FRAGILE
ATTO UNICO
di
Vincenzo Biscardi
Si apre il sipario.
La scena rappresenta un ufficio: una scrivania in disordine, un computer zeppo
di appunti, telefoni, radio, fax, orologi e due ventilatori. Il tutto è
sommerso da fogli, penne, cartellette e raccoglitori.
Un grande orologio annuncia le nove e il telefono inizia a squillare. Cessati i
rintocchi si odono degli assillanti ticchettii e, mentre le lancette scorrono
velocemente fino alle dieci meno venti, il telefono ancora squilla.
Si illumina la vetrata di una porta e dietro appare l’ombra di Alessandra che
cerca frettolosamente di aprire.
Spalanca la porta e corre verso il telefono abbandonando: la borsa su una
sedia, chiavi della macchina, cellulare e occhiali su un comodino, un libro ed
un giornale sulla scrivania così, spostando qualche foglio, mette in funzione
il vivavoce.
Si sente il segnale di occupato!!!
Alessandra: “Aaaaahhhh”
Lasciandosi cadere sulla sedia
Alessandra: “Io non posso crederci... Ma è mai possibile che ultimamente sono in
ritardo in ogni cosa??? Ora anche il telefono ci si mette, poi scusa ma che ti
costava fare uno squillo in più, no dico, magari stai pure suonando dalle nove,
dimmi tu che cosa ti costava fare uno squillo in più... Niente! Ecco, te lo
dico io: non ti costava un bel niente!!! Ma tu no, tu avevi fretta, eh si come
tutti del resto no, mica potevi aspettare ancora un paio di secondi, altrimenti
chissà, poi passa il treno...
...Dopotutto lo so bene anch’io, i treni passano e... O ci sali o ti accontenti
di raccontare di averli visti passare... Va beh, va beh va, tanto se era
importante richiamerai!”
Alessandra gira sulla sedia, fa un balzetto per alzarsi e comincia a riordinare
la stanza
Alessandra: “Oplà, su dai, diamo un inizio alla giornata altrimenti qui...
Aaaahhh!!! Eccolo!!! Sempre puntuale tu eh? Come si parla di lavoro ecco che mi
a-ahh-ttacchi... Ma è possibile che non mi dai tregua un attimo? Ma questa
volta, caro il mio amico sbadiglio, non sarai il principio di una giornata
all’insegna dell’immeritato riposo, bensì la conclusione della mia stanchezza e
l’inizio di quell’aspetto della vita a te così ostile... Il lavoro!!!
Allora vediamo... iniziamo a mettere un po’ di ordine...”
Raggruppa qualche foglio e sistema la cancelleria
Alessandra: “Questo qui, tu qua, voi qua dentro... Uff... Chissà perché bisogna
mettere
sempre in ordine, tanto tempo dieci minuti e torna tutto come prima... No
Alessandra non cedere! Però potrei magari fare prima colazione, see così poi è
ora di pranzo e voglio vedere quando sistemo... No, su, non pensarci ora chiudi
gli occhi, respiri profondamente, non pensi a niente, conti fino a tre e metti
in ordine prima la scrivania e poi, se rimane del tempo, anche la tua vita...
Allora: chiudo gli occhi, speriamo di non addormentarci, e respiro
profondamente”
Alessandra esegue dei profondi respiri mentre si riordina l’aspetto, aspetta
alcuni secondi e comincia a contare
Alessandra: “Uno, due e...”
DRIIIIN
Alessandra: “Pronto? Ehi ciao, come stai... Insomma, potrebbe andare meglio...
Ma no,
niente, e che sono un po’ triste... E chi lo sa, anzi, forse sono proprio
triste per questo... Ma figurati, mi passerà presto... Dimmi di te invece, che
fai ora? Wow ma è fantastico e da quando? Beh, sono contenta per te... Sempre
qua in ufficio, non è che io sia cambiata molto... Lavoro, casa, qualche uscita
con gli amici ogni tanto, teatro e fuga... Ma si che mi ricordo, che credi? Che
bello! Ti ricordi quanto si rideva? A che ora? No guarda, non so ancora che
farò di preciso, ma preferisco dirti di no... Beh, forse un mezzo impegno lo
avrei, ma non so e poi ho sempre un fidanzato... Ok, va bene, magari facciamo
un’altra volta... Si, ci sentiamo sicuramente... Un bacione... Ah! Aspetta! Per
caso tu hai provato a chiamarmi prima... Dieci minuti fa... No niente e che non
ho fatto in tempo a rispondere al telefono e volevo sapere... Va bene, comunque
ci si sente, stammi bene... Si certo... Anche a te, a presto!”
Alessandra chiude il telefono e poi rialza facendo un numero, ma a metà numero
si blocca e richiude ancora una volta.
Rialza ancora la cornetta, la porta all’orecchio, poi la fissa per un po’ e
comincia a parlarle.
Alessandra: “Allora... Stammi bene a sentire... Io ora compongo un numero, un
semplicissimo numero fatto di cifre, tu, mi raccomando, non devi far altro che
risultare occupato, così io abbasso la cornetta, mi metto l’animo in pace ed
inizio a lavorare, va bene? Ok! Zero, due, Quarantotto, Venti, Tre, Tre...”
CANTICCHIA IN ATTESA DELLA LINEA “ Ma allora me lo fai apposta, ma è possibile
che tu non capisca mai, non potevi darmi occupato? Ma che, oggi c’è l’hai con
me? Ma guarda te questo telefonaccio della mise... Ehm... Buon giorno, sono
Alessandra, potrei parlare con Valerio per piacere? ...Ah, ho capito... No, non
fa nulla, tanto non era niente di importante, magari gli dica solo che ha
chiamato Alessandra... Certo, grazie, arrivederci!”
FACENDONE IL VERSO “No, Valerio non c’è devo dirgli qualcosa? Tsè, no vedi un
po’ tu, cos’è vuoi tenergli nascosto che ho chiamato? Dimmi la verità, tu lo
sapevi che non c’era è per questo che mi hai dato la linea... Ma guarda che sei
proprio stronzo per essere un telefono... E va beh, ma vedrai che te la farò
pagare... Eh si per te la vita e facile, tutti che ti cercano, che ti vogliono,
ma mica è sempre così sai? Arriva il giorno che inventano il modello
leggerissimo, senza fili, che lampeggia fa il caffè e le fusa e ti saluto...
Non sei più buono neanche come calcolatrice!
Il tempo passa, che ti credi... E passa anche per voi oggetti... Ma lo sai che
oggi compio trent’anni? Ti rendi conto che sono più vecchia di te o no? Quindi
attento e porta rispetto!
Si, brava Alessandra, oggi fai trent’anni ed eccoti a parlare con un telefono
del più e del meno... Beh, almeno tu sai ascoltare, sei un tipo di poche parole
questo bisogna dirlo, ma a volte le parole non servono, anzi, spesso rovinano
anche i momenti più intensi... Ma vuoi mettere uno sguardo profondo, un
abbraccio avvolgente, a confronto con un continuo bla, bla, bla... Certo,
sentirsi dire ti Amo è sempre emozionante, ma sai quante volte mi è stato detto
senza brividi? E sai perché? Sai perché? Ma perché non c’era amore negli
sguardi, nelle gesta, nel momento... O forse era solo in me che non c’era... E
già perché l’assurdo, devi sapere, è che si ama in due! No, non è difficile che
ciò accada, ma mi sembra impossibile che possa durare lo stesso periodo per
entrambi... Io non capisco perché per l’uomo deve essere così difficile capire
che le cose hanno una fine... Insomma come tutto inizia prima o poi finisce...
Il tempo passa per tutti perché non dovrebbe passare per l’amore... Il giorno e
la notte, la terra stessa cosi come è nata prima o poi morirà, come avrà fine
ogni vegetale su di essa, così come finiscono i bei sogni e gli incubi, anche i
sentimenti muoiono con il tempo...
No aspetta, non pensar male di me, ora si, certo, sto un po’ esagerando e in
realtà non è vero che tutte le cose muoiono, il fatto è che tutto è in crescita
e si modifica, e così è anche per l’amore... Si forse l’unico modo per non far
morire un così nobile sentimento è convincersi che la scomparsa del desiderio
sia una maturità” AGITANDOSI “in fondo c’è chi afferma che l’amore vero sia
quello che si inizia a costruire quando cessa il desiderio e la passione, ma allora
scusa: che amore è quando la persona che ho di fronte mi mette i brividi? Che
sensazioni sono quelle che riesco a provare solo se desidero fortemente chi mi
sta vicino? E’ possibile che tutto questo sia un amore che vale meno di quello
che, sì, ora è un costruire insieme, ma ieri, capisci, solo ieri era per me
crisi e monotonia, stanchezza e voglia di altro? ...Di tutt’altro credimi...
Poi scusa, l’amore, quello con la A maiuscola, quello che dovrebbe darmi sogni
fatti di pace, di famiglia, di momenti da condividere, può essere avvolto
dall’agghiacciante dubbio di chiedersi se chi mi sta vicino sia la persona
giusta? ...” SI AGITA SEMPRE PIÙ “E’ possibile che si debba affogare questo
dubbio e fingere di essere felici? .... Beh, allora voglio che me lo dicano in
faccia queste persone, voglio guardare negli occhi la felicità di chi si è
rassegnato, perché se c’è una cosa che so, davvero, l’unica cosa che so, è che
non sono felice! E poi insomma, chi vorrebbe vivere male, chi in questo mondo
vuole il proprio male? ...Perché per te adesso mi ritrovo angosciata da dubbi e
incertezze? Certamente non è per un piacere personale, se per un attimo ho
dubitato di tutto, di me, del mio amore, della mia vita, non è stato certo
perché mi andava di farlo... Spero che tu questo lo capisca, ma tu lo sai che
vuol dire soffrire, tu lo sai che cosa significa sentirsi soli??? E non è che
la cosa mi faccia poi così male... Strano vero? Ma devi sapere che la rabbia
che ho dentro, la stessa che va contro di me, non è ciò che mi spaventa... Si
essere soli è orrendo e io, credimi, non riesco a starci per molto tempo, certo
sentirsi abbandonati fa male, lo si vive come un tradimento, ma maledizione,
quando è l’opposto, che credi che ci si diverta?” QUASI GRIDANDO “Credi che sia
facile avere il peso e la responsabilità della pace di un’altra persona, pensi
forse che io ci goda nel vedere le persone soffrire a causa mia, eh sì, perché
Alessandra è il mostro senza sentimenti che va dove soffia il vento, perché se
sento che il mio amore muore allora lo dico, certo è questo il mio errore, far
stare male le persone che mi vogliono bene... Sì, ho fatto male, ma non era
nella mia volontà, nelle conseguenze forse, si forse dovevo aspettarmelo come
conseguenza, ma non potevo esserne certa, io non volevo far male... Anzi...
Anzi...
...Capisci ora io vorrei amare e il mondo mi crolla addosso a causa del mio
amore... Avrei preferito star sola, avrei preferito centomila volte essere
abbandonata che abbandonare... O peggio... Non riuscire ad abbandonare!
Ma che cosa sto facendo... Devo essermi completamente rimbecillita... Ma si può
confidarsi con un telefono...
E va bene... Su Ale, forza mettiamoci al lavoro va...”
Si sistema il viso, ricompone l’abbigliamento, un paio di respiri profondi e
ricomincia a riordinare la cancelleria canticchiando
Alessandra: “Ma ci si può fidare di te? E se fossi sotto controllo? Insomma, mi
prometti che non dirai mai niente a nessuno? Ma si, sei un tipo riservato tu,
figurati che non so neanche che modello sei... Beh, allora la vuoi sapere una
cosa? A me è capitato! Certo che mi è capitato e mi è pure piaciuto mannaggia a
me, a lui e a chi ci ha fatto incontrare... Io non saprei dirti come, in fondo
sono cose che capitano in un attimo... Ti addormenti una notte che tristemente
stai fuggendo da te stessa, ti svegli il giorno dopo che sei il centro di due
relazioni contemporaneamente... Io credimi non ricordo come possa essermi fatta
coinvolgere così intensamente, ma innamorarsi non è una cosa che capita così
spesso... Anzi a volte si sta insieme a persone che... Beh insomma può capitare
no? E comunque io ci tenevo a capire, volevo solo cercare di capire... L’amore
a volte è un treno che passa e che cosa fare quando hai in mano il biglietto e
devi solo scegliere? Cosa si fa quando alle spalle non vedi altro che rinunce e
per una volta desideri di fuggire, di volare, di mandare tutta all’aria? ...E
se inizia tutto per gioco e poi ti accorgi che è troppo tardi per tornare
indietro? E se in fondo a te piace che sia troppo tardi? E se... E se... E se..
Basta con questi “e se” sta di fatto che se sono qui a parlartene è perché la
scelta è stata fatta dal tempo... Si perché quando il tempo passa, alla fine
vince sempre chi è più forte... E se sono rimasta qui anche questa volta, allora
in fondo qualcosa di concreto c’è... O no?”
AGITANDOSI “Certo che me lo chiedo, me lo devo chiedere per forza non credi?
Cosa dovrei fare, cancellare i miei mille dubbi, le incertezze, i problemi solo
perché chi c’era prima ancora c’è... Ma è questo ciò che volevo veramente? ...E
poi scusami, allora dovrei essere premiata anche io per esserci ancora... E
invece no, si torna al solito, si riparte semplicemente da dove avevo
lasciato... “ RATTRISTANDOSI “Così come era un anno fa e l’anno prima, lo stesso
di tre anni fa e di quello precedente ancora...”
Alessandra si ritrova, con la testa tra le mani, in un lungo silenzio tra
lacrime trattenute, finché riprende il discorso con più energia, portando il
suo dire dall’agitato all’esasperazione, piangendo e gridando
Alessandra: “...E cinque anni fa, e sei e sette, e così quello prima e quello
prima
ancora, insomma lo vuoi capire che è stato così sempre o no... E allora non
dovrei essere premiata anche io per questo, cos’è? I miei sacrifici non
contano? Sopportare l’ingiustizia per se stessi voluta da se stessi non è
abbastanza penoso da meritare almeno di poter star male senza far male? Perché
io non posso nemmeno sentirmi sola? Perché se rimango faccio male, se fuggo
faccio male, se sogno faccio male, se mi difendo faccio male, perché? E va bene
ho tradito, ma cosa vuol dire tradire, lo sai che non lo so? Oppure lo so ma
non posso crederlo, insomma se tradire vuol dire desiderare un altra persona
allora sì, ho tradito, ma non una, cento duecento, mille volte, perché se
tradire vuol dire questo allora voglio sentirmi dire che non è umano sognare di
fuggire dal solito, dai problemi, dallo stress, voglio che mi si dica in faccia
che non è nella morale star bene con se stessi, sperare che vada meglio, perché
se tradire vuol dire anche questo, perché non è solo questo, ma anche questo,
allora sappi che mi fa sentire maledettamente umana tradire, perché so di non
tradire, ma di essere puntualmente tradita da me stessa! Sono contorta vero? E
difficile lo so ed è per questo che sto male... Perché non capisco... Perché
non capire fa male, fa molto male, ed io non capisco... Mi sento vuota dentro
ed è solo marcio quello che tiro fuori da me... Ma so che non è così e che
vorrei sentirmi dire questo e anche il contrario, vorrei cedere ad ogni
tentazione ed essere la più forte delle forti, vorrei poter sorridere come
facevo una volta, senza dover meravigliarmi di averlo fatto, vorrei solo che la
forza di lottare non mi sia data sempre dalla mia debolezza nel sopportare... Siiii,
lo capisci questo? Perché ormai per non soffrire ho imparato a lasciarmi le
cose alle spalle, perché ho capito che bisogna vivere e farlo bene, perché
piuttosto soffro dentro e da quella sofferenza trovo la forza di reagire, di
andare avanti... Ma tu che ne sai, ma tu che puoi capire, tu! Ma ti rendi conto
che non sto bene, che non mi sento affatto bene eppure vivo, ma ti rendi conto
che sto parlando con te, con un cazzo di telefono di merda... Capisciiii... Lo
capisci questoooo....”
Esce di corsa e va nel bagno.
Rientra dopo un po’, sospira, sorride guardando il telefono e telefona alla
madre
Alessandra: “Pronto? Ciao mamma sono io... No niente volevo solo dirti che non
torno
a pranzo... Si... Si ho capito... Ma si mamma... Ma no, esco con degli amici e
poi torno direttamente qui nel pomeriggio... Si... Grazie... Anche a te...
Ciao... Si ciao... Ah, mamma... Per caso tu hai provato a chiamare qui prima...
No è che quando sono arrivata, il telefono... Va beh, niente lascia stare è una
sciocchezza... Va bene, ciao... Si, anche a te, ciao!
Alessandra rimane per un po’ con la cornetta in mano, poi dopo averla osservata
e sospirato finalmente riattacca!
Si alza, si mette la giacca, prende le sue cose e si avvia verso l’uscita, ma
ad un certo punto si blocca e torna verso il telefono, prende la cornetta e la
lascia cadere sulla scrivania in malo modo. Esce
Si sente un squillo
Buio
FINE
Qualcuno forse ora si chiederà, ma dove sono e che centrano gli altri due
personaggi, beh, credetemi con tutto il cuore, se non fosse per loro questo
scritto non avrebbe mai avuto il senso che ha!