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FOOLS

FOOLS

Una fiaba comica di Neil SIMON

Traduzione di

Marco Romei, Franca Fioravanti

e Patrizia Loreti


PERSONAGGI IN ORDINE DI APPARIZIONE

LEON TOLCHINSKY           , insegnante

SNETSKY, pastore

MAGISTRATO, magistrato

SLOVITCH, macellaio

MISHKIN, postino

YENCHNA, commerciante

DR. ZUBRITSKY, medico

LENYA ZUBRITSKY, moglie del medico

SOPHIA ZUBRITSKY, figlia del medico

GREGOR YOUSEKEVITHC, conte

LA SCENA

Il villaggio di Kulyenchikev, molto tempo fa.


SCENA I

Kulyenchikev, circa il 1890, un remoto villaggio ucraino. Leon Telchinsky,  circa trenta anni, entra in scena portando con sé una vecchia e sbattuta valigia e qualche libro rilegato insieme, arriva ad un piccolo ponte sulla piazza del paese, si guarda intorno, sembra compiaciuto, si gira verso il pubblico.

LEON                  - (sorridendo) Kulyenchikev, mi piace! È esattamente come la immaginavo: un quieto e piacevole villaggio, non troppo grande… il posto perfetto dove un nuovo insegnante può iniziare la sua carriera… beh, per essere sinceri, ho passato due anni in una piccola scuola elementare di Mosca insegnando ai pargoli le nozioni fondamentali, ma questa è la mia prima nomina professionale come insegnante di ruolo. Fino ad ora non avevo mai sentito parlare di Kulyenchikev finché non ho visto l’avviso del Dr. Zubritsky sul giornale universitario. Sebbene il posto fosse un remoto villaggio ucraino, ho colto l’occasione, e non mi vergogno di dirvi che il mio cuore batte eccitato. Ho questa passione, e non ho timore per l’insegnamento… greco, latino, astronomia, letteratura… (si guarda intorno) non vedo nessuno in giro… forse sono arrivato un po’ presto… io sono una di quelle persone estremamente impazienti ed entusiaste che si svegliano al sorgere dell'alba pronte ad iniziare il proprio lavoro. Questo  è un giorno molto fausto nella mia vita. (si sente il suono di un corno di ariete da fuori scena) Oh! Scusatemi! (entra in scena Snetsky il pastore, portando il corno di ariete ed un bastone)

SNETSKY           - Elenya! Lebidoff! Olga! Dove siete?

LEON                  - Buongiorno.

SNETSKY           - Buongiorno. Per caso avete visto due dozzine di pecore?

LEON                  - Due dozzine di pecore?

SNETSKY           - Sì. Erano proprio quattordici pecore.

LEON                  - No, mi spiace.

SNETSKY           - Beh, se le vedete, volete dare loro un messaggio?

LEON                  - Un messaggio per la pecore?

SNETSKY           - Sì, ditele che il pastore le sta cercando, e che dovrebbero dirle dove sono, in modo che io possa andarle a prendere. Grazie. (incamminandosi)

LEON                  - Aspetti, aspetti. Mi scusi, qual è il suo nome, per piacere.

SNETSKY           - (si ferma) Snetsky!

LEON                  - E il nome di battesimo?

SNETSKY           - (con fare pensoso) Quanto tempo ho per rispondere?

LEON                  - Non importa. Dimentichi il suo nome di battesimo.

SNETSKY           - E’ quello che ho fatto!

LEON                  - Io sono Leon Steponovitch Tolchisky e sarò il nuovo insegnante.

SNETSKY           - (stringendo vigorosamente la mano a Leon) Sono felice di conoscerla Leon Steponovitch Tolchisky. Io sono… Qualcosa, qualcosa Snetsky… si ferma in paese stanotte?

LEON                  - Non capite, Kulyenchikev sarà la mia nuova casa. Vivrò ed insegnerò  qui. Io sono, modestia a parte, un eccellente insegnante.

SNETSKY           - Oh, lo sono tutti. Ne arrivano a migliaia, ma non uno di loro dura più di un giorno qui. (soffia forte nel corno) Oh, è così difficile da suonare, non capisco come le pecore riescano a farlo.

LEON                  - Avete avuto migliaia di insegnanti?!

SNETSKY           - Di più, centinaia. Siamo incapaci di imparare. Siamo tutti stupidi a Kulyenchikev. Non esiste paese o villaggio più stupido in tutta la Madre Polonia.

LEON                  - Russia.

SNETSKY           - Quel che è. Tutta brava gente, intendiamoci, ma non un briciolo di cervello dentro di loro! (suona il corno con difficoltà)

LEON                  - Mi sta forse dicendo che ogni uomo, donna e bambino…

SNETSKY           - Tutti stupidi. Compreso me. Se  parliamo altri dieci minuti inizierai a notarlo.

LEON                  - (ignorandolo) Sono stato assunto dal dottor Zubritsky per insegnare alla sua giovane figlia.

SNETSKY           - (ridendo) Insegnare a sua figlia? Impossibile. La ragazza è un caso disperato. Diciannove anni e ha imparato solo da poco a sedersi… è un caso disperato. Non conosce neanche la differenza tra una vacca e una papera. Non che sia un argomento facile, intendiamoci.

LEON                  - (al pubblico, tira fuori dalla tasca il ritaglio dell’inserzione) C’è qualcosa di strano qui! Non pensavo niente del genere quando lo lessi per la prima volta… notai che ogni parola era piena di errori di ortografia… certamente il dottor Zubritsky mi spiegherà tutto… (si volta e torna da Snetsky) Mi siete stato molto d’aiuto Snetsky. È stata un’interessante conversazione.

SNETSKY           - Anche per me maestro Tolchinsky. (rivolgendo al pubblico) Non solo lui può riflettere, anch’io posso riflettere allo stesso modo. (cerca di pensare) Il problema è che quando rifletto non riesco mai a trovare nulla su cui riflettere. Oh, devo andare. (rivolgendosi a Leon) Buongiorno, insegnante.

LEON                  - Sono sicuro che ci rincontreremo.

SNETSKY           - Oh, certo, certo. Mi conoscono tutti. Snetsky il perdi-pecore. (esce Snetsky, entra in scena  il Magisrtato suonando una campana, Leon cerca di fermarlo, ma ne è ignorato)

MAGISTRATO   - Sono le nove e tutto va bene. Sono le nove nel villaggio di Kulienchikev e tutto va bene. Sono le nove e tutto va bene. (esce)

LEON                  - (al pubblico)  Non sono più sicuro che questo sia il giorno più fausto della mia vita. (Leon esce di scena mentre il macellaio Slovitch esce dal suo negozio con in mano la scopa, spazza lo sporco davanti alla sua bottega, lo ammucchia e lo ramazza dentro il negozio; entra  il postino Miskin andando verso Slovitch)

SCENA SECONDA

SLOVITCH          - Buongiorno postino!

MISHKIN             - Buongiorno macellaio!

SLOVITCH          - Splendida giornata, vero?

MISHKIN             - Lo è? Non ci ho ancora guardato (alza lo sguardo) Oh, sì, soleggiata, molto bella.

SLOVITCH          - Ho della posta?

MISHKIN             - No, mi dispiace. Io sono il postino. Io ho tutta la posta.

SLOVITCH          - Mia sorella che vive ad Odessa sta molto bene. Speriamo di sentire sue notizie.

MISHKIN             - Beh, è molto difficile sentire da qui ad Odissea. Forse ha scritto una lettera. Ci guardo. (entra in scena Yenchna, la venditrice, urla “Pesce” da fuori scena prima di apparire)

YENCHNA          - (mostrando la sua merce) Pesce! Pesce fresco! Bel merluzzo fresco per il vostro pranzo! (non ha pesci, ma mazzi di fiori)

SLOVITCH          - Buongiorno Yenchna.

YENCHNA          - Volete un po’ di merluzzo? Non è un pesce stupendo?

SLOVITCH          - In che senso pesce? Questi sono fiori.

YENCHNA          - Non hanno preso niente oggi. Perché dovrei soffrire io per il fatto che il pescatore ha avuto una brutta giornata? Prova la carpa, ha un aroma delicato.

MISHKIN             - Non ci sono lettere di sua sorella, Slovitch. Però ho una bella lettera del cugino del calzolaio. La gradireste?

SLOVITCH          - E’ malato?? Odio leggere cattive notizie.

MISHKIN             - No, no. È in perfetta salute. Prendetela, non ve ne pentirete.

YENCHNA          - Lo sapete che mia figlia non mi scrive da più di un anno?

MISHKIN             - Ma non vive con voi vostra figlia?

YENCHNA          - Fortunatamente sì. Altrimenti non avrei mai sue notizie. (entra Leon)

LEON                  - Buongiorno gente. Il mio nome è Leon Steponovitch Tolchinsky, sono il nuovo insegnante.

MISHKIN             - (inchinandosi) Mishkin il postino.

SLOVITCH          - (inchinandosi) Slovitch il macellaio.

YENCHNA          - (inchinandosi) Yenchna la venditrice.

LEON                         - Felice di conoscervi. Stavo giusto parlando con un pastore di nome Snetsky.

MISHKIN             - Oh, sì. Qualcosa, qualcosa Snetsky. Lo conosciamo bene.

LEON                  - Era piuttosto cordiale, sebbene, e spero di non apparire indelicato, la sua prontezza mentale poteva apparire in qualche modo… deficiente.

YENCHNA          - Certo, è Snetsky, è proprio lui. (si batte la testa) E’ stato colpito alla testa dal calcio di un cavallo.

LEON                  - Oh, mi dispiace, e quando è successo?

YENCHNA          - Martedì, mercoledì, due volte venerdì e sabato per tutto il giorno.

LEON                  - (guarda i fiori di Yenchna) Che merce fragrante vendete, signora. Potrei comprarla per il mio datore di lavoro. Quanto costano?

YENCHNA          - Il merluzzo due rubli e le carpe tre.

LEON                  - Prego? (interdetto)

YENCHNA                 - (Tira su dal cesto un fiore bianco) Se è troppo, posso darle un pesce bianco ad un rublo solamente. (Leon fa cenno di acconsentire, Yenchna avvolge il fiore nella carta, Leon paga)

LEON                  - (al pubblico) Può darsi che il dialetto sia leggermente diverso in questa zona della Russia. (ritornando a rivolgersi ai tre) Sono entusiasta di cominciare il mio nuovo lavoro. Potreste essere così gentili da indicarmi la direzione per la casa del Dottor Zubritsky? (tutti e tre indicano in direzione opposta) Grazie! Prenderò una di queste direzioni. È stato un piacere conoscervi. (entra Snetsky il pastore) Oh, è di nuovo lei. Salve. Avete trovato le pecore?

SNETSKY           - Non ancora. (Leon esce, Snetsky rivolgendosi ai tre) Chi era quello?

MISHKIN             - Il nuovo insegnante.

SNETSKY           - Un altro? Ne ho incontrato uno giusto pochi minuti fa. Ci deve essere un congresso.

YENCHNA          - Il Conte Yousekevitch, lì sulla collina, non sarà felice a questo proposito.

SLOVITCH          - E’ vero. Al Conte Yousekevitch non piacciono i nuovi insegnanti.

SNETSKY           - Perché?

MISHKIN             - Ha paura che spezzeranno la maledizione.

SNETSKY           - Quale maledizione?

SLOVITCH          - Quella che ci ha resi stupidi fin dalla nascita.

SNETSKY           - Oh, quella maledizione!

MISHKIN             - Sì. Sono stupido da 51 anni e tu Snetsky?

SNETSKY           - Io sono fesso da 43 il prossimo luglio.

MISHKIN             - E tu, Slovitch?

SLOVITCH          - 41. E tu, Yenchna?

YENCHNA          - Ho appena svoltato l’angolo dei 26.

SLOVITCH          - mmmh… quell’angolo deve essere a circa 40 Km da qui. (escono tutti)

SCENA III

                                    La casa del dottor Zubritsky. Il dottore sta visitando il Magistrato Kupchin

MAGISTRATO   - (coprendosi un occhio) K… E… 5… L… S… A….  è giusto?

DOTTORE          - Non lo so, ma pulsa bene. (ascoltando il cuore del Magistrato) Sì, sì…. Ha un suono interessante.

MAGISTRATO   - Beh, ho una buona salute?

DOTTORE          - Ottima, perfetta salute! Vivrete fino a 80 anni.

MAGISTRATO   - Ma ne ho 79 ora…

DOTTORE          - Beh, avete un anno meraviglioso di fronte a voi.

MAGISTRATO   - (rivestendosi) Bene. Devo essere in forma. Sono un magistrato. La legge e l’ordine devono essere custoditi.

DOTTORE          - Volete la ricetta?

MAGISTRATO   - Per cosa?

DOTTORE          - Non so. A certa gente piace. Tenete, andate in farmacia.  Ritirate qualcosa che vi piace e prendetelo tre volte al giorno con un po’ d’acqua. Arrivederci, signore.

MAGISTRATO   - Quanto vi devo, dottore?

DOTTORE          - Oh, niente, lasciate perdere. Se un giorno riuscirò a frequentare la facoltà di medicina mi potrete mandare qualcosa.

MAGISTRATO   - Grazie! Arricederci. (entra Lenya esuberante ed emozionata)

LENYA                - Nikolai! Nikolai! È qui! Due minuti fa! È giovane. Sembra forte, determinato. Forse sarà lui, Nikolai! Forse sarà lui la nostra salvezza, finalmente.

DOTTORE          - Calmati, Lenya. Chi è arrivato? Chi sarà la nostra salvezza?

LENYA                - Il più nuovo… il nuovo… come si chiama? Loro vengono e loro… essi… quello che… avevano una volta ma ora non più.

DOTTORE          - Oh, Dio! Lo so. So cosa vuoi dire.

LENYA                - Loro hanno un posto, e poi tu vai in quel posto.

DOTTORE          - E loro ti indicano e dicono… e ti chiedono se tu… egli.

LENYA                - E se tu non rispondi dicono  “Perché non rispondi?”

DOTTORE          - Ed egli è fuori?

LENYA                - Sì, giù in strada.

DOTTORE          - Beh, mostramelo, Lenya. Mostramelo. E prego Dio che sia quello che libererà noi e tutta Kulyenchikev da questa atroce, da questa atroce… eh Dio, cos’è che ci hanno fatto?

LENYA                       - Lo so, lo so. So cosa vuoi dire. È qualcosa tipo male di iniezione.

DOTTORE          - Male di iniezione.

LENYA                - O frizione.

DOTTORE          - … frizione.

LENYA                - Qualcosa del genere.

DOTTORE          - Oppure qualcosa del genere. (bussano alla porta) Bussano alla porta.

LENYA                - Abbiamo una porta?

DOTTORE          - Sì, sì. Apri la porta. (Lenya spinge invece di tirare) Nell’altro modo, nell’altro modo. (Lenya apre. Leon resta sulla soglia)

LENYA                - Vuole entrare giovanotto?

LEON                  - Dottor Zubritsky? Signora Zubritsky? Sono felice di essere a Kulienchikev. Io sono Leon Stepenovitch Tolchinsky.

DOTTORE          - Così lei è il nuovo, il nuovo, il nuovo…

LEON                  - Sì, lo sono.

DOTTORE          - E’ lui, Lenya, il nuovo, il nuovo…

LENYA                - Ma  è così giovane per essere il… per essere il…

LEON                  - Beh, penso che scoprirete presto che io sono, modestia a parte  uno dei migliori giovani… beh, non voglio apparire immodesto.

DOTTORE          - No, prego. Sia immodesto. Noi amiamo l’immodestia.

LENYA                - Sia immodesto. Il migliore giovane che? Che?

LEON                  - Il miglior insegnante di tutta la Russia!

DOTTORE          - (emozionato) Un’insegnante! E’ un’insegnante! Il nuovo insegnante è qui.

LENYA                - Grazie al cielo il nuovo insegnante è qui.

LEON                  - Grazie. Grazie. Sono commosso di questa calda ed esagerata accoglienza.

DOTTORE          - Faccia pure come se fosse a casa sua, insegnante. Si levi la giacca, insegnante. Lenya, porta un tazza di tè all’insegnante. Si sieda, insegnante.

LENYA                - Gradisce del tè, insegnante? Oppure carta e penna, insegnante? Forse vorrebbe iniziare subito a insegnare, insegnante?

LEON                  - Nessuno è più impaziente di me. Signora Zubritsky, questi sono per lei. (le porge i fiori)

LENYA                - Oh, pesce bianco! L’ho visto in vendita oggi. Grazie. (Lenya prende i fiori mentre Leon guarda sconcertato il pubblico)

DOTTORE          - In che modo posso esserle d’aiuto?

LEON                  - Beh, ci sono alcune domande che vorrei porvi subito.

DOTTORE          - Domande! Ecco cosa chiedono! Quando ti chiamano e tu non sai. Lui lo sa. Lui sa che domande sono. Posso dire con certezza che diventerà un ottimo insegnante.

LENYA                - Vorrebbe essere così gentile maestro Tolchinsky di… di farmi domande. Una qualsiasi domanda.

DOTTORE          - Significa così tanto per noi è da tempo che nessuno ci fa una buona domanda scolastica… prego! (si siedono tutti)

LEON                  - Beh, ci sono domande e domande, preferite una domanda matematica o una domanda inerente alla scienza o forse una domanda filosofica!?

DOTTORE          - La prima suona bene, la domanda filosofica. Chiedeteci quella.

LEON                  - Bene, cosa volete… Qual è lo scopo dell’esistenza umana?

DOTTORE          - Che domanda… Lenya, hai mai sentito una simile e così stupenda domanda?

LENYA                - Sono senza parole… pensare che qualcuno avrebbe fatto a noi una domanda come questa.

LEON                  - Vi interessa la risposta?

DOTTORE          - Non oggi, grazie! Una domanda come questa, una domanda come questa nell’arco della vita è più di quanto mi sia aspettato. La risposta dovrebbe darla qualcuno molto più valido di noi.

LEON                  - Ma è un vostro diritto, la conoscenza è il diritto di qualsiasi persona.

DOTTORE          - Qualsiasi persona che non è nata a Kulyenchikev.

LEON                  - Non capisco.

LENYA                - Capirebbe se sapesse del male di iniezione.

LEON                  - Male di iniezione?

DOTTORE          - Non di iniezione, di frizione.

LEON                  - Frizione!?

LENYA                - Vuole dire di azione?

LEON                  - Che tipo di azione?

DOTTORE          - Quel tipo che ha inflitto l’ira di Dio su tutte le nostre povere anime che hanno avuto la sfortuna di nascere in questo villaggio miserando.

LEON                  - Forse vuole dire una maledizione.

DOTTORE          - Maledizione! Ecco cos’è! Sapevo che era qualcosa del genere.

LENYA                - C’eravamo così vicini.

LEON                  - Di che maledizione sta parlando Dottor Zubritsky?

DOTTORE          - Lenya, chiudi la porta, tira le tende.

LENYA                - Non posso tirare le tende. Posso tirare un gatto o un pesce.

DOTTORE          - Non importa. Abbassa la voce.

LENYA                - (inclina le ginocchia e si piega) Va bene così abbassata.

DOTTORE          - Così va bene.  Prendi il libro, è sullo scaffale.

LENYA                - (va verso lo scaffale camminando con le ginocchia piegate, a Leon) Giovanotto, avete mai sentito parlare della maledizione di Kulyenchikev?

LEON                  - Non posso dirlo.

DOTTORE          - Non potete dirlo? Non è difficile, perfino Lenya può dirlo.

LENYA                - La maledizione di Kulyenchikev.

LEON                  - Cos’è questa maledizione dottore?

DOTTORE          - Duecento anni fa, il villaggio fu colpito da una maledizione che investì ogni uomo, donna, bambino e animali domestico, e che avrebbe incluso tutte le generazioni a venire, lasciando ognuno di loro, e questo potrà sembrarvi incredibile, con un’intelligenza non superiore a quella di un bitorzolo d’albero.

LEON                  - Non posso credere alle maledizioni. E poi chi avrebbe inflitto una punizione così crudele su di un villaggio così semplice e pacifico? (Lenya è tornata con il libro)

DOTTORE          - Chi è stato? È tutto documentato sul libro delle maledizioni. (soffia dalla copertina la polvere che finisce negli occhi di Leon, poi rivolgendosi a Lenya) Non avevi detto che avevi spolverato il libro?

LENYA                - Lo feci. L’ho spolverato di polvere proprio ieri.

DOTTORE          - (a Leon) Qui. Legga lei. La pagina è contrassegnata.

LEON                  - (apre il libro, la pagina è accartocciata e appiccicosa) E’ tutta appiccicata.

DOTTORE          - L’abbiamo contrassegnata con sciroppo di acero. Leggetela. (si siedono tutti)

LEON                  - (legge) “La mattina del 2 Aprile 1691, nel villaggio di Kulyenchikev, due giovani si innamorano perdutamente”.

LENYA                - Lo sapevo. Quando i giovani si innamorano, puoi stare certo che c’è una maledizione in arrivo.

LEON                  - Ma davvero avete già sentito questa storia?

DOTTORE          - Molte volte. Ma non l’abbiamo mai capita.

LENYA                - Che succede poi?

LEON                  - “Il ragazzo era un giovane molto bello, ma era un contadino ignorante di nome Casimir Yousekevitch. La ragazza era la figlia del cittadino più colto, Mikhail Zubritsky”

LENYA                - Zubritsky! Ho già sentito questo nome!

DOTTORE          - Io l’ho visto! Io l’ho visto! Su una porta d’ingresso da qualche parte in questo vicinato.

LEON                  - E’ la vostra porta d’ingresso. Il vostro nome è Zubritsky.

DOTTORE          - Aspetti un attimo! Questo vuol dire che il giovane della maledizione può avere una relazione… con la nostra porta d’ingresso? (lui e Lenya vanno verso la porta, la aprono e guardano)

LEON                  - (al pubblico) Sapete, ho dei rapporti con l’intelligenza… continuano: “Il nome della ragazza era Sophia Zubritsky” (al dottore) Posso chiedere il nome della sua giovane figlia?

DOTTORE          - Sophia. (il dottore e Lenya sono tornati e siedono su due sedie)

LEON                  - Sophia? Sophia Zubritsky! Lo stesso nome della ragazza della maledizione di 200 anni fa.

DOTTORE          - Non ci posso credere. A meno che nostra figlia non ci stia mentendo circa la sua vera età.

LEON                  - “La tragedia iniziò presto. Quando il colto padre di Sophia scoprì che il giovane Casimiro era ignorante, proibì a Sophia di rivederlo. Sei mesi più tardi Sophia sposò uno studente, e in quello stesso inverno Casimiro, turbato e disperato, si tolse la vita. Quando ebbe la notizia della morte del figlio, il padre di Casimiro, Vladimir Yousekevich…”

I ZUBRITSKY     - (scuotendo le sedie) Trema, trema, trema.

LEON                  - “Il padre di Casimiro, Vladimir Yousekeich”

I ZUBRITSKY     - Trema, trema, trema.

LEON                  - “Che faceva tremare le gente se solo udiva menzionare il suo nome…”

LENYA                - La prossima volta non lo nomini.

LEON                  - “Il padre di Casimiro, Vla…”

I ZUBRITSKY     - (scuotendo leggermente le sedie) Trem…

LEON                  - Be’, voi sapete chi, anche conosciuto come lo stregone per la sua abilità di conoscere i poteri del demonio stesso, mandò tutta la sua rabbia e la sua furia sul villaggio di Kulyenchikov”

DOTTORE          - Eccolo! Eccolo!

LEON                  - “Una maledizione! Una maledizione su tutti gli abitanti di Kulyenchikov – urlò – Possa la figlia di Mirkail Zubritsky, assassina del mio unico figlio, essere colpita dall’ignoranza che fu la causa della sua morte! Possa la stupidità inghiottire il suo cervello! Possa l’incompetenza incombere sulle sue facoltà!!!!! Possa il senso comune diventare comune. Possa la ragione diventare irragionevole! Possano i suoi figli essere anche loro maledetti! E possano tutti gli abitanti di Kulyenchikov nascere e morire nell’ignoranza, incapaci di lasciare il villaggio maledetto finché la mia vendetta non sarà finalmente soddisfatta”

LENYA                - Questo spiegherebbe perché il treno non ferma qui.

LEON                  - (al pubblico) Il mio impulso iniziale era il panico, anche il mio secondo impulso era il panico… educare è una cosa, spezzare sortilegi un’altra.

DOTTORE          - Scusate, va tutto bene maestro Tolchinsky?

LEON                  - Sì. Bene. Stavo solo pensando…

DOTTORE          - Lenya… stava pensando…

LENYA                - Stava pensando.

DOTTORE          - Cosa vuole dire esattamente?

LEON                  - Non sapete che cosa è il pensare?

DOTTORE          - No, e senz’altro neanche Lenya lo sa.

LEON                  - Pensare? Sono i pensieri che provengono dalla mente. È il processo che ci permette di prendere decisioni.

DOTTORE          - Decisioni? No. Non credo si esserne capace.

LEON                  - Ma senz’altro sapete ciò che volete.

LENYA                - Oh, Dio, sì. Vogliamo disperatamente che qualcuno ci aiuti. Non tanto per noi che abbiamo già vissuto le nostre vite, ma per nostra figlia, la dolce Sophia.

LEON                  - Avete sentito ciò che avete appena detto?!

LENYA                - No, non stavo ascoltando.

LEON                  - Era una decisione. Avete deciso di aiutare vostra figlia perché ci stavate pensando. Siete capaci di pensare. Voi pensate.

LENYA                - No, non credo. È venuto fuori così.

LEON                  - Certamente. È venuto fuori dal vostro cervello, dal centro dei pensieri. E se è possibile avere anche solo un minimo, infinitesimale, insignificante pensiero, è possibile poi trasformare questi pensieri in idee, e le idee in comprensione, e la comprensione in creatività, e, finalmente, l’intelligenza suprema!

DOTTORE          - Sarei capace di aprire i barattoli? Ho dei grossi problemi ad aprire barattoli.

LEON                  - (fra sé) Stai calmo, Leon, stai calmo… (al dottore) Pazienza! Spezzeremo la maledizione, ve lo prometto! Col semplice, quotidiano lavoro dell’educazione. Dobbiamo iniziare subito. Vorrei cominciare vedendo vostra figlia, Sophia.

DOTTORE          - Sophia?

LEON                  - Certo, se la maledizione è iniziata 200 anni fa con la giovane Sophia, forse la chiave per la risoluzione si trova proprio in sua figlia.

LEON                  - Non è qui. È su, nella sua camera. Dovremmo chiamarla.

DOTTORE          - Fai ciò che ti chiede l’insegnante.

LENYA                - Forse è a lezione di canto ora.

LEON                  - Prende lezioni di canto? Da chi?

LENYA                - Da un canarino. Fa il meglio che può.

DOTTORE          - Non insegna le parole, intendiamoci. Solo i motivi.

LEON                  - Capisco. La ragazza, signora. Per piacere.

DOTTORE          - (a Lenya) Ricordati, dolcezza, su per le scale e poi a sinistra. (Lenya esce. Il dottore rivolgendosi a Leon) Troverete che è una ragazza delicata e sensibile. Non come gli altri nel villaggio. Lei ha un sacco di interessi, è sempre occupata.

LEON                  - Occupata in cosa?

DOTTORE          - Oh, le piace interessarsi di  cose interessanti… come toccare le cose, il legno, la carta, il metallo. Le piace bere l’acqua. (Lenya ritornando)

LENYA                - Insegnante Tolchinsky. Posso presentare nostra figlia (guarda su un pezzo di carta per ricordarsi il nome della figlia) Sophia Irena Zubritsky. (Sophia entra) Sophia questo è in nuovo insegnante, Leon Tolchinsky,

LEON                  - Signorina Zubritsky! (si volta stupito verso il pubblico) E’ il mio respiro che è appena mancato? È una visione umana o sono io così attratto dal suo fascino? Non ho mai provato in cuor mio un simile eccitamento… controllati, Leon! Lei è la tua allieva, non l’oggetto dei tuoi sospinti sentimenti di passione (si rivolta verso di loro) Scusatemi.

DOTTORE          - Sai cosa stava facendo, Sophia? Pensava! Non è stupendo?

SOPHIA              - Sì, mamma.

DOTTORE          - Papà! Lei è la mamma e io sono il papà!

LEON                  - Si vuole sedere, Signorina Zubritsky? (si siede, il dottore abbracciando Lenya esclama “L’ha fatto, l’ha fatto”, poi si gira verso Leon)

DOTTORE          - Non si è seduta magnificamente?

LEON                  - Sì, molto brava. Adorabile. (verso Sophia) Signorina Zubritsky, posso chiamarla Sophia?

SOPHIA              - Sophia?

DOTTORE          - Dì  di sì, cara. Dì, “sì, puoi chiamarmi Sophia”

LEON                  - Per piacere, signora. Dobbiamo permettere alla ragazza di parlare da sola. (verso Sophia) Vorrei proprio essere tuo amico. Ti piacerebbe se ti chiamassi Sophia? (Sophia è sorpresa)

DOTTORE          - E’ molto tempo che non è sotto esame.

LEON                  - Penso che voglia dire qualcosa.

SOPHIA              - Sarei molto onorata se lei mi chiamasse Sophia.

DOTTORE          - Ci siamo!

LENYA                - Sono così orgogliosa. Così orgogliosa!

LEON                  - Prego. Le  fate perdere la concentrazione. (verso Sophia) Sono venuto da molto lontano per aiutarti nella tua educazione. Ho tutti i motivi per ritenere che, in circostanze ordinarie, avresti la capacità di essere una giovane donna con una intelligenza estremamente brillante. In qualche posto dentro di te esiste un intelletto che grida per essere ascoltato, e che ti dà un enorme potere per ragionare. Ma qualcuno ha annebbiato questa facoltà, ed è mia intenzione rimuovere questa nebbia in modo che la luce che una vola brillava in questi incredibili occhi verdi splenda nuovamente… Ma ho bisogno del tuo aiuto, Sophia. Vuoi darmelo?

SOPHIA              - Sì, potete chiamarmi Sophia.

DOTTORE          - L’ha detto di nuovo. Due volte di fila!

LEON                  -  (tra sé) Rilassati. Niente è facile nella vita. (verso Sophia) Volevo farti qualche domanda, dovendo iniziare la tua educazione, devo capire da che livello partire. Non ti esamino, sta tranquilla. Non vorrei che il tuo viso apparisse accigliato… beh, qual è il tuo colore preferito?

SOPHIA              - Il mio colore preferito?

LEON                  - Certo, è il rosso, o il blu o il verde? Qualsiasi colore. Qual è il tuo colore preferito?

SOPHIA              - Lo sapevo una volta.

LEON                  - Te lo chiederò ancora una volta, Sophia. QUAL’E’ IL TUO COLORE PREFERITO?

LENYA                - Perché è così duro con lei? Questa non è mica l’università!

SOPHIA              - Il mio colore preferito…

LEON                  - Sì.

SOPHIA              - E’ il giallo.

LEON                  - Giallo! Il colore preferito è il giallo! Perché, Sophia? Perché il tuo colore preferito è il giallo?

SOPHIA              - Perché non  si incolla alle dita.

LENYA                -  (al dottore) Credo che si sbagli. Credo che sia il verde che non si incolla alle dita.

LEON                  - Questa è una risposta molto interessante, Sophia. (tra sé) C’è una certa logica, in questa risposta. Il fatto che questa logica mi sfugga completamente non cambia il fatto che lei ha qualcosa nella mente. Sophia, ti farò una domanda semplice ora. Ti chiederò di esprimere un desiderio. Sai cos’è un desiderio?

SOPHIA              - Sì. Un desiderio è qualcosa che desideri che non si avveri.

LEON                  - Beh, forse possiamo cambiare tutto ciò. Se potessi esprimere un desiderio che si avverasse, qualsiasi cosa, cosa vorresti che fosse?

SOPHIA              - Cosa desidero?… desidero poter volare come un uccello… sorvolare palazzi e alberi… navigare nel vento ed essere portata via… oltre le montagne e i laghi… oltre le foreste e i fiumi… e incontrare la gente degli altri villaggi… per vedere come è il mondo…. Per conoscere ciò che non potrò mai sapere perché devo rimanere per sempre in questo posto.

LEON                  - Sophia, è il più bel desiderio che abbia mai udito. (ai Zubritsky)  Non capite cosa significa il suo desiderio? Volare come un uccello significa staccarsi dai legami che l’incatenano all’ignoranza. Lei vuole crescere, lei vuole la conoscenza! E con ogni fibra del mio essere, dal profondo della mia anima, raccoglierò tutta la mia forza e la mia pazienza per fare questa promessa. Io Leon Stepanovitch Tolchinsky, avvererò i desideri di Sophia Zubritsky.

SOPHIA              - Se puoi fare questo, insegnante, ti sarò debitrice… per sempre.

LEON                  - Mi commuove. Vostra figlia possiede un animo così dolce e un cuore così puro. Dobbiamo iniziare il più presto possibile. Non dobbiamo sprecare un altro istante. (a Sophia) Con che argomento iniziano gli studi, Sophia?

SOPHIA              - Vorrei cominciare con… le lingue?

LEON                  - Le lingue! Dovevo pensarci anch’io. E lingue saranno! Mia cara, dolce Sophia… e con quale lingua vorresti iniziare?

SOPHIA              - (pensa) Coniglio, credo.

LEON                  - Coniglio?

DOTTORE          - E’ un linguaggio difficile, quello del coniglio. È difficile per tutti parlarlo.

LENYA                - Sarebbe sufficiente imparare qualche frase, per iniziare.

SOPHIA              - Ho finito per oggi?

LEON                  - Sì.

SOPHIA              - Allora tornerò nella mia camera.

LENYA                - Guardate come sale le scale! Guardate! Da non credere! Sophia, fallo ancora.

LEON                  - Non è necessario. Si è già alzata dalla sedia.

SOPHIA              - A domani, insegnante.

LEON                  - In vita mia non ho mai tanto atteso una mattina come domani mattina.

SOPHIA              - Sei il più stupendo insegnante che io abbia mia visto. Prego che Kulyenchikev non ti porti alla disperazione… e che resterai per sempre qui. (esce)

LENYA                - Ha trovato la porta! Ha trovato la porta!

DOTTORE          - Non ho mai visto Sophia così radiosa… Lenya, stai pensando anche tu quello che sto pensando io?

LENYA                - Non sto pensando cosa sto pensando. Di che parli?

DOTTORE          - Credo che Sophia si sia presa una cotta per il nuovo insegnante.

LEON                  - Se ciò è vero, Dr. Zubritsky, quello che vedete è l’uomo più felice del pianeta, più felice dell’universo. Ditemi, ha qualche pretendente?

DOTTORE          - Pretendente?

LEON                  - Sì, qualche giovane disperatamente, innamorato di lei.

DOTTORE          - No, non parliamo di certe cose.

LEON                  - Perché no?

DOTTORE          - Non esiste. Non esiste nessuno, nemmeno lui.

LEON                  - Lui?

LENYA                - Non intende lui. Intende qualcun altro che non è lui.

LEON                  - Esiste qualcuno. Chi è? Devo saperlo. È d’importanza vitale.

DOTTORE          - Se le dico che era lui, mi deve promettere di non dire mai che fui io a dirle chi era lui.

LEON                  - Prometto.

DOTTORE          - Avete mai sentito nominare …. Il Conte Gregor di Kulyenchikov?

LEON                  - Non posso dirlo…

DOTTORE          - Non potete dirlo? Non è così difficile. Persino Lenya può dirlo.

LENYA                - Conte Gregor di…

LEON                  -  (seccato) Sì! Sì! lo posso dire! Chi è?

DOTTORE          - E’ uno di loro. Uno di quelli che ci ha maledetto.

LEON                  - Cioè… un Yousekevitch?

DOTTORE          - L’ultimo della stirpe.

LEON                  - Ditemi di lui e di Sophia.

DOTTORE          - Il conte le chiede due volte al giorno di sposarlo.

LEON                  - Due volte al giorno?

LENYA                - Alle 6 e ¼ al mattino e alle 7 e 20 alla sera.

DOTTORE          - A lui interessa solo la vendetta dei suoi antenati. Se una Zubritsky sposa una Yousekevicth, loro saranno soddisfatti e la sua maledizione sarà finita.

LEON                  - A Sophia interessa il conte?

DOTTORE          - Sophia lo ha rifiutato per molti anni, ma non può resistere ancora a lungo. La povera ragazza vuole dormire fino a tardi almeno una mattina.

LEON                  - Che tipo di uomo è il conte Gregor?

LENYA                - Sapete… uguale a noi.

LEON                  - Volete dire che anche lui è maledetto?

DOTTORE          - Vive ancora a Kulyenchikov. Non gli è permesso di andarsene.

LEON                  - Capisco. Il fatto di avere un rivale mi rende più determinato che mai a rompere la maledizione. Dio vi benedica per la fiducia che avete in me. Domani inizia l’educazione di Sophia Zubritsky. Nell’eccitazione ho dimenticato di chiedervi dove potrò esercitare.

DOTTORE          - Non vi preoccupate. Qui sarete comodi.

LEON                  - Certamente. A domani mattina.

LENYA                - Maestro Tolchinsky! Per piacere! Chiedetecelo ancora! Fateci una domanda. Ci fa sentire… importanti.

LEON                  - Sì, certamente. Qual è lo scopo dell’esistenza umana?

LENYA                - Mi sento soffocare. Non avrei dovuto chiederglielo.

DOTTORE          - Un momento! Credo… credo di saperlo. Credo di conoscere la risposta.

LEON                  - Lo scopo dell’esistenza umana?

LENYA                - Di che stai parlando?

DOTTORE          - Veramente. La prima volta che ho sentito la domanda non avevo capito bene. Ma ora ho sentito improvvisamente, qualcosa dentro. Conosco i miei limiti, certo, ma credo proprio di sapere la risposta… Oh mio Dio, e se non fosse giusto?

LEON                  - (eccitato) Ditemi, Dr. Zubritsky, ditemi quale pensate che sia la risposta.

DOTTORE          - Credo… dodici!

LEON                  - DODICI?

DOTTORE          - E’ sbagliato; lo capisco dal vostro viso. Quattordici?

LEON                  - Credo di non aver centrato il bersaglio.

DOTTORE                 - E’ meno di cento, questo lo so. Non sono così stupido. Ottantatrè… quarantasei..

LEON                  - (andando via) Ne parleremo quando tratteremo la filosofia. Non pensateci. Andate a dormire. Buona notte. A domani. (esce in strada e urla: “dodici??”)

LENYA                - Perché devi avere le risposte? Le domande non sono belle abbastanza?

LEON                  - (dalla strada) DODICI!

DOTTORE          - E se ne avessi avuto ragione? Potevo vendere la risposta. Avremmo potuto farci una fortuna. (escono entrambi, riappare Leon)

LEON                  - (al pubblico) Eccomi qua. Sto partendo, così ho pensato di salutarvi. Volevo restare qui per cercare di spezzare la maledizione, ma quando lui ha detto “dodici”, mi sono reso conto che era tempo di partire… Ora devo solo cercare di dimenticare Sophia. Devo dimenticarla!

VOCE DI SOPHIA – Insegnante?

LEON                  - Sophia? Dove sei? (Sophia appare al balcone)

SOPHIA              - Qui giù. Devo vederti ancora una volta.

LEON                  - Senza una sciarpa? L’aria è fredda di notte, prenderai un raffreddore.

SOPHIA              - No, non prendo mai raffreddori.

LEON                  - No?

SOPHIA              - Ci ho provato. Non ho mai imparato come fare.

LEON                  - Meglio così… certe cose sono inutili da imparare.

SOPHIA              - So che qualcosa che è successo molto tempo fa mi impedisce di sapere ciò che è successo molto tempo fa. Se solo tu mi conoscessi nel modo in cui potrei essere invece che nel modo in cui sono!

LEON                  - Ma se tu non fossi nel modo in cui sei, io non sarei venuto qui per aiutarti a diventare nel modo in cui potresti essere. (fra sé, rapidamente) Attento! Stai iniziando a pensare come lei!

SOPHIA              - Potresti… potresti mai amare qualcuno che non diventerà mai come potrebbe essere?

LEON                  - Potrei mai amare qualcuno che non diventerà mai… Ho capito cosa vuoi dire. Ho capito dove vuoi arrivare. Sì. Sì, potrei. Vorrei. Lo farò. Lo vorrò. Lo dovrò. Lo faccio. Lo so.

SOPHIA              - Stai parlando con il linguaggio del coniglio? È difficile da seguire?

LEON                  - Se ti sembra che io emetta suoni strani è perché tu mi emozioni, Sophia. Quando i pensieri provengono dal cuore, a volte camminano in mezzo alla lingua.

SOPHIA              - Allora starò attenta a dove cammino… Devo andare. Tutto dipende da domani.

LEON                  - E se non sarà domani, sarà dopo domani. E tutti i domani della mia vita, se sarà necessario.

SOPHIA              - No, dipende da domani. Se falliamo, non ci rivedremo mai più.

LEON                  - Non ci rivedremo più! Cosa vuoi dire?

SOPHIA              - Non so mai cosa voglio dire. Ho dei pensieri ma sembrano scomparire quando raggiungono le labbra.

LEON                  - Se raggiungessi le tue labbra non potrei mai scomparire.

SOPHIA              - Ti piacerebbe baciarmi?

LEON                  - Con tutto il mio cuore.

SOPHIA              - No, intendevo con le tue labbra.

LEON                  - Sì, è un’ottima proposta.

SOPHIA              - Salta su, presto! (Leon salta sul balcone)

LEON                  - Salto più veloce che posso. (Sophia scompare) Dove sei?

SOPHIA              - (appare di sotto) Quassù!

LEON                  - (al pubblico) Dopo un po’ di tempo scopri il trucco.

SOPHIA              - (riappare dal balcone) Sono qui.

LEON                  - Baciami, dolce Sophia. (si baciano)

SOPHIA              - Mentre ci baciamo sento una strana eccitazione nel mio cuore.

LEON                  - Anche io.

SOPHIA              - Anche tu senti una strana  eccitazione nel mio cuore? Come siamo simili… Eppure i tuoi capelli sono molto più corti… Devo andare… Sto per addormentarmi e voglio raggiungere in tempo il mio letto. (esce)

LEON                  - (al pubblico)  Conosco i pericoli che corro ad amare un’anima così semplice. Significherebbe una vita di dolce, beata passione… e conversazioni molto brevi a colazione. (si ode un tuono) Devo trovare un posto per la notte… (scende; secondo tuono)

SCENA QUATTRO

SNETSKY           - (entra in scena correndo) Siete stato voi?

LEON                  - Scusi?

SNETSKY           - Siete voi i responsabili di quel rumore infernale?

LEON                  - Certo che no. Era solo un tuono. È causato da una pressione atmosferica nel cielo.

SNETSKY           - Chiunque sia, renderà cattivo verso di noi il Conte Yousekevitch.

LEON                  - Il Conte Yousekevitch?

SNETSKY           - Vive da solo nella casa in cima alla collina. Ogni volta che sente qualcuno di noi fare quel rumore, si getta addosso l’acqua.

LEON                  - No, no, Snetsky. Quella è pioggia. Pioggia! (entra Yenchna. Ha dei fiori)

YENCHNA          - Ombrelli! Ombrelli in vendita! Comprateli prima che lui ci getti l’acqua.

LEON                  - Yenchna, nessuno vi getta l’acqua. Si tratta di pioggia che  scende dal cielo a causa della formazione di vapore condensato.

YENCHNA          - Forse potete raccontarlo a questi stupidi, ma io anni fa ero la supplente… ombrelli!… Ombrelli!

LEON                  - Qualcuno sa indicarmi un posto dove poter dormire? (entrano Slovitch e Mishkin)

SLOVITCH          - Che succede? Cosa è questo fracasso?

MISHKIN             - Lo sapevo. Lo sapevo che oggi ci avrebbe gettato l’acqua. Ogni volta che lavo la mucca, stai tranquillo che lui ci getta l’acqua.

LEON                  - Mishkin, per caso sapete indicarmi… (rintocchi di campane)

SLOVITCH          - Oh, oh. È l’ora in cui il conte Yousekevitch fa la sua proposta di matrimonio.

MISHKIN             - Questa potrebbe essere la volta buona. Un suo “sì” e potremmo ritornare tutti intelligenti.

LEON                  - E tu vorresti che Sophia lo sposasse?

SNETSKY           - Non finché lei non lo voglia, intendiamoci. Ma sarebbe carino ricordare il mio nome di battesimo.

LEON                  - Ma questo è un terribile sacrificio da chiedere a Sophia!

YENCHNA          - Che genere di sacrificio? Vivere in una bella casa in collina, mangiare gli amaretti ogni volta che ne ha voglia, lavarsi i denti con lo spazzolino tutte le mattine…

LEON                  - Ma lei lo ama?

SNETSKY           - Prego?

LEON                  - Lei ama il Conte?

SLOVITCH          - Noi non ne abbiamo.

LEON                  - Non ne avete cosa?

SLOVITCH          - Amore. Fa parte della maledizione.

LEON                  - Non capisco.

MISHKIN             - Lo sento arrivare. Fareste meglio ad andarvene, insegnante. Lui non vuol gente intorno. (Slovitch, Mishkin e Snetsky escono)

LEON                  - Yenchna! È vero che non esiste amore a Kulyenchikev?

YENCHNA          - Non saprei. Mio marito è andato via da quasi 14 anni.

LEON                  - Mi dispiace.

YENCHNA          - Già. È troppo tempo per essere un semplice ritardo. (esce)

LEON                  - Sto sudando freddo. L’idea di perdere Sophia mi atterrisce… cercherò di origliare. (si nasconde dietro ad un albero)

GREGOR           - (entra in scena portando una balalaika) Sophia! Dolce Sophia! Alzati, mia cara.. è l’ora della proposta di matrimonio!… Dorme! Forse un sassolino la sveglierà. (raccoglie e getta un sassolino sul balcone; si sente un rumore di vetri infranti. Esce il dottor Zubritsky in camicia da notte reggendo una candela)

DOTTORE          - Chi è stato?

GREGOR           - Sono io, il Conte Gregor Yousekevitch.

DOTTORE          - Buonasera. Signore. (s’inchina e batte la testa sulla ringhiera)

GREGOR           - Sono venuto per fare la proposta di matrimonio.

DOTTORE          - Beh, siete in ritardo. Sono già sposato da 26 anni.

LENYA                - Nikolai! Nikolai! (voce fuori scena)

DOTTORE          - Sono qui fuori, Lenya. Cosa vuoi? (entra Lenya con una candela)

LENYA                - Delle bende. I miei piedi sanguinano… con chi stai parlando?

GREGOR                  - Sono io, Signora Zubritsky. Il Conte Yousechevitch. Sono venuto per chiedere la mano di Sophia.

LENYA                - A che le serve la mano di Sophia? Le sue non sono sufficienti? Ora sto        Spegnendo la coperta. È in fiamme.

DOTTORE          - Dovevo accendere qualcosa… non trovavo la candela. (appare Sophia)

SOPHIA              - Che succede, papà?

DOTTORE         - Ti abbiamo svegliato, cara?

SOPHIA              - No, leggevo alla luce della coperta.

GREGOR           - Devo essere pazzo a sposare una di questa famiglia.

DOTTORE          - Il Conte Gregor vuole proporti di sposarlo, cara. Vada avanti, Conte.

GREGOR           - Potremmo restare soli?

DOTTORE          - No, no. Credo che anche Sophia dovrebbe ascoltare ciò che devo dire.

GREGOR           - Molto bene, vuoi sposarmi, Sophia?

LENYA                - Mio Dio, che romantico!

SOPHIA              - Mi dispiace, Conte Yousevitch, ma il matrimonio è un enorme passo da intraprendere e non voglio farlo mentre non ho l’intelligenza per rendermi conto di che tipo di passo sia. Buonanotte signore. Buonanotte mamma. Buonanotte papà.

LENYA                - Buonanotte. Quando sei stanca di leggere spegni la coperta.

GREGOR           - Non rinuncio facilmente. Sarò di ritorno domattina.

DOTTORE          - Buonanotte, vostra grazia.

LENYA                - Buonanotte, grazie. (si inchinano entrambi)

DOTTORE          - Attenta a ciò che fai!!!! Mi bruci con la candela!

GREGOR           - (tra sé) Averli come suoceri in una maledizione è peggio che la maledizione stessa.

LEON                  - Prego Dio che non  accada mai!

GREGOR           - Chi è là, chi è qui, vieni fuori!

LEON                  - Mi perdoni, signore, erO solo di passaggio. Mi posso presentare… io sono…

GREGOR           - So chi siete. Il nuovo insegnante che tenta in modo patetico di spezzare la maledizione di Kulyenchikov.

LEON                  - Sono appena stato testimone del vostro patetico tentativo di avere Sophia.

GREGOR           - Vedete, la maledizione si spezzerà se solo voi potrete educarla, e voi non potete… l’alternativa è che lei sposi me.

LEON                  - Apparentemente lei non vuole sposarvi. Perché non vi cercate un’altra ragazza?

GREGOR           - Perché Sophia è stupenda. Avete mai visto le altre ragazze in paese? Assomigliano a me!

LEON                  - Per essere un uomo così potente, possente,  avete un’insolita mancanza di auto-fiducia, mi dispiace per voi, signore. Buongiorno.

GREGOR           - Non buongiorno. Un giorno.

LEON                  - Prego?

GREGOR           - Non sapete che se allo scadere di un breve giorno non siete riuscito a farle ritrovare l’intelligenza dovete andare via dal nostro villaggio? Se rimarrete ancora un secondo oltre il tempo permesso sarete voi vittima della maledizione. (al pubblico) Adoro questa parte.

LEON                  - Non posso credere ad una simile assurdità. Minacciatemi pure non me ne andrò. Io amo Sophia Zubritsky!

GREGOR           - Amore? Non esiste amore qui. Fa parte della maledizione.

LEON                  - Intende dire che Sophia non può amarmi?

GREGOR           - Avete solo un giorno signore, per trovare la soluzione. Un solo giorno. Venticinque misere ore.

LEON                  - 24.

GREGOR           - Cosa?

LEON                  - Ci sono 24 ore in un giorno.

GREGOR           - Probabilmente si riferisce a febbraio. Vi confondete, buonanotte. (esce Gregor)

LEON                  - Sarà vero? Se non posso insegnare a Sophia a pensare in 24 ore, lei non potrà mai amarmi? (Sophia appare al balcone)

SOPHIA              - Leon!

LEON                  - Sophia! Sai bene?

SOPHIA              - Ti devo parlare. In qualche posto dove non ci vedano.

LEON                  - Dove vuoi tu.

SOPHIA              - Ci possiamo incontrare qui?

LEON                  - Sì, quando?

SOPHIA              - Ora!

LEON                  - Ora? Certo. Sono qui.

SOPHIA              - Vieni su, presto. Ho ascoltato la conversazione del Conte. (Leon salta sul balcone) Leon, io sono incapace d’imparare. Tu devi lasciare subito Kulyenchikov.

LEON                  - Mai senza di te.

SOPHIA              - Allora portami con te. Stanotte.

LEON                  - Ma la maledizione…

SOPHIA              - Non può essere spezzata. Però possiamo vivere nella palude mangiando bacche e radici ed io diventerò vecchia e brutta e più stupida ed ignorante e non potrò amarti mai… ma almeno saremo insieme.

LEON                  - Non è ciò che avevo in mente.

SOPHIA              - Allora siamo perduti.

LEON                  - No, no Sophia. Ti insegnerò. Spezzerò la maledizione. Domani, lo prometto.

SOPHIA              - Oh, Leon, vorrei amarti.

LEON                  - L o farai. Domani. Lo prometto.

SOPHIA              - Aspetta, ho paura.

LEON                  - Non avere paura, Sophia.

SOPHIA              - Se potessi conoscere il sentimento di amarti solo per un giorno sopporterei centinaia di anni di maledizione… Buonanotte, Leon. Dio ti benedica. (Sophia esce)

LEON                  -  (rivolto al pubblico) Lei non mi chiede di essere amata, ma di conoscere cosa significa dare il proprio amore ad una persona. Sono capitato in un posto speciale. Amo Yenchna, amo Snetsky, Mishkin e sì, persino il conte Yousekevitch. Tutti loro. Che Dio mi mandi la forza di spezzare la maledizione… e di saltare su e giù da questo balcone. (scendono dal balcone) Beh, speriamo che vada tutto per il meglio… (inizia ad uscire)

SOPHIA              - (riappare al balcone) Leon! Dimenticavo di dirti una cosa!

LEON                  - (affannato) Domani, Sophia! Non sopporterei altre notizie stasera. (esce tenendosi il petto)

FINE PRIMO ATTO


SECONDO ATTO

SCENA I

                             La piazza del paese al mattino presto, appare Snetsky sbadigliando, Slovitch.

SNETSKY           - Slovitch, nessuna novità?

SLOVITCH          - A che proposito?

SNETSKY           - A che proposito? A proposito della maledizione, maledizione!

SLOVITCH          - Che cosa dovrei sapere?

SNETSKY           - Guardiamo se c’è qualcosa sul giornale.

SLOVITCH          - Buona idea. È piovuto stanotte.

SNETSKY           - Dove c’è scritto?

SLOVITCH          - Lo sento. La carta è ancora umida.

SNETSKY           - Forse è stato il tuo cane. (entra Yenchna spingendo una mucca capovolta)

SLOVITCH          - Cosa è successo alla mucca?

YENCHNA          - E’ stanca. Le ho preso il latte fino dalle quattro del mattino.

SLOVITCH          - Capovolta?

YENCHNA          - Latte, latte fresco, bevetelo dal tappo… Latte fresco 2 copeki, direttamente dalla mammella. (esce, casa del Dottore. Appaiono lui e Lenya portando la candela)

DOTTORE          - Vieni. Preghiamo, Lenya. Prega per la liberazione. Nostro Signore, che sei nei cieli. Noi siamo a Kulyenchikev, e siamo nei casini. (sono inginocchiati di fronte al divano)

LENYA                - Noi siamo gente semplice, caro Signore.

DOTTORE          - Ma non siamo così semplici che non crediamo in te.

LENYA                - Perdona i nostri peccati, Signore.

DOTTORE          - Non sappiamo cosa facciamo perché non sappiamo cosa facciamo.

ENTRAMBI         - Dio ci benedica se stesso. Chiunque sia. Amen. (bussano alla porta)

DOTTORE          - Era la porta?

LENYA                - No, credo che era qualcuno che bussava.

DOTTORE          - Allora aprila. Aprila! Deve essere l’insegnante. Sophia! È l’ora! Sveglia datti una mossa! (a Lenya, poiché Lenya spinge la porta) Nell’altro mondo! Nell’altro mondo! (entra Leon affannosamente)

LEON                  - Sapete che ora è?

DOTTORE          - 6 meno 10?

LENYA                - 8 meno ¼.?

DOTTORE          - 9 meno ¼?

LENYA                - Non abbiamo l’orologio.

DOTTORE          - Scegliete un ora che vi piace. 10 e 20. 11 e 40. Quello che preferite.

LEON                  - Non capite. Il Conte mi ha detto che ho a disposizione solo 24 ore dal mio arrivo a Kulyenchikev per spezzare la maledizione. Sono arrivato ieri mattina alle 9 precise. Ora sono le 8. Quindi mi resta un’ora sola. Anche meno di un’ora! Ho appena sprecato un intero minuto per…….

DOTTORE          - Che peccato. Lo avete perso. Abbiamo finito le preghiere 2 minuti fa.

LEON                  - Chiami Sophia! Non possiamo perdere altro tempo. Presto, vi prego. (si odono dei passi)

DOTTORE          - Ascolti! Sento dei passi sulle scale. (entra Sophia)

SOPHIA              - Buongiorno, mamma. Buogiorno, papà. Buongiorno, insegnante.

DOTTORE          - Tutti e tre giusti!… Sarà un gran giorno oggi, lo sento!

LEON                  - E sei più bella che mai.

LENYA                - Dove ci sediamo?

LEON                  - Dottore, con tutto il dovuto rispetto, ho bisogno della massima concentrazione di Sophia questa mattina. Devo chiedervi di lasciare la stanza.

DOTTORE          - Faremo in modo che nessuno vi disturbi. (Lenya e il dottore si avviano verso la porta)

LENYA                - Arrivederci, mio angioletto.

DOTTORE          - Fai ciò che ti dice l’insegnante. Se avrà successo, insegnante, ci avvisi con un segnale, vada alla finestra e fischi tre volte a lungo poi faccia un fischio breve…

LENYA                - Seguito da sei fischi lunghi.

DOTTORE          - Se fallisce, fischi 7 volte con suoni brevi.

LENYA                - Seguiti da tre lunghi.

DOTTORE          - Se invece volete la colazione…

LEON                  - Volete per piacere uscire!! (li spinge gentilmente fuori) Sophia, la scorsa notte credevo che il compito fosse impossibile da realizzare. Sapevo che avrei fallito come gli altri prima di me, e che avrei dovuto lasciare Kulyenchikev… ma oggi, guardandoti negli occhi, capisco che non esiste più una vita senza di te. Perciò non dobbiamo pensare di fallire, non possiamo permetterci di disperare. Solo un miracolo ci può salvare, ma con grande sforzo supremo, dobbiamo far accadere questo miracolo.

SOPHIA              - Cos’è il miracolo?

LEON                  - Un miracolo è un desiderio di Dio. Tu sei un miracolo, Sophia.

SOPHIA              - Vuoi dire che Dio mi ha desiderato?

LEON                  - In uno dei suoi momenti più sublimi… Dobbiamo affrettarci, Sophia. (prende un libro) Questo è un libro di elementari nozioni matematiche. È usato per insegnare i principi aritmetici ai bambini molto piccoli.

SOPHIA              - Non credi che sia uno studio troppo avanzato per me?

LEON                  - Non credo, Sophia. Non possiamo andare ulteriormente indietro nel programma. Beh, iniziamo. (apre il libro alla prima pagina; un grande numero uno la riempie) L’Uno è la figura, il simbolo per una singola unità. Un dito, una Sophia, un Leon, un libro… Ora alzo un dito, Sophia. Poi ne alzo un secondo. Uno più uno fa due. Le dovresti ripetere per me, Sophia?

SOPHIA              - Quale parte?

LEON                  - Uno…

SOPHIA              - Uno…

LEON                  - Più uno…

SOPHIA              - Più uno.

LEON                  - Fa due!

SOPHIA              - Fa due!

LEON                  - Sì! Sì! Sì! Magnifico! Facciamo progressi. Lenti progressi, invisibili, progressi… sono molto, molto orgoglioso di te! Sei pronta per andare avanti?

SOPHIA              - Sì. Con la storia. Spero di impararla bene come la matematica.

LEON                  - Beh, veramente credo che non l’abbiamo imparata. Potrebbero ancora esserci problemi? Continuiamo. Uno più due fa tre.

SOPHIA              - Non avevo finito con uno più uno?

LEON                  - Sì, se ricordi la risposta.

SOPHIA              - La ricordavo prima. È necessario ricordarla di nuovo?

LEON                  -  Certamente è necessario ricordarla di nuovo. È necessario ricordarla per sempre.

SOPHIA              - Vuoi dire che mi chiederai per sempre quanto fa uno più uno?

LEON                  - No! Quando me lo dirai potremo andare avanti col programma. Possiamo studiare uno più due o uno più tre e così via. Ma se non ti ricordi quanto fa uno più uno, allora la risposta a uno più due è priva di significato.

SOPHIA              - Tu lo sai quanto fa uno più uno?

LEON                  - Certamente.

SOPHIA              - E allora perché devo saperlo io? Se tu provi affetto per me, mi dirai la risposta ogni qualvolta te lo chiederò.

LEON                  - Ma io non potrò essere sempre al tuo fianco. Tu devi sapere la risposta. Nel caso che altre persone te lo chiedano.

SOPHIA              - Nessuno qui ha mai fatto domande del genere. Anche se io gli dessi la risposta, non sarebbero in grado di sapere se è giusta o no.

LEON                  - Perché sono tutti ignoranti a causa della maledizione.

SOPHIA              - Ti stai arrabbiando con me. Quando non mi fai simili domande, mi dici sempre delle cose adorabili. Allora è questo essere intelligenti?

LEON                  - No, Sophia. È la frustrazione e l’impotenza che mi fa comportare in modo così duro. Perdonami. Ripartiamo dall’inizio. Uno più uno fa due. Ripeti.

SOPHIA              - Uno più uno fa due. Ripeti.

LEON                  - No! Non ripetere la parola “ripeti”. Ripeti solo la parola precedente a quando dico “ripeti”… ora osservami: uno più uno fa due. Ripeti!!

SOPHIA              - Come eri da bambino?

LEON                  - (arrabbiandosi) Come ero da bambino?

SOPHIA              - Stai urlando di nuovo.

LEON                  - Perdonami Sophia, mi stavo solo chiedendo perché mai ci hanno messo su questa terra e qual è lo scopo dell’esistenza umana.

SOPHIA              - Lo scopo dell’esistenza umana…

LEON                  - (urlando) Ne ho abbastanza! Sophia, devi smettere  di farmi domande. Il tempo a disposizione sta scadendo.

SOPHIA              - Beh, sto imparando bene?

LEON                  - Sophia, devi rispondere alle mie domande, non pensare a cosa vuoi che io ti risponda.

SOPHIA              - Allora imparerò solo quello che tu vuoi che io impari. Perché non posso imparare quello che voglio sapere?

LEON                  - Perché ciò che tu vuoi sapere non ha un valore pratico. Ciò che voglio insegnarti è un livello accettabile di conoscenza.

SOPHIA              - Sapere come eri da bambino non è un livello accettabile di conoscenza?

LEON                  - Certo che no. Non ha nessun significato.

SOPHIA              - Ma è più interessante di ciò che è significante.

LEON                  - Ma io non sto cercando di interessarti, sto cercando di educarti.

SOPHIA              - Ma se non riesci ad educarmi, non riuscirai mai ad interessare. Lo trovo molto significativo.

LEON                  - Non esiste nulla come la logica di una mente illogica. Riproviamo ancora una volta. (Lenya e il Dottore appaiono fuori della casa. Lenya sbircia dentro)

DOTTORE          - Credo che stiano parlando la lingua del coniglio, ora. (Slovitch esce dal negozio)

SLOVITCH          - Quanto tempo ci mettono? Non ho venduto una salsiccia in tutta la mattinata. (arriva Mishkin)

MISHKIN             - Buongiorno, dr. Zubritsky.

DOTTORE          - (a Lenya) Che succede? (Leon sta sbattendo la testa sul pavimento disperatamente)

LENYA                - Credo che le stia insegnando la ginnastica.

MISHKIN             - Dr. Zubritsky, ho una lettera urgente per l’insegnante.

DOTTORE          - Silenzio, prego. Questa è una zona scolastica. (arrivano Yenchna e Snetsky)

MISHKIN             - Ho un’importante lettera per lui. C’è scritto urgente, così ho sbagliato casa solo tre volte prima di arrivare qui.

DOTTORE          - Non vede che è occupato? Portategliela più tardi.

LENYA                - Non mi piace come sta andando, proprio non mi piace come sta andando.

DOTTORE          - Preghiamo. Preghiamo Dio che questo giovane ci liberi dal sortilegio… (Leon esce) Zitti! Zitti tutti! L’insegnante vuole parlare… Oh Dio, fa che sia la risposta alle nostre preghiere.

SNETSKY           - A-men!

LENYA e YENCHNA – A noi!

DOTTORE          - Mia figlia… è vuota oppure è…

LEON                  - E’ sempre la stessa… Mi rimangono pochi istanti e devo fare in fretta, perché più tardi potrei non avere più l’intelligenza per chiederlo. Vorrei la mano di sua figlia Sophia. La chiedo ora che la amo ancora. Nel giro di pochi minuti potrei non conoscere più il significato di questa parola. Quando l’orologio della chiesa suonerà le nove, spero che avrete una risposta per me. (torna indietro)

DOTTORE          - E’ un bravo giovane, educato. Molto ambizioso. Lenya, che ne pensi?

LENYA                - Se un uomo non riesce a spezzare una semplice maledizione, come potrà portare a casa la pagnotta?

MISHKIN             - E che ne dirà Trema?

DOTTORE          - Chi?

MISHKIN             - Trema, Trema. Sapete, là sulla collina. Quello che ci getta l’acqua.

SNETSKY           - Mishkin ha ragione. È la sua maledizione. Non permetterà mai questo matrimonio.

MISHKIN             - Aspetta! C’è una possibilità. Se uno straniero sposa una Kulyenchikevita prima che diventi come noi, è poi libero di portarla via di qua.

DOTTORE          - Non lo sapevo.

MISHKIN             - Fu aggiunto alla maledizione anni fa… per renderla più emozionante.

SLOVITCH          - Non rivedrete mai più vostra figlia, ma saprete che è felice e che diventerà ogni giorno più intelligente.

SNETSKY           - Oh, datelo. Dottore. Date a Sophia il vostro permesso.

YENCHNA          - Se non lo date a lei, datelo a me.

DOTTORE          - Non lo so. È una decisione, e io non posso prendere una decisione. Lasciamo fare a Dio. Lasciamo decidere a Dio. (si inginocchiano e pregano)

SOPHIA              - Che stai facendo, Leon? (Leon è seduto e pensa)

LEON                  - I miei ultimi pensieri. Gli ultimi momenti di ragione… Mi dispiace. Non posso aiutarti a volare oltre le montagne e i laghi, Sophia. Ma non ti lascerò. Rimarrò qui per sempre, non illuminato dalla luce della tua bellezza, ma coperto dall’oscurità della mia ignoranza… questa è la dimostrazione del mio amore per te.

SOPHIA              - Farei qualsiasi cosa per salvarti da questa calamità… qualsiasi cosa! (preludio di campane) Oh, scappa, Leon. Fuggi per la tua vita. Ci sono molte ragazze che tu potrai amare, in altri villaggi.

LEON                  - Ascoltami attentamente e ricordatelo per sempre. Ti amo con tutto il mio cuore. (le campane iniziano a suonare)

SNETSKY           - Ascoltate! La campana della chiesa! (campana)

SLOVITCH          - Il tempo è scaduto.

LEON                  - Salvalo, Sophia. Conserva nella memoria ciò che ho detto. (campana)

YENCHNA          - La sua ultima possibilità di sposarsi. Conosco quei momenti. (campana)

LENYA                - Dillo, marito. Dài loro il permesso di sposarsi. (campana)

LEON                  - Tutto l’amore che ti avrei dato nell’arco di una vita deve essere compreso in un istante finale. (campana)

LEON                  - Arrivederci, dolce Sophia. Non ti ho amato a lungo, ma ti ho amato molto. (campana)

DOTTORE          - Aspetterò per vedere che ora è. (campana)

LEON                  - Dite a tutti i Kulyenchikeviti che  io… (campana, Leon si blocca con uno sguardo ebete)

MAGISTRATO   - (dal balcone) Sono le nove e tutto va bene! (entrano tutti in casa)

DOTTORE          - Splendide notizie, insegnante Tolchinsky!

SOPHIA              - Mamma! Papà! Tutti! l’insegnante  deve dire qualcosa. Ascoltiamolo… Leon, non volevi dire qualcosa?

LEON                  - (stordito e confuso) Sì, ma tu hai detto a tutti di ascoltare. (il magistrato si unisce a loro)

YENCHNA          - Oh, oh!

SNETSKY           - Ha uno sguardo sul viso che mi è famigliare.

SLOVITCH          - E’ lo stesso che è sul tuo viso.

SOPHIA              - (a Leon) No, volevo dire che noi tutti avremmo ascoltato le cose che avevi da dire.

LEON                  - Oh, capisco… Grazie… ora come ora, non ho molto da dire.

SNETSKY           - Non esiste uno stupido più stupido di uno stupido nuovo.

DOTTORE          - Giovanotto, volete sposare ancora mia figlia?

LEON                  - Sposare vostra figlia! Oh, no, signore, mi rendete un grande onore!

YENCHNA          - Sapevo che non l’avrebbe fatto da quando comprò il pesce bianco da me.

MAGISTRATO   - Va bene, va bene, finiamola. Circolare, circolare. (Yenchna, Snetsky, Slovitch e il Magistrato escono)

MISHKIN             - Se volete la vostra lettera urgente, fatemelo sapere. Ora nulla è più urgente nella vostra vita. (rimette la lettera nella sacca ed esce)

LENYA                - Sophia, cara, va in giardino a piantare della verdura. Stasera mangiamo insalata. (esce)

DOTTORE          - Allora, giovanotto… quali sono i tuoi piani ora che tutti i piani sono andati in fumo?

LEON                  - Non ne sono sicuro. Questa assenza di pensieri non so dove mi condurrà.

DOTTORE          - Beh, potete tentare con la politica. Mi sembrate molto tagliato.

LEON                  - Oh, forse mi sono tagliato radendomi. Se mi darò alla politica dovrò stare più attento.

DOTTORE          - Il mio è solo un parere da dottore, ma quando sei sotto una maledizione, sei veramente sotto una maledizione. (a Sophia) Sophia, vorrei che più tardi andassi a letto a far fare una passeggiata al canarino. (esce)

LEON                  - Mi spiace, Sophia. Non stavamo facendo una lezione quando l’orologio ha suonato le nove? Cosa stavamo facendo?

SOPHIA              - Stavi dicendo che mi amavi e che dovevo conservarlo nei miei ricordi perché presto non mi avresti più amato. Non mi ami, adesso, Leon?

LEON                  - Amarti? Non sono più tanto sicuro di cosa significhi questa parola. Forse se mi baci. Vorresti baciarmi?

SOPHIA              - Con tutto il mio cuore.

LEON                  - No. Io intendevo con…

SOPHIA              - So cosa volevi dire. (si baciano ardentemente) Oh, Leon! Più sei ignorante e meglio mi baci!

LEON                  - E meglio bacio e più divento brillante! Oh, mia dolce, cara Sophia guardami! Guardami e dimmi  cosa vedi! (salta sul divano del dottore)

SOPHIA              - Vedo un grande amatore che sta sporcando il divano di mio padre.

LEON                  - No, Sophia. Stavi vedendo un uomo intelligente ispirato dall’amore. Non sono sotto la maledizione, Sophia. Sono ancora intelligente. Ho solo finito di essere stupido.

SOPHIA              - Hai finito di essere stupido?

LEON                  - Sì.

SOPHIA              - Non mi sembra una cosa molto intelligente.

LEON                  - Lo sarà; te lo prometto.

SOPHIA              - Ma la maledizione…

LEON                  - Non ha avuto effetto su di me. Eh, ammetto che ero un po’ preoccupato. Specialmente quando sono scoccate le nove. Ma quando ho visto che non era successo niente, mi sono improvvisamente reso conto… Puoi essere maledetto solo se permetti a te stesso di esserlo. La mancanza di intelligenza di Kulyenchikev è auto-inflitta, è una rinuncia al proprio essere, è una paura, un senso di colpa causato da un tirannico potere. Capisci quello che dico?

SOPHIA              - Tutto, tranne la spiegazione.

LEON                  - Se un genitore ti dice fin dal giorno della tua nascita che sei una bambina brutta, crescerai credendo di esserlo, sentendosi così una persona senza scopo. Dal giorno della tua nascita ti è stato detto che eravate tutti stupidi… Ora capisci?

SOPHIA              - Non bene come prima.

LEON                  - So che non serve a niente dirtelo. Devo mostrartelo. Quando mi sono reso conto di ciò, mi sono sentito ispirato. Ho ideato un piano che spezzerà questa maledizione…

SOPHIA              - In che cosa consiste?

LEON                  - Devi sposare Yousekevitch.

SOPHIA              - Stai ancora fingendo di essere stupido?

LEON                  - No, Sophia. Non intendo dire che devi sposare il Conte Gregor.

SOPHIA              - Oh, grazie al cielo. Mi  hai spaventato a morte.

LEON                  - Tu mi sposerai, Sophia. Diventerò un Yousekevitch. Capisci?

SOPHIA              - Non farmi più quella domanda.

LEON                  - Abbi fiducia in me, Sophia. Il matrimonio avrà luogo domani. Domani la maledizione sarà finita. Domani sarai intelligente, Sophia.

SOPHIA              - Per il momento potrei avere un altro bacio?

LEON                  - Certamente, mia cara. Ora devo realizzare il mio piano.

SOPHIA              - Sono così emozionata, Leon. Stanotte schiarirò la mia mente, da tutto il non senso per prepararmi alla nuova conoscenza che sta per arrivare.

LEON                  - (al pubblico) Il piano ha inizio. Devo trovare il Conte Yousekevitch. (Leon esce, entra il Conte Yousekevitch e rivolgendosi al pubblivo)

GREGOR           - Stava parlando di me? A voi piace l’insegnante, vero? Lui è meglio di me, non è così? Ammettiamolo… rinuncerei a tutta la mia ricchezza e al mio potere se solo potessi essere un eroe. Non dovrei indossare questo costume… il pubblico applaudirebbe le mie entrate. Voi non mi state neanche ascoltando, non è così? A voi importa solo che quei due ragazzi stiano insieme…. Spero che pioverà quando uscirete da questo teatro. (fa per uscire, Leon arriva di corsa)

LEON                  - Oh, buongiorno, Conte Yousekevitch. Vi ricordate di me? Qualcosa. Qualcosa Tolchinsky.

GREGOR           - (al pubblico) Ascoltate questo discorso. Cosa vuol dire, qualcosa?

LEON                  - Non ho potuto fare a meno di origliare la vostra conversazione. Vorrei farvi sapere che anche se ho perso la maggior parte della mia intelligenza…

GREGOR           - Tutta l’intelligenza.

LEON                  -…. Tutta l’intelligenza… possiedo ancora dei sentimenti. Mi addolora sapere che il fatto che voi non piacete a nessuno vi renda così infelice.

GREGOR           - E’ facile per te dire questo. Neanche a te piaccio,  vero?

LEON                  - Beh, non mi dispiacete.

GREGOR           - Ma vi piaccio?

LEON                  - No, non molto.

GREGOR           - Vedi!

LEON                  - Sapete perché? Non fate nulla per redimervi. Perché non lo fate?

GREGOR           - Non saprei. Suppongo perché ero predestinato così. Mio padre mi insegnò fin da bambino che se volevo mantenere il potere su questa gente, non avrei mai dovuto essere gentile con loro. Avrei dovuto solo spaventarli e farli tremare.

LEON                  - Le piaceva suo padre?

GREGOR           - Beh, era a posto, suppongo.

LEON                  - In realtà non vi piaceva, giusto?

GREGOR           - Non lo dite a nessuno. Quando avevo nove mesi cercai di scappare da casa.

LEON                  - Lo immaginavo! Beh, l’unico modo per farsi amare è compiere un gesto di redenzione. Non c’è qualcosa di buono che potreste fare per il villaggio?

GREGOR           - Tipo un barbecue?

LEON                         - Beh, potrebbe essere un inizio. Però stavo pensando a qualcosa più in grande stile. Come rompere la maledizione.

GREGOR           - Come posso farlo? Non sarà spezzata finché Sophia non mi sposa.

LEON                  - O sposa un altro Yousekevitch.

GREGOR           - Non esistono. Sono l’ultimo della stirpe.

LEON                  - Potreste però avere un figlio…

GREGOR           - Ma se non sono neanche sposato. Sarò un villico, ma non vado in giro  a spassarmela…  e forse questo è il motivo della mia infelicità.

LEON                  - Non è necessario essere sposati. Potete adottare un figlio.

GREGOR           - Adottare un figlio? Ma chi?

LEON                  - Io!

GREGOR           - Tu!

LEON                  - Sono scapolo, disponibile e pronto, non sono molto intelligente, ma lo sarò appena finirà il sortilegio.

GREGOR           - Ho sempre desiderato un figlio. Qualcuno da portare a pesca con me.

LEON                  - Non ho mai avuto un vero padre.

GREGOR           - Ragazzo mio, Leon. Ora ci sono io.

LEON                  - Va bene, papà.

GREGOR           - E poi la gente mi amerebbe, non credi?

LEON                  - Ti amano di già. Guarda i loro visi. Ti stanno sorridendo. Guarda. (indica il pubblico, Gregor guarda compiaciuto)

GREGOR           - (al pubblico) Sì, lo vedo! Oh, che Dio ti benedica. Non sai cosa significhi questo per me.

LEON                  - Be’, ora andiamo a firmare i moduli di adozione e poi avvisiamo la famiglia di Sophia. Sei pronto, papà?

GREGOR           - Lasciami osservarli ancora un po’ mentre mi sorridono. (al pubblico) grazie, grazie a tutti. Magari la settimana prossima possiamo cenare insieme… Nel frattempo, siete tutti invitati al matrimonio di mio figlio! (a Leon uscendo) Per  prima cosa ti farò lucidare le scarpe.

                                    (escono. Volano decorazioni matrimoniali mentre si sente una musica allegra e “luminosa”. Snetsky, Slovitch, Mishkin e Yenchna entrano ballando, i vestiti “tirati a lucido”. Gregor e Lenya arrivano dalla parte opposta, la musica si trasforma “tipo processione”)

SCENA II

MISHKIN             - Non è stupenda la signora Zubritsky?

YENCHNA          - Non è di cattivo augurio per la madre della sposa vedere il postino prima del matrimonio? (Mishkin si nasconde dietro Yenchna)

SNETSKY           - Finalmente Slovitch, dopo 200 anni la maledizione sarà spezzata.

SLOVITCH          - Ho appena avuto un pensiero atroce.

SNETSKY           - Quale?

SLOVITCH          - Supponi che si riesca a rompere la maledizione, e supponi che io scopra che sono veramente così…!

LENYA                - Arrivano! Arrivano! Zitti tutti. Ho una torta di frutta nel ferro. (entra Leon)

LEON                  - (al pubblico) Ricordate, se sembro ancora stupido è perché faccio finta. Fa tutto parte del piano.

LENYA                - (a Gregor) Dovete essere orgoglioso di lui.

GREGOR           - E’ mio figlio da dieci minuti e non mi ha mai dato un dispiacere. (entrano il dottore e Sophia in abito da sposa)

MISHKIN             - Spero che si ricordi di darmi il suo nuovo indirizzo. (entra il Magistrato)

MAGISTRATO   - Siamo qui riuniti in questo giorno, cari amici, per essere testimoni dell’unione di due anime nel sacro vincolo del matrimonio. Ed è solo grazie alla volontà ed alla benevolenza del nostro caro amico Conte che questa benedetta unione si può realizzare.

TUTTI                  - Grazie, Conte.

MAGISTRATO   - Che lo sposo faccia un passo avanti.

GREGOR           - Sei tu mio caro. (Leon si avvicina)

MAGISTRATO   - E che la sposa faccia un passo avanti. (Sophia si incammina, ma Lenya la trattiene)

LENYA                - No, Sophia. La sposa! La sposa!

DOTTORE          - (a Lenya) Che ti succede? (spinge Sophia vicino a Leon)

SOPHIA              -Leon, il tuo piano è stato geniale.

LEON                  - Grazie, Sophia.

MAGISTRATO   - Chi accompagna all’altare la sposa?

DOTTORE          - Io accompagno questa sposa.

MAGISTRATO   - Perché accompagnate all’altare questa sposa?

DOTTORE          - Perché lei lo ha chiesto. E io ho dato l’assenso con un cenno del capo. E lui la sposa.

MAGISTRATO   - Vuoi tu Leon, figlio del Conte Gregor Mikhailovitch Breznafsky Fyeder Youse… (scuotendosi) Trema, Trema, Trema…

GREGOR           - No, no. Non oggi. Non dovete farlo oggi. È vacanza.

TUTTI                  - Eh, grazie… molto gentile… che pensiero…

MAGISTRATO   - Vuoi tu, Leon, prendere Sophia, per amarla e tenerla per l’eternità?

LEON                  - Lo faccio.

MAGISTRATO   - No, lo voglio.

LEON                  - Voi lo volete?

MAGISTRATO   - No, voi lo volete?

DOTTORE          - Lui vuole. Lo fa. Dillo.

LEON                  - Lui vuole, lo fa. L’ho detto.

DOTTORE          - Non dire quello che dico. Devi dire quello che dice lui.

LEON                  - Cosa ha detto lui?

GREGOR           - “Lo voglio”. Devi solo dire “lo voglio”.

LEON                  - Mio padre dice che lo voglio.

GREGOR           - Inizio ad odiare questa maledizione, lo giuro.

MAGISTRATO   - E vuoi tu Sophia, prendere Leon, in salute e in malattia, nel bene e nel male, finché morte non ti separi?

SOPHIA              - Lo voglio.

LENYA                - Con un cervello così avrebbe potuto sposare chiunque.

MAGISTRATO   - L’anello, prego.

GREGOR           - Eccolo. L’anello che  Youse…. Doveva dare alla giovane Sophia 200 anni fa. (dà a Leon un enorme anello)

LEON                  - Che cipollone!

MAGISTRATO   - Mettile l’anello al dito. (Leon ha enormi difficoltà nel farlo)

LENYA                - Non sarà un granché fare il lavavetri di casa.

MAGISTRATO   - Ripetete dopo di me, prego. “Con questo anello io ti sposo”.

TUTTI                  - Con questo anello io ti sposo.

MAGISTRATO   - Solo la sposa e lo sposo, grazie.

LEON E SOPHIA – Con questo anello, io ti sposo.

MAGISTRATO   - Prima che dichiari questa sacra unione, c’è qualcuno fra di voi che abbia dei validi motivi per cui Leon e Sophia non debbano unirsi nell’eterno vincolo del matrimonio?…. Allora con il potere investitore in qualità di Primo Magistrato del villaggio di Kulyenchekev, vi dichiaro…

GREGOR           - (facendo un passo avanti) Beh, forse ci sarebbe un piccolo particolare.

MAGISTRATO   - Avete da obiettare a questo matrimonio?

GREGOR           - Potete scommetterci! Questo ragazzo non è mio figlio… Questo figlio non è il mio ragazzo!

LEON                  - Che stai dicendo, Papà!

GREGOR           - Credi veramente ch’io sia pazzo? Perché dovrei rinunciare ad una ragazza attraente come lei?

LEON                  - Ma il certificato di adozione…

GREGOR           - E’ falso. Ti sei così tanto fidato di me che non l’hai neanche letto. Qui ci sono i documenti per provarlo. Non ti ho adottato, ho divorziato da te! Come dicono questi documenti, non siamo padre e figlio, non siamo più moglie e marito.

LENYA                - Dio mio! Mia figlia quasi sposata ad un uomo divorziato. (sviene nelle braccia del dottore)

SOPHIA              - Leon, fa parte del piano?

LEON                  - No, Sophia. Mi dispiace.

GREGOR           - Non abbiate paura, cari amici. Posso anche essere un serpente velenoso e traditore, ma ho sempre un’etica. Il matrimonio si farà.

DOTTORE          - Mia figlia non sposerà un impostore.

GREGOR           - Un impostore, no. Ma uno Yousekevitch sì! Avete promesso la mano di vostra figlia ad uno Yousekevitch, caro dottore. E una promessa deve essere mantenuta.

MAGISTRATO   - Questa è la legge. Io stesso l’ho scritta.

DOTTORE          - E’ vero. E l’ho perfino votata.

GREGOR           - Ed io sono l’unico vero Yousekevitch qui.

SOPHIA              - Leon, non ti opponi a questo matrimonio?

LEON                  - Che posso fare, Sophia? Non ho speranze.

MAGISTRATO   - Andiamo, coraggio! Non posso stare tutto il giorno qui.

GREGOR           - Pronunci il matrimonio e la facciamo finita. C’è una camera d’albergo prenotata da 200 anni per questa luna di miele.

DOTTORE          - Mi dispiace, figlia mia. Con tutto il mio cuore, mi dispiace. (spinge Sophia accanto a Gregor)

MAGISTRATO   - Siamo qui riuniti…

GREGOR           - Abbiamo già fatto quella parte. L’abbiamo sentita. Io voglio. Chiedetelo a lei.

MAGISTRATO   - E vuoi tu Sophia, prendere il Conte Gregor, finché morte non vi separi?

LENYA                - Dillo, cara. Sarai ricca e intelligente. È meglio che essere felici.

SOPHIA              - Addio, Leon… addio. Lo voglio.

MAGISTRATO   - Allora con il potere investitomi in qualità di Primo Magistrato del villaggio di Kulyenchikev…

LEON                  - Non avete detto l’altra parte.

MAGISTRATO   - Quale altra parte?

LEON                  - La parte se… esiste qualcuno che obietta, e io obietto.

GREGOR           - Come, come?

MAGISTRATO   - E per quale motivo?

LEON                  - Perché non ho ancora ricevuto la mia lettera urgente.

GREGOR           - Che razza di motivo è?

MISHKIN             - E’ una lettera urgente per l’insegnante.

LEON                  - Per me? E chi mai sarà?

GREGOR           - Terminate la cerimonia, mentre lui legge la lettera.

MAGISTRATO   - Non posso. È contro la legge.

DOTTORE          - E’ vero. Io l’ho perfino firmato. (Leon prende la lettera, si siede e la legge. Tutti tranne Gregor si mettono intorno a lui e ascoltano)

LEON                  - Ho paura che siano cattive notizie. Mio zio, il mio unico parente rimasto, è appena morto a St. Petersbug lasciandomi solo i suoi debiti. Prima di morire ha detto che la colpa delle sue disgrazie era dei suoi parenti lontani, egoisti e vendicativi; e che neanche cambiando il suo cognome in Tolchinsky gli era servito a sfuggire alla infausta mano del destino.

DOTTORE          - Quale era il suo nome prima di cambiarlo in Tolchinsky?

LEON                  -Yousekevitch!

YENCHNA          - Oh, oh!

GREGOR           - I parenti lontani ti ossessionano sempre e comunque!

SOPHIA              - Leon! Ti rendi conto di che cosa significa?

LEON                  - No, cosa?

DOTTORE          - Se ne renderà conto tra pochi minuti. Insegnante, riprendete il vostro posto accanto a mia figlia. Questa volta sposerà la persona giusta!

LEON                  - (al publico) Mi sono inventato tutto. Questa lettera è un conto della mia Università che dice che devo ancora pagare la retta dell’ultimo anno.

SNETSKY           - Presto, Leon, presto.

LEON                  - (al pubblico) Ho innestato una bomba nelle loro menti. Ora prego Dio… per l’esplosione! (corre di fianco a Sophia)

MAGISTRATO   - Si sbrighi. Tutti al loro posto. Non voglio passare il resto della mia vita sposando questa ragazza… Siamo tutti pronti?

TUTTI                  - Pronti!

MAGISTRATO   - Vuoi, tu, Leon…

LEON                  - Lo voglio.

MAGISTRATO   - E tu, Sophia…

SOPHIA              - Lo voglio.

MAGISTRATO   - Se esiste qualcuno che obbietta…

TUTTI                  - Nessuna obiezione!

MAGISTRATO   - E uno… e due… e tre… Aggiudicato! Vi dichiaro marito e moglie! (tuono. Il palcoscenico diventa prima buio poi si illumina. Tutti cadono a terra tranne Leon che li osserva)

SNETSKY           - Non ho mai sentito un simile rumore in vita mia!

SLOVITCH          - Mi sento come se mi avessero aperto il cranio in due. (lui e Snetsky si guardano) Ho paura di chiederlo.

SNETSKY           - Vai avanti. Chiedilo.

SLOVITCH          - Ma… e se sbagliassi?

SNETSKY           - E se invece avessi ragione?… Chiedilo!…Chiedilo!…

SLOVITCH          - Gatto?

SNETSKY           - Gatto. G-A-T-T-O!

SLOVITCH          - Oh mio Dio, è un miracolo!

SNETSKY           - Miracolo. M-I-R-A-C-O-L-O.! Miracolo!

MISHKIN             - Yenchna… Quanto fa 7+5?

YENCHNA          - Dodici.

MISHKIN             - Più dodici?

YENCHNA          - 24.

MISHKIN             - Più 48?

YENCHNA          - 72!… Dimmi il nome di 5 capitali.

MISHKIN             - Atene, Cairo, Londra, Roma e… (si blocca)

LEON                  - Lo sai! Coraggio!

MISHKIN             - Parigi! (tutti ridono)

  MAGISTRATO    - La misericordia è salva. È scesa dal cielo come la pioggia gentile. (Slovitch e Snetsky si rialzano)

SLOVITCH          - E’ stupendo! Le avete dette voi queste parole?

MAGISTRATO   - Penso di sì. Chi altro avrebbe potuto dirle?

LENYA                - Nikolai! Mi sento strana. Ho le ginocchia deboli. Mi gira la testa. (il dottore la aiuta ad alzarsi)

  DOTTORE          - Non ti preoccupare, cara. È solo il sangue che pulsa per l’emozione. A volte può causare ipersecrezioni di adrenalina e quindi un improvviso afflusso di sangue al cervello.

  LEON                  - Io… io non sapevo che eri un dottore così brillante.

  DOTTORE          - Sono solo un dottore di medio livello. Mi preoccupo per te perché… Ti amo, cara.

  LENYA                - Ed io amo te, Nikolai. Anche quando non potevo dirlo, in cuor mio sapevo di amarti.

  SOPHIA              - Leon, sei ancora come eri prima che io diventassi come sono?

  LEON                  - Sono più di quanto sia mai stato e di quanto abbia mai sognato di poter essere.

  SOPHIA              - Ti amo, Leon.

  LEON                  - Ti amo, Sophia.

  GREGOR            - E’ quindi finita? Volete dire che la maledizione è finita?

  DOTTORE          - Si guardi,  Conte Gregor.

  YENCHNA          - Terre! Avrei dovuto investire il mio denaro in terre! Non puoi mai andare a bagno se hai un patrimonio in tenute e proprietà! (Snetsky e Slovitche escono)

  MISHKIN             - Naturalmente dipende dalla situazione politica. Con l’attuale governo dello Zar, la riforma sulle proprietà terriere è difficilmente attuabile. (Yenchna e Miskyn escono)

  GREGOR            - Che conversazione brillante. Tutto il mio potere su di loro è svanito.

  DOTTORE          - Il potere è un’arma inutile contro menti illuminate, Conte Gregor. Qui siamo cittadini tutti uguali.

  LENYA                - Forse gli uomini sono cittadini tutti uguali. Le donne sono stato sottomesse a lungo prima che esistesse qualsiasi maledizione.

  DOTTORE          - Lenya, sai che ti amo, ma credo che il tuo sia un punto di vista estremamente radicale. (Lenya e il dottore escono)

  SOPHIA              - E’ stata la tua fede, il tuo coraggio a sconfiggere l’ignoranza.

  LEON                  - No, è stato il tuo cuore puro e la tua anima fiduciosa che mi ha dato fede e coraggio. L’amore ha distrutto la maledizione, non sono stato i miei piccoli sforzi.

  SOPHIA              - Non voglio discutere la questione. Credo solo che dovresti lasciarmi lo spazio per esprimere i miei punti di vista.

  LEON                  - I tuoi pareri sono i benvenuti, Sophia, ma penso che dovresti conoscere bene tutti i fatti prima di essere così sicura. (Sophia esce)

  GREGOR            - Beh, il tuo desiderio si è avverato, insegnante.

  LEON                  - Proprio così… e voi, Conte. Quali sono i vostri progetti, ora che siete intelligente?

  GREGOR            - Grazie a te, probabilmente ora dovrò lavorare per vivere. Beh, cugino, i miei auguri. Ti auguro un matrimonio lungo e felice.

  LEON                  - Grazie!… e spero di augurarle la stessa fortuna!

  GREGOR            - No, per piacere! Sono già stato maledetto una volta nella mia vita, e penso che possa bastare. (esce)

  LEON                  - (al pubblico. Durante il discorso appaiono i vari attori quando sono nominati) Se ci pensate, dopo tutto non è una storia così bizzarra. Siate sinceri. Non avete mai incontrato in vita vostra qualcuno che veniva da un posto come Kulyenchikev? Una zia, un vicino, un passante… il vostro capo!… naturalmente, una volta spezzata la maledizione, il nostro diventò un villaggio simile a tanti altri sparsi nel mondo, suscettibile a tutti gli alti e i bassi della vita normale…. Beh, il Magistrato, per esempio. (entra il Magistrato) Dopo altri due anni in ufficio, fu sopraffatto dall’avidità e accettò varie bustarelle in cambio di favori politici. Andò in prigione e vendette le sue memorie guadagnando una fortuna. (entra Mishkin) Mishkin lasciò l’ufficio postale e diventò uno scrittore. Scrisse un romanzo di 600 pagine sulla maledizione di Kulyenchikev e lo mandò ad un editore. Sfortunatamente le poste persero il manoscritto. (entra Yenchna) Yenchna diventò una donna d’affari investendo in terreni; ora possiede 18 case di Kulyenchikev, compresa quella del Conte. Per ingrandirsi, comprò terreni in altre sei città che erano sotto una maledizione, non aveva molto cervello. (entra Slovitch) Slovitch aprì altre quattro macellerie in un villaggio dove ne bastava una sola, e fece bancarotta nel giro di un mese, confermando i suoi timori che, con e senza maledizione, non aveva molto cervello. (entra Snetsky) Snetsky, acquisita la sua nuova intelligenza trovò le sue pecore, raccolse la lana e diventò un ricco filantropo. (entra Gregor vestito da prete) Il Conte Yousekevitch diventò più buono, studiò teologia, e ora è il parroco del paese. Durante la siccità salì sulla collina e pregò Dio di gettare l’acqua su di noi. (entra Lenya) La mia cara suocera diventò la prima cittadina di Kulyenchikev e consulente del Governo dell’Ucraina del Nord. Suo marito la può vedere solo per appuntamento. (entra il dottore) Il dottor Zubritsky diventò uno dei migliori medici della Russia. Fu assunto dalla Famiglia Reale come medico personale e fu premiato alla Accademia delle Scienze. Tuttavia, ha ancora delle difficoltà nell’aprire i barattoli. (entra Sophia con un neonato in braccio) E Sophia…era, ed è, un miracolo. Abbiamo qualche divergenza, non tutte le nostre giornate sono felici, ma lei possiede una saggezza che non si trova neanche nei libri. È diventata la mia insegnante, ed io ho imparato che niente al mondo può distruggere un cuore puro, pieno di amore devoto. In quanto a me sono sempre un insegnante, e ho dedicato la mia vita all’educazione dei non–intelligenti e degli ignoranti…. Dopo tutto, esistono così tante Kulyenchikev in questo mondo.

SIPARIO

FINE