non ti accorgi che siamo vivi?

Carlo: (Carlo si porta sul proscenio, enigmatico) Io spesso li vedo, nella notte, quando dormo, pensieri in cerca di qualcosa. Da bambino, non credevo ai fantasmi. Poi, Invece, ho cominciato a sognarli, credevo di essere matto e invece mi sbagliavo…era tutto un grande sogno, una grande verità.

Michele: Qui, ora.

Carlo: Forse sono  pensieri, sogni, parole....che importanza può avere.

Michele: Anche noi siamo pensieri, parole, sogni …

Carlo: Noi siamo fratelli.

Michele: Ah!

Carlo:È tutto nella nostra mente, è tutto lì, in un continuo flusso di pensieri, come le nuvole che corrono all’orizzonte e mentre cerchi di prenderne una… ne sopravanza subito un’altra, e un’altra ancora!

Rosario: (Ironico, allucinato e pungente) E che fine ha fatto la macchina che comprasti? È andata via, insieme al flusso dei pensieri?

Carlo: (Ironico) Sì! Diciamo invece che me ne sono liberato!

Michele: Siamo solo pensieri?

Carlo: Non ne sono certo.

Michele: A volte, quando parli, mi sento schiacciato da una mitragliatrice.

Carlo: E cosa vorresti dire?

Michele: Vorrei riuscire a farmi capire!

Carlo: Pensavi fosse semplice riuscire a farsi capire?

Michele: Sono finito anch’io nel labirinto senza uscita del linguaggio .

Rosario:  Anch’io ci vado spesso.

Carlo: (Prendendo una sedia e mettendosi seduto sul proscenio) Forse basterebbe restare sul ciglio della strada. Ma bisognerebbe osservare bene ogni cosa, con occhi diversi.

Michele: Mettersi seduto a terra come un morto che vive?

Carlo: Osservare i fenomeni senza dare a essi sempre lo stesso tipo d’interpretazione.

Rosario: È come dire: forchetta? E poi uno ti dà un cucchiaio al suo posto?

Carlo: No!

Michele: E allora?

Carlo: Non mi riferivo all’oggetto volgare  in questione, ma all’interpretazione delle cose.

Rosario: Ah.

Carlo: Potrebbe anche essere facile, molto facile.

Rosario: Il bene e il male.

Michele: Spieghiamoci!

Carlo: Chi se ne frega.

Rosario: Buona!

Michele: Figurati.

Carlo: Ascoltatemi bene!

Michele: Bene…

Carlo: Questa persona in preda all’euforia compra una macchina nuova e potente.

Rosario: Giusto!

Carlo: Un amico lo invita a casa sua: una villa sul mare e lui vuole fare bella figura con la sua donna!

Michele: Bene, lui.

Carlo: Ad un certo punto, mentre guida, la strada è libera e lui vuole correre un po’ per provare la potenza della sua nuova auto.

Rosario: Anch’io ho sempre amato la velocità.

Carlo: Spinge il piede sull’acceleratore e sente, man mano, la strada che comincia a schizzare sotto, prova una sensazione d’indescrivibile libertà.

Rosario: Sì, e quindi?

Carlo: Ed ecco che improvvisamente si buca una gomma, lui fa di tutto per controllare la macchina, cerca di sterzare con forza, ma è peggio: la macchina si cappotta ed esce fuori strada.

Michele: Quante persone muoiono in strada.

Rosario: Sei proprio spassoso…e che succede,  poi?

Carlo: Succede che i due vengono trasportati in ospedale, dove poi moriranno dopo breve tempo.

Rosario: Una storia tragica.

Carlo: Come avete trovato il racconto?

Michele: Inutile .

Rosario: Scontato.

Michele: Ma perché un racconto simile?

Carlo: Fatemi altre domande e datevi delle risposte allora.

Michele: Domande.

Rosario: Che noia.

Michele: Dove arriva questa contorsione?

Carlo: Porta dove porta.

Michele: Nel vuoto.

Rosario: Pensieri sopraffini.

Carlo: Sono noioso e ripetitivo?

Michele: Il Papa resta sempre contrario all’aborto… vero?

Rosario: Certamente.

Carlo: Il Vaticano si adegua, ma su certi temi non cambia punto di vista.

Rosario: Continua a pensare.

Carlo: Il pensiero.

Michele: Dobbiamo morire!

Carlo: Lasciamo andare tutto.

Rosario: Quando penso, ricordo, mi viene in mente l’universo, le miriadi di stelle.

Michele: Ti ricordi tanto tempo fa…eravamo bambini.

Carlo: Passavamo ore a guardare le stelle e i pianeti … e comunque la spiegazione è questa … l’auto potente , potente , potente, per lui insieme alle stelle è stato un bene o un male … e cos’è bene e male?

Michele: Pensare che c’è tutta quella roba lassù!

Carlo: Sirio…

Michele: La stella più luminosa.

Rosario: E dove si trova?

Carlo: Verso  Nord.

Michele: È la stella dei marinai.

Carlo: Il professore Mercedes. Un uomo sulla cinquantina, brizzolato … Astrofilo, te lo ricordi …

Michele: Ricordo che si emozionava tantissimo quando vedeva le stelle. Gridava: “La vedo, la vedo: Betelgeuse! Venite qua a vederla anche voi”.

Carlo: Che uomo.

Rosario: All’epoca gli uomini erano quasi tutti uomini.

Michele: Oggi cosa siamo?

Carlo: Luoghi comuni.

Rosario: Colpa del potere.

Michele: Ah…Vedessi la moglie!

Rosario:  Era bella?

Michele: Copriva tutti i mobili, perché diceva che altrimenti il tempo li avrebbe logorati.

Rosario: E come si chiamava?

Michele: Anna. Ma si faceva chiamare Angelica…

Carlo: Bionda, alta.

Rosario: E che fine hanno fatto?

Carlo: Lei morì, se non sbaglio.

Rosario: E il professore?

Carlo: Andato in pensione, si trasferì in un’altra città.

 

Michele: Tutti scappano…ma dove correranno mai?

Rosario: Beh, è ora che vada anch’io, arrivederci.

(Rosario esce di scena).

Michele: Carlo, ma quella storia con Irene?

Carlo: Vuoi proprio che te lo dica?

Michele: Quindi?

Carlo: Non era un accaduto interessante.

Michele: Contorto … contorto …

Carlo: Accortosi della mia noncuranza, è finito tutto … eh le donne!

Michele: Quindi?

Carlo: Sono sano e salvo.

Michele: Una guerra psicologica? Continua la tua? Inutile?

Carlo: Io non ho fatto una piega. E un giorno, guarda caso, coincidenza ha voluto che lui mi chiedesse infastidito: “Ma cos’è, non ti ha dato fastidio quello che è successo tra me e Irene?”

Michele: Interessante… E tu cosa hai risposto?

Carlo: Ho risposto che invece ero addirittura felice!

Michele: E come ha reagito ?

Carlo: È andato su tutte le furie, accusandomi di insensibilità e superficialità.

Michele: Davvero?

Carlo: Tutto in sfacelo, fratello mio

Michele: Non ti ha sorpreso?

Carlo: Mi ha sorpreso solo il fatto che si è innervosito ancora di più. Pensa che un giorno l’ ho fatto addirittura sedere come un manichino…

Michele: Avete perso entrambi, il senso?

Carlo: Avremmo potuto essere ottimi amici.

Michele: Io non ho capito ancora che tipo di gente siamo … tutti noi

Carlo: Ingenuità, inesperienza, stupidi esseri, futilità!

Michele: Capisco.

Carlo: Se avessimo preso in affitto quel locale…

Michele: Tu sei un filosofo… o uno sconfitto?

Carlo: Nulla di tutto ciò.

Michele: L’unica cosa che ho imparato e che fa ridere è la scena della tromba libera, la suonata alchemica. Però ora sono stanco, vorrei cambiare vita.

Carlo: E che vorresti fare?

Michele: Non lo so!

Carlo: E come fai a cambiare vita se non sai nemmeno quello che vuoi fare?

Michele: Eh…io voglio provare a cambiare lo stesso, anche se non so come e cosa devo cambiare.

Carlo: Il modo giusto per finire fuori strada.

Michele: Ma Carlo, noi già siamo fuori strada.

Carlo: Ah.

Michele: Carlo, ma tu sei un illuso.

Carlo: Ho capito ora: chi non si abbatte e muore è un illuso.

Michele: Carlo, ma quante volte hai provato?

Carlo: Ragionamenti.

Michele: E ritenta.

Carlo: Credi sia un incosciente?

Michele: A volte sì.

Carlo: Non si può provare a cambiare?

Michele: Io sono stanco… Penso di andare a dormire.

(Michele esce di scena).

Anima prima: (Urla).

Carlo: (Atterrito) Cosa?

Anima prima:  Chi sei? La voce di un uomo!

Carlo: (Terrorizzato) Un uomo…

Anima prima: Mistero stupido … mistero buffo.

Carlo: (Terrorizzato) Ho paura!

Anima prima: Non temere…

Carlo: (terrorizzato) Perché?

Anima prima: Non dovresti!

Anima prima: Ancora dubbi?

Anima seconda: Dubbi!

Carlo: Chi sei?

Anima prima: Eppure deve esserci qualcosa di strano qui.

Carlo: Qualcosa di indecifrabile è la vita.

Anima prima: Forse…se cambiassi la disposizione dei mobili?

Carlo: Il televisore, più in là, le sedie poi …

Anima prima: Illuditi ancora.

Carlo:È tutto così strano, ora … irreale …

Anima prima: Cosa si può fare?

Carlo: Cosa?

Anima prima:La nostra presenza … qui

Carlo: (Pensoso ed entusiasta)La vita…è una cosa stupenda.

Anima prima: Rifletti e fermati, sulla nostra presenza …

Carlo: No, io voglio uscire dal sogno, ho deciso!

Anima prima: e’ quasi impossibile per un comune mortale … Come potresti riuscirci tu?

Carlo: Cominciando a distruggere tutte le mie illusioni.

Anima prima: Che gioia … finalmente, le illusioni della nostra mente sono tantissime … come infinite particelle di polvere …

Carlo: Le mie illusioni, le nostre illusioni che si susseguono, come in una lente, esse si mescolano alla realtà, la distorcono, confondendoci, non ci danno la possibilità di scegliere chiaramente per noi, per la nostra reale felicità.

E poi…io, sì proprio io, ho creduto di avere, ho creduto di possederle, ma erano solo fugaci illusioni ottiche, immagini che scorrevano via…nulla ci appartiene veramente in questo mondo, noi spesso crediamo di trattenere cose, ma tutto è in fuga eterna. Mentre cerchi di trattenere qualcosa, essa ti sfugge via…è penoso tutto questo, terribilmente penoso … anche affascinante e in ultima analisi gioioso …

Anima prima: Bello spettacolo!

Carlo: Mi prendi in giro?

Anima prima: Sei vivo e forte!

Carlo: Io ci credo!

Anima prima: Non vengono così le idee?

Carlo: Non è solo un’idea; lei è andata via perché non aveva più fiducia in me, e probabilmente nemmeno io in me stesso, ma allenerò la mia fiducia in me stesso, d’altronde è l’unica cosa che possiamo fare.

So per certo che tutto mi è passato tra le mani e non ho potuto arrestare nulla, proprio nulla…nemmeno l’ordine che mi ostinavo a mantenere, anche quello è fuggito via. insieme a tutti i matrimoni e i funerali ai quali ho assistito, ma io pregavo che almeno ci fosse felicità in tutto questo. L’ ho trovata, spesso ho provato felicità, questo può bastare.

Ora ricostruirò qualcosa partendo da qua, muovendomi, arrossendo semmai, ringiovanendo, perché io ne ho bisogno. Ho bisogno di resuscitare sempre, altrimenti muoio davvero…

Anima prima: Stenditi Carlo, non sentirai nessun dolore, vedrai, sarà come quando andavi in giro nel giardino con i tuoi pattini.(Carlo si stende, Anima prima prende un martello e lo crocifigge sul proscenio).

Carlo: Credevo esistessero luoghi dove il dolore non fosse presente, dove non si invecchia mai e dove tutto resta sospeso, libero e beato, come in un bel sogno…proprio un bel sogno, un sogno vero, non come questa:” realtà sognata”.

(Si accende il televisore.. Entra il nonno vestito di bianco con una candela in mano. Fa un giro indisturbato sulla scena. Si chiude il sipario, lentamente)

Fine