Flaubert mon amour

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FLAUBERT MON AMOUR
(ovvero l’amante e la governante)

atto unico di

Amadio Ruggeri


Tutti i diritti riservati


Luogo dell’azione: Croisset, Normandia, casa dello scrittore Gustave Flaubert. Fine estate del 1851.

Personaggi: Louise Colet, 40 anni circa
Félicité, 40 anni circa
Uomo, senza età definita
Voce del pappagallo (f.s.)

Una grande stanza tappezzata di scaffali di legno pieni di libri. 
I libri sono accatastati anche sul pavimento, dove sono sparsi dei fogli. 
Al centro una grande scrivania, con libri, fogli, barattoli pieni di penne d’oca e di pipe, una scatola per il tabacco, un calamaio, un candelabro con candele smozzicate, una bottiglia di vino e un bicchiere non finito, un piatto con degli avanzi. 
Dietro la scrivania, una sedia di pelle con schienale alto. 
Sul fondo c’è una grande finestra che guarda il fiume. 
A destra, la porta d’ingresso. 
A sinistra un vecchio sofà ingombro di libri, riviste e giornali vari. 
Sul pavimento, una pelle d’orso. 
La stanza è luminosa, ci sono anche dei fiori in un vaso di terracotta poggiato sul pavimento. 
Quando si apre la scena si sente la sirena di un battello che sta navigando sul fiume. 
L’Uomo, seduto in un lato della scena, legge (e lo farà per tutta la durata della rappresentazione) brani dalle lettere e da altre opere di Flaubert.

Scena I

UOMO
Croisset è il primo paese sulle rive della Senna, andando da Rouen a Le Havre. 
La casa, lunga e bassa, tutta bianca, poteva avere più o meno duecento anni. 
Era stata la residenza di campagna dei monaci dell’abbazia di Saint-Quen. Nel cortile interno, dove c’erano ancora i tetti a punta e le finestre all’inglese del XVII secolo, la costruzione era interessante, ma la facciata era brutta. 
Sopra la porta d’ingresso, c’erano, a mo’ di bassorilievo, dei volgari gessi, e sugli stipiti del camino, in salotto, erano raffigurate due mummie in marmo bianco, ricordo della campagna d’Egitto. 
Dalla casa, il fiume appariva incorniciato dalle fronde di una splendida tulipifera.

(Entra Félicité, governante di casa Flaubert. Ė leggermente claudicante e ha in mano un piumino per spolverare.)

FELICITE
Che schifo! (pausa)
Un porcile, un vero porcile…
(comincia a raccattare i fogli sparsi sul pavimento)
Che maiale! (pausa - guarda vicino alla scrivania)
Lo sapevo!…L’ha fatto di nuovo…
Ha sputato per terra…
Ma che porco! (pausa)
Ah!… ma stavolta io non lo pulisco il tuo maledetto catarro…
Eh no caro, questa volta te lo pulisci da solo….
Per me può anche restarci un mese lì…
fino a diventare uno schifosissimo sasso…(pausa)
Non mi paghi mica per questo!
Certo pulisco, lavo, cucino, rassetto le stanze,
tengo in ordine il giardino…
ma c’è un limite caro signor Gustave…
io non sono una schiava… (pausa)
Sì certo, la signora di Larsonnière ha ancora il suo negretto,
ma solo perché qui a Croisset 
la nobiltà non ha vergogna…
A Parigi non sarebbe la stessa cosa…
qualche anno fa è successo il finimondo,
l’ho letto proprio in una di queste riviste
sparse nella stanza… 
(posa il piumino sulla scrivania e si siede sul sofà)
La signora Aubain…
lei sì che era una brava donna. (pausa)
Ho imparato tutto da lei,
anche a leggere e a scrivere.
Ho vissuto quasi dieci anni
nella casa di Pont-l’Evêque…
Era rimasta vedova, povera donna…
e con due bambini,
Paul e Virginie…
Suo marito era uno spiantato
e l’aveva lasciata piena di debiti…(pausa)
A volte era un po’ severa,
ma poi si metteva lì accanto a me,
e con pazienza mi faceva ripetere tutto l’alfabeto,
e poi le sillabe e poi le parole e poi…
e poi alla fine ce l’ho fatta, 
ho imparato a leggere anch’io…(pausa)
Un martirio! (pausa – si guarda le mani)
Le mani nere d’inchiostro. (pausa)
Le mani adesso, a volte
non le sento più dal dolore…
le ossa scricchiolano…(pausa)
Il bucato giù al fiume, d’inverno, con l’acqua gelida
che sembra che scavi la carne
e corra sulla ossa…(pausa)
Belle mani da serva, non c’è che dire…
complimenti Félicité,
complimenti davvero per le tue mani da serva…
(pausa – si alza dal sofà, come tornando in sé)
Oh Vergine Madre, deve essere tardissimo…
e devo ancora finire di spolverare tutta la casa…
(prende il piumino e comincia a spolverare la libreria)
Se poi quello arriva e mi trova ancora nella stanza,
va a finire che s’incazza…
oh pardon…non sono belle parole 
in bocca a una signorina…
complimenti di nuovo Félicité!
Una vera contessa…
E’ che in questa casa, a forza di sentir parlare
il signor Gustave con i suoi amici,
sto diventando una latrina…
non che io mi metta lì ad ascoltare i loro discorsi,
ma come si fa a non sentirli quando urlano e ridono
come degli ubriachi in taverna…
(pausa – tira fuori uno straccio dal grembiule e comincia a passarlo lungo i bordi della finestra)
Il signor Maxime poi…è un vero porco…
racconta cose oscene…
sa tutto di tutti…
lui sì che è una vera serva…
una volta mi ha persino toccato il sedere…
e io imbarazzata non sapevo che fare…
al che il signore Gustave
mi ha guardata negli occhi
e poi rivolto al suo amico
ha detto: “ è ancora sodo?”…
Che porci!
(pausa – infila il piumino e lo straccetto nel grembiule, si avvicina alla scrivania, prende il bicchiere e ne odora il contenuto)
Alla tua Félicité!
(manda giù con un sorso. Prende la bottiglia e il piatto con gli avanzi ed esce) 

Scena II

UOMO
Félicité si alzava all’alba, per non perdere la messa e lavorava fino a sera senza interruzione; poi, terminata la cena, messe in ordine le stoviglie e chiusa bene la porta, affondava il ceppo sotto la cenere e si addormentava davanti al focolare con il rosario in mano. 
Nessuno, nel mercanteggiare, mostrava più testardaggine di lei. Quanto alla pulizia, la lucentezza delle sue pentole faceva la disperazione delle altre serve. 
Economa, mangiava con lentezza, e raccoglieva con un dito sulla tavola le briciole del suo pane, un pane di dodici libbre, cotto apposta per lei, e che durava venti giorni. 
In qualunque stagione, portava un fazzoletto di indiana appuntato dietro alle spalle con una spilla, una cuffia che le nascondeva i capelli, calze grigie, una sottana rossa, e sopra la camiciola, un grembiule con pettorina, come le infermiere d’ospedale…

(In lontananza si sente il verso dei gabbiani, poi di nuovo la sirena di un battello. Bussano alla porta. Félicité attraversa la stanza)

FELICITE
Arrivo!…Questo dev’essere il fattore di Geffosses…

(Apre la porta. Sulla soglia compare una donna. E’ Louise. Indossa un abito azzurro di ottima fattura. In una mano ha una piccola valigia, nell’altra un ombrellino da sole. Il portamento è elegante, da signora borghese di città)

LOUISE
Buongiorno…

FELICITE (un po’ stupita)
Buongiorno…

LOUISE
Mi fa accomodare?

FELICITE
Prego…

LOUISE (posa valigia e ombrellino)
Sono sfinita…il viaggio in treno fino a Rouen è davvero stancante…
sono partita all’alba e ora dovrebbe essere quasi…

FELICITE (interrompendola)
Mezzogiorno madame…ma…perdonatemi…

LOUISE 
Ah!…perdonatemi voi…non mi sono ancora presentata. Sono Louise Colet e vorrei vedere monsieur Flaubert…sono una sua amica…

FELICITE
Il signore non c’è…

LOUISE
Non c’è?! E dov’è?

FELICITE
A quest’ora fa sempre una passeggiata...

LOUISE
Ah!…E dove va?

FELICITE
Arriva fino a Canteleu e al monte Riboudet, a volte fino a Rouen…

LOUISE
Fino a Rouen?…

FELICITE
Certo, ha un bel passo…

LOUISE
Sì, questo lo so…

FELICITE
Lo sapete?

LOUISE
Me l’ha scritto nelle lettere…

FELICITE
Sì, lo so…

LOUISE
Lo sapete?

FELICITE
Che vi scrive delle lettere…

LOUISE
E come fate a saperlo?

FELICITE
Sono anni che lavoro in questa casa madame…
e tutti i giorni vedo il signor Gustave
piegato lì sul suo tavolo…
Scrive, legge…e poi le lettere le affida a me,
e io le porto al signor Maxime Du Camp, il suo messaggero,
e tutto in gran segreto…

LOUISE
Ah sì, Maxime, l’inseparabile Maxime…

FELICITE
Il porco…

LOUISE
Il porco? Maxime?…

FELICITE
Bè… qualche volta mi ha messo le mani addosso…

LOUISE
Che cafone!

FELICITE
Ride di me con il signor Gustave…
Sapete come mi chiama?…Infélicité…
Ma il mio nome, madame, è….

LOUISE
Félicité…anche questo so dalle lettere…

FELICITE
E’ più forte di me…non lo sopporto il signor Du Camp…

LOUISE
Stronzetto pallone gonfiato…
è solo un frustrato con ambizioni letterarie…

FELICITE (sorpresa)
Voi non avete peli sulla lingua madame…

LOUISE
Se lo merita… 
(pausa – dà uno sguardo alla stanza e si avvicina alla scrivania. Prende un foglio scritto molto fitto. Legge.)
Eravamo in aula, quando….

FELICITE (interrompendola)
Per carità…posate quel foglio…
il signor Gustave è gelosissimo delle sue cose…
farebbe il finimondo…

(Louise, un po’ infastidita, rimette il foglio sulla scrivania)

LOUISE
Sì certo…rimettiamo tutto al suo posto qui nel Sancta Sanctorum…

FELICITE
Il suo Sancta Sanctorum estivo…
durante l’inverno se ne sta rintanato 
nel suo studio al piano di sopra…
e solo quando arriva la bella stagione
trasferisce tutto qui nel salone…
dice che il fiume lo rilassa…
e poi qui c’è più luce…

LOUISE
Che fa in questo periodo?…scrive molto?…

FELICITE
Oh sì…moltissimo…è la mia croce…
lavo i piatti…e mi urla addosso…
passo lo straccio e si lamenta…
il salone lo posso pulire solo quando non c’è lui…
insomma mi scoccio da morire…

LOUISE
E non viene mai nessuno a trovarlo…

FELICITE
Certo che vengono…e mi scoccio anche per quello…

LOUISE
Donne?…

FELICITE
Ma neanche per sogno!…
in questa casa mettono piede solo due persone…
che ascoltano pazienti il genio che declama…

LOUISE
Maxime ovviamente…

FELICITE
Sì certo, sempre lui, e anche il signor Louis Bouilhet…

LOUISE
La santissima trinità…ma anche il signor Louis si prende quelle libertà?…

FELICITE
Oh no!…monsieur Louis è un vero signore, 
è sempre gentile con me…
Pensi, qualche anno fa mi voleva a servizio nella sua casa…

(Louise si avvicina verso il corridoio che conduce alle altre stanze)

LOUISE
Ma non c’è nessun altro in casa?

FELICITE
No, Madame Flaubert è a Trouville…
sapete per la bambina, per farle respirare un po’ d’aria di mare…

LOUISE
Già, Caroline…

FELICITE
Conoscete Caroline?

LOUISE
No, ma Gustave me ne ha parlato molto…
povera stella…già orfana di madre
e con un padre smidollato…

FELICITE
Conoscete anche il signor Hamard?

LOUISE
No, ma Gustave mi ha parlato molto anche di lui…
dei suoi debiti e di tutto il resto…
Per fortuna c’è la nonna a prendersi cura di Caroline…
Gustave stravede per la sua nipotina,
la piccola Lilinne, come la chiama lui…

FELICITE
Una peste…

LOUISE
Davvero?

FELICITE
Mi fa dannare!

LOUISE
Ma è malata?

FELICITE
Chi io?

LOUISE
No, intendevo la bambina…

FELICITE
Ha dei disturbi nervosi a causa di uno spavento, 
così il dottor Poupart ha consigliato 
dei bagni di mare a Trouville…

LOUISE
Adoro il mare…

FELICITE
Io l’ho visto solo una volta…ero molto piccola…

LOUISE
Veramente?

FELICITE
Sì, lo so, è a un tiro di schioppo da qui…
ma cosa volete madame,
io sono solo una povera governante…(pausa)
Però ci penso spesso a quella volta…
Ricordo di essermi fermata su un prato
in cima a una collina.
Il mare in basso era calmo e scintillante,
e soffiava un vento leggero.
C’erano le barche dei pescatori al largo,
con le loro piccole vele bianche…
La scogliera di Etretat mi faceva paura,
così alta…
gli uccelli volteggiavano e poi scendevano in picchiata
e a me sembrava che andassero
a sbattere contro le falesie…(pausa)
Volete un caffè?

LOUISE
Sì, volentieri.

FELICITE
E’ già pronto, faccio in un attimo…

(Esce. Louise riprende il foglio sulla scrivania, ma poi lo lascia di colpo, con un sobbalzo, quando sente una voce roca provenire dalle altre stanze, forse dalla cucina)

Scena III

VOCE DEL PAPPAGALLO (f.s. – con tono di scherno)
Ah! La mia Musa! La mia Musa!

LOUISE 
Gustave!

(Entra Félicité con un piccolo vassoio con sopra una tazza di caffè e una zuccheriera. Lo poggia sulla scrivania)

FELICITE
No madame, non è il signor Gustave…è Lulù…

LOUISE
Lulù?!

FELICITE
Sì, il mio pappagallo…

LOUISE
Sembrava Gustave…

FELICITE
Fa il verso a tutti…
e ripete quello che si dice in casa…

LOUISE
E’ davvero magico…

FELICITE
Anche un po’ bastardo….fa i bisogni dappertutto…

LOUISE
Dove l’avete trovato?

FELICITE
E’ un dono della signora Aubain, 
che a sua volta aveva ricevuto 
dalla signora di Larsonnière
quando questa aveva lasciato Pont-l’Evêque…(pausa)
Quanto zucchero?

LOUISE
Cosa?

FELICITE
Lo zucchero…

LOUISE
Ah già…un cucchiaino grazie…

(Félicité gira il caffè e porge la tazza a Louise)

LOUISE
Posso sedermi sul sofà?

FELICITE
Se ci riuscite…

(Louise sposta libri e riviste e si siede)

LOUISE
Se non sbaglio parlava di una Musa…

FELICITE
Chi?

LOUISE
Il pappagallo…

FELICITE
Ah Lulù…non ho capito cosa ha detto…

LOUISE
Io ho capito benissimo invece…ha detto “la mia Musa”…

FELICITE
E cosa vuol dire?

LOUISE
No lo so, speravo che voi lo sapeste…

FELICITE
Io?…Non so…

LOUISE
Forse è una frase di Gustave…

FELICITE
Può darsi…o forse del signor Du Camp…

LOUISE
Ancora lui…

FELICITE
Ha una brutta influenza sul signor Gustave…

LOUISE (ironica)
Si amano…

FELICITE
A volte penso che…(si interrompe)

LOUISE
Cosa?

FELICITE
Mah…niente…

LOUISE
No dite…cosa pensate?

FELICITE
Bè ecco, a volte sembrano proprio due…
insomma avete capito cosa voglio dire…

LOUISE
Sono un’anima sola, come dice Gustave…

FELICITE
Sono appena tornati da un lungo viaggio 
e già sentono la mancanza l’uno dell’altro…

LOUISE
Già…il viaggio tanto sognato in Oriente…
chissà quante ne avranno combinate…

FELICITE
Conoscendoli, di tutti i colori…
Qualche giorno fa ho sentito il signor Gustave
ricordare estasiato la bellezza 
di un ragazzo incontrato ad Alessandria d’Egitto…(pausa)
Non avranno mica fatto i viziosi…vero?

LOUISE
Temo di sì, cara Félicité…

VOCE DEL PAPPAGALLO (f.s.)
Fèlicitè! La porta! Félicité! La porta!

FELICITE
Ancora Lulù…questa volta ha ripetuto le parole di Madame Flaubert…
Vado a vedere cosa combina…(esce)

Scena IV

LOUISE (si alza e si avvicina al tavolo da lavoro)
Sapete una cosa Félicité?…
Un po’ vi invidio.
Sì, voi lo vedete tutti i giorni Gustave,
mentre è qui al suo tavolo
che lavora…(pausa)
Lo immagino sapete?…
Chino sui fogli, 
tutto preso dallo sforzo di creare,
che suda e geme come una partoriente…(pausa)
Com’è rigoroso questo gigante normanno!
Stilla ogni parola come fosse un concentrato 
della sua anima…
Mi ha detto che ama il suo lavoro
in modo frenetico e perverso,
come un asceta il cilicio
che gli raschia il ventre…
Gustave è così,
un artista ossessionato dalla sua arte…(pausa)
Sapete dove ci siamo conosciuti?
Era una caldissima giornata di luglio.
Parigi era splendente.
Mi trovavo nello studio dello scultore Pradier,
che mi stava facendo un ritratto.
All’improvviso è apparso 
questo ragazzo alto e robusto,
con i capelli fini e svolazzanti,
la barba folta e d’un biondo dorato…
Ho subito pensato: sarà mio.
Non sapevo chi fosse,
né da dove venisse.
Aveva uno sguardo buono,
da cagnone pacioso,
ma c’era una luce particolare 
nei suoi bellissimi ed enormi occhi verdi.
Somigliava ai giovani capi dei Galli
che combatterono contro le armate romane.
M’immagino che fossero come lui,
impetuosi, dominatori eppure seducenti.
Quando i nostri sguardi si sono incrociati,
mi sono sentita come una farfalla
sotto la lente dell’entomologo…(pausa)
Poi qualcuno ci ha presentati,
e allora nella sua mano ho sentito
tutto il calore del suo corpo massiccio…
Gustave mi ha desiderata subito,
e anch’io l’ho desiderato all’istante…(pausa)
E ora mi ritrovo qui,
nella sua tana,
senza sapere bene il perché…

UOMO
Il cielo è puro, splende la luna, sento cantare i marinai che salpano l’ancora per partire con la marea che sale. 
Nessuna nube, né vento. Il fiume è bianco sotto la luna, nero nell’ombra. Le farfalle giocano intorno alle mie candele e dalle finestre aperte giunge a me l’odore della notte. 
E tu, dormi? Sei alla finestra? Pensi a chi pensa a te? Sogni? Qual è il colore del tuo sogno? 
Sono trascorsi otto giorni dalla nostra bella passeggiata al Bois de Boulogne, che abisso da allora! Certo per gli altri quelle ore incantevoli sono passate come le precedenti e le seguenti, ma per noi è stato un momento radioso il cui riflesso illuminerà sempre il nostro cuore. 
Se fossi ricco comprerei quella carrozza e la metterei nella rimessa senza usarla mai più. Sì, verrò e presto. Perché ti penso sempre, sempre penso al tuo viso, alle tue spalle, al tuo bianco collo, al tuo sorriso, alla tua voce appassionata, violenta e insieme dolce come un grido d’amore. Te l’ho detto, credo, che amavo soprattutto la tua voce…

(Entra Félicité)

Scena V

FELICITE
E’ cambiato il signor Gustave…

LOUISE
Cambiato?

FELICITE
E’ invecchiato…

LOUISE
Ma se ha appena trent’anni!

FELICITE
Credetemi madame, non lo riconoscereste…

LOUISE
E’ impossibile…

FELICITE
Da quando è tornato dal lungo viaggio in Oriente è diverso…(pausa)
Sua madre appena l’ha visto è scoppiata a piangere…

LOUISE
Bè, ci credo, non lo vedeva da quasi due anni…

FELICITE
Non è questo madame…
il signor Gustave è cambiato vi dico…

LOUISE
Spiegatemi Félicité, non capisco…

FELICITE
E’ più ombroso…ha più rughe sulla fronte…
ha perso qualche dente anche un po’ di capelli…

LOUISE
Lui dice che solo gli asini
non perdono il pelo…

FELICITE
Sì però gli asini non prendono la sifilide…

LOUISE
Scherzate!?

FELICITE
Niente affatto madame, la diagnosi
del dottor Poupart parla chiaro…

LOUISE
Allora non ci sono dubbi,
hanno fatto belle porcate…

FELICITE
Adesso passa intere giornate al suo tavolo a…

LOUISE (interrompendola)
Lo so, ha iniziato un nuovo romanzo,
me ne ha parlato nelle ultime lettere…

FELICITE
A volte resta inebetito sulla sedia,
con lo sguardo perso nel vuoto…(pausa)
E’ cambiato, madame.
Spesso durante la notte si lamenta,
come se fosse tormentato da dolori spaventosi…

LOUISE
Per Gustave scrivere è soffrire…

FELICITE
Non sapevo che la sofferenza potesse
attaccarsi anche addosso agli scrittori…

LOUISE
Ah sì Félicité, anche se non è il mio caso…

FELICITE
Anche voi siete una scrittrice?

LOUISE
Scrivo poesie.

FELICITE
Mi piacerebbe leggerle…

LOUISE
Davvero? Allora vi regalo
un piccolo libro appena pubblicato…
(si avvicina alla sua valigia)
Dovrei averne qualche copia qui dentro,
una l’ho portata per Gustave…
Ecco, tenete… (le porge il libro)

FELICITE
Grazie infinite, madame…

LOUISE
Mi fa piacere…

(Félicité inizia a sfogliare il libro)

LOUISE
Gustave non apprezza molto le mie opere…

FELICITE
A dire il vero lui apprezza poche cose…

LOUISE
Odia la mediocrità…

FELICITE
Disprezza i borghesi…

VOCE DEL PAPPAGALLO (f.c.)
Borghesi di merda! Borghesi di merda!

LOUISE
Questo è senza dubbio Gustave!

FELICITE (urlando)
Lulù! Smettila o ti tiro il collo!

LOUISE
Ma gli volete un po’ di bene?

FELICITE
Al pappagallo?

LOUISE
No, intendo a Gustave…

FELICITE
Certo che gliene voglio…(indica il tavolo dello scrittore)
Io sono come quel calamaio,
ormai faccio parte della casa…
Ne respiro l’odore acre dei muri umidi,
ne ascolto ogni scricchiolìo del legno…
Sì, madame, voglio bene al signor Gustave…

LOUISE
Io credo d’amarlo, Félicité…
e sono venuta fino a Croisset per dirglielo…

FELICITE
Non fatelo, madame, ve ne pentireste…

LOUISE
Lo so, è un uomo complicato, pieno di ossessioni…

FELICITE
Ama solo la carne dei bordelli…
e non vuole essere amato da nessuno…

LOUISE
Eppure a volte è così appassionato…

FELICITE 
La passione, voi lo sapete meglio di me,
può essere una trappola…

LOUISE
E io ci cado sempre Félicité…
senza passione non esisto…
senza passione appassisco
come i fiori lasciati in un vaso d’acqua sporca…
(pausa – si avvicina alla finestra)
Qui il fiume è così bello,
lento e placido…
non è come a Parigi,
dove risuona sempre delle urla
dei ladri e delle puttane…(pausa)
Qui sembra portarti la pace, 
e Dio solo sa quanto ne avrei bisogno... (pausa)
Ho quarant’anni, ma mi sembra
di averne già vissuti ottanta… 
troppi ideali, troppe lotte,
troppi amori inutili,
troppa vita…

FELICITE
Io la vita la vedo scorrere davanti a me
come quelle carogne di animali
che a volte vedo trasportate
dalla corrente della Senna…
Anch’io ho quasi quarant’anni,
trascorsi senza ideali e senza amore, 
chiusa in casa a spaccarmi la schiena…
Vedete madame?
La vita è anche questo,
assenza… vuoti da riempire…
giorni passati alla finestra a spiare le persone…
fantasmi che appaiono e scompaiono
lasciando una traccia d’inquietudine…(pausa)
Quanto all’amore, poi, ve lo lascio solo immaginare…

LOUISE
Non siete mai stata innamorata?

FELICITE
Oh sì, credo di sì, ma forse solo
dell’idea dell’amore…
e forse era anche sbagliata…

LOUISE
Ma un uomo tutto per voi…l’avete mai avuto?

FELICITE
Si chiamava Theodore…

Scena VI

UOMO
Anche lei aveva avuto, come qualunque altra, la sua storia d’amore. 
Una sera di agosto (aveva allora diciotto anni) la trascinarono alla fiera di Colleville. 
Rimase subito stordita, stupefatta dallo strepito dei suonatori, dalle luci negli alberi, dagli abiti variopinti, da quella folla che saltava tutt’assieme. Se ne stava modestamente in disparte, quando un giovanotto dall’aria benestante, e che fumava la pipa con i gomiti sul timone di un carretto, le si avvicinò per invitarla a ballare. 
Le pagò sidro, caffè, focaccia, un fazzoletto da collo e pensando che lei se lo aspettasse, si offrì di riaccompagnarla. 
Sul ciglio di un campo di avena, la stese a terra brutalmente. Lei ebbe paura e si mise a gridare. Lui si allontanò. 
Un’altra sera, sulla strada di Beaumont, volle sorpassare un gran carro di fieno che procedeva lentamente, e nello sfiorarne le ruote riconobbe Theodore. 
Le si rivolse con aria tranquilla, dicendo che bisognava perdonare tutto, perché “era stata colpa del bere”. 
Lei non seppe che cosa rispondere e aveva voglia di scappare. 
Il vento era caldo, le stelle brillavano, l’enorme carrettata di fieno oscillava davanti a loro, e i quattro cavalli, strascicando il passo, sollevavano la polvere. 
Poi, senza comando, svoltarono a destra. Lui la strinse a sé. Lei scomparve nell’ombra. 

FELICITE
Ci incontravamo in fondo a un’aia, 
dietro a un muro,
sotto un albero isolato.
Io non ero innocente
alla maniera delle signorine,
gli animali mi avevano istruita…
Ragione e istinto, però,
mi impedivano di cedere…
La mia resistenza esasperò l’amore di Theodore,
così che per soddisfarlo,
o forse senza neanche malizia,
mi propose di sposarlo.
Io stentavo a crederci…
ma lui faceva grandi giuramenti.
Scappavo di notte, e giunta all’appuntamento
Theodore mi torturava con le sue
apprensioni e le sue richieste…
Infine mi annunciò che sarebbe andato 
lui stesso alla Prefettura a prendere
informazioni per il matrimonio.
Mi avrebbe riferito tutto
la domenica seguente,
tra le undici e mezzanotte…
Quella notte corsi come una pazza tra i campi,
ma all’appuntamento lui non c’era.
Al suo posto trovai uno dei suoi amici.
Mi disse che non lo avrei più rivisto.
Per mettersi al sicuro dalla coscrizione, 
Theodore avrebbe sposato 
una vecchia donna ricchissima,
Madame Lehoussais, di Toucques...
Mi gettai a terra…
Gridai… Invocai il buon Dio…
e restai tutta sola nella campagna fino all’alba…
Ritornai al mio podere,
e decisi di andarmene…
Alla fine del mese,
ricevuto quello che mi spettava, 
raccolsi le mie poche cose in un fazzoletto
e andai a Pont-l’Eveque… (pausa)
Da allora non ho amato più nessuno.
Certe notti, il peso dei ricordi
di ciò che non è stato
mi frana addosso senza preavviso…

LOUISE
Mi dispiace Félicité…

FELICITE
Ma cosa ve ne importa a voi…
madame, così parigina,
di una povera serva di provincia…

LOUISE
Non è vero…

FELICITE
Ma è così…

LOUISE
Mi offendete…

FELICITE
Madame, datemi ascolto, tornate a Parigi…
In fondo cosa cercate qui?…
L’amore del signor Gustave?…
E’ come elemosinare tra i poveri…
Un sogno impossibile…

LOUISE
Ma senza i sogni non si vive…

FELICITE (con amarezza)
Già…ma possono diventare qualcosa di insopportabile…

VOCE DEL PAPPAGALLO (f.s.)
State zitta brutta zoppa! State zitta!

FELICITE
Stavolta il collo glielo tiro davvero…(esce)

Scena VII

LOUISE
Conoscete Aix-en-Provence?
E’ nel sud della Francia, sapete...
bè io sono nata proprio lì…
come vedete non sono affatto una parigina,
ma una provinciale come voi di Croisset…
Mi piace la campagna,
sono cresciuta correndo nei campi
a piedi nudi, con il fieno addosso
alle vesti e nei capelli…
Sento ancora l’afrore dei cavalli
nelle stalle, l’odore dell’erba
dopo un temporale,
il mosto lasciato a fermentare (pausa)
Se chiudo gli occhi rivedo me bambina,
camminare nel castello di Servanne,
piano piano per non farmi
sentire da nessuno,
e andare a rubare 
qualche libro proibito da leggere
con il cuore in gola dietro
la madia del pane…
Sognavo? Oh sì, sognavo 
e respiravo un altro mondo,
pieno di amori e di misteri…
E intanto sognavo anche la gloria…
e Parigi e i salotti letterari,
i bei vestiti e le belle case,
una vita piena da bere come l’assenzio,
fino a stordirsi completamente…
Ero disposta a tutto
pur di raggiungere il mio scopo…
e alla fine accettai di sposare
un musicista senza talento,
il mite e gentile Hippolyte…
Avevo ventiquattro anni
ed ero troppo ambiziosa
per spegnermi lentamente in provincia…
Desideravo Parigi come si desiderano
i baci e le carezze di un amante…
Ero affamata di vita vera…

(Entra Félicité. Ha in mano un cestino con dei biscotti)

Scena VIII

FELICITE
A proposito di fame…
vi ho portato dei biscotti
freschi di stamattina…
il signor Bonenfant, il fornaio,
ha le mani d’oro…assaggiateli…

LOUISE
No… grazie Félicité… ora non ho proprio fame…

FELICITE
L’attesa vi sarà…più dolce…

LOUISE
Sembra che attendere sia il mio destino…

FELICITE
Forse è il destino di tutti…

LOUISE
No, solo di chi ha paura…

FELICITE
Paura?!

LOUISE
Sì, di ritrovarsi con il cuore vuoto,
che si sgretola come un castello di sabbia
lambito dalle onde…(pausa)
Noi siamo grandi e siamo onesti,
ma soltanto nelle parole,
perché nella vita è la paura
che si prende il resto…(pausa)
Félicité, vi prego, avvicininatevi…
(Félicité si avvicina a Louise)
Mi piacerebbe abbracciarvi…

FELICITE
Madame, non so…

(Louise non le fa finire la frase e la stringe forte a sé)

LOUISE
Ho paura…

VOCE DEL PAPPAGALLO (f.s.)
No! Non sono fatto per godere!

LOUISE
Gustave!

FELICITE
E’ sempre Lulù, madame…

LOUISE
Lo so, ma questa frase l’ha scritta Gustave
in una lettera di qualche anno fa…

FELICITE
Quel pennuto ha una memoria eccezionale…

Scena IX

UOMO
Ora mi sento voglie da belva, istinti d’amore carnivoro e lacerante, non so se questo è amare.
Forse è il contrario. Forse è il cuore in me ad essere impotente.
Mi sfinisce la deplorevole mania dell’analisi. Dubito di tutto, ed anche del mio dubbio.
Mi hai creduto giovane e sono vecchio.
Sono stanco delle grandi passioni, dei sentimenti esaltati, degli amori furibondi e delle disperazioni ululanti.
Preferisco di gran lunga il buon senso, forse perché non ne ho.

LOUISE
Anch’io ho una figlia sapete…
e dovrebbe avere l’età della piccola Lilinne…
E’ una povera creatura innocente
la mia Henriette…e naturalmente
il padre non è il buon Hyppolite…
ma un gran filosofo di Parigi…
Credetemi Félicité, ho cercato in tutti i modi
di far ingelosire Gustave…ma niente…
a lui non importa niente…

FELICITE
Ve l’ho detto e ve lo ripeto madame…
state solo perdendo tempo qui…
il signor Gustave è un orso solitario
e non vuole intrusioni nella sua vita…

LOUISE
Anche lui ha paura…

FELICITE
Credo proprio di sì…

LOUISE
Un gigante buono e pauroso…

FELICITE
Che sia un gigante, d’accordo…
ma sulla sua bontà
ho davvero i miei dubbi…
Io gli voglio bene madame…
ma lui passerebbe sopra
al cadavere di sua madre
pur di ottenere quello che vuole…

LOUISE
Ma è questo il punto…che cosa vuole?
Lui sa cosa vuole veramente?…

FELICITE
Essere dimenticato…

LOUISE
Da chi?

FELICITE
Da tutti…

LOUISE
Io direi il contrario…

FELICITE
E’ la stessa cosa madame…

LOUISE
E’ troppo ambizioso…

FELICITE
Un mostro di ambizione…

LOUISE
Ha ragione ad esserlo…
diventerà un grande scrittore…

FELICITE
Sa capire l’animo umano come nessun altro…
A volte si mette lì… vicino alla finestra…
con la sua pipa tra i denti…
e inizia a fissarmi per lunghi minuti
mentro rassetto la stanza…
bè madame…mi imbarazza…
mi sento messa a nudo…non ho più difese…
come dite voi…una farfalla
sotto la lente dell’esperto…

LOUISE
Quando guarda le persone
non può fare a meno di pensare
allo scheletro sotto la carne…
Se guarda un bambino nella culla…
vede una bara…

FELICITE
Non riesco a immaginarmelo a Parigi…
qui non incontra quasi mai nessuno…
la sua vita scorre lenta come la Senna…

LOUISE
Sì…ma come il fiume ha gorghi pericolosi…
correnti improvvise…
A Parigi…comunque…è un altro uomo…

FELICITE
In che senso?

LOUISE
Si trasforma…si toglie il pelo da orco
e indossa gli abiti da gentiluomo…(pausa)
Voglio farvi una confidenza Félicité…
non ci crederete…ma la prima volta
l’abbiamo fatto in carrozza
per le strade di Parigi…buffo no?…


FELICITE
Fatto cosa?

LOUISE
Non avete capito?…Bè…insomma…
l’amore…il sesso…

FELICITE
Ah…ho capito…come gli animali…

LOUISE
Non proprio…comunque…

FELICITE
Dev’essere bello?

LOUISE
Il sesso?…

FELICITE
No…andare in carrozza lungo le strade di Parigi…

LOUISE (con tono malizioso)
Oh sì…è bellissimo…

Scena X

UOMO
Dodici ore fa eravamo ancora insieme. Ieri a quest’ora ti tenevo tra le braccia…ricordi?…Come è già lontano! 
Adesso la notte è calda e dolce; sento fremere al vento la grande pianta di tulipifera che è sotto la mia finestra, e quando alzo la testa, vedo la luna specchiarsi nel fiume.
Vorrei parlarti solo di gioia e avvolgerti in una felicità calma e continua per compensarti un poco di tutto quello che mi hai dato a piene mani nella generosità del tuo amore.
Ho paura di essere freddo, arido, egoista, eppure Dio sa cosa provo in questo momento.
Che ricordo! E che desiderio! Ah!…Le nostre due belle passeggiate in carrozza, che meraviglia! Soprattutto la seconda con i suoi lampi!
Mi ricordo il colore degli alberi illuminati dalle lanterne, e l’oscillare delle molle; eravamo soli, felici, contemplavo il tuo volto nella notte, lo vedevo malgrado le tenebre, gli occhi te l’illuminavano tutto…

(Nel frattempo Félicité è uscita. Si sentono le grida del pappagallo)

FELICITE (f.s.)
Vieni qui brutta bestiaccia…
guarda cosa hai fatto?…
Hai cagato di nuovo sulle pentole…maledetto…

(Louise scoppia a ridere, poi si interrompe di colpo)

LOUISE
Carezze feroci…carezze feroci…
non ho ricevuto che carezze feroci da lui…
Eppure l’ho sfiorato dolcemente…
o forse anch’io con mani feroci…
non lo so…e comunque che importanza ha ormai…
Anche lui diventerà un’ombra leggera
che danza sotto le mie palpebre…
uno dei tanti…
Gustave Flaubert…misantropo e scrittore…
un uomo che non è fatto
né per la felicità né per l’amore…

UOMO
…Non ho mai sentito di entrambi che l’odore, come quei cafoni che annusano lo sfiatatoio da Chevet.
Agognano alle fricassee che si fanno laggiù, si dicono: Ah! Se fossi là dentro, quante ne prenderei, quante ne mangerei! 
Fateli scendere in cucina e non hanno più fame perché il carbone gli dà il mal di testa…

LOUISE
E adesso affrontiamo di petto la questione:
cosa gli dico quando torna?…
Che lo amo?…o che è un maledetto bastardo?…
che lo odio con tutte le viscere?…
o che vorrei ancora fare l’amore con lui?…
Non lasciarmi Gustave…

UOMO
Che cosa mai mi ha fatto così vecchio appena uscito dalla culla, e così nauseato dalla felicità prima ancora di averla assaggiata?
Tutto quello che è vita mi ripugna, tutto quello che mi travolge e mi ci rituffa mi spaventa. Non vorrei mai esser nato o morire.
Ho in me, in fondo a me, un tedio radicale, intimo, acre e incessante che mi impedisce di assaporare qualunque cosa e che mi riempie l’anima fino a farla scoppiare.
Riappare ad ogni occasione, come le gonfie carogne dei cani che ritornano a fior d’acqua malgrado le pietre che hanno loro attaccato al collo per annegarli…

LOUISE
Voglio vivere qui con te Gustave…
no…così brutale no…mi butterebbe
fuori da quasta casa a calci…
Torna a Parigi, ti prego…
ti faro conoscere i più rinomati esponenti
della società letteraria francese…
molti dei quali, tra l’altro, mi sono
portata a letto…
Ma che idiozia! Lui se ne fotte della celebrità…

UOMO
Ho una profonda ripugnanza per i giornali, cioè per l’effimero, il passeggero, quello che è importante oggi e non lo sarà domani…
Non sono più moderno che antico, più francese che cinese, e l’idea della patria, e cioè l’obbligo in cui si è di vivere su un angolo di terra segnato in rosso o in blu sulla carta e di detestare gli altri angoli in verde o in nero, mi è sempre parsa troppo stretta, limitata e di una feroce stupidità.
Sono fratello in Dio di tutto ciò che vive, della giraffa e del coccodrillo come dell’uomo, e il concittadino di tutto ciò che abita il grande appartamento ammobiliato dell’universo…

(Nel frattempo è rientrata Félicité con una cesta di bucato)

Scena XI

LOUISE
Devo proprio andarmene Félicité?…

FELICITE
Non so che dirvi madame…
per me è l’ora del bucato giù al fiume…

LOUISE
Sono partita da Parigi
con mille discorsi in testa…
tante cose da sputargli in faccia…forse troppe…
ma ora sono confusa…
le mie richieste mi paiono assurde…
le recriminazioni imbecilli e volgari…

FELICITE
Sarebbe capace di portarvi rancore
a vita per questo gesto…

LOUISE
Quale gesto?

FELICITE (che intanto ha posato la cesta sul tavolo)
Venire qui in casa sua…
a rompere un ordine già stabilito delle cose…
qui è già tutto scritto madame…

LOUISE
E’ buffo…mi sento un personaggio dei suoi romanzi…
plasmato e gettato nella mischia…
eppure io sono sempre stata forte e combattiva,
libera come poche altre donne in Francia…
ambiziosa come un uomo…come lui…
forse anche di più…
devo forse espiare qualche colpa?…
fare ammenda di ciò che sono?…
E’ come se volessero farmela pagare la mia libertà…
e forse ci stanno anche riuscendo…
adesso non ho più certezze…
non ho più punti di riferimento…
mi sento vulnerabile come non lo sono mai stata…
i miei argini stanno cedendo…
e basterebbe poco per farmi sprofondare…
Un mio vecchio amico che ha viaggiato
fino all’altro capo del mondo,
mi ha raccontato di un’usanza degli aborigeni
che vivono nell’immensa Australia…
bè lì a intervalli regolari vengono incendiati
ettari e ettari di prateria per fare in modo
che la terra si rigeneri…
ecco…forse anch’io ho bisogno di questo…
bruciare tutto per rigenerarmi…
fare piazza pulita
per ricominciare daccapo…
voglio un’altra possibilità Félicité…

FELICITE
Sì certo…ma lontano da lui…

LOUISE
Non ho speranze vero?

FELICITE
Credo di no madame…
del resto nessuno le ha con il signor Gustave…
è solo uno schiavista di anime,
che piega ai suoi voleri e ai suoi bisogni…
Siete pronta a farvi sfruttare?…
a diventare una cavia per i suoi esperimenti?… 

LOUISE
Credo di esserlo già…


FELICITE
E allora cosa aspettate?…
tagliate i ponti dietro di voi…
fuggite via finché siete in tempo…
in fondo siete ancora una donna libera no?…
Se mi trovassi io nella vostra situazione
non esiterei neppure un momento…

LOUISE
E il coraggio Félicité?…

FELICITE
Non serve madame…
è solo questione di sopravvivenza…
al cinismo si risponde col cinismo…
all’indifferenza con altrettanta indifferenza…

LOUISE
Ma come il coraggio…bisogna averli…

FELICITE
Per il signor Gustave sono una filosofia di vita…

LOUISE
Troppo semplice Félicité…
c’è qualcos’altro che si agita in lui…
forse qualcosa di indicibile, di inconfessabile…
o forse più semplicemente qualcosa
che neppure lui sa bene cosa sia…

Scena XII

UOMO
…Eppure non credo di essere ipocrita né artefatto. Colpa di chi? Proprio mia? Sono più elegiaco di quanto si creda e ancora timido come un adolescente, capace di conservare nei cassetti dei mazzetti di fiori appassiti.
Ognuno di noi ha nel cuore una camera regale; io l’ho murata, ma non l’ho distrutta.
E poi arriva un’età in cui si ha paura, paura di tutto, di un legame, di un impiccio, di uno scompiglio; si ha al tempo stesso sete e terrore della felicità…

FELICITE
Il fiume mi aspetta madame…
è proprio ora di bucato…

LOUISE
Dunque…mi state mettendo alla porta…

FELICITE
Non voglio essere scortese madame…
ma c’è molto da fare in questa casa…
comunque se volete aspettarlo…fate pure…
ormai dovrebbe essere qui a minuti…

LOUISE
C’è un’ultima cosa che volevo dirvi…
oltre ad Henriette…ho un altro bambino…
ed è di Gustave…

FELICITE
Ho capito bene?!…

LOUISE
Benissimo…

FELICITE
Per tutti i campanili di Rouen!…
Che mi venga un colpo!…
Questa cosa…si insomma questa notizia
potrebbe stenderlo stecchito all’istante…
e che avete intenzione di fare?…

LOUISE
Di metterlo al corrente naturalmente…

FELICITE
Voi siete pazza! Questa non ve la perdonerà mai!…

LOUISE
E’ successo tutto prima che lui 
partisse per l’Oriente…
è stata una cosa inaspettata anche per me…
ma poi quando le Giubbe Rosse non sono tornate…

FELICITE
Le Giubbe Rosse?!…

LOUISE
Sì…Gustave chiama così le mestruazioni…

FELICITE
Mah!…come siete strani voi letterati…
insomma madame…siete proprio certa
che il padre sia il signor Gustave?…

LOUISE
No dico…per chi mi avete presa…
per una puttanella da quattro soldi?…
E’ figlio suo vi dico…ne sono più che certa…
Ah…se lo vedeste il mio bel maschietto!…
E’ Gustave in miniatura…

FELICITE
E porta il suo stesso nome?…

LOUISE
No…si chiama Victor…


FELICITE
Come Victor Hugo…

LOUISE
Lo conoscete?…

FELICITE
Certo!…quanti pianti mi sono fatta 
con Notre Dame de Paris…

VOCE DEL PAPPAGALLO (f.s.)
Parigi è una fogna! Fottetevi parigini!

Scena XIII

UOMO
Io che amo sopra ogni cosa la pace e il riposo, non ho mai trovato in te che turbamento, burrasche, lacrime o collera…
Ma non ti rimprovero nulla, non è in tuo potere astenerti da tutto ciò come non era in mio potere non soffrirne e soffrirne doppiamente. Sentimentalmente e intellettualmente…
Ho la debolezza d’amare il decoro. Tutto il male è venuto da un primitivo errore. Ti sei ingannata accettandomi, oppure avremmo dovuto cambiare. Ma si può forse cambiare?

LOUISE (che intanto ha preso valigia e ombrellino)
Una volta Gustave mi ha scritto 
che sarei giunta ad odiarlo…
mi conosce proprio male…
non ho mai capito l’odio
e non credo che qualcuno riuscirà
mai a farmi provare un sentimento
che tutta la mia natura respinge…
Devo apparire ben borghese
e ben opaca ai suoi occhi…
vorrà dire che resterò la sua
fedele e platonicissima amica…

FELICITE
Tutto sommato è meglio così…
ci guadagnate…e anche di molto…
e poi siete una donna forte no?…
Che ve ne fate di un uomo debole?…

LOUISE
Lui non è debole…ha solo paura…

FELICITE
Io non posso permettermi neppure quella…

LOUISE
Addio Félicité…torno a Parigi…

FELICITE
Non aspettate più il signor Gustave?…

LOUISE
No…sono stanca di aspettare…
ci ho pensato…meglio di no…
e poi come dite voi…
non me la perdonerebbe mai…

FELICITE
Allora…addio madame…
prendetevi cura di voi…

LOUISE
Se capitate a Parigi, cercatemi…

FELICITE
Ah…Parigi…prenderei il treno adesso con voi…
qui a Croisset non succede mai niente…

LOUISE
Come vorrei che anche nella mia vita
non succedesse mai niente…
sarebbe tutto più facile…
in fondo non è poi così tanto male
raggiungere la pace dei sensi…

FELICITE
Io li ho belli che sepolti da un’eternità…
comunque buona fortuna madame…

(Louise si avvicina a Félicité e l’abbraccia)

LOUISE
Buona fortuna anche a voi Félicite…
ricordatemi nelle vostre preghiere…

FELICITE
Anche il mio Dio è ormai in soffitta madame…
comunque lo farò…

LOUISE
Addio…o chissà…arrivederci…

FELICITE
Arrivederci…o chissà…addio…

(Louise esce. Félicité resta qualche secondo a guardare la porta, poi scrolla la testa e prende la cesta del bucato)

Scena XIV

VOCE (f.s.) 
Félicité!…C’è qualcuno lì?…

FELICITE
Ma non stava dormendo quel pappagallaccio?…

VOCE (f.s.)
Félicité rispondi…sono io…

FELICITE
Oh Vergine Madre! Non è Lulù…è proprio lui…
(poi a voce alta) no signor Gustave…
non c’è nessuno qui…

VOCE (f.s.)
Mi era parso di sentire delle voci…

FELICITE
Vi siete sbagliato?…sono sola…
(poi a voce bassa) Dev’essere rientrato dal giardino…

VOCE (f.s.)
Hai riassettato la stanza?…

FELICITE
Sì…è tutto in ordine… (si affanna per sistemare le ultime cose)
se avete bisogno di me, sono giù al fiume…

VOCE (f.s.)
Ah…bene…posso tornare alla Bovary…

FELICITE (a voce bassa)
La Bovary?…Boh…e chi sarà mai?
forse il suo nuovo romanzo…
valli a capire questi scrittori…
Bovary…che strano nome…

(Esce. Si sente di nuovo la sirena di un battello e il verso dei gabbiani. L’Uomo nel frattempo si è seduto al tavolo dello scrittore. Le luci si abbassano lentamente, fino a che resta illuminato solo il tavolo)

Scena XV

UOMO
Cara Louise, 
la tua idea di venire a Croisset e farmi un’improvvisata, come dici tu, non mi piace affatto.
Mi scrivi che hai delle cose molto importanti da dirmi…ma sei sicura che io abbia voglia di sentirle?
Scusami se sono brutale, ma non ho tempo per niente ora, ho appena iniziato il mio nuovo romanzo e non voglio essere disturbato o distratto. Ho bisogno di isolarmi, ho bisogno di silenzio e di pace, di restare lontano dagli affari e dai rumori del mondo…tanto lui gira anche senza di me…no?
Forse tra qualche mese verrò a Parigi, ma prima di allora non mi muoverò da questa stanza. 
Ti chiedo fin d’ora perdono se Emma, la protagonista del romanzo che sto scrivendo, avrà qualche aspetto del tuo carattere. Credimi, non lo faccio per prendermi gioco di te, ma solo perché hai tutti i tratti di una vera eroina, tragica e sentimentale allo stesso tempo, patetica e dolce, mistica e sensuale. Come me del resto. Madame Bovary c’est toi. Madame Bovary c’est moi. 
(Si alza. Prende un foglio dal tavolo, lo appallottola e lo lascia cadere per terra. Buio)