Fra l’incudine e il martello

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FRA L’INCUDINE EIL MARTELLO

            FRA L’INCUDINE EIL MARTELLO

               

                              DI  FRANCO PENNASILICO  

       PERSONAGGI

GIULLARE

LEI,  felice signora perbene

LUI, avvocato suo marito, perbene

DONNA, cameriera

COLLEGA, avvocato, collega di Lui, perbene

Marino, demente

Maggiordomo, di casa Lui e Lei

Professor Omega, precettore, perbene

Servo, di casa Lui e Lei

Musa

IL GRAN CENSORE, molto perbene

Camerieri e cameriere, comparse

                                       PRIMO TEMPO

PROLOGO

 

Siparietto aperto. Buio sul palco.

Si intravede sul proscenio a destra una sedia a dondolo con un manichino vestito da giullare, abbattuto, la testa penzoloni, nuca al pubblico, una bottiglia di alcool in mano.

Dietro la sedia una piccola specchiera da trucco teatrale (lampade ai quattro bordi dello specchio, materiale da trucco sul ripiano).

Ad inizio spettacolo, si illuminano luci di ribalta volte verso gli spettatori. Buio in sala.

Dal fondo sala avanzerà lentamente un suonatore di sassofono intonando con molta lentezza il brano “Moonlight serenade”. Le luci e la musica obbligheranno gli spettatori a  voltarsi dietro e consentiranno la sostituzione sul palco del fantoccio con un’attrice vestita alla stessa maniera, che andrà ad assumere la medesima posizione.

Il sassofonista avanza lentamente, finché non raggiunge il suo posto nell’orchestra. Siede. Si spengono le luci di ribalta e si accende una luce sul dondolo.

Nel momento in cui gli altri orchestrali iniziano ad accompagnare il sax, il fantoccio si anima, lentamente, si guarda intorno, spaesato, spaventato, e continua a bere dalla sua bottiglia. Termina la musica.

GIULLARE – Ubriaco? Forse… Sconclusionato? Quasi certamente… Fumoso? Sì! Ma non m’importa! Sì, sì, lo so che secondo la logica comune… è deplorevole, ma non m’interessa… Mi piace in certi momenti vedere quello che voglio vedere e sentire quello che… Hei, non mi venire a dire che questo è fuggire, che è… da vigliacchi, perché da te non lo accetto! Sì, lo so, ma non mi interessa essere una persona… perbene! Hai mai provato a fuggire, a liberarti di questi panni? Hai mai provato a fare l’opposto di quello che ti hanno sempre detto di fare?                                                   

            Rifletto spesso e a lungo di questo e mi ubriaco sempre di più… Ma non mi pento… ed è un consiglio, anzi, che do anche a te… Comincio ad odiare la prassi, la regola… Di cento uomini, se ne vede uno solo, se sono tutti allineati e coperti. E in certi momenti ti invidio. Invidio te e tutti quelli come te. Invidio tutti quelli a cui basta mettere cento lire in un cappello o nella mano di una zingara, per zittire la propria coscienza…

             E non sai qual è la forma più… penetrante di educazione, lo strumento più adeguato per capire… Lo specchio!          

             Hai mai provato ad osservarti attentamente allo specchio dopo aver spedito nell’immondezzaio una regola comune, una norma di comportamento? (Va a sedersi alla specchiera ed inizia a parlare al telefono).

            “ No, non vengo. No, te l’ ho già ripetuto. No, non mi interessa venire a quel party e non mi interessa indossare lo smoking…                                  

           

            Non mi interessa se ci sono quelle due ragazze che stanno aspettando me e non mi interessa neanche se ci sono tutte quelle personalità stasera… No, non mi interessa neanche che ci sia quel tizio con il quale posso concludere quel contratto di milioni e milioni di lire… Stasera ho da fare una cosa importantissima. So io cosa. Non capiresti. No, non provo a dirtelo… Sai, stasera dovrebbero sbocciare quei ciclamini che ho acquistato tre mesi fa. E niente al mondo mi farà perdere la fioritura di quelle gemme, l’apertura di quei bocciuoli… Per stasera è questo il mio impegno: guardare! Domani vedremo”. (Ripone il telefono).

             E fino a qui hai fatto tutto d’istinto, di getto, senza rifletterci… l’ hai fatto con naturalezza, ma nel momento in cui alzi lo sguardo e lo posi sullo specchio, diventi di ghiaccio! Capisci immediatamente quello che hai appena fatto!

             Ti guardi ed è come se ti svegliassi da un incubo. E’ uno choc. Senti che si sviluppa una discreta euforia, che può diventare sentimento estasiato o grave crisi di furore, tale da spaccare lo specchio!

             Il pensiero corre, si fa veloce, trasforma le tue idee in un caotico vortice… infinite associazioni, una corsa di pensieri che si rincorrono l’un l’altro, l’abituale modo di vedere lo spazio intorno a te ed il tempo finisce con l’essere sconvolto… Tutto ti sembra che sia in movimento, si annulla il peso, si annullano le distanze, i suoni, i colori acquistano una vividezza particolare… Tutto l’ambiente si trasforma, le pareti pulsano, la stanza si restringe, poi si allarga, si restringe di nuovo, si allarga a dismisura, ti appaiono visioni complesse, arabeschi e mosaici strani, inesistenti, cominci a sognare ad occhi aperti. Un sogno al quale assisti, da spettatore… compiacente, divertito… Rifletti un attimo, poi… (compone un numero telefonico). “Ascolta, ho cambiato idea… Sì, ci vediamo alle otto. Vengo!” (ripone la cornetta).

             Cos’è quel piccolo brivido di freddo che ti percorre la schiena e ti arriva fino alla base del collo e che ti dà fastidio, ti fa muovere, ti fa sedere, ti fa… morire, anche…

             Sarà la paura di intraprendere una strada che non hai mai percorso, sarà… sarà che sei tornato in te… che stavi per commettere una sciocchezza, che ti sei accorto dell’errore che stavi facendo… Sarà che sarà finito l’effetto dell’alcool!

             Sarà quello che vuoi, ma… ecco, vedi, sono una persona… normale.

             E se non vuoi che ti sbatta questa bottiglia di alcool sul muso, cancella dalla tua faccia quel sorriso ironico, quasi di vittoria, perché… abbiamo perso… abbiamo perso tutti e due… Beh, meno male che è stata una meteora quel pensiero…

             Pensa come sarebbe grave se pensieri del genere ti impegnassero la mente per tutto il giorno. E pensa come sarebbe grave se ti capitasse in casa d’improvviso, inaspettato, un uomo che tu ascolti, che osservi, che scruti  e che scopri poi chi è…

             Pensa che tragedia se ti capitasse in casa, di punto in bianco, quella bastarda, quella vigliacca, quella puttana… la tua coscienza!

             (Buio).

                                               

                                                  SCENA PRIMA

           (Luce sul palco. Al centro due poltrone. Lei seduta a quella di destra, Lui in piedi alle sue spalle. Lei

piange. Ha in una mano un fazzoletto nell’altra un telegramma).

LEI – E’ un dramma!

LUI – Dai, fatti forza…

LEI – Non c’è altro termine per definirlo… Un dramma!

LUI – Forza, su. E’ un brutto momento ma passerà… Muore un sacco di gente!

LEI – Di mamma ce n’è un sola!

LUI – Sì, questo è vero…

LEI – Chi se lo aspettava… Forte come un toro!

LUI – Cara…

LEI – Riusciva a mungere trenta vacche al giorno!

LUI – Tesoro…

LEI – Stroncata nel pieno delle sue forze… Così all’improvviso!

LUI – Ma amore…

LEI – Mai un sintomo, mai un segno di debolezza che potesse farci presagire…

LUI – Ma cara, aveva novantadue anni! (va a sedere alla poltrona libera).

LEI – E con questo? Per come era fatta potava viverne altri cento!

LUI – Certo, è spiaciuto anche a me… Volevo solo dirti che, avendo quell’età, ci si poteva anche aspettare che da un momento all’altro…

LEI – Storie! Tirava da sola avanti una fattoria di milleduecento ettari e ottanta animali!

          Da quando, cinque anni fa, morì Sammy, il vecchio negro che lavorava per noi, tutto era davvero sulle sue spalle…

          Ed io che l’ho abbandonata…

LUI – Via, via… Non ti farai venire i complessi di colpa , ora… Sei andata via perché sentivi che era venuto il momento di venire in città, di farti una vita tua. Piuttosto, la cosa che mi preoccupa è un’altra… Morto tuo padre, morto Sammy che era oramai una persona di famiglia, ora tua madre…

          Adesso Marino è solo…

LEI – Già, povero fratello mio… In quelle condizioni…

LUI – Via, ne parli come di un infartuato…

LEI – Peggio, peggio… L’infartuato può combattere, sino alla sua ora… Ma Marino…

LUI – Via, su. Non mi sembra che sia poi così demente…

LEI (irata) – Non è demente! E’… malato… fragile psichicamente… E’ rimasto un bambino… Forse è così proprio per colpa mia… forse lo choc del mio abbandono della casa nella quale siamo nati, così,dopo soli due anni dalla morte di nostro padre…

LUI – Ma Marino aveva quattordici anni quando te ne sei andata…

LEI  (secca) – Anch’io! (Lui prende il giornale ed inizia a leggere. Lei inizia a lavorare a maglia. Lunga pausa). Era ottimo quello stufato, questa sera, vero?

LUI  (leggendo, distrattamente) – Vero…

LEI – E’ molto grande la nostra casa, vero? Molto spaziosa!

LUI  (c.s.) – Molto spaziosa…

LEI – Credo che venga molto meglio azzurro, il colletto di questo golf, non credi? (solleva il suo lavoro a maglia, ammirandolo per un attimo). Non credi? Molto meglio azzurro!

LUI  (c.s.) – Molto meglio azzurro…

LEI – Lo inviterò a venire a vivere con noi! Non credi sia un’idea eccezionale?

LUI  (c.s.) – Un’ idea eccezionale…

LEI – Sarà un po’ come pagare un debito con la mia coscienza…

LUI  (c.s.) – Un debito con la mia coscienza…

LEI  (scatta in piedi) – Lo inviterò a vivere qui con noi, in città!

LUI  (cessa di leggere, la guarda preoccupato dopo aver volto lo sguardo verso di lei, ma con molta lentezza) – Chi?

LEI – Marino!

LUI – Marino? Ma cara, forse non ti rendi conto di quello che dici, il dolore ti offusca la mente…

LEI – No, ci ho riflettuto a lungo, sono convinta!

LUI – Ma ascolta, faresti solo del male, a lui e a noi… Tuo fratello ha un carattere particolare… Non adatto all’ambiente che frequentiamo. Pensa alla gente che frequenta la nostra casa… Tuo fratello ha un carattere… pericoloso, ecco!

LEI – E’ rimasto solo…

LUI – Sì, lo so; ma credo non sia il caso…  

LEI  (luce su di lei) – Amava tanto il vecchi Sammy, il servo negro… erano sempre insieme… Io invece non l’ho mai sopportato. Quel colore della pelle… Quel ridicolo cravattino a pois bianco e rosso… Quella sua aria di conoscere tutto e tutti. A dire il vero, non posso dire che fosse uno sbruffone, ma ti faceva sentire solo con la sua presenza di essere inutile. Sempre pronto a servirti, a consigliarti, dall’alto della sua età ti dava sempre la risposta giusta, sempre pronto a parlarti della sua stupida filosofia… di piante che piangono o di farfalle che cantano odi di amore… Ore ed ore seduto sui gradini sotto il portico a suonare con quel suo maledetto sassofono dieci, cento volte quel motivo… (in leggerissimo sottofondo il brano “Moonlight” di Glenn Miller).

          Ore ed ore seduto ma sapeva tutto… ogni carattere, ogni sfumatura della tua personalità… Ogni errore che facevi veniva da lui presagito e per ogni errore lui aveva il consiglio da darti per riparare ad esso… Sai cosa mi diceva sempre? Che ero ingenua! Che non approfondivo le cose che per me erano importanti e che credevo subito all’importanza di cose invece futili… L’ho odiato! Io ingenua? E lui, allora, che passava ore ed ore, pancia a terra, a guardar crescere un ciclamino?

          Per cinque anni Marino è stato solo, a contatto con quest’uomo e temo che ora possa essere stato influenzato, possa aver imparato a sognare, aspettare, morire…

          Spero di riuscire a fargli dimenticare il suono di quel sassofono e di quella vecchia, nera voce (luce).

LUI – Capisco… Ti renderai certamente conto che bisognerà stare attenti a quello che dice…

          Bisogna innanzitutto che non sia mai a contatto con i nostri ospiti… (siedono. Lei a leggere il giornale, Lui a lavorare d’uncinetto).

          Ieri sono stato favoloso in tribunale! Credo di essere un grande avvocato!

LEI  (leggendo) – Un grande avvocato!

LUI – Ho fatto assolvere uno che con un altro avvocato avrebbe preso trent’anni!

LEI  (c.s.) – Trent’anni!

LUI – Un grande intervento!

LEI – Hai fatto l’aringa?

LUI  (irato) – Arringa! Arringa! Sì, l’ho fatta (quest’ultima battuta in piedi, gonfio d’orgoglio).

LEI  (applaude, con le mani e con la voce) – Clap! Clap! Clap!

LUI  (mostrando il colletto del golf) – Credo che venga meglio azzurro (siede e continua a lavorare d’uncinetto)

LEI  (ripone il giornale, si alza, sguardo nel vuoto, vivendo la scena ed eccitandosi) – Ne farò un  uomo di società! Bei vestiti, un’auto fiammante…

LUI – Un’ auto?

LEI – Gli insegnerò a guidare, gli comprerò biancheria di lusso, gli regalerò un abbonamento all’ippodromo…

LUI – All’ippodromo?

LEI – Gli insegnerò a puntare sui cavalli, lo porterò ai salotti più esclusivi…

LUI – Nei salotti?

LEI – Gli insegnerò a parlare, a discutere di problemi seri, di fatti di attualità…

LUI – Il Libano?

LEI – Il Libano, la pace, i missili…

LUI – Est-Ovest?

LEI – Est-Ovest, Nord-Sud, armi, fame nel mondo…

LUI  (ripete riflettendo) – Fame nel mondo…

LEI –  …Povertà, ricchezza, politica…

LUI  (allarmato) – Politica?!

LEI – Blocchi contrapposti, linee programmatiche, convergenze parallele…

LUI – Finanziarie? Massonerie? …Potere)

         Si guardano, girandosi lentamente l’uno di fronte all’altro e con posa plastica, stringendosi la mano a mo’ di braccio di ferro sospeso nell’aria, scandendo e accompagnando le sillabe con il movimento delle braccia. 

Insieme: PO-TE-RE!!!

(Buio. Musica).

 

                                 SCENA SECONDA

(All’accensione delle luci, si nota sul fondo a destra un grosso quadro alla parete, raffigurante un clown. Lui e Lei sono di spalle che osservano lo stesso).

LUI – Sì, sta bene così.

LEI – Sì, sta bene.

LUI (voltandosi e venendo verso una scrivania in proscenio a sinistra) – Non ho ancora bene capito perché hai voluta che appendessimo quel quadro…LEI – Per accogliere Marino… Era tanto affezionato a quel quadro… L’ultima volta che sono stata a casa, due anni fa, abbiamo dovuto strapparglielo con la forza e ricordo ancora, quando dall’auto mi voltai indietro per salutare, il suo volto rigato di lacrime…

DONNA (entrando) – Signora, la stanza degli ospiti è pronta, come lei aveva ordinato.

LEI – Quella non è la camera degli ospiti. Ora è la stanza del signorino Marino!

DONNA – Certo signora  (Lei esce).

LUI (alla cameriera) – Dovrai essere molto paziente con il fratello della signora, quando arriverà, e riferisci questo anche al resto della servitù. E’ un tipo buono, ma molto strano…

DONNA – Oh, non si preoccupi signore… Già una volta in passato ho servito in una casa dove c’era un pazzo. Oh!  Porta la mano alla bocca, spiaciuta. Esce imbarazzata).

          (Buio).

                                                            SCENA TERZA

COLLEGA (declamando, in proscenio a destra, allo specchio, mentre la luce sale lentamente su di lui) – “Ed è questo il motivo preponderante che io adduco in questo sito nella perorazione della vertenza che vede il mio assistito e, consentitemelo, amico, vittima ignobile dei fautori della premeditarietà e speranzosi nell’apoteosi verso la quale possa devolversi questo processo. Mi rimetto quindi alla vostra clemenza, signori della giuria… Vox populi, Vox Deus! » (soddisfatto). Che grande avvocato! Anche Fra’ Diavolo verrebbe assolto, se decidesse di chiamarmi a sua difesa.

LUI (entrando) – Ciao. Scusa se ti ho fatto venire fin qui.

COLLEGA – Niente, niente… Un amico si chiama nel momento del bisogno.  (Siedono).

LUI – Devi aiutarmi… Ti ho raccontato al telefono che domani arriverà Marino…

COLLEGA – Certo, e ti ho detto ciò che penso…

LUI – Sì, lo so, ma tu non conosci Marino… Con quella mentalità infantile… il Re delle gaffès!

COLLEGA – Io non lo conosco, ma ti ho espresso il mio pensiero (si alza e declama): “Solo con un completo e totale inserimento del soggetto nella nuova società che lo circonda e con la quale deve confrontarsi…”.

LUI (lo interrompe) – Siedi, siedi, non siamo in tribunale. Qui si tratta di problemi nostri. E maledettamente reali! Io ho pensato molto a ciò che mi hai detto e ho deciso di avallare il progetto di Lei di inserire Marino in società, ma non subito. I primi giorni voglio tenerlo lontano da tutti…

MAGGIORDOMO (entrando) – Signore, tutto è stato fatto!

LUI – Grazie, portaci due caffè.

MAGGIORDOMO – Mi sono permesso di farlo preparare, mentre il signor avvocato attendeva (schicca le dita. Entrano due camerieri che servono il caffè). Ho fatto disdire tutti gli appuntamenti per il party di domani sera, adducendo ad una improvvisa indisponibilità del signore.

LUI – Grazie… (il maggiordomo esce).

COLLEGA – Ma come? Fai saltare il party di domani sera? Ma ti rendi conto? Eravamo riusciti ad invitare tutti quelli che contano, quelli che in questo momento ci sarebbero utili al massimo!

LUI – Sì, lo so, ma voglio rimandare; ti ho detto che dovranno trascorrere dei giorni prima che in questa casa possano accedere delle persone senza che io debba sentirmi sulle spine ogni volta che Marino apra bocca… E poi, non preoccuparti… avremo sempre le nostre carte da giocare!

          (Buio. Musica).

                                                         SCENA QUARTA

(Camerieri e cameriere che vanno e vengono con la musica in sottofondo. In rapida sequenza sistemeranno un vaso, sposteranno una sedia, spolvereranno una mensola. Lei al centro, spalle al pubblico, in contemplazione del quadro al muro. Lui in proscenio a sinistra che lavora al suo tavolo. Sfuma la musica).

LEI – Ecco, è il momento… A minuti sarà qui… Spero che l’autista che abbiamo mandato alla stazione riconosca Marino tra la folla…

LUI – Non preoccuparti, se è rimasto come lo ricordo io, verrà riconosciuto subito…

MAGGIORDOMO  (entrando) – Ehm, scusi signore…

LUI – Sì?

MAGGIORDOMO (gli si avvicina) – Ecco, signore, è arrivato…

LUI – Ebbene? Fallo entrare.

MAGGIORDOMO – Ecco, non so…

LUI – Non preoccuparti, ormai è uno della famiglia…

MAGGIORDOMO (poco convinto) – Certo, signore… (va via).

LUI (quasi fra sé e sé, molto lentamente, con recitazione scandita, grave,che faccia avvertire la pesantezza del momento, mentre la luce sfuma lentamente) – Già… Oramai… è uno… della famiglia!

         (Buio. Musica).

                                                             SCENA QUINTA

(Luce sulla scala di fondo. Appare Marino. Il suo abbigliamento denota una evidente semplicità; il suo modo di scegliere gli abiti e di accostare i colori risponde senza dubbio alla comune definizione di “cattivo gusto”. Regge con la destra una valigia legata con una corda e con la sinistra una valigia oblunga, nera).

LEI (sorpresa) – Marino! (lo guarda emozionata) Marino! Questa seconda battuta, pur dovendo essere data con eccitazione e contentezza, deve far trapelare una sottile sensazione di quasi sadica soddisfazione). Marino! (ora davvero esaltata gli corre incontro gli prende la valigia dalla mano destra, tenta inutilmente di prendergli anche quella nera, ma desiste alla resistenza di lui. Lo abbraccia con forza. Marino resta durante questo abbraccio abbastanza indifferente, cacciando la testa dalle braccia di Lei per osservare tutti i particolari della stanza). Vieni, vieni… (scendono le scale). Non vedevo l’ora… Ti ricordi di Lui?

LUI (andandogli incontro con la mano tesa) – Ciao, Marino.

MARINO (contento) – Ciao!!! (lo abbraccia e gli bacia prima la guancia destra poi la sinistra. Lieve imbarazzo di Lui).

LUI – Come è stato il viaggio? Faticoso?

MARINO – No, no, è andato tutto bene… (si guarda intorno) Sono molto contento di essere qui. E’ bello… (si blocca vedendo il quadro. Grossa pausa di contemplazione).

LEI – Ti ricordi di questo quadro? Sapessi quante volte ho sofferto al pensiero di avertelo portato via… Mi hai perdonata?

MARINO – Sì…

LEI – Davvero? Non mi hai odiata per quello che ho fatto?

MARINO – Odiata? No, mai!

         Vedi, mi è dispiaciuto molto quando lo hai portata con te… (a Lui, spiegando) E’ il ritratto del mio angelo, è il mio sogno… (a Lei di nuovo) ma poi mi sono accorto che anche se l’avevi portato via, quel quadro era lì, appeso a quel mura e anche se c’era rimasto solo il segno bianco sulla parete, io lo vedevo lì, davanti a me…

LEI – Ma no, ce l’avevo io, qui…

MARINO – No, è sempre stato lì, ed ora io l’ ho portato con me, durante tutti il viaggio ed ora l’ ho appeso… Eccolo lì… (Lui e Lei si guardano).

LUI – Ti trovo bene, non sei cambiato affatto…

LEI – Ora, Marino, Salirai in camera tua a darti una ripulita e poi scenderai qui, a fare colazione insieme a noi… (chiamando) Donna!

DONNA (comparendo) Sì, signora…

LEI – Accompagna il signorino Marino in camera sua…

DONNA – Certo, signora, come lei ordina…

MARINO – Ciao, Donna!

DONNA (guardando i padroni, imbarazzata) – Buongiorno, signorino Marino! Prego, le faccio strada… (si allontanano).

LUI – Sarò pessimista, ma prevedo giorni bui per la nostra casa…

LEI – Esagerato! Giorni bui! Ti sei fatto ingannare dalle prima impressioni! Aspetta qualche giorno e vedrai… (si allontana poi si ferma e, prima di uscire definitivamente, a Lui, convinta). Vedrai!

         (Buio. Musica).

                                                                    SCENA SESTA

(Luce. Al tavolo in proscenio a sinistra è seduti Marino. Osserva due candele accese nelle bugie, le studia per un po’, poi le spegne, le prende in mano e inizia a cercare varie soluzioni di parallelismo fra esse. Entra Donna).

DONNA – Ma, signorino, cosa sta facendo?

MARINO (le va incontro e la bacia sulle guance) – Ciao, Donna!

DONNA – Ecco, signorino, forse sarebbe il caso che lei si comportasse con me un po’ meno…

MARINO (la interrompe) – Stavo cercando di comprendere un’espressione che mia sorella ha usato, illustrandomi le cose di cui dovrò parlare…

DONNA – Quale espressione?

MARINO (con le candele in mano) – Convergenze parallele! (quasi declamando) E’ solo l’ostruzionismo di forze debitamente aleatorie che può inquinare gli sforzi industriali che mirino alla difesa dei passeri in Calabria e solo con l’operato delle forze dei metalmeccanici che addentrino le relazioni Est-Nord che l’inquinamento subirà ben due scatti di contingenza e uno slittamento della scala mobile in modo tale che non sia possibile raggiungere il tetto dei duemila biliardi e solo i passeri della Calabria possono contribuire a fare luce sul tentativo di golpe della Sud Tirolen Voxpartain!… Sono bravo?

DONNA – Sì, certo… ma io non ci ho capito niente!

MARINO (preoccupato) – Tu credi che quello che ho detto vorrà dire qualcosa?

DONNA – Non so… Ma in caso negativo… perché l’ ha detto?

MARINO – Io sto imparando! Ascolto gli altri! Dammi un po’ di tempo e riuscirò anche a dare un senso a quello che dico! Anche gli altri credo che abbiano avuto bisogno di un po’ ti tempo per capire!

DONNA – Altroché! E molti ancora non ci sono arrivati! Eppure c’è qualcosa in lei che non capisco…

MARINO – In lei? (si gira cercando qualcuno).

DONNA –In lei! (indicando lui).

MARINO –In me?

DONNA – Sì, c’è qualcosa che mi sfugge…

MARINO – Loro mi conosceranno meglio…

DONNA – Loro? (si gira cercando qualcuno).

MARINO (indicando lei) – Sì, loro! E spero che diventeremo amici, perché “essa” mi sei molto simpatica…

DONNA – C’è qualcosa che mi attrae in… te… Beh, è meglio che faccia solo la cameriera…

MARINO – Sei molto brava…

DONNA – A fare che? (timida).

MARINO – La cameriera!

DONNA – Grazie! (sorride, gli dà un bacio sulla guancia e va via, lasciandolo sorpreso di non averlo ricevuto anche sull’altra).

          (Marino ricomincia a giocherellare con le due candele).

    

                                                   SCENA SETTIMA

LEI (entrando) – Oh, sei qui! Ho una bella notizia per te!

MARINO – E’ guarita?

LEI – Chi? (sorpresa).

MARINO (triste, si alza e va alla finestra. Guarda fuori) – Sono molto preoccupato! Stamattina ho visto, passeggiando nel giardino, una gardenia bellissima… è molto malata… Mi ha chiamato, sventolando i suoi colori… Pensavo volessi dirmi che è guarita…

LEI – Ma Marino, ti prego, come puoi sapere se è malata?

MARINO – Chi me lo ha detto è degno di fiducia e conosce meglio di tutti i mali dei fiori…

LEI . Insomma, chi te lo ha detto?

MARINO – Lei!

LEI – Lei? Lei, chi?

MARINO – Lei. La gardenia…

LEI – La gar…?! Vieni, Marino, siedi… (siedono. Lei sul dondolo a destra, Marino,  a terra con il capo sulle ginocchia di Lei). Vedi,  marino, ci sono tante cose che dovrai imparare, qui…

         La bella notizia che ti avevo portato è quella di aver trovato un ottimo maestro di galateo, che durante i prossimi giorni, curerà la tua educazione… Ma mi rendo conto che molte cose le dovrai imparare da me… Vedi, Marino, i fiori appartengono al mondo vegetale… i fiori non parlano! (meraviglia di Marino, che solleva la testa). Non è una cosa che dico io, è un dato di fatto… Tutti sanno che i fiori non parlano, è una cosa nota a tutti noi…

MARINO – Io credo che tutti voi vi sbagliate…

LEI – Ma Marino…

MARINO – Vedi… Sai cosa mi diceva il vecchio Sammy? “Bisogna imparare – diceva – a distinguere il parlare dal dire parole. Le parole le sanno ascoltare tutti quelli che hanno orecchie, ma il parlare lo può capire soli chi ha il cuore ed il cervello, e non importa se sia privo di orecchie, del naso o dell’alluce destro. Parlare significa comunicare sensazioni, mettere gli altri in condizioni di capire. Gli uomini – diceva ancora – possono dire delle parole, mentre le piante, i fiori, le cose, non sanno dire parole ma parleranno sempre, se tu sai dare loro ascolto!”. Io non capivo mai completamente quello che diceva, ma poi quando lui terminava di parlare ed iniziava a suonare il sassofono, io pensavo che aveva ragione, e il giorno dopo provavo ad ascoltare tutto ciò che avevo intorno, e da allora non smisi più…

LEI (tra sé e sé) – Forse sarà più dura di quello che immaginassi… (a lui) Ecco, Marino, domani stesso inizierai le lezioni di comportamento con il professor Omega… Intanto bisogna cominciare a curare il tuo aspetto fisico… Dovrai innanzitutto tagliare quella barba…

MARINO – No, ti prego…

LEI (dura) – Barba! Poi ti darò dei soldi, andrai a far compere, entrerai in un magazzino di abbigliamento e comprerai le cose che ti scriverò… (prende un foglietto e una penna. Scrive). “Un paio di scarpe, un paio di calze, un paio di pantaloni, una giacca, una camicia, una cravatta ed un cappello!”. Intanto farò acquistare vari vestiti completi dal nostro sarto di fiducia. Ecco… (gli porge la lista). Ora vieni con me, ti darò i soldi e stasera, al tuo rientro, ti farò conoscere il professor Omega… Vieni, su…

          (Si allontanano).

         (Buio. Musica).

                                                         SCENA OTTAVA

(Luce. Alla scrivania Lui ed il professor Omega che dialogano).

LUI – Penso di averle spiegato con sufficiente chiarezza qual è la portata del mio problema…

OMEGA – Sì, sì, ho capito benissimo… Vede, io credo che sarà un lavoro lungo, ma credo anche che potremo giungere a dei risultati concreti; se, da quello che mi ha spiegato, è praticamente un bambino, basterà iniziare da zero, alternando, a mio parere, lezioni di galateo a lezioni tipiche di algebra, aritmetica, geografia, letteratura e così via…

LUI – Crede che sia la soluzione migliore?

OMEGA – Certo, sarà come se iniziasse ad andare a scuola… con venticinque anni di ritardo!

LUI – Lo spero…

OMEGA – C’è una cosa della fondamentale importanza prima di sapere la quale non possiamo iniziare nessun tipo di trattamento…

LUI – Quale?

OMEGA – Avete intenzione di pagarmi al mese o alla settimana?

LUI – Ma alla settimana, naturalmente! Anzi, se vuole accomodarsi, comincerò a versarle un piccolo acconto. Prego… (si allontanano).

         (Buio).

                                                              SCENA NONA

(Lei seduta al dondolo, che lavora a maglia, Donna che spolvera la scrivania di sinistra).

LEI – Donna, quando il signorino giungerà, vorrei saperlo subito!

DONNA – Sì, signora… (Donna sta cominciando a perdere l’atteggiamento rigidamente formale). La farò avvisare subito… Posso andare?

LEI – Certo, vai pure.

DONNA – Grazie, sinora. Tornerò in casa fra dieci minuti…

LEI – Vai, vai, ma… dove vai?

DONNA (allontanandosi dopo aver dato un’occhiata alla finestra) – Devo dare del medicinale ad una gardenia e devo vedere anche un gruppo di ciclamini che non mi sembrano tanto in forma… (esce).

LEI – Ciclamini? Donna! (fa per richiamarla ma desiste ed inizia a riflettere).

MAGGIORDOMO (entrando) – Signora, Marino… (Lei lo guarda severa). Oh, mi scusi, “il signor Marino”… sa, stiamo diventando molto amici… (riprende l’aria seriosa). Il signor Marino è qui.

          (Entra Marino. Indossa una camicia bianca, una cravatta con fantasie floreali, giacca aragosta rigata e pantalone pied-è-pull marrone. Calze a strisce bianche e rosse. Cappello con visiera a mo’ di fantino).

LEI – Ma… Cosa hai fatto?! (spegne il sorriso sul volto di Marino). Puoi andare… (al maggiordomo, che esce). Che diavolo hai comprato?

MARINO (spaventato, estrae dalla tasca una lista ed inizia a leggere) – Un paio di scarpe, un paio di calze…

LEI (lo interrompe bruscamente) – Ma ti sembra un abbigliamento serio? Come hai potuto arrivare fin qui?

MARINO – Non è molto distante, anche a piedi…

LEI – E i pantaloni, poi… Lo sai come sono i pied-è-pull marroni?

MARINO – Orribili?

LEI – Sì! (urlando). Orribili! (lunga pausa di tensione).

MARINO (guardandosi i pantaloni) – Hai mai notato come questo disegno somigli agli alveari delle api?

LEI – No!!! (urla) – Non ho notato! (pausa). E le calze?! (sorpresa, scoprendole).

MARINO – Sono orribili bianche e rosse, vero?

LEI – Sì!

MARINO – Bianche e verdi?

LEI – Orribili!

MARINO – Verdi e rosse?

LEI – Orrende!

MARINO (timidamente) – Bianche?

LEI – Orrende! (pausa). L’unica cosa passabile è la camicia.

MARINO – Sì, sono molto soddisfatto… Mi ha colpito subito.

LEI – Beh, “colpito” non è il termine appropriato. E’ un colore bianco unito, neutro, adatto sia a teatro che ad un pranzo ufficiale… Dai, togliti tutto e vieni con me,

          (Si allontanano. Nel togliere la giacca Marino mostra al pubblico un enorme e variopinto disegno floreale sul retro della camicia.).

         (Buio. Musica dolce. Sfuma la luce di piazzato salendo lentamente quella di proscenio a sinistra).

                                                           SCENA DECIMA

         (Donna è seduta in proscenio a sinistra intenta a cucire).

DONNA – Morta! Era così bella! Ricordo che tutti si voltavano a guardarla… Un esempio di gentilezza ed eleganza… Eh, il giardino non sarà più lo stesso senza quella gardenia… Che strano. Sento una strana sensazione. Ho timore di dirlo a Marino… ne soffrirebbe troppo… Ma allo stesso tempo sento che ha la forza di superare il dolore… Forse non so spiegarlo neanche a me stessa… Ha qualcosa che… mi attira… una forza… Ma forse sono io che esagero…

MARINO (entrando) – E’ morta! Quella gardenia è morta!

DONNA – Sì, ho visto… Ho sofferto molto…

MARINO (si siede in proscenio a destra sul dondolo) – Perché?

DONNA – Ma… perché è morta!

MARINO – Non devi evi soffrire se è morta, devi soffrire se è malata e soffre… Quando un fiore muore, è per far posto ad un altro… E’ lui che sceglie di morire quando sente che è giunto il momento… Sai cosa diceva Sammy? (spiegando). Sammy era un mio amico, che mi spiegava le cose e che suonava molto bene il sassofono… Sammy diceva: “Vedi, Marino, sai qual è la differenza tra i fiori e gli uomini?”.

         “No”, rispondevo io. E lui: “E’ che. Al di là di eventi improvvisi che nessuno può prevedere, i fiori scelgono essi stessi di morire, quando sanno che la loro morte può giovare ad un altro che deve venire… Gli uomini, invece, muoiono contro la loro volontà, condizionata e manipolati da altri uomini che possono trarre vantaggi dalla loro morte…”.

          “E perché vanno a morire?” Gli chiedevo.

          “Non lo sanno – mi diceva – non si accorgono di morire giorno dopo giorno… Se il fiore potesse opporsi alla lama dell’uomo che recide il suo stelo, anche l’uomo potrebbe troncare i cento fili che lo muovono…”:

          io non l’ ho mai capito a fondo, questo discorso, ma sapevo che il figlio di Sammy era morto e so che anche lui amava molto i fiori… Quando lo trovarono, il suo corpo era una grande macchia di sangue in un campo di margherite… E io credo che lui sia felice, ora, perché è rimasto per sempre fra i petali… Ora non ha più il suo fucile perché io ho visto che l’ hanno consegnato al padre… Sammy lo teneva in soffitta, accanto al suo sassofono, ma io so che ogni sera, quando andava prendere il suo strumento per suonarmi qualcosa, lucidava a lungo quel fucile, e parlava con lui che aveva vissuto tutti quei mesi con suo figlio…

DONNA – Sammy… è morto?

MARINO – E’ morto il suo corpo… Lui è qui, con noi… (Donna si guarda intorno). Non lo puoi vedere… Ma tu lo puoi sentire, perché sei buona… (Donna gli si avvicina e lo bacia sulle labbra). Perché qui?

DONNA – Perché… ti voglio bene! Perché… sei un… sei un filosofo, ecco! (va via. Marino resta un attimo interdetto).

LEI (entrando) – Oh, eccolo qui! Marino, ti presento il professor Omaga!

OMEGA (entrando, gli tende la mano) – Ciao, Marino!

MARINO – Ciao!

LEI – Marino, non devi dare del tu al professore!

OMEGA – Lo lasci fare, signora. Se vuole darmi del tu, lo faccia pure.

MARINO – Grazie! Sei molto simpatico.

LEI – Ora va su a lavarti le mani e torna qui per la prima lezione…

MARINO – S’, vado… Ciao, a dopo.

OMEGA – Ciao, Marini.

LEI – E ricorda: devi volere bene al professore, che è scienziato e filosofo!

         (Marino si blocca un attimo. Ci pensa, torna indietro, bacia il professore sulle labbra ed esce).

        (Buio. Musica).

                                                SCENA UNDICESIMA

(La scrivania che era a sinistra è ora divisa esattamente in due metà, una a destra ed una a sinistra del proscenio. La lezione procede come se la scrivania fosse intera. Alcuni movimenti sincroni di Marino, seduto alla metà di destra, e di Omega, a sinistra, daranno questa sensazione).

OMAGA – Non va, non va! Tu devi ascoltare quello che io ti dico, non devi fare domande stupide!

MARINO – Va bene…

OMEGA – Allora, procediamo…

MARINO – Coma faccio a sapere quando una domanda è stupida?

OMEGA – Una domanda è stupida quando una risposta è semplice. Hai capito?

MARINO – Devo aver capito necessariamente?

OMEGA – Sì! (irato).

MARINO – Ho capito (pausa). Allora, per esempio. La tua domanda: “Hai capito?”, è una domanda stupida!

OMEGA – Lasciamo perdere… Dove eravamo rimasti? Ah, il galateo… Dunque, il galateo è l’insieme delle norme da seguire per poter vivere in società… è una serie di regole da rispettare per essere rispettati dagli altri…

MARINO . E’ un po’ confuso…

OMEGA – Oh, non preoccuparti… Viviamo in un’epoca di confusione. Gli uomini sono smarrir, disorientati, non sanno più reagire, non sanno ciò che devono fare per rendere la vita più vivibile… Comunque, per vivere in mezzo agli altri, basta avere educazione e rispetto per la morale e il pudore…

MARINO – Il pudore? Cos’è il pudore?

OMEGA – Ehm… il pudore… Rispettare il pudore significa, per esempio… vediamo… non baciarsi in pubblico, non vestire in modo sconcio, non prendere il sole sulle spiagge tutti nudi…

MARINO – Sono queste le cose da non fare? E chi lo ha stabilito?

OMEGA – Ma… la società, gli uomini stessi!

MARINO – Una cosa non ho ben capito…

OMEGA – Dimmi…

MARINO – Se è vero quello che hai detto prima, che gli uomini non sanno più cosa fare per reagire…

OMEGA – Sì…?

MARINO – …perché perdono tempo a stabilire le cose da “non fare”?

OMEGA – Ma che domanda è questa?

MARINO – Rosa era quella che meno di tutte aveva rispetto per il pudore…

OMEGA – Chi è Rosa?

MARINO – La vacca con le mammelle più grosse che io abbia mai visto!

OMEGA (irato) – Smettila! Zitto! Tu devi solo ascoltare! Senza fare domande!

MARINO – Neanche quelle non stupide?

OMEGA – Niente! Zitto! E poi, tu fai solo domande stupide!

MARINO – Quelle con risposte facili?

OMEGA – Certo!

MARINO – Forse mi sono distratto, perché non ho sentito le facili risposte alle stupide domande che ho fatto…

OMEGA – Basta! Proseguiamo… Allora, queste regole, una volta imparate devono essere sempre seguite, in tempo di gioia e di dolore, di allegria e di tristezza… Domani passeremo all’enunciazione di queste regole… Passiamo ora alla geometria. Dunque… che cos’è questa? (traccia una linea sul foglio).

MARINO –Una riga.

OMEGA – Linea! Linea, si chiama… La linea è un insieme di punti consecutivi che continua fino all’infinito.

MARINO – Fino a dove?

OMEGA – Fino all’infinito. Io ho segnato questa linea che finisce dove termina il foglio, ma essa continua fuori del foglio, dalla stanza, dalla casa… (Marini guarda fuori dalla finestra). La linea non ha fine… Ora disegniamo un’altra linea…(la traccia sul foglio) queste due linee che mantengono la stessa distanza in tutti i loro punti, non si incontreranno mai… dicasi parallele!

MARINO – Sì, lo so… Posso fare un domanda? Due linee possono essere convergenti?

OMEGA – Certo! Dicasi convergenti quando si incontrano in un punto!

MARINO – E possono essere parallele e convergenti?

OMEGA (imperativo) – Mai!

MARINO (fra sé e sé) – Lo dicevo io… (a Omega). E perché anche se potrebbero scoprire di andare d’accordo, queste due linee non si incontreranno mai?

OMAGA – Marino, in geometria esistono i “dogmi”, cioè delle asserzioni alle quali devi credere senza domandarti il perché e il percome…

MARINO – Ho l’impressione che non esistano solo in geometria…

OMEGA (scandendo meccanicamente a voce alta e sfumando questa con l’inizio in crescendo della musica ed il calo delle luci) – Allora… dicasi rette parallele due rette equidistanti in tutti i loro punti. Dicasi rette intersecanti due rette aventi un punto in comune. Dicasi angoli gli spazi formati dall’incontro di due linee…

          (Buio. Musica).

                                                  SCENA DODICESIMA

COLLEGA (sale una luce su di lui, seduto al dondolo) – Centodue chili! Da fare invidia a tutti gli amici del circolo! Io sono lì, che cammino da due ore senza aver trovato un’orma che è una… Stanco e ormai arreso, le braccia a penzoloni per il gran camminare... quando ad un tratto, i miei quattro segugi cominciano ad inquietarsi… Ed ecco lì, un ramo spezzato, una radice sradicata… Seguo i miei campioni di punta per quasi un’ora… E d’improvviso, facendo capolino da un cespuglio, eccolo lì, enorme, maestoso… Centodue chili! Il più grosso cinghiale che io abbia mai visto! Ci guardammo un attimo negli occhi, tratteniamo il fiato e... pam! pam! al secondo colpo! E’ l’, inerme, alla mia mercè… E il mio fedele coltello fa il resto! Per due mesi, sono stato oggetto di complimenti ed invidiose occhiate, giù al circolo. Una testa che occupa mezza parete della mia casa! E i miei cani, del corpo, ne stanno ancora mangiando!

          (Buio).

                                                  SCENA TREDICESIMA

SERVO (sale la luce su di lui, seduto a terra, a sinistra, accanto a lui il maggiordomo seduto alla sedia) – Centodue chili! Né uno più, né uno meno! Tanto pesava quella cassa di frutta, carne e verdura che ho trasportato su per le scale, dalla cantina alla cucina! Centodue chili! E quale è stata la prima parola del padrone quando mi ha visto seduto a ripigliar fiato? “Scansafatiche”!

MAGGIORDOMO – Non te la prendere. “Scansafatiche” è solo una parola!

SERVO – Non sono forse le parole che manifestano i nostri sentimenti?

MAGGIORDOMO – Credevo anch’io così!

SERVO – E ora non più?

MAGGIORDOMO – Sai cosa mi diceva ieri Marino? “Le parole che tu senti pronunciare – diceva – non sono più il pensiero della testa, ma il movimento della bocca!”.

SERVO – Non capisco…

MAGGIORDOMO – Quando il Re nero, parlano troppo e troppo male, i pedoni bianchi tenteranno di esprimere i loro pensieri bianchi con le parole dei neri e le azioni che ne usciranno sai di che colore saranno? Grigio! E per i colori grigi non c’è posto, sulla scacchiera! Dovrebbero essere i pedoni bianchi a parlar bianco, e quelli neri il nero. E insieme aiutare il Re bianco a sconfiggere il Re nero e quello nero a distruggere il bianco!

SERVO – Non capisco…

MAGGIORDOMO – Vedi, quello che dice Marino, è a volte di non facile comprensione, ma ha il pregio di farti pensare… Tu lo sai qual è la parola più lunga?

SERVO – Sì, “Precipitevolissi…”.

MAGGIORDOMO – No! (interrompendolo). E’ … “sempre”!… E quella più triste? “Io”! e la più ambigua? “Amore”!questo è un gioco che il vecchio Sammy insegnò a Marino e Marino a me… Ognuno lo può fare, a suo piacimento e scegliendo le parole più adatte, purché, allo specchio, scelga di essere completamente sincero con sé stesso…

         (Buio. Musica).

                                             SCENA QUATTORDICESIMA

         (Lei e Lui seduti alle poltrone).

LUI – Eppure è una cosa sulla quale è il caso di riflettere…

LEI – Lo so, me lo hai già detto…

LUI – E’ una buona offerta,,, E poi sono interessate all’affare persone molto in alto…

LEI – Lo so, ma ti ho spiegato il problema. Quel terreno, sul quale sorge la fattoria, ora appartiene in parti uguali a me e a Marino.

LUI – Sì, ma non credo lui capirebbe la convenienza a vendere alla società Autostrade…

LEI – Appunto. Quindi, non potendo spiegare a Marino i vantaggi di un tale investimento, il caso è chiuso e non ci pensiamo più…

LUI (lunga pausa) – Certo, dei sistemi per ottenere la potestà della sua metà di immobile ci sarebbero…

LEI – Sì, ma non voglio… Conosco i vostri sistemi… E non farò mai in modo di dimostrare un’eventuale pazzia di Marino per vendere in libertà quella tenuta…

LUI (lunga pausa) – Pazzia… che parola grossa… Basterebbe dimostrare una certa inabilità a decidere…

LEI – No, non voglio!

LUI – Gli ambienti interessati sono molto vicini a “Lui”.

LEI – “Lui”?

LUI – Lui! (circospetto). Il Gran Censore!!!

LEI – No!

LUI – Sì…

LEI – Facciamo così. Cercherò di convincere Marino ad apporre la sua firma sotto contratto…

LUI – Bene. Io dovrei dirti… ecco… ma non vorrei illuderti inutilmente… forse… ho conosciuto delle persone che mi hanno presentato… Ho dovuto fare dei piccoli regali, ma… Forse riuscirò ad invitarlo a cena da noi!

LEI – Chi?

LUI – « Lui »!

LEI – « Lui » ?

LUI – « Lui »! Il Gran Censore!!!

LEI – No! Ma… è magnifico! E’ una cosa che non avrei mai osato sperare! Dimmi che stai scherzando, ti prego!

LUI (sognante) Lui! Il simbolo incontrastato del potere! Il punto di riferimento degli ambiziosi! Il gestore di tutti noi! Lui qui, a cena a casa mia… Oh, che cosa meravigliosa sarebbe! Poterlo vedere, toccare, potergli parlare, cenare al suo tavolo! Lui! Lui… lui... lui è Dio !

          (Buio. Musica).

                                                SCENA QUINDICESIMA

Donna (entrando, toglie i fiori da un vaso sul tavolo e ci mette delle foglia di basilico) – Ha proprio ragione! Almeno tra i fiori bisogna abbattere le distinzioni di classe! Le viole sono belle e profumate, è vero, ma il basilico… Senti che profumo, povera pianta relegata in cucina… Mai usata in salotto a fare bella mostra di sé! E senti che profumo… Sì, sta proprio bene! Al centro della tavola! Ecco… (esce).

COLLEGA (attraversando il palcoscenico da destra a sinistra e scomparendo in quinta) – Marino! Marino!

MARINO (entrando dalla parte opposta) – Ah, che profumo! (si ferma un attimo ad annusare il basilico e poi va a sedere al dondolo).

COLLEGA (rientrando) – Marino! Ti cercavo! (distratto, si ferma in piedi, accanto al tavolo). Ah, che profumo… Marino, ti devo parlare! Ascolta. Fra qualche giorno verrà qui, a cena, una persona molto importante… C’è bisogno che io ti dica… ma che profumo… che io ti dia dei suggerimenti per quel che riguarda il comportamento… Dunque… (di spalle a Marino, in piedi e con le mani sul tavolo, imbarazzato e nervoso, con il viso poco distante dal basilico).

MARINO – Suggerimenti, consigli, direttive! Non si finisce mai…

COLLEGA – Ma che profumo… (estasiato ma non da l’impressione di attribuire al basilico il profumo).

MARINO – Non capisco perché ci si debba comportare secondo delle regole prestabilite…

COLLEGA (con tono ripetitivo, solo per controllarsi o per far capire a Marino di non gradire il discorso che sta iniziando) – Ma che profumo!

MARINO (alzandosi e avvicinandosi a lui) – Non sarebbe meglio comportarsi con naturalezza?

COLLEGA (c.s., in crescendo) – Ma che profumo!

MARINO – Io credo che ognuno dovrebbe essere libero di fare ciò che ritiene giusto…

COLLEGA (esplode) – Ma questa è anarchia!

MARINO (lo aggira, annusa le foglie) – No, è basilico!

COLLEGA – Marino! Tu devi seguire certe regole! E poi… (calmandosi) devi capire che trattare con rispetto la persona in oggetto potrebbe significare agevolare tua sorella e tuo cognato… cerca di capirmi… Insomma, non devi far altro che seguire le indicazioni che io, tua sorella ed il professor Omega ti abbiamo dato in questi giorni… Allora…(gli posa un braccio sulle spalle e allontanandosi con lui). Non parlare se non sei interrogato, non chiedere cose imbarazzanti, non discutere…

          (Escono. Buio. Musica).

                                       SCENA SEDICESIMA

(Sulla musica poca luce. A mano a mano che la musica velocizza, entrano tutti i personaggi che si danno un gran da fare per mettere in ordine; velocizza la musica, velocizza l’azione, sale la luce e il volume della musica, fino all’exploit musicale che troverà Marino a destra, in piedi con Donna e il Maggiordomo. Lui, Lei, Collega e professor Omega a sinistra in piedi, tutti spalle al pubblico; tutti i domestici a destra e sinistra della scala, a mo’ di boys mentre in cima compare, in una vistosa toga da magistrato e avvolto in un crescente raggio di luce, il Gran Censore. Egli è ora fortemente illuminato, in un contrasto con la penombra nella quale nel frattempo verranno avvolti tutti gli altri personaggi).

(Sipario).

  

                                                SECONDO TEMPO

 

(Il secondo tempo riprende dalla danza vorticosa dei domestici e l’illuminazione del Gran Censore. Egli rimane fermo in posa plastic durante tutte le battute dei personaggi che lo accolgono).

                                                    SCENA PRIMA

LUI (un passo avanti, entrando nel cono di luce che illumina la scala) – Benvenuto nella mia umile casa!

OMEGA (c.s.) – Siamo onorati che abbia voluto degnarci della sua onorevole presenza, in questa che sarà per noi una indimenticabile giornata!

LEI (c.s.) – La mia speranza è che Sua Eccellenza possa trovarsi completamente a suo agio, oggi, in nostra compagnia…

CENSORE (ancora completamente immobile) – Comodi, comodi… E’ un piacere per me avere accettato il vostro invito… E’ mio profondo convincimento che una persona come me debba di tanto in tanto trascorrere una giornata qualunque, con gente qualunque, in una casa qualunque… Fa parte della mia teoria… Per dimostrare a quegli stupidi ciarlieri che la vera democrazia esiste quando è il vertice che si avvicina alla base… Voglio quindi che per un giorno dimentichiamo gli abissi che ci dividono e che la mia permanenza in questa casa abbia in ogni momento le caratteristiche di… modestia… e semplicità… che mi auguro… vogliate apprezzare! (mentre si comincia a sentire il brano “sentimental” di Wanda Osiris, il Gran Censore inizia a scendere le scale lentamente, dopo aver tirato fuori dalle quinte una coppia di levrieri afgani; la servitù ai lati della scala tirerà fuori dei mazzi di rose e si disporranno a mo’ di “boys”. Giunto accanto agli altri, cessa la musica, un cameriere porta via i cani, un altro i fiori. Della servitù rimangono solo Donna e il Maggiordomo).

          Ah, non avete idea di quanto faccia bene alla salute spezzare la monotona routine di ogni giorno… (si accende un sigaro).

LUI – Sono felice, Eccellenza…

CENSORE – Lo so, lo so. Ci mancherebbe altro…

COLLEGA – E’ un onore per noi…

CENSORE – Certo che è un onore, certo…

OMEGA – Spero che si trovi bene, qui…

CENSORE – Sì, sì… E’ carino qui… Tutto addobbato… Tutto in ghingheri… (dà uno schiaffetto al maggiordomo). Tutti in ordine… (dà una pacchetta al posteriore della cameriera). Tutti che pendono dalle mie labbra… (dà uno schiaffetto sulla guancia a Marino il quale, sempre sorridendo, glielo restituisce, sconvolgendo i presenti e lasciando un po’ interdetto il Gran Censore).

LUI – E’ con gran felicità…

CENSORE – Sì, sì, tutto parla, tutto mi dice che siete contenti di avermi qui… Persino i fiori… (si avvicina ad annusare i fiori sul tavolo, sempre con il sigaro acceso). Sentite… Sentite come questo fiore mi sta dicendo di essere felice che io sia qui…

MAGGIORDOMO (prendendo il vaso con i fiori e uscendo) – Credo che si sbagli, signore… Se ascolta meglio, credo che riuscirà a sentire che  sta dicendo di non sopportare la puzza del suo sigaro… Con permesso…

LUI (a Lei) – Ma come si permette…

LEI – Voglia favorire, Sua Eccellenza… Vorrei mostrarle il giardino…

CENSORE – Sì, sì, vengo…

LEI – Marino, vuoi mostrare tu la strada a Sua Eccellenza?

MARINO – Certo, con piacere… (gli si avvicina come se volesse accompagnarlo, poi si ferma alla finestra e indicando). Ecco, deve scendere quella scala bianca con le colonne di marmo, ma stia attento a non sporcarsi i piedi nel fango e soprattutto a non calpestare i semi che abbiamo piantato ier l’altro…

LUI (insieme a Lei, Collega e Omega) – Prego, Eccellenza, di qua…

         (escono).

                                            SCENA SECONDA

DONNA – Oh, sei stato fantastico!

MARINO – Perché?

DONNA – Ma ti rendi conto che hai trattato il Gran Censore come uno di noi?

MARINO – Impara una cosa, qualsiasi cosa abbia fatto questo signore: mai essere razzisti!

DONNA (ride) – Sei magnifico! (lo abbraccia e gli dà un lunghissimo e appassionato bacio, durante il quale lei è di spella al pubblico e ondeggia la testa, mentre lui, di fronte e immobile, mostra un certo interesse al fatto, ma soltanto con la mimica degli occhi). Scusami… (si ricompone). Ecco… io vorrei chiederti una cosa… Tu mi hai insegnato a dare importanza alla sostanza e non alla forma, a combattere i falsi pudori e l’ipocrisia… io… ecco… vorrei venire a letto con te!

          (si gira un po’ vergognata).

MARINO – Ma… non so… il mio letto è tanto piccolo… Non credo che staremo molto comodi a dormire insieme…

DONNA – Ma… solo per un poco… Poi tornerei nel mio letto, qui dabbasso…

MARINO – Se ti fa piacere… Ma perché vuoi venire un poco a letto con me?

DONNa – Perché… non so… Ecco… Perché ho di te una grande stima  e ammirazione! (figge via).

(Marino mima il bacio avuto prima varie volte, poi siede a centro stanza, sguardo nel vuoto, quasi a riflettere su quella nuova esperienza).

                    

                                           SCENA TERZA

(Sopraggiungono veloci, Lei, Lui e Collega e si portano alle sue spalle).

LEI – Eccolo, l’incosciente!

LUI – Sei impazzito!

MARINO – Ma perché?

COLLEGA – Stupido!

LEI – Ti sembra questo il modo di comportarti?

LUI – Ti ha dato di volta il cervello?

COLLEGA – Tutto quello che ti ho raccomandato…

(Iniziano a parlare quasi contemporaneamente, e sempre più velocemente. Le battute di Lui si accavalleranno a quelle di Lei, e quelle di Collega a quelle dei due).

LEI – Quante volte ti devo ripetere che bisogna comportarsi con educazione? Essere rispettosi e riverenti, non mostrarsi maleducati, trattare le personalità con la devozione a loro dovuta, (da questo momento subentra anche Lui) non indispettire le persone importanti, trattare la servitù con il rispetto della differenza di strato sociale, non parlare a sproposito, non intervenire nel discorso se non sei interpellato, (da questo momento si aggrega anche Collega) non alzare la voce, pensare prima di parlare se le tue parole possono offendere la sensibilità di persone di riguardo presenti, avanzare delle tesi che convalidano quelle degli interlocutori… (sfumando).

LUI (aggregandosi a Lei) – Essere educati, non parlare di argomenti che possono urtare la suscettibilità delle persone che frequenti, rispettare sempre il pudore, osservare le regole fondamentali del galateo, non criticare mai l’operato di quelli che ti stanno intorno, non dare ad altri indicazioni sul come comportarsi, (da questo momento si aggrega Collega) non fare domande stupide, non fare allusioni su niente e nessuno, non lasciarti andare a considerazioni sulla stato attuale delle cose che ti stanno intorno,,, (sfumando).

COLLEGA (aggregandosi a Lui e Lei) – Cosa ti ho detto prima? Devi valutare se quello che dici potrebbe offendere una persona che potrebbe essere utile alle persone che ti stanno vicino, non introdurre argomenti sui quali non hai una preparazione specifica, non avanzare stupide ipotesi sugli atteggiamenti della gente… (sfumando).

         (Dopo l’ultimo tratto accompagnato da crescendo di musica e gioco di luci stroboscopiche, buio).

                                                               SCENA QUARTA

(Di nuovo fascio di luce su Marino. La poesia che segue è di Gabriella Pennasilico e viene recitata prima che parta la base musicale con inciso un pezzo molto dolce accompagnato da un effetto danza: il quadro si anima e il clown-mimo esegue il suo numero per tutta la durata del pezzo musicale, tornando alla fine a calarsi di nuovo nella sua “cornice”).

MARINO – Non vedi, Angelo?

Qualcuno mi sta picchiando dentro…
Cosa puoi fare per me, Angelo?
Quando cercano di rubarmi dalla terra…
C’è una ragione…
Perché dovrei piangere?
Perché dovrei morire dentro?
Angelo, non mentire…
Angelo, oh mio angelo…
Non posso vederti
Ma dimmi, dai, dimmi

c’è qualcosa di nuovo?

L’ultima fiaccola si è spenta, Angelo…

Ora le ombre mi parlano della notte…

E quando sarà passata, Angelo

un nuovo giorno mi prenderà per mano…

C’è una ragione

Perché  dovrei aspettare qualcosa

Che non arriva mai?

Angelo, dimmi perché…

Non dirmi che devo…

Io sto crescendo

E divento vecchi, divento vecchio

Sebbene sia ancora giovane.

         (Buio).

                                             SCENA QUINTA

(A sinistra una vecchia tavola apparecchiata. A capotavola il Gran Censore; alla sua destra Lui, Omega e Lei; alla sinistra Collega e Marino).

CENSORE – Veramente ottimo questo pranzo!

LEI – Oh, è troppo buono…

LUI – Abbiamo cercato di fare del nostro meglio…

CENSORE – Sono fioriti i ciclamini? (lascia tutti interdetti).

MARINO –No, Sua Eccellenza, dovremo aspettare ancora un mesetto…

COLLEGA – Sua Eccellenza è un appassionato botanico?

CENSORE – No! (mangia).

MARINO –Mi scusi… (tutti in allarme, rigidi) può passarmi il sale?

LUI (tutti si rilassano) – Ecco qua… (gli passa la saliera).

MARINO (al Censore) – Lei non crede…

LUI (interrompendolo e, in piedi, al Gran Censore) – Vuole ancora del roast-beef?

CENSORE – No, no, grazie…

MARINO – Non pensa…

LEI (c.s.) – Vuole ancora del vino? (il Censore diniega).

MARINO – Io dico che…

COLLEGA (c.s.) – Ha controllato la borsa stamane? (il Gran Censore c.s.).

MARINO – Ma io volevo…

COLLEGA (c.s.) Propongo un brindisi! (in piedi alzando il calice. Intanto vari camerieri e cameriere, durante questo scambio di battute, svolgono il loro servizio ritirando dei piatti e portandone degli altri, ma hanno perso quasi del tutto il formale atteggiamento servile e continuano a servire i convitanti quasi come in una bettola).

          Per la grande stima che nutriamo per Sua Eccellenza, io brindo!

LUI (in piedi, alando il calice) – Per il grande onore fattomi, sperando in una sua prossima visita, io brindo!

OMEGA (c.s.) – Per l’ammirazione che provo per l’uomo di cultura, vorrei per sempre essere suo umile servo!

LEI (c.s.) – Per la simpatia che emana in tutti i suoi atteggiamenti, io vorrei che ci degnasse sempre della sua amicizia!

MARINO (c.s.) – Per la grande stima e ammirazione che ho per lui… io vorrei stanotte andare a letto con lui!          8beve, mentre gli altri che si accingevano a farlo, si bloccano agghiacciati).

          (Buio. Musica).

 

                                                            SCENA SESTA

          (Fascio di luce sul dondolo in proscenio a destra. La musa è vestita e truccata da vecchia strega).

MUSA – Grande medico? Insigne scienziato? Sindacalista? Massone? Banchiere? Papa?

          Puah! Quanti mestieri avrei potuto fare! Pochi disagi… molti quattrini… Successo, benessere, vita comoda, qualche omicidio, buoni investimenti, gente che conta… Ah, la vita che ho sempre sognato…

          Non sbattersi l’anima a destra e a manca ogni qual volta che uno di questi imbecilli ti invoca…

          Vacanze favolose, posti di sogno, grandi banchetti… Invece no! Questo mi è capitato… Puah! (sputa per terra).

          Volete un consiglio?Se avete una figlia fatele fare ogni tipo di mestiere, dall’impiegata alla commessa, dalla giornalista all’informatrice della polizia…

          Persino la moglie di un industriale, se vuole… Sì, lo so, lo so che passerebbe la sua vita ad annoiarsi, al mettere al mondo altre piccole serpi ed ad allattarle, ma tutto, tutto dovete sperare che faccia, tranne che… Puah! (sputa)… tranne che la musa!!!

          Non vorrei sconvolgere le vostre tranquille coscienze, ma ho intenzione una volta per tutte di far luce… (ironica). L’ ha baciato la musa… Meditava quando ad un tratto la musa gli ha dato l’ispirazione… La musa dell’arte è in lui… Balle!

          Quando ci chiamano, e tenete conto che può accadere in qualunque momento del giorno e della notte, noi accorriamo… Ma pensate davvero che sia facile? Che basti baciare quel ridicolo ometto sulla sua macchina per scrivere o che contempla avvilito la sua tela bianca, mentre i suoi colori diventano pietra, nell’attesa che “venga illuminato”? no, signori miei, non basta!

          Sarebbe troppo comodo arrivare su di lui, baciarlo e andare via…

          Ecco: sono a casa, davanti ad un grosso panino a tre strati ed un gigantesco boccale di birra. Per la stanza le note di una romanza rendono l’atmosfera irreale, paradisiaca, quando ad un tratto… (si ode un campanello) lì, il campanello di allarme!

          In altro povero idiota che sta maturando la sua crisi comincia a gemere, a piangere dal dolore, perché non riesce a partorire la sua “opera”! povero illuso!

          Okay! Ragioniamo un attimo… pensi forse che serva terminare quello che stai facendo? Pensi che il mio aiuto ti sarà utile? Che ti capiranno? Che cambierà qualcosa? Che i preti si spoglieranno? Che i potenti emigreranno? Che i cantanti faranno poesia? Che i derelitti canteranno? Che gli spettatori piangeranno? Che la donna che sogni ti verrà a cercare?…

         Non sarà così!

          E allora… lasciami al mio panino e al mio boccale! Ma lui no! Insiste, e chiama, e piange, e si         dispera…

          Va bene, va bene, vengo, vengo, ma ti avviso: vado via subito!

Un’ideina, un piccolo spunto, un guizzo, ma poi continui da solo, e io torno ai miei tre strati di salame e gorgonzola. (lentamente comincia a spogliarsi e a cambiar voce, fino a restare con un attillato vestito, rivelandosi una giovane e bella donna). E la fatica non è finita. Credete forse che una volta giunta lì, non occorra una fase preparatoria esasperante?

Eccolo lì… (l’ombra di uno scrittore al tavolino, dietro il telo bianco, comincia a prendere corpo). Questa è la parte più difficile: entrare dentro di lui! Ecco, attraverso le sue orecchie, a cavallo di un casuale rumore, una penna che cade, un aereo che passa…

Sono già nel suo cervello… Troppo piccolo per i miei gusti…

Devo assolutamente trovare quelle stramaledette idee che si nascondono negli angoli più remoti… la difficoltà maggiore consiste nel rimanere in equilibrio… Può capitare che un ricordo ti urti o che tu debba passare per un tabù che ti ostacola il cammino… E ogni volta che poggi il piede per terra devi fare attenzione a non scivolare sui pensieri erotici, che sono i più viscidi che ti possono capitare… Dove sono, queste maledette?

Vedete, neanche noi muse possiamo creare le idee… Le idee sono nel vostro cervello, ma nascoste in qualche angolo… Noi possiamo aiutarvi, ma poi tocca avoi continuare e non gettarle nell’immondezzaio…

E così, pian pianino… Scarta un sentimento, scosta una pena d’amore, fatti largo fra le incertezze, le insidie, le paure e vedrai che finalmente, girato un angolo… PAFF! Eccola lì! PRESA!!! (a pugno chiuso). E’ questa l’idea che cercavo: è buona, se la saprete coltivare… Non la sprecate… Non la rovinate… Perché quelli che non se la sanno giocare, sono morti nel venire al mondo…

A voi, invece, che la saprete afferrare al volo, sperando che non la calpesterete, quando uscirete da questo teatro, io la dono… e con lei… parte di me! (soffia nel pugno chiuso e lancia un ideale oggetto fra il pubblico, mentre la luce cala lentamente).

                                               SCENA SETTIMA

(Di nuovo luce di piazzato. Ancora tutti seduti a tavola, ma Marino sta terminando ora il suo pranzo isolato, su di un tavolino all’estrema destra del palco).

CENSORE – Devo comunque farle i miei complimenti… E’ raro al giorno d’oggi trovare una famiglia perbene come la vostra…

LUI – Oh, sono lusingato…

CENSORE – No, no, me lo faccia dire… Si vede lontano un miglio che in questa casa imperano l’onestà, il pudore e il rispetto della legge!

LEI (applaudendo, civettuola) – Evviva la legge!

COLLEGA – Propongo un brindisi alla legge! (si alza in piedi).

OMEGA – Alla legge, alla legge! (entusiasta).

CENSORE (si alza in piedi e solleva il calice) – E va bene… Allora… alla legge!

LUI (c.s.) – Alla legge!

LEI (c.s.) – Alla legge!

COLLEGA (c.s.) – Alla legge!

OMEGA (c.s.) Alla legge!

MARINO (c.s., mentre tutti gli altri devono) – Alla legge!… Nella speranza che venga presto cancellata! (fa un lungo sorso del suo vino, poi siede e continua a mangiare, mentre tutti restano bloccati).

LEI – Ma Marino…

LUI – Lo perdoni, Sua Eccellenza…

CENSORE – No, no, lo faccia dire… Mi sembra un giovanotto intelligente… (gli si avvicina lentamente, mentre gli altri siedono disperati). Cosa intendeva dire, signor Marino?

MARINO (continuando a mangiare) – Vede, io credo che la legge non debba esistere…

CENSORE – I  che senso, scusi?

MARINO (c.s.) – Vede… ne parlavo spesso con Sammy, di questa questione. Sammy era un vecchio… va be’ , lasciamo perdere…

          La legge è un’istituzione creata dagli uomini per poter sopperire ai normali sistemi di selezione… La legge è come la ruota di scorta di un’automobile: la si usa quando viene a mancare un punto di appoggio! Ah, ah, ah… (inizia a ridere ma si accorge di essere solo). La legge è come il telecomando di un televisore: solo chi ce l’ ha in mano può cambiare programma a suo piacimento! Ah, ah, ah… (questa volta più timido, guardando timoroso il Gran Censore). Buono questo capretto con le patate, non è vero?

CENSORE ( con tono forzato, minaccioso) – Continua!

MARINO – Sì… (timoroso) ecco… Si fa un gran parlare della legge, della giustizia, dell0ordine… Si arresta in nome della legge, si processa in suo nome, si emargina quelli dichiarati fuori di essa, si uccide, finanche, per rispettarla…

          La si definisce uguale per tutti, in quelle aule di tribunale… Una cosa non ho ben capito… sa, ho visto molto processi in televisione… in nome della legge si crea una società giusta e solo in rispetto di essa si puniscono i colpevoli e si assolvono gli innocenti… tutti quegli avvocati, che sbraitano e che vivono nel grembo della legge, invocando a squarciagola il nome della mamma che li allatta con fiumi di champagne, come dei bimbi capricciosi… Ma come può un uomo di legge difendere un uomo che, nel più alto riserbo e rispetto del coso, lì… ah, sì, del… “segreto professionale”, gli ha confessato di essere colpevole? E come può una società basata sul rispetto della legge dormire sogni beati pensando che un assassino con buon avvocato ha più probabilità di un innocente con un difensore di ufficio di ritornare nella schiera degli uomini “perbene”?

         E se un buon avvocato, come un buon cuoco o un buon toscani e come è giusto che sia,   si fa       pagare fior di quattrini, è forse la colpevolezza o l’innocenza di un uomo che lo ammette nei ranghi della società civile, o forse il suo conto in banca?

          E se esiste questa consapevolezza, è forse corretto che continui la legge ad abbassare la leva della ghigliottina per chi è dentro e a strizzare l’occhio, come una vecchia puttana, a chi è fuori? (guarda per un attimo il Gran Censore e solo ora sente la tensione che ha creato). Sì, è proprio squisito questo capretto con le patate…

LUI – Eccellenza, io sono costernato…

CENSORE – Lasci, lasci… (abbassandosi su Marino, quasi a toccargli la punta del naso con la punta del suo). Lei… è anarchico?

MARINO (dopo un attimo di esitazione) – Io… io sono un uomo…

CENSORE (agli altri) – Questo giovanotto è molto intelligente!

COLLEGA – Chi, lui?!

CENSORE – Forse è un po’… come dire… idealista!

LEI – Ecco, Sua Eccellenza, Marino è un po’… fuori dal mondo… avrebbe bisogno…

CENSORE –(drastico) – So io di cosa avrebbe bisogno!

         (Buio. Musica. Possibilmente la musica è accompagnata da filmati e diapositive che, con essa, possano formare un collage storico, chiamato naturalmente ad ironizzare sulla figura del potere).

                                                        SCENA OTTAVA

 (Sale una luce di proscenio a  sinistra, che troverà il Gran Censore seduto a terra, avvolto nella sua grande toga; Marino, invece catene ai polsi, in ginocchio, sarà illuminato, ma meno intensamente, dalla luce di proscenio destra).

CENSORE (accompagnato dalla musica, intona la seguente ballata, mentre spogliandosi, mostra altri costumi, le altre sue facce).

Compagno, anarchico o idealista,

o figliol del sessantotto,

gente che paga lo scotto

di un padrone pagnottista…

Quante facce ha il mio nemico,

in quanti angoli è nascosto,

in ogni buco, in ogni posto,

pronto a darmi il mio castigo…

Datemi catene, datemi fucili,

questa è la ballata di chi muove i fili!

Suicidare della gente,

o mandar qualcuno a morte

ma se quella è la sua sorte,

non mi oppongo certamente…

Ma credete che sia bello,

rilassante o divertante

manovrar tutta la gente

che nasconde il suo cervello?

Datemi catene, datemi fucili,

questa è la ballata di chi muove i fili!

Volentieri farei senza…

Toglier l’abito che hai indosso

Per saltare sempre il fosso,

per gestire l’impotenza!

Preveder sempre il rischio,

vi assicuro, non è poco,

per condurre sempre il gioco,

colle carte che poi mischio!

Datemi catene, datemi fucili,

questa è la ballata di chi muove i fili!

Un sol Dio, ma mille fedi,

per tenere in mano il mondo…

Mi piace e non lo nascondo

di tenervi sotto i piedi!

E se qualcuno poi non regge

Alla frusta e allo scudiscio…

Bè, pazienza… io vado liscio:

questa qua è la sola legge!

Datemi catene, datemi fucili,

questa è la ballata di chi muove i fili!

(Buio. Musica).

                              SCENA NONA

(Luce. In scena Lui e Collega).

LUI – Credi che sia una buona mossa parlare di quest’affare ora, qui, davanti a “Lui”?

COLLEGA – Certo! Chi meglio di lui, con la sua autorità, può convincere Marino a firmare il contratto?

LUI – Ma se a Marino salta in testa qualcuna delle sue strampalate idee?

COLLEGA – Non temere… Oramai tutti hanno capito che Marino è demente. Può mettere in imbarazzo, questo è vero, ma non fa paura a nessuno.

LUI (riflette un attimo) – Bene, io vado di là a preparare il caffè con gli altri. Dopo cercheremo un pretesto per introdurre l’argomento… Siamo sicuri, allora?

COLLEGA – Non fa paura a nessuno! (Lui esce).

OMEGA (entrando) – Oh, mi scusi, credevo di trovare il signor Marino…

COLLEGA – Quel Marino lì mi fa paura…

OMEGA – Come?

COLLEGA – Sì, mi spaventa pensare ai guai che può combinare con quella bocca… Che tipo strano… Mi sono sempre chiesto cosa avrà in quella valigetta nera che porta sempre con sé e della quale custodisce gelosamente la chiave…

OMEGa – Non saprei… Di una cosa sono convinto, però… E’ pericoloso! E’ il tipo di uomo che dovrebbe essere eliminato, in un tipo di società come la nostra! Gli uomini sono già così privi di valori… ci mancavano solo quelli che insinuano dubbi e fomentano incertezze per ingannare i più deboli… Se fosse per me, andrebbe eliminato subito!

COLLEGA – Mah! Speriamo bene… (va via).

LEI (entrando) – Oh, professore… Ha visto mio fratello?

OMEGA – No, non l’ ho visto… Credo sia in giardino… Povero Marino…

LEI – Prego?

OMEGA – Sì, spesso penso a lui… Così buono, così ingenuo… Destinato ad essere sopraffatto in un mondo dove i deboli sono costretti a soggiogare al ritmo frenetico al quale noi purtroppo invece siamo abituati.

LEI – Già… povero Marino… E io che mi struggo nell’impossibilità di poterlo aiutare…

OMEGA – Mah… Permesso… (va via).

LUI (entrando) – Allora?

LEI – Niente, non lo trovo, quell’idiota! Se non firma subito, siamo rovinati. Basta un nonnulla per uscire dalle grazie di sua Eccellenza… Dobbiamo costringerlo a firmare!

LUI – Dobbiamo costringerlo!

                                                  SCENA DECIMA

CENSORE (entrando, a braccetto di Marino, seguiti da Collega e dal professor Omega) – Vede, io ho delle piante di ciclamino nella mia villa, ma non riesco a trovare un giardiniere che mi ispiri fiducia…

MARINO – Io credo che si sbagli… Le piante ed i fiori devono crescere da soli, senza che qualcuno stia crudelmente a potarli o legarli ad asticelle, solo per l’egoistico piacere di vederli tutti colorati, coperti e allineati…

LUI – Oh, Sua Eccellenza… Mi sento estremamente colpevole nel turbare questi attimi di serenità e spensieratezza, ma ritengo che solo il suo aiuto possa aiutarci a risolvere quel problema a cui anche ella sembra interessato… (confidenzialmente). Quel terreno a cui i soci della Società Autostrade che si onorano di conoscerla sarebbero interessati per la costruzione di quello svincolo commerciale…

CENSORE – Ah, sì… Mi sembra di aver capito che l’intoppo è questo giovanotto… Dunque, Marino, ti avranno certamente parlato di quel favore che dovresti farci… la firma di cessione di quella parte di terreno antistante la vostra fattoria…

MARINO – Sì, me lo hanno detto…

CENSORE – Oh, bene… Avete visto come con un buon di buon senso e di comprensione si risolvono tutti i problemi?

MARINO – Non si può vendere!

CENSORE – Come?

MARINO – Non si può.

CENSORE – Forse non ho capito bene… Mi sembra che vi abbiano offerto il doppio del suo valore…

MARINO – Sì, ma non ho accettato.

CENSORE – Io credo che sarebbero arrivati anche al triplo…

MARINO – No!

CENSORE – Al quadruplo…

MARINO – Neanche al ventuplo!

CENSORE (tirandolo in disparte) – Dimmi la verità! Cosa c’è in quel terreno? Petrolio?

MARINO – No!

CENSORE – Oro? Argento? Diamanti?

MARINO – No!

CENSORE – Rame? Ferro? Zinco? (pausa. Lo guarda negli occhi interrogativo).

MARINO (circospetto) – Margherite!

CENSORE – Credo di non aver sentito bene…

MARINO – Proprio nel punto nel quale si dovrebbe scavare, c’è un magnifico campo di margherite!

CENSORE – C’è forse un doppio senso nelle sue parole?

OMEGA – Credo proprio di no…

COLLEGA (al Gran Censore) – Provi a fargli proporre una cifra…

CENSORE – Va bene… (a Marino). Quanti milioni?

MARINO – Mah, non so… non le ho mai contate!

CENSORE – Volete forse farmi credere che rinunciate ad in affare colossale per… per un campo di margherite?

MAGGIORDOMO – Non è esatto!

DONNA – Ci sono anche dei ciclamini e otto splendidi girasole!

CENSORE (a Lui) – Credi che questo sia soltanto uno scherzo!

LUI – Lo vorrei tanto… (gli fa vedere il contratto e la penna).

CENSORE (prende gli oggetti dalle mani di Lui) – Lei deve soltanto limitarsi a mettere una firmetta su questo foglio… (mette il foglio e la penna sul tavolo, lo guarda immobile). Rifiuta?

MARINO – Le ho mai parlato della crescita delle margherite?

CENSORE (molto irato) – No! Non mi interessa! (agli altri). Non finirà qui! Non finirà qui! (sale le scale e dalla sommità). Chi gioca con il fuoco, rimane scottato!!! (va via).

MARINO (si avvicina a Lui, nel tentativo di spezzare l’atmosfera di tensione) – Non preoccuparti… E’ da secoli che l’uomo, manipolando il fuoco rimane scottato, ma non per questo evita di accenderne di nuovi…

LUI – Zitto! (irato) Idiota! Ma lo sai?… Lo sai?

         (Buio. Musica).

                                                SCENA UNDICESIMA

          (Luce a destra e a sinistra in proscenio. A sinistra Marino, a destra il Giullare che ha aperto lo  spettacolo).

GIULLARE – Prima il potere! Poi il dovere… e forse… brevi attimi di piacere!

MARINO – Brevi attimi!

GIULLARE – Brevi attimi e poi il nulla!

          (I tempi cominciano a serrarsi, la recitazione velocizza notevolmente).

MARINO – Il nulla. E’ forse giusto?

GIULLARE – Non è giusto.

MARINO – Non è giusto dormire, aspettare…

GIULLARE - … Aspettare e soffrire.

MARINO – Morire.

GIULLARE – Aspettare di morire!

MARINO – Eppure  è così ambito…

GIULLARE – Il potere! Così ambito e così povero!

MARINO – Chi è povero?

GIULLARE – Chi non è ricco!

MARINO – Chi non è ricco?

GIULLARE – Chi non è ricco dentro.

MARINO – Che squallore. Loro non hanno capito!

GIULLARE – Come mi fate pena…

MARINO – Siete qui a tentare di gestirci…

GIULLARE – Siete pupari falliti…

MARINO – Falliti? Che idea…

GIULLARE – Idea folle!

MARINO – Recidere i fili? E poi?

GIULLARE – Recidere i fili cascare in terra!

MARINO – In terra ma in piedi!

GIULLARE – Morire, forse per gli altri?

MARINO – Morire.

GIULLARE – Morire dal ridere! Guardali…

MARINO – Quanti anni…

GIULLARE – Tanti anni trascorsi a truccare…

MARINO – Ad imbrogliare, a gestire…

GIULLARE – Ad odiare, ad imbastire…

MARINO – A dannarsi, a corrompere…

GIULLARE – Riunioni, vertenze, congressi…

MARINO – Inchieste, progetti, campagne…

GIULLARE – Per l’assessorato, la sedia, la busta…

MARINO – I volantini, i manifesti…

GIULLARE – Le interviste, le dichiarazioni…

MARINO – Le mentite, le smentite…

GIULLARE – Le voci, i portavoci. Che pena! Che corsa affannosa… Gli aiuti, le elemosine…

MARINO – I voti…

GIULLARE – I voti, la pasta, l’olio, il lavoro…

MARINO – Il riso, le patate, il lavoro…

GIULLARE – Le case, le pensioni, la castagne…

MARINO – Il lavoro! Tutto, tutto è merce di scambio!

GIULLARE – Merce di scambio! Tutto è usaro!

MARINO – Merce! Come oro, argento, tessuti…

GIULLARE – Gli uomini, il rame… Il piombo!

MARINO – Tutto per il potere. Per godere con i nostri sacrifici…

GIULLARE – Per mangiare con le nostre mani, per dormire con le nostre donne…

MARINO – Per vederci morire…

GIULLARE – Per vederci marcire in galera, per vederci piangere…

MARINO – Per vederci!

GIULLARE – Per vederci chiaro! Tanta fatica per nulla…

MARINO – Per nulla! Tanto squallore, tanta pena…

GIULLARE – Vergogna! Tutto per cosa? Per potere!

MARINO – E poi?

GIULLARE – E poi? Tanto hai sofferto per giungere lì, su quella poltrona…

MARINO – E poi, in un attimo…

GIULLARE – Sei un uomo piccolo piccolo! Hai il potere di mandare a morte dieci uomini!

MARINO – Cento uomini…

GIULLARE – Mille uomini, ma… un piccolo pezzetto di piombo…

MARINO – Una pallottola da duemila lire…

GIULLARE – …Un grammo di polvere d sparo, possono cancellarti…

MARINO – Cancellarti per sempre!

GIULLARE – E come la feccia…

MARINO – Cancellarti e gettarti in una fogna!

GIULLARE – Nella fogna, come la feccia dell’umanità!

         (Buio. Musica).

                                            SCENA DODICESIMA

DONNA (in proscenio a sinistra, con un impermeabile, fazzoletto in testa e valigia in mano) – Vado via. E’ come se… come se qualcosa dentro di me mi spingesse. Devo andare, devo conoscere, devo parlare, convincere, devo poter amare quelli che incontro… Non ce la faccio a tenere tutto nascosto dentro di me… Devo andare! (Buio).

COLLEGA (in proscenio a destra, in toga) – Che grande avvocato! Devo migliorare! Devo trovare il modo di arrivare a quella poltrona! Non ne ho forse la capacità, io? Devo trovare la strada giusta! Posso forse sprecare il mio talento in un’aula di tribunale? Devo vincere! Lo sento1 devo vincere! (buio).

SERVO (a sinistra seduto su di una cassa che trasportava) – Vado via! Devo andare via! Le casse se le saliranno da soli, d’ora in poi! Non so spiegarmi, ma è come se avessi un annuncio da fare e non so quale. Ma sento che devo parlare, devo spiegarmi, ho bisogno di essere capito! Non so dove, non so da chi, ma devo costruire non so ancora cosa! Lo sento… Devo andare! (buio).

OMEGA – (a destra) – Devo trovare nuovi allievi! Non posso mica sprecare il mica sprecare il mio tempo! La cultura di cui mi sono impregnato è stato un investimento: ora deve fruttare! E’ forse giusto che un’ idiota senza uno straccio di laurea debba guadagnare il doppio di quello che guadagno io? Devo cercare il sistema per entrare in quel giro… Chi trova un’ amicizia giusta, trova un tesoro! Devo cercare! (buio).

MAGGIORDOMO (a sinistra, i soprabito) – Il pranzo è servito! Vattelo a prendere in cucina! Già… da ora, ti servi da solo… non so perché, ma sento il bisogno di fuggire.. forse mi farò assumere in una mensa universitaria! Devo andare! Sento l’esigenza di raccontare le cose che imparo e voglio insegnare a tutti il gioco dello specchio! Ecco, devo agire d’istinto… Devo andare! (buio).

LUI (a destra, con Lei) – Dobbiamo trovare il sistema per fargli firmare quel documento! Non possiamo abbandonare! Dobbiamo insistere!

LEI – Ne va della nostra posizione!

LUI – E sono anche bei soldi!

LEI – Mio Dio! E se fosse troppo tardi per farsi perdonare?

LUI – Aggiusteremo tutto! Lo faremo passare per pazzo! Ma dobbiamo insistere! Dobbiamo insistere! (buio).

                                                    SCENA TREDICESIMA

(Luce spot al centro palcoscenico. Ora è al centro il tavolo, con sopra la valigetta nera, uno specchio e una bugia con una candela accesa. Marino è seduto, gomiti sul tavolo e viso tra le mani, fronte al pubblico. Musica irreale, con bruschi cambiamenti, fra ritmo melodico e incisivo. Durante questa musica, Marino estrae dalla valigetta un tappo da bottiglia di sughero, lo annerisce sulla fiamma e si tinge il viso di nero, mette un cravattino a papillon a pois. Poi raccoglie dal tavolo il foglio del contratto, fa lentamente per bruciarlo, poi lo ritira, lentamente impugna la penna, lo firma e lo fa cadere in terra. Apre lentamente la valigetta, vi estrae d’improvviso un vecchio sassofono. Cessa la musica. Marino si guarda intorno, imbocca il sassofono e intona con molta malinconia il brano “Moonlight Serenade”. Si ferma un attimo. Eccheggia una voce registrata, metallica, irreale, che declama:

VOCE – Odio tutto ciò che è militare,

odio anche la gloria, se è clientelare…

Odio le albe, odio i tramonti

Se quello che c’è in mezzo non lo sai sfruttare.

Amo me, amo quelli come me,

amo quelli diversi da me,

purchè non somiglino a te!

Si sentono i tre colpi di bacchetta del direttore di orchestra e nel momento in cui parte il brano precedente eseguito ora dai musicisti, buio sul palco, luci posteriori agli schermi di fondo, mentre scende lentamente in scena la scala centrale.Il gioco di ombre cinesi permettere di scorgere agli schermi di destra Lei e Lui in un quadro,Collega in un altro,il professore Omega in un terzo.

Agli schermi di sinistra Donna in un quadro,il Servo in un secondo e il Maggiordomo in un terzo.

Tutti sono immobili e tutti voltati verso la scala centrale.Marino sale molto lentamente le scale e,giunto in cima,dopo una breve pausa con le spalle al pubblico,si volta lentamente verso sinistra,verso i servi,spalle agli uomini perbene,restando poi immobili.

Aumenta l’intensità della musica).

(Sipario).