Fra un atto e l’altro

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(1892)

Un atto di Sabatino LOPEZ

da 7 COMMEDIE IN UN ATTO

Rizzoli Editore Milano - 1967

PERSONAGGI

UN'ATTRICE

UN SIGNORE

Nel camerino di un'attrice. Epoca: fine Ottocento.

La scena rappresenta il camerino di un'attrice in vo­ga.  Uno specchio bellissimo, una toilette elegante. Sulla toilette, bottiglie per odori, vasetti di carminio, spazzolini, spazzole... e copioni.


(All'alzarsi della tela, il signore, elegantissimo, sta in piedi, aspettando. Si scuote quando dall'interno arriva uno scroscio di applausi. Il signore si guarda da capo a piedi, e si trova irreprensibile. Aspetta ancora. L'attrice entra, un po' tremante e sorridente per le acclamazioni ricevute.

L’ATTRICE     Oh! Ci siete voi? (Gli stringe la mano.) È un pezzo che aspettate?

IL SIGNORE    (sorridendo)    Un pezzo.

L'ATTRICE     Sicché non mi avete sentita in que­st'ultima scena? No? Bravo! E io che recitavo be­ne per voi! (Ride.) Dio, come siete brutto stase­ra! Brutto per modo di dire: come potete esser brutto voi: cioè, quasi bello. - Che cosa c'è in aria? Nuvoli? Siete così triste perché sto per andarmene?

IL SIGNORE    (sorridendo a mezza bocca) Forse... ma non vi insuperbite. - Sicché, non ci vediamo più...

L'ATTRICE     Fino a quest'altra volta, perché ci lasciamo buoni amici... Mi avete detto tante belle cose... Badate: a quest'altra che verrà, ditene al­meno delle altre. Diversamente, me ne ho a male. (E ride ancora.)

IL SIGNORE    E... domani sera che cosa fate?

L'ATTRICE    Dionisia.

IL SIGNORE    No, no... Non vi domando questo. Che cosa me ne importa di quel che fate per il pubblico? Domando quello che farete voi lascian­doci...

L'ATTRICE    Ah! Faccio la cesta e salgo in treno.

IL SIGNORE    (sorridendo ancora)    Ma no, no...

L'ATTRICE     Che cosa volete che vi dica? Che pian­gerò lagrime di sangue, lasciandovi? - Sentite, piut­tosto: avete veduto Serandrei?

IL SIGNORE    No, non l'ho visto.

L'ATTRICE     Ma verrà a salutarmi? Bel giovanot­to! - E Bartoli l'avete visto?

IL SIGNORE    Nemmeno.

L'ATTRICE     Molto simpatico. Era giù. in poltrona, che batteva le mani, in un modo, in un modo... Già. tanto gentile questo pubblico. È vero che sono molto carina... Nooo? stasera specialmente, ma insomma... Ma voi non dite una parola. Delle novità, delle novità... Sentiamo.

(I due si sono seduti.)

IL SIGNORE    (incerto, volendo dire la cosa legger-mente, spiando l'impressione che fanno le sue pa­role) Che cosa dirvi? Voi lo sapete già quel che posso dirvi. Io vi amo.

L'ATTRICE     (lo guarda, un po' seria, un po' riden­te) Siamo alle solite. Sono trenta sere che io re­cito qui: la prima sera no, perché non mi conosce­vate ancora; una sera no, perché non eravate in teatro...

IL SIGNORE    (con un po' di orgoglio) Ah! ve ne ricordate dunque!

L'ATTRICE     (sorridendo) Oh! Dio... vi siete scusa­to tante volte per aver mancato, che sfido a non ricordarsene... Un'altra sera no, perché non ero in teatro io... Trenta meno tre... è la ventisettesi-ma sera che mi ripetete che mi amate! E vi ave­vo chiesto qualche novità!

IL SIGNORE    (scherzando) Siete cattiva... assolu­tamente. Voi non mi credete.

L'ATTRICE     (subito: recisa, ridente) Io? No. Che prove mi avete dato del vostro amore? Mi avete mandato dei fiori qualche volta, e mi avete rega­lato una copia di un vostro volume di versi... Bel­lissimi, senza dubbio. Io non li ho letti.

IL SIGNORE    Se avessi supposto il contrario, non ve li avrei dati.

L'ATTRICE     (ridendo) Perché dovrei trattarvi di­versamente dagli altri?

IL SIGNORE    Perché io  non sono come gli altri.

L'ATTRICE    No?

IL SIGNORE    Io vi amo.

L'ATTRICE    Sì?

IL SIGNORE    Mentre gli altri non vi amano.

L'ATTRICE    No?

IL SIGNORE    Credete ad uno che vi vuol bene.

L'ATTRICE     Sì?

IL SIGNORE    (accorgendosi che l'attrice scherza sempre, prende il cappello, senza mostrare di adirarsi troppo)   È inutile: stasera siete intrattabile.

L'ATTRICE     No, no, non ve ne andate: mettete giù il cappello e facciamo pace. Vi prometto di star­vi a sentire senza interrompervi.

IL SIGNORE    Parola? (Siede nuovamente.) Dun­que, io vi amo... (Si ferma.)

L'ATTRICE     Sì. Questo l'ho sentito... Possiamo an­dare avanti.

IL SIGNORE    (cercando quasi le parole) Sincera­mente, devotamente, senza nulla aspettare da que­sto amore.

L'ATTRICE     (quasi a mezza voce, sorridendo) Il padrone delle ferriere...

IL SIGNORE    Mi pareva di essere così poca cosa dinanzi a voi; così povero...

L'ATTRICE     Il romanzo di un giovane povero...

IL SIGNORE    (imbrogliandosi, un po' imbroncia­to) Se l'essere pronto a sacrificare per tutta la vi­ta tutto se stesso vuol dire amare, ebbene crede­te che io...

L'ATTRICE     Dionisia, Dionisia...

IL SIGNORE    (per alzarsi).

L'ATTRICE     Sento tutto il mio repertorio! Non ve ne andate...

IL SIGNORE    (come se prendesse una risoluzione eroica, decidendosi) Parliamo per un momento sul serio. Vi giuro che vi parlo sinceramente. Vo­lete essere mia moglie?

L'ATTRICE     (lo guarda meravigliata da capo a piedi, poi lo fissa, fa un cenno come per domandarsi se è matto)   Che cosa avete detto?

IL SIGNORE    Che vi amo e vi sposo.

L'ATTRICE     Mi sposate?... Oh guarda! Ma se vi ri­spondo che vi amo anch'io, che cosa fate voi?

IL SIGNORE    (sorridendo)    Divento vostro marito.

L'ATTRICE     (amaramente) Volete fare di profes­sione... il marito della prima donna?

IL SIGNORE    Eh! no...

L'ATTRICE     Eh, sì, dico io. Tutta quanta la vostra attività si ridurrebbe a scrivermi voi i sonetti per la mia serata di onore, e farmeli offrire in carton­cino dorato come se fossero omaggio degli am­miratori.

IL SIGNORE    Non sono più di moda, i sonetti.

L'ATTRICE     E poi io vi porto un nome... illustre (ridendo). Eh! i giornali illustrati portano in pri­ma pagina il mio ritratto, si stampano a migliaia le mie cartoline... E voi in compenso che mi por­tate? Un libretto di versi.

IL SIGNORE    Che nessuno legge.

L'ATTRICE     Già. È troppo poco. E se pur non sie­te geloso dell'amoroso che m'insidia, del primo attore che mi sposa, del caratterista che mi bacia perché sono sua figlia, voi sarete geloso, terribil­mente geloso del pubblico...

IL SIGNORE    (sorridendo) Ma voi ci rinunzierete al pubblico...

L'ATTRICE     (lo guarda sorpresa) Credete! Qui sta l'errore.   Io  non  ci  rinuncio a queste  tavole del palcoscenico. Quando sono rientrata un momen­to fa... voi l'avete visto... io tremavo ancora, per la paura e per la soddisfazione, per la battaglia combattuta e per la vittoria conquistata... E voi volete che io rinunzi a tutto questo? Il pubblico, si dice, non capisce nulla... se ci fischia in un mo­mento di malumore, se ci schiaccia con la sua in­differenza... Ma quando ci procura questi fremiti di terrore e di soddisfazione, o quando ci segue con gli occhi incantati e sentiamo di averlo noi e di portarlo con noi, dietro di noi, questo pubblico, ammaliato, incatenato... ci accorgiamo di non po­ter lasciare questo benedetto palcoscenico che è la nostra gloria e il nostro martirio. (Cambiando tono) E questo, in gergo di quinta, si chiamereb­be il pistolotto.

IL SIGNORE    A nessun patto?

L'ATTRICE     A  nessun  patto.

IL SIGNORE    Nemmeno se fossi io quegli che vi rapirebbe all'arte e alla gloria?

L'ATTRICE     (facendosi seria per un momento) Voi? Ci credo poco a voi... E poi quanta parte del fascino che esercito su di voi, non è dovuto al mi­nio, al belletto? Perché, vedete (indicando), que­sto è minio... sicuro!... e questo è belletto...

IL SIGNORE    Quanto siete cattiva!

L'ATTRICE     No, sono sincera. E poi oggi voi ama­te Dionisia, Paolina, Ilka, Fernanda, Ivonne... Do­mani, se diventassi vostra moglie, voi non amere­ste che me... Tutte quelle altre creature che ama­te in me, sparirebbero... Vedete che ho ragione io, e che voi non dovete nemmeno pensare a que­sta cosa pazza che vi siete lasciato sfuggire.

IL SIGNORE    Perché pazza, dal momento che vi amo?

L'ATTRICE     Guardate: sono generosa. Potrei pren­dervi in parola subito e dirvi: accetto, sarò vostra moglie. E invece vi dò tempo di riflettere... fin­ché suonerà il campanello per la musica. Voi o rinnovate la domanda, o mi saluterete come se non mi aveste detto nulla.

IL SIGNORE    Non mi date il tormento di aspetta­re ancora dieci minuti. Non muto; per amor pro­prio... non foss'altro.

L'ATTRICE     (convinta)  No? Vi debbo credere dun­que? Voi non avete scherzato finora? (Accaloran­dosi) Ah! Nelle vostre parole sentivo che non c'era nulla della fatuità sguaiata degli altri... Voi mi avete detto delle cose buone... ma ho sentito ripetere tante volte la parola "t'amo" innanzi a mille persone, da labbra tinte di carminio, o da labbra che non hanno mai pronunciato una vera parola d'amore, che avevo paura, avevo paura che nemmeno tu fossi sincero... Scusami, scusami... Ma sentivo anch'io questo bisogno d'amare... - Qualche sera, alla ribalta, innanzi al pubblico, in faccia a tutto il mondo se fosse possibile, mi sale il desiderio di gridare all'attore che mi bacia con le labbra diacce, senza vita: "Ma baciami una vol­ta, almeno una volta, col calore nelle labbra, nel­la fronte, nell'anima. Dimmi, sia pure una volta sola, la vera parola!..." E tu l'hai detta... Grazie perché l'hai detta...

(Gli rovescia indietro la testa, e, guardandolo negli occhi, gli dà un bacio sulla fronte, come innamorata. Poi dà in un grande scop­pio di risa.)

Ah! Ah! Ah! Dite la verità, mi avete creduto... mi avete creduto! Mi amate, volete spo­sarmi, e non vi siete accorto che recito!... Come farete quando sarete mio marito?...

IL SIGNORE    (alzandosi, prende nuovamente il cap­pello  e dice, mostrandosi calmo)    Addio,  eh?

L'ATTRICE     Come farete quando sarete mio ma­rito? (Dura, aspra) Ma già, è inutile. Voi non sa­rete mio marito, mai...  No, non prendete il cap­pello per andarvene, perché io voglio dirvi schiet­tamente l'animo mio. Che cosa credete voi? Voi uomini, intendo. Me lo dite un po'? Per esempio, voi avete creduto che io rimanessi ammaliata, in­catenata perché mi avete detto che vi piaccio e che sono carina... Oh! lo so da me che sono cari­na... Guardate: se non altro, me lo dice quello là (e indica lo specchio). Lo so anch'io che vi piac­cio. Sta a vedere se voi piacete a me... Non vi sciupate mica gli occhi a guardarmi! Eppure... Voi altri uomini siete così semplici, così ingenui, così stupendamente ingenui che credete... Eccovi qua. Voi siete dei migliori, eppure avete lanciata la gran parola, la parola stupefacente, "vi sposo", co­me se faceste un eroismo e un sacrificio... "Vi spo­so." Sta a vedere se vi voglio sposare io. "Vi amo... Voi, se non mi amate ancora, mi amerete un gior­no... e mi basta." Non basta a me, caro, non ba­sta a me. Avete creduto, sia pure per un momen­to solo, che io volessi rinunziare per voi all'arte, il sogno dei miei sogni... Andate, andate là, che siete intelligente anche voi!

IL SIGNORE    (che aveva acceso una sigaretta, a metà della sfuriata, domandando sorridente il per­messo) Avete finito? Posso andarmene dopo que­sta dichiarazione d'odio?

L'ATTRICE     Avete detto bene... di odio... perché io odio voi, come odio gli altri, come odio me... come... (Dà in un altro scoppio di risa.) Ah! Ah! Ah! Ma non capite che recito? E volete diventare mio marito? Ma come fareste voi che non sapete indovinare quando vi amo e quando vi odio... co­me fareste?

(Il campanello, che indica prossima l'alzata del telone, suona di dentro. Ancora ridente, ma con una punta di malinconia, quasi per con­gedarlo)

Sentite il segnale per la musica? No, no: spieghiamoci bene... Io non vi odio. Perché do­vrei odiarvi?... Voi siete un giovane molto simpa­tico... Li ho letti i vostri versi: sono bellissimi; siete intelligente... Vedete che ce n'è di troppo per far girare la testa ad un'attrice giovane come me! - Soltanto, voi eravate sul punto di commettere una gran sciocchezza. Voi adesso uscite... ma non voltatevi indietro... Chissà che non mi fosse per mancare la forza di lasciarvi.

(E a lui che fa un gesto di contento e di sorpresa, sorridendo lieve­mente)

No, no... non abbiate paura, l'avrò questa forza.  (Accompagnandolo alla porta)  Allora?

IL SIGNORE    Allora, addio, semplicemente... Ci ri­vedremo.

L'ATTRICE     Altro che! (Ridendo, ma come atterri­ta d'un tratto) Ma, non lo dite... che mi sono com­promessa con voi...

IL  SIGNORE   (fa un gesto  interrogativo)   Come?

L'ATTRICE     E il bacio che vi ho dato... adesso... quando vi amavo... non lo contate per nulla, voi?

(Saluta col capo, accompagnando il saluto col ge­sto della mano, e risale lentamente la scena.)

FINE