Frana allo scalo nord

Stampa questo copione

COMCEDIA

Frana allo Scalo Nord

Dramma in tre atti di Ugo Betti

PERSONAGGI

Il Consigliere PARSC

Il primo Consigliere JUD

L’accusatore generale GOETZ

Il cancelliere HOLAND

RICCARDO GAUCKER imprenditore

ANNA, sua moglie

BERT ANSELMO, motorista

GIUSEPPETTI MANRICO, manovale

MOSCA BEATRICE

BURKE GIOVANNA

IMPARATO SANTINO

AIELLO CARMELO

NASCA ROSA

GUSTAVO KURZ

GUIDO KURZ

MENJURA

Un impiegato

Il liquorista

LUCREZIO, usciere

(Inoltre: PUBBLICO, CURIOSI, ECC.)

Ai nostri giorni.


ATTO I

SCENA PRIMA

Stanza d'ufficio vasta e irregolare con ta­voli, sedie, panche, ecc. (Il consigliere Parsc, il cancelliere Holand, poi l'accusatore generale Goetz e il primo consigliere Jud).

PARSC                    - (cercando tumultuosamente fra le carte polverose che gli ingombrano il tavolo) Dove diavolo... Questo maledetto processo... (nasconde in furia una tazzina sporca venutagli fra le mani; facendo l'atto dì scuotersi di dosso la polvere) Ecco qua, polvere! (sconsolato) Pol­vere.

Holand                     - (entrando in furia) Vengono (corre a sedersi aprendo un fa­scicolo qualunque).

PARSC                    - (ripetendo macchinalmente il gesto di pulirsi dalla polvere gesto che poi gli ritornerà spesso, come un tic nervoso muove verso l'uscio già atteggiato a rispettosa estasi).

(Entrano l'accusatore Goetz, ancora in pelliccia e col cappello in mano; dietro di luì, parlando rumorosamente e cerimoniosamente, il primo consigliere Jud).

JUD                          - (seguitando) Magnifico! Non lo im­maginavano certo quei signori, che lei... era lei! Che gente! (rìde esageratamente; come se si trattasse di una cosa molto co­mica; ricomponendosi, presentando) Il con­sigliere Parsc.

PARSC                    - (si inchina profondamente) }ao - Va elemento... eh, che meriterebbe. Caro Parsc, caro Parsc, eccoci al punto! Diremo al gran momento, (ride esageratamente; ricomponendosi, a Goetz! La promozione, signor accusatore generale. Sembra che il nostro Parse sia lì lì, questa volta; prossimo. Buoni auspici?

PARSC                    - (contorcendosi, con dei sorrisi mo­desti) Ehi Eh! Se questa volta...

JUD                          - (precipitandosi verso Goetz, che Sta to­gliendosi la pelliccia) Dia, dia..

PARSC                    - (precipitandosi a sua volta) Lasci, lasci...

JUD                          - (adoperandosi molto) Permetta.

PARSC                    - (facendo del suo meglio) Ecco.

IL CANCELLIERE  - (riceve dalle mani dei due Consiglieri la pellìccia e il cappello del signor Goetz, esce solennemente coi detti oggetti).

JUD                          - (non trovando argomento tire a sì il fato, si frega le mani) Freddino, ancora.

PARSC                    - (desolato) È la stufa. Non tira, è stato fatto presente.

JUD                          - Sicuro (d'un tratto ridendo senta mo­tivo, molto divertito) Caro Parsc! Caro Parsc! (sì ricompone, non sa come fare per accomiatarsi) Sicuro, (d'un tratto) Avrei... qualche cosetta da fare, (esce con un in­chino).

SCENA SECONDA

(Goetz, Parsc, il cancelliere Holland)

PARSC                    - (indicando una seggiola davanti a un tavolo) Prego.

GOETZ                    - (siede).

PARSC                    - (rugiadoso) Già. Forse lei avrebbe, in alto, sentito qualche cosa...

GOETZ                    - Di che?

PARSC                    - Dì questa... già, promozione.

GOETZ                    - Parsc? Non ricordo.

PARSC                    - (deluso, deferente) Eh. Già. Certo. (si è seduto, cercando sul tavolo, preoccupato) Dove diavolo... Holand! (riprenden­dosi, a Goetz, con un sorriso melato) Ogni tanto spariscono, queste benedette cartacce. Ce n'è una quantità.

IL CANCELL.        - (Goetz s'è alzato, porgendo un fa­scicolo all'accusatore, l'altro al consigliere).

GOETZ                    - (dando un'occhiata)    Il fatto è grave?

PARSC                    - Dice., il fatto? Ah! Un po' «avuti-ciò, ma banale, signor Accusatore. Non si vede il perchè di tutto questo baccano. Due o tre persone morte, altre due o tre impazzite, diciamo istupidite; in conclu­sione, però, nessuna questione elegante,

GOETZ                    - Cosa lunga?

PARSC                    - Speriamo di no. Non vorrei ritor­nare; abito molto lontano. L'istruttoria non è troppo avanzata. Però tutto è già chiaro, (tentando dì far vedere la toni con dei gesti) Sì faceva uno scavo. Lavori ferroviari... (chiamando) Lucrezio! (continuando) Sì tenterà magari (abbassando la voce) di tirare in ballo... qualcuno, si dice il signor Kurk.. Ma con me! Ci vuol étto. (sospirando) Quindici anni di grado, si­gnor accusatore! Lucrezio! Dove dia­volo... Holand! (a Goetz, con Un sotti io) Con questi uscieri... si finirebbe quasi... per perdere la pazienza. Holand, bé, an­diamo.

IL CANCELL.        - (chiamando) Gìuseppetti Manrico.

(Sì apre una porta nel fondo, lasciando ve­dere per un attimo dell» genti assiepata; s'avanza un uomo vestito da operaio).

SCENA TERZA

(Detti e Gìuseppetti)

GIUSEPPETTI        - (si ferma imbarazzato, ripete il proprio nome) Gìuseppetti Manrico di Antonio.

PARSC                    - (a Goetz) Pare che sia un respon­sabile, (a Gìuseppetti, indifferente, professionale) Voi. (pausa) Confermate il primo interrogatorio?

GIUSEPPETTI        - (dopo avere inghiottito) Ec­cellenza, confermo che non ho fatto nulla.

PARSC                    - Perbacco.

GIUSEPPETTI        - (aitasi ripetendo e memoria) -La notte del nove febbraio, il giorno dopo essendo domenica, io GIUSEPPETTI Manrico, manovale, circa le ore due e 15 mi­nuti dopo la mezzanotte, mi sono tro­vato nei lavori della ditta Gauckcr Riccardo.

PARSC                    - Ma voi...

GIUSEPPETTI        - Sissignore. Nel mentre il sot­toscritto si trovava intento al lavoro, causa là terra piovosa il badile sì ruppe. Stante la luce fioca...

PARSC                    - (vincendosi e voltandosi a Goetz, con un sorriso) Crede che la giustizia abbia del tempo da perdere.

GIUSEPPETTI        - Stante la luce fioca….

GOETZ                    - (cortesemente, a Parsc) Vorrei sa­pere; che cosa stava ammucchiando, con questo badile?

GIUSEPPETTI        - Terra, Eccellenza. Sopra un camion, lì, fermo.

PARSC                    - Di notte?

GIUSEPPETTI        - (intimidito) Io lavoravo... con la notturna, la squadra notturna.

PARSC                    - (a Goetz) Con la notturna.

GIUSEPPETTI        - Sissignore, Eccellènza. Nel detto tempo, che lo guardavo il badile, è successa la cosa.

PARSC                    - Bene. Firmate là.

GOETZ                    - Desidererei qualche particolare.

PARSC                    - (di malumore) Qualche particolare, vi volete decidere?

GIUSEPPETTI        - Io non ho visto, Eccellenza, non posso mica aver colpa.

PARSC                    - (scaldandosi a freddo) Non fate il furbo. Èsuccessa la cosa! Spiegate, andiamo.

GIUSEPPETTI        - (piagnucoloso) C'era una sola lampadina, Eccellenza; piovigginava. Ho sentito correre uno qui; a destra.

PARSC                    - (che vuol mostrarsi diligente) Chi era?

GIUSEPPETTI        - Non saprei.

PARSC                    - E allora?

GIUSEPPETTI        - Mi sono messo a correre an­ch'io.

PARSC                    - Perché?

GIUSEPPETTI        - Cosi.

PARSC                    - Che cosa avete pensato?

GIUSEPPETTI        - Nulla, ho avuto molta paura.

PARSC                    - E poi?

GIUSEPPETTI        - Mi sono trovato... come nel mezzo d'un'onda.

PARSC                    - Onda? Che onda?

GOETZ                    - Vuol dire in mezzo alla terra,

GIUSEPPETTI        - Terra, Eccellenza,

PARSC                    - Siete andato giù?

GIUSEPPETTI        - Sì. Cioè no.

PARSC                    - Si o no?

GIUSEPPETTI        - (timidamente) Già t'eravamo, noi giù. La terra, è stata, che è venuta giù.

PARSC                    - Lo vede, come fanno? Tentano di confondere.

GIUSEPPETTI        - (piagnucoloso) M'ero fatto male, qui, qui.

PARSC                    - E poi?

GIUSEPPETTI        - Sono andato a casa.

GOETS                    - Siete fuggito.

GIUSEPPETTI        - A curarmi, Eccellenza. Non comprendevo più nulla,

PARSC                    - Per più di un mese, siete stato na­scosto.

GIUSEPPETTI        - Perché avevo paura, danno sempre la colpa ai poveretti...

PARSC                    - (con sdegno esagerato) I poveretti! Impudente! Avete causato un disastro! Non si sa quante vittime!

GIUSEPPETTI        - (piagnucoloso) lo ero manovale, Eceeliertfcal Non ero sorvegliante! Manovale, lo giuro, lì, col badile!

PARSC                    - Venga Berti Bert Anselmo. Questo scellerato d'usciere... Lucrezio!

GIUSEPPETTI        - (sfiduciato) Io ero manovale...

IL CANCELLIERE  - (severo) Sedete là.

GIUSEPPETTI        - (va a sedere su una panca).

PARSC                    - (a Goetz, con un sorriso zelante) Come le pare? Energia. Se non si va un po' alla spiccia, sono guai, creda pure.

GOETZ                    - (evasivo) Sono istruttorie difficili. Non si vede netta la linea, il confine.

PARSC                    - (deferente, senza capire) Già, già. Proprio cosi, (con zelo) Una vera catastrofe! Dei morti! Degli infelici ancora peggio che morti! Dementi! (cercando le parole) E sul Javoro, poi. La società... il progresso...

(Intanto è entrato un altro uomo, vestito da operaio).

SCENA QUARTA

(Detti, Bert)

L’OPERAIO           - Sono Bert

PARSC                    - Piacere.

BERT                       - Il motorista,

PARSC                    - Avanti. Cosa aspettate, il cayaluraccioli?

BERT                       - Sono innocente.

PARSC                    - E come no. (a Goetz) Il maggiore indiziato.

BERT                       - Quella notte, d'un tratto, mi sono svegliato.

GOETZ                    - Dormivate?

PARSC                    - È evidente, dormivate!

BERT                       - Eccellenza; io potevo, buttarmi giù un momento! Io ero motorista, siccome c'erano quattro pompe, una guasta. Fa­cevo il doppio orario, bisogna sapere que sto; anche di giorno. Perché ho molta fa­miglia. Quando l'acqua arrivava a quel dato livello, dovevano chiamarmi.

PARSC                    - Chi?

BERT                       - (indicando Gìuseppetti) Loro.

GIUSEPPETTI        - (alzandosi) Non è vero!

PARSC                    - Silenzio! (a Bert) Loro, chi?

BERT                       - II sorvegliante. Io non lo so.

GIUSEPPETTI        - Io ero manovale!

PARSC                    - Silenzio!

BERT                       - Sissignore, dovevano chiamarmi.

GOETZ                    - Invece dite che vi siete svegliato da solo?

BERT                       - Mi sentivo qualche cosa,

PARSC                    - Che avete fatto?

BERT                       - Ho fatto due o tre passi fuori dalla baracca.

GOETZ                    - Vi siete trovato coi piedi nell'acqua.

BERT                       - Niente.

PARSC                    - Sta scritto qui.

BERT                       - Intendevo dire che c'era melma; pan­tano,

PARSC                    - Avanti.

BERT                       - Ho sentito un pezzetto di terra ca­dere nell'acqua,

PARSC                    - Un rumore forte?

BERT                       - Una rana che si butta nel fosso.

PARSC                    - Che cosa avete pensato?

BERT                       - Niente, mi sono messo a correre.

GOETZ                    - Non avete pensato a una (rana? Non avete gridato

BERT                       - Non lo so, se ho gridato avevo molta paura. Dei resto non era nulla, signore, un pìccolo pezzo di terra.

PARSC                    - Poi?

BERT                       - Ho sentito d'un trarto... come una spinta, da dietro; un soffio, una ventata che m'ha portato avanti, Il rumore i stato dopo. Come un tuono.

PARSC                    - E’ voi?

BERT                       - Ho seguitato « correre. Si era spento tutto. Piangevo...

PARSC                    - (a Goetz, un po' agro) » Occorre altro?

GOETZ                    - (fa cenno di no),

BERT                       - (in fretta) Eccellenza, la colpa non è mica stata dell'acqua!

PARSC                    - Finitela! Gaucker Riccardo, Ma dov’èandato l'usciere?

IL CANCELLIERE  - Gaucker Riccardo.

BERT                       - È stata la scarpata! Non c'era la pendenza!

PARSC                    - Via, ho detto!

BERT                       - Lo sanno tutti... è stata la scarpata...

PARSC                    - Via! Via! Impudente! Assassino! Dormiva! Due uomini, avete fatto morire!

GOETZ                    - (guardando le carte) Sono tre, mi pare?

PARSC                    - Tre, tre. Mi sbaglio sempre. Tre; senza contare gli altri, i più infelici. Disseppelliti dopo 36 ore, tutti una matassa coi morti!

GOETZ                    - Pazzi?

PARSC                    - Diremo choc nervoso, fissati. Cre­dono d'essere morti loro pure.

GOETZ                    - Credono.. Morti?

PARSC                    - Sì, tutti e tre. Contagio psichico, un caso interessante.

SCENA QUINTA

(Detti e Gaucker)

GAUCKER             - Sono Gaucker.

PARSC                    - (a Goetz) L'imprenditore. Pare che lui sia fuori. (Gaucker, guardando nel fascicolo) Voi: Burke Tomaso, Imparato, Felici... (nenia a leggere) be', insomma, erano vostri operai?

GOETZ                    - Ce n'è degli altri.

PARSC                    - (leggendo) Già. Aiello...

IL CANCELL.        - Aiello.

PARSC                    - Questo lo dimentico sempre, (a Gaucker) Erano vostri operai?

GAUCKER             - (con un sorriso) C'è in più la donna. La donna, Eccellenza!

IL CANCELL.        - (suggerendo) Nasca Orsola.

PARSC                    - (stizzito) Sì. (a Goetz, spiegando) S'è ritrovata sepolta anche questa, con gli altri. Holand?

IL CANCELL.        - (leggendo) Nasca Orsola. Og­getti repertati; 75 centesimi e il libretto col nome in una tasca.

PARSC                    - (a Goetz) E’ il punto oscuro, diremo. Crede anche lei d'essere morta là sotto. Non s'è potuto saper nulla, chi fosse, che cosa facesse laggiù.

GAUCKER             - Si divertivano, Eccellenza.

BERT                       - Posso parlare?

PARSC                    - Basta.

GAUCKER             - Sono imprenditore da trent'anni, Eccellenza. I più importanti lavori. Ec­comi qua. Per fortuna le cose sono chiare.

PARSC                    - Be', dite.

(Comincia a far cupolino dalla porla del fondoun signore mìope, un testimonio, che finalmente s'insinua dentro e siede).

GAUCKER             - Posso dire che il taglio del terreno, lo scavo, le armature, tutto era in piena regola.

BERT                       - (brontolando) Le armature non c'e­rano!

GAUCKER             - (senta voltarsi, alzando un pò la voce) Tutto approvato dalla Sottocommissione. Chiamateli.

BERT                       - (brontolando) Si sono messi d'ac­cordo.

GAUCKER             - Chiedo che si sentano i tecnici del­ia Ferroviaria. Il signor Kurz.

Parsc                         - (dando un'occhiata a Goctts) L'Elet­tro-Ferroviaria non c'entra.

GAUCKER             - Non c'entra?

PARSC                    - No.

GAUCKER             - Lo sapevo. Be', non importa.

GOETZ                    - Voi stesso del resto avete attribuito la frana...

GAUCKER             - A incuria e malvolere degli operai. Sissignore,

PARSC                    - Atti di sabotaggio?

GAUCKER             - Ne sono convinto.

PARSC                    - Avete qualche prova?

GAUCKER             - No. Gli operai erano gente racco­gliticcia, immigrati. Generalmente fannulloni, canaglia. Si verificavano furti, in quantità incredibile.

PARSC                    - Di che genere?

GAUCKER             - Tutto, specie di notte. Rotoli di filo, cemento, arnesi, lampadine persino, ma specialmente legname. Le armature le ave­vano spogliate, ridotte a nulla.

BERT                       - (brontolando) Non c'erano, le arma­ture!

PARSC                    - Ma insomma!

GOETZ                    - Si lavorava di notte, Eravate in ri­tardo?

GAUCKER             - Nossignore.

GOETZ                    - Risulta.

GAUCKER             - Pochi giorni, sciocchezze. Avevamo trovato un terreno marcio, infiltrato.

(Altre persane, intanto, cominciano a in­sinuarsi nella stanxa, sedendo sulle panche del fondo).

PARSC                    - Avevate dato degli ordini?

GAUCKER             - Guardare, stare attenti.

PARSC                    - Attenti a che?

GAUCKER             - Sopratutto all'acqua, ai pozzetti.

GOETZ                    - II motorista poteva buttarsi giù a dormire?

GAUCKER             - Nossignore.

BERT                       - Posso parlare?

PARSC                    - No.

GOETZ                    - Voi stesso, dice lui, gli avreste dato il permesso.

GAUCKER             - Eccellenza, gli davo il soprassoldo per lasciarlo dormire!

UNA DONNA        - (tra il pubblico, con un piccino in braccio) Gli domandino un po', a quello lì, quanto era il soprassoldo.

PARSC                    - Cos'è? Cos'è?

GOETZ                    - Rispondete.

GAUCKER             - Venti centesimi all'ora. Anche di più.

BERT                       - Uno e sessanta, Eccellenza, tutta una notte inchiodati, giù, dentro un buco di fango, a morire cft freddo!

GAUCKER             - (fon un sorriso sforzato) Eccellenza, davamo gli incerati, stivaloni di gomma.

LA DONNA            - Sfondati.

GAUCKER             - Li rubavano, quelli nuovi, Eccel­lenza.

Parsc                         - Ma insommai Che cosa succede?

BERT                       - Gli domandino un po' chi li faceva, i turni di giorno, ai motori.

GOETZ                    - Rispondete.

GAUCKER             - Lui e un altro.

BERT                       - Sedici ore, Eccellenza, sedici ore, là dentro! Mi obbligava!

GAUCKER             - Io? Obbligavo? Venivano a sup­plicare, insìstevano, pel soprassoldo, La disgrazia è successa per colpa loro, Ec­cellenza. La causa è stata l'acqua : è stato dimostrato. Hanno lasciato di pomparla.

PARSC                    - Spiegate.

GAUCKER             - L'acqua ha riempito, ha succhiato giù tutto.

GOETZ                    - Sicché, la colpa?

GAUCKER             - Operai e motorista; erano a diver­tirsi nella baracca, con la donna, magari.

BERT                       - Ma io...

GAUCKER             - Eccellenza, dimenticavo una «osa,

PARSC                    - Dite,

GAUCKER             - Molti della notturna, quella notte, si sono allontanati. Sono stati visti in una liquoreria lì vicina. Hanno anche litigato, (indicando fra le persone entrale) Può es­sere sentito il liquorista, su questo.

PARSC                    - (osservando la gente entrata) Ma guarda un po'! Benissimo! Chi ha fatto entrare questa gente? Lucrezio!

GOETZ                    - (interrompendolo) Vuol domandare di questo litigio?

PARSC                    - (interdetto) Come lei vuole. Voi...

IL LIQUORISTA   - (che s'è già avanzato) Sareb­be stato uno scherzo; non hanno litigato. Io sarei il liquorista.

PARSC                    - (nervoso) Dite,

IL LIQUORISTA   - Sarebbe stato che uno comprò mezzo etto di biscotti. Era sabato. Gli al­tri operai, senza farsene accorgere, gli hanno fatto uno scherzo.

PARSC                    - Avanti.

IL LIQUORISTA   - Sui biscotti incartati, nella sac­coccia, mi spiego?, gli hanno versato un po' di benzina.

PARSC                    - Benzina?

IL LIQUORISTA   - Per. scherzo, sì.

PARSC                    - Poi hanno litigato?

IL LIQUORISTA   - Niente. Dapprima l'uomo, che era un tipo un po' semplice, mi spiego, s'è messo a piangere. Ma poi sono usciti assieme, tutto regolare.

GAUCKER             - Bella gente!

GOETZ                    - (a Parsc) Vuol chiedere un po' se c'era un sorvegliante?

GAUCKER             - Sì. Cioè, era ammalato.

PARSC                    - C'era qualche altro?

GAUCKER             - L'operaio Gìuseppctti.

GIUSEPPETTI        - (cerimonioso) Posso? Questa cosa non risponde al fatto vero,

GAUCKER             - Lo avevo incaricato.

PARSC                    - Guardatevi un po' in faccia.

GIUSEPPETTI        - Eccellenza, dico ia verità. Ten­go la faccia scoperta,

GAUCKER             - Falso! Bugiardo! Non vi vergognate? Un uomo anziano!

LA DONNA            - Sei te, bugiardo!

PARSC                    - Basta! Dove si va a finire? (a Goetz, un po' inquieto) C'è qualche cosa, stamane.

UNA VECCHIETTA            - (avanzandoti e accìngendosi « piangere) Si, signore, io sarei la povera madre. Ah, signore, tanto un bravo ((io-vane, mi v^eva tanto bene;

PARSC                    - (sbuffando) Ma chi è questa?

IL CANCELLIERE  - Mosca Beatrice, Parte lesa. Sorda.

UNA VECCHIETTA            - Sissignore. Dieci.

PARSC                    - (gridando) Sapete nulla del fatto?

LA VECCH.            - Eh? (ti guarda intanto sorri­dendo).

PARSC                    - Del fattoi

LA VECCH.            - Eh?

(Il pubblico comincia a ridere).

GLI ANGELI                        - (gridando) Del fatto! Sapete nulla?

LA VECCH.            - Sissignore. Il ragazzo è uscito di casa il mattino, m'ha dato un bacio, cosi, non e più tornato.

GAUCKER             - (furioso) Non è più...È una bugia! Suo figlio è vivo!

UNA VECCHIETTA            - Vivo? (pausa; fa di no con la testa) Non e più vivo. Lui ì rimasi» sotto la terra, (pausa) La colpa è tutta sua, di quell'uomo.

GAUCKER             - Mia? Colpa mia? Sa a vedere che adesso... Ci mancherebbe questo.

PARSC                    - Che ne sapete voi?

LA VECCH.            - (facendo dieci con le dita) Sis­signore, dieci lire.

(il pubblico ride).

PARSC                    - (furioso) Qui non si capisce più nulla.

LA VECCH.            - Dieci lire la settimana I (fmgntt-colando) Un figlio tanto buono! Savio!

GAUCKER             - (a Goetz) Un ubriacone.

IL CANCELL.        - Dice che le passava dieci lire la settimana.

PARSC                    - E che ce ne importa?

DONNA CON BAMB.- (avanzando) Per il risarcimento, Eccellenza. L'ha detto l'av­vocato.

LA VECCH.            - (indicando Gaucker) È stata colpa sua, di quell'uomo.

GAUCKER             - (a Goetz) Eccellenza mi vogliono coinvolgere. Credono che io sia ricco.

DONNA CON BAMB.- (avanzandosi) Sono la vedova Burke.

IL CANCELL.        - (a Porte, spiegando) Altra parte lesa.

PARSC                    - Quanto alla settimana?

LA DONNA            - Anche duecento lire. Era ti» colosso, Eccellenza.

GAUCKER             - (a Goets) Condannato per ladro.

PARSC                    - (dettando) Duecento. Firmate. An­date.

LA DONNA            - Devo dire qualche altra cosa, sul fatto.

PARSC                    - Cosa vote» aaptrne!

LA DONNA            - Ho parlato con Burke, Prima che morisse.

IL CANCELL.        - (leggendo) Estratto vivo; so­pravvissuto dieci ore.

PARSC                    - (alla donna) Ha parlato?

LA DONNA            - Sissignore.

PARSC                    - (a Goetz) Se potessimo farci un idea un po' chiara...

LA DONNA            - Fino verso le nove ha ripetuto sempre che, se riusciva mai a drizzarsi dal letto, voleva mangiargli il cuore.

PARSC                    - A chi?

LA DONNA            - (dopo aver cambiato di braccio il bambino, indicando Gaucker) A quello la.

GAUCKER             - Non è vero! Risulta che non ha detto questo!

PARSC                    - E poi?

LA DONNA            - Poi ha cominciato a capire che moriva, lo ero incinta, di questo. Spez­zato, era, maciullato, in tutta la persona! Diceva-, Oh Dio, oh Dio, sono tutto ro­vinato, Giovanna, mi hanno assassinato.

GAUCKER             - (affannoso, indicando Gittseppetti e Beri) Loro! Diceva di loro!

LA DONNA            - Poi ha allargato gli occhi, mi ha preso la mano... Eccomi qua. Tre figli.

GAUCKER             - Posso difendermi?

PARSC                    - No. (guarda Goetz) Siete qua ap­posta.

 GAUCKER            - Eccellenza, è tutta una commedia. Burke, questa qua, la condava a sangue, ogni sabato; gliela levavano di sotto i i piedi.

PARSC                    - (alzando le spalle) Beh. (alla donna) È vero?

GAUCKER             - Diceva tempre che se il marito glielo ammazzavano a coltellate, lei era contenta.

PARSC                    - É vero?

LA DONNA            - Sicuro che i véro. Sicuro, (d'un tratto, con un &ido) Ma io... ma io gli volevo bene! M’è morto! M'è morto!

PARSC                    - Andate. Non è questo il posto.

LA DONNA            - (s'avvia; nel passare davanti a Gaucker, si ferma) Eccellenza, permette una parola?

PARSC                    - Dite.

LA DONNA            - (calma, indicando Gaucker) Que­sto qui e un assassino. Se questo qui ha una moglie, una figlia, si deve vergo­gnare d'alzare la faccia a guardarle, (d'un tratto, prorompendo) è stato lui! Assas­sino!

VOCI                       - Sì! È vero!

BERT                       - (come epilettico) « Sono innocente! Mi vogliono mandare m prigione! È stato lui!

PARSC                    - Basta! Cos'è!

VOCI                       - È stato lui!

PARSC                    - Basta! Basta!

LA DONNA            - S'approfittava delle donne in bi­sogno! Anche le ragazzate!

PARSC                    - E’ una cosa inaudita! (nel silenzio che s'è ristabilito, furioso) Faccio arrestaretutti! Lucrezio! Ma dov'è andato questo scellerato d'usciere!

(Si apre la porta, entra in furia un uomo in berretto, leggermente zoppicante, con sin in volto).

L’USCIERE LUCREZIO- Sono qua.

PARSC                    - Ci penso io per voi.

L’USCIERE            - Scusi, scusi: non m'ha mandato lei? Dal macellaio! (avanzandosi con t'ìnvolto, che porge a Parsc, senza avvederti dei cenni di questi) Gliene ho preso due libbre. Sentirà: un burro. Ha detto il macellàio... (s'è avveduto di Goetx, Si» lerrompe, si ritira confuso).

(Un silenzio. C'è stata fra il pubblico un brusio di risa).

PARSC                    - (imbarazzato, a Goetz, dopo avere na­scosto l'involto fra le carte) Sa, vivo solo... Qualche volta approfitto, qui, dell'u­sciere, per qualche piccola spesa... (con al­tra voce) Ventlsei anni, signor Accusatore, sono ventisei anni che mi trovo qua in mezzo. Sa, ci si fa un tantino il callo. Si finisce un po' per mancare... di sensibilità, di entusiasmo, (tentando di sorridere) Bi­sogna anche pensare... al lesso... Lei mi giudica male.

GOETZ                    - Non è così.

PARSC                    - Lei i giovane! Lei si che ha fatto carriera!

GAUCKER             - (avanzandosi) Domando un sopra­luogo. Qui si vuol fare una speculazione, si sono messi d'accordo. Io sono sempre stato un brav'uomo, mi conoscono in parecchi. Sono trent'anni che lavoro: pove­ro! Sono povero! Da che e successa la cosa, devo copiar progetti, la sera, per tirare avanti. Ho studiato da ingegnere, sono una persona per bene.

PARSC                    - (fa un gesto).

GAUCKER             - Eccellenza, bisogna ch'io faceta un po' capire. Non i vero nulla di quello che dicono: anzi, il contrario, mi volevano bene. Io li aiutavo.

BERT                       - Eccellenza, gli operai si vedevano sopra la morte. Lo sa, tjuesto signore, che rispondeva? « Arrangiatevi! »

GAUCKER             - Non è vero! Lo giuro!

DONNA CON BAMB.- (urlando) Arran­giatevi! Arrangiatevi! Sono morti.

GAUCKER             - (pallido) Ma io... Eccellenzal Ero venuto qua quasi tranquillo. Invece vogliono far confusione. Porterò i testimoni...Non sono io il responsabile!

PARSC                    - (con voce nuova, con durezza) Quan­to era, d'altezza, la scarpata?

GAUCKER             - Quindici metri,

PARSC                    - E la pendenza?

GAUCKER             - Il dodici.

PARSC                    - Risulta il dieci.

GAUCKER             - C'è stato il nulla osta, Eccellenza...

PARSC                    - Comeavete trovato il terreno?

GAUCKER             - Un pochetto infiltrato...

PARSC                    - Marcia

GAUCKER             - è questione del preventivo, Eccel­lenza! Chi me la rimborsava, 1 me, la spesa in più? Migliaia e migliaia di me-tri cubi da muovere... L'Elettro-Ferrovia­ria... insomma lui, il signor Kun...

PARSC                    - V'aveva appaltato i lavori? Con re­golare contrattor

GAUCKER             - Sissignore.

PARSC                    - Da quel momento la Ferroviaria scompare. Non ci siete che voi.

IL TESTIMONIO MIOPE    - (tra il pubblico, ironico) Il signor Kurz non sa nulla. La Ferro­viaria, non c'entra.

PARSC                    - Cos'è? Chi è?

IL CANCELL.        - Dev'essere un testimonio, Ec­cellenza.

GAUCKER             - Un contratto iniquo, un capestro! E poi, modificato venti volte...

LA DONNA            - Arrangiatevi!

GAUCKER             - Bastava il motorista, se fosse stato attènto! Oppure il sorvegliante!

Giusnwim (aitandosi) Io ero manovale, pagato a metro cubo.

GAUCKER             - Lo avevo incaricato.

PARSC                    - Lo so. Avete risparmiato un sala­rio.

GAUCKER             - Le armature!

UNA VOCE            - (tra il pubblico) Arrangiatevi!

GAUCKER             - Domando una perizia. C'era impie­gato legname per 500 metri cubi, circa.

BERT                       - Poche tavole, marcie.

GAUCKER             - (cavando con mani tremano piccole carte che gli cadono, poi un mozzicone di matita) Fornito dalla Ferroviaria, Ec­cellenza. Penino esuberante. Ecco qua, è un conto semplice: piti di 40 piedritti, di 32 centimetri, aspettate... (cerca di infor-care gli occhiali).

PARSC                    - (a Goetz) Non è questione di centi­metri, vero? E il compie»», il complesso.

GAUCKER             - (voltandosi intorno un po' smarrito). Ma io ero un buon uomo, ve lo può dire chiunque! (indicando fra il pubblico) Tu, Menjura! Eccellenza, ha lavorato sotto di me quindici anni. Di', di', Menjura. Tu lo sai, come mi consideravano, in ge­nere?

Mzntura (che s'è alzato) Devo parlare?

PARSC                    - Sbrigatevi.

MENJURA              - Eh, un uomo gramo.

GAUCKER             - (« Parse) Non ha capito.

MENJURA              - Ho capito. Gramo,

GAUCKER             - Ma io... ma come-Mi, (bonario) Signore, lo sapete eosè? Non ve ne accorgevate, (a Parse) La ve­rità bisogna dirla. Gramo, sempre a gri­dare, sempre sdegnato. A star sotto a lui veniva il mal di cuore, Eccellenza.

PARSC                    - Spiegate.

MENJURA              - Ti guardava, così; poi cominciava : «Scellerato! Ti prendo a calci! Mange­rai l'erba dei fossi ». Diceva sempre: « Pos­sibile che non vi caschi mai un mattone in testa da un quinto piano? » (ride, Sen­na motit/Q apparente) Eh, il poveretto deve subire tanto, Eccellenza. L'altr'anrto, per esempio; scopri un garzone che aveva trovato ut) piccolo gattino e ci si diver­tiva.

PARSC                    - Cosa?

MENJURA              - Un gattino,

PARSC                    - Finitela! Un gattino! Dove credete d'essere?

MENJURA              -  Per far capire, Eccellenza. Insomma, lo pesto.

PARSC                    - Come?

MENJURA              - Si, lui lì. Con le scarpe; lo spiac­cicò sul pavimento il gattino. Era un uomo cosi. Si sporco tutte le scarpe.

(Un silenzio).

GAUCKER             - Ma questo... ma è ridìcolo! Non c'entra nulla I (pausa) Era un coso, un gattino... piccolissimo. Volevo dargli un cairio, levarmelo dai piedi, (un silenzio)

(Intanto i raggi del sole, dalle finestre molto alte, appaiono e scompaiono sui tavolini e sul pavimento).

PARSC                    - (aitando gli occhi e poi riscuotendosi, a Goetz) Nuvole. Cambia il tempo, (a Menjura, a Gaucker, quasi cortesemente) Sedete pure. Ho capito.

GAUCKER             - (avvicinandosi anche di più, smar­rito) Ma io devo spiegare. Qua si vuol dare una cattiva impressione. Posso assi­curare, in coscienza, fin da ragazzo, ho avuto sempre l'animo buono...

MENJURA              - Eccellenza, gli operai, di nascosto, sa come lo chiamavano, lui? Sa, per farle capire. Faccia macchiata.

PARSC                    - Come?

MENJURA              - Faccia macchiata.

GAUCKER             - A me? Faccia...

PARSC                    - E perche'?

GAUCKER             - (un po' smarrito, a Mcnjura, indican­dosi la faccia) Per questa? Per la macchia? (un silenzio).

PARSC                    - Quale macchia?

GAUCKER             - (mettendosi meglio in luce) Qui sulla faccia : si vede appena. Ho una macchia. Ci sono nato, non è colpa mia. (un silenzio).

UN SIGNORE DAL VESTITO LUCIDO  - (già da un pezzo fra il pubblico, avanzando timidamente con un foglio in meno) Sono stato chiamato per testimonio. È uno sta-glio. Io non so proprio nulla. Potrei... po­trei andar via? (nessuno gli bada, tutti sembrano assorti sulle ultime parole di GAUCKER) Mi aspettano in ufficio. Sono un povero impiegato, con tanti guai... (ten­tando di sorridere). Fra i quali i superiori. (intimidito, si ritira cerimoniosamente, ri­petendo) 1 superiori.

GAUCKER             - (con angoscia) Ma io non sapevo nulla) Non ho saputo mai nulla, in tanti anni.

PARSC                    - Siete nato a Witteal?

GAUCKER             - Sono del Sud. A Witteal ci so­no andato da ragazzo.

PARSC                    - (a GAUCKER, con voce indifferente) Forse avete studiato a Witteal? Nel collegio?

GAUCKER             - (pensieroso) Sì, nel collegio. Vo­levo fare l'ingegnere, avevo un monte di idee... (guarda la carta rimastagli in mano: d'un tratto prorompe) Ma no, ma no, non è giusto! Non è mica cosi. In fin dei conti c'è la Ferroviari». Ogni minima cosa: era la Società, che disponeva! Kurz! Era Kurzl Bisognerà parlare, finalmente! Non voglio mica che si creda davvero...

PARSC                    - L’Elettro-Ferroviaria non c'entra. La questione è diversa.

GAUCKER             - (mettendosi le mani al collo) Mi tenevano così! (alzando la carta) Anche qui, pel legname,..

IL TEST.MIOPE     - (ironico) Il signor Kurz non c'entra, lo volete capire? Quello non c'en­tra.

PARSC                    - Ma chi è quello là? Cosa vuole?

IL TEST.MIOPE     - Nulla, non abbia paura.

PARSC                    - E’ da stamane che ronzai Cosa ha da dire? Gli insegno io. Vada fuori.

IL TEST.MIOPE     - (avviandosi) Eh! Ci sareb­be qualche cosa da dire. Non perda di vista le questioni generali, caro signore. (esce).

PARSC                    - (furioso) Lucrezio! Fuori! Ma guar­date un po' che impudente! Quel testimonìol Chi è? Come si chiama? Non si capisce più nulla, non mi era mai capi­tato, (chiudendo il fascìcolo) Basta. So­spendo.

GAUCKER             - Eccellenza, non mi lasci così.

PARSC                    - Sono stufo,

GAUCKER             - (porgendo » jkoi pezzi di tara) -Per carità, guardi qui. Basterebbe il le­gname.

GiusKpvrrn (tìmidamente) È stato lui, Ec­cellenza!

GAUCKER             - Sono una persona per bene. Ho la coscienza a posto.

LA DONNA            - (passando di braccio il bambino, che prende a piangere disperatamente) -Arrangiatevi!

PARSC                    - Basta!

Gwppettii - È stato lui, sissignore.

IL CANCELL.        - (indignato, a Giuseppetti) Fa­te un po' silenzio, anche voi. Qua non si va più avanti.

LA DONNA            - Arrangiatevi!

(Il pubblico mormora e rumoreggia, il chias­so t al colmo. D'un tratto si sente un colpo lontano, è il cannone di mezzogiorno. Tutti, come in un ballo meccanico, si fermano a mezzo, s'azzittano, cavano fuori l'orologio, poi si alzano con ordine, cominciano ad av­viarsi verso l'uscita).

PARSC                    - (a Goetz, agitato) Ora di colazione, per fortuna, Se ne riparla dopo.

L’USCIERE LUCREZIO     - (a Parse, indicando l'in­volto della carne) È un burro, sentirà.

GAUCKER             - (con le sue carte in mano) Dia un'occhiata, Eccellenza,

PARSC                    - (esce senza fermarsi)

GAUCKER             - (dl'useitre, che non gii bada) Qua ci sono le cifre... (al cancelliere) Le palanche di 15 centimetri...

IL CANCELL.        - (avviandosi, autorevole) Signo­re mìo, non è questione dì centimetri, qua. La storia di quel coso, di quel gattino, per esempio, ha fatto un p impressione. (esce)

GAUCKER             - (seguendolo eoi suo pesto di car­ta) Ma no. Senta, è un complotto... (s’interrompe; ha veduto una signora an­ziana, dell aria dimessa e un pò comica, che sta a spiarlo tra lo gente che sfolla) Anna!

(gli si accosta timidamente)

SCENA SESTA

(GAUCKER, la sig. Anna soli; poi il TBf. iito>«, poi /'uscisse).

GAUCKER             - (turbato) Eri qua? Tu eri qua. Sei venuta! (un silenzio) Hai sentito che infamia? E>opo che li ho sfamati, (colpito da un pensiero) Tu, quando sei venula?

LA SIG. ANNA      - (imbarazzata) Proprio in ultimo, ora. Non ho sentito nulla, GAUCKER ker, nulla, (un silenzio) Vieni via, Giucker, andiamo a casa. Sei tutto sudato.

GAUCKER             - (d'un tratto, infuriato) Te l'avevo detto, sì o no, che non dovevi venire? Lo sai che non volevo I Non mi conti più nulla!

LA SIG. ANNA      - Ma io... non ho sentito nul­la, te lo assicuro, nulla.

GAUCKER             - (con altra voce, senza guardare la moglie) Si sono inventati un'infinità di storie, di infamie, (pausa) Sì sono messi d'accordo, mi trovo in una morsa... (in­furiandosi man mano) Le donne, eccole qua, certe cose non k capiscono mica. Io sono un galantuomo. Sono sicuro, ho la coscienza a posto.

LA SIG. ANNA      - (quasi sul punto di piangere) Ma si, ma sì,

GAUCKER             - . Sembra... che sia colpa mia...

GAUCKER             - (prende macchinalmente il cappella; dopo un silenzio) Cos'è, pensi tu potè           Ti fa senso... 1» faccia macchiati? La sto. Anna (giungendo U mani) GAUCKERkerl

GAUCKER             - Viene persino voglia... voglia di farla finita, capisci? (una pausa; eoa al­tra eoce) Scusami, Anna. Non so più quel che dico, (pausa; col bisogno evidente di restare solo) Eccomi, vengo subito: ho certe carte da prendere.

LA SIG. ANNA      - (esce),

GAUCKER             - (appena solo fa qualche passo avan­ti e indietro; si trova davanti una fine­stra, cerca di specchiarsi). Ih TEST, mom (ha fatto capolino dal fondo, sta ad osservare come indeciso).

GAUCKER             - (si mette a sedere, gli casca l'occhio sulla carta che tiene in mano, la strappa lentamente lasciando cadere i pezzetti).

L’USCIERE            - (che è entrato) Su, su! Non si sa mai, con le cause. Tornate oggi. Si chiude.

GAUCKER             - (s'alza, s'avifìa).

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

Uno stilatone in cemento, simile a un ga­rage, con una larga porta a due battenti, ad ogni aprirsi della quale appare un'estensio­ne di terreno, dominata da un muro.

SCENA PRIMA

(Il CANCELLIERE, ti TESTIMONIO MIOPE, la SI­GNORA Anna, e altra gente, alcuni seduti su una panca. Tutti hanno addosso paletot e cappello)

IL TEST. MIOPE    - (fumando, al cancelliere) . Sì, questo affare mi distrae, mi diverte, Ci ho lavorato anche io, qui, in questo buco. Sì, sotto Kurz. Con la Ferroviaria. Conosco.

IL CANCELL.        - (autorevole) Uh! È un pro­cesso che piace. Segue i giornali? Quei co­si, per esempio, quei dementi, che cre­dono...

IL TEST. MIOPE    - (gli fa etano di tacete, ascol­tando)

Un sitwOKi- (al suo vicino) Il mio princi­pio è questo: che non sono mai abbastanza grandi, le scarpe.

IL VICINO             - (triste) Proprio così, (si allon­tanano)

IL TEST. MIOPE    - E tei? Sentiamo lei, il suo principio.

IL CANCELL.        - Cosa vuole! Un cancelliere... Sa che ci vuole, soprattutto? Un buon riscaldamento. Ora ho preso una stufa ame­ricana, ili quelle.„

UN SIGNORE        - (al sito vicino) Ah, sono ve­ramente terribili, i portieri. Arroganti! L'altr'anno... senta questa, (si allontanano).

IL TEST.MIOPE     - E poi?

IL CANCELL.        - Come, e poi?

IL TEST. MIOPE    - E poi. (ironico) Voglio dire: Iti non pensa mai alle questioni gene­rali, al complesso; mettiamo, alla questio­ne dei combustibili? (con esagerata circospezione) Dicono che il carbon fossile durerà ancora cento anni, si e no.

IL CANCELL.        - Oh bella, dovrei pensarci pro­prio io?

(Si sente, lontano, il fischio prolungato di un treno)

IL TEST. MIOPE    - (che ha guardato l'orologio) -In perfetto orario, E agli orari non pen sa mai?

IL CANCELL.        - Non troppo.

IL TEST. MIOPE    - (incastrando le dita) Sono una cosa interessante. Kurz... dice cosi : un incastro.

IL CANCELL.        - Eh! Il progresso, È un pia­cere.

UN SIGNORE        - (al tuo vicino, guardandoti i piedi) Troppo fango, che diamine! Troppo fango! Girano dei raffreddori... (se­guita a voce pili bassa).

IL TEST. MIOPE    - (guardandosi tt dita incastrate) L'essenziale caro signore, è di mettere i fatti in rapporto, trovare i nessi, le cau­se generali. E un ingranaggio. Sa io co­me mi diverto? A fare delle macchi­nette; ma piccolissime, dei veri gingilli : cosi. Il cancell. - Curioso! Delle macchinette?

IL TEST. MIOPE    - (fa dei piccoli gesti con le di­ta) Le perfezione sempre.

IL CANCELL.        - Cioè?

IL TEST. MIOPE    - (leggerissimamente eccitato) -Si smonta, si rimonta. Tutte leve, rotelle microscopiche. Quasi si deve trattenere il fiato... Ci si perde ìa testa, si parla per­sino forte, da soli, (tornando naturale) Una innocente mania. Credo d'averla pre­sa da mio padre, (pausa) Quando mi sen­tiranno, qui nel processo... Conosco dei dettagli interessanti.

(Sì sente, da qualche momento, lontano, un ballabile, che poi si risentirà a momenti per tutto l'atto)

IL CANCELL.        - O questa?

IL TEST. MIOPE    - Ecco, lei non mette i fatti in rapporto, direbbe il signor Kurz. Lei è passato vicino.

IL CANCELL.        - La giostra? Al bivio?

IL TEST. MIOPE    - Gira. Con questo freddo. Te­mo che giri vuota, (ascolta, girando nell'a­ria col dito).

IL CANCELL.        - Più che il freddo è questione dell'umido, quaggiù.

IL TEST. MIOPE    - (inquieto) Lei crede? (aceomo dandosi il foulard) Non vorrei... Sono un po' delicato. Lei no? Lei è un toro, un Er­cole, un Sansone?

I

L CANCELL.          - Non fo per dire,

IL TEST. MIOPE    - Com'è cattivo, lei! Nemmeno un piccolo reuma? No? I reni? Via, sia buono.

IL CANCELL.        - Un po' il fegato.

IL TEST. MIOPE    - Lo vede?

IL CANCELL.        - Cosa vuole! (segue it ballabile col dito, canticchia) « Messico adorato... giardino incantato... ».

IL TEST. MIOPE    - Da ragazzo io volevo fare un monte di cose, caro signore; riformare... di ventare chi sa-..

IL CANCELL.        - Proprio così. Anche io.,. « Mes­sico adorato... ».

IL TEST. MIOPE    - È un incastro, (con indifferen­za) Le sembra che si possa seguitare, così?

IL CANCELL.        - Come, caù?

IL TEST. MIOPE    - (con ironica circospezione) Di­co: è sicuro?

IL CANCELL.        - (inquieto) Sicuro di che?

IL TEST. MIOPE    - D'essere vivo.

IL CANCELL.        - (dopo aver riso molto) Ne! caso mio... È la carriera, in sostanza. Sono stato sfortunato nella carriera.

(La porta si spalanca, entra il contigliele Parsc, evidentemente di malumore, arruffa­to, pallido).

SCENA SECONDA

(Detti e Parsc)

PARSC                    - Benissimo. Fuori di qua. Mascal­zoni! Insolenti!

(Gli astanti scivolano fuori silenziosamente)

IL TEST. MIOPE    - (fa per avvicinarsi, con dei sor-ritetti)

PARSC                    - Lei, poi!,,. Lo sa che mi ha seccato? Lo sa? Non voglio sentir nulla! Lo sa che la faccio arrestare?

IL TEST. MIOPE    - (scivola fuori anche lui).

PARSC                    - (va a fermarsi davanti a una porti­cina a destra: d'un tratto, scompigliandosi i capelli) Questo processo mi fari ve­nire la febbre.

LA SIG. ANNA      - (giungendo le mani, stm&t accostarsi) Creda, Eccellenza, illustris­simo: è sempre stato un brav'uomo, at­taccato alla casa. Era proprio malato, il sorvegliante, di tifol Tifo.

PARSC                    - (cercando di star calmò) Andate fuori.

LA SIG. ANNA      - La colpa è della Ferroviaria... Si sono messi d'accordo...

PARSC                    - Fuori! Fuori!

LA SIG. ANNA      - (esce, incespicando).

SCENA TERZA

(PARSC e il cancelliere)

PARSC                    - (indicando la porticina a destra) Holand, è sempre la?

IL CANCELL.        - (già seduto a un tavolo, con la penna in mano) Ah!

GAUCKER             - . Sissi­gnore.

PARSC                    - Cominciamo, (dettando e cammi­nando) Noi consigliere Parse, con l'assistenza del cancelliere sottoscritto.,.

IL CANCELL.        - ... sottoscritto..

PARSC                    - Recatici eccetera eccetera, abbiamo quivi eseguito un accurato sopralluogo,

IL CANCELL.        - ...sopraluogo.

PARSC                    - (indicando la porticina) L'avete os­servato, in questi giorni, stamane,

GAUCKER             - ? Con quel testone, quell'occhio... tri­ste... Sembrava un grosso bue.

IL CANCELL.        - (ridendo molto) Ah! Un grosso bue. Magnifica!

PARSC                    - (leggermente urtato, riprendendo e camminare e a dettare) Il luogo, consistente in uno scavo profondo...

IL CANCELL.        - ...profondo...

PARSC                    - ...fra due alti muri... (si interrompe, Va ad origliare alla porticina, apre, richiude) Holand,

IL CANCELL.        - Signore.

PARSC                    - Ma che diavolo fa?

IL CANCELL.        - GAUCKER    - ? Non saprei, signore, Credo che in fondo ci sia uno sgabuzzino,un piccolo ufficio, (fregandosi le mani) Sì sono dimenticati «li metterci il termosifa­ne, signore, (ride, soddisfatto della frase).

PARSC                    - (indicando e abbassando la vote) È chiuso a chiave?

IL CANCELL.        - Vuole... con un pretesto... che vada a sincerarmi?

PARSC                    - Niente. Per carità I Uno scellerato. (riprendendo a dettare) Fra due alti muri.

IL CANCELL.        - ...muri,..

PARSC (va dia porta del fondo, la spalanca per guardare).

LA SIG.ANNA EIL TEST.MIOPE (appaiono, uno di qua e uno di là, in atto di chi aspetta).

PARSC                    - Ancora voi? Sempre voi?

LA SIG.ANNA EIL TEST.MIOPE            - (prima una, poi l'altro, se ne vanno in silenzio, tra la nebbia).

(Si sente, pia distinto, il ballabile).

PARSC                    - (seguitando) Fra due alti muri dì sostegno; in cemento; verticali.

IL CANCELL.        - Verticali.

PARSC                    - (dopo accesa una sigaretta, voltandosi) Holand, non trovate... che mi somigli un pochino?

IL CANCELL.        - Chi? Ahi Che dice mail

PARSC                    - Volevo dire uà po' la voce, l'ac­cento. Ci sono «tato io pure, a Witteal, da ragazzo.

IL CANCELL.        - È tutta un'altra cosa.

PARSC                    - Verticali. La ssona si presenta -umi­da, acquitrinosa...

IL CANCELL.        - ... acquitrinosa...

PARSC                    - (chiudendo violentemente la porta) Per di più c'è la musica. La musical Holand. sapete che questa storia mi fa star male?

IL CANCELL.        - (deferente) Non c'è peggio dell'umido.

PARSC                    - Quel testimonio con gli occhiali, per esempio, di che s'impiccia? Ce l'ha con Kurz, sempre Kurz. Lo credete che mi esaspera?

IL CANCELL.        - Naturale.

PARSC                    - Per esempio, la cena di stasera: un'altra seccatura. Ci sarà anche l'Accu­satore. Non avrei nemmeno voglia d'an­darci.

IL CANCELL.        - Faccia uno sforzo, signor con­sigliere; quello è l'Olimpo.

PARSC                    - (desolato, comico) Un tight, mi ci vorrebbe, per ìo meno.

IL CANCELL.        - Un tight?

PARSC                    - Sì. Con le code, (si guarda le scarpe) Guardate qua, in che stato. L'accusatore, lui, fa le teorie.

IL CANCELL.        - Con le teorie si fa presto.

PARSC                    - Sono processi seccanti. Negli altri perlomeno ce la coltellata; c'è qualche cosa, capite?

IL CANCELL.        - (battendo le ciglia) Eh. Ca­pisco.

PARSC                    - Qui no; nessuno aveva l'intenzione; questi, di fracassarli, quelli di farli impazzire, quegli altri di storpiarli. È toc­cato a loro. A questi altri toccherà la con­danna: anche loro, giù, schiacciati. Mi fa un pò l'impressione... una macchina, un rullo, peggio per chi ci capita.

IL CANCELL.        - (tenendoti sulle generali) Si­gnore, la fortuna è una gran cosa, nella vita.

PARSC                    - Quattro anni fa, sentite, mi sono trovato in un autobus, che mise sotto un bambino: dapprima non capimmo, era­vamo seccati, «tendemmo. Holand! Era proprio finito... con la testina, capite? proprio «otto la ruota, (pausa) Seguitai a pensarci parecchio tempo; che sopra quella testina... c'ero stato anche io, con questi ottanta chili, col malumore che avevo, con la mìa fretta... (vincendosi) Che ci sia in tutto ciò qualche cosa dì orri­bile, dì crudele, i innegabile. Si tratta di trovare la responsabilità, Di chi è? (pau­sa) Quel GAUCKER           - ...

IL CANCELL.        - Oh! Un cuore inumano.

PARSC                    - La moglie, per esempio, con quel cappellino buffo, è lui, che la manda in giro, la costringe, è evidente.

IL CANCELL.        - Chiaro come il sole.

PARSC                    - (dopo aver fumato un po' in tilentto) Holand, starete zitto?

IL CANCELL.        - (con la mano sul petto, rugia­doso, onorato) Signor Consigliere...

PARSC                    - (abbassando la voce) Sapete che io... credo, da ragazzo, in collegio, d'averlo conosciuto, GAUCKER?

IL CANCELL.        - Lei? Lui? In collegio?

PARSC                    - A Witteal. Io ero nei piccoli. Mi pare.

IL CANCELL.        - Curiosa.

PARSC                    - Pensando, adesso, a quel the e di­ventato, fa una certa impressione, (pausa) Dove siamo?

IL CANCELL.        - (leggendo) Umida acquitri­nosa,

PARSC                    - Umida acquitrinosa, (cava una foto­grafia, la mostra a Holand) Voglio farvj vedere una fotografia.

IL CANCELL.        - È lui?

PARSC                    - Io! Sono io! L'ho cercata stanotte; in un baule (indicando) La divisa del collegio.

IL CANCELL.        - Già.

PARSC                    - Un bel ragazzino, non è vero?

IL CANCELL.        - Una carezza, signorel Nessuno davvero direbbe... (s'interrompe, confuso)

PARSC                    - È cosi, Holand. Nessuno direbbe, (una pausa) Arrossivo facilmente, avevo delle guancie da signorina. Se incontravo lo sguardo di qualcuno... battevo gli oc­chi, facevo un sorriso; subito amici, col cuore vicino. Ero... vivace. Ecco: vivo.

IL CANCELL.        - Si sa, i ragazzi,

PARSC                    - Oggi mi sono guardato. Che fac­cia m'è venuta, Holand! Ho pensai» a un mastino.

IL CANCELL.        - Cosa vuole, signore? Sapesse, io, col mio fegato!

PARSC                    - (imitando sé stesso) «Questo scel­lerato d'usciere!» «Ci penso iol»

IL CANCELL.        - Cosa vuole!

PARSC                    - (guardatosi la mano) Come se a poco a poco si fosse diventati... callosi; tessuti morti; anche dentro, (imitando sé stesso) « Questo scellerato d'usciere I » (guardando verso la porticina) « Arran­giatevi ». Forse e per via della voce, que­sto tono dì voce. M'è venuto così, a poco a poco... Non ci se ne accorge. Anche gli occhi... Holand, chissà, magari... devo essere... ingiusto, certe volte. Magari... odioso.

IL CANCELL.        - (con la mano sul petto) Per parte mia, signor Consigliere...

PARSC                    - Chissà che non l'abbiate trovato an­che a me un soprannome! Fortuna che la faccia non l'ho macchiata, io!

IL CANCELL.        - Oh, signore!

PARSC                    - Ci vorrebbe piò garbo, magari. Stare a sentire, accostarsi... Come si fa?

IL CANCELL.        - Già. Come sì fa?

PARSC                    - Sapete, Holand? Le prime volte che uscivo per leggere la condanna: avevo il cuore qui. Non lo guardavo mica, quel povero diavolo smorto lì davanti. Ogni parola che dicevo la sentivo qui, come coltellate. Cinque anni, dieci anni, U vita finita, addio. E poi gli urli, delle donne, delle mogli... Caro Holand, sa­pete che ora non mi fa più nulla? Nulla. Ora c'è da pensare al macellaio... al tight.

IL CANCELL.        - Purtroppo.

PARSC                    - (indicando) Quello là, ora, nel suo sgabuzzino. Mi pare dì vederlo... a scartabellare, a frugare... se può trovare il modo di tirare dentro la Ferroviaria, per coprirsi, capite? Dovrei essere matto, però. Figuratevi: Kurz! Con la promozione vicina...

IL CANCELL.        - Uh, sarebbe un errore. Ora che mi sovviene, è venuto fuori un mo­mento.

PARSC                    - Lui? GAUCKER?

IL CANCELL.        - Sì. S'è accostato a Menjura, Io ero proprio B. Gli ha domandato d'Aiello.

PARSC                    - Aielio. Uno dei morti? O dì que­gli altri, quelli usciti di testa?

IL CANCELL.        - Ora non mi rammento. Ha cominciato a chiedere com'era, alto, basso, il vestito, che faccia aveva... (un silenzio)

PARSC                    - E poi?

IL CANCELL.        - È tornato dentro, (come pet giustificarsi) Mi sono ricordato solo ora,

(Un silenzio)

PARSC                    - (che s'è accostato alla porticina, in ascolto) Nulla.

IL CANCELL.        - Vuole che vada?

PARSC                    - (un silenzio) No. (altro silenzio; con voce un po' roca) Va farabutto, un furbo. Quello prepara un tranello.

IL CANCELL.        - Non la fa mica, quello là, una sciocchezza.

PARSC                    - (facendosi forza) Acquitrinosa?

IL CANCELL.        - (leggendo) -... umida acquitri­nosa.

PARSC                    - La profondità dello scavo, nel cui fonda»

IL CANCELL.        - … fondo...

PARSC                    - (quasi respirando a fatica) Gli ope­rai... sì trovarono come dentro una trappola... senza scampo... (esasperato) Questo processo è un incubo I

IL CANCELL.        - (accennando verso la porticina) Non si capisce... Non si sente nulla...

PARSC                    - (dottanti alla porticina, dettando) Oc­correrà cercare se la responsabilità... il re­sponsabile... (interrompendosi) Holand. Mi chiami quella donna, la moglie.

IL CANCELL.        - (gùt corre alla porta del fondo, la apre).

(Appare la sig. Anna, che aspetta pastìen te­mente, tra la nebbia; pia in là il testimonio MIOMt).

IL CANCELL.        - (alla donna) Sentite.

SIG.ANNA             - A me?

PARSC                    - Sì, a voi.

SIG.ANNA             - (entra, un po' stupita, con degli inchini).

SCENA IV

(PaRSC, il CANCELLIERE, la SIC. ANNA)

PARSC                    - (come imbaratmto) Sentite un po'... Che cosa dicevate, prima?

SIG.ANNA             - (precipitosamente) Ah, Eccel­lenza, Io sapevo! Lei ha la faccia tanto dabuono! Volevo farle capire... che Gau-cker è un angelo! Si sono messi d'ac­cordo... Me l'ha detto anche quel signore dagli occhiali, qua fuori...

PARSC                    - Ma voi...

SIG.ANNA             - Sono tutta infangata... Tutti mi mandano via...

PARSC                    - V'ha detto qualche cosa, GAUCKER?

SIG.ANNA             - (precipitosamente) Tutto mi dicci Lo so io sola, com'è. Non esce mai, la sera, figuratevi.

PARSC                    - Io volevo...

SIG.ANNA             - - Dopo cena vuol farmi giocare a carte con lui, pensate, un uomo come lui, gli mancava poco per ingegnere, io tto una povera ragazza, lui dice che io sola lo capisco...

PARSC                    - Sentite...

SIG.ANNA             - - Mi legge i fatti sul giornale, signore. È un bambino! Anche ghiotto. È unto delicato, si perderebbe per nulla, se con fossi 11 io...

PARSC                    - (disperato) Ma insommai

IL CANCELL.        - (intervenendo) Sua Eccellenza vuol sapere...

PARSC                    - V'ha detto qualche cosa... in questi giorni?

SIG.ANNA             - Certo. M'ha detto che era tutto un complotto! Lui li ha beneficati! Senta questa. C'era un manovale vecchio, un certo Gregorio, non era più buono a nulla...

PARSC                    - (fa un gesto).

SIG.ANNA             - Lui, Gaueker, è stato lui con­tro tutti che l'ha voluto tenere. Lo aiu­tava, persino, nascosto, gli prendeva il badile, gli faceva proprio il lavoro, per­ché non lo sgridassero! Un atto cosi no­bile....

PARSC                    - (fermandola per un braccio) Vi è sembrato cambiato, in questi giorni?

SIG.ANNA             - (un po' diarmata) Cambiato? In questi giorni... Perché?

PARSC                    - Se vi faceva... che so... dei discorsi...

SIG.ANNA             - Oh Dio mio... Ma perché? SI, certo, un po' cambiato. Aveva un di­spiacere, se sapesse, (disperata) Da tanti giorni non d dorme nemmeno, Eccel­lenza! Mi fa paura, (abbassando la voce) Anche con me...

PARSC                    - Con voi...?

SIG.ANNA             - (con grande datore) Co» ine. S'è messo in mente che anche io, figl­iatevi, la pensi come gli altri! Che lo creda un omaccio, un assassino! Ansi, lui dice che sono stata io a condannarlo, che sono stata la prima! Dice che io lo disprezzo!

PARSC                    - Dove l'avete lasciato, oggi?

SIG.ANNA             - (sgomenta) Ma... perché? A casa.

PARSC                    - Diceva... qualche cosa? Lo sapete ora dov'è?

SIG.ANNA             - Madonna miai Io dico... sarà a casa...

PARSC                    - Siete sicura? Non c'è mica il caso...

SIG.ANNA             - (toccandosi la fronte, come se sudasse) Oh Madonna miai Madonna rota, (d'un tratto corre via arrancando).

PARSC                    - (al cancell., accennando) Per cariti, guardate.

IL CANCELL.        - (corre, entra nella porticina).

IL TEST. MIOPE    - (apparendo dal fondo, eccitato) Che c'è?

PARSC                    - (accennando) Ma, non so... GAUCKER...

IL TEST. MIOPE    - (corre anche lui nella porticina).

PARSC (rimane solo per qualche istante, guardando).

SCENA QUINTA

(Parsc, il test, miope, poi il canceu.. con GAUCKER          - »»).

IL TEST. MIOPE    - (riappare come pensieroso; vede Parsc) Appena in tempo. Vivo. Del carbone. Un braciere.

GAUCKER             - (condotto dal cancelliere come se fosse stordito, entra a sua voltò).

IL CANCELL.        - (dopo averlo fasto sedere) Su, su. Che diamine. Su, perbacco. Ma che idee! Guardate; sudo. Finisce che ci ri­metto io.

PARSC                    - (con durata eccessiva) Che cosa avete creduto? D'impressionarmi?

GAUCKER             - (sta lì, come se non capisse).

PARSC                    - (meno aspro) Il tentato suicìdio; la commedia! Parlate, almeno. Dite qualche cosa, (un silenzio) C'è stata qui vostra moglie, infangata fino agli occhi. È corsa via a cercarvi, pia morta che viva, lei si! (sempre un po' aspro) Dieci volte, sa­ri venuta, anche ieri.. Dice che non è colpa vostra, che voi siete innocente.

IL TEST. MIOPE    -Ci sono varie cosette da ve­dere. Bisogna andare adagio, perbacco.

PARSC                    - Dice vostra moglie che siete no­bile, che giocate a earte con lei; che avete fatto del bene, agli operai, (con une certa bontà) Ha raccontato il fatto di quel vecchietto, Gregorio.

GAUCKER             - (sì fa attento) Gregorio?

PARSC                    - Sì, quel manovale vecchio, eh tutti volevano mandar via.

GAUCKER             - Si, l'ho avuto.

PARSC                    - Ha raccontato che voi avete voluto tenerlo: che persino gli prendevate il badile di mano, gli facevate il lavoro. Che c'è?

GAUCKER             - (la guarda fisso).

PARSC                    - Anche del sorvegliante, ha parlato; che era davvero malato; di tifo.

GAUCKER             - Cosa?

PARSC                    - Di tifo.

GAUCKER             - (con un rito isterico) Di tifo! Ah, ahi Di tifo! (con improvvisa angoscia) Non è vero, capite? Nulla! Di tifo! An­che quel vecchio, Gregorio, sono stato io, proprio io, che l'ho cacciato! L'ho but­tato io sulla stradai (un silenzio)

PARSC                    - Vostra moglie, sicché,..

GAUCKER             - Sa tutto, (pausa) Ora capite? La sentenza, su me, gii è stata data, signore. L'ha data lei, mia moglie, (un silenzio; con tono pacato, quasi distratto) Non era malato, il sorvegliante: volevo risparmia­re un salario. Anche le tavole. È vero. Erano marce, (a voce bassa) Sono stato un omaccio, un padrone cattivo. Per anni e anni, (un silenzio)

PARSC                    - (incerto) Sicché voi vi accusate... Vi assumereste la colpa...

GAUCKER             - Bisognava sentire la voce, signor; che voce avevo! Faceva impallidire gli operai.

PARSC                    - (turbato, tentando di reagire) Mi pare... che non siate troppo calmo, che diate troppa importanza. Anche la voce adesso! La vita, certo, non è mica di zucchero I La voce. Gerte volte, si sa, oc­corre farsi valere.

GAUCKER             - (come pensieroso, facendo di no eoi dito) No, no.

PARSC                    - Come, no. È necessario, tante volte. Anche io... Grido, mi arrabbio. C'è il suo motivo,

GAUCKER             - (come tra si) No, no. Ci ho pen­sato, signore. Non c'è, il motivo. Si sa benissimo d'essere ingiusti, odiosi, ma è proprio questo, signore, che fa venire... nn piacere, una furia...

PARSC                    - Ma no, scusate. Sono romantiche­rie. Ci mancherebbe altro, che si dovesse badare... » tante cose. SÌ ha fretta, si ha da fare, si è di cattivo umore, purtroppo.

SIG.ANNA             - (appare dalla porta in fondo, si ferma, in ascolto).

GAUCKER             - (sempre nel suo pensiero) Gli occhi! Chi sa che occhi dovevo avere, signore! Anche qualche donna, ragazze, che ave­vano bisogno. Me ne approfittavo. Avevano paura. Lo capisco adesso! Paura.

PARSC                    - Ma è ridicolo! Voi non avete i nervi a posto. Qualche... debole via nella vita, è di tutti. Non ci si fa caso. Si è uomini...

GAUCKER             - (con l'indice teso verso il giudice) Sì. Non ci si fa caso. Anche io. Poi ar­riva un giorno... Signore! Mia moglie, è «tata, che mi ha fatto capire! (con altra voce) È una buona donna, Eccellenza. È vero, certe sere giocavo a carte con lei. La sua ansia era che il caffè non fosse riuscito buono, capite? Sa. siamo rimasti noi due soli. II primo giorno del pro­cesso, Eccellenza, me la sono vista nel­l'aula, Aveva sentito: tutto. Io stavo H un no' inquieto, non sapevo neanche il perché. D'un tratto mi cominciai a sen­tire una vergogna... una vergogna orribile, un dispiacere, un male... Lei mi dava raeione, che era tutto un complotto, mi dice sempre cosi. Ma io lo so, signore, che lei non pensa mica in ouesto modo. Io lo so quello che pensa. Forse a casa mi guarda, dì nascosto... Patirai Faceto paura anche a lei! Ma il petteio è ouesto, signore: che... mi sono visto anche io, come se mi sì fosse spaccala una erosta, capisce? Sono... una cosa brutta... M'ero quasi scordato d'avere questa: la faccia macchiata. Per notti e notti mi sono me». so a pensare; a ricordarmi... tutte le cose che avevo fatto di male. Anche ojtgi, si­gnore... (accenna la porticina) Sono en­trato lì per cercare... Volevo ricordarmi di quelli.

IL TEST. MIOPE    - Quelli?

GAUCKER             - Quelli rimasti li «otto. Si, l morti. Per ricordarmeli bene. Mi pareva d'avere... un vento sulla faccia. C'era silenzio. Mi sono messo a canticchiare.

IL TEST. MIOPE    - E... poi?

GAUCKER             - Ero... tranquillo. Ormai ero... fuori, in fondo, capite? (canticchia piano). Mi vedevo le mani, che sì muovevano... mi sono messo a preparare. Sapete... la cosa...

LA SIG. ANNA      - (mettendosi a piangere e ino!' trandosi) Oh, Riccardo, come hai potuto far questo! (prendendogli le mani, lacrimenti ridicola, scandalisxata) Tu, un uo­mo come te! lo aver pensato che m sei una cosa brutta, un omaccio! Oh Madonna mia! Come puoi esserti figurato una cosa simile.'1

GAUCKER             - (smarrìto) È una buona donna. Ec­cellenza. Forte l'ho sacrificata.

SIG.ANNA             - Oh Madonna! Sono stata io, che dovevo volerti più bene, dovevo essere più allegra... Riccardo! Tu sei un angelo' Ma che hai pensato? Che cosa hai creduto?

GAUCKER             - Ho pensato... Ho pensato... (prò-rompendo) alla foglietta nostra! Alla figlietta nostra! Che forse anche con lei sono stato uopp» sgarbato, severo! (ti di dei pugni sulla testa) Era tanto gracile. Forse è stato per questo che s'ammalò...

LA SIG. ANNA      - (badandogli le mani) Per carità, Riccardo, ma che dici! Lo sai che era debole proprio di petto, è stato il mal di petto, Riccardo, te lo giuro... (s'interrompe).

PARSC                    - (s'è avanzalo, un po' convulse) Sen­timi, GAUCKER, Ho qualche cosa da dire. Sono Parsc, PARSC quello di quinta, il ma­gnilo. Nel collegio di Wittcal, ricordati. Io ero un po' più piccolo, (al test, miope) Lo ammiravo. Lo adoravo! Sa come sono Ì ragazzi: me lo sognavo di notte! Era jl ragazzo più buono, leale, coraggioso, ge­neroso...

LA SIG. ANNA      - Un angelo, signore. Un an­gelo.

 PARSC                   - Aspettate. Ho da dirvi... qualche al­tra cosa, sono un po' confuso. Anche io ero un buon figliolo, perdevo tutti gli ombrelli... (l'occhio gli cade sulle mani; le fa vedtre) Guardate qua, come sono diventato! (abbassando un po' la voce) Gaueker, quando tu cri là dentro... io lo sapevo; fin dal principio, come se ti vedessi, traverso le pareti. Avevo capito. E tuttavia per un'ora, un'ora, sono stato qui, poi là fuori, poi ancora qui; cammi­navo, dettavo... (indicando il cancelliere) Lui diceva: dobbiamo andare a vedere? - No. No, - Dettavo: i muri, la terra... e intanto ti vedevo: tutto, la faccia... le mani... tutti i preparativi... adagio ada­gio,,. Dobbiamo andare? - No. No. - Ti Facevo morite... (al test, miope) Lo am­mazzavo! (con vote infantile, angosciosa) E perche? E perché? Io ero un buon ra­gazzo. Sono cambiato davvero. Che cosa e stato? La causa, secondo lei... la causa di tutto questo?

IL TEST. MIOPE    - (con voce come lontana) La causa. Forse fc> là so.

PARSC                    - Io non me ne ero accorto, sapete? Sono sempre andato avanti tranquillo; vivevo cosi, con le mie abitudini, piccole manie. Ma ora... (con angoscia) Mi trovo come confuso.

IL TEST. MIOPE    - (come suggerendo) La causa c'è. Di tutto, anche della frana, signore. C'è qualcuno... Noi noti ce ne accorgia­mo, steuro; ci accorgiamo soltanto... come diceva lei? Che si ha da fare, sì ha fretta.. Viene un'irritazione

PARSC                    - Tutta questa cattiveria... tutta que­sta crudeltà...Ma io... ero diverso!

IL TEST. MIOPE    - Se si ha da dire una parola affettuosa ci si vergogna, veto?, non la si dice neanche, (come se dicesse un segreto) Non si può neanche dormire, la notte, col rumore del traffico. Si rischia davvero di impazzire, anche noi. Non è mica nostra, la colpa; (abbassando ancora pia la voce) È un inconveniente più in grande, (ac eennando a Gaucker) Neanche lui ha col­pa, lo lo so,

SIG.ANNA             - Ha lavorato sempre, signo­re! Sempre trattato male...

GAUCKER             - hiìk (quasi sul punto di piangere) Ho la faccia macchiata. Non è mica colf» mia, vero?

LA SIG. ANNA      - - Sempre umiliazioni, dispia ceri...

GAUCKER             - he (si asciuga gli oecht)

SIG.ANNA             - Tornava a casa stanco mor­to, finito. Non è mica più un ragazzo! Gii veniva anche un po' d'affanno, in ultimo ggerme,»ì. Io ammala, è così, lo sono ancora giovane, certo: ma non sto troppo bene, da un po' di tempo. La causa è in tutto questo; il complesso, (con improvvisa angoscia, ac­cennando al ballabile) Si può seguitare cosi?

PARSC                    - (guardando avanti a sé) Mi ricor­do... mio padre.

IL TEST. MIOPE    - (interessato) Suo...Suo padre?

PARSC                    - Un vecchio con fa voce aspra, an­che lui giudice. Forse l'ho odiato. Adesso invece ho paura d'essere un po' diven­tato... Eccomi qua: preciso! Come lui! Delle abitudini grette, un po' dì malu­more, un tantino di podagra, due o tre pensieri, qui dentro, come ciottoli, ormai; duri, opachi.,.

IL TEST. MIOPE    - Devo dirle una cosa: io credo che la colpa di ciò non sia nostra,

PARSC                    - La colpa... quale colpa?

IL TEST. MIOPE    - Di tutto questo; di tutto l'in­sieme. Anche della frana, sicuro. Sono tre giorni che le sto intorno per dirglielo, di chi è la colpa.

PARSC                    - Kurz? Ancora col suo Kurz? fi una fissazione.

IL TEST. MIOPE    - (d'un tratto, guardando l'oro­logio) Un momento. Aspettate un mo­mento. (ìawsksk - Sa qualche cosa, lei?

IL TEST. MIOPE    - Un momento, vi dico... (s'in­terro mpe)

(Comincia, lontanò, l'ululo dì una sirena', 'poi altre sirene, di altre fabbriche, con un crescendo impressionante)

IL TEST. MIOPE    - (eccitato, coti l'indice verso un punto e verso l'altro) Cosa diceva, lei, po­co fa? Una macchina, un rullo. Le fab­briche. L'uscita. Questa è dell'Alluminio, Ecco; le Ferriere Riunite. Kurz, Kurz, si­curo, Kure! (vincendosi) Voglio dire, si­gnore, che qua bisogna guardare il com-plesso. Questo processo non si può mica risolverlo a sé, isolato. La causa è là.

PARSC                    - (alzando le spalle) Vecchie Storie, signore! Responsabilità collettiva, ho capito. Colpa ai nessuno e di tutti, la socie­tà... Queste sono poesie!

GAUCKER             - (timidam.) Lei diceva... la colpa...

IL TEST. MIOPE    - (con l'indice teso) Gran mo­vimento, no? Treni, gente che arriva, let­tere, roba.

PARSC                    - E poi? Che c'entra questo?

IL TEST. MIOPE    - E poi congegni, ruote, tutto in owìo; un ingranaggio, una macchi­na; un torchio da uva, signore. A poco ,i poco tutti veniamo spremuti lì dentro. (a Gaucker) i vostri manovali ci hanno lasciato le ossa.

GAUCKER             - Allora lei... sa qualche cosa? Kurz...

PARSC                    - Secondo lei, in sostanza, la causa... anzi, lo scopo...

IL TEST. MIOPE    - Lo scopo è di aumentare il rendimento; dì tiare al torchio qualche mezzo giro, signore. Statistiche, infortu­ni... postriboli... Tutto calcolato, incastra­to, direbbe il signor Kurz. Infortuni vuol dite gente schiacciata, signore, tagliata in due.

PARSC                    - Qua si diventa matti. La colpa! I responsabili !

IL TEST. MIOPE    - (toccandolo, e come in segreto) Ci sono... Ci sono delle persone, caro signore, dei vecchi intorno a un tavolo... Son quelli che decidono. Tutto deliberato, da prùna! Oli indennizzi, mettiamo, già stanziati, da prima: questi milioni di uomini faranno questo, renderanno tanto; queste altre, donne, prenderanno il libret­to; questi tìsici; questi, pazzi; questi altri, invece, li faremo morire, li seppelliremo, poniamo. Questo, quello, quell'altro.

GAUCKER             - La frana...

IL TEST. MIOPE    - Ora capisce il meccanismo? Questa bella bambina coi boccoli, per esem­pio; il giorno tale, in via tale, l'autobus tale la: taglierà cosi, (facendo la voce di un altro) Ma signore... la mia bambina, cosi vivace... (fingendo di rispondere) Mi di­spiace, c'è l'ordine: acceleramento del traf­fico,

PARSC                    - Ma che le salta, ora? Che c'entra?

IL TEST. MIOPE    - Avanti, avariti; accelerare, co­struire, scavare. Vengono gli operai, gen­te infangata, ridicola; sono allegri, si dan­no 4eì colpi sulle spaile; dovranno morire, signore. Questo, quello, quell'altro, un tanto per cento; più, meno, secondo il fi­nanziamento, signore. È una questione di jwmcri.

SIG.ANNA             - Sissignore, la colpa è della Ferroviaria, Eccellenza, della Ferroviaria!

PARSC                    - Ma qui... domando: dove si va a finire?

IL TEST. MIOPE    - C'è qualcuno, che muove tut­to questo...

PARSC                    - (battendo mi fascicolo) Questo è il processo

GAUCKER             - . Stiamo qui.

IL TEST. MIOPE    - Farò una denuncia precisa.

PARSC                    - Controia Ferroviaria? Contro Kurz!

IL CANCELL.        - (tirandolo per la manica) Uh, sarebbe un errore...

GAUCKER             - Erano loro, 3 strepitare, a obbli­garmi... Arrangiatevi; lo dicevano loro a me.

IL TEST. MIOPE    - Posso testimoniare, circostanze precise; per esempio il legname. Ma in fondo non è questo l'importante.

PARSC                    - Lei! Lei! Che ne sa lei?

IL TEST. MIOPE    - Io solo! Io solo posso sapere, signore! Io sono... (vincendosi) Sono stato addetto, conosco, (quasi sottovoce) Ho avuto l'occasione dì conoscerlo, il signor Kun. Tutti i congegni, i fili, si «uni­scono su, ai quartieri ovest, in un secondo piano. La c'è uno., un ometto che sta 3 sentirvi capovolgendo la matita... Cosi... così... cosi... il responsabile? Ma tutto questo affare, diremo, questo torchio da uva, lo muove lui, signore! Lui sta lì, calmo, tocca i suoi campanelli..- Noi, voi, lui, tutti gli altri, i metri cubi dì terra, le bambine coi boccoli; numeri, numeri,,. (muovendo le braccia come uà burattino) L'abilità, dice lui, è di macinarli sempre più presto, più presto. Ora lo vede il nes­so? (si ri ode il ballabile della giostra) Più presto. F. perché poi? A quale scopo? Dal momento che siamo sempre 11, sem­pre intorno a quel perno... Solo si va più presto. Io non vedo affatto lo scopo di tutto ciò.

PARSC                    - Lei vuol farci impazzire!

IL CANCELL.        - Farà tardi per la cena, signo­re. Si ricordi del tight.

PARSC                    - (smarrito) Giù. Il tight. Occorre­rebbe...

IL TEST. MIOPE    - Occorrerebbe un punto fer mo, almeno. Oucsto meccanismo è ta! mente ben combinato, implacabile, luci­do... veloce... che si teme persino... che so io, d'impazzire! Viene la tentazione... di vendicarsi, di fare qualche atto brutto, atroce... Non sto troppo bene, fra l'altro; qui c'è una tale umidità... Sapete, come succede; non si dorme, si perde l'appeti­to... (esasperato) Mi hanno fatto ammala-re, capite? Mi hanno speziato in due! Con questa storia dei numeri... sempre più presto, numeri... numeri... (sì inter­rompe, va alla porta, la spalanca; sì ferma a guardare fuori; un silenzio)

GAUCKER             - (avvicinandosi a l'arse) C'è una cosa, però. Devo dirlo in coscienza. Que­sto signore non ha mica torto. Però...

PARSC                    - Pero...

GAUCKER             - (cavando di tasca un libretto) Ero andato là dentro per cercare questo.

PARSC                    - Cioè?

GAUCKER             - Il libro paga. Volevo ricordar­mi... proprio bene, di loro. Gli operai. Quelli, (con agitazione crescente) Ho guardato qui, le loro firme. Firmavano qui, tutti i sabati.

PARSC                    - Capisco.

GAUCKER             - Non ho potuto ricordarmi pre­ciso. Erano tutti... sa, come sono sul lavoro... tutti con le toppe qui e qui.,.

(IL TEST.MIOPE e il cancelliere, ti accostanoa sentire)

GAUCKER             - (toccandosi le spalle e fissando avanti a sé, come se li vedesse) Tutti con le giacchette color calce qui sopra...

PARSC                    - (fissando anche lui avanti a se) Sì, sì.

L'accusatore GOETZ (entra da sinistra, non veduto)

GAUCKER             - Però, ce n'era uno... Firmava con un segno di croce, prima si faceva su i baffi, cosi...

IL CANCELL.        - (inquieto, a Parsc) Signore, l'orario d'ufficio sarebbe finito.

GAUCKER             - Aiello, poi, mi pare... eccolo, di vederlo. Non sapeva mica scrivere, ricopiava la sua firma come un disegno, met­teva degli occhiali di ferro.

IL CANCELL.        - (tirando la giacca di Parsc) Si­gnore, cosa si sta qui a fare?

GAUCKER             - Uno di quei tipi cerimoniosi; faceva un sospiro, diceva: eh, questo tempo, signore, speriamo bene, (con al­tra voce) Speriamo bene. Adesso di lui, Aiello, se ne sono scordati persino; nem­meno il nome! Si fa confusione. Non si sa più nemmeno quanti sono, tre, quat­tro dieci... chi è morto chi non è morto, tutta una matassa...

(Guardano tutti avanti a sé, come se vedes­sero qualche cosa, Dalla porta del fondo, sulla nebbia, comincia a scorgersi, fuori, un gruppo di tre persone che aspettano)

IL CANCELL.        - (c.s.) La cena... il tight, si­gnore...

GAUCKER             - Adesso noi sì Sta qui, il signore ragiona, va tutto bene. Ma loro? Dove so­no loro? Aveva comperato 60 centesimi di biscotti, li aveva in una carta. Non erano mica numeri, signore, voglio dir questo! Erano proprio... come me e voi... Aveva dei baffi un pò grigi, incalcinati.

IL CANCELL.        - Per conto mio, signore...

PARSC                    - (furioso al cancelliere) Andate al diavolo, voi! Basta! La cena, il tight, non so che farmene! Al diavolo tutti!

GOETZ                    - (avanzandosi) Che c'è?

PARSC                    - C'è che questo processo mi fa andar via la testa. Ce questo. Sembra di sognare, in coscienza. Non si capisce nulla, non sì riesce a trovare... un punto fermo... Si­gnor Accusatore, io perdo la pazienza, so­no capace di piantar lì tutto!

GOETZ                    - (calmo) Ecco, bisognerebbe sentire certi testimoni importanti; quelli potrebbero chiarire. Uno, Burke, ha parlato, do pò; poche parole. Questi altri, invece, no. Sono rimasti sotto, anche loro. Sarebbe in icressante sentirli,

PARSC                    - (sgomento) Quelli... Lei dice, quelli rimasti sotto? I morti?

GOETZ                    - (accennando alle tre figure) Sì. Li faremo venire al processo.

(Tutti si voltano verso i ire, rimanendo a fissarli immobili, con gli occhi sbarrati. Un lungo silenzio).

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO TERZO

L'anta del Tribunale, assai affollata, ad ora tarda. Illuminazione intensa, verticale, con lampade a riflettore pendenti dal soffitta.

SCENA PRIMA

(P«C, COITI, JuD, il CANCELL,, il TIST. MIO­PE, Ja «io. Anna, imputati, testimoni, pub-Wco, ecc. ecc.).

IL TEST. MIOPE    - (con una specie di cantilena, guardando un punto a Urrà) Vi dico: un uomo da averne paura, signore. Un ragno. Non so come farvi capire. Mi ba­sterebbe che lo sentiste parlare. Lui non fa mai discorsi generali; sempre preciso; preciso. Sempre osservazìoncelle — tac — su cui ha sempre ragione, sempre, capite? Alla lunga sì resta... impauriti... fuD (agitato) Parse, stai a sentirlo? Questo signore pirla per un rancore personale, è evidente. Test, mio? (e. s.) Discorsi oziosi: capita a tutti di farne; di entusiasmarsi; si par­la... che so io... di viaggiI Ebbene: entrava lui e d'un tratto... ci si vergognava, caiitc? Aspettate che vi spieghi: senza che ut parlasse, si capiva che erano tutte scioc­cherie. Si era portiti al positivo, mi spie­go? Tutto diventava-, disseccato, inutile, funebre. Forse voiàltri non potete capire.

JUD                          - Parsc! Dove andiamo a finire?

PARSC                    - (con un sorriso smorto, voltandosi a Goetz) Le nostre indagini, certo... sono andate un po' in la... un po' fuori dei limiti...

GOETZ                    - (implacabile, ambiguo) Trovare il punto; occorre trovare il punto. Bisogna dare la sentenza, quest'oggi.

JUD                          - Ma tutto questo è fuor» del processo, è ridicolo!

IL TEST. MIOPE    - Denuncia regolare. Faccio de­nuncia regolare.

JUD                          - Ma, ma... la procedura!

IL TEST. MIOPE    - Riferirà de» fatti, signore. Sul materiale, per esempio, ti legname.

JUD                          - Parse, è pazzesco. Risulta che il signor Kurz non fa parte! Kurz, con la erroviarìa, non c'entrai

UNO DEL PUBBLICO- (all'usciere) Ci saranno delle rivelazioni.

L’USCIERE            - Colpi di scena! Colpi di scena!

IL TEST. MIOPE    - Sotto tutti anelli d'una catena, signore. Un ingranaggio. Bisogna guar­dare ìl complesso.

JUD                          - Si vuole andare, in sostanza, contro la Società! Contro lo Stato!

IL TEST. MIOPE    - Banche, politica, trust, gior­nali, industrie. Tutte le fila finiscono...

JUD                          - Parsc!

IL TEST. MIOPE    -...nella mano di Kurz. La colpa è sua.

JUD                          - Voi, poi, che ne sapere?

IL TEST. MIOPE    - Ci ho lavorato, lì dentro. Li signor Kurz... lo conosco abbastanza.

JUD                          - Di dove saltate fuori?

IL TEST. MIOPE    - (abbassando la voce) Lui fir­mava, io ero 11, avrei potuto contargli quei pochi capelli, signore. L'ho studiato. (con altra voce) Forse non c'è nessuno che lo conosca meglio di me.

JUD                          - Una grande figura! Un vero padre! Un colosso!

IL TEST. MIOPE    - (ironico, stridulo) Non fatevi delle idee romantiche, signore. Un uomo con delle qualità mediocri, e delle pillole digestive sulla tovaglia. Tiratelo appena fuori da quelle quattro cifre e sentirete. Soltanto...

PARSC                    - Soltanto?

IL TEST. MIOPE    - Certe volte veniva voglia di pregarlo, capite? Niente. Lui vi guarda­va... Bisognava far sempre quel che vole­va lui. Cercava le parole, dando gli ordi­ni: era una specie di mania, si provava un malessere. Parole esatte, sempre. Le sillabava un po'. Lo imitavo persino, ho fatto male.

BERT                       - (eccitato) Eccellenza, ma allora... Han­no trovato il responsabile, pare?

IL VICINO             - È un sollievo per tutti.

L’USCIERE            - (autorevole) Anche per noi.

IL TEST. MIOPE    - Ci si pensava anche dopo, la notte. Vi garantisco, un incubo. Siamo sta­ti insieme molti anni; molto vicini, signore. Ero un ragazzo. Un po' gracile... Lui non ha mai avuto compassione, mai, dì nessu­no- Non si stancava mai. (abbassando la voce) Ho l'impressione, pensandoci, che lui provasse, non so, come un piacere orri­bile... Sentirsi cosi esatto, cosi padrone... Sempre più perfetto, più presto. Sudava leggermente, qui, alla radice del naso. Quelle mani, pallide, un po' azzurre, che capovolgevano la matita... sempre cosi, cosi, cosi. C'era da impazzirne, capite?

JUD                          - Questa sì, è una pazzia!

IL TEST. MIOPE    - (abbassando la voce) Dovreste interrogarlo. Andare in fondo.

BERT                       - Eccellenza, è chiarissimo, il responsa­bile è lui.

GAUCKER             - he - Bisognerebbe davvero sentirlo, le­varsi questo pensiero...

IL TEST. MIOPE    - Non e questione solo dei mor­ti e di quegli altri, mi spiego? Noi, noi! Ha schiacciato anche noi. Noi crediamo... d'essere vivi...Ma forse...

JUD                          - Frasi! Frasi!

IL TEST. MIOPE    - Anche lei, sa, signor giudice! Tutti. Senza nemmeno avvedersene, giù, tutti giù, nel torchio! Numeri, il rendi­mento, signore.

BERT                       - Deve venire anche Kurz qua davanti, Eccellenza.

PARSC                    - La procedura, peri...

JUD                          - Una pazzia 1

PARSC                    - (supplichevole, a Gotte) Signor Ac­cusatore...

BERT                       - Deve venire qua.

JUD                          - La promozione,

PARSC                    - I Parsc Gustavo Kurz. Sia citato.

L’USCIERE            - E gii qui, il signor Kurz,

PARSC                    - (turbato) Come? Chi l'ha chiamato?

L’USCIERE            - Io noi

(Tutti si voltano in silenzio, si apre una por­ta, entra un uomo vecchio dall'aria mollo malata: il signor Kurt).

SCENA SECONDA

(Detti e Kurz)

PARSC                    - (un po' stupito) Sareste voi, il signor Kurz?

KURZ                      - (fa cenno di sì; ha un forte affanno),

PARSC                    - È stato fatto il vostro nome. Vi si ac­cusa.

KURZ                      - E... di che?

PARSC                    - Vi si accusa di »ves causato la morte di alcuni uomini, Vi sì accusa anche di avere usato e costretto ad usare una spie­tata durezza sulle persone che vivono in questa città ed in altre. Si dice che le vo­stre... (si interrompe, un attimo, per guatr dargliele) le vostre mani abbiano compo­sto e stretto ogni giorno più crudelmente, come devo dirvi? una specie di enorme torchio da uva, mi capite, nel quale spre­mete senza requie il sangue e la vita di un numero immenso di uomini.

KURZ                      - E... chi è... che mi accusa?

PARSC                    - Un uomo qui presente, che dice di conoscervi bene.

KURZ                      - (cercando con gli occhi) Sei stato ni. Guido? Dove sei? (Si forma un largo di gente, resta scoperto il test, miope).

PARSC                    - Lo conoscete?

KURZ                      - - Certo... signore... È mio figlio.

(Si ode un mormorio seguito da un silenzio. I due uomini sono rimasti toli, nel metto)

KURZ PADRE       - (pacato) Dunque è proprio ve io, Guido, mi ocu? (pausa) Sin da bambi­no, no?

KURZ FIGLIO       - (a testa bassa) C'è stata un'om­bra, su me. Sono cresciuto all'ombra.

KURZ PADRE       - Mi somigli tanto, sai, Guido? Forse per questo mi odi. (toccandosi sul cuore) Anche, qui, questo piccolo... piccolo scompenso, vedrai, tra tanto tempo. Tutto come me.

Kuri nono - SI, come te. Lo u>. Ci sei riu­scito.

KURZ PADRE       - Ti ho fatto... molto male, Guido?

KURZ FIGLIO       - Mi hai spezzato in due, papà. Il più gran male l'ha» fatto a me, più che a tutti.

KURZ PADRE       - Sarò stato un po' aspro... cre­devo... di fare il tuo bene.

KURZ FIGLIO       - (quasi con un grido) Paura! A me, a tutti. Mi hai sempre fatto paura.

KURZ                      - Mimi (come assorto) Forse... ha ra­gione... L'ho capito... in questi giorni... Non ho saputo farmi voler bene.

KURZ FIGLIO       - (fmi esasperazione crescente) Anche a mia mamma, paura.

KURZ PADRE       - Anche lei... tutti, ho fatto in­felici?

KURZ FIGLIO       - Mia mamma, questi qua, tutti! Numeri, sì. Mi hai oscurata la vita, lo ero un bambino...

KURZ PADRE       - (carne tra sé) Eh già. Una volta giocavi. Ti toccai sui capelli... Tu ti tirasti indietro. Ti guastai il gioco.

KURZ FIGLIO       - Io non ti ho mica chirsra... di venire al mondo! D'essere cosi!

KURZ PADRE       - Eh, già! I figli.

KURZ FIGLIO       - Vorrei distruggere tutto! Sono malato, sto male...

KURZ PADRE       - (come distratto, lontano) Sta male. Dice sempre che è colpa mia; ab­biamo fatto mule a metterlo al mondo... lo abbiamo soffocato.

KURZ                      - nano (quasi piangendo)- - Sono sem­pre stato malato, nessuno mi vuol credere! Vorrei morire!

KURZ PADRE       - (fra sé) Vuole morire... io ho fatto tanto; e lui... Che cosa strana, strana!

PARSC                    - (a KURZ FIGLIO È questo, l'uomo di cui ri avete parlato? È diverso.

KURZ                      - uomo (itti po' inquieto) C'è qualche cosa? É successo qualche cosa, papà?

KURZ PADRE       - Da due o tre giorni sto un po' cosi.

PARSC                    - Riconoscete d'essere responsabile?

KURZ PADRE       - (rialzandosi un po') Vi farei un vero favore, no? Che sollievo, per tutti! (fa cenno di no) No. no. Troppo semplice.

PARSC                    - E cioè?

KURZ PADRE       (fa temo di lacere, si ode il fra-gore del traffico) Seguita. Le lampade si sono accese, come sempre... Gii ingranag­gi, i convogli.,. Che crudeltà, che spavento! Sì, un torchio, Guido. Seguita, Rendi­mento; più presto... (con altra voce) Soltanto... al secondo piano, lassù, non ci so­no mica più b... No, no, (gli viene da ridere).

PARSC                    - Che volete dire?

KURZ PADRE       - Un altro. Lassù c'è un altro. (si asciuga il sudore) Non ero più nella pienezza... Non hanno mica torto. An­che le idee: un po' antiquate; mentre invece bisogna... perfezionare... più pre­sto... Ci vogliono i giovani. I figli! Corri, Guido, Lui ha studiato a fondo il siste­ma... (gli viene da ridere) Vedete già co­me s'è fatto attento. Sarà terribile, lui. Sempre più presto.

PARSC                    - Ma allora? La colpa?

KURZ PADRE       - Cè. C'è. Ma non è mica mia, caro signore, (indicando il figlio) Nem­meno sua, povero figlio. Un torchio, si; ma hanno torchiato anche me, caro si­gnore. Mi hanno ridotto bene, andare lì. fri guarda le mani) Io non potrei tener su... ecco, nemmeno... questo, (lascia ca­dere il fazzoletto, lo saluta) Addio. Nulla era mio... addio; addio. Ma non importa. Eh, già!

(Un silenzio).

GAUCKER             - (d'un tratto, con angoscia) E ora? Io dico: ora come si fa? Ora noi ci troviamo... come se fossimo in un buio, di notte! Eccellenza, ma noi... Non si può mica restare così! Ci sarà, un respon­sabile!

IL SIGNORE VESTITO LUCIDO - (avanzandosi con una carta) Eccellenza...

GAUCKER             - Sta a voi! II giudice siete voi!

PARSC                    - (macchinalmente, passandosi una na­no sul volto) Sono io. Sono io.

IL SIGNORE VESTITO LUCIDO - (cerimonioso) Mi hanno citato ancora...

PARSC                    - (senza badargli, guardando Coen, sup­plichevolmente) Ci siamo un po'... un po' smarriti... Goetz, (implacabile, calmo, indicando verso la porta) Ci sarebbero ancora... quei cer­ti... testimoni...

PARSC                    - (con angoscia) Qualche altro modo... Si dovrà pur trovare...

GOETZ                    - (indicando sempre) Quei certi testi­moni, ricorda? Dovrebbero essere molto informati,

PARSC                    - Ah, qui si perde la testa. Il sic. dal vestito lucido (al cancelliere) -Il medesimo sbaglio: mi hanno citato per sbaglio. Avrei l'ufficio... Gorre (indicando sempre) Sono là. È un po' che aspettano. Occorre dare la senten­za, stasera.

PARSC                    - (lamentoso) lo non sto troppo bene, M'ammalerò...

GOETZ                    - (indicando sempre) Sono là,

PARSC                    - (all'usciere) Quei tre. Quei tre testi­moni. Che entrino. Uno del pubblico (dando di gomito a un altro) Colpi di scena! Sempre colpi di scena I

L’USCIERE            - (ri muove, spalanca U porta), (Si vedono, fuori, stretti gli uni agli altri, due uomini e una donna, vestiti poveramen­te, dagli abisi e i volti come sbiaditi. Un si­lenzio).

SCENA TERZA

(Detti, Aisllo, Imparato e Nasca)

GAUCKER             - (d'un tratto, con voce strozzata) Dio mìo! Ma questi... (si passa la mano sul volto) Sono loro!

IL CANCELL.        - (turbalo) Chi, loro? Che cosa crede, adesso?

GAUCKER             - Loro! Li riconosco benissimo.

BERT                       - (passandosi la mano sul volto, col ge­sto di GAUCKER) Dio mio. Aspettate! Chiudete!

IL CANCELL.        - (eccitato) Ma no, ma noi Che cosa credono ora? Che cosa succede? E’ inaudito!

BERT                       - Presto! Chiudete! (s'interrompe).

GAUCKER             - (pallido) Eccellenza, esentiamoli, Adesso loro... sanno tutto,

(Si forma un silenzio),

PARSC                    - (fa cenno ai tre).

I TRE                       - (avanzano incertamente).

PARSC                    - (a voce non alta) Voi siete... Aiello,,. Nasca...

LA VECCHIA SORDA- Santino! Santino!

I TRE                       - (guardano come attoniti: stanno sem­pre curiosamente appoggiati gli uni agli altri; Nasca ogni tanto torna a pulire sulla sua veste, come se vi fosse una macchia),

PARSC                    - Non è vero? Nasca, Aiello, Impa­rato...

I TRE                       - (danno idea di gente che si sforzi di ricordare con pena)

PARSC                    - (con voce quasi amorevole) Noi vi abbiamo chiamati... Perché siamo... in un impiccio. Si vorrebbe chiarire questa questione... Voi potete aiutarci, dovete essere informati... Che c'è?

IMPARATO            - (articolando con difficoltà) Ma noi...

PARSC                    - Cercate, cercate di ricordarvi...

IMPARATO            - (con umiltà puerile) Siamo... sia­mo tutti malvestiti... in disordine...

PARSC                    - (strofinando la sua macchia) Non vuole andar via. fc infangato.

GIUSEPPETTI        - (con un grido) Confesso! Con-fesso! Sono stato io! Confesso.

IL CANCELL.        - Io dico: come si può andare avanti così? lo sono un povero impiegato...

IL SIG.DAL VESTITO LUC. Io pure, io pu­re; sono un impiegato, non c'entro.

GIUSEPPETTI        - (come epilettico) Confesso tut­to! Sì sì! Confesso.

PARSC                    - (a Coetz) Sente? C'è lui, lì, che con­fessa. Non occorre più altro, direi. Tutto resta chiari io...

GAUCKER             - (con angoscia) Sentiamoli, Eccel­lenza darsi, (impassibile) Credo che occorra an­dare in fondo, sentirli. (Si forma un silenzio, tutti tornano a fissare i tre testimoni).I tre (impauriti dalle grida, hanno indietreg­giato, sempre stretti insieme, come se vo­lessero tornar via).

PARSC                    - (coti voce diversa, dolce, come si fareb­be con dei bambini) No, no, non abbiate paura... (suggerendo) Il raccordo nord... 1 lavori... ricordatevi. Tutta quella terra... Di notte... Sì, era freddo, pioveva... Voi avete lavorato, non è vero? Sicuro, sterra­tori. Siete di altri paesi, immigrati, lo so; avevate tanto bisogno... Non importa, se siete un po' infangati... Pazienza. Sap­piamo tante cose... Che c'è?

AIELLO                  - (S’è messo a gemere come un bam­bino).

PARSC                    - (con profonda dolcezza) No no, non fate cosi. Voi, Aiello, forse vi fa dispiacere, perché noialtri non ce ne ricordavamo, di voi? Perché non ci ricordavamo neanche il vostro nome? Certo, avete ragione. Voi avete lavorato tanto, e noialtri nemmeno ci ricordavamo! Siamo stati cattivi; ma ora siamo pentiti Ora non ce lo scorderemo più, il vostro nome, Aiello, mai più. Che c'è? Che volete farmi vedere?

AIELLO                  - (quasi piange; fa vedere qualche cosa).

PARSC                    - I biscotti. Sicuro. I vostri sessanta centesimi di biscotti. Li avete comperati per fare un po' festa, perché era carnevale, sì. Ve li hanno guastati, non è vero? Con la benzina, uno scherzo. Ma ora sono pen titi, ora hanno tanto rimorso, dolore, se sapeste...

BERT                       - (d'un tratto) Carmeluccio! Carmeluc-ciol Sono stato io! Hai ragione. Guarda­mi, Carmeluccio. (si morde una mano per non piangere) Anche l'acqua, la frana... Sono stato io, signor giudice. La colpa è mia.

GAUCKER             - Sentiamoli, Eccellenza! Loro san­no! Per carità, sentiamo quel che dicono!

PARSC                    - (ai tre) Li riconoscete? Non abbiate paura, guardateli. Ora non vi faranno più schermi,

GAUCKER             - non vi sgriderà più... Sono pentiti. Potete parlare: la colpa è loro? E di Bert, qui, il motorista?

AIELLO                  - (crolla la testa, facendo cenno di no).

PARSC                    - No. E allora è sua dì GAUCKER? (in­dicando Gìuseppetti) Di quest'altro?

AIELLO                  - (fa ancora cenno di no),

PARSC                    - Nemmeno lui? Ma allora... (» Nasca ed Imparato) Voi, ditelo voi : chi è stato che v'ha fatto del male? È colpa loro?

I TRE                       - No... No...

BER                         - Hanno detto... di no? GwsErrErri - Che non abbiamo colpa?

PARSC                    - (con sgomento) Ma allora... i rcispon-sahili! Chi sono? Dove, sono?

I TRE                       - (quasi piangendo) No... No...

PARSC                    - (con collera) Nessuno? Evvia. (a Goetz) Non rammentano! Non sanno. Si­gnor Accusatore, che ci sia in tutto questo qualche cosa di truce, brutto, è innega­bile: bisognerà bene che ci sia un respon­sabile-, che ci sia un innocente. Se no tutto va all'aria, è finito.

IL CANCELLIERE  - (preoccupato) Non sì può an­ dare avanti così!

GAUCKER             - he (supplichevole, ai ite) La colpa! Ora voialtri lo dovete sapere! Ditecelo, per carità! Il responsabile! (ti interrompe).

NASCA                   - (/e messe a piagnucolare).

GAUCKER             - he - Ecco. Sì. Dite. Chi è?

NASCA                   - Io... lo...

PARSC                    - Voi?

NASCA                   - Io.

PARSC                    - Vediamo un po', (a Goetz) Dice che­la colpa è sua. (a Nasca, con tono grave e amorevole) Camminavate sotto la piog­gia, vero?

NASCA                   - (fa cenno di si).

PARSC                    - Dove eravate stata, prima, che cosa avete /atto, lo so.

NASCA                   - (cerca comicamente di coprirsi il volto col bavero del golf).

PARSC                    - (Ja un gesto di carezza) Tutto questo è passato. Non vergognatevi più. Ma io so anche che voi avevate molto freddo, era­vate tanto stanca, zuppa di pioggia, vero?

NASCA                   - (fa cenno di d),

PARSC                    - Vi siete accostata al braciere per asciugarvi, un momento, di nascosto...

NASCA                   - Fa cenno di sì).

PARSC                    - Non altro. E allora? Che colpa volete avere, povera Nasca?

NASCA                   - (balbettando, con acce/ito leggermente dialettale) Ma io... Bravo signore, io, pri­ma... stavo a servizio... capisce?

PARSC                    - A servizio, E così?

NASCA                   - Sa, ho sbagliato, signore. Da anni e anni io sono una... UNA DONNA così. Sono stata pure... ammalata...

PARSC                    - Ammalata,..

NASCA                   - Venerea. Mi vergognavo tanto, si­gnore.

PARSC                    - Ma questo... è un'altra cosa.

NASCA                   - (cominciando a piangere) La colpa ì mia, perché ho fatto tante cose brutte, signore, guardate qua, tutta inzaccherata, infangata, ecco cos'è... Lo so, che è colpa mia...

PARSC                    - (d'un tratto, con ira sproporzionata) Ma no! Ma no! Non c'è il mìnimo nesso! E’ una pazzia! Non sa quel che si dica...

GAUCKER             - (con angoscia) E allora? Noi che facciamo?

PARSC                    - Questo è un incubo!

IL CANCELL.        - C'è persino da aver paura...

PARSC                    - (quasi supplicando, a Goetz) Il t& sponsabile! Il responsabile!

(Tutti si voltano perso il vecchio Kurz, che s'è ahato, con l'indite teso; un silenzio).

IL VECCIO KURZ   -Voti

PARSC                    - Che cosa dice?

KURZ PADRE       - Il responsabile? Voi!

PARSC                    - Loro? Noialtri?

KURZ PADRE       - (ansando) Eccoli lì. Si sono fermati un attimo. Mi guardano. Voi. siete stati voi, a schiacciarmi. Siete stati voialtri a calcarli giù nella terra, quelli lì. Voi. Tutti quanti.

PARSC                    - Noi? Che c'entriamo noi? Siete im­pazzito?

KURZ PADRE       - Voi. Avete tutti molta fretta, no? una fretta terribile... (facendo cenno con le mani) Dieci minuti, anche meno. Due minuti! Un minuto! Quello che voial­tri volete lo so io solo. Vi ho guardati dall'alto, ho visto il movimento: volete tutti qualche cosa di più...

PARSC                    - Di più, che cosa?

KURZ PADRE       - Sentite le ore? Sentitele! VOr-irebbero che il loro tempo crescesse; un po' di più! Più giorni! Più cose! Più sangue dentro! Più vita! Dieci minuti!

PARSC                    - Cosa?

KURZ PADRE       - Due minuti, un «uomo! Tem­po! Vita! La causa è questa, Eccellenza! Non arrabattatevi troppo! (volgendosi al pubblico del teatro) Eccoli la, neri, piccoli, tanti,-. Eccoli, i denti dell'ingranaggio, Ec­cellenza! Mi avete stritolato, guardatemi! I vecchi, poi, quelli ci pensano i figli, a calcarli giù nella terra. Giù, giù. C'è tanta ressa! Voi... Voi.,.

PARSC                    - Ma come? Noi? Tutti? Tutti?

KURZ PADRE       - Cèrto, Eccellenza... Per esem­pio, voi! Chi sa che facevate, la sera delia frana, ben nutrito, col sigaro... Ricordatevi un po'! Voi! Avari, crudeli, indifferenti, terribili... Vi dico la verità, mi fate pura...jfj» e au

ALTRI                     - Noi? Che cosa vuole da noi?

IL SIG.DAL VESTITO LUCIDO (sempre con la stta carta) Io... sono qua per sbaglio. Mi hanno citato per sbaglio!

KURZ PADRE       - (fuori di tè) Sì, sì, anche voi!

IL SIG.DAL VESTITO LUCIDO («fl po' impretssionato) In pianta stabile, signore! Sto in via dell'Orso al mezzanino, (rivolgendosi all'uno e all'altro) Sono padre dì famìglia? Con tante speseI Anche disgrafie, signori. Guardino qua... (si torce per far vedere i gomiti lucidi, il fondo dei pantaloni rat­toppato) Voglio proprio far vedere...

(D'un tratto uno si mette a ridere; scoppia um risata generale irrefrenabile).

IL SIG.DAL VESTITO LUCIDO (si interrompe, sorpreso; prima fa bocca da ridere anche luì, vuol celiare) Abbiamo i gomiti pro­prio brillanti! Eh eh! Brillanti! Eh eh! Brìllanti.,. (gli comincia a tremare ti mento e sì mette a piangere: si fa un si­lenzio) Tante disgrazie... Sempre lavora­re... abbiamo una casa così frc... fredda. Sono vecchio, ormai... Il mal di schiena... mai una sod...disfazione...Quel po' di man...manzo. E poi... E poi...

IL CANCELLIERE  - (fuori di si e battendo i pjtgni sul tavolo) Siamo poveri diavoli, Eccel­lenza! Non è vero. La colpa non può mica essere nostra...

LA SIG. ANNA      - (accennando a GAUCKER) Po­vera gente, Eccellenza! Ha lavorato tanto!

BERT                       - Guardate qua che matti!

GOETZ                    - (co» vote imperiosa) Parse, la sen­tenza! E’ ora.

(Un silenzio).

AIELLO                  - (mostrando i suoi biscotti) -1 biscotti! I biscotti!

NASCA                   - (sempre affaccendate con k sua %on na) Non vuole andar via, signore. Mi dà pensiero; mi fa disperare...

IL CANCELLIERE  - (disperato, isterìe)) Poveri dia­voli! Ci vuol altro!

GIUSEPPETTI        - (stupito, costernato) Ma è pro­prio così, Eccellenza! Io sono tanto igno­rante, non ci avevo riflettuto: mi adesso che ci penso... Dio mio! È proprio vero: io... ho stentato sempre, Eccellenza! Fin da piecolino così, (abbassando Ut voce) Sa, Eccellenza, anche fame, proprio fame...

GOETZ                    - (con voce sempre più imperiosa) -Parse! Consigliere Parse! La sentenza. Clic cosa aspettiamo, ormai? Comincia un po' di disordine. Abbiamo trivellato fino al fondo- Più in là non è possibile. Alzati, Parsc, bisogna dare la sentenza.

PARSC                    - (un po' smarrito) Non c'è più altro da fare.

GOETZ                    - Alzati, Parse.

PARSC                    - (si alza incertamente).

GOETZ                    - E’ tuo dovere, Parse. (Si fa un silenzio).

PARSC                    - (raccoglie sul tavolo dei fogli, si pre­para a leggere) Dunque, vediamo un po'. « In nome di Dio, secondo la legge... la legge dello Stato, e secondo il libero con­vincimento... convincimento... (esita, posa sul tavolo i fogli, si toglie la ioga; pacato, oli'Accusatore) Signor Accusatore, che io restì fulminato se pronuncio questa sen­tenza.

GOETZ                    - (con gravita) Che cosa fate, signor Consigliere?

PARSC                    - (ansando un po') Signor Goetz, ho da dirvi una cosa curiosa; che, forse, a tutto questo, in tanti anni, non ci ho cre­duto mai. (respinge da sé sul tavolo le earte, i codici legati di rosso).

GOETZ                    - (c. s.) Vi rendete conto?

PARSC                    - (con esasperazione crescente) Altro­ché! Vi dirò: io sono stato un egoista, un porco, un gaudente... Anzi no, caro signo­re, la mia vira è stata tetra. Tutte le notti, a letto, sentivo il robinctto del cortile, la pendola... Pensavo al cordone della tenda, avrei voluto uccidermi, caro signore! Sono stato infelicissimo, solo. Io credevo... cre­devo di credere a tante belle cose, tiravo avanti. Niente, caro signore. Non credevo a nulla! Non lo so nemmeno io perché mi trovo qui con queste carabattole davanti, La giustizia, la legge... Sono stanco, caro signore, di fare il pagliaccio qua sopra, (a Gattc\er) Voi, voi: chi è stato che vi ha macchiato la faccia? (a Goetz) Eccole, le vostre cartacce, (butta vìa dal tavolo carte e codici che si sparpagliano a terra) Scri-vetevela voi, la sentenza. Lo volete sapere, che c'è? che è una gran confusione; una gran porcheria, precisamente, una gran porcheria... (ti interrompe).

(Gli astantì htm fatto largo intorno alle earte cadute, guardano in silenzio ora queste, ora il giudice),

GAUCKER             - E noi?

PARSC                    - Niente. Al diavolo.

BERT                       - Lìberi? Andiamo vìa?

PARSC                    - Andate via sì, al diavolo, cóme vo­lete voi.

GAUCKER             - Finisce tutto così? Non si con­clude nulla?

PARSC                    - Lo volete capire che sono tutte pa­gliacciate? Uno scherzo. Eccola qua, la conclusione di tutto. Uno scherzo.

(Un silenzio).

GAUCKER             - (d'un tratto scoppia m una gran ri­sata, rìde a lungo) Ah, ah! Benissimo! Splèndido! Noialtri adesso si prende il cappello.,. Anilina, andiamo a cena, l'hai preparata la zuppa? Tutto uguale, capito? Non c'i né dare, né avere, quello che e «tato è stato. Buonanotte... (d'un tratto, quasi minaccioso) Non è mica possibile, Eccellenza. Noi non possiamo rimanere cosi.

PARSC                    - Nemmeno questo vi va?

GAUCKER             - (quasi gridando) Eccellenza! Piut­tosto condannati! Perdere tutto... finire la vita... Io volevo ammazzarmi, Eccellenz! Io sono un uomo... voglio sapere...

PARSC                    - Uno scherzo! V'ho detto che non c'è nullaI Un bel nulla!

BET                          - Sicché noi... ci troviamo cosi» a mani vuote?

Giusimm - Ma allora noi... Tutto quello che s'è stentato... da che siamo nati, Eccel­lenza, tutto per nulla?

GAUCKER             - Noi ci siamo rivoltati per notti e notti! Le lacrime! Le lacrime ci hanno ab­bruciato la faccia, signore, la faccia mac­chiata! E tutto questo, ora ci vengono a dire; macché, è stata una burla, chi ha avuto ha avuto, s'è fatto per scherzare? No no. Signor giudice, ne hanno smossa di terra, queste mani! Ora non c'è più nulla? Più nulla?

AIELLO                  - (avanzandoli sì china, raccoglie qual­cuna delle carte cadute, le rimette sul ta­volo del giudice) Ma noi... noi abbiamo... portato un peso grosso, signore, vogliamo essere tranquilli.

Tvrn (confusamente, raccogliendo le carte e i codici caduti, rimettendoli sul tavolo, e tra le mani del giudice) Noi avremo certamente fatto dei male, signor giudice. Vogliamo essere puniti.

NASCA                   - (giungendo le mani) Signor giudi­ce... bravo signore...

(Un silenzio)

GOETZ                    - Date la sentenza, signor consigliere. (pacato) Lo vedi, Parse? Non vogliono mi­ca, che tutto, bene e male, tutto sia can­cellato come uno sgorbio da una lavagna. Si sono trovati d'accordo, su questo, (al­zando a poco a poco la voce) Fruga e fru­ga, siamo arrivati a! nòcciolo. Mi pare che un punto fermo lo abbiamo trovato, Parse. Siamo salvi. Puoi darla, ora, la tua sentenza.

PARSC                    - (incerto) Credi...

GOETZ                    - Sì, Parse. Ora lo sai, quel che oc­corre. Sai che vogliono essere puniti, (pau­sa) Eh, alzavano la voce, strepitavano; si torcevano come dentro una péce, per di­stricarsi, per uscir fuori, vero? Invece no giù, nel fondo, lo sapevano bene, che sono tutti nel fiume, portati tutti assieme. E loro sono contenti, di essere portati; han­no sofferto e vogliono ancora soffrire, spa­simare; vogliono essere condannati, purché la cosa non vada perduta, capisci? (indi­cando intorno a uno a uno finché tutti, uno dopo l'altro, si curvano) È vero? È vero? Tu, Vuoi essere punito? Sì, Tu? SI. Povera vecchia, anche tu?

LA VECCHIA SORDA- (ss piega singhiozzando).

GOETZ                    - (agli altri) Tu? Tu?

TUTTI                      - (sì sono piegati).

GOETZ                    - Tutti, vero? Parte, guarda. Anche io, anche tu. Eccoci qua: (facendo cenno di tacere) zittii C'è un fiume... ci porta vìa tutti, (con altra noce) Parse, dì la tua sentenza.

PARSC                    - (si alta; dapprima incerto) Conside­rato... che tutti costoro davanti a noi, in questo tribunale ed altrove, molto si sono affannati, impastando un pane assai con­fuso e scuro... (pauso) Che in questo pane sembra un po' difficile spartire il buono e il cattivo; difficile e magari impossibile, e forse vietato, perche" essi, siccome respi­ravano e camminavano sopra la terra, farle non potevano essere diversi da quelli che sono stati...

GOETZ                    - Avanti!

PARSC                    - (con voce sempre più alta) Conside­rato che essi hanno consumato la loro vita fra stenti, affanni, e miserie, hanno soppor­tato molti patimenti, trascinando avanti un macigno assai pesante...

GOETZ                    - Avanti!

PARSC                    - («ni voce tuonante) Considerato che per moneta di tutto questo dolore, una cosa sola, essi vogliono: sentire piombare sopra di sé il fischio d'una frusta sovru­mana implacabile, affinché possano tro­vare ancor» la forza di sopportare stenti e pesi anche più terribili...

GOETZ                    - Avanti!

PARSC                    - Considerato che dunque occorre con­dannarli, perché essi furono buoni; e con­dannarli perché furono cattivi, e condan­narli perché soffrirono, e condannarli per­ché fecero soffrire, condannarli, frustarli, perché respirarono, perché vissero, perché furono uomini, condannarli frustarli per­ché essi vogliono vivere, vogliono pian­gere e vogliono sperare, condannarli, fru­starli perché essi possano spingere senza requie in eterno — ma forse non invano — il loro macigno...

GOETZ                    - ...Per questi motivi..

(Tutti aspettano immotili a testa basta).

PARSC                    - (stende lentamente la mano, prende il codice rosso, lo alga) Per questi motivi. In nome di Dio; in nome della legge; noi dichiariamo che questi uomini...

GOETZ                    - (ambìguo) Su, Parsc. Pronunciala, allora, questa condannai

PARSC                    - (d'un tratto, come illuminato) Noi dichiariamo che questi uomini... non me­ritano di essere condannati; ni forse as­sola; spetta .ad essi qualcosa di più alto: la pietà. La pietà.

TUTTI                      - (con voce sommessa) Pietà... Pietà...

FINE DEL DRAMMA