Forse è andata così… anche dopo

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FORSE E' ANDATA COSI'

FORSE E' ANDATA COSI'.......

ANCHE DOPO

recita natalizia in due atti

di

GIUSEPPE DIODATI

1990

PERSONAGGI

MARIA (la bambina)

MAMMA

DANIELE (ubriacone)

ANGELO

BENIAMINO (servo fannullone)

OSTE

REBECCA (avventrice)

GIULIO (pretoriano)

IBRAHIM (servo)

CALED (servo)

ARAL (cap. guardie di Erode)

1° SOLDATO

2° SOLDATO

GIUSEPPE

MARIA (la Madonna)

RE MAGI

ATTO PRIMO

All'apertura del sipario, ci ritroviamo in una stanzetta per bambini dove il letto è spostato su un lato per dare più spazio possibile ad un'azione scenica che rappresenterà quanto sarà poi raccontato dalla mamma di Maria.

Maria:         (Al pubblico) Salve! sono Maria. Vi ricordate di me? No? Ma come? Sono quella bambina che l'altra volta per addormentarsi si fece raccontare dalla mamma la storia di Giuseppe e Maria. I genitori di Gesù. La mamma è una brava narratrice ed io ne ho approfittato altre volte, così mi sono fatto raccotare altre storie. Anche stasera spero di stimolarla, e mi farò raccontare qualcosa. Ma eccola che sta venendo: ora mi metto a letto e faccio finta di niente. Mi raccomando voi, non fatevi sentire ma state a sentire. Se ci riesco, penso che anche stavolta ne vedremo delle belle, anzi ne immaginerò delle belle. Sssshhh.

Si mette a letto facendo finta di leggere un libro. Entra la mamma.

Mamma:    Questa è bella! Tu che stai leggendo, e forse anche studiando, e persino a letto.

Maria:        Ah, sei tu mamma? Si, cosa vuoi, devo ripassare la storia. Ho paura che domani la mia professoressa mi passerà al setaccio e se non ci esce un po' di farina, penso di potermi sognare la promozione.

Mamma:    La crusca... quella vi troverà la professoressa. Ma vedi se è questa l'ora più giusta per mettersi a studiare. Ma già con quello che hai combinato nel pomeriggio.....

Maria:        Proprio niente di diverso da quello di tutti i pomeriggi.

Mamma:    Giustappunto.

Maria:        Dopo pranzo ho fatto un pisolino.....

Mamma:    Dormivi come una marmotta e per svegliarti ho dovuto far squillare tre sveglie meccaniche e tre orologi elettronici, e in più ho dovuto aggiungere qualche decibel dello stereo e della radio....

Maria:        Come sei esagerata! Sembra che tu abbia dovuto svegliarmi da un coma profondo.

Mamma:    Quasi...

Maria:        Uffa! Poi, comunque, ho studiato...

Mamma:    Mezz'ora! Ti ho vista, sai, quando sei uscita con lo zainetto sulle spalle.

Maria:        Ma scusa, lo sai che avevo la lezione di nuoto.

Mamma:    Devi come minimo avere attraversato l'Oceano Atlantico, visto il tempo che ci hai messo a tornare.

Maria:        Uffa! Ma come sei lagnosa stasera, e lo fai apposta perchè sai che dopo dovevo far lezione di pianoforte.

Mamma:    Secondo me, visto il tempo impiegato, l'hai fatto più piano che forte.

Maria:        E poi... e poi mi aspettavano gli amici giù in piazza, mica posso essere presa per un'asociale.

Mamma:    E vada. Ma non pensi che così facendo, dedichi troppo tempo ai fronzoli e meno alle necessità?

Maria:        Spiegati meglio.

Mamma:    Vedi che ora sei costretta a ripetere la storia a quest'ora? Se avessi fatto solo la traversata dello stretto di Messina, e non dell'Oceano Atlantico, e se avessi fatto la lezione di musica a tempo di rock, e non a tempo di slow, e se avessi socializzato solo con alcuni e non con tutti e tremila ragazzi e ragazze che perennemente occupano il suolo pubblico della confluenza via Roma-Piazza Fontana, e senza pagare neanche la più piccola tassa per uso improprio del suolo stesso, ora staresti già a dormire tranquillamente, e con la coscienza senza rimorsi. E. invece, la visione infernale della professoressa che ti tortura e ti sevizia con mille domande e mille date, non ti da questa tranquillità e devi ancora studiare,

Maria:        Che predicozzo! Anzi che predicone. Tutto stasera ti è uscito?

Mamma:    Ma stai tranquilla che era preparato già da qualche tempo.

Maria:        Allora è meglio gettare via la maschera.

Mamma:    Hai ragione. Tanto già lo so che per il prossimo Carnevale non la userai e vorrai che te ne compri una nuova. E poi quella dell'anno scorso non mi piaceva per niente. Ma come ti venne in mente di vestirti da Zombie?

Maria:        Zombie?

Mamma:    Si, la tua vecchia maschera del Carnevale scorso. Non hai detto che volevi buttare la maschera?

Maria:        Ma che hai capito? Quello era un modo di dire. Come per dire: è meglio che io dica la verità.

Mamma:    E spiegati meglio, mi fai confondere:

Maria:        Ebbene, il libro è una scusa. Non è vero che domani devo essere interrogata. E' solo che io non avevo sonno ed ho fatto finta di leggere perchè sapevo che saresti venuta qui. Ma poi, vista la piega del predicozzo, è meglio essere sinceri.

Mamma:    Sarà meglio che non dormi il pomeriggio allora.

Maria:        Ma ora?

Mamma:    Ora? Ah! Ho capito. Non ricominciare come le altre sere perchè proprio non ho voglia di mettermi a raccontare cose su cose.

Maria:        Ma su, mamma. Tu sai raccontare le storie così bene che mi sembra di vederle come in un film.

Mamma:    Questo lo hai già detto l'altra volta.

Maria:        Ma perché è vero. E poi scusa, a proposito dell'altra volta, ti fermasti alla fuga in Egitto della Sacra Famiglia, ma come è andata non me lo hai mica raccontato. Su, fallo adesso.

Mamma:    Lo sapevo io che finiva così: sei così machiavellica che non ti si può dire di no. Forza allora: a deposito.

Maria:        Cosa?

Mamma:    A letto. Che c'è? Ti meravigli? Anche il nostro linguaggio si evolve e diventa più moderno. O solo voi avete il privilegio di farlo?

Maria:        Le mamme... queste mamme moderne... sempre piene di novità e di risorse. E va bene.. Adesso diamo il via  a questa....

Mamma:    Farsa!

Maria:        Farsa? E che cos'è?

Mamma:    Quella che facciamo io e te ogni tanto: una brutta commedia, mi prendi sempre in giro.

Maria:        Ma no, mamma... Su dai... incomincia.

Mamma:    E va bene! Dunque, Giuseppe e Maria, se ti ricordi bene, erano stati avvertiti dall' angelo di fuggire in Egitto per evitare le ire di Erode, e i Re Magi di non ripassare dal malvagio regnante perchè questi stava solo aspettando la giusta localizzazione del nuovo Re, per togliersi tutte le preoccupazioni e ucciderlo.

Maria:        Che crudeltà!

Mamma:    Devi sentire quello che ha combinato dopo. Dunque....

Con effetti di luci e di suoni entriamo nel racconto filtrato dalla fantasia della bambina: ci troviamo in un'atmosfera irreale che poco alla volta lascia intravedere una tipica osteria della zona attorno a Betlemme e dell'epoca di Erode. Un angelo si avvicina al pubblico e incomincia a dialogare, mentre l'oste è intento  a mettere ordine nella sua bettola e mentre un uomo, evidentemente ubriaco, siede in un angolo del locale col suo boccale davanti.

Angelo:      Salve! Io sono l'angelo che ha guidato tutta l'operazione per evitare guai alla Sacra Famiglia e rendere loro il viaggio più sicuro. Voi vi chiederete come mai un angelo frequenti un posto simile. La risposta è semplice: sono qui per servizio. Questa sera i Tre saranno sicuramente qui, e, altrettanto sicuramente, troveranno il modo di mettersi nei guai. E, come al solito, il sottoscritto dovrà sudare sette camicioni e consumare qualche aureola di più a furia di spremersi le meningi per metterci riparo. Speriamo solo che la buona gente di queste parti possa darmi una mano valida. Come vedete questo è un albergo: Oddio, non è proprio il Reggia Palace Hotel o il Jolly Hôtel, ma che volete, di questi tempi non si va tanto per il sottile: un tetto, un letto, qualcosa da mangiare e il cliente si accontenta facilmente. Come dite?... Le lenzuola?... No! Non ci sono, tanto non servono con questo caldo! Lo scaldabagno?...Non c'è; c'è un servo che col fuoco pensa a riscaldare l'acqua:. Ah! A proposito di servo, il nostro caro oste è capitato proprio male. Ha ereditato dal padre uno schiavo per servo d'osteria, che tutto ha tranne la buona volontà e la voglia di lavorare, e devo proprio dire che io non ne sono del tutto scontento, sono sicuro che questa qualità particolare mi sarà di grande aiuto. Ma non voglio anticiparvi niente per non togliervi il gusto di seguire da voi stessi quello che succederà. Ora vedete il padrone tutto intento a mettere a posto le sue anfore, anforette, boccali eccetera. E forse vi chiederete chi mai sia l'uomo che vedete lì seduto al tavolo in fondo. E' Daniele, un poveretto che non sa fare altro che affogare tutti i suoi rimpianti e rallegrare le sue poche gioie se non bevendo continuamente. Ed anche questo forse mi servirà! Ma ora basta. Sssshhh! (In disparte)

Oste:          (Chiamando fuori) Beniamino... dove ti sei cacciato? E' tutta la sera che ti si perde di vista facilmente. Ti avrò visto tra i tavoli si e no due mezze volte quest'oggi. Dove sei?... (Nessuna risposta) Non mi indisporre più e bada che incominciano a prudermi le mani... (Nessuna risposta)

Daniele:     Come al solito hic!... sarà di la disteso Hic!... dietro una balla di paglia hic!... a distendere tra le braccia di Morfeo la stanchezza accumulata hic!... in quelle due mezze volte che ha hic!... dovuto lavorare.

Oste:          Vuoi dire che, come al solito, sarà a poltrire?

Daniele:     Quasi hic!... Sarà sprofondato nel più hic!... bel sonno che possa hic!... fare.

Oste:          Non dire fregnacce. (Gridando) Bada Beniamino che se non vieni subito, ti faccio provare il mio nuovo bastone da passeggio... (Da fuori nessuna risposta)

Daniele:     Insisti hic!... Forse ti sognerà e allora può darsi hic!... che ti possa dare retta. (Da questo momento in poi i dialoghi di Daniele saranno riportati in maniera lineare, senza interruzioni, ma ricordarsi che il personaggio in tutta la recita è sempre ubriaco)

Oste:          Altroché! Quello non se lo sogna neanche di starmi a sentire. Ma adesso gli faccio vedere che gli combino a quello li. (Fa per uscire, ma poi si rende conto che la sala resterebbe senza controllo) Già, e se vado di la, chi resta di qua? Già se ne vedono pochi di clienti, va a finire che  se me ne vado di la e per avventura ne passa uno proprio in quel momento, perdo pure quel poco di guadagno che ne potrei avere. E io di guadagnare ne ho un grandissimo bisogno.

Daniele:     Hai ragione!

Rebecca:  (Entrando) Salve, oste! Ah! Sei qui Daniele? Sempre al tuo posto di lavoro, vero?

Daniele:     Non vorrei essere licenziato dall'oste.

Oste:          Allora puoi stare tranquillo. Un lavoratore come te per me è oro. Stai sicuro che a quel tavolo ci sarà sempre un posto di lavoro per te e uno dei miei migliori boccali come tuo strumento di lavoro.

Daniele:     Sono          commosso dalla tua fiducia e te ne ringrazio vivamente.

Oste:          Non c'è di che. Cara Rebecca, cosa ti posso servire?

Rebecca:  Il solito. Riempimi quest'otre di vino. Lo sai che mio marito non sa mangiare senza accompagnare il cibo con un po' del tuo veleno, e le nostre vigne quest'anno sono state come le vacche magre. hanno prodotto poco latte, latte rosso, per intenderci e a 12 gradi.

Oste:          Ti posso assicurare, comunque, che il mio è il miglior veleno della zona, questo almeno giustifica tuo marito, che, per questo, deve essere il più sofisticato ed il più esigente dei suicidi in quanto a veleni. Altrimenti non ti manderebbe qui.

Rebecca:  Si, si, sarà buono, ma sempre di veleno si tratta: gli effetti sono sempre gli stessi. Vero, Daniele?

Daniele:     Io non conosco veleni, ma solo nettare.

Oste:          Hai sentito? E Daniele si che se ne intende.

Rebecca:  Si, si va bene. Addio! (Riprende l'otre ed esce)

Oste:          Ecco la prova. Se vado di la e ne capita un'altra, io come farò? (Poi guardando intenzionalmente Daniele) Senti, Daniele...

Daniele:     Chi mi disturba dalle mie meditazioni?

Oste:          Sono io, l'oste. Senti me lo faresti un favore?

Daniele:     Un favore?... Devo lavorare?...

Oste:          No, no! Voglio dire. Te la sentiresti di dare uno sguardo all'osteria, mentre io vado di la a fare i conti con quell'idiota di Beniamino?

Daniele:     Sempre a fare i conti, voi osti!... Certamente che me la sento. Io posso dare uno sguardo a tutte le osterie del mondo.

Oste:          Ed anche a berne tutto il vino, di questo sono proprio sicuro. Comunque, allora, pensaci tu.

Daniele:     Stai tranquillo, che al tuo vino ci penso io. Non dubitare.

Oste:          Al mio vino? Non avrai per caso brutte intenzioni riguardo al mio vino, mentre sarò di la?

Daniele:     Brutte intenzioni? Mai! E come potrei avere brutte intenzioni sul tuo vino?

Oste:          Tu non me la conti giusta, ma voglio fidarmi. (Esce)

Angelo:      E difatti, Daniele non ha per niente brutte intenzioni riguardo al vino. E poi, è strano come in quello stato abbia le idee così chiare in proposito. Guardate come si comporta e cosa fa. E' proprio un simpaticone.

Intanto Daniele si è alzato e, dopo essersi reso conto che l'oste non lo poteva vedere, prende la caraffa e il boccale dal suo tavolo e li riempie col vino della grande anfora dell'oste. Poi, sentendo persone avvicinarsi, ritorna celermente al proprio posto, atteggiandosi a come se niente fosse successo. Subito dopo aver versato il vino esprime il suo apprezzamento:

Daniele:     Una volta tanto faccio i conti senza l'oste... Li faccio col suo vino e con la mia sete... Alla salute di Beniamino che, con la sua bontà e a sua insaputa, ha voluto farmi questo regalo.

Oste:          (Fuori campo) Eccoti qua, brutto bestione che non sei altro. Lo sapevo che ti avrei trovato qui e ora ti farò vedere con chi hai a che fare...

Beniamino:         (Fuori campo) No, padrone... non lo faccio più. Te lo giuro.

Oste:          (Fuori campo) Me lo giuri? Ma cosa pensi che possano valere i tuoi giuramenti?... Meno di una zanzara alla quale viene la brutta idea di pizzicarmi sulle cosce proprio quando io sto per abbassare una mano su quello stesso luogo. Insomma meno di niente.

Si sentono il rumore delle bastonate e le urla di Beniamino. Poi questo esce tutto pesto e con un occhio nero, rincorso dall'oste con un bastone in mano.

Oste:          Mai che ci si possa fidare di te. Basta che io giri gli occhi e tu scompari. E dove vai?... A dormire, sempre a dormire.

Beniamino:         Ma non è colpa mia... (Altra bastonata) Ahi!...

Oste:          E' forse mia, allora? Ma forse hai ragione: sono fin troppo tenero con te, e per questo sei così.

Beniamino:         No, non è questo! Io volevo dire...

Oste:          Silenzio! Non ci sono scuse per la tua condotta.

Beniamino:         Ma, te l'ho detto, non è colpa mia.

Oste:          E di chi, allora?

Beniamino:         Vedi, io vorrei restare sveglio, attento.. io... vorrei lavorare, essere attivo, fare sempre qualcosa, servire ai tavoli, accendere i fuochi, versare il vino, accudire i cavalli, pulire le stanze...

Daniele:     Basta! Mi stai facendo girare la testa... E allora perchè non lo fai?...

Oste:          Hai sentito? Perfino Daniele se lo chiede.

Beniamino:         E' che la mia inclinazione naturale non me lo permette. Ad un certo punto i miei occhi, così autonomamente e senza nessuna intenzione, senza nessuno sforzo di volontà da parte mia, si chiudono e restano serrati come le porte di casa quando si ha paura dei ladri. Una cosa davvero incredibile.

Oste:          Una cosa incredibile è la tua faccia tosta. Questa tua naturale inclinazione te la raddrizzo io con questo bastone, e vedrai che i tuoi occhi rimarranno aperti e spalancati come se in mezzo ci fossero dei pali. (Cerca di colpirlo)

Beniamino:         No, basta, ho capito. Cercherò di forzare la mia natura... spero di riuscirci.

Oste:          Meglio per te se ci riuscirai. E qui, Daniele, è andato tutto a  posto? Tutto senza problemi?

Daniele.     Puoi stare tranquillo... nessun problema. E poi meglio di come è andata, non poteva (Lo dice contemplando il boccale).

Oste:          Neanche tu me la conti giusta! Ti vedo troppo tranquillo e soddisfatto. Di' un po': non avrai mica bevuto dalla grande anfora?

Daniele:     Dalla grande anfora? Da quella?

Oste:          Si, quella. E quale se no?

Daniele:     Da quella proprio non ho bevuto... ho bevuto solo da questa piccola e dal boccale. Te lo posso anche giurare... ho bevuto

                   solo da qui.

Oste:          Meno male! E tu, Beniamino, mettiti all'opera. Incomincia a preparare la roba da mangiare. Vai di la e mettiti ai fornelli. Lo sai che questa è l'ora in cui comincia ad arrivare gente. e se non c'è niente di pronto, vanno via subito.

Beniamino:         Certo, certo... ci vado, ma... ahi! (Massaggiandosi la schiena)... Accidenti a te, potevi pure farne a meno di menarmi, ora mi è rimasto un grosso mal di schiena. Vedi? Non riesco neanche ad abbassarmi.

Oste:          Sforzati. Piegati sulle ginocchia.

Beniamino:         (Provandoci) Ahi! Neanche così ce la faccio. Ed ora come farò ad accendere il fuoco, ad attizzarlo per arrostire l'ariete... ahi!

Oste:          Non lo so. Fa come vuoi tu, ma fallo. Per questo sei qui, e questo devi fare. Io so soltanto che se anche solo per un momento ti venisse la bella idea di farti chiudere gli occhi e di addormentarti anche contro la tua volontà, come dici tu, io ci dovrò mettere un riparo. E penso proprio che la tua bella testa, dopo il lavoro che le farò con questo bastone, sarà ridotta in tante piccole parti, ma così piccole, che, al confronto, le formiche sono dei giganti.

Beniamino:         (Passandosi una mano sulla testa) Ahi!... Mi sembra già di sentire il dolore... (Da se) Mamma mia quanto è brutto, e che brutte idee gli vengono in mente... Ma intanto io come faccio? La schiena mi fa troppo male, e poi sono sicuro che mi addormenterò di nuovo e povera testa mia... (Si guarda intorno e poi fissa Daniele interessato) Toh! Guarda, guarda... (Gli si avvicina e all'orecchio sommessamente...) Ciao, Daniele!

Daniele:     (A voce normale, ma sempre ubriaco) Ciao, Beniamino, ma ci siamo già visti prima.

Beniamino:         Ssssh! Non farti sentire dall'oste... Vedo che hai ancora del vino. Spero che sia buono.

Daniele:     Buonissimo. Peccato che stia per finire e la mia sete invece sta aumentando.

Beniamino:         Bene!

Daniele:     Bene? Male vorrai dire, spero?

Beniamino:         Non farci caso. Senti. se te ne procuro io dell'altro, e di quello buono. Di quello, per capirci, che beve il nostro caro oste...

Daniele:     Quello della riserva speciale?

Beniamino:         Proprio quello! Tu mi faresti un favore?

Daniele:     Un favore? Ma certamente. Anche due, tre, quattro, sei favori. Ma non devo mica rubare qualcosa?

Beniamino:         No, stai tranquillo, non devi rubare proprio niente. Devi solo venire di la e badare al fuoco e alla cottura dei cibi, Io non mi sento tanto bene e spero che tu abbia voglia di aiutarmi.

Daniele:     Se è solo per questo, andiamo. Ma mi raccomando... il vino... che sia buono.

Beniamino:         Non ti preoccupare. Te l'ho promesso. (Al pubblico) Tanto, per quel che mi costa, posso anche dargli il vino più invecchiato e pregiato. (Alludendo all'oste) E' sempre lui che deve pagare: i suoi otri sono molti e sarà impossibile che se ne accorga. Almeno questo servizio  per me sarà gratis e sconterà così la mia bastonatura. Un'altra volta sarà più buono. (Esce con Daniele)

Oste:          (Seguendoli con lo sguardo) Ehi! Voi due, dove andate?

Daniele:     Non ti preoccupare: è tutto per il tuo bene.

Beniamino:         Ha detto che, poiché non ha niente da fare, mi darà volentieri una mano. Tanto non costa niente... (A parte) A me!... (Fuori)

Oste:          Coppia strana quella! Chissà che saranno capaci di combinare insieme. Uno è perennemente ubriaco, tanto da non riconoscere nemmeno sua moglie o sua madre, quando a una di queste salta in testa il ghiribizzo di venirselo a prendere per portarselo a casa. Cosa che accade molto di rado, perchè tenersi a casa un tipo simile non è poi una cosa tanto desiderata. L'altro, poi, è uno che si addormenta con una facilità tale da fare invidia al più ghiro dei ghiri di tutta la terra o all'orso più dormiglione nel suo periodo di letargo più avanzato. Speriamo che non mi facciano andare in fiamme l'osteria.

Angelo:      Visto che tipi? Ma anche i tipi più strani nelle mani giuste potranno dare buoni frutti, e ve ne accorgerete presto. Ma sta arrivando altra gente. Del resto, questa è un'osteria e la gente va e viene. (Si mette in disparte)

Giulio:        (E' un pretoriano romano) Ehi! Oste della malora.

Oste:          (Da se) Incominciamo bene! (A voce normale) Oh! Caro oplite, benvenuto nella mia modesta trattoria. Cosa posso servire? Caldo? Vino? Letto? Cibo?

Giulio:        Oplite? Ma vorrei sapere dove hai gli occhi. Guardami bene: io non sono un oplite.

Oste:          Ah no? E che cosa allora?

Giulio:        Io sono un pretoriano.

Oste:          Oh! Mi deve scusare, signor pretoriano. Ma sa per noi israeliani tutte le divise sono uguali: greca, persiana, egiziana, romana, da oplite, da centurione, da pretoriano, tutte uguali perchè tutte  straniere.

Giulio:        Straniere? Io dunque sarei uno straniero? Qui si dimentica facilmente chi comanda da queste parti: i veri padroni siamo noi qui.

Oste:          (Tra se) Mamma mia, si è offeso!... E adesso? (A Giulio) E' vero, è vero... me ne ero dimenticato. Ma comunque sono pronto a ricevere i suoi ordini. Io li eseguirò nella maniera più precisa. Vedrà non potrà proprio lamentarsi del servizio che riceverà. (Si asciuga il sudore)

Giulio:        Così va un tantino meglio, ma solo un tantino... non mi è perfettamente chiara la faccenda del servizio.

Oste:          Ma... il miglior servizio. Stia tranquillo!

Giulio:        Ah, beh! Mi sembrava una frase a doppio senso.

Oste:          Doppio senso? Non mi permetterei mai con lei. Mi creda.

Giulio:        Sei anche un furbone, oltre che prudente come una serpe. Ma comunque affidiamoci al tuo servizio. Senti, qui fuori ci sono in sosta tre cavalli...

Oste:          Li farò subito portare nella stalla...

Giulio:        Si, ma vacci piano e trattali bene. Sono cavalli della moglie di Quirino.

Oste:          Il governatore?

Giulio:        Proprio lui. Sono andato fino in Arabia per scegliere i più bei cavalli di uno dei migliori allevamenti... e capisci bene che ora che sono quasi alla fine del viaggio non posso rischiare che qualcuno mi faccia un brutto scherzo. La moglie di Quirino non scherza e ai suoi cavalli ci tiene.

Oste:          Le posso assicurare che è capitato nel posto più idoneo.

Giulio:        Allora, caro oste, da questo momento hai sotto la tua responsabilità quei tre nobili equini. Guarda che se capita loro la più piccola delle noie, dovrai fare i conti con la mia ira. Sia ben chiaro, niente di personale, ma io dovrò pure sfogare su qualcuno quello che poi la moglie di Quirino scaricherà su di me.

Oste:          Ed è veramente tremenda?

Giulio:        Una tempesta, oste, una tempesta. Ti sei mai trovato in una tempesta in mezzo al mare su una barchetta piccola?

Oste:          Mai!

Giulio:        Allora non puoi capirmi. Comunque se non vuoi scoprirlo adesso, ti consiglio di non far capitare niente ai cavalli.

Oste:          (Tra se) Quasi, quasi gli dico di andarsene. Ma se faccio così con tutti, qua non si intasca niente e non si campa bene. Facciamo uno sforzo e teniamocelo. ( A Giulio) Stai tranquillo. Non incorrerò nella tempesta. Del resto io non so neanche nuotare e non oserei mai espormi nell'acqua. Non succederà niente ai superbi campioni arabi. Ti assicuro un servizio perfetto.

Giulio:        Sento che siamo diventati vecchi amici. (Ironico)

Oste:          Oh, mi scusi!

Giulio:        Non fa nulla. Continua con questo "tu". L'importante è il servizio ai cavalli.

Oste:          Grazie, pretoriano. Ma ora vado di la a chiamare chi se ne deve interessare.

Giulio:        Con questi osti meglio andarci precisi e duri. Sono, in queste loro lerce trattorie, sempre in agguato, come rapaci in attesa del solito pollo da spennare vivo. Se non stai con gli occhi aperti. ti fanno un servizio coi fiocchi.

Angelo:      (Al pubblico) Ecco un altro elemento da tenere d'occhio: i cavalli. Anzi, credo che essi siano il fulcro di tutta l'azione, ma ecco l'oste e Beniamino. (In disparte)

Oste:          (Rientra con Beniamino tutto assonnato) Eccolo qua il più valente stalliere di tutta Israele.

Beniamino:         (Assonnato) Salve!

Giulio:        Questo? Ma dico, mi stai prendendo in giro? Quest'uomo non mi sembra tanto sveglio.

Oste:          Non sembra, ma lo è. Vero, Beniamino?

Beniamino:         A dire la verità, non proprio. Stavo giusto nel più bello dei sogni: dappertutto attorno a me piume, cuscini, materassi, lenzuola di seta e una donna che con l'arpa mi suonava una di quelle nenie che ai bambini conciliano il sonno. Un vero sogno da re vi dico... E questo qui mi viene a svegliare per accudire dei cavalli. Ma dico voi (A Giulio) proprio ora dovevate passare di qua?

Giulio:        Ma cosa sta dicendo quest'uomo?

Oste:          (Dando uno schiaffo a Beniamino) Ma non vedi che sta scherzando? A guardarlo certo non si direbbe, ma ti posso assicurare che è il miglior uomo che ho. (Al pubblico) E' l'unico... (A Giulio) e servizi ai cavalli come li fa lui, non li fa nessuno,  sono pronto a giurarlo su... (Si guarda in giro, poi si fissa su Beniamino)... lo giuro sulla sua testa. Ecco: che gli possano cadere tutti i capelli per domani se non sto dicendo la verità.

Beniamino:         (Tra se e toccandosi i capelli) Addio, miei fedeli compagni. Da domani non ci vedremo più.

Giulio:        E va bene, uomo! Ti affido i cavalli arabi della moglie di Quirino. Portali nella stalla, strigliali a dovere e rifocillali come si deve; mi raccomando, falli bere, perchè hanno sudato molto.

Oste:          Sarà fatto tutto a puntino. Ma vieni con me, voglio mostrarti le stalle, così starai tranquillo. (Esce con Giulio)

Beniamino:         Pure questa ci voleva. Ma  andiamo a prendere questi benedetti cavalli... (Al pubblico) Tanto per la fatica che mi costerà... Cercate di indovinare chi farà anche questo lavoro... Si! Proprio lui, Daniele. Così a me non costerà niente neanche questa volta. Gli otri del mio padrone sono pieni di vino, e sono talmente tanti, che, se ne mancherà ancora un po', non avrà neanche la possibilità di accorgersene. Però quel Daniele che fortuna sfacciata ha avuto a trovarsi qui proprio nel momento migliore per lui. Potrà bere quanto vuole e di quello veramente buono, senza acqua, di quello della riserva speciale e personale del mio padrone; e questa volta è proprio il caso di dirlo: non farà i conti con l'oste, proprio non li farà. (Esce)

Angelo:      Le mosse sono fatte! Ho tutto pronto perchè non succeda niente ai Tre. Ma continuiamo a vedere cosa succede. (E si pone in disparte)

Oste:          (Entra con Giulio)Come ha potuto vedere, la mia trattoria ha le stalle più accoglienti per i cavalli di tutte le razze.

Giulio:        E' vero! Ora mi sento più tranquillo e rinfrancato. (Si siede ad un tavolo) e posso starmene qui tranquillo ad aspettare che il lavoro sia fatto. Nell'attesa mi metterò un po' a giocare coi dadi.

Oste:          Ma lasci perdere quei maledetti arnesi. Invece perchè non prova il mio vino? Giuro che non ne rimarrà insoddisfatto: è il miglior vino della zona, per quello che costa poi...

Giulio:        In questa osteria sembra che tutto sia meglio che nei dintorni. Ma non fidiamoci delle chiacchiere... passiamo ai fatti e assaggiammo questo vino. Oste! Portamene un boccale.

Oste:          Vedrà, che non la deluderà. (Esegue)

Giulio:        (Beve) Buono! Veramente buono! Devo ammettere che è vero ciò che si afferma in questa osteria. Buone le stalle per i cavalli e buono anche il vino per i viandanti!

Oste:          (Soddisfatto) Lo sapevo, e sarà così anche coi cavalli, può stare tranquillo

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

Angelo:      Eppure dovrebbero essere già qui. Chissà che strada hanno preso... Chi?... Ma i Re Magi! Io li ho avvertiti di non andare da Erode, Ma, secondo le mie indicazioni avrebbero dovuto essere già qui a fare rifornimento. Ma forse hanno dovuto fare un giro più lungo.

Ibrahim:     (Entrando velocemente) Presto, oste, fammi preparare del pane, del vino e delle focacce, ma veloce...

Angelo:      Ah, eccoli qui! (Si pone da parte)

Oste:          Calmati, uomo. Ti ha forse morso una tarantola?

Giulio:        E poi mi sembra che manchi il saluto.  A te non sembra, uomo?

Ibrahim:     Salve, salve. Ma vorrei vedere voi se aveste, come me una mandria di tori infuriati alle calcagna e aveste addosso un vestito rosso:

Giulio:        Niente di più facile. Basta togliere il vestito e restare nudo. Così te la cavi di sicuro.

Ibrahim:     Si vede che non hai tante preoccupazioni tu.

Giulio:        Ma si può sapere chi ti insegue?

Ibrahim:     E non insegue solo me, ma anche i tre padroni e gli altri due servitori che sono con me.

Oste:          Attendi solo un po'. Vado di la ad ordinare al mio uomo quello che serve. Quando torno, però, mi racconterai tutto. Mi hai fatto nascere la curiosità. (Esce)

Subito dopo, da fuori scena, si odono rumori di bastonate, lamenti, voci e grida.

        

Oste:          (Fuori scena) Pezzo di sfaticato rincitrullito! Te l'avevo detto di non addormentarti.

Beniamino:         (Fuori scena) Ahi, padrone! Non mi bastonare Ahi!

Ibrahim:     Ma cosa succede di la?

Giulio:        Credo che l'oste stia svegliando gentilmente il suo servo.

Oste:          (Fuori scena) E non dovrei bastonarti? Ma lo vedi che il fuoco è spento? Voglio vedere come faremo adesso a tenere dietro alle ordinazioni. Tieni!...

Beniamino:         (Fuori scena) Ma ... Daniele...

Oste:          (Fuori scena) Daniele? E tu ti sei fidato di quello ubriacone? Ma allora sei pure imbecille. Tieni!...

Beniamino:         (Entrando, seguito dall'oste) Ahi!

Giulio:        Ehi! Ma questo non era lo stalliere?

Oste:          Eh? Ah, si!

Giulio:        E non dovrebbe essere adesso ad occuparsi dei miei cavalli?

Beniamino:         Oh, non si preoccupi. Ci sta qualcuno che se ne sta occupando in questo momento. Può stare tranquillo!

Oste:          (Tra se) E chi farà stare tranquillo me? Pure i cavalli della moglie del governatore in mano a quell'ubriacone! E chi ci salva più ora?

Beniamino:         Ecco perchè il fuoco era spento. Daniele ha messo tutta la sua attenzione e il suo zelo a curare i cavalli di questo bravo soldato:

Oste:          E allora tu potevi pensare alla cucina e al fuoco:

Beniamino:         E io infatti ci pensavo.

Oste:          Io direi meglio che lo stavi sognando.

Giulio:        Ma... insomma... i cavalli?

Oste:          C'è qualcuno che li accudisce con amore.... (Tra se) Lo spero proprio.

Giulio:        Meno male.

Ibrahim:     Insomma, si può avere quello che mi serve? O devo rivolgermi a un'altra trattoria?

Oste:          Mai! Questo non lo posso proprio permettere. La mia trattoria non si lascia per un'altra. Una volta messo il piede qua dentro sarà difficile che una borsa di denaro non si svuoti prima di uscirne.

Ibrahim:     Cosa?

Oste:          In parole povere, voglio dire che siamo comunque pronti a soddisfare le tue richieste.

Beniamino:         Ma il fuoco...

Oste:          Zitto tu! Non dargli retta, ho già messo un altro ai fornelli.

Beniamino:         Un altro? Ma se sono...

Oste:          (Interrompendolo) Ti ho detto di stare zitto! Ordina, ordina pure.

Ibrahim:     Finalmente! Dunque, mi serve pane, acqua, vino, carne affumicata e anche di montone arrostito. Il tutto per sei persone e per un periodo sufficiente ad arrivare in Persia. Fai tu stesso il calcolo delle quantità necessarie e pensa anche a mettere un poco di biada per i cavalli. Anzi nel calcolare l'acqua, considera anche gli animali.

Oste:          Caspita! (A Beniamino) E tu volevi farmi perdere questo guadagno?

Giulio:        Ma si può sapere chi vi insegue?

Beniamino:         Visto che sono persiani, deve essere qualche cane che odia i gatti.

Oste:          Adesso fai pure lo spiritoso? Pensa piuttosto a lavorare, scansafatiche che non sei altro.

Ibrahim:     Gatto lo sarei volentieri vista la quantità di topi di fogna come te che si aggirano da queste parti, per farmene una scorpacciata.

Oste:          (A Beniamino) Ben ti sta!  (A Ibrahim) Ma adesso non farci stare sulle spine. Raccontaci la tua storia.

Giulio:        Giusto! Perchè tutta questa fretta di arrivare in Persia?

Ibrahim:     Avete un grande curiosità da queste parti. Volete sapere tutto?

Gli altri:                (Insieme) Si!

Oste:                   (A Beniamino) Tu no. Tu vai subito di la a preparare, anzi, ad aiutare l'altro (Facendo un segno) a preparare tutto quello che è stato ordinato. E, mi raccomando, tutto deve essere pronto nel più breve tempo possibile. Corri, su!

Beniamino:         (A parte) E ti pareva! Sempre così. Proprio quando sei sul più bello... niente... te ne devi andare. Ora poi che c'era qualcosa che poteva almeno tentare di risvegliare una parte di me, se non altro la mia curiosità, mi tocca tornare ad annoiarmi da la, tra fuoco e fornelli. Una sfortuna nera. Ma meno male che c'è Daniele. (Si appresta ad uscire, ma viene fermato dall'oste)

Oste:                   Ah! E cerca di non metterci in mezzo quell'ubriacone di Daniele; sarebbe capace di combinarmene un'altra delle sue.

Beniamino:         (A parte) Sembra che abbia il potere di leggermi nel pensiero! (Esce)

Ibrahim:              Dunque! Il mi padrone è Gaspare.

Giulio:                 E chi sarebbe questo Gaspare?

Ibrahim:              Gaspare è un uomo fantastico! Ha una cultura e una sapienza che nessuno, nella sua regione, la Persia Orientale, può vantare. E' uno studioso. Conosce tutte le scienze possibili, dalla matematica all'astrologia e alla magia.

Oste:                   Allora è uno di quelli che vengono chiamati magi?

Ibrahim:              Ecco, proprio così. E' uno di essi.

Giulio:                 Si, va bene! Ma vai avanti. Che cosa vuol dire questo? Che ha fatto questo magio, questo Gaspare?

Ibrahim:              Dovete sapere che il mio padrone, tra le altre cose e scienze, si interessa anche delle sacre scritture e, in particolar modo, delle profezie.

Giulio:                 Questa è una cosa che tu, oste, mi devi spiegare meglio.

Oste:                   I profeti sono delle persone come te e come me, che però sono ispirati dal Signore e qualcuno ha anche previsto il futuro del popolo israeliano.

Giulio:                 Fesserie!

Ibrahim:              Fesserie? Allora la storia che sto per raccontarti è una fesseria che io ho visto tramutarsi in sostanza e realtà.

Giulio:                 Voglio proprio sentire.

Ibrahim:              Devi sapere allora che il mio padrone stava consultando delle vecchie pergamene che gli erano state procurate da alcuni suoi amici in un viaggio in Palestina, e che teneva da tempo in casa sotto un mucchio di polvere. Questi scritti parlavano di uno strano segno, uno strano fenomeno astrale. Ma la cosa ancora più strana fu che, proprio mentre stava leggendo di questo fatto....

Giulio:                 Successe qualcosa.

Oste:                   Ma perchè lo interrompi? Fallo parlare.

Ibrahim:              Ebbene, non mi crederete, ma fu proprio così. Alzò, come se fosse stato spinto da una forza misteriosa, la testa e gli occhi andarono improvvisi alla finestra. Una splendida cornice di marmo faceva risaltare ancora di più il chiarore strano di una notte blu punteggiata di un numero infinito di stelle...

Oste:                   Non ci fare il poeta. Vai al sodo.

Giulio:                 Stringi i tempi. Questo chiarore strano, che cosa era?

Ibrahim:              Una cosa stupenda, straordinaria!

Oste:                   Ma cosa? Una seconda luna? Una terza luna?

Ibrahim:              No! Era una stella.

Giulio:                 Ma se hai detto già che c'era un numero infinito di stelle.

Ibrahim:              Ma questa era bellissima, splendente come il sole e per di più con una grande scia come una magnifica coda.

Giulio:                 Una stella cometa?

Ibrahim:              Proprio così, una stella cometa.

Oste:                   Ma allora tu sei il servitore di uno di quei magi di cui si parla tanto in questo periodo? Uno di quelli che pare abbiano individuato la nascita di un nuovo Re.

Ibrahim:              Ssssh! Zitto non ti far sentire.

Giulio:                 Ma qui ci siamo solo noi. Chi vuoi che ci senta?

Ibrahim:              Questo è quello che credi tu. Ma sapessi quante pareti hanno le orecchie... e sono più grosse di quelle degli elefanti. Ci sono orecchie che sentono pur non essendo presenti. Ci vuol poco che qualcuno riferisca a chi non dovrebbe quello che stiamo dicendo.

Oste:                   Le pareti della mia osteria, comunque, sono sorde. Puoi stare tranquillo!

Ibrahim:              Il mio padrone fu così colpito dalla strana coincidenza tra la lettura degli scritti e l'apparizione della stella che concluse di essere al centro di una cosa eccezionale, e che quella stella doveva essere la sua guida per raggiungere la meta.

Giulio:                 Certo che è davvero una strana combinazione!

Ibrahim:              Nel mio padrone si formò proprio una fede. Qualcosa sicuramente era successo e quell'astro sembrava che facesse l'occhiolino per tirarselo dietro.

Oste:                   E allora che cosa fece?

Ibrahim:              La cosa più naturale. Mi chiamò e mi ordinò di preparare tutto per un viaggio. Io volli sapere per dove per calcolare la roba da portarci dietro. Ma la sua risposta mi lasciò un poco titubante.

Giulio:                 E cosa ti disse?

Ibrahim:              Mi disse di non sapere né per dove né per quanto tempo sarebbe durato il viaggio. Per cui dovetti preparare una carovana di roba e animali grandissima, pronta a tutto. Un fatica che non vi dico. Ma dopo appena tre giorni fummo in grado di partire. E vi giuro che con la roba che avevo preparato, avremmo potuto anche raggiungere gli inferi e tornare.

Oste:                   Identico al mio Beniamino!

Giulio:                 Lo stalliere?

Oste:                   Lo stalliere!

Giulio:                 Bene! Allora posso stare tranquillo: i miei cavalli stanno in buone mani.

Oste:                   Come quelle di questo servo. (Tra se) Magari!

Ibrahim:              La meta era abbastanza lontana e il viaggio fu movimentato.

Giulio:                 Andaste con i cammelli scommetto?

Ibrahim:              Anche.

Giulio:                 Per questo era movimentato. Quegli animali viaggiano come le navi: sembra che stai sempre tra le onde. Si abbassano, si alzano e così via. Un vero maremoto.

Ibrahim:              Ma il viaggio non è stato movimentato per questo.

Oste:                   Ah, no! E perchè?

Ibrahim:              Ma per gli incontri che facemmo. Prima una banda di ladroni, ma li facemmo scappare via con la coda tra le gambe. Poi perchè incontrammo altri due magi.

Oste:                   Che, ci scommetto, avevano visto la famosa stella, la cometa.

Ibrahim:              Bravo! Fu proprio così: erano Melchiorre e Baldassarre. Le loro carovane erano guidate da due miei colleghi: Caled e Jussud.

Giulio:                 Una bella compagnia per la strada.

Ibrahim:              Una bella compagnia davvero. Ma purtroppo tra tutti coloro che facevano parte della carovana, non ce n'era nessuno che potesse ritenersi una volpe.

Giulio:                 Una volpe? E a cosa sarebbe servita?

Ibrahim:              Ad essere più furbi di Erode.

Oste:                   Ssssh! Non nominarlo.

Giulio:                 Hai paura, oste?

Ibrahim:              E ne ha ragione. Vedete... ad un certo punto perdemmo di vista la stella e fummo costretti ad andare da lui, Erode. Speravamo che i sapienti di corte sapessero darci una mano, un'indicazione precisa per la nostra carovana.

Caled:                 (Entrando) Ma, Ibrahim, non ti sembra che stai perdendo molto

                   tempo? Lo sai che abbiamo fretta.

Oste:                   E chi sarebbe quest'altro?

Giulio:                 Già! Sembra che sia entrato in casa sua.

Ibrahim:              E' Caled, uno dei miei colleghi. Hai ragione, Caled, ma sto raccontando loro quello che ci è accaduto.

Oste:                   Allora anche lui fa parte della carovana?

Ibrahim:              Si!

Oste:                   Senti, uomo, c'è chi sta pensando a preparare quanto vi serve. Resta e facci sentire.

Ibrahim:              Ero arrivato alla scomparsa della stella.

Caled:        Fu un vero brutto presagio. Come se quell'astro avesse voluto darci un avvertimento.

Ibrahim:              Noi, invece, come tanti cretini, andammo a chiedere informazioni proprio da Erode.

Caled:                 Per la verità avemmo informazioni più precise, ma quello che non sospettavamo erano le vere intenzioni di Erode. Sembrava una persona estremamente gentile e premurosa.

Giulio:                 Da quello che sappiamo anche noi, una ragione forse doveva averla. Mettiti nelle vesti di Erode e forse lo capirai. Ma come, un re ti va a nascere nel tuo territorio e tu non ti sentiresti mancare il trono da sotto?

Ibrahim:              Sarà pure come dici tu. Ma quello che mi ha innervosito di più è stato il fatto che, per i suoi sporchi giochi politici, non si è fatto scrupolo di sfruttare la buona intenzione e la semplicità dei Magi, sapienti che con la politica hanno poco a che fare.

Oste:                   Sono punti di vista. Per la politica tutto è giustificato. Ma che successe dopo?

Caled:                 Successe che con la sua filosofia politica, il re ci fece avere le indicazioni necessarie, come ho già detto prima.

Oste:                   Comunque un sant'uomo il nostro Erode.

Caled:                 E poi lo sapete anche voi quello che ha fatto e che sta facendo ancora.

Giulio                  Ragioni di stato.

Ibrahim:              Ma tutto il sangue versato e che ancora sarà versato come lo giustifichi?

Giulio:                 Ehi! Vacci piano. Io non voglio dire che fa bene. Io dico solo che qualche motivo deve averlo per fare quello che fa.

Oste:                   Ma forse questo servo ha ragione. Uccidere dei bambini non è per niente giustificabile.

Ibrahim:              E pensare che tutto questo è successo perchè, per fortuna del bambino re...

Beniamino.         (Entra interrompendo) Il pane è pronto. Passate dal retro per ritirarvelo. Ma mi è costata una di quelle faticacce che solo il cielo lo sa. Ma dico, voi proprio qui dovevate fermarvi, per farmi lavorare come un asino attaccato alla macina di un torchio? Potevate fermarvi in un'altra osteria.

Oste:                   E tu mangeresti crusca e berresti l'acqua delle pozzanghere. Perchè, in questo caso, tu solo l'asino da macina saresti buono a fare. Possibile che la tua testa sia talmente dura da non riuscire a farti capire che il guadagno è strettamente collegato al lavoro? E che, quindi, se non si lavora non si guadagna, e se non si guadagna non si mangia?

Beniamino:         Sarà pure, te lo voglio concedere, padrone. Ammettiamo pure che sia come dici tu, ma tu hai fatto caso che se si lavora non si trova il tempo per dormire e quindi non si può riposare? E noi, io in modo particolare, dobbiamo pure in qualche modo seguire le nostre naturali inclinazioni, bisogna pure avere un poco di rispetto per la nostra natura. C'è chi (Indicando l'oste) è portato naturalmente al lavoro e al guadagno. Ma c'è anche chi (Indicando se stesso) è portato naturalmente al riposo e al sonno. Non c'è molto da fare: ognuno ha le sue doti naturali ed è peccato grave andare contro natura.

Oste:                  Se non te ne vai subito, ti faccio sentire io qualche cosa di naturale: un ramo d'albero bello, robusto, forzuto e nodoso su quella tua testa naturalmente piena di scemenze e cretinaggini. (Spingendolo fuori) Vai a preparare il resto.

Beniamino:         La solita bestia umana! Ecco perchè l'uomo non si potrà mai evolvere: è una bestia che non riesce a sentire e a seguire la sua vera vocazione. Le sue orecchie sono sorde ormai alla voce della natura e non si farà mai condurre da essa. Che stortura. Io, per esempio, sarei un ottimo modello di vita umana, un emblema, un , come si dice, ottimo elemento se mi facessero riposare e mi permettessero di seguire la mia naturale voglia di dormire. Ed invece, si accontentano di trasformarmi in un elemento negativo, parzialmente mediocre, un, come si dice, pessimo elemento, quando mi si costringe a lavorare. Ma solo i corti di cervello fanno così!

Oste:                   Ma sparisci! Qua se c'è qualcuno a corto di cervello, quello sei proprio tu, e se non ti sbrighi, quel poco di cervello che ti è rimasto te lo consumo a bastonate in testa. Via! (Beniamino esce)

Ibrahim:              Te lo sei scelto proprio bene il lavoratore.

Oste:                   E chi se lo è scelto. Io, quel servo, l'ho avuto in eredità da mio padre che aveva l'animo debole, e quello che hai visto è il risultato.

Giulio:                 Ma non perdiamoci in chiacchiere inutili. Continuate il vostro racconto.

Aral:                    (Capitano delle guardie di Erode, entrando violentemente) Oste, la sera sia propizia a te a ai tuoi clienti.

Oste:                   Grazie, capitano. La stessa cosa ti auguro io. Ma cosa ti ha spinto da queste parti?

Aral:           Erode. Quell'uomo deve essere impazzito!

Giulio:                 Ma tu non sei uno dei suoi soldati?

Aral:           Certo, romano.

Giulio:                 E ti permetti di parlarne così?

Aral:                    Anche tu parleresti così, se fossi costretto a fare quello che devo fare io. Ti vorrei vedere a mettere sotto sopra ogni casa di questa zona, ti vorrei vedere a guardare in faccia tutti quei bambini, il più grande dei quali ha solo due anni. Vorrei vederti mentre quegli occhietti terrorizzati ti guardano, inviandoti segnali di compassione. E tu invece non devi sentirli, devi essere di pietra. E poi vorrei vederti di fronte a quelle povere mamme. Lo sai che significa per una mamma sapere che stanno per ammazzarti un figlio? E allora di sicuro al posto mio anche tu chiameresti matto chi si permette di dare un ordine simile.

Giulio:                 Hai ragione!

Aral:                    Ma io sono un debole, cosa vuoi. E al mio posto nella milizia ci tengo. Ed allora mi tengo tutto questo dentro e non farò lo sbaglio di disubbidire ad Erode. Non voglio fare la fine di quei bambini. Oste, ci sono ospiti in questa taverna? E magari con bambini piccoli?

Oste:                   Da queste parti non si vede un bambino da quando ero piccolo io. Ed in quanto ad ospiti, in questa osteria non se ne vede l'ombra che saranno due mesi. E se non fosse per gli avventori occasionali, sarei costretto a chiudere tutto e ad andarmene io pure.

Aral:                    Non te lo consiglio. Comunque io vado. Ma bada bene, se ti capitasse quello che ti ho detto, di avvertirmi: ne va delle tua testa!

Oste:                   Non , mancherò di certo. Stai tranquillo.

Aral:           Bene! Addio, gente. (Esce)

Ibrahim:              E questo è il finale di quello che raccontavo prima. Erode si è scatenato su tutti indiscriminatamente, perchè noi non siamo ripassati da lui a dargli le informazioni richieste.

Angelo:               (Al pubblico) E allora vorrei sapere io che ci stavo a fare. Il lavoro affidatomi è sacro. Mica potevo permettere ad Erode di rovinarmi la carriera? Ho avvertito i magi, che, facendo un giro più lungo, hanno lasciato il caro re con un naso lungo così. (Si rimette da parte)

Giulio:                 Vuoi proprio sapere come la penso?.. Avete fatto bene!

Oste:                   Proprio un buon servizio.

Giuseppe:          (Entrando) La buona fortuna e la pace del Signore benedicano questa osteria.

Oste:                   Buon uomo, cosa vuoi?

Ibrahim:              Ma, Caled, è Giuseppe.

Caled:                 Sicuro, e lui!

Oste:                   Lo conoscete?

Ibrahim:              Ma certamente. Quest'uomo è il padre del bambino che Erode vuole uccidere.

Giulio:                 Ma guarda la combinazione!

Oste.                   No, questo proprio non dovevate farmelo. Ma come, qui in questa osteria non si ferma nessuno che sono mesi. E voi, dico, proprio voi, dovevate venire proprio qui?

Giuseppe:          Ma qui attorno ci sono solo case private. L'unico posto di ristoro è la tua trattoria. Dove volevi che andassi?

Beniamino:         (Entra sbuffando) La carne e il resto sono pronti. (Guardando Giuseppe) Toh! Ce n'è un altro. Altro lavoro!

Oste:                   No, Beniamino, questa volta puoi stare tranquillo. Credo che quest'uomo ti darà poco anzi niente da lavorare.

Beniamino:         Meno male! Mi sembrava proprio di dover fare in una sola serata tutto il lavoro che ero riuscito a risparmiare in dieci anni di onorato servizio alle tue dipendenze. Vero, oste?

Oste:                   Già!

Giulio:                 Come fossero risparmi in talenti d'oro da poter spendere in un momento migliore.

Beniamino:         E io lo sapevo! Tu sei romano, vero?

Giulio:                 Certo!

Beniamino:         Uomo del nord! Per questo non puoi capire queste cose.

Giulio:        E fammele capire tu, pozzo di scienze.

Beniamino:         Ma scusa, per lavorare cosa fai tu?

Giulio:        Io? Perchè non si vede? Faccio il soldato.

Beniamino:         Ma no, non solo tu, ma tutti cosa fanno?

Giulio:        Ma ognuno quello che ha imparato: chi il soldato, chi l'oste, chi il bottegaio

Beniamino:         E insisti! Ma per fare tutte queste cose, che cosa fanno?

Giulio:        Ma cosa vuoi che facciano? Si muovono, usano le mani, i piedi, gli attrezzi....

Beniamino:         Bravo! E come ci riescono?

Giulio:        Ma che ne so! Chi bene, chi meglio, chi peggio... insomma, spiegati, che vuoi dire?

Beniamino:         Per fare quello che hai detto, ognuno di quelli che "devono" (Indicando se stesso) o "vogliono" (Indicando l'oste e facendo una smorfia) lavorare, devono per forza muoversi e quindi consumare energie.

Giulio:        E' logico! Senza forza e quindi senza energia, uno spaccatore di pietra non potrebbe fare il lavoro che fa.

Beniamino:         Ma sei proprio un malvagio. Fare questi esempi davanti a me! Ma io sono sensibile e il solo pensare che qualcuno faccia un lavoro simile me fa venire i brividi. Comunque il concetto è esatto: si deve consumare energia. Vedi, io, in questi ultimi dieci anni, ero riuscito a risparmiarmi un sacco di lavoro, e, di conseguenza, ero riuscito a non sprecare un sacco di energie: le avevo risparmiate!

Oste:          E certamente tu ne avrai pure guadagnato. Ma io ci avrò rimesso tutto il tuo risparmio, perchè le materie prime per le tue energie le dovevo fornire io, ogni volta che quelle tue ganasce masticavano cibo e ogni volta che il tuo gargarozzo buttava giù il vino dei miei otri. Vorrei sapere come farò io a recuperare tutte quelle energie che hai accumulato a spese mie.

Beniamino:         Tutte sottigliezze! Il fatto è che questa sera  tutti voi avete deciso che quel risparmio deve essere dilapidato. Mi state facendo lavorare in maniera tale da spendere tutto quello che ero riuscito a risparmiare.

Giuseppe: Non vorrei essere io la causa dei vostri battibecchi. Mi dispiacerebbe far litigare qualcuno.

Beniamino:         Tu? Stai tranquillo! E poi, a guardarti bene, mi sei simpatico. E giuro anche che se dovessi spendere un supplemento di energie per te lo farei volentieri. Non so perchè ma mi piaci.

Oste:          Ma non piace a me.

Giuseppe: Ma perchè? Che cosa ti ho fatto di male? E poi io ancora non ti ho chiesto niente.

Oste:          E prima ancora che tu me lo chieda, faresti meglio a scomparire come la notte quando si sveglia il sole. Io, a limite, farò finta di non averti visto.

Giuseppe: Neanche fossi malato. Sembra che tu abbia visto un lebbroso.

Giulio:        Peggio! Ha visto il padre del rivale di Erode. E per lui questo è peggio della lebbra.

Giuseppe: Ma siamo povera gente. Come potremo competere con un re?

Oste:          Questo non sta a me saperlo. Lo sapete solo tu, lui e gli altri benedetti tre Re Magi... che pure loro proprio qui dovevano fermarsi!

Beniamino:         E poi raccontano che io non dico mai niente di buono. Queste sono cose che ho già detto prima io.

Oste:          Ma tu solo per scansare la fatica. Io, invece, per scansare l'ira tremenda di Erode: il che è tutta un'altra cosa.

Giuseppe: Ma chi gli ha fatto niente a quell'uomo?

Caled:        Oste, io credo che potresti essere un po' più tranquillo. Erode, in realtà, non conosce chi deve colpire. E così va alla cieca, come sta facendo.

Giulio:        Ancora più terribile! Vuoi dire che questa strage di innocenti non finirà per ora?

Giuseppe: Quasi come se fosse colpa nostra.

Oste:          Poche ciance! Io non so niente di voi, né voglio sapere di più. Più ne so e più mi devo preoccupare.

Ibrahim:     Ma se prima sembravi così interessato a questa storia.

Oste:          E' vero! Ma prima era tanto lontana da me come la luna lo è dalla terra, ed io non la sentivo così pericolosa come veramente è.

Caled:        (A Giuseppe) Non temere, ti aiuteremo noi. Vieni, Ibrahim. (Escono)

Giuseppe: Senti, oste, noi vogliamo riposarci solo per questa notte. Domattina presto prenderemo la strada per l'Egitto e ti lasceremo in pace. E poi noi vogliamo pagare, non vogliamo scroccare niente a nessuno, non siamo gente da truffa.

Giulio:        Oste, se ti pagano devi lavorare per loro. la professionalità va rispettata.

Oste:          Ma quale professionalità? Me ne faccio un baffo se Erode mi fa ammazzare.

Beniamino:         Sempre lo stesso, soldato. Quest'uomo non rispetta la professionalità neanche con gli altri, figurati se la rispetta per se. Io, per esempio, sarei un buon dormitore, professionista di primo piano in questa attività. Ma questo uomo non esita a distruggere questa meditata professionalità, curata nel tempo con allenamenti stressanti. Pensa che una volta, sempre per tenermi in allenamento, sono stato a dormire per trentasei ore di seguito adagiato all'ombra di una quercia secolare in piena estate. E forse sarei riuscito a restare in quella posizione aumentando la mia resistenza alla veglia, ovverossia aumentando la mia possibilità di migliorare professionalmente la mia attività di dormitore, per almeno altre otto ore, se non fosse stato per una bastonata indirizzatami da questo nemico (Indicando l'oste) della professionalità. E per il suo volere io sono costretto a dare il minimo con il pressappochismo del mio servile lavoro. (Sottovoce a Giuseppe) Comunque non temere, Giuseppe, cercherò di darti una mano.

Daniele:     (Entrando a Beniamino) Ho bisogno di altro vino!

Beniamino:         Ma non stai curando i cavalli?

Daniele:     Certo!

Giulio:        Li hai strigliati?

Daniele:     Certamente! Sono più puliti del tuo collo. (Controllando il collo di Giulio) Dovresti farti strigliare un po' anche tu. Con un supplemento di vino ti faccio un servizio che neanche ti immagini.

Giulio:        E la biada? Gliel'hai data?

Daniele:     Hanno mangiato tanta di quella biada che non so come mai ancora non sono scoppiati.

Giulio:        Bene! E li hai fatti bere?

Daniele:     Sicuro! Bevono come tante spugne. Anzi, devo andare di la per finire questo lavoro. Allora mi date questo vino?

Beniamino:         Ma non vedi che sei così ubriaco? Non dovresti bere più.

Daniele:     Ma a me serve! E poi tu...

Beniamino:         (Interrompendo Daniele e sottovoce) Dopo ci penso io. Ora vai di la, vuoi che l'oste se ne accorga?

Daniele:     Giusto! Bene! Addio! (Esce)

Beniamino:         Visto, soldato? Il più esperto stalliere di tutta Israele... e tutto per i tuoi cavalli. Spero che te ne ricorderai al momento opportuno.

Giulio:        Sembra che tutto sta funzionando come si deve.

Giuseppe: Ma insomma, oste, io non posso proprio avere il tuo aiuto?

Oste:          Non insistere!

Giuseppe: (Uscendo) Ma guarda in che guaio mi mette quest'uomo.

Oste:          Un ostinato che non se ne vedevano più da tempo da queste parti! Vuole a tutti i costi trascinarmi nella sua avventura e non vuole invece capire che proprio non posso aiutarlo. Voi che siete qui, avete ben visto il soldato di Erode. (I presenti non rispondono e cercano di manifestare apertamente il loro disappunto con indifferenza marcata o altri segni) Giulio, tu sei un soldato e puoi capirmi. Hai visto che cani si trovano alle calcagna e se vengono scoperti nella mia osteria se la prenderanno anche con me. Io non voglio che mi brucino l'osteria, senza voler pensare al peggio, e voglio restare fuori da questa storia. (Il soldato sorseggia, ma fa finta di non sentire)... Oh, insomma!.. (Poi a Beniamino)... E tu, Beniamino? Non pensi a quanto lavoro risparmierai se non li ospito? Cos'è? Sei diventato un pentito dell'ozio? Dove è andata a finire la tua professionalità del non far niente?... (Beniamino non risponde)... Ho capito: vi siete coalizzati contro di me. Ma non mi farete fare una cosa pericolosa, non ci cascherò. La pelle è mia ed io la voglio tenere tutta intera attorno al mio corpo. Quell'uomo non entrerà in questa osteria. Deve andarsene e con lui anche quel brutto pasticcio di Bambino-Re.

Giuseppe: (Rientra con Maria ed il Bambino) Ecco, guarda oste e dimmi adesso se hai ancora il coraggio di rimandare nella notte e nell'insicurezza questi due esseri indifesi.

Oste:          Per la miseria! Ma è proprio duro! (Rivolto a Maria) Signora, voi mi sembrate una persona più ragionevole. Io sono un povero oste e non posso correre il rischio di tenervi qua. Non ho la stoffa da eroe ne tantomeno la vocazione di suicida. Qui ne va della mia vita, spiegateglielo voi a vostro marito. E' vostro marito, vero? (Maria annuisce) Bene, allora a voi darà ascolto. Voi mi capite, vero?

Maria:        Io non so. Ma ti prego, buon uomo, Guarda un po' questo bimbo e dimmi: ti va di rischiare la sua vita?

Beniamino:         Ma via, padrone, un posto nella stalla lo troviamo. Tra l'altro, se sono loro quelli della cometa, ci saranno anche abituati.

Giuseppe: Ecco, nella stalla. Metteteci nella stalla, noi ci siamo abituati. Lì non ti daremo fastidio. E poi nessuno penserà che tu possa nascondere un bimbo così piccolino un luogo tanto sporco.

Giulio:        Una trovata migliore di questa non si poteva trovare!

Oste:          No, no e poi ancora no! Li conosco bene gli uomini di Erode. Quelli sono capaci di scovare il più piccolo ago in un pagliaio o un pelo nell'uovo ancora intero o di cavare perfino il classico ragno dal buco. Figuratevi se non sono in grado di scovare un'intera famiglia da una stalla.

Giulio:        Mi hai proprio stufato con le tue scuse. E' meglio che esca, prima che mi salti in testa di agire a modo mio. (Esce)

Caled:        (Entra seguito da Gaspare) Entrate, mio signore, e vedete da voi stesso.

Gaspare:   Se è vero quello che ha detto il mio servo, la felicità abita in questa casa. (Scorge la sacra famiglia) Voi qui? Allora è vero! Presto, Caled, chiama i miei amici. (Caled esce per poi rientrare introducendo gli altri della carovana)

Melchiorre:         Allora, Gaspare, è proprio vero!

Gaspare:   Guarda da te stesso.

Melchiorre:         E veramente incredibile!

Baldassarre:In tutto questo si riconosce un disegno divino! (I tre magi si prostrano ad adorare di nuovo Gesù)

Oste:          Ma dico, siamo impazziti? Questa osteria sta diventando troppo affollata per i miei gusti.

Beniamino:         Guarda, oste, questi sono dei re e si sono inchinati davanti a quella povera famiglia. Non ti dice niente tutto questo?

Oste:          Mi dice solo che avrò un sacco di guai. I re tra di loro si mettono d'accordo. Ma quando si tratta di poveri indifesi come me, allora non si fanno scrupoli e ti tartassano fino a che possono ed anche oltre.

Beniamino:         Ma non ti vieni in mente che questo possa essere un segno di grandezza di questo bimbo?

Melchiorre:         Hai perfettamente ragione, uomo. Oste, tu farai quanto è possibile per aiutare questa famiglia.

Gaspare:   Ci sentiamo responsabili di tutto quanto sta succedendo. Anche noi dovevamo passare da Erode per rivelargli il posto esatto della nascita di questo bimbo. Ma ci siamo ben guardati dal farlo.

Baldassarre:Perchè, per fortuna, un Angelo ci aveva rivelato la vera intenzione di quel re: uccidere questo piccolo, il Re dei re.

Oste:          Io so poco di Re dei re. So solo che la mia pelle è una sola ed io mi ci sono abituato.

Melchiorre:         Anche la nostra di pelle è una sola, ma non ci siamo fatti indietro e l'abbiamo rischiata col nostro non ritorno da Erode.

Gaspare:   Quel Bimbo è Dio stesso, nato uomo per noi e tu faresti bene (Esprimendosi con autorità) a prostrarti ai suoi piedi, come abbiamo fatto noi.

Baldassarre:(A Beniamino) Anche tu! (Eseguono)

Melchiorre:         Bene, oste, il primo passo lo hai fatto. Ora puoi e devi fidarti di noi. Ti manderemo Caled con una borsa di danaro e pagheremo noi tutto quanto ti devono quei tre. E fategli trovare pronto tutto quello che abbiamo ordinato. Non sarà che anche noi dobbiamo ricorrere alla violenza, come sta facendo Erode per ottenere da te quello che desideriamo? Spero che tu abbia capito. Addio! (Tutti quelli della carovana escono)

Oste:          Ora pure questi ci si mettono! E questi sono di più, sono tre. Che Dio me la mandi buona, farò come hanno detto loro. Beniamino vai di la e finisci di preparare quanto occorre.

Caled:        (Rientrando con Giulio) Credimi, soldato, sarebbe ora che anche tu pensassi a quel Bambino come a un Dio.

Giulio:        In verità già prima sentivo qualcosa dentro, ora, dopo il tuo racconto, ne sono sicuro. (Appena può si inchina a Gesù)

Caled:        Oste, questa borsa di danaro è il compenso del tuo aiuto a questi tre; quest'altra, invece, è il compenso dei nostri viveri. Dove li prendo?

Oste:          Se vai dal retro, trovi tutto pronto.

Caled:        Allora andrò di la con i cavalli. Addio! (Esce)

Oste:          Addio!

Giulio:        Addio!

Giuseppe: E' proprio destino che quei tre debbano darci sempre qualcosa.

Maria:        E' vero! L'altra volta l'oro, l'incenso e la mirra; questa volta la vita.

Oste:          Voi due adesso non rimanete li impalati, andate da Beniamino e fatevi trovare un posto ben nascosto nella stalla.

Giulio:        Ha ragione! Potrebbe ritornare il soldato di prima e con una non buona compagnia. (Giuseppe e Maria escono)

Ibrahim:     (Rientra trafelato) Dove sono?

Oste:          Chi?

Ibrahim:     I due col Bambino!

Oste:          Di la nella stalla:

Ibrahim:     Presto andiamo a prenderli. Fuori ho due cavalli freschi e potranno scappare.

Giulio:        Ma perchè?

Ibrahim:     Abbiamo visto gli uomini di Erode che stavano perlustrando qui attorno e tra poco saranno qui. E' meglio non correre rischi.

Oste:          Io lo sapevo che finiva così. Presto andate di la e fate quello che potete. (Escono Giulio ed Ibrahim)

Daniele:     (Entra) Oste, dammi dell'altro vino. Non trovo Beniamino e mi serve altro vino per i miei amici.

Oste:          Pure tu ci mancavi! Eccolo e vai via.

Daniele:     Certo che la cordialità è il fiore all'occhiello di questa osteria!

Oste:          Ma va via. Con tutto quello che mi passa per la testa, tu vai cercando la cordialità. (E spinge fuori Daniele)

Aral:         (Entra con due soldati) Oste, ho ragione di credere che prima tu mi abbia preso in giro.

Oste:          Io, ma cosa dici?

Aral:           Qualcuno mi ha riferito di aver visto entrare due tipi con un fagotto che, all'apparenza avrebbe potuto benissimo contenere un bambino:

Oste:          Un bambino? Ma ti hanno riferito male. Sarà stato qualche malalingua che non vuole certamente il  mio bene. Un invidioso.

Aral:           Sarà, ma questa volta farò controllare. (Ai due soldati) Voi due sapete cosa fare.

1° soldato: (Al secondo) Tu controlla le stanze di sopra, io vado nella stalla.

2° soldato: Aral, tieni d'occhio questo tipo, al resto pensiamo noi. (Esce con l'altro soldato)

Aral:  E così, oste ti sei messo nei guai.

Oste:          Voi invece volete perdere solo tempo. Qui non c'è nessuno di quelli che cercate.

Aral:  Lo spero per te.

Oste:          Se ci fosse qualcuno, te lo avrei già detto.

Aral:           Ti piace scherzare col fuoco e con la spada. Ed io ti farò giocare con la mia.

1° soldato: (Rientra) Di sopra non c'è nessuno.

Oste:          Ve lo avevo detto, ma non mi avete ascoltato. Quando lo verrà a sapere Erode che, al posto di fare i suoi interessi, perdete tempo nell'osteria, non sarà molto contento.

Aral:           Zitto, oste! E tu vai nella stalla a dare una mano al tuo amico. (Il soldato esce)

Giulio:        (Rientra) Toh, guarda! Ci si rivede? Ti deve essere piaciuto molto il vino del nostro oste, visto che ci sei ritornato.

Aral:  Anche a te piace scherzare!

1° soldato: (Rientra seguito dal secondo) Aral, non c'è nessuno! Ma mi è sembrato di vedere allontanarsi dei cavalli.

2° soldato: Non si distinguevano bene, ma sembrava che uno di essi portasse un fagotto, forse un bambino.

Aral.           Cavalli? E i nostri sono allo stremo. Non possiamo certo inseguirli con quelli. Oste, hai dei cavalli?

Oste:          No, non ne abbiamo!

1° soldato: Sei un grosso bugiardo. Nella stalla ho visto tre cavalli da poco strigliati e rifocillati da un vecchio ubriacone.

Oste:          Ah, quelli! Non sono miei, sono del romano.

Aral:  Allora, romano, vorrà dire che prenderemo i tuoi cavalli.

Giulio:        Starai scherzando, spero! Quelli sono della moglie di Quirino ed io non voglio prendermi bastonate per la tua bella faccia. (Intanto i tre soldati si stringono minacciosi addosso a Giulio, spingendolo verso l'uscita, nonostante una resistenza da parte del romano)

Aral:  A lei penserà Erode. Via adesso andiamo a prenderli.

Giulio:        No! (Escono i quattro militari)

Beniamino:         (Rientrando) Sembravano furie! Che peccato, eravamo riusciti a farli scappare prima che entrassero quei due.

Oste:          Un vero peccato... anche per noi e per il nostro collo.

Giulio:        (Entra con Daniele) Mi dispiace, non ce l'ho fatta a trattenerli.

Daniele:     Chi ha preso i miei amici.

Beniamino:         Consolati, Daniele! Oste, dagli un boccale di vino, se lo merita proprio.

Oste:          (Esegue) Tieni, Daniele, tanto tra poco non ne potrò vendere più: i morti non vendono.

Aral:           (Rientra con gli altri, sporco lacero e lamentandosi) Ma che gli è preso a quei cavalli? Cinquanta piedi soltanto e sono crollati a terra di schianto. Ed ora sono talmente addormentati da sembrare morti.

1° soldato: Al mio ho dato più di venti calci, ma non si è mosso di un pollice.

2° soldato: Io ho provato a colpire il mio con la punta della spada, ma sembrava di punzecchiare un morto.

1° soldato: Ma poi, a pensarci bene, non è detto che quelli che ho visto fossero proprio quelli che cercavamo.

2° soldato: Di notte è facile sbagliarsi.

Giulio:        Ma i cavalli? I cavalli della moglie di Quirino?

Aral:           Preparati, romano. La fortuna non ti ha assistito. Fatti cinquanta piedi dal lato della stalla e li troverai distesi nella sabbia come morti.

Aral:  Oste, ti è andata bene. Addio!

Oste:          Addio! (Insieme a Giulio e a Beniamino appunta il suo sguardo curioso  su Daniele)

Giulio:        Ma quelli erano i cavalli arabi più belli che io abbia mai visto, forti più di un bue. Ma, Daniele, li hai strigliati per bene?

Daniele:     Ho consumato una intera spazzola.

Beniamino:         Ma li hai fatti mangiare?

Daniele:     Tutta la biada che c'era nella stalla.

Oste:          Ma li hai fatti bere?

Daniele:     Sempre! Sembravano delle spugne! Hanno bevuto più di me e ti posso assicurare, oste che ti hanno fatto onore. Hanno bevuto il tuo vino con una voracità che nemmeno io avrei potuto eguagliare. E più bevevano, e più volevano bere! Lo hanno trovato veramente buono:

Giulio +

Oste +                         

Beniamino: (Insieme) Hai fatto bere il vino ai cavalli?, Li hai ubriacati?

Daniele:     Si! Perchè non andava bene così?

Gli altri:      (Insieme) Benissimo! 

Giulio:        Viva Daniele!

Beniamino:         Viva il vino!

Oste:          Evviva tutti! (Brindano poi escono)

Angelo:      Tutto, come previsto, è finito bene. E questa volta non ho dovuto lavorare molto personalmente. Mi è bastato mettere le persone e i cavalli giusti al posto e al momento giusto, come in una partita di scacchi e tutto poi è venuto da se. Ed anche stavolta posso rallegrarmene. (Esce e c'è cambiamento di scena)

Mamma:    E così il vino ed un ubriacone sono riusciti a salvare Gesù dall'ira di Erode.

Figlia:         Mi sa che questa volta non c'entra niente la mia strana interpretazione di quello che mi racconti tu. Mi sa che questa volta ti sei inventato tutto di sana pianta.

Mamma:    E anche se fosse, non vedo perchè non dovrebbe starti bene lo stesso. Quello che volevi lo hai raggiunto. Mi hai costretta a raccontarti qualcosa, e non ti sei addormentata presto. Ma ora è tempo che io me ne vada a dormire. Dormi anche tu e non sognare brutte interrogazioni in storia.

Figlia:         Va bene, questa volta hai colpito nel segno. Ciao! (Si addormenta)

Mamma:    (Ricopre la figlia, le da un bacio e si allontana si rivolge al pubblico) Penso di avervi già annoiato parecchio; arrivederci anche a voi. (Esce)           

FINE

      

In caso di messa in scena si prega informare l’autore per semplice conoscenza, inviando eventuali foto, filmati o articoli a:

Diodati Giuseppe

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Tel. 0823 408456 mail: diodatigiuseppe@alice.it